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Reece si passò il rasoio lungo la guancia. Il rasoio di Sam Dundee. Da due giorni portava i vestiti di un altro uomo, un uomo le cui scarpe non erano proprio della sua misura, e ora si stava facendo la barba con il rasoio di quell’uomo. La sera prima aveva persino dormito nel suo letto.

Elizabeth gli aveva raccontato che Sam era il fratello del suo patrigno e le aveva fatto da tutore quando i genitori erano rimasti uccisi in un incidente automobilistico. Quel Dundee non gli era simpatico e non capiva bene perché. Non lo conosceva nemmeno, ma Elizabeth sì. Lei lo amava!

Accidenti! Doveva andarsene da quelle montagne. Lontano da Elizabeth Mallory, lontano dalle sue innaturali premure, lontano da quegli occhi blu che capivano tutto e lontano dal modo in cui lo faceva sentire ogni volta che la guardava. Gli era costato uno sforzo enorme non toccarla in quei due giorni di forzata convivenza. Non ricordava di avere desiderato mai tanto una donna. Lo aveva attribuito al fatto di non essere stato con una donna da più di un anno, ma non ne era tanto sicuro.

Era rimasto solo con Elizabeth per tre notti, due delle quali in uno stato di semincoscienza, ma persino allora era stato in grado di ricordare il suo tocco gentile, la sua voce dolce, la sua preoccupazione e il suo interessamento. Elizabeth gli piaceva troppo e la cosa gli dava fastidio. Attaccarsi a lei sarebbe stato pericoloso per entrambi. Se l’avesse resa partecipe dei suoi problemi, avrebbe solo finito con il farle del male. Inoltre, non si fidava del tutto di lei. Non si era mai fidato completamente di nessuno... nemmeno di sua madre. Blanche lo aveva tradito fin dall’inizio, facendolo nascere bastardo, emarginato, dandogli un patrigno come Harry Gunn, poi morendo prima che lui fosse abbastanza grande da difendersi da solo. No, aveva imparato presto che non conveniva fidarsi di nessuno, nemmeno di quelli che dichiaravano di amarti.

La tormenta si era calmata durante le prime ore del mattino, perciò avrebbero ripreso la caccia all’evaso. Era solo questione di tempo, ma prima o poi qualcuno sarebbe venuto a curiosare alla baita di Elizabeth. La luce era tornata verso le nove. Le cose stavano rientrando nella normalità. Non poteva rischiare di fermarsi oltre. Se voleva restare libero, non gli rimaneva altra scelta che quella di andarsene.

Lo squillo insistente del telefono riecheggiò nella casa come un bang sonico. Il rasoio si immobilizzò sul collo. Se il telefono funzionava di nuovo, allora Elizabeth poteva chiamare aiuto.

Lasciando cadere il rasoio nel lavandino, Reece prese un asciugamano e si pulì i residui della schiuma da barba. Quando raggiunse le scale, sentì la voce di Elizabeth, ma non riuscì a capire che cosa stesse dicendo.

Scese due scalini alla volta, fermandosi all’entrata del soggiorno, il cuore che gli batteva forte.

«Non dovevi preoccuparti per me, zia Margaret. Sto bene. Davvero» stava dicendo lei. «Mac e io abbiamo superato la bufera senza problemi.»

Reece guardò Elizabeth che parlava. Qualcosa la infastidiva. Era chiaro dal modo in cui teneva il telefono, da come spostava il peso del corpo da un piede all’altro, come se non riuscisse a stare ferma.

«No, non farlo!» strillò lei. «Cioè, non mandare fuori con questo tempo il vecchio O’Grady. Non mi serve niente.»

Reece entrò silenziosamente nella stanza. Quando fu a due passi da Elizabeth, lei si voltò di scatto e sgranò gli occhi, sorpresa. Coprì il ricevitore.

«Con chi stai parlando?» le chiese Reece.

«Con zia Margaret.»

«E chi è questo O’Grady?»

«È...» Elizabeth tolse la mano dal telefono. «Oh, zia, non avresti dovuto. Ti sbagli. Non c’è nessuno qui con me. Non sono in pericolo.»

Reece le strappò di mano il telefono e lo rimise al suo posto. Lei lo fulminò con lo sguardo. «Che cosa credi di fare?»

«Come mai ha pensato che tu non fossi sola? Che cosa le hai detto?» volle sapere Reece afferrandola alle spalle.

«Non le ho detto niente. Lasciami andare» gli intimò lei divincolandosi. «Zia Margaret ha capacità medianiche. Per questo sono qui. Sono stati mia madre e il mio patrigno a portarmi qui, perché lei mi guidasse.»

«Mi stai dicendo che tutti nella tua famiglia sono chiaroveggenti?»

«Credi pure quel che vuoi. Ti sto dicendo che la zia ha sentito che non ero sola, che ero in pericolo.»

«E che cosa intende fare adesso?» domandò Reece lasciandola andare.

«Manderà qui O’Grady appena le strade saranno di nuovo percorribili.»

«O’Grady?»

«È l’amico di zia Margaret. Lavora per me, mi aiuta nelle serre, fa le consegne nei dintorni.»

«E quando saranno di nuovo percorribili?»

Elizabeth ebbe un attimo di esitazione, poi gli disse la verità. «Entro mattina. Il tempo cambia in fretta e sta arrivando un fronte d’aria calda.»

«Allora, anche lo sceriffo e i suoi aiutanti potranno arrivare fino a qui.»

«Adesso che la tormenta è finita, cominceranno a perlustrare la zona. Metteranno dei blocchi stradali ai principali incroci e controlleranno porta a porta tutte le cittadine vicine a Dover’s Mill. Ma non verranno su questo fianco della montagna prima di domani sul tardi. Cercheranno il tuo corpo congelato.»

«Mi credono morto?»

«Sanno che se sei rimasto in montagna, le tue possibilità di sopravvivenza erano minime. Dopo avere guardato nei pochi posti dove avresti potuto trovare rifugio, si convinceranno che sei morto congelato.»

«E tutto questo lo sai per intuito o per via dei tuoi giochi di prestigio?»

«Se ci tieni a sapere la verità, sono una chiaroveggente, precognitiva, con limitati poteri telepatici.»

Reece sentì un nodo stringerlo allo stomaco. Dannazione. Lo aveva quasi convinto che fosse una strega. Dopotutto, aveva lasciato la porta aperta per lui e aveva creduto alla sua innocenza, senza alcun bisogno di prove. Inoltre, lo aveva rimesso in salute con sorprendente rapidità e senza ricorrere alla medicina moderna.

«Be’, se sai tutto e vedi tutto, allora saprai anche che ho intenzione di andarmene oggi. Prima che arrivi l’amichetto di zia Margaret o lo sceriffo.»

«Non c’è bisogno che tu te ne vada adesso» replicò Elizabeth, sapendo che sarebbe stato al sicuro ancora per un giorno.

«Se davvero pensi di persuadermi a restare, allora i tuoi poteri sono impazziti. Togliti dalla testa che resti a farmi acchiappare. Non andrò in prigione.»

Mentre parlavano, Reece era inconsciamente indietreggiato contro la parete. Strinse i pugni, tendendo tutto il corpo in una statua rigida di paura e rabbia.

Elizabeth si mosse adagio verso di lui a occhi chiusi e solo quando gli fu di fronte li riaprì e sorrise. «Non riesco a leggerti nel pensiero, Reece. Non me lo permetti.»

«Buon per me!»

«Ma posso sentire delle cose.»

«Tipo?»

«La tua solitudine. Il tuo risentimento. Verso tuo padre e tua madre. Verso chiunque abbia avuto una parte importante nella tua vita. Non ti apri a nessuno per paura di soffrire.»

«Sta’ zitta, dannazione!» Reece le voltò le spalle e si avviò in corridoio.

Lei lo seguì. «Sei rimasto rinchiuso cinque mesi. Sentivo che era una gabbia, ma adesso so che era una prigione. La prima volta che ti ho visto, ho colto sul tuo viso il dolore e lo shock. Poi ho visto il sangue sulle tue mani.»

Reece si voltò di colpo e la afferrò con forza alle spalle. «Come diavolo facevi a sapere che avevo le mani insanguinate? Non è mai stato pubblicato.» La scosse con violenza.

«Reece, smettila!»

«Non l’ho ucciso io. Ho sentito gli spari, sono corso in biblioteca e l’ho trovato. Ho cercato di fermare l’emorragia, ma era troppo tardi. Era morto. E le mie mani erano sporche di sangue.»

«Va tutto bene, Reece. Io ti credo. Ti capisco.»

«Come diavolo puoi capirmi? L’ho odiato per tutta la vita, ho pregato perché morisse, ma quando è arrivato il momento, non volevo che morisse. Ho cercato... ho cercato...»

Elizabeth lo cinse alla vita. Il corpo era solido come una roccia, rigido di autocontrollo. «Hai ragione, non capisco. Ma potrei, se tu mi parlassi di B.K. Stanton.» Lo guardò con i suoi occhi blu fiduciosi, occhi che offrivano molto.

«Non dovresti guardare un uomo così. Gli fai venire delle strane idee.»

Lei sospirò. «Voglio che tu sappia che posso aiutarti.»

Elizabeth non voleva, non poteva ammettere di desiderarlo come uomo. Era una sensazione troppo nuova per lei. Se era destino che avrebbe fatto l’amore con Reece, e nel suo intimo ne era convinta, allora lei e Reece sarebbero diventati amanti. Ma non ora. Non ancora. Lui le stava offrendo solo sesso, lei voleva solo amore. Quando fosse stato pronto a darle amore, lei lo avrebbe capito, glielo avrebbero detto il cuore e il suo istinto.

Reece le sfiorò le labbra con un bacio. «Se vuoi aiutarmi, Lizzie, allora sii la mia donna. Adesso. Per oggi.» La baciò di nuovo e alla fine restarono entrambi senza fiato.

Lei attese qualche secondo per ritrovare il controllo. Sarebbe stato così facile cedere al desiderio, ma gli ostacoli all’unione dei loro cuori, oltre che dei corpi, erano troppi.

Reece andò a sedersi sul divano. Lei occupò il posto vicino al suo e gli prese la mano. «Forza, raccontami tutto.»

Lui chiuse gli occhi. Non aveva voglia di rivangare il passato, ma l’istinto gli diceva che poteva confidarsi con Elizabeth.

«Mia madre, Blanche, era una donna bellissima. Una bambola bionda di porcellana. Lavorava alla Stanton Industries al minimo della paga. Per farla breve, ebbe una relazione con B.K. Stanton, sposato e con figli. Quando lei scoprì di essere incinta, il buon vecchio B.K. si offrì di pagarle l’aborto.»

Elizabeth rafforzò la stretta sulla sua mano. «Ma lei non abortì.»

«No, decise di avermi. Non so perché. Sarebbe stato meglio per tutti quanti, se si fosse sbarazzata di me.»

«Non dirlo, non è vero.»

Riaprendo gli occhi, lui incontrò i suoi umidi di pianto. Inspirando a fondo, ritirò la mano. «Mia madre non aveva nessuno che si prendesse cura di me, così dovette lasciare il lavoro. Stanton le dava qualche soldo per poter continuare ad andare a letto con lei. Ma quando sua moglie scoprì tutto, fece un sacco di minacce. Io avevo sei anni. Fu l’ultima volta che vidi mio padre. Poi, circa un anno dopo, mia madre si sposò con Harry Gunn.»

Un silenzio minaccioso cadde nella stanza. Elizabeth chiuse gli occhi, assimilando il dolore di Reece, il dolore di un bambino. Nella mente vide chiaramente una grossa mano maschile che schiaffeggiava un bambino. Il piccolo cadde a terra, gli occhi carichi di odio.

All’improvviso, come era apparsa, la visione svanì. Lei capì che Reece aveva chiuso la mente ai ricordi.

«Il tuo patrigno ti maltrattava» dichiarò senza riuscire a ricacciare le lacrime.

«Già, era un vero figlio di puttana. Picchiava me e mia madre ogni volta che ne aveva voglia.»

«La vostra deve essere stata una vita orribile.»

«Blanche morì che io avevo dodici anni e le cose peggiorarono. A quindici, ero abbastanza grande da difendermi. Le percosse cessarono, ma ero sempre in cerca di guai. Ho sempre avuto problemi con la legge, fin da ragazzino.»

Non c’era da stupirsi che Reece fosse un uomo così duro, così solo. Lei avrebbe voluto saperne di più, l’istinto le diceva che non si era mai confidato con nessun altro. «Tu hai sempre saputo che B.K. Stanton era tuo padre?» gli chiese.

«Sì, sapevo che l’uomo più ricco e potente della città era mio padre. Avrei fatto meglio a lasciare la città prima che lui decidesse di occuparsi di me.»

«E questo quando è avvenuto?»

«Quando avevo sedici anni. Un giorno mi fermò per strada e mi chiese se ero il figlio di Blanche Landry. Mi offrì un lavoro a orario ridotto. Io avevo lasciato la scuola e lui mi propose di riprendere gli studi. Mi avrebbe dato un lavoro dopo la scuola e durante l’estate. Facemmo un patto. Poi, quando presi il diploma, entrai nei Marines e ne tornai deciso a combinare qualcosa di buono nella mia vita. L’errore fu di tornare a Newell.»

«Come mai?»

«Forse volevo far sapere a B.K. Stanton che avrei fatto l’università e che un giorno sarei stato qualcuno.»

«I tuoi sentimenti per lui erano confusi, vero?»

«Lo odiavo. Punto e basta.» Reece si alzò stirandosi le membra.

«Lo odiavi al punto da ucciderlo?»

Lui si voltò a guardarla, torvo in viso. «Pensavo che mi credessi. Ti ho già detto che non sono stato io.»

«Ti credo.»

«Allora perché me lo hai chiesto?» Reece si avvicinò alle finestre a fissare il sole che illuminava la neve, la superficie bianca vellutata splendeva come se fossero state sparse ovunque particelle frantumate di diamante.

«Che cosa accadde quando tornasti a Newell dopo essere stato nei Marines?» Elizabeth avrebbe dovuto immaginarlo che era stato nei Marines. Anche Sam era stato un Marine. Reece Landry e Sam Dundee avevano molte cose in comune.

«Andai al college e ripresi il mio vecchio lavoro alla Stanton Industries per integrare il sussidio dello zio Sam. Quando presi il diploma, il vecchio mi offrì un lavoro come impiegato invece che operaio. Fu allora che conobbi il resto della famiglia.»

«Gli altri figli di tuo padre?»

«Sì. Mio fratello maggiore, Kenny, l’erede, e mia sorella Christina. Kenny e io ci odiammo a prima vista. Christina invece mi era simpatica e la cosa era reciproca. È lei che ha assunto un avvocato quando sono stato arrestato per l’omicidio del vecchio.»

Elizabeth moriva dalla voglia di cingerlo, di offrirgli il sostegno che non aveva mai avuto. Ma sapeva che in quel momento lui non lo avrebbe accettato.

«Tua sorella credeva nella tua innocenza?» gli chiese.

«Voleva crederci. Ma ogni volta che mi guardava, era chiaro che si chiedeva se fossi stato io o meno.»

«Perché lo sceriffo ti ha arrestato? Che prove c’erano contro di te?»

Lui la guardò e d’un tratto si rese conto di desiderare che gli credesse. «La pistola era la mia. Ne avevo denunciato il furto un paio di giorni prima che qualcuno l’usasse per ammazzare il vecchio. Non trovarono impronte e il solito test con la paraffina risultò inutile, perché avevo le mani coperte di sangue secco.»

«Movente e arma. Odiavi tuo padre e la pistola che lo ha ucciso era la tua.»

«Esatto. Ma c’è dell’altro. La moglie di B.K., Alice, e il legale della famiglia mi hanno trovato chino sul corpo di mio padre, sporco del suo sangue e con la pistola al mio fianco.»

«Oh, Reece.» Non resistendo oltre, Elizabeth lo toccò. Dapprima lui si irrigidì, ma quando lo strinse a sé, si rilassò e la cinse alla vita.

«B.K. mi aveva chiesto di andare a casa sua, perché doveva dirmi qualcosa di importante. Quando arrivai, la porta d’ingresso era spalancata, così entrai e chiami B.K. Poi lo sentii discutere con qualcuno, ma non riuscii a identificare l’altra voce. Non capii nemmeno se fosse maschio o femmina. B.K. stava gridando, dicendo che nessuno poteva dirgli che cosa doveva fare o meno.»

Fece una pausa. «Sentii gli spari prima di raggiungere il suo studio. Corsi dentro e qualcuno mi colpì alle spalle. Non persi conoscenza, ma per qualche minuto tutto diventò nero. Non vidi chi mi aveva colpito. Quando mi si schiarì la vista, barcollai fino al punto in cui giaceva B.K. Perdeva un sacco di sangue. Mi inginocchiai e gli coprii con le mani la ferita allo stomaco. Lui mi chiamò per nome, poi morì.»

Elizabeth lo tenne stretto fra le braccia. «Movente, arma, occasione.» Sospirò. «È naturale che non abbiano creduto alla tua versione. E che non abbiano mai cercato altre persone sospette.»

«Kenny e sua madre hanno chiesto a Willard Moran, il loro avvocato, di usare tutta l’influenza degli Stanton contro di me. Ho passato cinque mesi in quella dannata cella, sentendomi come un animale in trappola, sapendo di essere condannato.»

«Gli Stanton devono essere molto potenti se controllano il dipartimento dello sceriffo e del procuratore distrettuale.»

«Gli Stanton sono i padroni di Newell e se loro dicono che ho ucciso B.K., allora la città non può che concordare.»

All’improvviso, lei lo respinse e Reece provò una forte sensazione di perdita.

«O’Grady! Mio Dio, Reece, va’ di sopra e aspetta. O’Grady sarà qui fra pochi minuti.»

«Come lo sai...» Reece sorrise. «Dovrò abituarmi a questo tuo sesto senso.»

«Quando lui se ne andrà, chiamerò Sam perché ci aiuti.»

«Non se ne parla neanche. Sarà anche tuo zio, ma io non lo conosco affatto.»

«Sam ci aiuterà.»

«Ho detto di no.» Afferrandola alle spalle, lui la fissò negli occhi. «Non voglio che tu chiami Sam Dundee. Io non mi fido di nessuno, ormai dovresti saperlo.»

«Nemmeno di me?»

Lui esitò per un attimo. «Non ne sono sicuro. Voglio fidarmi di te, però...»

Il suono di un clacson segnalò l’arrivo di O’Grady. «Sali di sopra e restaci finché verrò a prenderti» lo sollecitò Elizabeth.

Reece seguì le sue istruzioni e lei andò ad aprire la porta. Mentre il vecchio O’Grady si dirigeva alla baita, Rod O’Grady, il nipote di diciotto anni, la salutò con la mano, ma non diede segno di voler lasciare il caldo della sua Explorer.

Elizabeth abbracciò il vecchio amico e lo fece entrare. «Avevo detto a zia Margaret che non era il caso che venissi fin qui con le strade così in cattivo stato.»

Fece uscire MacDatho e richiuse la porta.

«Conosci Margaret. Non dà mai retta a nessuno.» O’Grady si guardò intorno prima di passare in soggiorno. «C’è un evaso nei paraggi e credo che questo abbia scatenato l’immaginazione di Margaret.»

«Hai detto che c’è un evaso in giro?» gli chiese lei.

«Reece Landry. Ha ucciso un tipo a Newell. È scappato dalla macchina dello sceriffo uscita fuori strada vicino a Deaton Crossing.»

«Ti fermi per un caffè?»

«No, non posso assolutamente. Rod vuole tornare subito a casa. Credo che abbia un impegno stasera.»

«Le autorità stanno cercando quel Landry?»

«Hanno sguinzagliato dei detective, ma senza molto successo. Probabile che sia morto congelato nei boschi.»

«Pensi che arriveranno anche qui?»

O’Grady si grattò la testa parzialmente calva. «Secondo Margaret, busseranno alla tua porta entro domani sera. Hai qualche messaggio per lei?»

«Dille che la chiamerò io se ci saranno delle novità.»

Appena rimase sola, Elizabeth si affrettò a telefonare a Sam per chiedergli di scoprire più informazioni possibili sull’omicidio di B.K. Stanton.

Poi salì di sopra da Reece.