PROLOGO
Ci sono storie che raccontano di luoghi infestati, di case in cui il male ha messo radici a causa delle tragedie che vi si sono consumate, di spazi che di quel male sono stati ispiratori. I racconti popolari parlano di inspiegabili rumori provenienti da case disabitate, di voci diafane e lamenti trasportati dal vento.
Casa Ranuzzi era uno di quei luoghi.
Era situata nella periferia, circondata da un piccolo cortile, con un rigoglioso albero di melograno sul retro. Da molto tempo, però, non c’era nessuno a raccoglierne i frutti.
Casa Ranuzzi era disabitata da oltre vent’anni. Gli abitanti del paese se ne stavano alla larga, e molti avevano preferito dimenticare la storia del suo proprietario.
Diversamente da ciò che si racconta sulle case infestate, però, dall’interno di casa Ranuzzi non proveniva alcun rumore. C’era un costante, assordante silenzio. E certe notti la nebbia era così spessa da inghiottire la casa. Come se non fosse mai esistita.
Si dice che un evento particolarmente violento lasci tracce indelebili nei luoghi in cui si è consumato. I fantasmi di casa Ranuzzi erano le scritte sulle pareti delle stanze.
Scritte che gridavano ossessioni. Scritte che popolavano gli incubi dei pochi che non erano riusciti a dimenticare la storia del Lupo Cattivo. Il mostro con l’ascia, che aveva fatto a pezzi un’intera famiglia, l’incarnazione del male stesso, giunto in città da chissà dove come un angelo della morte.
In certi luoghi il male si annida come un ospite indesiderato. Come un predatore silenzioso.
Come il ragno che tesse la tela, per oltre vent’anni il male annidato in casa Ranuzzi era rimasto in attesa della sua preda.
Fino a oggi.