Due miglia a nord-est di Edimburgo
marzo 1371

— Spero tu sia diventato più saggio in questi quattro anni di lontananza, figliolo — disse in tono severo a suo figlio sir Ian Logan, secondo barone Lestalric.

Sir Ian era in piedi davanti a un enorme camino nella sala grande del castello di Lestalric, i piedi avvolti in scarpe di seta ben piantati a terra, le braccia muscolose incrociate sul petto. Un lussuoso farsetto di velluto cremisi, braghe di seta e una profusione di gioielli ne proclamavano la ricchezza, come l’espressione corrucciata rivelava quanto poche fossero, in realtà, le sue speranze.

Poco discosto, il suo erede, William, era una copia dai colori chiari del genitore, con la stessa postura orgogliosa e lo stesso ricco abbigliamento. Anche lui guardava severo la terza persona nella sala. — Hai trovato almeno la poca saggezza necessaria per rivelarci quel dannato segreto che non hai voluto svelarci prima di partire, Robbie?

— Saggezza o no, ce lo dirai, e subito — sbottò il barone. — Te lo ordino.

Il figlio quasi diciottenne del barone, sir Robert, era alto e molto muscoloso; era appena tornato a casa dopo essersi guadagnato con orgoglio il titolo di cavaliere sul campo. Sentì la rabbia montare in sé per quelle parole, ma la delusione l’aiutò a raffreddarsi in fretta. Era arrivato a Lestalric solo due ore prima, sperando di poter finalmente sposare il grande amore della sua vita. Sapeva che, per farlo, avrebbe avuto bisogno dell’aiuto del padre, eppure non poteva ubbidire al suo ordine.

I tre uomini si somigliavano nei tratti e avevano tutti i capelli castani, seppure in diverse sfumature, e gli occhi grigi. Rob era il più alto e il più largo di spalle. Erano vicini l’uno all’altro, eppure divisi da quattro anni di assenza e da decine di simili, sgradevoli discussioni.

Rob, che indossava ancora gli abiti infangati dal viaggio, non aveva mai imparato a comunicare davvero con gli altri due, e gli sembrava di essere ancora assai distante. Distrattamente, giocherellò con il semplice anello d’oro che portava al mignolo, cercando di mettere insieme una risposta.

— Allora? — lo spronò sir Ian. — Ti ho fatto una domanda semplice. Qualunque leale servitore di questa famiglia risponderebbe senza esitare.

Di nuovo, Rob sentì l’ira montare, ma si costrinse a restare calmo. — Sapete che vi sono leale, mio signore. Quindi sapete anche che non posso rispondervi. È questo che significa il mio silenzio.

— Ve l’avevo detto, padre — intervenne Will. — Aveva solo tredici anni quando è partito. Allora volle solo provocarci. Quale segreto potrebbe mai avergli rivelato nostro nonno? E solo a lui e non a voi o a me? Il nonno stesso ci assicurò che non aveva comunicato a Rob nulla di importante.

— Taci, Will — ordinò sir Ian senza distogliere lo sguardo dal figlio minore. — Non hai sentito quello che ho detto prima, ragazzo? Ben presto uno Steward sarà incoronato re di Scozia.

— Vi ho sentito. Ma non capisco che cosa possa avere a che fare con me, se non che dovremo partecipare alla cerimonia all’abbazia di Scone.

— E non hai nulla da dire che possa rendere ancora più unica la cerimonia?

— No, signore. Cosa potrei sapere sull’incoronazione di un re?

— Continui a sostenere che tuo nonno non ti ha rivelato alcuna informazione utile?

— Al contrario, mi ha dato molti utili consigli — rispose Rob. — Mi ha raccontato del passato di Lestalric, delle grotte e degli attacchi contro gli invasori inglesi. Sono sicuro che anche a voi ha raccontato storie simili.

Rob guardò il fratello maggiore, che aveva sempre un’espressione ostile. — Ti chiedo scusa per ciò che ti ho detto il giorno della mia partenza, Will. Mi avevi fatto arrabbiare, come ricorderai bene. Anche tu conosci i racconti del nonno, vero?

— Sì. Tuttavia sai benissimo che non stiamo parlando di chiacchiere nostalgiche sugli inglesi. Sono quarant’anni che non entrano in Scozia. Stiamo parlando di segreti di famiglia. Tu cosa ne sai?

Rob scosse la testa. — Immagino che i segreti di famiglia, se ve ne sono, siano tramandati all’erede del titolo, cioè a nostro padre e poi a te. Perché confidarli a me? E poi, nostro nonno è morto due mesi dopo la mia partenza per Dunclathy.

— Quindi non ti ha detto nulla di suo padre e di suo zio, amici del grande Bruce? — riprese il barone. — E neppure di ciò che i due avrebbero fatto per lui?

Rob corrugò la fronte. — So che il mio bisnonno, sir Robert Logan, di cui porto il nome, e suo fratello sir Walter erano a Bannockburn con il Bruce. So anche che entrambi erano con sir James Douglas e con sir William Sinclair dopo la morte del Bruce; portarono il suo cuore in Terra Santa, come gli aveva chiesto di fare.

— Certo. È per questo che sul nostro stemma c’è un cuore — concluse sir Ian. — Che altro sai di loro?

— Che durante il viaggio i nostri due parenti furono uccisi in Spagna insieme a sir James Sinclair. Sir William Keith e gli altri sopravvissuti riportarono i loro corpi e il cuore di Bruce in patria. Ma non ho idea di come questa storia possa avere a che fare con quello che mi chiedete.

Sir Ian socchiuse gli occhi e fissò intensamente il figlio. Rob, che aveva sopportato espressioni anche più minacciose per quattro anni, lo sostenne con facilità.

— Quindi, non sai nulla — sospirò sir Ian. — È un peccato, perché speravo in un grande avvenire per te. Mi è stato detto che avresti intenzione di sposare lady Ellen Douglas. Mi è stato persino riferito che hai osato parlare con lei un anno fa, quando hai passato un giorno a Tantallon con Douglas. Non hai però pensato di fare visita a tuo padre, a poche miglia di distanza.

— Sapete benissimo che non potevo farlo — rispose Rob a denti stretti. — Ero parte del seguito di sir Edward Robison.

— Certo, certo. Eppure, è un peccato che tu non abbia nulla da dirci quest’oggi.

William aveva un’espressione furbetta.

Rob rimase in silenzio, tentando di controllare l’animo impetuoso. Chissà se sentivano il suo cuore martellargli nel petto per l’ira!

— Ebbene? — sibilò suo padre. — Vuoi quella ragazza o no?

— Sapete bene di sì — rispose Rob. — Per di più...

— Ellen è un bocconcino appetitoso — intervenne William in tono leggero.

— Stai attento a quello che dici — sbottò Rob. — Ricordati che stai parlando di una dama e che non sei più alto e più grosso di me.

— Ma sono ancora più forte di un esile alberello come te.

Rob non gli rivolse neppure un’altra occhiata. Qualunque cosa suo fratello avesse imparato negli anni al seguito del conte di Douglas, di sicuro non aveva imparato la cavalleria. Per quello che vedeva, suo fratello non era affatto cambiato da quando avevano rispettivamente quindici e tredici anni, quando lo tiranneggiava, quando lo definiva un poppante perché aveva pianto alla morte della madre. Oh, quanto aveva odiato suo fratello!

D’altro canto, Rob pensava anche che l’Ordine gli aveva insegnato tutto ciò che aveva bisogno di sapere nella vita tranne una cosa: come controllare l’impulsività. Sir Edward Robison, il suo comandante a Dunclathy, avrebbe avuto da ridire sullo scambio di insulti tra lui e Will, quattro anni prima. Ma sir Edward non lo sapeva e, con un po’ di fortuna, non lo avrebbe mai scoperto. E neppure Hugo e Michael, i suoi amici sempre pronti a consigliare, ma anche a rimproverare.

Mentre Rob si sforzava di riconquistare la calma, sir Ian parlò. — Credo che faresti meglio a dimenticarti di quella ragazza...

L’espressione di William si fece ancora più soddisfatta, mettendo il fratello minore in guardia.

— Poiché tu non hai altro che i tuoi speroni d’oro da offrirle, temo che lei preferirà sposare il nostro Will.

— Ma lei non lo vuole — ribatté Rob, prima di riuscire a controllarsi.

William rise. — Non ha alcuna importanza, ormai. Sono io l’erede di Lestalric, non tu, e lei è lady Ellen Douglas, figlia del più potente uomo di Scozia.

Rob aprì la bocca per parlare, ma la richiuse di scatto.

— Will ha ragione — confermò il barone. — In più, se davvero non hai altro da offrirci, sei una grande delusione per me e non sei degno dei miei sforzi.

Rob avrebbe tanto voluto rispondere a tono, ma strinse i denti e tacque.

Sempre sorridendo, Will aggiunse: — Avrai visto la ragazza non più di tre volte in vita tua. Se credi che accetterebbe un cavaliere novellino invece di un barone sei stupido come lo eri a tredici anni, Robbie. Se anche poi ti desiderasse, suo padre non accetterebbe mai: vuole di più per sua figlia e lei deve obbedirgli. Ma non si arriverà a questo. Ellen ha già accettato la mia proposta di matrimonio.

Rob fissò suo padre, ma sir Ian scosse le spalle.

— Ditemi, mio signore. Se fossi stato in grado di rispondere alla vostra domanda sul misterioso segreto che credete il nonno mi abbia rivelato, che cosa avreste fatto? Se Will ha già chiesto la mano di lady Ellen e se suo padre ha accettato, allora...

— Santo cielo. Se tu avessi fatto qualcosa per meritarlo, avrei proposto te a Douglas. Si tratta di politica, ragazzo. Will lo sa. Se tu ancora non lo sai, dopo tutti questi anni in guerra, allora non hai imparato nulla.

— Volete dire che se io avessi conosciuto un simile segreto, lo avreste rivelato a Douglas in cambio della ragazza per me e non per Will? È così? Oppure sarebbe stato Will a dirglielo? Quale modo migliore per ingraziarsi il padre e assicurarsi la figlia?

Sir Ian, gambe larghe e braccia conserte, serrò la mascella. — Sì. E allora? È mio dovere perseguire al meglio gli interessi dei Logan. Un’informazione preziosa mi avrebbe permesso di farvi sposare tutti e due con le ragazze Douglas. È evidente, come è evidente che Douglas ha il diritto di conoscere qualunque segreto tuo nonno ti abbia rivelato. È lui il discendente del compianto sir James.

— Allora mi dispiace deludervi — fece Robert. Rivolse un rigido inchino al padre e si girò per allontanarsi.

— Dove credi di andare? — tuonò sir Ian.

Rob si voltò. — Mi congedo da voi, signore. Addio. Non tornerò.

— Sì, non tornare — ribatté sir Ian. — E non aspettarti più nulla da me in futuro!

Furioso, Rob si controllò con grande fatica. — Io non mi aspetto nulla. Immagino che, vista la delusione che vi ho provocato, sarete felice di non vedermi mai più!

— Esatto! — tuonò sir Ian.

Rob uscì e si allontanò in sella al suo cavallo senza mai girarsi indietro. Si sentiva rabbioso e tradito, soprattutto perché, se il primo segreto rivelatogli dal nonno non aveva nulla a che fare con Lestalric, non era così per il secondo.

La chiave si trovava nel castello stesso e ora che aveva giurato di non ritornarvi, forse non avrebbe mai saputo di cosa parlava quel mistero.

Doveva trattarsi di un tesoro di famiglia, o di qualcosa di simile. Se anche lo avesse trovato, suo padre o suo fratello lo avrebbero reclamato. Ciò che gli bruciava di più, però, era che, nonostante tutti gli sforzi per controllare la sua impulsività, aveva di nuovo fallito. Era giunto il momento di imparare l’umiltà.

Allora c’era un unico posto dove andare. Suo padre e suo fratello non lo avevano mai fatto sentire benvenuto, ma c’era un luogo in Scozia dove sapeva di esserlo.