10

Naturalmente Charlotte ignorava lo stato d’animo di Dominic e quello che era successo tra lui e Sarah al ritorno dal club. Ma il giorno seguente avvertì subito che tra loro si era creata una tensione profonda, che nemmeno i sospetti di Sarah sul conto di Dominic bastavano a giustificare.

Tuttavia la cosa le uscì di mente nel pomeriggio, quando rimase sola in casa, a copiare delle ricette per la signora Lessing. Aveva dato un’occhiata fuori della finestra, alle nuvole che si ammassavano minacciose; tutti gli altri erano usciti per fare delle visite e Charlotte stava pensando che si sarebbero bagnati, quando qualcuno bussò alla porta.

— Avanti — disse distrattamente. Era troppo presto per il tè. Doveva esserci qualche problema di carattere culinario.

Invece era Millie, la nuova cameriera, e appariva sconvolta.

— Venite avanti, Millie — ripeté Charlotte. — Fareste meglio a sedervi.

Avete una faccia!

— Oh, signorina Charlotte! — La poverina tremava letteralmente come una foglia. — Come sono contenta che ci siate voi!

— Sedetevi, Millie, e ditemi cos’è successo — ordinò Charlotte.

Ma Millie sembrava avere le gambe rigide, e si tormentava nervo-samente le mani. La fissò senza dire una parola, poi a un tratto fece per scappar via.

— In nome del cielo — sospirò Charlotte, prendendo di peso Millie e spingendola in una poltrona — volete dirmi cos’è successo? Siete uscita per qualche commissione? Vi siete allontanata o siete rimasta nei pressi di casa?

— Oh no, signorina! Niente di tutto questo!

— Bene, dove eravate, dunque?

— Di sopra, nella mia camera, signorina. Col permesso della signora Dunphy.

Charlotte era disorientata.

— Ma insomma cosa c’è, Millie? State forse poco bene?

— No, signorina. — La ragazza si fissò le mani, sempre torcendole nel grembo. Seguendo il suo sguardo, Charlotte si accorse che teneva in mano qualcosa.

— Cos’avete trovato, Millie?

— Oh, signorina! — esclamò la ragazza con gli occhi pieni di lacrime.

— Non avrei dovuto portarla qui, ma devo difendere la mia reputazione!

— Tirò su col naso. — Fortuna che ci siete voi, signorina.

Charlotte era perplessa, e cominciava ad aver paura.

— Di che si tratta, Millie? — Tese la mano. — Su, date qua!

La piccola mano di Millie si aprì lentamente, svelando una cravatta maschile tutta stropicciata, una cravatta che Charlotte non riconobbe. Non capiva perché Millie gliel’avesse portata, né perché avesse suscitato una simile reazione nella ragazza.

Charlotte la prese e la osservò. Millie la fissava con apprensione.

— È una cravatta — osservò Charlotte. — Ebbene? — Infine un pensiero la colpi. — Millie, non crederete che sia servita a strangolare quelle ragazze, vero? — Provò un senso di sollievo. Aveva perfino voglia di ridere.

— No, non è stata usata una cravatta, Millie, ma un filo di metallo! Ora calmatevi e consegnatela a Maddock. È sporca!

— Sì, signorina Charlotte. — Ma Millie non si mosse. Era ancora pallida, paralizzata dalla paura.

— Suvvia, Millie!

— È del signor Dominic, signorina Charlotte. Lo so, perché sono io che mi occupo della roba da mandare in tintoria. Quelle del padrone sono di stoffa diversa. È facile distinguerle. Quando ritiro la roba, mi basta un’occhiata per stabilire a chi appartiene.

Charlotte si sentì afferrare dal panico, sebbene non ci fosse una ragione precisa. Che importanza aveva se Dominic aveva perso una cravatta?

— Dunque è di Dominic — osservò. — È sudicia. Riportatela in tintoria.

Millie si alzò lentamente, stringendo la cravatta fra le dita.

— Non c’entra con me, signorina; giuro che non c’entra. Lo giuro davanti a Dio! — Era tutta scossa da un tremito convulso.

A un tratto Charlotte capì. Si sentì stringere lo stomaco in una morsa.

C’era una sola domanda da fare, e la fece.

— Dove l’avete trovata, Millie?

— Nella mia stanza da letto, signorina. — Arrossì penosamente. — Era sotto il letto. Quando ho rivoltato il materasso, è cascata giù dal telaio. Ec-co perché è tutta stropicciata e polverosa. Era lì da prima che arrivassi, signorina. Ve lo giuro!

Charlotte ebbe la sensazione che il suo mondo fosse crollato in pezzi.

Una voce nel suo intimo le disse che avrebbe dovuto aspettarselo. Cercò nel caos dei suoi pensieri qualcosa da salvare a cui aggrapparsi… Quella cravatta doveva essere da anni nella camera di Lily. Sarah non aveva mai dormito lì; non c’era nessuna ragione che giustificasse la presenza di Dominic in quella stanza. Forse Lily aveva portato lì la biancheria per qualche motivo. Per rammendarla, magari. Scartò subito quella possibilità. Non c’erano strappi, nella cravatta. Forse Millie mentiva? A Charlotte bastò u-n’occhiata alla sua faccia per escluderlo.

— Mi dispiace, signorina — mormorò Millie. — Ho forse fatto male?

Charlotte posò la mano sul braccio della ragazza.

— No, Millie, voi avete fatto una cosa giusta, e non dovete aver paura.

Ma, per evitare equivoci, non parlatene con nessun altro, a meno che… —

Non finì la frase.

— A meno che cosa, signorina? — Millie la fissava riconoscente. —

Cosa devo dire se mi fanno delle domande, signorina Charlotte?

— Non vedo perché debbano farvi domande, ma se ve ne facessero, dite pure la verità, Millie; esattamente ciò che sapete, e nient’altro. Non fate congetture. Capito?

— Sì, signorina Charlotte. E… grazie, signorina.

— Di niente, Millie. Ora farete bene a metterla tra la roba da mandare in tintoria. Vi prego di farlo voi stessa. Non fatela vedere alla signora Sarah.

Millie impallidì. — Signorina Charlotte, credete che…

— Io non credo niente, Millie. E non voglio che la signora Sarah sia turbata da simili sciocchezze. Ora andate e fate come vi ho detto.

— Sì, signorina. — Millie fece un piccolo inchino e per poco non in-ciampò, uscendo.

Non appena se ne fu andata, Charlotte crollò su una poltrona. Le gambe le tremavano e si sentiva le dita rigide e formicolanti.

Dominic e Lily! Dominic nel letto di Lily! Dominic che si toglieva la cravatta, la camicia e forse il resto, e poi si rivestiva con una fretta tale da scordarsi la cravatta. Provò un senso di nausea. Lily… la piccola Lily Mitchell.

Lei aveva amato Dominic con tutto il cuore, senza chiedere niente in cambio, e lui se la faceva con Lily, la cameriera. Ma doveva esserci qualcosa di sbagliato in Dominic, in tutti gli uomini? Oppure in lei? Una franchezza eccessiva? O forse la mancanza di femminilità? La gente aveva simpatia per lei, ma solo quel miserabile Pitt l’aveva considerata una donna, e si era innamorato di lei.

Era assurdo, ma piangerci sopra non serviva a niente. Bisognava pensare a qualcos’altro. Lily era morta. Aveva amato Dominic, oppure era stato solamente… no, meglio non pensarci! Dominic era bello e affascinante… il suo cuore ebbe un sobbalzo. Era logico che le donne lo ammirassero. Verity lo aveva ammirato, e anche negli occhi di Chloe aveva letto quell’ammirazione. Ed erano morte entrambe!

Si sentì agghiacciare. Non poteva essere! Eppure Dominic aveva visto il papà in Cater Street la sera in cui Lily era stata uccisa. Ciò significava che anche lui si trovava lì. Nessuno ci aveva pensato. Avevano pensato solo al papà. Non le era mai venuto in mente che Dominic…?

Ma cosa stava pensando? Lei amava Dominic; lo aveva sempre amato, dacché si era fatta donna. Come poteva sfiorarla un simile dubbio?

Ma cos’era l’amore che provava per lui, allora? Che valore aveva se lo conosceva così poco da sospettare di lui? Poteva amare un uomo che conosceva così poco? Prima di quel pomeriggio non avrebbe mai neppure potuto concepire che lui fosse andato a letto con Lily! E adesso, nel giro di u-n’ora, aveva accettato quella realtà. Forse era solo rimasta affascinata da lui, il suo era un amore fine a se stesso, un amore per un essere che si era costruita con la fantasia… ; aveva amato il suo volto, i suoi occhi, il suo sorriso. Conosceva, o amava, Dominic per quello che era in realtà? Quali sentimenti si agitavano in lui, ignoti a lei e persino a Sarah? Era possibile che avesse amato Lily, o Verity - oppure che le avesse odiate entrambe?

Più ci pensava, più si sentiva confusa e insicura di sé e dell’amore che aveva creduto di provare per lui in tutti quegli anni.

Se ne stava seduta, dimentica di tutto ciò che la circondava, quando qualcuno bussò alla porta. Era Dora, venuta ad annunciare la visita della moglie del vicario; chiedeva se doveva portare il tè, visto che erano quasi le quattro. Charlotte si riprese con uno sforzo sovrumano. Non aveva voglia di vedere nessuno e men che mai Martha Prebble.

— Sì, Dora — disse meccanicamente. — Fate passare la signora Prebble.

Martha Prebble appariva meno stanca del solito. Si era rianimata, e aveva uno sguardo deciso.

Le venne incontro con le mani tese, aggrottando leggermente la fronte.

— Mia cara Charlotte, mi sembrate un po’ pallida. Vi sentite bene, figliola?

— Oh sì, grazie, signora Prebble. — Poi pensò che era meglio darle una qualche spiegazione. — Forse sono un po’ stanca. Non ho dormito troppo bene, la scorsa notte. Niente di preoccupante, comunque. Volete accomo-darvi, prego? — Indicò la poltrona più comoda.

Martha sedette. — Dovete aver cura di voi. Siete stata di grande aiuto al-la povera signora Lessing; ora però non dovete esagerare.

Charlotte si sforzò di sorridere. — Voi dovreste essere l’ultima a dare simili consigli. Siete sempre in giro ad aiutare tutti. — Un pensiero la colpì. — E adesso siete qui sola? Avete percorso la strada da sola? Non avreste dovuto farlo! Vi farò riaccompagnare da Maddock. Sarà buio, quando uscirete. Potrebbe essere pericoloso!

— Gentile da parte vostra, ma temo che non potrei mai abituarmi a uscire con la scorta.

— Allora dovete restare a casa, perlomeno finché… finché…

Martha si protese in avanti con un leggero sorriso nella faccia larga e massiccia. — Fino a quando, mia cara? Finché la polizia non avrà trovato quell’uomo? E cosa dovrei fare, secondo voi? Lasciare l’attività parrocchiale? C’è tanta gente che ha bisogno di me. Non siamo tutti ugualmente fortunati, sapete. Ci sono le persone anziane, sole, ammalate. Le vedove, le mogli abbandonate e che debbono allevare da sole i loro bambini. I parrocchiani ricchi non vogliono saperlo, ma esistono.

— In questa zona? — Charlotte era sorpresa. Era convinta che tutti quelli che abitavano nei pressi di Cater Street fossero quanto meno benestanti.

Non aveva mai visto dei poveri, da quelle parti.

— Oh, sono molto decorosi. — Martha guardò fuori della finestra. — La miseria è nascosta; i vestiti sono rattoppati, cuciti e ricuciti. Magari possiedono un unico paio di scarpe, e mangiano solo una volta al giorno. Le apparenze, il decoro, sono molto importanti per loro.

— Terribile! — disse Charlotte, colpita. Anche se non era la miseria disperata di cui le aveva parlato l’ispettore Pitt, era pur sempre una condizio-ne penosa, avvilente. Lei non aveva mai saputo cos’era la fame in vita sua né si era mai privata di nulla. Certo, talvolta le era capitato di ammirare vestiti che non avrebbe potuto comprarsi, ma era troppo ben fornita per lamentarsene.

— Mi dispiace. Potrei offrirvi il mio aiuto?

Martha sorrise, posando una mano sul ginocchio di Charlotte.

— Siete una gran brava figliola, Charlotte. Avete preso da vostra madre.

Sono certa che ci sono cose che potete fare, e che del resto avete già fatto.

Ah, fossero tutte come voi, le ragazze della parrocchia!

Fu interrotta dall’arrivo di Dora col vassoio del tè. Dopo che Dora si fu ritirata e Charlotte lo ebbe versato e le ebbe porto la tazza, Martha riprese:

— C’è troppa leggerezza in giro; ognuno si preoccupa del proprio piacere, e basta.

Charlotte pensò a Emily. Sebbene l’amasse teneramente, sapeva molto bene che la sorella non pensava che a se stessa.

— Temo di sì — ammise. — Bisognerebbe pensare di più al prossimo.

— E invece domina l’egoismo. Spesso si preferisce chiudere gli occhi per non vedere.

Era innegabile, e Charlotte provò un senso di colpa. Senza volerlo, pensò a Pitt. Lui l’aveva costretta a vedere cose che lei avrebbe preferito ignorare, cose che turbavano la sua pace, la sua vita dorata. E aveva provato un profondo risentimento nei suoi confronti proprio per questo.

— Io avevo cercato di farlo capire a Verity — stava dicendo Martha, fissando Charlotte. — Aveva tante buone qualità, povera Verity.

— So che conoscevate bene anche Chloe. — Ma subito Charlotte si pentì di averlo detto: era come rigirare il ferro nella piaga. Vide la faccia di Martha contrarsi, in una smorfia di pena.

— Povera Chloe — disse con un tono che Charlotte non comprese. —

Così frivola, così superficiale. Amava troppo la vita mondana. Chissà quali tentazioni… — Sospirò. — Ma non voglio parlar male di una morta. Chloe ha pagato per i suoi peccati e tutto ciò che c’era di corrotto in lei si è puri-ficato.

Charlotte la fissò sbigottita. Il viso forte e leale di Martha era mesto e confuso.

— Parliamo d’altro — disse Charlotte con fermezza. — Ho copiato alcune ricette. Sono certa che v’interesseranno, poiché rammento di aver sentito Sarah dire che avevate chiesto la ricetta del pasticcio di spinaci. Mi pa-re che la signora Hilton abbia una cuoca bravissima, o almeno così ha detto la signora Dunphy alla mamma.

— Sì, è vero. E così piena di buona volontà, per di più — convenne Martha. — Fa molte cose per le nostre feste parrocchiali, ed è un’ottima pasticciera. Non tutte le cuoche sono brave pasticciere, sapete. Bravissima anche a fare le conserve e la frutta candita. Mandava sempre in giro la cameriera con… — S’interruppe, pallida, lo sguardo angosciato.

Charlotte tese la mano istintivamente.

— Lo so. Non pensiamoci. Tanto, non c’è più niente da fare, ormai. Troverò la ricetta del pasticcio. — Ritirò in fretta la mano e si alzò per congedarsi; voleva interrompere quel colloquio imbarazzante. Martha le faceva pena, sia per il dolore che provava per la morte di quelle povere ragazze, sia per la vita che conduceva a fianco del vicario, una sorte ancora peggiore di tutte le miserie di cui Pitt le aveva parlato.

— Ecco — tese un foglietto. — Questa è la ricetta. Posso copiarvene u-n’altra, se volete. E insisto affinché Maddock vi riaccompagni a casa.

— Non è necessario. — Martha prese la ricetta senza guardarla. — Potete stare tranquilla!

— Non posso permettere che lasciate questa casa da sola — disse Charlotte con fermezza. Afferrò il nastro del campanello. — Starei veramente in pena!

Perciò Martha fu costretta ad accettare, e dieci minuti dopo uscì seguita obbedientemente da Maddock.

A Charlotte non fu consentito di godersi una serata tranquilla che le permettesse di mettere ordine tra i suoi pensieri confusi e affastellati. Emily tornò a casa da una visita annunciando che aveva invitato Ashworth a pranzo e lo aspettava poco dopo le sette.

La notizia gettò nel panico l’intera casa. Solo la nonna sembrava soddisfatta; osservava deliziata i preparativi frenetici, dando consigli a dritta e a manca, come se fosse atteso un membro della Real Casa. Emily era troppo eccitata e Charlotte troppo assorta nei suoi problemi per darle retta. Toccò a Sarah dire alla nonna di tenere la lingua a freno, il che mandò la vecchia signora su tutte le furie, tanto che dovette ritirarsi nella sua camera e di-stendersi sul letto per calmarsi.

— Ben fatto — disse Charlotte, laconica. Sarah le rivolse un sorriso rag-giante.

Tutto era tranquillo, almeno in superficie, cinque minuti prima che George Ashworth facesse il suo ingresso. Se ne stavano tutti quanti seduti nel salotto, Emily in un abito rosa che le donava molto, anche se il papà aveva disapprovato il nuovo acquisto. Sarah era in verde, molto elegante anche lei, e Charlotte in azzurro ardesia, una tinta che non le era mai piaciuta, finché guardandosi allo specchio si era accorta che metteva in risalto il colore dei suoi occhi e la calda tonalità della carnagione e dei capelli.

Arrossì intimidita quando Ashworth le s’inchinò davanti, fissandola con ammirazione. Ashworth le era antipatico, e a suo avviso si comportava in maniera frivola con Emily. Gli rispose in tono gentile ma formale.

Durante la serata, tuttavia, dovette in parte ricredersi. Ashworth aveva un contegno corretto, e se si fosse sempre comportato bene con Emily, sia in pubblico sia in privato, Charlotte avrebbe potuto perfino trovarlo simpatico. Era intelligente e schietto, anche se nella sua posizione poteva per-mettersi di dire ciò che gli pareva senza temerne le conseguenze. Conquistò anche la nonna, il che non era poi tanto difficile poiché la vecchia signora apprezzava i bei giovani, e ancor più i titoli nobiliari.

Charlotte guardò Emily e la vide piegare le labbra in un sorrisetto furbo.

Evidentemente aveva capito benissimo che tipo era Ashworth, e lo accettava così com’era. Ancora una volta Charlotte provò un impeto di rabbia pensando che Ashworth avrebbe potuto far soffrire Emily, approfittando del fatto che era una bambina inesperta.

Quando Charlotte gli rivolse la parola la sua voce aveva un tono gelido.

Vide Dominic fissarla con stupore, ma era troppo adirata per badarvi. E

poi si sentiva combattuta nei suoi confronti. Lo aveva tanto amato, e ora provava solo un desiderio struggente di proteggerlo… da che cosa? Da Pitt, dalla polizia - o da se stesso?

La serata le parve interminabile. Tuttavia erano solo le undici quando Ashworth si congedò, e Charlotte ne approfittò per ritirarsi. Si sarebbe aspettata una notte insonne e invece fece appena in tempo a posare la testa sul guanciale che si addormentò.

Il giorno successivo, qualcosa di infinitamente peggiore l’attendeva. Erano appena passate le dieci quando Maddock venne ad annunciarle che l’ispettore Pitt era in corridoio e desiderava vederla.

— Proprio me? — Sperava che volesse vedere qualcun altro, magari il papà, che quella sera sarebbe stato in casa.

— Sì, signorina — disse con fermezza Maddock. — Ha proprio chiesto di voi.

— Volete assicurarvi che non sia mio padre che vuole vedere stasera, Maddock?

— Va bene, signorina. — Maddock fece per uscire, ma quando fu davanti alla porta, questa si aprì ed entrò Pitt.

— Ispettore Pitt! — disse bruscamente Charlotte, decisa a scoraggiarlo.

Era l’ultima persona al mondo che desiderasse vedere. La cravatta di Dominic era un’ossessione; temeva che Pitt avrebbe scoperto tutto, parlando con Millie. Temeva persino ciò che lei stessa avrebbe potuto dire. La preoccupazione le trapelava dalla fronte aggrottata.

— Buon giorno, signorina Ellison. — Guardò Maddock allontanarsi nel corridoio, poi chiuse la porta. — Charlotte, sono venuto a parlarvi di George Ashworth.

Charlotte provò un gran sollievo. Non si trattava di Dominic.

— Lo avevate capito? — disse lui sorpreso. Che viso straordinario aveva: rifletteva come un libro aperto i suoi pensieri, le sue impressioni.

Rimase interdetta.

— Avete forse scoperto qualcosa? — Di nuovo provò un senso di paura, pensando a Emily. Era forse Ashworth l’assassino? Questo significava perlomeno che non avrebbe fatto soffrire Emily, piantandola per qualche altra ragazza. Però le sarebbe dispiaciuto, il che era assurdo. Aveva provato solo una vaga simpatia per lui.

Pitt stava osservandola. — Ashworth vi piace — notò con un sorriso.

— Al contrario, provo una viva antipatia per lui — ribatté bruscamente.

— Perché? Temete forse che possa uccidere Emily? Oppure temete che la pianti per qualche altra, magari ricca, o titolata?

Charlotte provò un vivo risentimento per la sua indiscrezione. La vita privata di Emily non lo riguardava.

— Ho paura che la uccida, naturalmente! Ebbene, cosa volevate dirmi, signor Pitt?

Lui continuò a sorridere, ignorando il suo tono secco. — Sono venuto a dirvi che con ogni probabilità non conosceva la cameriera degli Hilton, e che sicuramente non ha ucciso Lily Mitchell. Ha potuto fornire un resoconto preciso dei suoi passi di quel giorno e di quella sera.

Lei provò una gran gioia, il che non aveva senso. Significava che Ashworth sarebbe rimasto libero, libero di far soffrire Emily, e lei non voleva che questo accadesse.

— Dunque avete eliminato un’altra persona sospetta — osservò, tanto per rompere l’imbarazzo, evitando quegli occhi che la scrutavano, che in-dovinavano ogni suo pensiero.

— Sì — ammise. — Non è certo un metodo soddisfacente.

— È tutto quello che potete fare? — Era una domanda, non una critica.

Lui le rivolse un sorrisetto contorto. — No, non è tutto. Sto tentando di costruirmi un quadro della persona che stiamo cercando, quale sorta di uomo può arrivare a commettere simili efferatezze.

Senza volere, Charlotte espresse lo stesso pensiero che aveva tanto inorridito Dominic. — Credete forse che sia un uomo… un uomo che non si rende conto di quello che fa, non sa perché lo fa e non se ne ricorda dopo?

Che sia ignaro e spaventato come tutti noi?

— Sì — rispose lui semplicemente.

Quel pensiero la sgomentava. Le faceva sentire in modo tangibile la presenza dell’assassino, annullando quasi l’abisso che lo separava da loro. Poteva essere chiunque, tra coloro che conoscevano. Solo Iddio poteva sapere cos’avrebbe provato quell’essere quando si sarebbe reso conto di ciò che aveva fatto!

— Mi dispiace, Charlotte — disse pacato. — Fa paura anche a me. Bisogna trovarlo, ma nello stesso tempo provo una sorta di riluttanza all’idea di scoprirlo…

Lei non seppe cosa dire. Con gli occhi della mente vedeva solo la cravatta nera di Dominic, così grande da strangolare il mondo intero. Desiderò che Pitt se ne andasse, prima che quel pensiero ossessionante la costringes-se a parlare.

— Ho visto vostro cognato, l’altro giorno — riprese.

Charlotte sentì i muscoli irrigidirsi. Per fortuna era girata di spalle, così lui non poté vedere il guizzo di terrore nel suo viso. Fece per dire qualcosa, ma non ci riuscì. Era per questo che era venuto lì, perché sapeva o sospettava qualcosa?

— In un caffè — continuò lui.

— Davvero? — riuscì infine a dire.

Pitt non rispose. Lei si sentiva osservata e non poteva sopportare quel silenzio. — Non riesco a immaginare di che cosa abbiate parlato, voi due.

— Dello strangolatore, soprattutto. Era l’argomento che gli stava più a cuore.

— Perché, a voi no? — Si volse a guardarlo stupita.

— Sì, naturalmente, sebbene non sia l’unico. Sapete, il mio sergente ha perso un braccio una settimana fa.

— Ma è atroce! — Era inorridita. — Com’è successo?

— Cancrena — disse lui semplicemente, ma Charlotte scorse un lampo di collera nei suoi occhi. Per un attimo dimenticò Dominic. — Si è ferito inseguendo un falsario nei bassifondi. — Le riferì il fatto.

Charlotte era sconvolta. — Dite, succedono spesso cose simili, a… a voi della polizia?

Un lampo di speranza gli accese il viso per un attimo, ma subito si dileguò. Sì, Emily aveva visto giusto, pensò Charlotte. Lei gli stava a cuore.

— No, non molto spesso — rispose. — Il nostro è un mestiere tragico, pietoso e perfino comico, oltre che violento. Molti delinquenti si arrendo-no, pur di salvarsi la vita. La pena per l’omicidio è la forca, sapete.

— Comico? — disse lei incredula.

Lui sedette sul bracciolo di una poltrona. — Come pensate che possa sopravvivere la gente nei bassifondi, senza un pizzico di umorismo? Senza l’umorismo, soccomberebbero. Voi non conoscete i venditori ambulanti, le prostitute, gli strozzini, ma se li conosceste, scoprireste che a volte possono essere divertenti e spiritosi, malgrado la volgarità e la cupidigia del loro animo. I deboli, i “diversi” soccombono.

— E gli ammalati, gli orfani, i vecchi? — domandò lei. — Sono anche loro dotati di umorismo, secondo voi?

— No. Difatti muoiono, come del resto avviene anche nella vostra sfera sociale — rispose lui. — Solo che la loro è una morte diversa, tutto qui.

Ma ditemi, cosa accade nel vostro mondo a una donna divorziata, a una ragazza madre, oppure a una donna il cui marito è rovinato? Spesso è spinta alla morte civile, o al suicidio. Queste persone vengono radiate… Spari-scono dalla circolazione. Nessuno li riceve più nel suo salotto. Perdono ogni possibilità di trovare un lavoro, di maritare le figlie. Nessuno è disposto a fargli credito. È una morte diversa, ma è pur sempre una fine.

Charlotte non poté replicare nulla. Avrebbe voluto odiarlo, negare tutto, ma nel suo intimo sapeva che aveva detto il vero. Le tornarono in mente alcuni episodi… gente il cui nome non era stato più pronunciato da nessuno, gente sparita improvvisamente…

Lui le toccò delicatamente un braccio. Charlotte sentì il calore di quel contatto.

— Mi dispiace, Charlotte. Voi non ne avete colpa…

— Tuttavia ciò non cambia la realtà dei fatti, vero?

— No.

— Raccontatemi qualche episodio comico. Ho bisogno di distrarmi.

Lui si raddrizzò, togliendo la mano. A quel gesto Charlotte provò un senso di freddo; si sarebbe aspettata di trovare offensivo il contatto della sua mano, e invece non era così.

Pitt sorrise. — Avete incontrato Willie, al distretto di polizia?

Senza volere, sorrise anche lei. Rammentò la faccia puntuta, quel misto d’interesse e di compatimento per il suo candore che gli trapelava dagli occhi.

— Sì. Immagino che lui avrebbe un mucchio di aneddoti divertenti da raccontarmi…

— Centinaia, alcuni dei quali proprio autentici. Rammento una storiella sulla famiglia di un venditore ambulante, una lunga e pittoresca vendetta contro uno spacciatore di denaro falso. E poi la storia di Belle… stavo per dire che Belle vi sarebbe piaciuta, ma è una prostituta…

— Ciò non m’impedirebbe di trovarla simpatica — rispose Charlotte, ma subito si domandò se non si era sbilanciata troppo. — Forse…

La faccia di lui assunse un’espressione divertita. — Belle veniva da Bournemouth. I suoi genitori erano gente rispettabile ma poverissima, a servizio presso una famiglia della media borghesia. Belle è stata sedotta dal figlio dei padroni, e di conseguenza scacciata. Naturalmente era im-pensabile che lui la sposasse. Ha dovuto andarsene a Londra, e là ha scoperto di essere incinta. Inizialmente ha lavorato presso una cucitrice: doveva cucire i colletti e i polsini delle camicie, e fare asole per due penny e mezzo l’una. Sapete cucire, Charlotte? Sapete quanto tempo ci vuole a confezionare una camicia? Sapete fare i conti di casa, voi? Sapete cosa si può comprare con due penny e mezzo?

“Ha tentato di entrare in un ospizio di carità, ma non aveva le carte in regola. A quel punto un gentiluomo le ha fatto delle proposte; non era abbastanza anziano da essere ricco e sistemarla con un matrimonio vantag-gioso, però le garantiva delle entrate sufficienti a mantenere il suo bambino.

“Inoltre le ha aperto dei nuovi orizzonti. Scriveva ai genitori tutte le settimane; continua a farlo, e manda sempre loro del denaro. Loro credono che faccia la sarta. Del resto, a che servirebbe che scoprissero la verità?

Tanto, non sanno quanto guadagna una sarta a Londra.

“Ha trovato un protettore, ma in seguito ha cominciato a privarla del suo denaro. Nel frattempo si era fatta degli amici, oltre che dei clienti. È una bella ragazza, furba, ma non cattiva, e io l’ho sempre vista allegra e sorridente.”

— Cos’ha fatto? — domandò Charlotte.

— Aveva un amante fisso che faceva lo scrivano, un falsificatore di lettere e di documenti. Costui aveva uno zio che faceva il reclutatore di bambini. Aveva insegnato ai suoi piccoli protetti a derubare il padrone di casa ogni volta che usciva. Gli sottraevano l’orologio, le medaglie, i soldi. Ma quel che è peggio, si prendevano beffe di lui, gli appuntavano dei cartelli, sul dorso; insomma, ne avevano fatto il loro zimbello.

— Ma se lo derubavano, perché non chiamava la polizia? Specie se sapeva chi erano i ladri?

— Certo che l’ha fatto! Ecco perché ne sono al corrente.

Le sorrise guardandola negli occhi.

— E voi li avete arrestati? — Era inorridita e indignata.

— Sfortunatamente proprio quel giorno mi ero slogato una caviglia, perciò non ho potuto rincorrerli. Il sergente Flack si è buscato un bruscolo nell’occhio e ha dovuto fermarsi per toglierselo; intanto loro si erano eclis-sati.

Lei provò un’ondata di sollievo. — E Belle?

— Belle è riuscita a mettersi da parte un bel gruzzolo.

— Ha continuato a… a fare la prostituta?

— Cos’altro poteva fare? Continuare a cucire camicie a due penny e mezzo l’una?

— No, questo no. La mia è una domanda sciocca. Mi rendo conto di quanto sono stata fortunata a nascere in un ambiente diverso. Ho sempre pensato che è ingiusto che i figli debbano pagare per le colpe dei padri fino alla terza e alla quarta generazione. Ma è una realtà, no? Noi raccogliamo ciò che i nostri genitori hanno seminato.

Charlotte alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Pitt. La dolcezza di quello sguardo la mise in imbarazzo, e si affrettò a distogliere il suo.

— E cosa ne pensate dello strangolatore? Credete davvero che… non si renda conto delle sue azioni?

— Forse non se ne rende completamente conto, il che spiega perché nemmeno quelli che gli vivono accanto abbiano dei sospetti — rispose.

La cravatta le tornò in mente con un brivido d’orrore. Per un breve istante se n’era dimenticata, non aveva più visto Pitt come una minaccia, ma so-lo come… no, era assurdo!

Si alzò con un certo sussiego. — Grazie per essere venuto a dirmi di lord Ashworth. È stato gentile da parte vostra; finalmente ho potuto mettermi il cuore in pace e scacciare ogni timore!

Anche lui si alzò per congedarsi, ma una certa delusione gli trapelava dal viso. A Charlotte dispiacque; non se lo meritava. Ma era troppo spaventata per dirgli di fermarsi. Quell’uomo sapeva leggerle nel pensiero, aveva la capacità di prevedere le sue mosse. Avrebbe finito per tradirsi, per tradire Dominic.

Stava ancora guardandola, accidenti!

Forse era stata troppo frettolosa nel congedarlo? Lo aveva fatto subito dopo aver parlato dello strangolatore, avanzando l’ipotesi che poteva essere ignaro delle proprie azioni, e questo poteva suscitare dei sospetti in Pitt.

Doveva scusarsi.

— Scusatemi, signor Pitt. Non volevo essere scortese. Non vi ho offerto niente da bere. — Si costrinse a incontrare il suo sguardo con un sorriso.

— Posso offrirvi qualcosa?

— No, grazie. — Si diresse verso la porta, poi si voltò, aggrottando la fronte. — Di che cosa avete paura, Charlotte?

Lei trattenne il respiro. Passò un momento prima che potesse proferire un suono.

— Ma dello strangolatore, naturalmente. Chi non ha paura?

— Già — rispose lui pacato. — Forse nemmeno lo strangolatore stesso.

La stanza le girava vorticosamente intorno. Era assurdo. Non poteva svenire così. Dominic poteva essere un debole, uno che non sapeva resistere alle grazie femminili, ma bisognava accettare il fatto che tutti i gentiluomini erano come lui. Ma Dominic non poteva aver niente a che fare con quei delitti… Dominic non era uno che andava in giro a strangolare le ragazze con un filo di metallo! Doveva essere pazza e incosciente a sospettare di lui!

— Sì — ammise Charlotte. — Lo credo anch’io. Ciò nonostante dovete trovarlo, per il bene di tutti — disse calcando la voce sulle ultime parole.

Lui piegò le labbra in un leggero sorriso e, accennando a un inchino, u-scì dalla stanza. Charlotte sentì Maddock aprire e chiudere la porta principale.

Le ginocchia le cedettero; crollò sul divano, il viso inondato di lacrime.

Quella sera, quando Dominic rincasò, lei evitò di incontrarne lo sguardo.

Anche Sarah se ne stette in silenzio durante tutto il pranzo. Emily era uscita con George Ashworth e un gruppo di amici. La nonna approfittò dell’occasione per fare un lungo monologo sul declino delle buone maniere. Edward e Caroline intrattennero una vaga conversazione alla quale nessuno partecipò.

Più tardi Sarah si ritirò in camera sua col pretesto d’un mal di testa. La mamma accompagnò la nonna nel suo salottino per farle un po’ di lettura ad alta voce e il papà si ritirò nel suo studio a fumare e a scrivere delle lettere.

Dominic e Charlotte rimasero soli nel salotto. Era una situazione che Charlotte aveva temuto con tutte le sue forze, eppure fu quasi un sollievo, affrontarla. Forse la realtà non era peggiore dei suoi timori.

Attese qualche minuto, dopo che gli altri se ne furono andati; infine alzò gli occhi, decisa ad affrontare l’argomento.

— Dominic!

Lui si volse a guardarla.

Era sola con lui; aveva tutta la sua attenzione. Gli occhi scuri la fissava-no con apprensione. In un altro momento si sarebbe sentita emozionata, ma ora aveva in mente solo Lily Mitchell, e Sarah, che se ne stava apparta-ta nella sua stanza, a tormentarsi per un’inezia quando c’erano cose che non sospettava nemmeno. E Pitt. Aveva davanti a sé il suo viso serio, i suoi occhi indagatori. Si scosse da quei pensieri.

— Ebbene? — chiese Dominic.

Charlotte non aveva mai avuto tatto in vita sua, non era mai stata capace di girare intorno alle cose. La mamma ci avrebbe saputo fare, al suo posto.

— Ti piaceva Lily? — chiese a bruciapelo.

Lui la fissò sorpreso. — Alludi a Lily Mitchell, la cameriera?

— Sì.

— Se mi piaceva? — ribatté incredulo.

— Sì, ti piaceva? Sei pregato di rispondere con sincerità. È importante.

— Era importante davvero, sebbene non sapesse neppure lei quale risposta avrebbe desiderato. Il pensiero che la ragazza gli fosse piaciuta era doloro-so, ma il pensiero che l’avesse considerata un semplice trastullo era addirit-tura insopportabile.

Dominic arrossì leggermente.

— Sì, mi piaceva molto. Era così vispa, così allegra… Parlava sempre della campagna in cui era nata e cresciuta, ma perché mi fai questa domanda? Vuoi fare qualcosa in suo nome? Era orfana, sai, e credo fosse figlia illegittima. Non ha lasciato nessun parente.

— No, non pensavo a questo — rispose brusca. Non aveva pensato a Lily come a un’orfana. Era vissuta nella sua stessa casa per tutti quegli an-ni, ma non le aveva mai dedicato un vero interesse. — È a te, che penso.

— A me?

Si sbagliava, o il rossore di lui si era accentuato?

— Sì. — Era inutile negare, o essere evasiva. Lui la stava fissando sbalordito. Perché era così ansiosa di sapere? Forse per rassicurarsi che Dominic fosse sempre quel Dominic che lei aveva amato da quando era diventata donna? Oppure provava qualcosa che somigliava alla pietà?

— Non ti capisco — rispose lui lentamente.

Charlotte lo fissò negli occhi con franchezza, e per la prima volta le parve un estraneo.

— Hai capito benissimo. Millie mi ha portato una cravatta che ha trovato dietro la spalliera del suo letto dopo aver rivoltato il materasso. Era la tua cravatta.

Lui non tentò neppure di mentire. Arrossì ancora penosamente, ma non distolse lo sguardo.

— Sì, mi piaceva. Era così… semplice, sai, a volte Sarah è così… opprimente.

— Non avrei mai creduto che tu fossi un tipo simile — disse lei indignata. — Che ne diresti se Sarah facesse l’amore con Maddock?

Lui rimase sbigottito. — Non essere assurda!

— Cosa c’è di così assurdo? — ribatté lei freddamente. — Tu sei pure andato a letto con una cameriera, no?

— Sarah non farebbe mai una cosa simile; non è mica una sgualdrina!

Dovresti vergognarti di dire certe cose, anche solo per scherzo.

— Non sto scherzando! Perché ti senti così offeso all’idea che io possa dire certe cose di Sarah, mentre sei disposto ad ammetterle per te stesso senza la minima vergogna?

Stavolta Dominic abbassò gli occhi.

— Non ne sono molto fiero, per la verità.

— Per via di Sarah, oppure perché Lily è morta? — Era penoso vederlo a un tratto in una simile luce spietata.

— Tu non capisci — scattò lui esasperato. — Un giorno, quando sarai sposata anche tu, capirai.

— Cosa capirò?

— Che… — Si alzò in piedi. — Che talvolta gli uomini… — S’interruppe, incapace di terminare la frase.

La terminò lei per lui.

— Che voi avete una doppia morale, una per voi e una per le donne —

disse lei in tono aspro. Aveva la gola secca, le lacrime di pelle in pelle. —

Pretendete da noi la fedeltà più assoluta, ma vi sentite liberi di dare il vostro amore a chi vi pare…

— Ma non si tratta d’amore! — scattò lui. — In nome del cielo, Charlotte…

— Cos’è allora? Desiderio? Capriccio?

— Tu non capisci…

— Bene, allora spiegami.

— Non essere ingenua, Charlotte. Se fossi sposata forse capiresti che gli uomini sono diversi. Non puoi applicare le vostre regole di comportamento agli uomini.

— La lealtà e l’onore sono uguali per tutti!

Dominic era adirato, ora. — Queste cose non c’entrano con la lealtà e l’onore! Io amo Sarah; o meglio l’amavo, Dio mi perdoni, finché lei… — a un tratto impallidì violentemente — …non ha cominciato a sospettare che potessi essere lo strangolatore. — La stava fissando con le pupille dilatate e lei lesse una pena disperata nei suoi occhi.

Si alzò anche lei, e istintivamente tese la mano a sfiorare quella di lui.

Dominic la strinse forte.

— Dico sul serio, Charlotte! Lo ha detto chiaramente.

— Sarah ha creduto a Emily — disse calma Charlotte. — E forse avrà saputo anche di Lily.

— Ma per amor di Dio! Cosa c’entra una scappatella con l’assassinio di quattro ragazze indifese!

— Se ha saputo di Lily, e se ha dei sospetti su di me, si sentirà senz’altro offesa. Avrà detto quelle cose per vendicarsi.

— Ma è assurdo! Non può essere offesa fino a questo punto… — La fissò incredulo.

Lei lo guardò severamente. — Posso capirla. Se ti avessi dato il mio amore e tutta me stessa, se ti fossi stata fedele senza tradirti neppure col pensiero, mi sarei sentita profondamente offesa se avessi scoperto che an-davi a letto con la cameriera, e sospettato che corteggiavi mia sorella. E

avrei cercato anch’io di vendicarmi. Chi è capace di tradire, può anche essere capace di uccidere.

— Charlotte! — esclamò Dominic con voce stridula. — Non puoi pensare cose simili! Accidenti, io non ho mai… non ho mai offeso nessuno! —

Afferrò di nuovo la mano di lei, stringendola convulsamente.

Ma lei era irremovibile.

— Hai offeso Sarah, e forse anche Lily? Pure lei ti amava, oppure credi che alle cameriere non sia lecito avere dei desideri, come gli uomini?

— Charlotte, sei pregata di non fare del sarcasmo! Aiutami!

— Non so proprio come! Non posso cambiare la testa a Sarah, né co-stringerla a ritirare ciò che ha detto. E neppure farlo dimenticare a te.

Lui rimase in silenzio a lungo, scrutando la faccia di lei.

— No — ammise infine. Chiuse gli occhi. — E quel che è peggio —

soggiunse con voce sommessa — non puoi neppure darmi la certezza che non sia stato io. Quel tuo maledetto poliziotto ha detto che quell’individuo potrebbe essere del tutto ignaro di ciò che fa. Ciò significa che potrei essere stato io. Potrei averlo fatto senza rendermene conto. Ho visto tuo padre per la strada; a nessuno è venuto in mente che anch’io mi trovavo da quelle parti. Conoscevo tutte e quattro le ragazze… e per di più ero fuori quando ognuna di loro è stata uccisa.

Lei poté dirgli solo una cosa per confortarlo, una cosa vera. — Se Pitt avesse sospettato di te, sarebbe tornato a interrogarti. Non ti ha escluso so-lo in virtù del fatto che sei un gentiluomo.

— Credi davvero? — disse lui aggrappandosi a quelle parole.

— So che ti è antipatico, ma credi che riusciresti a ingannarlo a lungo?

Lui torse la bocca in una smorfia. — Forse non mi è antipatico; forse ho solo paura di lui.

— Perché lo ritieni astuto?

— Sì. — Sospirò. — Ti ringrazio, Charlotte. Sì, credo che Pitt ci abbia studiati bene. Se avesse dei sospetti, starebbe già accerchiandoci, a questo punto. Ma non è così, vero? — Di nuovo era in preda al panico.

Stavolta lei mentì come per proteggere un bambino.

— No.

Lui sospirò e sedette. — Come può Sarah pensare che possa essere stato io? Dovrebbe conoscermi bene, ormai… Tu dici che mi ama, ma come si può amare qualcuno, e nutrire dei sospetti sul suo conto?

— Perché amare una persona non significa sempre conoscerla — rispose lei.

— Ma Sarah non mi ama veramente — mormorò — se no non lo avrebbe pensato.

— Ma ci hai pensato anche tu!

— È diverso! Io conosco me stesso. Però non avrei mai pensato male di lei, per nessuna ragione.

— Allora tu non conosci lei più di quanto lei conosca te — affermò Charlotte, convinta.

— Cosa intendi dire?

— Tutti noi abbiamo dei difetti… e anche Sarah ne ha. Se credi che sia perfetta, le fai un torto grave come quello che lei sta facendo a te.

— Non ti capisco, Charlotte. — Aggrottò la fronte. — A volte mi pare che tu non sappia quello che dici.

— No — ammise lei. — No, non puoi capirmi. — A un tratto prese una decisione. — Vado di sopra a vedere se Sarah sta bene.

— Sarah? — Era sorpreso.

Lei andò alla porta, e si volse.

— Sì.

Dominic la stava fissando preoccupato. Charlotte provava una pena profonda; aveva la gola arida, lo stomaco in subbuglio. Avrebbe voluto but-targli le braccia al collo e tranquillizzarlo, ma il suo amore per lui era mutato, ora. Non era più romantico e misterioso. Si sentiva più matura, più forte di lui.

— Charlotte…

Lei sapeva cosa le voleva dire. Voleva dire: “Aiutami”, ma non ne era capace.

Sorrise. — Vado a dirle tutto. E sappi che ogni uomo che vive nei pressi di Cater Street deve avere le tue stesse paure.

Dominic trasse un respiro e si sforzò di sorridere. — Grazie, Charlotte.

Buona notte.

— Buona notte.

Di sopra, trovò Sarah seduta sul letto, lo sguardo fisso nel vuoto, un libro aperto abbandonato sul letto.

— Come ti senti? — domandò Charlotte.

— Cosa vuoi da me? — ribatté freddamente Sarah.

— Posso fare qualcosa per te? Vuoi una bibita calda?

— No, grazie. Cosa c’è? Forse Dominic non era in vena di chiacchiere?

— Vibrava una nota amara nella voce di Sarah, e Charlotte pensò che doveva essere sull’orlo del pianto.

Sedette sulla sponda del letto. — Abbiamo parlato per un po’.

— Ah, sì? — disse Sarah con falso disinteresse. — A proposito di che?

— Dello strangolatore.

— Che tema macabro! Ti farà fare brutti sogni!

Charlotte tese la mano ad afferrare quella di Sarah. — Sarah, non dovresti comportarti come se sospettassi di lui…

— Si è forse lamentato con te? Ha pianto sulla tua spalla?

— È facile indovinare quello che pensi, Sarah! — Serrò strettamente la sua mano, poiché Sarah voleva strappargliela. — Ma anche se lo pensi, non puoi avere il buon senso di non farglielo capire? Se fosse davvero colpevole, prima o poi salterebbe fuori. E se fosse innocente e tu lo sospettassi a torto, potresti creare un abisso tra voi, un abisso incolmabile.

Le lacrime brillarono negli occhi di Sarah. — Non lo sospetto — disse tra i singhiozzi. — Non lo sospetto veramente. È un pensiero che mi ha sfiorata. Lo trovi così strano? Non è colpa mia! In questi ultimi tempi è uscito così spesso… non si accorge quasi più che esisto. È innamorato di te, Charlotte? Dimmelo sinceramente; tanto ormai non mi faccio più illusioni.

— No. — Charlotte scosse la testa con un sorriso. — Ero io che amavo lui, ed è a questo che Emily alludeva. Ma lui non si è mai accorto di me.

Le lacrime scorrevano ora sulle guance di Sarah. — Oh, Charlotte, quanto mi dispiace! Non lo sapevo.

— Avrei preferito che tu non lo sapessi. — Charlotte si costrinse a sorridere. Ora i suoi sentimenti le erano chiarissimi. Provava una gran pietà per Sarah perché aveva irreparabilmente ferito Dominic e se stessa; ma nemmeno ora Sarah se ne rendeva conto, e quindi non poteva farci niente.

Sarah la stava fissando tra le lacrime con uno sguardo pieno di pietà.

— Non angustiarti per me, Sarah — disse con disinvoltura. — Non sono più innamorata di lui, ora. Gli voglio bene, ma non lo amo più.

Sarah sorrise e tirò su col naso.

— Non sarai mica innamorata di quell’odioso poliziotto!

Charlotte la guardò esterrefatta.

— Misericordia, no!

Il sorriso di Sarah si accentuò.

Charlotte si protese leggermente in avanti. Avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere Sarah, per aiutarla a ricostruire la sua vita con Dominic.

— Sarah, di’ a Dominic che non sospetti di lui, che quel pensiero ti ha sfiorata solo per un attimo… Menti, se ci sei costretta. Ma non farlo soffrire più…

— Lui non farà mai il primo passo.

— Allora fallo tu!

— No. — Sarah scosse il capo.

— Sarah!

— Non posso.

Non c’era nient’altro da dire. Charlotte le fece una carezza sui capelli, scostandole una ciocca dagli occhi, poi si alzò e uscì lentamente dalla stanza. Era troppo stanca, troppo scossa per provare qualsiasi sentimento. Domani la paura e la pietà sarebbero riaffiorate.