9
Il giorno seguente Dominic si recò come al solito nella City e per pranzo sarebbe dovuto uscire con un agente a riposo e sua moglie. Era un’occasione che Sarah aspettava con ansia, ma quando lui tornò a casa la trovò in uno stato d’animo che non rifletteva certo il buonumore e l’eccitamento che si sarebbe aspettato. Sembrava assente, non solamente preoccupata, ma quasi offesa per la presenza di lui. Dominic tentò la solita tattica. Le fece i complimenti per l’abito; le disse tutto ciò che sapeva sul conto della moglie dell’agente e delle sue amicizie; le assicurò che lei era all’altezza della situazione. La baciò badando di non sciuparle l’acconciatura o il vestito. Ma tutto fu inutile; Sarah si ritrasse sdegnosa, evitando il suo sguardo.
Non poté neppure domandarle cosa la turbasse. Due o tre volte durante la serata tentò di parlarle in disparte, ma ogni volta qualcuno veniva a in-terromperli, oppure era lei a cambiar discorso, rivolgendosi a qualcun altro.
In carrozza, durante il tragitto di ritorno, rimasero soli per la prima volta.
— Sarah!
— Ebbene? — rispose, distogliendo lo sguardo.
— Cosa c’è, Sarah? Ti sei comportata come un’estranea per tutta la serata. Anzi, forse un’estranea si sarebbe comportata meglio.
— Mi dispiace che tu abbia a ridire sul mio contegno.
— Smettila di fare la sciocchina, Sarah. Se c’è qualcosa che non va, dimmelo.
— Qualche che non va! — Si volse a fronteggiarlo, gli occhi fiam-meggianti alla luce dei lampioni a gas. — Sì, mi hai offesa, e se non te ne rendi conto, vuol dire che il tuo senso della moralità è assai dubbio. Non ho nient’altro da dirti.
— Ma a cosa ti riferisci? Oh, per amor del cielo! Non sarai ancora in collera perché ho preso a braccetto Charlotte tornando a casa ieri sera, ve-ro? È assurdo, e tu lo sai. Stai solo cercando un pretesto per litigare, ecco tutto. Sii sincera, almeno.
— Un pretesto! Non ci vuol molto a trovarlo, ti pare? Sei sempre lì in ammirazione di mia sorella, a tenerle la mano, a sussurrarle paroline dolci, e Dio sa cos’altro! Credi sia così difficile trovare un pretesto per litigare?
— Distolse di nuovo lo sguardo, la voce soffocata.
Lui la cinse col braccio, ma lei rimase inerte al suo contatto.
— Via, non fare la sciocchina, Sarah! Non c’è assolutamente niente tra me e Charlotte, tranne il fatto che è tua sorella. Le sono affezionato, ma niente di più. In nome del cielo, conoscevo anche lei prima di sposare te.
Se avessi preferito lei, nulla mi impediva di sposarla!
— Sono passati sei anni! Le cose cambiano col tempo — ribatté Sarah, cocciuta.
A Dominic spiaceva vederla così sconvolta, ma avvertiva anche tutta l’assurdo della situazione. Si sentiva irritato per la serata rovinata, e ora non ci voleva proprio quello stupido litigio, quando entrambi erano così stanchi!
— Ma è assurdo, Sarah! Io non sono cambiato, e sono convinto che nemmeno tu lo sia. E neppure Charlotte, per quel che ne so io. E comunque Charlotte non c’entra per nulla. Lo avrai capito anche tu che Emily ha parlato così solo perché, essendo innamorata di George Ashworth, ha voluto vendicarsi di Charlotte, la quale ha rivelato a quel poliziotto che Ashworth era intimo di Chloe. Dovresti avere abbastanza buon senso da capirlo da te!
— Ma perché ti agiti tanto, se sei innocente? — ribatté lei pacata.
— Perché sono tutte sciocchezze! — scattò lui esasperato.
— Scopro che sei innamorato di mia sorella e lei di te, e sono sciocca perché la cosa mi sconvolge?
— Oh, Sarah, smettila, per amor del cielo! — disse lui stancamente. —
Sai bene che non è vero. Voglio bene a Charlotte perché è mia cognata; è una ragazza intelligente e sensibile, piena di personalità - qualità non tipi-camente femminili, come tu stessa hai notato per la prima…
— All’ispettore Pitt non importa, a quanto pare! — ribatté lei in tono d’accusa. — È innamorato di lei; lo si vede lontano un miglio!
— Sarah, in nome di Dio! Cosa c’entro io con quel miserabile poliziotto!
Se è vero quello che dici, sarà imbarazzante per Charlotte. Lui appartiene al popolo. Non c’è nessuna differenza tra lui e un bottegaio! Nulla però gli vieta di ammirare Charlotte, se se ne sta al posto suo. È una ragazza attraente…
— Tu la vedi così! — Di nuovo quel tono d’accusa, quasi di trionfo nella sua voce.
— Sì, la vedo così! — Vibrava una nota di collera nella sua voce. Sua moglie era sciocca e noiosa. Si sentiva stanco, e aveva perso la pazienza, a quel punto. — Ora basta, Sarah. Non ho niente da farmi perdonare, e non merito certo le tue critiche.
Lei non disse più nulla, ma quando arrivarono a casa andò dritta di sopra. Quando Dominic, dopo aver parlato con Edward, la raggiunse in camera, lei era già a letto e voltata dall’altra parte. Dominic considerò per un attimo l’idea di accostarsi a lei, ma non provava né tenerezza né desiderio nei suoi confronti. E poi era troppo stanco per fingere. Si svestì e si coricò in silenzio.
Al suo risveglio si era scordato di tutta quella storia, ma essa gli fu bruscamente ricordata. Quando tornò a casa la sera la situazione non era certo migliorata. C’era anche una certa freddezza tra Emily e Charlotte, ma nessuno sembrava essersene accorto. La conversazione fu stranamente forza-ta. Caroline parlò del più e del meno, e Edward si limitò ad ascoltare senza commenti. Solo la nonna era in vena di chiacchiere; sapeva un mucchio di ghiotte notizie sul conto degli abitanti della zona, e in particolare degli uomini che vivevano nei pressi di Cater Street. Alla fine Edward dovette imporle di star zitta.
Il giorno successivo le cose non andarono meglio, e la sera Dominic decise di fermarsi a cena al suo club. A Sarah sarebbe passata, prima o poi, ma per il momento era insopportabile. Non capiva il perché del suo comportamento; non aveva mai dedicato un interesse men che amichevole nei confronti di Charlotte. Sarah doveva saperlo. Spesso però le donne si comportano in maniera strana e inspiegabile; forse è un modo come un altro per attirarsi l’attenzione, e di solito basta qualche moina a ridimensionarle.
Stavolta però Sarah esagerava. Lui era stufo e cominciava a perdere le staffe.
Cenò di nuovo al club due sere dopo. La terza sera attaccò discorso con quattro uomini che vivevano nei dintorni di Cater Street. In principio si era limitato ad ascoltare distrattamente i loro discorsi, ma il suo interesse si ridestò quando cominciarono a parlare dei delitti.
— Quella maledetta polizia sta battendo l’intera zona, ma a quanto pare non viene a capo di nulla! — si lamentò uno.
— Quei poveri diavoli sono smarriti quanto noi — osservò un altro.
— Molto di più! Non appartengono al nostro mondo, ma a un’altra classe sociale. Non possono capire noi più di quanto noi capiamo loro.
— Santo cielo! Non starete mica insinuando che quel pazzo possa essere un gentiluomo? — Vibrava un misto d’incredulità e di rabbia nella sua vo-ce.
— Perché no?
— Misericordia! — esclamò l’altro, sbalordito.
— Ebbene, dobbiamo aprire gli occhi. Se fosse un estraneo, sarebbe già stato notato, a questo punto. — L’uomo si sporse in avanti. — Per amor del cielo, amico, credete forse che un estraneo passerebbe inosservato, dato lo stato d’animo generale? Tutti si spiano; le donne non si azzardano neppure a mettere il naso fuori di casa; gli uomini si guardano in giro circospetti. I garzoni di bottega debbono rendere conto dei loro movimenti, per dimostrare dove sono andati e quando. Perfino i cocchieri non vanno più volentieri in Cater Street. La scorsa settimana, due di loro sono stati fermati dai poliziotti, solo perché avevano delle facce sconosciute.
— Sapete — disse l’uomo seduto di fronte a lui, corrugando la fronte —
ho ripensato a ciò che ha detto quel vecchio imbecille di Blenkinshop l’altro giorno! Lì per lì non gli ho dato peso, ma ora mi rendo conto che mi ha fatto capire che sospettava di me!
— Appunto! E questo è il lato peggiore: sapere che la gente ti guarda strano; anche se non dice nulla apertamente s’intuisce ciò che le passa per la mente.
— Non siete il solo, amico! L’altra sera ho fatto tardi. Avevo lasciato la carrozza a mia moglie e ho dovuto noleggiarne una per tornare a casa.
Quel maledetto cocchiere mi ha chiesto l’indirizzo, e quando gliel’ho detto ha osato rifiutarsi di portarmi a casa. “Non vado in Cater Street” ha detto.
È inaudito!
Infine uno di loro si accorse di Dominic.
— Ah, Corde! Avrete capito di cosa stiamo parlando. Brutta storia, eh?
L’intero quartiere è in subbuglio. Quell’individuo dev’essere uno squilibrato, naturalmente.
— Sfortunatamente non è così chiaro — disse Dominic, sedendosi nella poltrona che gli era stata offerta.
— Ah, non è chiaro, secondo voi? Andare in giro a strangolare ragazze indifese! Più chiaro di così…
— Voglio dire che quell’essere deve avere un comportamento normale, in altri momenti — spiegò Dominic. — La follia non trapela. Dev’essere una persona come tutte le altre. — Gli tornarono in mente le parole di Charlotte. — Per quel che ne sappiamo, potrebbe essere qui tra noi, in questo momento!
— Non apprezzo il vostro spirito, Corde. È di cattivo gusto, permettetemi di farvelo notare.
— Non sto facendo dello spirito; sono serissimo. Anche se non credete nell’acume della polizia, dovete ammettere che se quell’uomo fosse riconoscibile, sicuramente uno di noi lo avrebbe già individuato, no?
L’uomo lo fissò allibito, impallidendo.
— Santo cielo, ma è terribile! Non fa piacere sentirsi guardato con sospetto dai vicini…
— E voi, avete mai sospettato di qualcuno?
— Ammetto di averci pensato. Prendiamo per esempio Gatling. Ebbene, l’ho sorpreso a fare il galante con mia moglie, l’altra sera. Mi è parso che allungasse un po’ le mani col pretesto di aiutarla a mettersi lo scialle, e gliel’ho fatto notare. Lui è cascato dalle nuvole, e si è offeso molto, sebbene io… be’, ormai è passato.
— Lo so, si vive male. Si ha l’impressione che la gente non dica più quello che pensa. Vedi doppi sensi ovunque, non so se mi spiego…
— E come se non bastasse, le cameriere ti guardano come se fossi…
La conversazione andò avanti così. Dominic sentì ripetere senza sosta gli stessi commenti, e al di sopra della rabbia e dello stupore dominava la sensazione fatale che in qualche posto non lontano, a qualcuna di loro conoscenza, sarebbe toccata la prossima volta.
Lui avrebbe voluto dimenticarlo, tornare per qualche ora alla situazione d’un tempo.
Una settimana dopo Dominic fu felice d’incontrare George Ashworth con l’abito da società, ovviamente pronto per trascorrere la serata fuori.
— Ehilà, Corde! — Ashworth gli batté un colpetto sulla schiena. — Che ne direste di una seratina allegra? Purché non lo diciate a Emily! — Scher-zava, naturalmente. Sapeva bene che Dominic non ne avrebbe mai parlato.
Non si raccontano certe cose alle donne perbene.
Dominic afferrò la palla al balzo.
— Proprio quello che mi ci vuole. Accetto volentieri. Dove siete diretto?
Ashworth sogghignò. — Da Bessie Mullane, per terminare la serata.
Forse in un paio d’altri posti, prima. Avete già cenato?
— No.
— A meraviglia. Conosco un posticino che vi piacerà: cibo squisito e compagnia piacevole.
E così fu. Il posto era piuttosto equivoco, ma da un pezzo Dominic non aveva avuto un pasto così delicato e annaffiato da tanto buon vino. Gradualmente si scordò di Cater Street e di coloro che vivevano lì - o che vi morivano. Dimenticò persino lo sciocco comportamento di Sarah.
La casa di Bessie Mullane era allegra e accogliente e furono ricevuti con generosità. Ashworth era non solo conosciuto, ma assai benvoluto.
Si trovavano lì da circa mezz’ora quando furono raggiunti da un giovane dandy vestito in modo stravagante, leggermente brillo, ma ancora padrone di sé.
— George! — esclamò con evidente piacere. — È un pezzo che non vi si vede! — Scivolò sul sedile accanto a lui. — Buona sera, signore — soggiunse con un cenno del capo a Dominic. — Avete visto Jervis? Vorrei dirgliene quattro, ma non so dove sia!
— Perché, cos’è successo? — domandò Ashworth, divertito. — A proposito — indicò Dominic — Dominic Corde, Charles Danley.
Danley fece un cenno del capo.
— Quell’imbecille ha perso un bel po’ alle carte.
— Non si dovrebbe giocare al disopra delle proprie possibilità — osservò Ashworth.
— Ma Jervis è stato vittima di un imbroglio. — Danley torse le labbra in una smorfia di disgusto.
— Non lo sapevo — replicò Ashworth stupito. — Comunque si rifarà, basta che contenga le spese dei divertimenti per un po’.
— Ma non è tutto qui! È stato così stupido da accusare quel bastardo di barare.
Ashworth sogghignò. — L’ha forse sfidato a duello? Avrebbe dovuto pensarci che dopo quello scandalo tra Churchill e il Principe di Galles, cinque anni fa, bisogna stare alla larga da simili cose!
— No, non l’ha fatto! A quanto pare l’altro barava così apertamente che non ci voleva niente a smascherarlo, ed è stato così idiota da farlo!
— Idiota perché? — interruppe Dominic, incuriosito. — Se uno bara al gioco, merita di essere smascherato!
— Naturalmente! Ma si tratta di un individuo di cattivo carattere e che gode di una certa influenza. Sarà rovinato, naturalmente. È un peccato imperdonabile, barare al gioco. Significa che non hai il minimo rispetto per i tuoi compagni, se no lo faresti meglio! Ma sono sicuro che trascinerà con sé nella rovina il povero Jervis.
Ashworth aggrottò la fronte. — Perché? Jervis non ha barato, no? E anche se l’avesse fatto, non si è fatto beccare, il che è l’importante. Tutti im-brogliano, in fin dei conti. Quest’accusa ha tutta l’aria di una sfida!
— Non c’entra niente con l’imbroglio, mio caro. Quell’uomo è sposato con la cugina di Jervis, una cugina alla quale Jervis è molto affezionato.
— Ebbene?
— Sembra che la moglie avesse un amante, e fin qui niente di strano. Gli ha dato cinque figli e lui era stufo di lei, e lei di lui. Cose che capitano.
Tutto in perfetta regola, purché ci si comporti con discrezione. Ma sembra che lei non sia stata alle regole del gioco. Durante un week-end in campagna, la porta della sua stanza è rimasta aperta. Qualcuno è entrato, scam-biando la sua stanza per quella di un’altra signora, e l’ha sorpresa insieme all’altro. Il risultato è che quel miserabile imbroglione ha minacciato di chiedere il divorzio. Ashworth fece una smorfia.
— Oh, Dio mio! Sarà rovinata.
— Per forza. Il povero Jervis è sconvolto. Le era molto affezionato, a parte ogni altra considerazione. Il fatto di avere una cugina divorziata aggrava la sua situazione in società.
— E quel maledetto baro ne uscirà indenne?
— Si capisce! Lui ne avrà tutti i vantaggi, si risposerà quando gli garberà. E lei, povera creatura, sarà radiata dalla società. Il che t’insegna a chiudere sempre le porte.
— Ma l’ha sorpresa lui stesso?
— Santo cielo, no. Lui era a letto con Dolly Lawton-Smith, dimentico del resto del mondo. Ma questo è irrilevante. È diverso, per un uomo, si sa.
— E Dolly? Potrebbe nuocere anche a lei.
— Assolutamente no. Anche se tutti lo sanno, è quello che si vede che conta - a parte la volgarità di farsi cogliere in flagrante. E il divorzio non ha una grande importanza per un uomo, ma per una donna è una rovina.
Non c’è nulla di male a spassarsela un po’, ma ci si copre di ridicolo quando la gente si accorge che tua moglie ti preferisce un altro.
— E il marito di Dolly?
— Ah, credo che abbiano raggiunto un accordo amichevole. Lui certamente non divorzierà da lei, se è a questo che alludete. Perché dovrebbe?
Nessuno l’ha scoperto a barare al gioco!
— Povero vecchio Jervis! — sospirò Ashworth. — Che vita pericolosa.
..
— A proposito di pericolo, che mi dici di quella sinistra faccenda di Cater Street? Quattro delitti! Quell’uomo dev’essere un pazzo. Sono lieto di non abitare da quelle parti. — Si rabbuiò a un tratto. — Voi ci andate spesso, vero? Quella bella figliola con cui vi ho visto ad Acton, non avete detto che abita da quelle parti? Devo dire che mi è piaciuta molto. Non è di sangue blu, però è piena di brio.
Dominic aprì la bocca per parlare, ma poi decise di stare ad ascoltare.
Era affezionato a Emily, ma a parte questo, voleva essere leale nei suoi confronti.
— Il sangue blu è un peso, talvolta — disse Ashworth, ignorando completamente Dominic. — Tutto quel conformismo, quella continua ricerca di un partito adeguato… Io vorrei sposare una donna ricca, o quanto meno un’ereditiera, ma spesso le ragazze ricche sono maledettamente noiose.
Dominic rammentò il visetto ostinato di Emily. Anche se a volte era un po’ irritante, non era mai noiosa. A suo modo, era volitiva come Charlotte, anche se più capricciosa.
— Se volete un consiglio, George — Danley si raddrizzò e chiamò con un cenno una delle ragazze, tendendo il bicchiere vuoto. — Sposate una donna nobile e ricca, e tenetevi questa per amante! Io non ci penserei due volte, al vostro posto.
Ashworth guardò di sottecchi Dominic. — Ottimo consiglio, Charlie, ma non in presenza del cognato!
— Misericordia! — Danley era costernato; infine il colorito gli riaffluì alle guance. — Potevate avvisarmi, George. Il vostro è uno scherzo di pessimo gusto. — Si attirò sulle ginocchia una delle ragazze che stavano passando, ignorando i suoi strilli di protesta.
— È imperdonabile da parte vostra.
Dominic lo guardò. — La signorina Ellison è mia cognata — disse serio.
— E non è disposta a diventare l’amante di nessuno, sia pure di una persona distinta come George. Comunque potete provarci, se proprio volete!
Ashworth sorrise. Era proprio un uomo attraente. — La caccia è stimolante, ma per una serata divertente si può sempre venire qui. Emily offre qualcosa di ben più… interessante, qualcosa che coinvolge lo spirito, l’in-telligenza… capite?
Sarah era sempre in casa quando Dominic tornava dalle sue serate. Non era più così fredda e non toccò più il tasto del legame tra lui e Charlotte, ma Dominic capì dalla sua ritrosia che non se n’era affatto dimenticata.
Non poteva farci niente. Era una situazione spiacevole. Si sentiva privato di quella tenerezza, quella serenità che gli erano indispensabili.
La polizia stava ancora svolgendo le indagini. La paura era sempre presente, sebbene il senso di panico si fosse dissipato. Verity Lessing era stata seppellita, e coloro che la piangevano avevano ripreso la loro vita. I sospetti covavano sotto la superficie, ma l’isterismo si era calmato.
Era il mese d’ottobre, e faceva già freddo, quando Dominic, in un caffè, s’imbatté per caso nell’ispettore Pitt. Dominic era solo. Pitt si fermò al suo tavolo. Era proprio un tipo goffo e maldestro. Nessuno avrebbe mai potuto scambiarlo per un uomo di mondo. Non c’era alcuna concessione all’eleganza in lui, ma una semplicità che rasentava la trascuratezza.
— Buon giorno, signor Corde — disse allegramente Pitt. — Solo?
— Buon giorno, ispettore. Sì, il mio compagno è appena uscito.
— Allora posso tenervi compagnia? — Così dicendo Pitt scostò la sedia di fronte a Dominic.
Dominic era stato preso alla sprovvista. Non era abituato a intrattenersi coi poliziotti, tanto meno in un luogo pubblico. Quell’uomo sembrava ignorare la propria posizione.
— Se ci tenete — rispose con riluttanza.
Pitt gli rivolse un largo sorriso e si accomodò.
— Grazie. È fresco, questo caffè?
— Sì. Prego, signor Pitt, servitevi. Volevate parlarmi di qualcosa? —
Certo quell’uomo non gli si era appioppato senza un motivo particolare.
— Grazie. — Pitt si versò il caffè e lo bevve dilatando leggermente le narici. — Come state, voi e la vostra famiglia?
Probabilmente alludeva a Charlotte. Forse Emily esagerava, ma non c’e-ra dubbio che Pitt ammirasse Charlotte.
— Abbastanza bene, grazie. Naturalmente le tragedie di Cater Street non ci lasciano indifferenti. Immagino siate ancora lontani dalla soluzione, ve-ro?
Pitt fece una smorfia. Aveva un viso mobile, espressivo. — Fin qui abbiamo potuto solo escludere parecchie possibilità. In un certo senso, è già un progresso.
— Non mi pare. — Dominic non se la sentiva di risparmiare critiche. —
Avete gettato la spugna? Ho notato che non ci avete molestati più.
— Non avevo altre domande da farvi — rispose Pitt semplicemente.
— Mi pare che per il passato questo non vi abbia impedito di molestarci.
— Accidenti a quell’uomo! Se non riusciva a risolvere il caso, doveva rivolgersi ai suoi superiori per aiuto. — Perché non passate il caso a qualcuno in “alto loco”?
Pitt lo fissò con fermezza. Dominic si sentì un po’ a disagio sotto quello sguardo intelligente e acuto.
— L’ho fatto, signor Corde. Tutti a Scotland Yard se ne stanno oc-cupando, ve l’assicuro. Ma ci sono altri delitti da risolvere, sapete. Rapine, contraffazioni, appropriazioni indebite, corruzione, furti con scasso, e ancora altri delitti.
Dominic si sentì punto nel vivo. Quell’uomo lo stava trattando con tale condiscendenza!
— Lo so bene! Non pensavo certo che i fatti di Cater Street fossero gli unici delitti di Londra. Certo però li considererete i più gravi!
Il sorriso di Pitt svanì. — Sì, naturalmente. Una simile catena di delitti è atroce, tanto più che quasi sicuramente non è finita. Voi cosa proporreste di fare?
Dominic rimase colpito da tanta sfacciataggine.
— E cosa diavolo ne so, io? Non sono mica un poliziotto! Però, se foste stato fiancheggiato da altri inquirenti più esperti di voi, probabilmente…
— A che scopo? — Pitt inarcò le sopracciglia. — Per fare altre domande? Abbiamo scoperto un numero incredibile di meschinità, strava-ganze, disonestà e crudeltà, ma nessuna prova utile ai fini dei delitti, o almeno nessuna prova evidente. — Il suo viso si fece cupo. — Ci troviamo alle prese con la follia, signor Corde. Inutile rincorrere altre piste.
Dominic lo fissò allarmato. Quello sciagurato poliziotto gli stava mettendo addosso una paura d’inferno, con quei discorsi.
— Di che specie d’uomo stiamo andando in cerca? — continuò Pitt. —
Sceglie le sue vittime in base a una logica, oppure pesca nel mazzo? Sa chi sono? Cos’avevano in comune? Erano tutte giovani e graziose ma questo è tutto, fin qui. Due erano domestiche e le altre due appartenevano a fami-glie rispettabili. La cameriera degli Hilton era un tipo un po’ spregiudicato, ma Lily Mitchell era una ragazza perbene. Chloe Abernathy era una sciocchina, ma niente di più. Verity Lessing frequentava l’alta società. Ditemi voi cos’avevano in comune, a parte il fatto di essere giovani e di abitare in Cater Street, o nei paraggi!
— Dev’essere proprio un pazzo! — osservò Dominic.
Pitt ebbe un sorrisetto amaro. — Fin qui ci siamo arrivati.
— Forse voleva rapinarle? — suggerì Dominic, ma appena ebbe parlato capì di aver detto una sciocchezza.
Pitt aggrottò le sopracciglia. — Rapinare una cameriera in libera uscita?
— Sono state…? — Dominic non pronunciò la parola.
Pitt non aveva peli sulla lingua. — Violentate? No. L’abito di Verity Lessing è stato strappato sul davanti e il petto graffiato malamente, ma niente di più.
— Perché? — gridò Dominic, dimentico delle occhiate curiose dagli altri tavoli. — Doveva essere in preda a un vero e proprio raptus! Un… un…
— Non riusciva a trovare la parola. A un tratto la collera gli sbollì. — No, non ha senso! — disse debolmente.
— No — ammise Pitt. — E mentre noi stiamo cercando di capire, di rin-tracciare qualche pista, dobbiamo continuare a occuparci anche di altri rea-ti.
— Capisco. — Dominic fissò la tazza vuota. — Non potreste affidare il compito al vostro sergente, o a qualcun altro? Viviamo in una situazione terribile, ci guardiamo l’un l’altro con sospetto. — Pensò a Sarah. — La paura influenza persino i nostri sentimenti.
— Per forza — convenne Pitt. — Niente mette a nudo l’anima come la paura. Vediamo in noi stessi e negli altri cose finora mai viste. Purtroppo però il mio sergente si trova all’ospedale.
— È ammalato? — disse Dominic, tanto per dire qualcosa.
— No, è rimasto ferito. Abbiamo inseguito un falsario nei bassifondi.
— Vi ha aggrediti?
— No — rispose Pitt. — È più facile che ladri e falsari si diano alla fu-ga, anziché lottare. Voi non siete mai stato nei bassifondi dove quella gente vive e si arrabatta, altrimenti non mi avreste fatto questa domanda. Le case sono talmente ammassate l’una sull’altra da essere indistinguibili; ogni spelonca ha un mucchio di entrate e uscite. Di solito c’è un palo in vedetta: un bambino, una vecchia, un accattone. E ti tendono l’agguato. Siamo ormai avvezzi alle botole che si spalancano all’improvviso facendoti precipi-tare in una specie di trappola, un buco profondo quattro o cinque metri, che dà magari nelle fogne. Ma stavolta era diverso. Quell’uomo è salito sul tetto e noi lo abbiamo inseguito su per le scale. Io ero stato assalito da due malviventi e stavo dibattendomi per liberarmi. Il povero Flack è salito sulla scala e l’uomo si è dileguato, scaraventandogli addosso una botola muni-ta di spunzoni. Flack è rimasto ferito alla spalla.
— Misericordia! — Dominic era inorridito. Alla sua fantasia apparvero spelonche buie e maleodoranti, cortili brulicanti di topi; provò il voltasto-maco al pensiero di penetrarvi. Gli parve di sentire la botola chiuderglisi addosso, gli spunzoni conficcarglisi nella carne, il dolore, il sangue… si sentì male per un attimo.
Pitt lo stava fissando. — Forse perderà il braccio, ma a meno che non vada in cancrena, sopravvivrà — stava dicendo. Terminò il caffè. — Come vedete, abbiamo il nostro daffare, signor Corde.
— Lo avete preso? — La voce di Dominic era rauca. — Bisognerebbe impiccarlo!
— Sì, lo abbiamo preso il giorno dopo. E sarà deportato per venticinque o trent’anni. Una cosa atroce, mi risulta. Ma forse sarà utile a qualcuno, in Australia.
— Io sostengo che dovrebbe essere impiccato!
— È facile giudicare, signor Corde, quando si è ricchi e si possiedono abiti e cibo in quantità. Il padre di William era un profanatore di tombe…
un uomo che si guadagnava la vita trafugando cadaveri da vendere agli istituti di medicina legale, prima che la legge mutasse negli anni trenta…
— Santo cielo!
— Oh, c’erano migliaia di cadaveri sepolti intorno ai tuguri, nei bassifondi. Disseppellirli era un reato, naturalmente, e ci volevano abilità ed e-nergia per rimuoverli dal posto in cui erano stati trafugati e trasportarli a destinazione. Talvolta venivano perfino rivestiti e issati sulle carrette in modo da sembrare vivi…
— Basta! — Dominic si alzò indignato. — Mi rendo conto che quello sciagurato non aveva altra scelta, però risparmiatemi simili particolari. E
comunque questo non lo assolve, né aiuterà a guarire il vostro sergente.
Lasciate perdere i falsari, per il momento; tanto, per poche ghinee… ma trovate il nostro strangolatore!
Pitt era ancora seduto. — Qualche ghinea in più o in meno non significa niente per voi, signor Corde, ma per una donna con un bambino da sfama-re vuol dire molto. Ora, se voi sapeste suggerirmi cos’altro fare per acciuf-fare il nostro strangolatore, sono pronto ad ascoltarvi.
Dominic uscì dal caffè fremente di collera. Pitt non aveva il diritto di co-stringerlo ad ascoltare certe cose.
Quando arrivò a casa non si sentì certo meglio. Sarah gli andò incontro in anticamera. Lui l’abbracciò, ma lei rimase inerte tra le sue braccia. Dominic la lasciò andare bruscamente per l’irritazione.
— Sarah, ne ho abbastanza del tuo stupido atteggiamento. Ti stai comportando in modo assurdo, ed è ora di smetterla!
— Sai quante sere sei uscito quest’ultimo mese? — disse lei di rimando.
— No, non ne ho tenuto il conto. Perché, tu sì?
— Sì: tredici sere nelle ultime tre settimane.
— Soltanto? Ebbene, se tu ti fossi comportata come una persona adulta anziché come una bambina irresponsabile, ti avrei portata con me.
— Non credo m’interessino i posti che tu frequenti.
Stava per dire che era disposto a cambiare quei posti, ma poi rinunciò, seccato. Le parole non avevano importanza; erano i fatti che contavano, e fintanto che lei aveva quell’atteggiamento era inutile cercare di blandirla.
Tirò via e andò nel salotto. Sarah tornò in cucina Nel salotto c’era Charlotte, intenta a dipingere accanto alla porta-finestra aperta.
— Questo è un salotto, Charlotte, non uno studio — disse tagliente.
Lei lo guardò stupita e un po’ offesa.
— Mi dispiace. Tutti gli altri sono fuori, oppure occupati, e io non mi aspettavo che saresti rincasato così presto, altrimenti avrei riposto colori e pennelli. — Tuttavia non fece l’atto di chiudere la cassetta.
— Ho incontrato il tuo maledetto poliziotto.
— Il signor Pitt?
— Ne hai forse un altro?
— Non ho nessuno, io.
— Non fare la modesta, Charlotte. — Sedette irritato. — Sai benissimo che ti ammira, anzi è innamorato di te. Se non te ne sei accorta da te, ci ha pensato Emily ad aprirti gli occhi!
Charlotte arrossì confusa.
— Emily lo ha detto per farmi arrabbiare. E tu sai meglio di chiunque altro che Emily si diverte a portare scompiglio!
Lui si volse a guardarla con schiettezza. Era stato ingiusto con lei. Stava sfogando su Charlotte la rabbia suscitata in lui da Pitt e da Sarah.
— Scusami — disse. — È vero, Emily ha la lingua lunga ed è un’irresponsabile, però credo che abbia ragione a proposito di Pitt. In fin dei conti, perché non dovrebbe ammirarti? Sei una ragazza attraente, e il tuo spirito libero potrebbe averlo colpito.
Rimase sorpreso di vedere arrossire vivamente Charlotte. Lui voleva so-lo consolarla, e non accrescere il suo imbarazzo. Era la persona più schietta che avesse mai incontrato, ma era anche un tipo imprevedibile. Era chiaro che nessuno desiderava attirarsi le attenzioni di un uomo come Pitt, però non era il caso di farne un dramma.
— Dove l’hai incontrato? — domandò lei, trafficando distrattamente con la spatola.
— In un caffè. Non sapevo che i poliziotti frequentassero posti simili.
Ha osato persino sedersi al mio tavolo! — La sua collera si riaccese al ricordo.
— Cosa voleva? — domandò, apprensiva.
Già, cosa voleva? Pitt non aveva fatto domande specifiche.
— Non lo so, forse voleva solo far due chiacchiere. Perché?
Lei alzò le spalle.
— Pensa, ha dato la caccia ai falsari e ai trafugatori di tombe!
Charlotte si voltò. — Trafugatori di tombe?
— Già. Uomini che trafugano le salme per venderle agli istituti di medicina legale.
— Oh! Davvero! Patetico.
— Patetico? Ma è orripilante!
— È anche patetico, che la gente sia ridotta a un simile livello!
— Sei certa che non sia una degradazione?
— In questo caso, è ancor peggio.
Che ragazza bizzarra! Sarah non l’avrebbe mai pensata così. C’erano in Charlotte un candore, una gentilezza insospettata. Strano. Aveva sempre pensato che Sarah fosse delicata e Charlotte brusca e poco femminile. La guardò ora mentre se ne stava ritta col pennello in mano. Non aveva la bellezza delicata di Sarah, e le mancavano certe sfumature - i merletti, gli o-recchini, i riccioli che le ricadevano sulle spalle - eppure, a modo suo, era forse più bella. E fra trent’anni, quando Sarah sarebbe stata grassoccia, col doppio mento, i capelli sbiaditi, la struttura del viso di Charlotte sarebbe stata ancora bella.
— È una responsabilità terribile — disse lei lentamente. — Tutti ci aspettiamo che Pitt sia capace di risolvere quei delitti per restituirci finalmente la pace.
Inoltre avrebbe sempre detto ciò che pensava, si disse. Non avrebbe mai imparato le piccole malizie alle quali ricorrono le altre donne per prevalere sugli uomini.
Charlotte, infine, non avrebbe mai messo il broncio per delle ubbie; Charlotte avrebbe vuotato il sacco in un violento litigio, e tutto sommato sarebbe stato preferibile.
— Lui almeno non deve vivere qui. Nessuno lo sospetta — disse Dominic, rispondendo alla sua osservazione.
— No, però avrà addosso la croce di tutti se non troverà l’assassino.
Dominic non ci aveva nemmeno pensato. Ora che lei glielo aveva fatto notare, provò un impeto di simpatia per Pitt. Desiderò di non averlo trattato con quel tono di sufficienza al caffè.
Charlotte stava fissando pensierosa la tela sul cavalletto. — Mi domando se sa, o se ha paura come noi!
— No certo! Se sapesse, lo arresterebbe!
— Non sto parlando di Pitt! Alludo a quell’uomo, chiunque sia. Si ricorda? Sa? Oppure è spaventato e disorientato come tutti noi?
— Santo cielo, ma come fai a pensare certe cose?
— Non lo so. Ma è possibile, no?
— Non lo so, ma preferisco non pensarci. Se così fosse, potrebbe essere… chiunque!
Lei lo fissò con aria solenne. — È vero, potrebbe essere chiunque.
— Basta, Charlotte. Preghiamo solo affinché Pitt lo trovi. Smettila di tormentarti. Non possiamo far niente, tranne evitare di uscire da soli, date le circostanze. — Rabbrividì. — Esci solo se ci sei costretta, e fatti accompagnare da Maddock, da tuo padre o da me.
Lei sorrise - uno strano, leggero sorriso - e rivolse la sua attenzione al dipinto. — Grazie, Dominic.
Lui la guardò. Strano, l’aveva sempre ritenuta aperta, schietta; ora sembrava enigmatica, misteriosa più di Sarah.
Ah, le donne! Va’ a capirle!
Due giorni dopo Dominic ebbe ancor più motivo di interrogarsi sulla mentalità femminile. Erano tutti seduti nel salotto dopo pranzo; perfino Emily era in casa. La nonna stava lavorando all’uncinetto, strizzando un po’ gli occhi quando doveva guardare il lavoro; ma per lo più lavorava senza guardarlo, guidata dalle dita e dalla lunga pratica.
— Stamattina sono andata a trovare il vicario — disse bruscamente la nonna. C’era una punta di critica nella sua voce. — Mi ha accompagnata Sarah.
— Ah, sì? — Caroline alzò gli occhi. — L’avete trovato bene?
— Lui sì, ma Martha mi è parsa molto tesa. Una donna non dovrebbe mai lasciarsi andare così. Si trascura troppo.
— Martha lavora senza risparmiarsi — intervenne Sarah in sua difesa.
— Non c’entra, mia cara — ribatté la nonna in tono di disapprovazione.
— Anche se si lavora duramente, bisogna aver cura del proprio aspetto. Ha la sua importanza.
Emily alzò gli occhi. — Dubito che al vicario importi. Sono convinta che non se ne accorge neppure.
— Non è questo il punto. — La nonna non si lasciava smontare. — Bisogna farlo per se stesse. È un dovere.
— Se si tratta di un dovere, sarà d’accordo anche il vicario — osservò Charlotte. — Specie se si tratta di un dovere spiacevole.
— Charlotte, sappiamo tutti che il vicario ti è antipatico; lo hai detto chiaro e tondo un mucchio di volte. — La nonna la fissò severamente. —
Comunque, al posto tuo, eviterei simili commenti. Il vicario è una persona di valore, e come si conviene a un uomo nella sua posizione, detesta la frivolezza, le facce truccate e tutto ciò che potrebbe attirare gli sguardi maschili.
— Neppure in un momento di follia saprei immaginare Martha Prebble attirarsi gli sguardi maschili! — Charlotte era imperturbabile. — A meno che non si tratti di qualche perverso.
Caroline posò il ricamo. — Charlotte! Cosa diavolo vuoi dire?
— Che la vista della faccia livida di Martha e il pensiero che ha scelto di vivere con un essere come il vicario farebbero fuggire chiunque — rispose Charlotte con franchezza disarmante.
— Immagino — disse la nonna in tono glaciale — che tu ti creda molto spiritosa. La gioventù d’oggigiorno fa passare per spirito ciò che non è altro che pura volgarità!
— Forse hai esagerato un po’, Charlotte — osservò Caroline in tono blando. — Il vicario è un uomo difficile, lo ammetto, e non è molto simpatico, ma è una persona di tutto rispetto. E la povera Martha è una creatura instancabile.
— Non credo che possiate rendervi conto — soggiunse Sarah — di tutto quello che fa. Né di quanto abbia sofferto per tutti quei delitti. Era molto affezionata sia a Chloe che a Verity, lo sapevate?
Charlotte parve sorpresa. — No, non lo sapevo. Sapevo di Verity, ma non credevo che conoscesse Chloe. Non avrei mai pensato che potessero avere qualcosa in comune.
— Credo tentasse di aiutare Chloe a… mettere la testa a posto. Era un po’
frivola, ma tanto gentile, sapete.
Ascoltandola, Dominic provò improvvisamente una profonda pietà.
Chloe non gli era mai stata molto simpatica, da viva; la trovava noiosa e petulante. Ora provò per lei un impeto di tenerezza struggente.
Guardò istintivamente Charlotte. Era commossa; una lacrima le era cola-ta sulla guancia. Caroline aveva ripreso il suo ricamo. Emily non faceva niente e la nonna stava fissando Charlotte con disprezzo.
Cosa stavano pensando?
La nonna stava deplorando tutti per il declino della moralità. Caroline era tutta concentrata sul suo ricamo. Emily stava certo pensando a qualcosa di pratico. Sarah aveva difeso Chloe e Charlotte aveva pianto per lei.
Fino a che punto poteva dire di conoscerle?
Dominic continuò a frequentare il suo club e altri locali, e ci prese gusto.
In parecchie occasioni incontrò George Ashworth, e trovò la sua compagnia simpatica e piacevole.
Sperava che Sarah avesse dimenticato quella stupida storia imbastita da Emily, e le accuse mosse a Charlotte e a lui stesso, ma a quanto pareva non se n’era scordata. Non ne parlò più, ma il suo atteggiamento non mutò. La distanza tra loro si accentuò ancor più, se possibile.
Era una fredda serata di novembre; la nebbia si addensava nelle strade e avvolgeva i lampioni. Il clima era umido e pungente, e Dominic fu lieto quando la carrozza girò l’angolo di Cater Street per infilare la sua via.
Qualche minuto dopo si fermò e lo depositò. Pagò e udì gli zoccoli del cavallo risuonare sull’acciottolato, un rumore ben presto attutito dalla nebbia densa e fitta. Era stato depositato sotto la luce proiettata da un lampione a gas; il resto era avvolto nell’oscurità. Il prossimo lampione era molto di-stante.
Era stata una bellissima serata, riscaldata dal calore del vino e della compagnia. Tuttavia, in quel momento non poté pensare ad altro che alle donne che camminavano sole per le strade, ai passi alle loro spalle, e infine a una faccia, una voce che forse non gli era ignota. Poi sarebbero seguiti un dolore lancinante alla gola, il soffocamento, e infine l’oscurità e la morte - un corpo esanime abbandonato sull’acciottolato umido, che l’indomani mattina sarebbe stato scoperto da qualche passante e poi esaminato dalla polizia.
Rabbrividì mentre il freddo gli penetrava nelle ossa e nello spirito. Salì in fretta i gradini e bussò bruscamente alla porta. Gli parve fosse trascorsa un’eternità quando Maddock aprì e lui poté infine ritrovare la luce e il calore della casa. Provò un senso di sollievo quando la porta si richiuse, ta-gliando fuori la strada buia e nebbiosa, e Dio sa quali esseri mostruosi.
— La signora Sarah si è ritirata nella sua stanza, signore — disse Maddock alle sue spalle. — Da poco, però. Il signor Ellison è nel suo studio, a leggere e fumare, ma il salotto è vuoto. Desiderate che vi porti qualcosa?
Preferite una bibita calda o un brandy?
— No, grazie, Maddock. Credo che andrò a letto anch’io. Fa un freddo d’inferno, fuori, e la nebbia sta diventando sempre più fitta.
— Davvero spiacevole, signore. Volete che vi prepari un bagno caldo?
— No, non importa, grazie. Vado subito a letto. Buona notte.
— Buona notte, signore.
Di sopra, tutto era avvolto nel silenzio; un lumino notturno ardeva sul pianerottolo. Dominic andò nel suo spogliatoio e si svestì. Dieci minuti dopo aprì la porta della camera da letto. La luce era accesa e Sarah era seduta sul letto.
— Non c’è bisogno di entrare furtivamente — disse con freddezza.
— Credevo che fossi addormentata.
— Vuoi dire che lo speravi!
Lui non capì. — Ma che importanza ha, che tu sia sveglia o addormentata? Non volevo disturbarti, tutto qui.
— Dove sei stato?
— Al club. — Non era proprio la verità, o perlomeno non tutta. E comunque era una bugia senza importanza.
Lei inarcò le sopracciglia. — Tutta la sera?
Non gli aveva mai fatto domande, prima. Dominic era troppo sorpreso per essere seccato. — No. Prima mi sono fermato in qualche altro club.
Perché?
— Solo?
— Certo non ero con Charlotte, se è a questo che alludi — sbottò.
— Non saprei immaginarmi Charlotte in simili posti, neppure insieme a te. — Lo stava fissando glaciale.
— Ma si può sapere cosa diavolo ti prende? — Stava perdendo le staffe.
— Sono uscito con George Ashworth. Credevo ti fosse simpatico!
Lei distolse lo sguardo. — Sono andata a trovare la signora Lessing, og-gi.
— Ah, sì? — Sedette nella poltroncina davanti alla toilette. Non gli inte-ressava minimamente chi fosse andata a trovare, ma era chiaro che aveva in mente qualcosa.
— Non mi ero resa conto fino a che punto tu conoscessi Verity — continuò lei. — Sapevo che conoscevi bene Chloe, ma Verity è stata una sorpresa per me.
— Ma che importanza ha? Le avrò parlato solo qualche volta. Credo avesse simpatia per me. Ma ora quella povera bambina è morta. In nome del cielo, Sarah, non sarai mica gelosa anche di lei! Pensa com’è finita.
— Lo so benissimo, Dominic, e so bene come è finita Chloe.
— E Lily, e Bessie. Oppure sei gelosa anche delle domestiche? — Era proprio in collera, ora. Non aveva mai guardato Charlotte se non come una sorella, ed era già abbastanza spiacevole che Sarah lo avesse accusato d’in-tendersela con lei, ma ora stava perdendo il senso delle proporzioni!
Sarah si era drizzata a sedere sul letto.
— Chi è Bessie? La cameriera degli Hilton? Non sapevo neppure il suo nome. Come la conoscevi?
— Non lo so! Ma che importanza ha? È morta!
— Lo so, Dominic. Sono morte tutte quante.
Lui la guardò. Sarah stava fissandolo con gli occhi dilatati, come se lo vedesse per la prima volta. Un estraneo sbucato fuori dalla nebbia con in mano un filo di metallo.
Come poteva esserle venuto un pensiero simile? Glielo si leggeva in faccia. Aveva paura di lui. Se ne stava tutta raggomitolata nel letto, i muscoli del collo tesi.
— Sarah!
Il viso di lei era una maschera inespressiva. Sembrava incapace di parlare.
— Sarah, per amor di Dio! — Si avvicinò e sedette sul letto, posando le mani sulle sue braccia nude. La pelle di lei era fredda al contatto delle sue dita. — Sarah, non puoi pensare!… Tu mi conosci! Non puoi credere che io abbia… — La voce gli mancò. Sarah era insensibile, fredda come una sta-tua.
A un tratto si ritrasse da lei. Provava un senso di gelo, di orrore. Ma lo shock lo rendeva insensibile. Il dolore sarebbe arrivato in seguito, forse domani. Si alzò.
— Dormirò nello spogliatoio. Buona notte, Sarah. Chiuditi a chiave, se vuoi sentirti più sicura.
La sentì chiamarlo per nome, con voce bassa e soffocata, ma chiuse la porta dietro di sé senza voltarsi. Voleva starsene solo a meditare e dormirci sopra.