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Fu la disinvoltura con cui abbandonarono l’argomento a lasciarla di stucco. Tre sorelle possono trovare migliaia di scuse per telefonarsi: «Bridie, non è che uno dei ragazzi potrebbe dare un’occhiata a quel nostro vecchio filmino che si vede così male? Ah, dimmi, hai poi avuto tempo per pensare a quella cosa di cui parlavamo?».

Invece niente. Silenzio. Heather programmava attentamente tutte le sue chiamate in modo da incappare nella segreteria telefonica. «Oh, uffa. Sarai al supermercato, immagino. Non importa, ti richiamo io». E Stella, durante la sua visita settimanale – che continuò a farle puntuale come se dovesse timbrare il cartellino –, riusciva a pilotare la conversazione nei soliti vicoli ciechi: il tempo, le cure di Neil e il rumore delle macchine sul cavalcavia, che avrebbe finito per costringerli a traslocare. E nel momento in cui Bridie avrebbe potuto dire: «A proposito di quella faccenda, Stella...», se ne andava. «Oddio! Venti minuti fa dovevo ritirare una cosa per Neil! Devo scappare».

Che cosa credevano? Che non fosse il caso di drammatizzare? Ma certo: loro due non passavano la giornata a sbrogliare le sordide miserie delle violenze domestiche, a cercare di ridare speranza a bambini dalla vita spezzata. Ma non erano neppure stupide: leggevano i giornali e dovevano sapere che davanti a certe cose non si può cacciare la testa nella sabbia. Questo non era un qualunque pettegolezzo, come quando Pinco va a letto con la moglie di Pallino e tutti se ne stanno zitti. La salvaguardia dei bambini è un’altra cosa. Perché le sue sorelle non le facevano neanche una domanda?

Provò a parlarne con Dennis nei momenti in cui era più disponibile, ma lui si rifiutava di capire il motivo della sua preoccupazione. «Che importanza vuoi che abbia?» continuava a ripetere. «Convinciti che va tutto bene. Forse le tue sorelle sono dell’idea che meno se ne parla, meglio è. Avranno passato la patata bollente a te perché è il tuo campo, e adesso pensano che se tu lasci perdere vuol dire che possono farlo anche loro».

«Può darsi» diceva Bridie. E pensava: quante persone sensibili e responsabili non vedono l’ora di convincersi che va tutto per il meglio! I suoi schedari erano costellati di clichiarazioni ottimiste: «La signora F. ha provato a telefonare due volte, dopodiché ha pensato che se ne fosse già occupato qualcun altro». «Non ricevendo risposta, il signor S. ha immaginato che la faccenda fosse sistemata».

Ecco perché quegli stessi schedari erano pieni da scoppiare.

«Io proprio non le capisco. Non si sono neppure scomodate a chiedermi se ho fatto qualcosa».

«Forse si sentono in imbarazzo».

«In imbarazzo!». Probabilmente, però, aveva ragione lui. Su questo argomento, come su molti altri, Dennis era un po’ il suo ago della bilancia, e Bridie fu di nuovo costretta a ricordare che ciascuno di noi guarda il mondo attraverso il prisma della propria vita. Doveva mantenere il senso delle proporzioni, e soprattutto non permettere al cancro del disprezzo di intaccare i sentimenti che provava per le sorelle.

«Pensi che dovrei parlargliene io? O è meglio lasciar perdere?».

Dennis, nervoso, cambiò posizione sul divano, dove ultimamente passava molto del suo tempo. Troppo. «Che ne so io di cosa devi fare?».

Giusto. Senza contare che, se fosse stata sul lavoro, non avrebbe avuto la minima esitazione sulle procedure di rito: concordare un piano, fissare una data, stendere un promemoria.

«Credo che aspetterò. Lascerò passare un mese. Magari una delle due si deciderà a riparlarne».

«Brava. Mi sembra una cosa sensata».

Lo sembrava davvero. E allora perché Bridie si sentiva a disagio, come se avesse cinicamente deciso di dare alle sorelle abbastanza tempo – leggi: metri di corda – per impiccarsi? Che cosa ne sarebbe stato, allo scadere di quel mese, della sua stima per loro?

«Potrebbe venir fuori già questa domenica» disse, per tacitare i sensi di colpa.

«Perché? Che cosa c’è domenica?».

«È scritto sul calendario. Siamo tutti da Stella».

«Oddio» gemette Dennis. «Comincia il programma estivo».

 

 

Bridie e Liddy erano sdraiate sul prato perfettamente rasato di Stella.

«Stai su quella striscia, tu» disse Liddy. «Su questa ci sto io».

«Abbassa la voce!» la rimproverò Bridie. «Se ti sente Neil...».

«Sa già come la penso» replicò Liddy, e gridò: «Vero, Neil? Lo sai benissimo cosa penso di te e del tuo prato».

Neil alzò il bicchiere verso di lei, poi si rivolse a Dennis, allungato sulla sdraio vicina. «Secondo lei dovrei andare da uno psichiatra».

«Dovremmo andarci tutti, con il parentado che ci ritroviamo».

«Adesso mi alzerò faticosamente da questo stupendo lettino» annunciò Heather. «E guai a chi me lo frega, chiaro?».

Dennis la guardò speranzoso. «Vai in casa? Mi prendi un’altra birra?».

«Sarebbe carino se tu portassi fuori anche quella caraffa di spremuta» disse Stella in tono un po’ troppo squillante.

«Ce ne sono ancora di quelle spugnette con la panna?» volle sapere Liddy. Poi alzò di scatto la testa. «Dove sono i bambini?».

«Se li è portati via George» rispose Heather.

«Via dove?».

«A prendere un ghiacciolo».

«In macchina?».

«No, a piedi».

«A piedi!». Liddy sorrise estasiata. «Per andare e tornare ci vorranno una ventina di minuti, eh, Stella?».

«Come minimo».

Liddy tornò a sdraiarsi e si stiracchiò sull’erba. «Quell’uomo è una perla» dichiarò con orgoglio. «Proprio una perla».

Bridie restò con il fiato sospeso. Attese. Osservò. Heather, facendo finta di non aver sentito, si alzò dal lettino. Stella invece cominciò a spazzolar via le foglioline di prezzemolo dal tavolo da giardino di metallo.

«No, così sporchi tutta l’erba!» disse Neil.

«Visto?» commentò Heather, raccattando le lattine di birra lasciate in giro da Dennis. «Liddy ha proprio ragione, Neil. Devi andare dallo psichiatra. Il tuo rapporto con questo prato è morboso».

E così il momento buono passò. Quando Heather le capitò davanti, Bridie cercò il suo sguardo. Voleva chiederle con gli occhi se secondo lei era saggio lasciar cadere ogni volta il discorso. Ma Heather guardò prontamente da un’altra parte. Tra le sorelle calò con la consueta forza il grande muro del biasimo familiare: stavolta però non era Bridie a disapprovare le altre, ma il contrario. Immaginava i pensieri di Heather: nostra sorella ci insegna cosa dobbiamo pensare, come dobbiamo votare e persino chi dobbiamo compatire. È la solita tempesta in un bicchier d’acqua: non vede neanche che George è una brava persona che si fa in quattro per Liddy. Bridie pesca nel torbido per poi rendere tutti quanti – tutti quanti – infelici e dire che ha «agito secondo coscienza». Ma che razza di coscienza ha?

Quanto a Stella, probabilmente si stava augurando che finisse tutto in nulla. Aveva passato il sabato a lustrare la casa, a saccheggiare il supermercato e a preparare quelle fantastiche spugnette con la panna, e Dio sa che altro: non aveva ogni diritto di aspettarsi che la giornata riuscisse a meraviglia? Persino il sole aveva fatto lo sforzo di venir fuori, e restarci. Non succedeva spesso che gli altri si riunissero a casa sua. (Abitava fuori mano, e in famiglia non tutti andavano pazzi per Neil). E allora perché dare a Bridie l’occasione di mandare all’aria una festa così bella? Grazie al cielo Heather aveva abilmente depistato la conversazione.

Per un attimo Bridie pensò di seguire Heather per sorprenderla da sola in cucina. Ma non aveva deciso di temporeggiare? E poi Liddy aveva ricominciato a parlare.

«George è meraviglioso». Aveva abbassato la voce, in modo che potesse sentirla solo Bridie. «Soprattutto a letto. Mi tratta come una regina. E non è soltanto meraviglioso, è ogni volta diverso».

«In che senso?».

«Be’, una volta mi salta fuori dal bagno con un fiore tra i denti e si getta ai miei piedi. Un’altra volta s’infila tra le lenzuola e fa tutto lui...». Liddy cercò di imitare il tono di minaccia di George: «“Non cercare di liberarti. Non costringermi a farti del male”. Un giorno o l’altro passeremo agli stivaloni neri. Che dici, rovineranno le lenzuola?». Le brillavano gli occhi. «Un’altra volta ancora mi eccita usando un’altra lingua».

«Cos’è? Un mostro?» commentò Bridie.

Liddy impiegò un attimo prima di capire la battuta, poi lanciò uno strillo.

«Bridie, sei tu un mostro!».

«Ma insomma!» intervenne Neil. «Stella e io stiamo cercando di passare un piacevole pomeriggio in famiglia senza scandalizzare i vicini, e Bridie ce la mette tutta per rovinarlo!».

Forse lo aveva detto per caso. Forse. Era davvero improbabile che gli avessero dato l’imbeccata, ma il dubbio le venne ugualmente. È proprio questo il guaio, quando si comincia con i segreti. Come cercò di spiegare a Dennis mentre tornavano a casa, quando una famiglia abbandona la solida base della franchezza, dopo diventa difficile credere che certe battute siano innocenti. I segreti avvelenano i rapporti.

Dennis le disse che era matta. «O ubriaca. Oppure il sole ti ha dato alla testa. Cos’era, secondo te, un’ammonizione dell’arbitro? È semplicemente ridicolo. Io non ho nemmeno sentito».

«Questo non vuol dire che...».

«Oh, falla finita, Bridie!». Evidentemente la birra lo aveva messo di cattivo umore. «Abbiamo passato un bel pomeriggio. Nessuno ha bisticciato. Heather non ha parlato una sola volta di investimenti. Neil non l’ha menata per ore col suo abbonamento al servizio di tosaerba. I bambini non sono stati tutto il tempo a schizzare acqua e a tirarsi pallonate...».

«Quasi non li abbiamo visti!».

«Appunto. E per una volta tu non hai fatto frignare Liddy con i tuoi casi raccapriccianti. Persino Stella è rimasta seduta per qualche minuto di seguito senza raccattare le mie lattine di birra e i mozziconi di Heather. Tutto sommato, dico io, è stato un bellissimo pomeriggio. Quindi perché rovinarlo proprio adesso?».

«Io non lo sto rovinando» protestò Bridie. «Ne sto solo parlando».

«Be’, non con me, scordatelo» rispose Dennis. «Io mi sono divertito anche troppo».

«Quattro birre sono troppo di certo, se vuoi il mio parere».

«Non te l’ho chiesto».

Restarono in silenzio fino alla circonvallazione, dove Dennis le chiese scusa e Bridie, vedendo che aveva qualche problema con le marce, decise prudentemente di perdonarlo.

 

 

Un paio di settimane più tardi, tornando a casa, Bridie trovò l’ingresso del garage ostruito dalla macchina di Heather, e la sorella sul divano; stava facendo la toilette al cane con una spazzola presa dalla mensola del bagno.

«Sei in ritardo».

«Ho avuto una riunione» spiegò Bridie. «Quella che stai usando è la spazzola più bella che ho».

«È tutto un groviglio di peli, Bridie! Dovresti vergognarti». Tirò su il cane per poterlo spazzolare dall’altra parte. «Non è vero, Harry, tesoro?».

«Detesta farsi spazzolare».

«Non con questa spazzola».

Bridie sospirò. «Dov’è Dennis?».

«Ha telefonato per dire che torna tardi. È da Toby».

«Lance» la corresse Bridie. «Già, me n’ero scordata. Cambia di nuovo casa e ha bisogno di una mano con il furgone».

«Ah, bene». Non avendo figli, Heather non era interessata alle peripezie di quelli altrui. «Sono venuta a chiederti che cos’hai fatto riguardo a quella stupida faccenda di George» disse di punto in bianco.

«Che cosa ti fa pensare che abbia fatto qualcosa?».

«Dai, Bridie. Lo sappiamo tutti come sei. Avrai pur preso qualche decisione, non hai mica portato Edward e Daisy a destra e a manca per niente. Non venirmi a dire che non avevi la testa piena di rotelline che giravano, perché non ci credo».

Il sollievo di Bridie fu immediato. Ritrovò subito la confortante certezza che tra sorelle su certe cose non si può fingere. Se la sorella alla quale hai rotto il giocattolo (o perso l’orsacchiotto, o macchiato il vestito) indovina al primo sguardo che sei stata tu, e a titolo di risarcimento immediato ti molla una sberla, ti tira i capelli o si mette a strillare per chiamare la mamma, non stai ad avvelenarti le giornate coi sensi di colpa. L’ordine, all’interno della famiglia, viene restaurato in un lampo, non c’è tempo per sospetti e rancori. E uscire dalla carreggiata del proprio io è praticamente impossibile. Soltanto una figlia unica può commettere il tremendo errore di cercare di sfangarla con una maschera, perché se avesse una sorella sarebbe sempre lì pronta a strappargliela.

«Faccio il tè».

Ma Heather indicò il bicchiere che aveva appoggiato dietro il divano, lontano dall’energica coda di Harry. «Scusa, ma non ho resistito e mi sono scolata un po’ del tuo whisky».

Oh, pensò Bridie, che bello tornare a casa e trovarci qualcuno che è così in confidenza da frugare sotto i vasi di fiori per cercare la chiave, da far la toilette al tuo cane, da servirsi da bere e andare subito al sodo. Da qualche tempo, quando tornava a casa e c’era Dennis, l’atmosfera era deprimente. Camminando sulle uova si scambiavano tutte le frasi di prammatica sulla giornata di lei e sulle domande di lavoro di lui, e intanto soppesavano l’umore dell’altro e decodificavano le risposte. Bridie si sorprendeva a guardare nella pattumiera per contare le lattine vuote, e dal salotto Dennis tendeva le orecchie. E poi rimanevano solo le fiacche negoziazioni che ormai costituivano l’essenza del loro matrimonio: «Se tu aggiusti la spina del tostapane, io intanto pelo le patate». «Sto caricando la lavatrice. Puoi dare tu da mangiare a Harry, per favore?». «Io metto via la macchina, li lavi tu i piatti?». Era come se per entrambi l’essere insieme guastasse già fin troppo la loro esistenza, senza dover per giunta sacrificare alle faccende domestiche un minuto in più dell’esatto dovuto.

Quella sera, invece, ad aspettarla c’era Heather – di solito così fredda e professionale –, con le scarpe sfilate e le braccia intorno a Harry.

«Dovresti prenderti un cane anche tu».

«Figurati. Non sono mai in casa».

«È un vero peccato, sai? Lo vedi come ti vuole bene? Da me così non se lo fa mai fare».

Heather cominciò a spazzolargli il groppone. «Coraggio, dimmi tutto».

Bridie le raccontò com’era andata con Edward e Daisy.

«Ti basta così poco per capire? Li fai parlare e leggi tra le righe?».

«In genere sì, mi basta. Tanto più se sono bambini che conosco bene».

«E sei sicura di aver capito giusto?».

«Sicurissima. Mettila così: se fosse lavoro, chiuderei il caso».

«Ottimo».

Heather posò la spazzola e cercò a tentoni il bicchiere dietro il divano. Poi si appoggiò allo schienale, e Harry fu declassato – con sua gran desolazione – a semplice poggiapiedi.

«Allora non c’è altro da dire» concluse Heather. «Posso tranquillizzare Stella?».

«Sicuramente. Mi stupisce che non me ne abbia parlato lei».

«Ti teme, lo sai».

«Ma figurati».

«Sì, invece. Probabilmente perché hai sempre da sentenziare su tutto».

«Io non ho sempre da sentenziare, cerco solo di pensare alle cose con un minimo di profondità».

«Mentre Stella fa le cose senza pensarci affatto...».

Sapevano benissimo quali erano le cose che faceva Stella: trovare il festone adatto a ogni occasione, cercare il portascopino in tinta con gli asciugamani nuovi, ondulare il bordo di pasta frolla dei pasticcini, sperimentare riviste di cucina di cui le sue sorelle ignoravano anche solo l’esistenza. Stella era un enigma. A guardar bene, sembrava che avesse vegetato per tutta la sua infanzia senza interessi né passioni. Era cresciuta e basta, senza mai attirare l’attenzione. Non era mai successo che qualcuno entrasse all’improvviso dicendo: «Indovinate che cos’ha fatto Stella!», oppure: «Avete sentito l’idea di Stella?», oppure: «Stella dice che...». In mezzo alle altre passava inosservata. Poi aveva incontrato Neil, ed era sbocciata da un giorno all’altro. Tutt’a un tratto in casa non si era parlato d’altro che dell’anello di Stella, la lista di nozze di Stella, il velo e il vestito di Stella. Finalmente, e grazie al cielo, Neil se l’era portata via (non prima però che tutti si fossero sorbiti la funzione di Stella, il ricevimento di Stella e i segnaposti di Stella). I due sposini erano spariti nella casa nuova di Stella, e lì non li aveva tenuti più nessuno: c’erano stati il progetto per il giardino, il forno da rosticceria, le cesoie nuove... Proprio una coppia bene assortita.

«Allora le dirai che è tutto a posto?».

«E ci mettiamo una bella pietra sopra».

«Va bene». Bridie si domandò se fosse arrivato il momento di aggiungere il suo piccolo cavillo. Far finta di niente e sperare per il meglio non era nel suo carattere. «A meno che, naturalmente...».

«A meno che...?».

«A meno che non decidano di sposarsi».

«Oddio!». Heather fece una smorfia.

«Be’, ci avrai pensato anche tu, no?».

«Mah, forse sì».

«Non credi che questo cambierebbe molte cose?».

Heather sbirciò in fondo al bicchiere. «Ormai lui vive lì. Che differenza farebbe?».

«La farebbe eccome».

«Non per i bambini. Non hai appena detto che è tutto a posto?».

«Non per i bambini, per Liddy. Ti piacerebbe sposarti e poi scoprire che tutti gli invitati sapevano certe cose di tuo marito? Io mi seccherei moltissimo».

«Ti sentiresti ingannata?».

«Penso di sì».

«Ma va!». Heather agitò indispettita le dita dei piedi, finché Harry, per quanto adorante, si alzò barcollando e andò un po’ più in là. «Secondo te c’è una differenza sostanziale tra comportarsi da sposati ed esserlo?».

«Non lo so se sia sostanziale,» disse Bridie con voce lamentosa «ma una differenza c’è. Sposarsi ha in sé qualcosa di speciale. Se no perché uno si sposa?». Allungò la mano per prendere la spazzola e cominciò a togliere il pelo lanuginoso di Harry. «Insomma, se Liddy venisse a sapere adesso di questa stupida diceria, sarei pronta a sostenere che secondo me non aveva senso riferirgliela. Ma se decidesse di fare il grande passo sarebbe diverso, allora troverei giusto dirglielo».

«E sei convinta che lo troverebbe giusto anche lei?».

«Perché, tu no?».

Heather scrollò le spalle. «Allora facciamo così? Se parla di matrimonio glielo diciamo?».

«Per me sì».

«Benissimo». Ormai era deciso. «La prossima volta che vedo Stella, lo dico anche a lei». Heather finì il suo whisky proprio mentre entrava Dennis, che tentò di convincerla a berne un altro. Con grande stupore di Bridie, si mostrò molto interessato al motivo di quella visita, e anche dopo, mentre si stavano spogliando, Bridie lo sentì che borbottava: «Ma tu pensa, Heather...».

Bridie sporse la testa fuori dal lagno. «Heather cosa?» domando con la bocca piena di dentifricio.

Lui trasalì e alzò gli occhi. «Stavo pensando che è stranissimo... Heather che vuol sapere cos’hai deciso di fare».

«Perché?».

«Heather? Ma dai!». Dennis infilò una gamba nei pantaloni del pigiama. «Se ne è sempre infischiata di tutto, Heather! No, caso mai Stella».

Bridie emise un suono interrogativo attraverso la schiuma alla menta, ma lui non sentì. Stava annuendo tra sé con aria molto sicura. «Tra le due, senza dubbio Stella. Decisamente Stella».