Epilogo
Circa due mesi dopo quelle ventiquattro ore in cui si erano svolti i tragici avvenimenti, che abbiamo narrati, il commissario De Vincenzi si trovava nel suo ufficio di capo della Squadra Mobile, a San Fedele.
Erano le dieci di sera. Di fronte, la città viveva giocondamente per le vie e per le piazze, nei ritrovi pubblici, il giovedì grasso di quel carnevale notevolmente più lungo degli altri anni.
De Vincenzi, chiuso nella stanza squallida, davanti alla scrivania macchiata e bruciacchiata dai sigari e dalle sigarette, alle poltrone consunte, al telefono nero e lucente, sembrava leggere un giornale. Sotto il foglio, che teneva spiegato sulla scrivania, c'era un libro aperto.
Aveva l'occhio fisso e vago. Uno strano sorriso gli illuminava appena appena il volto.
Rivedeva una stanza linda, dai pochi mobili antichi e quasi preziosi, all'ultimo piano, sul corridoio, che conduceva alle camere dei domestici. Un giovanotto biondo, dagli occhi chiari e leali, dalla fronte ampia e luminosa, che lo invitava ad entrare con cortesia semplice e spontanea:
«S'accomodi... Immaginavo che sarebbe tornato molto presto. E così? Ha saputo?»
E poi quel giovanotto s'era messo a piangere, di un pianto convulso, agitato, rumoroso.
Sicuro, pensava De Vincenzi, povero ragazzo! Le aveva passate le sue ore d'angoscia e, prima li aveva vissuti i suoi mesi e i suoi anni di dolore! Ma adesso, finalmente, era felice. Quella mattina di marzo, proprio di giovedì grasso, aveva sposata Maria Giovanna!
Un po', il merito di quella felicità ce l'aveva anche lui, De Vincenzi. E non soltanto perché aveva salvata Maria Giovanna dalla rovina di quel brutto delitto, liberando anche Giannetto Aurigi da ogni sospetto.
Ma perché, la stessa sera di quel giorno in cui aveva finita la «sua conferenza» al giudice istruttore e aveva fatto arrestare l'assassino - che non avrebbe potuto andar molto lontano nella sua fuga, così pedinato com'era dal brigadiere Cruni - De Vincenzi aveva avuto un lungo colloquio col conte Marchionni.
Un colloquio difficile.
Il vecchio gentiluomo non sapeva nulla di quell'amore di sua figlia. Neppure la moglie aveva osato rivelarglielo. Sulle prime era scattato. Ma usciva da una prova troppo terribile, e sua figlia con lui, perché potesse irrigidirsi in una ostinazione, che non avrebbe potuto recargli, se non altri dolori.
E aveva dato il consenso. Il che voleva dire per lui rinunciare anche alla speranza di un matrimonio ricco per Maria Giovanna e al sogno di ricostruire con i denari di un ipotetico genero, la fortuna della sua casa.
Aveva venduto il palazzo e, pagati tutti i creditori, gli era ancora rimasta la piccola rendita di una terra nel Comasco, dove si era ritirato a fare il gentiluomo di campagna, in solitudine, con sua moglie e sua figlia.
E adesso Maria Giovanna s'era sposata.
Remigio Altieri era entrato in un giornale come redattore: il giovanotto aveva ingegno, buona volontà, dirittura. Si sarebbe fatta una posizione.
Erano felici.
Gli avevano mandata la partecipazione e sul cartoncino bianco, in mezzo al quale si leggevano soltanto i nomi degli sposi – un matrimonio semplice e quasi clandestino, perché il vecchio conte aveva sognato ben altro e non era ancora riuscito a dimenticare completamente i propri sogni! – Maria Giovanna aveva scritto di suo pugno:
«Al nostro buon amico e salvatore, con tanta affettuosa riconoscenza.»
Quei due oramai erano a posto!
E De Vincenzi sorrideva.
Tutti i drammi umani, per terribili che siano, si chiudono sempre con un segno di vita rinnovata. Con una rinascita. Non è, forse, dalla morte, che germina la vita? Persino il cipresso è un albero verde!
De Vincenzi pensava a tutto questo e si attardava, quasi con ostinazione, sul ricordo di quei due giovani, immaginandoseli nella loro conquistata felicità, vedendoli davanti a sé; perché non voleva pensare al triste eroe di quel dramma, al suo amico d'infanzia...
Chiuso l'appartamento di via Monforte, che aveva in seguito lasciato libero, vendendone tutti i mobili, Giannetto Aurigi se ne era andato.
Dove?
De Vincenzi non lo sapeva e ne soffriva.
Per Aurigi il colpo era stato forte.
Uno di quei dolori che spezzano qualcosa nel cuore irrimediabilmente. Che mostrano un lato atroce dell'esistenza umana, non mai prima conosciuto. Tanto più forte, quanto più Giannetto stesso, forse, non sapeva di amare la sua fidanzata così profondamente come l'amava.
De Vincenzi lo aveva cercato e fatto cercare dovunque.
Forse, era andato all'estero. Chissà dove. E non ne avrebbe avute più notizie.
O invece lo avrebbe riveduto fra qualche anno, mutato, invecchiato sia pure, ma risanato, comparirgli davanti grassoccio, appesantito, a dirgli con un sorriso:
«Chi si ricorda più di nulla, amico mio! Il mondo è pieno di donne di ogni specie e belle quanto vuoi e pronte ad amarti!»
Purché invece non si fosse perduto con le donne, in una vita di abiezione morale e di orgie abbrutenti...
In quel punto bussarono alla porta e De Vincenzi ebbe uno scatto d'impazienza.
Ma subito pensò: servirà a distrarmi...
Riponendo il volume, che aveva sul tavolo, nel cassetto, con un gesto ch'egli non dimenticava mai di compiere e che ricordava quello degli scolari all'improvviso avvicinarsi del maestro, disse:
«Avanti!»
Sulla soglia comparve Giannetto Aurigi.
«Ah!» fece De Vincenzi, quasi non credendo ai suoi occhi. «Tu! E da dove sbuchi?»
Giannetto aveva il volto grave, ma appariva sereno e tranquillo.
Avanzò lentamente, senza rispondere. Depose il cappello e il bastone su di una seggiola e sedette davanti all'amico, che si era alzato e lo guardava.
«Sono venuto a salutarti, amico mio. Potevi, ben comprendere che non sarei scomparso, senza dir nulla a te, a cui debbo quasi la vita!... Domani parto.»
«Ma non sei già partito?!» chiese De Vincenzi con comica meraviglia. «Oh! Dove sei stato per due mesi?»
«A Milano,» rispose l'altro. «Soltanto non avevo desiderio di vedere nessuno. Sono passato attraverso una crisi profonda! Avrei potuto smarrirmi per sempre. Ho creduto di perdere la ragione. La vita non aveva più scopo per me. Mi dicevo: perché non farla finita? Tu capisci che, con questi pensieri per il capo, non avevo davvero voglia di farmi vedere in giro, di cercare gli amici, di conversare con nessuno...»
De Vincenzi ascoltava.
Lui parlava con voce pacata. Anche quelle parole di disperazione le pronunciava con ponderatezza, riflettendo. Ed erano lontane da lui, non gli appartenevano più. S'indovinava ch'egli ormai aveva superato quello stato d'animo, che poteva descrivere appunto perché non era più il suo.
«Ebbene?» chiese il commissario, dopo un silenzio. «Adesso?»
«Oh!» fece Giannetto, con un sorriso. «Adesso, è passata. Domani parto. Sai dove vado?» L'altro si strinse nelle spalle.
«Vado in Abissinia. Tu sai che sono tenente d'artiglieria, come te, del resto. Abbiamo fatta la guerra assieme. Ebbene, ho presentata la domanda di tornare nel servizio attivo e di andare in Colonia. L'hanno accolta. E domani, a Genova, m'imbarco.
Si alzò e tese la mano a De Vincenzi.
«Addio, amico buono e provato!... Spero che adesso tu non debba più pentirti di avermi salvato da un brutto passo...»
Si abbracciarono.
Quando Giannetto se ne fu andato. De Vincenzi si accorse di aver gli occhi umidi.
Crediti
Augusto De Angelis
Il Commissario De Vincenzi. La prima inchiesta.
Il banchiere assassinato (1935)
Una realizzazione Falsopiano
secondo gli standard dell'International Digital Publishing Forum
falsopiano@falsopiano.com
ISBN 9788898137831
Tra i Fogli volanti
Jack London, Autobiografia alcoolica
Edgar Wallace, Il cavallo grigio e la mosca assassina
Gustave Le Rouge, Il Dr. Cornelius lo scultore di carne umana
Oscar Wilde, Teleny
Charles H. Hinton, Il re di Persia
Edgar Wallace, La doppia vita di Kate
Annie Vivanti, I divoratori
Edgar Wallace, La melodia della morte
Robert Louis Stevenson, Il Club dei suicidi
Edgar Wallace, La maledizione del libro onnipotente
Elinor Glyn, Quel certo non so che – It
Elinor Glyn, Sei giorni
Ambrose Bierce, Dizionario del Diavolo
Jack London, I Servi di Mida
Rosaria M. Notarsanto, Le mani diverse
Edgar Wallace, Il sindacato del crimine
Honoré de Balzac, Il capolavoro sconosciuto
Ambrose Bierce, Il Club dei parenticidi
Jules Verne, Un biglietto della lotteria
Umberto Boccioni, Taccuini futuristi
Augusto De Angelis, Il Commissario De Vincenzi. Cinque inchieste
Robert Louis Stevenson, La cassa sbagliata
Augusto De Angelis, Il Commissario De Vincenzi. Quattro inchieste
Filippo Tommaso Marinetti, Come si seducono le donne
Marc Bloch, Apologia della storia