CAPITOLO 24

Fran stava lavorando a una natura morta, alcuni pezzi di legno e un brandello di rete da pesca che aveva trovato sulla spiaggia. Più per esercizio che per un vero e proprio dipinto da vendere. Era convinta di non aver seguito con sufficiente attenzione le lezioni di disegno all’istituto d’arte ed era ossessionata dal dover migliorare la sua tecnica.

La telefonata arrivò proprio mentre faceva una pausa dal lavoro e aveva messo sul fuoco il bollitore per il tè. Pensò che fosse Pérez, l’uomo che amava, l’uomo a cui pensava costantemente da mesi, ma, quando udì la voce con accento inglese all’altro capo del telefono, ebbe un brivido di colpevole entusiasmo. Aveva cercato informazioni su Wilding su internet. Aveva un sito web personale che conteneva un elenco delle recensioni dei suoi lavori. Non era proprio un grosso campione di vendite, ma era comunque riconosciuto come un autore interessante e originale. Una delle sue storie brevi era stata addirittura scelta per un lungometraggio. La sua celebrità creava la stessa atmosfera glamour che circondava Roddy e Bella.

«Cosa sta facendo?». La voce era rilassata e leggermente divertita.

«Sto lavorando».

«Deduco allora che non riuscirò a convincerla a venire a pranzo con me?».

Quell’invito le fece tornare in mente gli appuntamenti improvvisati che avevano sempre fatto parte della sua vita di città. Una telefonata da un amico. Un incontro per un aperitivo o per un caffè, due chiacchiere del più e del meno, due risate e poi di corsa in ufficio a terminare il lavoro di una giornata. Le cose invece non erano così semplici lì. Forse a Lerwick sarebbe stato possibile, anche se la scelta dei locali era limitata. A Ravenswick, a chilometri di distanza da tutto, era complicatissimo. Si socializzava in casa di amici e non succedeva mai niente di nuovo.

«Ho affittato una macchina», disse, «posso passare a prenderla. Tra mezz’ora».

«Devo tornare qui per le quindici per prendere mia figlia a scuola». Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Fran si rese conto che in quel modo stava accettando l’invito.

«Non c’è problema. A tra poco». E riagganciò. Facile come bere un bicchiere d’acqua. Avvertì un piacevole senso di colpa, come se avesse commesso il suo primo tradimento.

Tornò al lavoro, ma non riuscì a concentrarsi. Dove l’avrebbe portata? Avrebbero di sicuro incrociato qualcuno che lei conosceva. Un amico di Pérez. O un amico di Duncan. Iniziò a inventare scuse e spiegazioni. Vuole commissionarmi un dipinto. Naturalmente dovevo parlargli. Era semplicemente un pranzo di lavoro. Avrebbe dovuto chiamare subito Pérez e avvertirlo di cosa stava succedendo? Così però avrebbe dato all’appuntamento più importanza di quanta ne meritasse. E come doveva vestirsi?

Wilding arrivò prima che fosse pronta e questo la mise in agitazione. Doveva invitarlo ad aspettare in casa ma si rendeva conto di quanto fosse piccola; vide la pianta morta sul davanzale, i giocattoli di Cassie sparsi in giro sul pavimento. Lui rimase lì in piedi mentre Fran correva in camera a prendere la borsetta. Sull’abbigliamento aveva trovato un compromesso: jeans con top di seta acquistato in occasione del suo ultimo viaggio a sud. Aveva pensato di truccarsi un po’, ma lui era arrivato prima che iniziasse a farlo e pensare di essere osservata mentre si truccava la imbarazzava.

Più a valle, nella scuola di Ravenswick era ora di pranzo. Riusciva a scorgere le sagome dei bambini che correvano in giardino.

Voleva nominare Cassie. Mia figlia dovrebbe essere una di quelli. Forse riesce a individuarla. Indossa un cardigan rosso. Ma prima di riuscire a mettere insieme le parole, lui l’aveva fatta accomodare in macchina ed erano partiti. Era felice di non avere vicini che potessero vederla.

Allontanandosi da Ravenswick iniziò a liberarsi del senso di colpa. Perché non avrebbe dovuto avere un po’ di tempo solo per se stessa? Negli ultimi giorni prima della mostra non aveva fatto altro che lavorare.

Appena fuori Ravenswick, Wilding aveva imboccato la strada verso sud, allontanandosi da Lerwick e da tutti gli altri ristoranti che avrebbe potuto scegliere.

«Dove stiamo andando?»

«Aspetti e vedrà». Si voltò verso di lei. «È molto graziosa. Veramente».

La Fran di un tempo sarebbe stata in grado di replicare a un complimento di quel tipo con una battuta arguta e disinvolta. In quel momento riuscì solo ad arrossire.

Wilding inserì la freccia e si diresse a ovest, uscendo dalla strada per Sumburgh e immettendosi in una stradina stretta che lei non aveva mai percorso. C’era un recinto per bestiame. Poi un piccolo terreno umido con fiori di iris e un lungo e stretto braccio di mare con una casa di pietra appollaiata all’estremità. Una casa imponente per le Shetland. Due piani. Poi il terreno sembrava scendere a strapiombo e la casa formava una specie di ponte tra il fiordo e il mare. Fran si sentì per un istante in apprensione. Dove la stava portando? Come le era venuto in mente di salire sulla macchina di uno sconosciuto?

«Dove stiamo andando?», chiese di nuovo, cercando di non dare particolari sfumature alla voce. «Non credevo ci fossero posti per mangiare da queste parti».

«Sia paziente», rispose lui. «Tra poco vedrà tutto».

Poteva essere un nuovo albergo, pensò lei, anche se ne avrebbe sicuramente sentito parlare e poi non aveva visto indicazioni lungo la strada. Inoltre, mentre si avvicinavano, si accorse che l’edificio era disabitato, abbandonato. Sul tetto mancavano alcune tegole e le intelaiature delle finestre erano marce con la vernice totalmente scrostata. Alle finestre erano appese delle tende logore e sfilacciate.

Fran pensò che lui si aspettasse altre domande: di sicuro voleva che gli chiedesse della casa e cosa ci stessero facendo lì. Lei, però, non disse nulla.

La stradina finì proprio davanti all’entrata del piccolo giardino. Il doppio cancello, alto, arrugginito, era socchiuso. Oltre il cancello, la vegetazione era sorprendentemente lussureggiante, un’oasi sopravvissuta alle sferzate dei venti da ovest. Altri iris e una macchia di rododendri.

Fran si chiese se non avesse per caso preso quella strada per errore. Rimase seduta, aspettandosi che lui facesse inversione di marcia, ma si accorse che le stava già aprendo lo sportello.

«Venga», disse. «Siamo arrivati». Adesso il suo entusiasmo era spontaneo: sembrava quasi un bambino che muore dalla voglia di far vedere a qualcuno la sua nuova scoperta.

Lo seguì, cos’altro poteva fare? Wilding spinse il cancello con il peso del corpo in modo che lei potesse infilarsi e passare. L’erba alta cresciuta dietro impediva di aprirlo di più. Un sentiero portava a un secondo cancello, più piccolo, in cima a una bassa scogliera e a una serie di scalini scavati nella roccia. Sotto, la spiaggia era minuscola, una perfetta mezza luna di sabbia. Poco oltre un’isola pianeggiante e ricoperta di erba.

«E allora?», domandò lui. «Cosa ne pensa?».

Fran si chiese dove avrebbero mangiato. Perché l’aveva portata in quel posto? Aveva forse frainteso la natura del suo invito?

Wilding doveva aver intuito le domande che si stava facendo in testa.

«Ho portato un pranzo al sacco», disse. «Vado a prenderlo in macchina. Ho pensato che potevamo mangiare sulla spiaggia. Che ne dice?»

«Certo», rispose Fran. «È una bellissima idea».

«Ho scoperto questo posto solo un paio di giorni fa e volevo farlo vedere a qualcun altro. È perfetto».

«Un giardino segreto», disse lei, rassicurata dall’entusiasmo dell’uomo. Non era uno sconosciuto. Era uno scrittore famoso. Sul suo sito web c’erano sue foto e le copertine dei suoi libri.

«Sì, sì», disse lui raggiante, «ma probabilmente lei lo conosceva già, essendo una del posto».

Oh no, pensò lei, io non sarò mai una del posto.

«Non sono mai stata in questa zona», rispose. «Grazie per avermela fatta conoscere». Fran si rese conto che Wilding si sarebbe aspettato da lei lo stesso entusiasmo che aveva mostrato lui: lei invece sembrava più una bambina educata che era stata portata in un posto in cui non sarebbe voluta andare. L’invito a pranzo, però, stava prendendo una piega totalmente diversa da ciò che aveva immaginato Fran e la cosa la confuse fino a non farle più capire come comportarsi. Lei si aspettava un pranzo in un ristorante affollato e che avrebbero parlato di arte e di libri, non certo un picnic sulla spiaggia.

Le vivande erano in una borsa termica. Wilding la prese dalla macchina assieme a un plaid di lana che tenne appoggiato su una spalla. Lo faceva somigliare a un personaggio in maschera e quello accrebbe in Fran il senso di irrealtà.

«Ho mentito», disse, «ho chiesto a Martin Williamson della Herring House di preparare qualcosa al posto mio. Spero sia buono».

E si avventurò giù per la scala nella roccia senza aspettare una risposta.

Sulla spiaggia, al riparo dal vento, faceva molto caldo. Molto più caldo di quanto Fran ricordasse di aver mai provato nelle Shetland. La sabbia era bianca e fine. Alcune foche si erano tirate sugli scogli a un’estremità dell’isola. Wilding stese il plaid. Fran si sedette su un fianco, appoggiandosi a un gomito mentre lo guardava aprire il cesto del picnic. Tirò fuori una bottiglia di vino, ancora talmente gelato che il vetro era velato di condensa; poi facendo un gesto teatrale estrasse un cavatappi dalla tasca e aprì la bottiglia. C’erano due bicchieri di vetro ma Fran pensò che il caldo e la luce del sole l’avessero già leggermente stordita.

«Come ha trovato questo posto?»

«Stavo cercando una casa e...».

«La casa è in vendita?»

«Non proprio». Wilding fece un improvviso sorriso a trentadue denti. «Non più».

«L’ha acquistata?». Le sembrava una cosa sorprendente da fare d’impulso, del resto lo scrittore non era nelle Shetland da così tanto tempo. Pensò a Pérez e a tutti i dubbi che aveva avuto sul futuro, su dove andare a vivere e ammirò la capacità di Wilding di prendere con tanta facilità decisioni che avrebbero cambiato la vita di chiunque.

«Una volta vista ho deciso che avrei dovuto averla. Sono riuscito a rintracciare il proprietario e gli ho fatto un’offerta. Un’ottima offerta che non credo potrà rifiutare. Era stata lasciata in eredità a un’anziana signora che vive a Perth e che non ci viene mai. Non posso farle fare un giro all’interno perché ancora non ho le chiavi. Credo che avrò una risposta all’inizio della prossima settimana. Vorrei vedere come la trasformerebbe lei. Vorrei che mi preparasse un progetto. Speravo che potesse darmi almeno qualche consiglio sul design».

Così, rifletté Fran, avremo più scuse per incontrarci. Non riusciva ancora a capire cosa pensare. Di certo Wilding non aveva comprato la casa solo per avere un pretesto per trascorrere un po’ di tempo con lei, ma Fran aveva la netta sensazione di essere vittima di una manipolazione, che lei, come anche la casa, fosse uno dei suoi progetti.

Adesso il cibo era disposto sul plaid. C’erano panetti di pâté e piccole ciotole di insalate, pollo e prosciutto e del pane fatto in casa.

«Spero che lei non sia vegetariana», disse lui. «Avrei forse dovuto chiederglielo prima». Sorrise e Fran capì che lui sapeva già che quel cibo sarebbe stato di suo gradimento. Aveva sicuramente chiesto in giro, a Bella o a Martin. Pensò che avrebbe dovuto sentirsi lusingata per tutto l’impegno con cui lui aveva organizzato il pranzo, ma quell’accurata pianificazione un po’ la disturbava. E inoltre lui aveva avuto la presunzione di pensare che lei avrebbe sicuramente accettato l’invito giacché il cibo era stato preparato prima che la invitasse al telefono.

Ma bevve ancora del vino e rivolse il viso al sole. Non era dell’umore di piantar grane.

«Che faccenda terribile è stata quell’omicidio», disse lui. «La polizia sa chi era l’uomo?»

«Non saprei, oggi non ho seguito il notiziario».

«Ma non verrebbe a saperlo comunque prima di tutti noi?». Si chinò in avanti per riempirle di nuovo il bicchiere. «Mi sembra di capire che lei sia un’intima amica dell’ispettore».

Fran sorseggiò il vino. Avrebbe preferito non trovarsi sdraiata. In quella posizione, stesa ai suoi piedi, le veniva difficile contrastarlo. Si risollevò e si mise seduta a gambe incrociate davanti a lui.

«Chi glielo ha detto?»

«Ehi», alzando le mani in segno di simulata capitolazione. «Ho chiesto a Bella se si frequentasse con qualcuno e lei mi ha detto del poliziotto. Tutto qui».

«Ma questo non le ha comunque impedito di invitarmi a pranzo».

«È solo un pranzo, appunto. Volevo condividere questo posto con qualcuno. Non era costretta ad accettare».

Fran si rese conto di essersi messa in ridicolo. «Mi scusi», disse. «Non dovrei mai bere a pranzo. Faccio sempre lo stesso errore. È tutto bellissimo».

«È vero allora che lei e Pérez...?».

La stava guardando con gli occhi socchiusi per la luce del sole.

«Non penso che la cosa debba interessarla», disse lei seccamente.

«Vuol dire che ho ancora una chance di conquistarmi un posticino tra i suoi affetti?».

Fran lo guardò. Non riusciva a capirlo. Si stava prendendo gioco di lei? Le stava facendo una corte innocente? O c’era qualcosa di più sinistro dietro?

«No», rispose decisa. «I miei affetti sono decisamente già presi».

«È un vero peccato. Ha bisogno di divertirsi nella vita e l’ispettore Pérez non mi sembra un tipo che la faccia svagare molto. Io l’aiuterei a giocare».

Fran lasciò che la cosa finisse lì senza rispondere. Lui spalmò un po’ di pâté di sgombro su una focaccia di farina di avena e gliela porse.

«Pérez le parla mai del suo lavoro?»

«Solitamente non c’è molto di cui parlare», rispose. «Niente di interessante».

«Ma in questo caso si tratta di omicidio. Siamo tutti interessati».

«Personalmente, non credo di esserlo. Voglio che l’assassino venga preso, naturalmente, ma non conoscevo la vittima e non sono in nessun modo coinvolta nel caso. È il lavoro di Jimmy e non ha nulla a che fare con me». Adesso si chiedeva se non l’avesse per caso portata lì solo per soddisfare le sue curiosità sulle indagini.

«Io sono affascinato e pensavo che lo fosse anche lei. È stata giornalista del resto! E fare arte significa sperimentare l’estremo, non pensa?»

«In questo momento sono troppo infreddolita per poter pensare qualcosa», disse lei con un sorriso, tentando di alleggerire l’atmosfera.

Wilding sembrò aver capito che sarebbe stato inutile insistere sull’argomento. «Da qualche parte qui dentro doveva esserci un ottimo dolce al cioccolato». E continuò a raccontarle di feste in case editrici e delle attività sessuali di famosi romanzieri e lei quasi si dimenticò dell’iniziale imbarazzo.

Fu lui a farle notare che forse avrebbero dovuto prepararsi per tornare altrimenti lei sarebbe arrivata in ritardo alla scuola di Cassie. Fran fu sorpresa di quanto il tempo fosse trascorso velocemente. Si alzò, si tolse le briciole e la sabbia dai vestiti e lo seguì sulla scala che portava alla casa.

«L’accetterà vero?», disse. «Intendo la proposta che le ho fatto».

«Non mi sono mai occupata di arredamento di interni», rispose Fran.

«Non è un problema, ha l’occhio dell’artista. Sono sicuro che farà un ottimo lavoro».

Fran si fermò davanti alla casa, la guardò immaginando come l’avrebbe trasformata, vedendola addirittura già finita, con le finestre aperte per far entrare il rumore delle onde e il verso degli uccelli marini, affollata di invitati per l’inaugurazione. Altro sguardo nella sua vita di un tempo. Quell’uomo non avrebbe potuto farsi venire in mente niente di meglio per tentarla.

Rise e si rifiutò di dargli una vera e propria risposta.

«Quando sarà sua, ne riparleremo».