«In definitiva, non l'ha più vista sino a quando non è tornata dalla spiaggia dopo la scoperta del cadavere.»
«Già, ed era in uno stato terribile di choc.»
«Lo so, l'impressione deve essere stata atroce. Non sa perché era andata alla spiaggia?»
«Le capita sovente di andare a prendere una boccata d'aria, tanto per allontanarsi dalla confusione e dalla folla.»
«Quando è tornata, lei stava discorrendo con la signora Hillingdon, vero?»
«Sì. Quasi tutti erano già a dormire.»
«Di che cosa parlavate?»
«Niente di speciale. Perché? Cosa le ha detto?»
«Sino a questo momento non ci ha detto nulla perché non l'abbiamo ancora interrogata.»
«Chiacchieravamo di una cosa e dell'altra. Di Molly, del nostro lavoro alberghiero...»
«E a un tratto sua moglie è apparsa e le ha spiegato quel che era accaduto.»
«Sì.»
«Aveva le mani tutte sporche di sangue, vero?»
«Naturale! Si era chinata sulla ragazza e aveva cercato di sollevarla perché non aveva capito che era morta. Per forza si è insanguinata le mani. Senta, che diavolo sta insinuando?»
«Si calmi» lo esortò Daventry. «So che lei è molto teso e non la biasimo, ma noi dobbiamo mettere in chiaro i fatti. Mi pare che negli ultimi tempi sua moglie non si sia sentita molto bene. Esatto?»
«Oh, sciocchezze, sta benissimo. La morte del maggiore l'ha scombussolata un po', e non c'è niente di strano. E' una figliola sensibile.»
«Non appena si sarà ripresa dovremo farle qualche domanda» disse Weston.
«Be', ora non potete. Il medico le ha dato un calmante e ha detto che non si deve disturbarla. Non vi permetterò di torturarla con un terzo grado!»
«Non abbiamo alcuna intenzione di sottoporla al terzo grado» ribatté Weston, piccato. «Vogliamo soltanto chiarire alcuni fatti. Al momento non la disturberemo, ma quando il dottore lo permetterà dovremo parlarle.» Il suo tono era cortese ma inflessibile.
Tim lo guardò, aprì la bocca, ma non disse nulla.
Evelyn Hillingdon, calma e composta come sempre, sedette sulla sedia che le avevano offerto. Ascoltò le domande, e rifletté un poco prima di rispondere. Intanto guardava Weston con un'espressione pensosa negli occhi neri e intelligenti.
«Sì» ammise. «Ero sulla terrazza a parlare con il signor Kendal quando sua moglie è apparsa dal giardino e ci ha detto quel che aveva trovato.»
«Suo marito non era con voi?»
«No era andato a dormire.»
«Aveva un motivo speciale per parlare con il signor Kendal?»
Evelyn alzò un sopracciglio con aria di disapprovazione per quell'arbitrio e rispose con voce fredda: «Che strana domanda. No, non avevo alcun motivo speciale.»
«Avete parlato delle condizioni di salute di sua moglie?»
Ancora una volta Evelyn prese tempo.
«Non ricordo» rispose infine.
«Ne è sicura?»
«Sicura di non ricordare? Lei ha un sistema curioso di fare le domande, sa? Si toccano tanti di quegli argomenti, quando si chiacchiera del più e del meno...»
«Ma ci consta che negli ultimi tempi la signora Kendal non si sentisse molto bene.»
«Non direi. Era un po' stanca, forse. Gestire un esercizio come questo non è cosa da poco per una giovane donna che non ha l'esperienza necessaria. E' naturale che ogni tanto si senta a terra.»
«A terra, eh? Dunque, secondo lei la signora Kendal era molto giù di morale.»
«Forse ho usato un'espressione un po' semplicistica, ma vale quanto il gergo moderno che adesso si usa a proposito o a sproposito per tutto.
Sicché se uno ha un attacco di bile lo definiscono "infezione da virus", e se ha un po' di depressione dicono che soffre di "nevrosi da angoscia".»
Il suo sorrisetto fece sentire Weston leggermente ridicolo. Quella donna era senza dubbio molto intelligente. Lanciò un'occhiata al volto impassibile di Daventry, domandandosi che cosa ne pensasse.
«Grazie, signora Hillingdon.»
«Non vogliamo turbarla, signora Kendal, ma abbiamo bisogno che ci dica come ha fatto a trovare il corpo di quella ragazza uccisa. Il dottor Graham afferma che adesso si è ripresa abbastanza e può parlare.»
«Sì, grazie, ora sto meglio. Ma ho avuto un vero shock, sa?» disse Molly con un breve sorriso ancora un po' tremulo.
«Lo credo. Ho sentito che lei era andata a fare due passi dopo cena.»
«Sì. L'ho fatto molto spesso.»
Daventry notò che era a disagio, perché continuava ad intrecciarsi le dita nervosamente.
«A che ora ci è andata?»
«Oh, non lo so con esattezza. Non badiamo molto agli orari.»
«La banda stava ancora suonando?»
«Sì... o almeno... credo... non ricordo.»
«E quale sentiero imboccò?»
«Quello che conduce alla spiaggia.»
«Quello di destra o quello di sinistra?»
«Mio Dio, non ci ho proprio fatto caso.»
«Come mai non lo notaste?»
Molly aggrottò la fronte.
«Stavo... stavo riflettendo, credo»
«A qualcosa di speciale?»
«No, niente di speciale. Le cose che avevo da fare, da controllare, da pianificare.» Ancora una volta riprese a intrecciare nervosamente le dita. «Poi, sulla via del ritorno, ho notato qualcosa che biancheggiava tra i cespugli di ibisco, e mi sono incuriosita. Mi sono fermata, ho spostato qualche ramo...» inghiottì la saliva penosamente «e ho visto che si trattava di Victoria. Era... era tutta raggomitolata. Ho cercato di sollevarle la testa e mi sono sporcata le mani di sangue.»
Ancora una volta si esaminò le dita a ventaglio e ripeté in tono stupito, come se le sembrasse impossibile: «Sangue, sulle mie mani.»
«Sì, immagino che sia stata un'esperienza terribile. Non c'è bisogno che si soffermi troppo a lungo sui particolari. Da quanto tempo si era assentata dall'albergo, quando ha trovato il cadavere?»
«Non lo so proprio. Non ne ho la minima idea.»
«Un'ora? Mezz'ora? O più di un'ora...?»
«Non lo so!» ripeté.
Daventry le domandò con voce quieta:
«Quando è uscita a passeggiare aveva un coltello con sé?»
«Un coltello?» Molly sembrò sorpresa. «Perché avrei dovuto avere un coltello?»
«Glielo domando solo perché uno dei vostri cuochi ha rammentato di averla vista uscire dalla cucina con un coltello in mano.»
Molly corrugò la fronte.
«Ma io non sono passata dalla cucina. Oh, vuol dire prima, quando...
ma no, non credo...»
«Forse aveva sistemato le posate sui tavoli?»
«A volte devo farlo, sì. I camerieri apparecchiano piuttosto male, sa?
Manca sempre qualcosa, o c'è qualcosa in più.»
«E' accaduto pure quella sera?»
«Può darsi. I miei gesti ormai sono diventati automatici. Li compio senza neppure accorgermene più.»
«E' dunque possibile che sia uscita dalla cucina con un coltello in mano?»
«Non mi pare di averlo fatto, anzi, ne sono sicura. C'era anche Tim, lui dovrebbe saperlo. Lo domandi a mio marito.»
«E quella ragazza, Victoria, era brava come cameriera? Era contenta di lei?»
«Oh sì, era una bravissima ragazza.»
«Non avevate mai litigato?»
«Litigato? Oh, no!»
«Non l'ha mai minacciata di qualcosa?»
«E perché avrebbe dovuto minacciarmi? Cosa intende dire?»
«Non importa. Non ha idea di chi possa averla uccisa?»
«Assolutamente no» disse con sicurezza.
«Be', grazie, signora Kendal. Non è stato poi così tremendo, vero?» le domandò con un sorriso.
«E' tutto?»
«E' tutto per ora.»
Daventry si alzò, le aprì la porta e la osservò mentre usciva.
«"Tim dovrebbe saperlo"». ripeté tornando alla sua seggiola. «E Tim asserisce che lei non aveva un coltello in mano.»
Weston osservò:
«Qualunque marito sentirebbe il dovere di dire quel che ha detto lui.»
«Comunque un coltello da tavola non mi sembra un'arma molto adatta per compiere un delitto.»
«Ma era un coltello da bistecca, signor Daventry. Quella sera c'erano le bistecche in lista, e all'uopo si mettono sempre in tavola dei coltelli bene affilati.»
«Non riesco a pensare che quella figliola sia un'assassina, Weston.»
«Non è ancora il caso di pensarlo. Può darsi che la signora Kendal sia andata in giardino prima di cena e si sia scordata che aveva ancora in mano uno dei coltelli in soprappiù che aveva tolto da uno dei tavoli.
Magari lo ha appoggiato da qualche parte, distrattamente, o l'ha lasciato cadere. Ed è possibile che un'altra persona l'abbia trovato e adoperato. Neanche a me quella giovane sembra un'assassina. E per ora non riesco neppure a vedere un movente qualsiasi.»
«Tuttavia» aggiunse Daventry pensieroso «ho l'impressione che non ci abbia detto tutto. E' strana quella sua incertezza sugli orari e sui motivi che l'hanno indotta a recarsi alla spiaggia. E pare che quella sera nessuno l'abbia vista in giro.»
«Il marito era presente come sempre, ma lei mancava.»
«Pensa che fosse uscita per incontrarsi con qualcuno? Forse Victoria?»
«Forse. O forse ha visto la persona che andava in cerca della cameriera.»
«Si sta riferendo a Gregory Dyson?»
«Sappiamo che ha avuto un breve colloquio con Victoria quando questa gli ha riportato il flacone. Può darsi che le abbia dato un appuntamento a più tardi... tutti si muovevano liberamente sulla terrazza... ballando, bevendo... al bar e fuori.»
«E nessun alibi è meglio di una banda che suona» disse Daventry con una smorfia.
16. Miss Marple cerca alleati.
Chiunque avesse osservato la gentile vecchietta che sedeva con aria pensosa sulla sua poltrona, all'aperto, senz'altro avrebbe pensato che stesse prendendo le sue decisioni sui passatempi della giornata: una spedizione a Castle Cliff, o una visita a Jamestown, una bella passeggiata in macchina con colazione al Pelican Point, oppure una mattinata quieta sulla spiaggia.
Ma la gentile vecchietta aveva ben altro per la testa. Era di umore bellicoso e si sentiva in vena di iniziative audaci.
"Bisogna fare qualcosa» disse a se stessa.
Era convinta inoltre che non c'era tempo da perdere. Agire era urgente.
Ma con chi parlare? Chi le avrebbe dato retta? Se avesse avuto un po'
di tempo, se la sarebbe cavata da sola a trovare la verità.
Già aveva scoperto parecchie cosette, ma non abbastanza. E il tempo era poco.
Riconobbe con amarezza che in quell'isola di paradiso le mancavano i soliti alleati, e pensò con rimpianto agli amici che aveva lasciato in Inghilterra: Sir Henry Clithering, che era sempre pronto ad ascoltarla con orecchio indulgente, il suo figlioccio Dermot, che per quanto avesse raggiunto un'alta carica a Scotland Yard era propenso a credere che quando Miss Marple esprimeva un parere, era ben difficile che sbagliasse.
Ma non era probabile che quel tranquillo funzionario di polizia dell'isola desse retta alle urgenti necessità di una vecchia signora.
Il dottor Graham? Non era la persona che le occorreva. Troppo gentile e incerto, di sicuro non la persona dalle decisioni rapide e conseguenti.
Miss Marple ebbe l'impressione di essere un'umile emissaria dell'Altissimo e fu tentata di gridare con biblica fraseologia: "Chi andrà al mio posto?
Chi potrò mandare?"
Non ravvisò, nel suono che le pervenne poco dopo, la risposta alle sue preghiere. Le parve piuttosto il sibilo di un uomo che chiama il proprio cane.
«Ehi!»
Miss Marple non vi fece attenzione, perché immersa nei suoi pensieri.
«Ehi!» Il richiamo venne ripetuto un po' più forte, e la vecchietta si guardò intorno incuriosita.
«Ehi!» Ora il tono del signor Rafiel si era fatto impaziente. E pareva proprio che ce l'avesse con lei, perché soggiunse: «Dico a lei!».
Miss Marple non si era resa conto che quel "Ehi!" perentorio le fosse destinato. Mai nessuno si era permesso di chiamarla in quel modo. Non se ne risentì perché ormai conosceva le maniere brusche del signor Rafiel e sapeva che nessuno ci badava. Quell'uomo era una legge in sé, e la gente lo accettava com'era. Miss Marple lo osservò attraverso lo spazio che divideva i loro due bungalow. Il signor Rafiel se ne stava seduto sotto il portico del suo bungalow e le faceva cenno di avvicinarsi.
«Chiamava me?» gli domandò.
«Certo che chiamavo lei! Cosa credeva, che mi rivolgessi al micio?
Venga qui.»
Miss Marple raccolse la sua borsa e lo raggiunse.
«Non posso venire io da lei se qualcuno non mi aiuta, perciò ho dovuto far venire lei da me...» le spiegò.
«Oh sì, questo lo capisco» rispose lei.
«Si accomodi» disse lui indicandole una poltrona vicina. «Voglio parlarle. Sta succedendo qualcosa di maledettamente strano in questo paese.»
«Può ben dirlo» convenne lei sedendosi. La forza dell'abitudine le fece tirar fuori il lavoro a maglia, ma Rafiel scattò: «Non si metta a sferruzzare, per carità! Detesto le donne che lo fanno, mi irritano.»
Miss Marple ripose il lavoro. Non lo fece per servilismo, ma piuttosto con l'aria di un'infermiera che asseconda le manie di un pazzo.
«Si sentono un mucchio di chiacchiere in giro» esordì il vecchio. «E
scommetto che lei si trova in prima linea. Lei, il prete e sua sorella».
«E' naturale che ci siano delle chiacchiere, no? Date le circostanze...»
«Per esempio, quella ragazza indigena che si è fatta accoltellare.
Potrebbe anche essere un banalissimo dramma di gelosia, e magari è stato il suo occasionale compagno a farla fuori perché gli seccava che andasse con un altro. Sesso nei tropici o qualcosa di simile. Cosa ne dice?»
«No» rispose Miss Marple scuotendo il capo.
«Nemmeno le autorità la pensano così.»
«E certo le autorità si confidano più facilmente con lei che con me.»
«Tuttavia io scommetto che lei ne sa più di me. Perché lei ha ascoltato le chiacchiere.»
«Sicuro che le ho ascoltate.»
«Non ha nient'altro da fare, vero?»
«Spesso sono utili e istruttive.»
«Sa una cosa?» disse lui osservandola attentamente. «Mi sono sbagliato sul suo conto. E non mi sbaglio tanto spesso nel giudicare le persone.
In lei c'è qualcosa che al primo sguardo non avevo notato. Adesso capisco perché mi ha fatto quelle domande circa le storie che raccontava il maggiore Palgrave! Lei è convinta che lo abbiamo eliminato, vero?»
«Temo proprio di sì.»
«Be', ha ragione.»
«E' una cosa certa?» disse Miss Marple con un profondo sospiro.
«Abbastanza. Me l'ha detto Daventry. Non tradisco una confidenza dicendoglielo, perché i risultati dell'autopsia saranno ben presto di dominio pubblico. Lei ha detto qualcosa al dottor Graham, e lui è andato a trovare Daventry, il quale a sua volta ha pensato bene di rivolgersi a un funzionario del C.I.D. Bene, hanno convenuto tra di loro che la cosa puzzava, così hanno esumato la salma del vecchio Palgrave e le hanno dato un'occhiatina.»
«Cos'hanno scoperto?»
«Hanno scoperto una dose letale di un non-so-che, roba che solo un medico sa pronunciare, qualcosa come difloroesagonaletilcarbenzolo.
Non è il nome esatto, naturalmente, ma suona pressappoco così. E
nessuno sa di preciso cos'è, all'infuori dei dottori, perché non si sono preoccupati di tradurre quel nome in parole povere. Magari sarà una cosa semplice come il Veronal, e altrettanto semplicemente manda al Creatore chi ne prende una dose un po' massiccia. A quanto pare, la morte ha tutta l'apparenza di un normale decesso causato dall'ipertensione e dal troppo alcool. Infatti, in principio, a nessuno era venuto in mente di dubitare che ci fosse qualcosa di equivoco. Si sono limitati a dire: "Povero diavolo!" e l'hanno seppellito. Adesso, naturalmente, si domandano se aveva davvero la pressione alta. A lei aveva mai detto nulla in proposito, il maggiore?».
«No.»
«Appunto. E invece tutti parevano convinti che avesse la pressione alta.»
«Forse l'aveva detto a qualcuno.»
«E' come vedere i fantasmi. Non si parla mai con il tizio che li ha visti personalmente. Si tratta sempre di un secondo cugino di sua zia, o di un amico, o dell'amico di un amico. Ma lasciamo perdere per il momento. Tutti credevano che avesse la pressione alta, e inoltre aveva un flacone di pastiglie contro l'ipertensione sul tavolino da notte.
Ma quella ragazza indigena, che hanno ammazzato, era andata in giro a dire che il flacone era stato messo là da qualcuno, e che non apparteneva al maggiore, ma al signor Dyson.»
«Il signor Dyson infatti soffre di ipertensione. L'ha detto sua moglie.»
«Dunque il flacone è stato messo nella stanza del maggiore per corroborare la storia della pressione alta e far pensare a una morte naturale.»
«Precisamente» convenne Miss Marple. «E l'indomani tutti erano convinti che il povero maggiore avesse spesso raccontato in giro di avere la pressione alta, è così facile far circolare una voce falsa...
Ai miei tempi ne ho avuto varie prove.»
«Lo credo.»
«Basta un mormorio qua e là... Uno non lo dice di sua iniziativa, ma riporta che la signora B. gli ha detto che il colonnello C. gliel'ha detto. Sono sempre notizie di seconda, di terza o di quarta mano, ed è difficile risalire alla fonte. Sì, è un po' come la storia dei fantasmi.»
«Qualcuno è stato molto in gamba» osservò Rafiel con aria pensosa.
«Sì, sono d'accordo con lei. Qualcuno è stato molto in gamba.»
«E quella cameriera negra forse ha veduto o sospettato qualcosa.
Magari ha tentato il ricatto, eh?»
«Forse non intendeva fare proprio un ricatto. In questi posti è facile che le cameriere scoprano delle cose che i clienti non vorrebbero render pubbliche. Allora si vedono offrire una mancia un po' più cospicua, o un regalo, e capiscono che dovranno tenere la bocca chiusa.»
«Tuttavia si è beccata una coltellata lo stesso» disse Rafiel con una certa brutalità.
«Già. Evidentemente l'assassino non si fidava.»
«Lei che ne pensa di questa faccenda?»
Miss Marple lo guardò pensierosa.
«E perché crede che io ne sappia più di lei?»
«Forse non ne saprà più di me, ma mi interessa conoscere il suo parere.»
«Perché?»
«Diciamo che qui non c'è molto da fare, tranne accumulare quattrini.»
Miss Marple lo guardò stupita.
«Ma come, riesce ad accumulare quattrini anche qui?»
«Basta inviare una mezza dozzina di telegrammi cifrati a chi di dovere. E' così che mi svago, io.»
«Ordina di comprare o vendere azioni?» domandò lei dubbiosa, con il tono incerto di chi parla una lingua sconosciuta.
«Qualcosa di simile. E' bello sfidare l'intelligenza altrui con la propria. Il guaio è che non mi occupa abbastanza tempo. Perciò mi sto interessando a questa faccenda. Ha risvegliato la mia curiosità.
Palgrave passava gran parte del suo tempo a discorrere con lei. Forse perché nessun altro aveva la pazienza di ascoltarlo. Cosa le raccontava?»
«Mi ha raccontato un mucchio di storie.»
«So che ne aveva un repertorio inesauribile. E noiose da morire, per giunta. E pazienza se le avesse raccontate una volta sola, ma si ripeteva in maniera scandalosa.»
«Lo so. E' una cosa che capita sovente agli uomini che diventano vecchi.»
Rafiel la guardò con occhi pungenti.
«Io sono vecchio, ma non racconto storie» precisò. «Bene, continui. La faccenda ha avuto inizio con uno di quei suoi racconti, vero?»
«Mi disse di conoscere un assassino. Ma non c'è nulla di speciale in questo. Capita a tutti di conoscere qualche criminale, nella vita.»
«Non la seguo.»
«Non personalmente, magari. Ma non le è mai capitato di sentir dire da qualcuno: "Oh, sì, conoscevo il povero Tal dei Tali, lo conoscevo molto bene. E' morto improvvisamente, vero? Dicono che è stata sua moglie a eliminarlo, ma io non ci credo, per me sono soltanto malignità..."?»
«Sì, penso di sì. Ma non si trattava di vere e proprie accuse.»
«Il maggiore Palgrave, invece, era un tipo molto serio. Gli piaceva raccontare quella storia, perché ci teneva a fare il suo effettaccio.
Diceva di possedere una istantanea dell'assassino. E stava per mostrarmela, ma non l'ha fatto.»
«Perché?»
«Perché d'un tratto ha visto qualcosa, o qualcuno. Si è fatto ancora più paonazzo in viso, si è affrettato a rimettere la foto nel portafogli e si è messo subito a parlare d'altro.»
«Non sa chi ha visto?»
«Ci ho pensato a lungo. Io sedevo fuori dal mio bungalow, e lui mi stava di fronte e... qualunque cosa abbia visto si trovava dietro la mia spalla destra.»
«Qualcuno che risaliva il sentiero dietro di lei, sulla destra, il sentiero che viene dal parcheggio...»
«Sì.»
«E qualcuno stava venendo su dal sentiero?»
«Il signor Dyson e Hillingdon.»
«Nessun altro?»
«Nessun che io sappia. Naturalmente anche il suo bungalow era in quella direzione.»
«Già. Così possiamo includere Esther Walters e Jackson, il mio massaggiatore. Entrambi, penso, potevano essere usciti dal bungalow ed essere rientrati senza che lei li abbia visti.»
«E' possibile, poiché non mi sono voltata subito a guardare.»
«I Dyson, gli Hillingdon, Esther, Jackson. Uno di loro è un assassino.
O, naturalmente, io stesso.»
Miss Marple sorrise debolmente. Rafiel chiese: «Palgrave diceva che l'assassino era un uomo, vero?»
«Sì.»
«Bene, questo elimina Evelyn Hillingdon, Lucky Dyson e la mia segretaria. Quindi il criminale dovrebbe essere uno dei tre uomini: o Dyson, o Hillingdon, o il mio soave Jackson.»
«O lei.»
Il signor Rafiel ignorò la precisazione.
«Non mi irriti. Ora le dirò la prima cosa che mi colpisce e che lei sembra non aver considerato. Se l'omicida era uno di quei tre, come mai il maggiore non l'aveva riconosciuto prima? Per due settimane li aveva visti ogni giorno, non è vero? Mi sembra insensato, ecco.»
«Ma possibile.»
«Be', mi dica come.»
«Vedete, il maggiore non aveva mai visto quell'uomo di persona, secondo quel che mi disse. La storia gli era stata raccontata da un suo amico medico, e questi gli aveva ceduto la foto perché sapeva che lui amava raccogliere le curiosità. Può darsi che lui in precedenza non avesse esaminato attentamente quel volto sconosciuto, e avesse conservato la foto nel portafogli soltanto per corredare una delle sue storie curiose. Inoltre, noi non sappiamo quando hanno avuto luogo quei due "suicidi" così somiglianti. Il maggiore non me l'ha detto. E'
possibile che siano passati molti anni. Le sue avventure di caccia grossa risalivano a più di vent'anni prima.»
«Davvero?»
«Può darsi, quindi, che vedendo l'assassino nei giorni precedenti la sua morte, forse a causa del tempo trascorso o forse perché non guardava la foto da un pezzo, non l'abbia riconosciuto. Ma in quel momento, mentre parlava con me e aveva l'istantanea in mano, gli è capitato, alzando gli occhi, di vedersi davanti la stessa faccia, o una molto somigliante, e di esserne colpito e spaventato.»
«Sì, sì» disse il signor Rafiel pensoso. «E' possibile.»
«Ebbe come un sobbalzo, poi si affrettò a rimettere via la foto senza mostrarmela. E ha cambiato discorso a voce piuttosto alta e innaturale.»
«Ma non poteva essere sicuro.»
«No, non poteva essere sicuro. Ma più tardi avrebbe studiato attentamente la foto, poi avrebbe osservato bene l'uomo e avrebbe deciso se si trattava solo di una somiglianza casuale o di una identità di persona.»
Il signor Rafiel rifletté per un momento, poi scosse il capo.
«C'è qualcosa che non quadra. Il movente è inadeguato all'assassinio, assolutamente inadeguato. Palgrave parlava ad alta voce, vero?»
«Sì, lo faceva sempre.»
«E' vero, berciava continuamente. Perciò uno che si fosse avvicinato lo avrebbe sentito?»
«Lo avrebbero sentito entro un raggio d'un chilometro.»
Il signor Rafiel scosse il capo di nuovo e disse: «E' una cosa troppo fantastica. Chiunque riderebbe di questa faccenda.
Un vecchio scemo racconta una storia che gli è stata raccontata da un altro, il quale a sua volta ne ha sentito una simile da un terzo, e fa per mostrarle la foto dell'eventuale responsabile di un omicidio avvenuto qualche anno fa. Mettiamo pure che fossero passati solo due o tre anni. Cosa aveva da temere l'uomo in questione? Non c'era una prova, la storia era un "sentito dire" addirittura di terza mano. Il cosiddetto assassino avrebbe persino potuto ammettere la sua somiglianza con l'uomo della foto, e dire: "To', mi somiglia un po'
vero? Che divertente!". Nessuno avrebbe preso sul serio l'identificazione di Palgrave, e l'uomo non avrebbe corso alcun pericolo. Era molto più rischioso far fuori il maggiore, mi creda. Non era affatto necessario. Deve convenirne.»
«Ne convengo, infatti. Per questo mi sento a disagio. Tanto a disagio che stanotte non sono riuscita a chiudere occhio.»
Il vecchio la fissò.
«Mi dica quel che ha in mente.»
«Posso anche sbagliare...» mormorò Miss Marple con voce esitante.
«E' probabile. Ad ogni modo mi racconti cos'ha fantasticato durante la notte insonne.»
«Poteva esserci un motivo molto importante se...»
«Se quell'individuo avesse avuto in mente di commettere, entro breve tempo, un altro omicidio.»
Il signor Rafiel la guardò attentamente, poi si sollevò un poco sulla poltrona e borbottò:
«Mi chiarisca il concetto.»
«Non sono molto brava nelle spiegazioni.» Miss Marple parlava in fretta e senza troppo riflettere, le guance leggermente arrossate. «Ma poniamo che l'uomo avesse progettato di uccidere qualcuno. Trattandosi di un uxoricida che per ben due volte, e sotto nomi diversi, aveva eliminato la moglie, non è da escludere che intendesse uccidere una terza volta nello stesso modo visto che se l'era cavata per le prime due.»
«Come in quel racconto di Smith: "Le mogli nel bagno"?»
«Più o meno. Da quel che ho sentito e letto, quando un assassino riesce a farla franca un paio di volte si sente purtroppo incoraggiato a non abbandonare il metodo, che si è mostrato tanto efficace. Pensa che sia la cosa più facile del mondo, pensa di essere molto in gamba, e ripete il crimine. Alla fine, proprio come ne "Le mogli nel bagno", diventa un'abitudine. Ogni volta in un luogo diverso e con un nome diverso. I delitti si assomigliano, ma il mondo è grande... Così mi pare, almeno. Ma naturalmente posso sbagliarmi.»
«Però non crede di sbagliarsi, vero?» aggiunse Rafiel acutamente.
«Vede, se fosse così, e se l'uomo avesse un motivo che ancora ignoriamo, sentendo la storia del maggiore si sarebbe allarmato; perciò, non avrebbe potuto permettere a quest'ultimo di mettere in evidenza il collegamento tra un delitto e l'altro. Nel racconto di Smith infatti è stato così che hanno pescato l'assassino. Qualcuno ha rammentato un caso analogo e ha fatto dei confronti, poi la giustizia ha fatto il resto. Vede, dunque, che se il delinquente aveva il suo piano già pronto e organizzato per bene, doveva liberarsi dell'intralcio rappresentato da Palgrave. E doveva far sparire la foto. Il che è accaduto. Doveva agire alla svelta, e l'ha fatto.»
«Proprio la notte stessa, eh?» disse Rafiel.
«Già.»
«Un lavoretto rapido, ma non impossibile. Astuta la mossa delle pastiglie contro l'ipertensione sul tavolino da notte della vittima.
Forse era stato lui a mettere in giro la voce che Palgrave aveva la pressione alta. Così la gente avrebbe pensato a una morte naturale e non avrebbe avuto sospetti. E' così?»
«Infatti, ma tutto questo è passato e non dobbiamo più preoccuparcene. Ma è il futuro che spaventa. Cosa succederà adesso?
Eliminato il pericolo Palgrave, l'assassino procederà nel suo progetto?»
Il signor Rafiel emise un fischio.
«Ha previsto proprio tutto, vero?»
Miss Marple assentì. Poi disse, con voce insolita ferma e quasi imperativa:
«Noi dobbiamo impedirglielo. Anche lei mi aiuterà, signor Rafiel.»
«Io?» domandò lui in tono stupito. «Perché io?»
«Perché lei è ricco e importante, e la gente le darà retta. La gente è abituata a darle retta. A me non farebbe caso, e mi darebbero della vecchia matta come minimo.»
«E' possibile, infatti. Ma sarebbero pazzi loro se lo facessero. Però debbo dire che a sentirla parlare come fa di solito uno non penserebbe mai che abbia un cervello così fertile e una logica così serrata. Sono poche le donne che possiedono questo dono...» Si mosse penosamente sulla sedia. «Dove diavolo sono andati a finire Esther e Jackson? Ho bisogno di sistemarmi meglio. No, è inutile che si disturbi lei. Non è abbastanza forte. Chissà perché mi lasciano qui solo come un cane!»
«Andrò a cercarli.»
«No, lei starà qui. Dobbiamo indovinare chi è l'assassino. Il cordialissimo Greg Dyson? Il tranquillissimo Hillingdon? O Jackson?
Deve essere uno dei tre, non è vero?»
17. Il signor Rafiel entra in azione .
«Non so» disse Miss Marple.
«Ma come? Di che cosa abbiamo parlato negli ultimi venti minuti?»
«Lo so, lo so, ma ho anche pensato che posso essermi sbagliata.»
Il signor Rafiel la fissò.
«Oh» disse con una smorfia di disgusto. «Sembrava così sicura di sé...»
«Sono sicura, infatti, ma soltanto nei riguardi dell'omicidio. Ma quanto all'identità dell'omicida, navigo ancora in alto mare. Vede, il maggiore aveva tutto un repertorio di storie di delitti. Lei stesso mi ha detto che ve n'ha raccontata una su una specie di Lucrezia Borgia.»
«Sì, è vero, ma era completamente diversa.»
«Lo so. E la vostra signora Walters ne ha rammentata un'altra su qualcuno ucciso col gas.»
«Ma quella che ha riferito a lei...»
Miss Marple si permise di interromperlo, una cosa che il signor Rafiel di solito non permetteva a nessuno. Disse in tono desolato: «Non capisce che è molto difficile essere sicuri? Il fatto è che troppo spesso certi racconti non si ascoltano. Lo chieda alla sua segretaria, anche lei ha detto la stessa cosa. In principio si sta attenti, poi la mente divaga, e d'un tratto ci si accorge di aver perduto un pezzo del racconto e non ci si raccapezza più. Io mi domando se è possibile che mi sia sfuggito qualcosa tra la storia che mi stava raccontando di quel tale, e il momento in cui ha tirato fuori la fotografia dal portafogli e mi ha domandato se volevo vedere il volto di un omicida.»
«Ma lei ha pensato che si riferisse all'uomo di cui vi aveva parlato.»
«Sì, al momento sì. Ma adesso non sono più così sicura.»
Il signor Rafiel la guardò pensieroso.
«Il guaio è che lei è troppo coscienziosa. Male. Si attenga alla sua teoria e non sbandi, altrimenti qui non la finiamo più. All'inizio il suo ragionamento filava in modo perfetto. Può darsi che siano state le chiacchiere della sorella del prete e delle altre donne a confonderle le idee.»
«Forse ha ragione.»
«Be' lasci da parte quel che hanno detto gli altri. Continuiamo sulla base di ciò che lei ha pensato. Perché nove volte su dieci è la prima idea che conta, secondo la mia esperienza. Abbiamo tre sospetti.
Tiriamoli fuori e diamogli una buona occhiata. Ha qualche preferenza?»
«No. In verità mi sembrano tutti e tre improbabili come assassini.»
«Prendiamo Greg, tanto per cominciare. A me non è simpatico affatto, ma questo non fa di lui un assassino. Però qualcosa contro di lui c'è.
Quelle pastiglie erano sue, ed era quindi lui il primo che poteva disporne.»
«Ma non sarebbe un po' troppo... ovvio?» obiettò Miss Marple.
«Non lo so. Dopotutto era importante agire alla svelta, e lui era in possesso del flacone. Non avrebbe avuto il tempo di cercare la medicina di un'altra persona. Diciamo dunque che è stato Greg. Va bene. Se voleva togliere di mezzo la sua cara Lucky, e io non lo biasimerei, anzi, gli darei tutta la mia approvazione, ne vedo la ragione. Lui è ricco. Ha ereditato un mucchio di quattrini dalla prima moglie che ne aveva una quantità enorme. Questo farebbe pensare che abbia affrettato la fine della precedente consorte, dato che ne avrebbe avuto un vantaggio. Ma questa è una storia che appartiene al passato, e se è davvero un uxoricida se l'è cavata senza fastidi. Ma Lucky era la parente povera della sua defunta consorte. Non aveva nulla, e perciò se lui vuole separarsi da lei è solamente perché desidera sposare un'altra donna. Non ha sentito nessun pettegolezzo a questo proposito?»
Miss Marple scosse il capo.
«No, ho sentito solo che è sempre molto galante con tutte le donne.»
«Mi piace il modo garbato e all'antica con cui si esprime! Va bene, è un porco. Tenta con tutte. Ma questo non è sufficiente. Abbiamo bisogno di ben altro. Passiamo allora a Edward Hillingdon. Ecco un bel tipo di sornione.»
«Ha l'aria di essere infelice» disse Miss Marple.
«Ebbene? Crede che un assassino debba essere per forza un allegrone?»
«L'esperienza mi ha insegnato che di solito 1o è» rispose lei, tossendo.
«Non credo che ne abbia molta, di esperienza, in questo campo.»
Quella era proprio un'illazione gratuita, e lei avrebbe potuto benissimo smentirlo. Ma non lo fece. Agli uomini non piace essere contraddetti.
«A dir la verità Hillingdon mi è abbastanza simpatico» continuò il signor Rafiel. «Credo che ci sia qualcosa che non va tra lui e la moglie. Lo ha notato anche lei?»
«Oh, sì, l'ho notato. In pubblico si comportano in modo perfetto, ma è naturale tra gente educata.»
«Forse ne sa più di me su questa categoria di persone. Bene dunque, tutto procede con il massimo buon gusto, ma è possibile che il nostro gentiluomo desideri liberarsi di sua moglie. Ne conviene?»
«Se è così, ci dev'essere un'altra donna.»
«E quale donna?»
Miss Marple scosse il capo con aria scontenta.
«Non posso fare a meno di pensare che la cosa non è semplice come sembra...»
«Allora, prendiamo in considerazione Jackson? Spero che mi lascerete fuori dalla rosa dei candidati.»
Miss Marple sorrise per la prima volta.
«E perché dovrei lasciarla fuori?»
«Perché se proprio vuol discutere la possibilità che io sia un assassino, dovrà farlo con una terza persona e non con me. Comunque, le sembro proprio tagliato per la parte? Sono vecchio, mezzo paralitico, non riesco a muovermi senza aiuto, mi prendono in braccio come un pupazzo per vestirmi e mi sbattono su una poltrona a rotelle per portarmi a spasso. Che possibilità ho di aggirarmi di soppiatto e far fuori qualcuno?
«Le stesse possibilità degli altri.»
«E da cosa lo deduce?»
«Be', vorrà ammettere spero, che lei è una persona intelligente.»
«Certo che sono intelligente. E molto più di chiunque altro in questa comunità, oserei dire.»
«Quindi, essendo intelligente, sarebbe capacissimo di escogitare la maniera di superare gli handicap fisici, se proprio volesse commettere un omicidio.»
«Avrei il mio daffare, però!»
«Sì, lo ammetto. Ma so che se la godrebbe un mondo.»
Il signor Rafiel la fissò per un momento, sbalordito, poi scoppiò in una risata.
«Ha un bel coraggio, sa? E io che la giudicavo una miciona soffice e innocua, un po' corta di comprendonio... Dunque pensa davvero che io possa essere l'assassino?»
«No.»
«E perché?»
«Proprio perché è intelligente. Possedendo un cervello come il suo, può procurarsi la maggior parte delle cose che desidera senza ricorrere all'omicidio. In generale l'omicidio è una risorsa stupida.»
«E inoltre chi dovrei pensare di uccidere?»
«Questa potrebbe essere una domanda interessante, ma non ho ancora parlato con lei a sufficienza e non sono in grado di farmene un'idea.»
Il sorriso del vecchio si allargò.
«Discorrere con lei potrebbe essere pericoloso, dunque.»
«Discorrere è sempre pericoloso, quando si ha qualcosa da nascondere.»
«Forse lei ha ragione. Be', torniamo a Jackson. Cosa ne pensa di lui?»
«Mi è difficile giudicarlo. Non ho mai avuto occasione di parlargli veramente.»
«Nessuna opinione, dunque?»
«Mi ricorda un po' un giovanotto impiegato al municipio di una cittadina accanto alla mia, un certo Jonas Parry.»
«E questo giovanotto?»
«Non era un tipo molto... soddisfacente.»
«Non lo è nemmeno Jackson, quanto a questo. Mi serve benissimo, svolge le sue mansioni con perfetta efficacia e non se la piglia se lo tratto male. Sa che lo pago molto bene e si adatta alle mie maniere che non sono sempre comode. Non gli darei un posto di fiducia, naturalmente, ma non ho nemmeno bisogno di darglielo. Forse il suo passato è pulito, forse no. Le sue referenze erano buone, in generale, ma vi ho notato una sfumatura di riserva. Fortunatamente non sono un uomo che ha dei colpevoli segreti, così non sono suscettibile di ricatto.»
«Niente segreti? Ma avrà pure dei segreti d'affari, no?»
«Jackson non può venirne in possesso perché non si trovano alla portata della sua curiosità. No, quel ragazzo è un po' ambiguo, se vogliamo, ma non lo vedo nelle vesti dell'assassino. Direi che non è il suo genere.»
Fece una breve pausa, poi continuò: «Sa, se si pensa a tutta questa vicenda fantastica, al maggiore Palgrave e alle sue ridicole storie, sembra sbagliata da cima a fondo. In realtà avrebbero dovuto assassinare me.»
Miss Marple lo guardò stupita.
«Non trova che io sia proprio il tipo del predestinato? Chi sono le vittime, nelle storie poliziesche? I vecchi con un mucchio di quattrini.»
«E con un mucchio di parenti che desiderano toglierlo di mezzo per impossessarsi dei suoi quattrini. E' il suo caso?»
«Be'...» ci pensò su un momentino. «Parenti no, ma a Londra ci sono cinque o sei uomini che non scoppierebbero in lacrime se leggessero il mio annuncio mortuario sul Times. Però non si spingerebbero sino al punto di eliminarmi. E sarebbe inutile rischiare, del resto. Posso andarmene naturalmente da un giorno all'altro, è questione di pazientare un po'. Infatti, i medici sono sbalorditi vedendo che tengo duro così a lungo.»
«E naturalmente lei ha una gran volontà di vivere.»
«Immagino che lo troverà strano.»
Miss Marple scosse il capo.
«Oh, no, lo trovo naturalissimo! Quando si rischia di andarsene ogni giorno, la vita diventa molto più interessante. Forse non è giusto, ma è così. Soltanto quando si è giovani, forti e sani non si dà importanza alla vita. Infatti, sono molto più frequenti i suicidi tra i ragazzi, magari per una delusione d'amore. Ma i vecchi conoscono il valore dell'esistenza, sanno che è interessante, e vi si aggrappano.»
«Senti senti» sbuffò il signor Rafiel «cosa si racconta una coppia di vecchi ronzini...»
«Non è forse vero?»
«Oh, sì, è verissimo. Ma non pensa che abbia ragione di osservare che la vittima dovrei essere io?»
«Dipende da chi ha qualcosa da guadagnare dalla sua morte.»
«Nessuno. A parte, come le ho detto, i concorrenti in affari che possono benissimo permettersi di aspettare la mia dipartita naturale.
Non sono tanto pazzo da distribuire il mio denaro tra i parenti.
Prenderebbero assai poco dopo le tasse di successione. No, ho disposto già da parecchi anni del mio patrimonio. Liquidazione, crediti e tutto il resto.»
«Nessun lascito al personale? Jackson, per esempio?»
«Non avrà un soldo. Lo pago il doppio di quel che prenderebbe da chiunque perché so che non sono un tipo accomodante. E lui sa benissimo che ci rimetterebbe se morissi.»
«E la signora Walters?»
«Idem. E' una brava figliola, una segretaria di prim'ordine, intelligente, di buon carattere; mi conosce bene, mi capisce e mi sopporta anche quando sono insopportabile. E' come la paziente infermiera di un malato difficile. A volte mi irrita un po', ma mi accadrebbe con chiunque. E' un po' borghese e convenzionale in molte cose, ma per le mie necessità va benissimo. Ha avuto un sacco di guai.
Ha sposato un tipo che non valeva molto, ed è naturale perché in fatto di uomini ha dei gusti tutti sbagliati. Ma questo è frequente nelle femmine. Si innamorano sempre del primo che è tanto abile da impietosirle sulla sua storia sfortunata. Si convincono che gli uomini hanno bisogno della comprensione femminile, e si mettono in testa di aiutarlo a rifarsi una vita. Ma ci sono dei tipi di uomini che non combinano mai niente di buono. Comunque, un giorno il suo insoddisfacente marito è stato investito da un camion ed è morto.
Ubriaco, per l'esattezza. Esther aveva una figlia da allevare e ha ripreso a lavorare come faceva prima di sposarsi. E' con me da cinque anni, e sin da principio le ho detto chiaramente che non deve aspettarsi nulla dopo la mia morte. Le ho pagato un lauto stipendio sin dall'inizio, e ogni anno gliel'ho aumentato. Per quanto possa essere brava la gente, è meglio non fidarsi mai troppo. Per questo ho detto a Esther che alla mia morte non erediterà nulla. Più vivo e più il suo stipendio aumenta. Se ogni anno si mette via un po' di quattrini, e so che lo fa, quando me ne andrò si troverà in un'ottima posizione economica. Sono io che penso a far studiare sua figlia, le pago il collegio e le ho aperto un libretto di cui entrerà in possesso quando sarà maggiorenne. Così la signora Walters è sistemata confortevolmente, e se morissi ci rimetterebbe parecchio. Se ne rende conto benissimo. Non è una stupida.»
«Se la intende con Jackson?»
Il vecchio le lanciò un'occhiata penetrante.
«Ha notato qualcosa, vero? Infatti Jackson le ha ronzato d'attorno per un bel po', specie negli ultimi tempi. E' un bel ragazzo, niente da dire, ma non è riuscito a far breccia nel cuore della mia segretaria.
Come le ho detto, Esther è borghese e convenzionale, ed ha tutti i piccoli snobismi del ceto medio. E' socialmente un gradino più in su di lui. Non molto, ed è questo il guaio. Se lei fosse la principessa e lui il valletto, sarebbe diverso, ma la piccola borghesia è deprimente. Sua madre era una maestrina e suo padre un impiegato di banca. Non si degnerebbe mai di prendere in considerazione un Jackson!
E del resto può darsi che lui la corteggi perché sa che possiede un bel gruzzoletto. Ma credo che non ci sia niente da fare.»
«Zitto, sta arrivando.»
La guardarono avvicinarsi.
«Nell'insieme è una bella donna» disse il signor Rafiel «ma non si preoccupa affatto di rendersi interessante. Non so perché. In fondo ha una figura perfetta, dei lineamenti regolari...»
Miss Marple sospirò. Per quanto vecchia, non poteva fare a meno di rammaricarsi per quelle opportunità sprecate. A Esther mancava qualcosa che ai suoi tempi era stato definito in vari modi: "quel certo non so che"; "sex-appeal", eccetera. Era bionda, piuttosto alta, aveva una bella carnagione, degli occhi espressivi, un sorriso molto piacevole, ma le mancava quella qualità peculiare per cui gli uomini per la strada si girano e sibilano.
«Dovrebbe risposarsi» disse a bassa voce.
«Certo. Sarebbe un'ottima moglie.»
Esther li raggiunse, e il principale osservò: «E' arrivata, finalmente! Che cosa l'ha trattenuta?»
«Pareva che stamane tutti si fossero passati parola per mandare dei telegrammi. Tra questo e la curiosità delle persone...»
«A che proposito? Per via del delitto?»
«Già. Il povero Tim Kendal è fuori di sé dalla preoccupazione.»
«Ne ha motivo. Quella giovane coppia è sfortunata.»
«Davvero. Già si sono assunti un compito superiore alle loro forze, assumendo la gestione di questo albergo, ed erano spaventati in partenza. Pure, se la cavano bene.»
«Sì, quel ragazzo è un gran lavoratore, ed è tutt'altro che stupido. E
lei è molto carina. Lavorano tutti e due come negri, per quanto i negri non si ammazzino di lavoro come il detto vorrebbe far credere, e adesso si trovano in mezzo ai guai. Esther, io e Miss Marple stavamo appunto parlando del delitto.»
La donna parve stupita e guardò la vecchia signorina con una certa curiosità.
«Mi sono sbagliato sul suo conto» le spiegò Rafiel con la solita franchezza. «Non è affatto la miciona che si preoccupa di sferruzzare.
Ha cervello, occhi e orecchie, e sa adoperarli.»
Esther guardò Miss Marple con l'aria di scusarsi per lui, ma lei non sembrò affatto offesa.
«Intende farle un complimento, sa?» le disse Esther.
«Me ne rendo conto. Come mi rendo conto che il signor Rafiel è un privilegiato o crede di esserlo.»
«Cosa intende per "privilegiato"?»
«Che pensa di avere il diritto di essere villano quando ne ha voglia.»
«Sono stato villano?» le domandò stupito. «Mi dispiace se l'ho offesa.»
«No, non mi ha offesa. Sono sempre molto tollerante.»
«Ora è cattiva! Esther, prenda una sedia e la porti qui. Forse può aiutarci.»
Esther andò a prendere una poltroncina di vimini.
«Procediamo con la consultazione» disse il signor Rafiel. «Abbiamo cominciato con il defunto maggiore Palgrave e le sue interminabili storie.»
«Oh, povera me!» sospirò Esther. «Debbo confessare che quando lo vedevo spuntare all'orizzonte, se appena potevo, scappavo.»
«Miss Marple è stata più paziente. Mi dica un po', Esther, le ha mai raccontato la storia di un assassino?»
«Oh sì, tante volte...»
«Quale? Cerchi di ricordare.»
«Però io non ascoltavo molto attentamente, sa? Dio mio, vi era quella faccenda terribile del leone in Rhodesia che non finiva mai... A un certo punto non ascoltare diventa legittima difesa!»
«Be', ci dica quel poco che rammenta.»
«Si trattava di un fattaccio che aveva suscitato molto scalpore sui giornali. E lui diceva di aver avuto un'esperienza unica al mondo, quella di essersi trovato faccia a faccia con un assassino.»
«Faccia a faccia? Ha proprio detto così?» insisté il signor Rafiel.
Esther pareva confusa.
«Perlomeno, credo. O forse mi ha detto: "Posso farle vedere un assassino".»
«C'è differenza. Che cosa le ha detto di preciso?»
«Non posso esserne certa... Credo che mi abbia detto di volermi mostrare una fotografia.»
«Ora andiamo meglio.»
«Poi ha parlato molto di Lucrezia Borgia.»
«Lasci perdere Lucrezia Borgia. Sappiamo tutto di lei.»
«Parlava di avvelenatrici, e diceva che Lucrezia era molto bella e aveva i capelli rossi. E affermava che tra le donne ci sono molte avvelenatrici.»
«Temo che questo sia vero» osservò Miss Marple.
«E diceva che il veleno è un'arma femminile.»
«Ma no! E ha soggiunto che la curiosità è femmina, e che chi dice donna, dice danno? Mi pare che usciamo dal seminato.»
«Be', lui usciva sempre dal seminato quando raccontava le sue storie.
Per questo a un certo punto non lo ascoltavo più e mi limitavo a dire "sì" o "oh!" e "davvero?".»
«Che cosa riguardava la foto che voleva mostrarle?»
«Non mi ricordo. Forse qualcosa che aveva letto sul giornale.»
«Non gliel'ha fatta vedere? Un'istantanea?»
«Un'istantanea? No, sono sicura di no. Ha osservato che era una gran bella donna, e che a guardarla non si sarebbe mai pensato che fosse un'assassina.»
«Una donna?»
«Vede?» soggiunse Miss Marple. «Capisce perché sono confusa?»
«Parlava di una donna?» domandò Rafiel alla segretaria.
«Ma sì, certo!»
«E la foto era di una donna?»
«Sì.»
«Non è possibile!»
«Ma le assicuro che è così. Ha detto: "Si trova qui in quest'isola.
Gliela mostrerò, poi le racconterò tutta la storia".»
Il signor Rafiel imprecò. Poi disse, senza peli sulla lingua, tutto quel che pensava del defunto maggiore. E infine concluse: «E' probabile che raccontasse un sacco di storie!»
«Viene da pensarlo davvero» ammise Miss Marple.
«Così ci ritroviamo al punto di prima. Il vecchio scemo incominciava con le storie di caccia grossa e con quella del-leone-che-per-un-pelo-non-lo-ingoiava. Qualcuna sarà anche stata vera, con beneficio d'inventario. Altre le avrà inventate, e altre erano avventure capitate a terze persone. Poi passava ai delitti, e da una vicenda gialla passava all'altra, e le narrava come se fossero accadute a lui, mentre invece le aveva lette sul giornale o viste in T.V.»
Volse uno sguardo accusatore a Esther. «Lei ha ammesso che non lo ascoltava attentamente. Dunque, può anche aver frainteso quel che le diceva!»
«Sono sicura che parlava di una donna» ribatté lei ostinatamente «perché mi sono domandata chi potesse essere.»
«E a chi avete pensato?» domandò Miss Marple.
Esther arrossì e assunse un'aria piuttosto imbarazzata.
«Oh, io non... Voglio dire, non vorrei...»
Miss Marple non insisté. La presenza del signor Rafiel evidentemente paralizzava nella segretaria il desiderio di dire quel che pensava. Ma non sarebbe mancata l'occasione di una chiacchierata a quattr'occhi con lei. C'era pure la possibilità che Esther mentisse, ma non espresse quel dubbio ad alta voce. Lo registrò nella mente come una cosa probabile, pur senza esserne del tutto convinta. Prima di tutto quella donna non le sembrava una bugiarda, poi non vedeva la ragione per cui Esther non dovesse dire il vero.
«Ma lei ha detto» ora Rafiel si volgeva a Miss Marple «che il maggiore le ha parlato di un assassino maschio, e che voleva mostrarle la sua fotografia.»
«Io l'ho capita così.
«Oh, in principio era sicura di quel che affermava!»
Miss Marple ribatté senza scomporsi:
«Non è mai facile riportare una conversazione con la massima accuratezza, specie quel che ha detto l'interlocutore. Perché si continua a pensare a quello che lui sottintende, e si finisce praticamente col ficcargli le parole in bocca. Sì, il maggiore mi ha raccontato quella storia. E mi ha detto che il medico che gliel'ha riferita gli ha mostrato una foto dell'assassino che aveva preso all'insaputa di quest'ultimo. Poi gliel'ha regalata per il suo archivio criminale. Ma se voglio essere del tutto sincera debbo ammettere che poi mi ha domandato: "Le piacerebbe vedere la foto di un omicida?". Logicamente io ho pensato che si riferisse all'uomo di cui parlava. Ma devo ammettere che è possibile - improbabile ma possibile - che per un'associazione di idee nella sua testa sia passato dalla foto che gli era stata data in passato a un'altra che egli aveva scattato recentemente di qualcuno, qui, che egli riteneva essere un assassino.»
«Femmine!» esclamò esasperato il signor Rafiel. «Siete tutte uguali, tutte! Non riuscirete mai a spiegarvi con chiarezza, e non siete mai sicure di niente. E adesso che cosa ci rimane? Evelyn Hillingdon o Lucky Dyson! Che razza di pasticcio!»
Si udì un tossicchiare discreto. Miss Marple alzò gli occhi e vide Jackson dietro la poltrona del signor Rafiel. Era arrivato così silenziosamente che nessuno lo aveva sentito.
«E' l'ora del massaggio, signore» disse con un mezzo inchino.
Il signor Rafiel andò subito in collera.
«Perché mi balza addosso in questo modo e mi fa spaventare? Striscia come un serpente! Non la sento mai arrivare!»
«Mi dispiace, signore.»
«Non credo che oggi farò quel maledetto massaggio. Tanto, per quel che mi serve...»
«Via, signore, non deve dir questo!» Jackson era tutto vibrante di zelo professionale. «Se smettesse di farlo se ne accorgerebbe!»
Jackson afferrò la spalliera con destrezza e voltò la poltrona in direzione del bungalow.
Miss Marple si alzò, sorrise a Esther e si avviò verso la spiaggia.
18. Senza il beneplacito del clero.
La spiaggia era piuttosto deserta quel mattino. Greg stava guazzando nell'acqua rumorosamente secondo il suo stile; Lucky giaceva a faccia in giù sulla rena e teneva esposto al sole il bel dorso abbronzato. La coppia Hillingdon non c'era. La signora de Caspearo, circondata da un gruppetto di cavalier serventi, era semisdraiata e parlava pigramente in spagnolo. Alcuni bambini francesi e italiani schiamazzavano giocando sul bordo dell'acqua. Il canonico e sua sorella erano seduti all'ombra e osservavano la scena. Lui aveva calato la tesa del cappello sugli occhi e pareva mezzo addormentato. Accanto alla signorina Prescott vi era una poltroncina libera e Miss Marple andò a sedervisi.
«Mio Dio!» esclamò con un profondo sospiro.
«Oh, lo so» disse la signorina Prescott.
E quello fu il loro unanime tributo alla morte violenta.
«Quella povera ragazza!» mormorò Miss Marple.
«Una cosa davvero deplorevole» convenne il canonico.
«Sa, a un certo punto avevamo quasi deciso di partire, Jeremy e io»
disse la signorina Prescott. «Ma poi abbiamo capito che non sarebbe stato giusto nei riguardi dei Kendal. Dopo tutto non è colpa loro, poveretti. Sarebbe potuto accadere ovunque.»
«La morte può sopraggiungere anche nel pieno della vita» sentenziò il canonico con solennità.
«Sa, è molto importante per quei due poveretti riuscire in questa attività. Vi hanno investito tutto quel che possedevano.»
«Lei è tanto carina, peccato che da qualche tempo non stia troppo bene» disse Miss Marple.
«E' molto nervosa» convenne la signorina Prescott. «Ma che vuole, la sua famiglia...» scosse il capo.
«Joan, mi pare che certe cose...» la rimproverò suo fratello a bassa voce.
«Oh, lo sanno tutti» ribatté lei. «I suoi stanno dalle nostre parti.
Una prozia è molto... strana, e uno dei suoi zii una volta si è spogliato nudo in piena stazione. A Green Park, mi pare.»
«Joan, questa è una cosa che non dovresti riferire!»
«Molto triste» commentò Miss Marple scuotendo il capo. «Ma quella forma di follia non è affatto insolita. Quando lavoravo per i profughi armeni, ho conosciuto un sacerdote, una persona molto per bene, che aveva lo stesso tipo di infermità mentale. Una volta dovettero andare a prenderlo con un tassì e lo avvilupparono in una coperta per far più presto.»
«I genitori di Molly fortunatamente sono entrambi equilibrati. Lei non è mai andata d'accordo con sua madre, ma al giorno d'oggi sono poche le ragazze giovani che non hanno qualche dissenso in famiglia.»
«E' un vero peccato,» sospirò Miss Marple scuotendo il capo «perché una ragazza ha sempre bisogno della mamma.»
«Proprio così» approvò la signorina Prescott con enfasi. «Ma vede, Molly si era presa una cotta per un tipo poco raccomandabile.»
«Anche questo capita frequentemente, purtroppo.»
«La sua famiglia disapprovava, è logico. Lei non aveva mai parlato in casa del suo innamorato, e loro l'hanno saputo da un estraneo, si figuri! Allora la mamma le ha detto di portarlo in casa, perché voleva conoscerlo. Ma pare che Molly si sia rifiutata di farlo affermando che era umiliante per lui: essere portato a casa ed esaminato come un cavallo alla fiera agricola.»
Miss Marple sospirò.
«Oggi è difficile trattare con la gioventù. Non si sa proprio da che parte prenderli, questi ragazzi!»
«Comunque, i genitori le hanno proibito di frequentare quel giovanotto.»
«Ma ai nostri giorni non si usa più far così!» protestò Miss Marple.
«Le ragazze vanno a lavorare e frequentano un mucchio di persone, rispettabili e no.»
«Ma dopo, per fortuna» continuò la signorina Prescott «ha conosciuto Tim Kendal, e l'altro uomo è scomparso dalla scena. Non le dico come si è sentita sollevata la famiglia di Molly!»
«Mi auguro che non l'abbiano fatto capire troppo chiaramente» disse Miss Marple. «A volte con il loro entusiasmo i genitori ottengono l'effetto opposto, e la ragazza si disamora.»
«Questo è vero.»
«Tutti quanti abbiamo qualche ricordo del genere» mormorò Miss Marple, e ripensò al lontano passato. Una volta, a un ricevimento, aveva conosciuto un giovanotto. Le era piaciuto molto, e conversando con lui lo aveva trovato abbastanza spiritoso e promettente. Poi suo padre se n'era entusiasmato un po' troppo e gli aveva aperto liberalmente le porte di casa. In seguito, Miss Marple aveva cominciato a trovare quel giovanotto meno simpatico, e, a un certo punto, le era sembrato persino noioso. Molto noioso.
Il canonico ora pareva in coma, e Miss Marple cercò di procedere con l'argomento che le stava a cuore.
«Certo lei conosce bene questo posto e la gente che ci viene. E' già stata qui diverse volte, vero?» domandò alla signorina Prescott.
«Sì, per tre stagioni di seguito. Ci piace molto Saint Honoré. E'
sempre frequentata da persone a posto, non i nuovi ricchi dei posti più alla moda.»
«Allora conosce bene i signori Hillingdon e i signori Dyson.»
«Oh sì, piuttosto bene.»
Miss Marple tossicchiò e abbassò la voce.
«Il maggiore Palgrave mi ha raccontato una storia così interessante...»
«Ne aveva un bel repertorio, vero? Naturale, del resto, aveva viaggiato tanto. Africa, India, persino la Cina, mi pare.»
«Proprio così. Ma io non intendevo parlare di un'avventura di viaggio.
Il suo racconto riguardava... be', proprio una delle persone di cui stavamo parlando.»
«Oh!» esclamò la signorina Prescott con intonazione significativa.
«Sì. Ora mi domando...» permise ai suoi occhi di aggirarsi per la spiaggia e di soffermarsi un attimo sulla schiena dorata di Lucky Dyson. «Ha una bella abbronzatura, vero?» osservò. «Anche i capelli sono bellissimi. Mi rammentano quelli di Molly Kendal.»
«La sola differenza è che quelli di Molly sono biondi naturali.»
«Joan!» protestò il canonico svegliandosi all'improvviso. «Non ti pare di essere poco caritatevole?»
«Cosa c'entra la carità?» ribatté la sorella acida. «E' un dato di fatto.»
«A me sembrano molto belli» disse il canonico.
«Appunto. E' per questo che se li tinge. Ma ti assicuro, mio caro Jeremy, che una donna non si lascerebbe trarre in inganno neanche per un secondo. Non è vero?» domandò a Miss Marple.
«Io temo di non avere molta pratica di queste cose, ma ha ragione. Se si osserva bene la radice, ogni tanto, si nota che ha bisogno di un ritocco.» E guardò la signorina Prescott che assentì con femminile competenza.
Il canonico si rimise a sonnecchiare.
«Il maggiore mi ha raccontato una storia piuttosto strana» mormorò Miss Marple. «Circa... be', non sono riuscita a capire molto bene perché sono un po' dura d'orecchio, ma pareva insinuare...»
«Capisco cosa vuol dire. Si sono fatte un mucchio di chiacchiere a quell'epoca.»
«Intende all'epoca della...»
«Della morte di Gail Dyson, la prima moglie. Se n'è andata piuttosto all'improvviso. I più pensavano che fosse una malata immaginaria, un'ipocondriaca. Perciò quando ha avuto quella crisi ed è morta... ha suscitato naturalmente qualche commento.»
«Ma non c'è stato nulla? Fastidi, che so io, inchieste?»
«Il medico era un po' perplesso. Era giovane e non aveva molta esperienza. Apparteneva alla categoria dei partigiani degli antibiotici, e non osservava il paziente a fondo prima di somministrarglieli. Sì, rimase perplesso, ma quando il marito gli disse che la signora aveva sempre sofferto di disturbi gastrici, si mise il cuore in pace e firmò il certificato di morte.»
«Lei però pensa che...»
«Io cerco di essere obiettiva, ma a volte non si può fare a meno di domandarsi certe cose. Se poi si sommano le nostre domande alle chiacchiere altrui ...»
«Joan!» Il canonico si rizzò a sedere con aria bellicosa. «Non voglio sentirti ripetere quei pettegolezzi odiosi, hai capito? Ci siamo sempre tenuti alla larga dalle chiacchiere. Non vedere, non sentire, non parlare. E io oso aggiungere che non si deve nemmeno pensarle certe cose! E questo dovrebbe essere il motto di tutti i buoni cristiani!»
Le due donne tacquero, mortificate dal rimbrotto. Ma in cuor loro erano irritate e non provavano il minimo senso di pentimento. La signorina Prescott lanciò un'occhiata francamente seccata al fratello.
Miss Marple si mise a giocherellare con il lavoro a maglia che aveva sulle ginocchia. Ma per una volta tanto la fortuna le favorì .
«Mon père» disse una vocetta stridula. Era una delle bambine francesi che stavano giocando sulla riva. Ora stava accanto alla poltrona del canonico.
«Mon père» flautò di nuovo.
«Eh? Sì, carina, sì che cosa vuoi da me, piccola?» domandò, in francese il canonico.
La bimba gli spiegò. C'era stata una discussione tra lei e i suoi amichetti, e avevano pensato di domandare il parere del canonico. A Jeremy Prescott piacevano molto i bambini, specialmente le femminucce.
Era sempre felice di essere chiamato ad arbitro delle loro piccole discussioni. Si alzò con energia e accompagnò la piccola fino alla riva. Miss Marple e Miss Prescott respirarono a fondo e si volsero avidamente l'una all'altra.
«Jeremy ha ragione, è poco cristiano fare pettegolezzi» sussurrò la signorina Prescott. «Ma non si può ignorare quel che dice la gente. E
come le dicevo, a quell'epoca si è fatto un gran parlare.»
«Sì?» disse Miss Marple incalzante.
«Quella signora lì, allora mi pare che fosse la signorina Greatorex, era una parente povera e assisteva la moglie di Dyson; era lei che le somministrava le medicine, eccetera. Intanto» abbassò la voce «se la intendeva con lui. Un mucchio di gente se n'era accorta. Voglio dire che in posti come questi si fa presto a notare certe cose. Poi si è diffusa una storia curiosa a proposito di un preparato che Edward Hillingdon le aveva procurato dal farmacista del luogo.»
«Oh, c'è di mezzo anche Hillingdon?»
«Sì, era molto infatuato della bella signorina, lo avevano capito tutti. E Lucky si trastullava con tutti e due, facendo leva sulla gelosia. Bisogna riconoscere che è sempre stata una gran bella donna.»
«Ora però non è più giovanissima.»
«Ma allora dovevate vederla come si teneva su! Pur essendo soltanto la parente povera, aveva sempre l'aspetto di una miliardaria. Si fingeva molto devota alla malata ma... Ha visto com'è andata a finire.»
«E come si diffuse la faccenda del farmacista?»
«Be', sa, si trovavano nella Martinica. Credo che i francesi siano meno rigidi di noi in fatto di droghe. Quel farmacista parlò con qualcuno, e la storia si è risaputa. Sa come succede.»
Nessuno lo sapeva meglio di Miss Marple.
«Il farmacista asserì che il colonnello era andato a domandargli un preparato, ma non doveva sapere cosa fosse perché dovette leggere il nome sulla ricetta che aveva in mano. Ad ogni modo quando la signora morì ci fu un putiferio di chiacchiere.»
«Ma non riesco a capire perché il colonnello Hillingdon...» Miss Marple corrugò la fronte perplessa.
«Credo che Lucky lo abbia usato come "zampino del gatto". In ogni caso Gregory Dyson si sposò di nuovo dopo un periodo indecentemente breve.
Dopo circa un mese, penso.»
Si guardarono a vicenda.
«Ma non ci fu un'inchiesta vera e propria?»
«No, soltanto pettegolezzi. Può anche darsi che fossero privi di fondamento, quanto a questo.»
«Il maggiore Palgrave affermava, invece, che il fondamento c'era.»
«Gliel'ha detto lui?»
«Confesso che non lo ascoltavo molto attentamente. Per questo mi domandavo se aveva parlato anche con lei della faccenda.»
«Una volta, mi indicò proprio lei.»
«Davvero? Proprio lei?»
«Sì. All'inizio avevo frainteso e credevo che si riferisse alla signora Hillingdon. Me l'aveva mostrata ridacchiando e aveva detto: "Guardi un po' quella. Secondo me si è macchiata di un delitto ed è riuscita a cavarsela". Io mi sono molto scandalizzata, naturalmente, e gli ho risposto: "Certo scherza, maggiore!". Allora lui ha continuato a ridacchiare e ha detto: "Va bene, chiamiamolo uno scherzo, se preferisce". Entrambe le coppie erano sedute a un tavolo accanto al nostro, e io ebbi persino paura che potessero sentire. Lui ha continuato: "Se mi trovassi a un trattenimento non vorrei che quella bionda mi preparasse un cocktail. Sarebbe come andare a pranzo in casa Borgia".»
«Molto interessante» disse Miss Marple. «E non le ha mai parlato di una fotografia?»
«Non ricordo. Era un ritaglio di giornale?»
Miss Marple aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito. Il sole era stato momentaneamente oscurato da un'ombra. Evelyn Hillingdon si era fermata accanto a loro.
«Buongiorno» le salutò.
«Oh, stavo proprio domandandomi dov'era!» esclamò la signorina Prescott in tono cordiale.
«Sono stata a fare spese a Jamestown.»
«Oh, vedo.»
Joan Prescott si guardò in giro e la signora Hillingdon le spiegò: «Edward non è venuto con me. Gli uomini detestano andare in giro per i negozi.»
«Ha trovato qualcosa di interessante?»
«Non cercavo niente di frivolo, purtroppo. Mi serviva qualcosa in farmacia.»
Si congedò con un sorriso e si allontanò in direzione della spiaggia.
«Sono tanto carini tutti e due» osservò la signorina Prescott. «Ma non troppo comunicativi. Voglio dire, sempre gentili, a modo, educati e tutto quanto, ma non si riesce mai a capire cosa pensano.»
Miss Marple ne convenne.
«Specie lei. Non si sa quel che ha dentro.»
«Forse è meglio così.»
«Scusi?»
«Oh, non so, ho sempre avuto la sensazione che i suoi pensieri fossero un po'... sconcertanti.»
«Oh!» fece la Prescott un po' stupita. «Capisco quel che vuol dire.
Quei due hanno una bella proprietà nello Hampshire, e un figlio o due a Winchester.»
«Conosce bene lo Hampshire?»
«No, pochissimo. La loro casa dev'essere ad Alton o nei dintorni.»
«Capisco.» Fece una pausa poi aggiunse: «E i Dyson dove abitano?».
«In California. Quando stanno a casa, naturalmente. Sono sempre in giro.»
«Non si riesce mai a conoscere bene la gente che si incontra in treno, sulle navi, negli alberghi. Voglio dire... non so come spiegarmi.
Voglio dire che magari uno decide di raccontarvi quel che gli pare, e uno lo accetta perché lì per lì non ha la possibilità di smentirlo.
Per esempio, lei non ha la certezza assoluta che i Dyson stiano in California, vero?»
Joan Prescott parve colpita.
«Ma l'ho saputo dalla signora Dyson...»
«Sì, appunto, è questo che intendo. E così avrà fatto la signora Hillingdon. Se lei le ha detto che sta nello Hampshire, logicamente lei le ha creduto.»
La zitella fece una faccia allarmata.
«Intende dire che non vivono là?»
«No, no, assolutamente!» esclamò Miss Marple in tono di scusa. «Stavo solo facendo un'osservazione generale per spiegarle che in realtà si sa ben poco degli altri. Io, per esempio, le ho detto che abito a Saint Mary Mead, una località che probabilmente non ha mai sentito nominare. E lei può riferirlo ad altri in buona fede, perché l'ha saputo da me, ma non può essere sicura che abito proprio là.»
La signorina Prescott con fatica si trattenne dall'osservare che non le importava proprio nulla di sapere dove stava Miss Marple.
Immaginava che si trattasse di un posto nel sud dell'Inghilterra, e non voleva proprio conoscere altri particolari.
«Sì, capisco quel che vuol dire» si affrettò a rispondere. «E mi rendo conto che all'estero si deve sempre diffidare degli sconosciuti e di quel che raccontano.»
«Non intendevo esattamente questo...» borbottò Miss Marple.
Infatti, stava rimuginando delle strane idee e non poteva tradurle in parole. Si stava domandando se il canonico Prescott e sua sorella erano veramente quel che apparivano. Lo affermavano, d'accordo, e nessuno li aveva mai smentiti. Ma in fondo era così facile mettersi un colletto rovesciato, indossare gli indumenti adatti, fare i discorsi più appropriati... Se veramente ci fosse stato un motivo...
Miss Marple conosceva abbastanza gli ecclesiastici del suo sud. Ma i Prescott erano settentrionali e venivano da Durham. O così dicevano.
Ma in realtà chi ne sapeva niente?
E allora? Doveva stare in guardia anche con loro? Forse... Scosse il capo pensosa.
19. Anche una scarpa può servire.
Quando il canonico Prescott tornò aveva il fiato un po' corto. Giocare con i bambini è sempre faticoso.
Poi, insieme alla sorella, decise di rientrare in albergo perché il sole si stava facendo troppo caldo.
«Ma come si fa a lamentarsi del calore del sole?» osservò la signora de Caspearo con una smorfia, quando si furono allontanati. «E'
stupido. E guardate un po' com'è vestita lei! Maniche lunghe, accollata... Forse è meglio così, perché ha un'epidermide spaventosa: sembra un pollo spennato!»
Miss Marple fece un sospiro di sollievo. Adesso o mai più avrebbe avuto la possibilità di fare due chiacchiere con la bella sudamericana. Non avrebbe saputo come iniziare una conversazione con lei se avesse dovuto prendere l'iniziativa, perché non era ancora riuscita a trovare un argomento capace di interessarla. Ora approfittò dell'occasione e le domandò:
«Ha dei figli, signora?»
«Ho tre angeli» rispose lei baciandosi le punte delle dita.
Miss Marple si domandò per un attimo se i rampolli della signora erano in cielo, o se lei si era riferita soltanto ai loro caratteri.
Uno dei suoi cavalieri fece un'osservazione in spagnolo, e la signora scoppiò in una risata melodiosa.
«Ha sentito quel che ha detto?» domandò a Miss Marple.
«Temo proprio di no» rispose lei in tono di scusa.
«Meglio. Quest'uomo è tremendo.»
Vi fu un altro rapido scambio di battute spiritose in spagnolo tra i due.
«Oh, è proprio un'indecenza» esclamò in inglese la signora de Caspearo, rivolgendosi con improvvisa serietà a Miss Marple «che la polizia non ci permetta di lasciare l'isola. Ho strillato, protestato, puntato i piedi, ma loro continuano a dire no, e no, e poi no. Sa come finirà? Ci ammazzeranno tutti.»
La sua guardia del corpo cercò di rassicurarla.
«Vi dico che questo posto è iellato. Me ne sono accorta subito. Quel maggiore, così brutto, sembrava il malocchio personificato. Era strabico, e ogni volta che guardava dalla mia parte io facevo le corna. Per quanto, dato il suo strabismo, non sapevo mai con certezza se guardava proprio me.»
«Aveva un occhio di vetro» le spiegò Miss Marple. «A causa di un incidente occorsogli da bambino. Non era colpa sua.»
«Ma, comunque, aveva l'occhio dello iettatore.» E con la mano fece le corna. «Ad ogni modo adesso è morto» continuò allegramente. «Perlomeno non sono più costretta a guardarlo. Detesto tutto ciò che è brutto.»
Era un epitaffio piuttosto crudele del povero maggiore si disse Miss Marple.
Ora il signor Dyson era uscito dall'acqua, e Lucky sulla rena si era rigirata dall'altra parte. Evelyn Hillingdon stava guardandola, e la sua espressione diede un brivido a Miss Marple, che pensò: «Non può far freddo, sotto questo sole...» Poi le venne in mente il detto: "Qualcuno è passato sulla mia tomba".
Si alzò e si avviò a passi lenti verso l'albergo. Lungo il cammino si imbatté nel signor Rafiel ed Esther Walters che andavano alla spiaggia. Il vecchio le ammiccò, ma lei, invece di fare altrettanto gli lanciò un'occhiata di disapprovazione.
Entrò nel suo bungalow e si gettò sul letto. Si sentiva vecchia, stanca e preoccupata.
Sapeva che non c'era tempo da perdere, gli eventi incalzavano... Il sole si avviava al tramonto... il sole... uno dovrebbe sempre guardare il sole attraverso gli occhiali affumicati; chissà dove li aveva messi?
No, forse non ne aveva bisogno. Adesso un'ombra si era messa ad oscurare il sole. Un'ombra... quella di Evelyn Hillingdon? No, era l'ombra della morte. Forse doveva far le corna anche lei come fanno i latini, per fugare il malocchio, il malocchio del maggiore...
Sbatté le palpebre e infine aprì gli occhi. Forse si era addormentata.
Ma un'ombra vi era stata davvero. Qualcuno stava sbirciando nella sua stanza.
L'ombra si allontanò e Miss Marple vide chi era... Era Jackson.
Si disse indignata: "Che razza di impertinente, a sbirciare in camera delle signore! E' proprio un tipo come Jonas Perry!" e il paragone non era affatto lusinghiero per Jackson.
Perché aveva guardato dentro? Per assicurarsi che lei fosse lì? O che in ogni caso stesse dormendo?
Si alzò, andò in bagno e sbirciò cautamente attraverso il finestrino.
Vide che Jackson aveva raggiunto il bungalow vicino. Si guardò rapidamente in giro, poi scivolò dentro in fretta. Interessante. Che bisogno aveva di essere così furtivo? Era naturalissimo che lui entrasse nel bungalow, dato che lì aveva anche la sua camera. Andava sempre dentro e fuori di continuo... Dunque, se non desiderava essere notato voleva dire che aveva intenzione di fare qualcosa di particolare.
Tutti al momento erano sulla spiaggia. Tra una ventina di minuti ci sarebbe andato anche lui per aiutare il signor Rafiel a fare il bagno.
Quello era dunque il momento più opportuno, se voleva far qualcosa senza essere notato. Si era persino assicurato che lei dormisse e che non ci fosse nessuno nei paraggi che potesse notarlo. Ebbene, lei doveva tenerlo d'occhio.
Andò a sedere sul letto, si tolse i sandali e li sostituì con un paio di pianelline dalla suola di corda. Poi ci ripensò, scosse il capo, si tolse anche le pianelle e andò a cercare un paio di scarpe che aveva riposto da quando uno dei tacchi era diventato malfermo. Diede un altro colpetto al tacco dondolante e quando si fu assicurata che era proprio in precarie condizioni scivolò fuori scalza, con le scarpe in mano, e con tutta la cautela del Gran Cacciatore Bianco circumnavigò il bungalow del signor Rafiel. Giunta all'angolo opposto, si mise una delle scarpe, diede un altro colpetto al tacco dell'altra e si inginocchiò ai piedi della finestra che intendeva tener d'occhio. Se Jackson l'avesse sentita e si fosse affacciato a guardare, non avrebbe avuto sospetti. La povera vecchia era caduta perché le si era spezzato un tacco. Ma evidentemente Jackson non aveva sentito nulla.
Molto piano, Miss Marple si sollevò. Le finestre del bungalow erano molto basse, per fortuna, ed erano saggiamente schermate da cespugli di ibisco. Protetta dai rami, lei sbirciò dentro...
Jackson stava inginocchiato sul pavimento, davanti a una valigia aperta, piena di documenti. Il giovane faceva passare quei documenti a uno a uno, esaminandoli. Miss Marple non si trattenne a lungo. Ormai sapeva cosa stava facendo il soave massaggiatore: spiava tra i documenti del suo padrone in cerca di qualcosa, e lei non sapeva ancora cosa.
Adesso il suo problema era la ritirata strategica. Si lasciò cadere un'altra volta in ginocchio e strisciò via, allontanandosi più che poteva dalla finestra. Poi rientrò nella sua camera e ripose con cura la scarpa danneggiata, guardandola affettuosamente. Avrebbe potuto servirsi di quel trucco un'altra volta, visto che le era andata bene la prima. Si infilò di nuovo i sandali e tornò pensierosa sulla spiaggia.
Aspettò che Esther Walters fosse in acqua e andò ad occupare la sua poltroncina.
Greg e Lucky adesso stavano chiacchierando e ridendo con la signora de Caspearo. Erano piuttosto chiassosi.
Miss Marple si rivolse al signor Rafiel e gli disse a voce molto bassa:
«Sa che il vostro Jackson è un curiosone?»
«Non mi stupisce. L'ha sorpreso a frugare tra la mia roba?»
«Sì, l'ho scorto da una finestra. Guardava in una delle sue valigie.
Passava tutte le carte.»
«Deve essere riuscito a procurarsi una chiave, allora. E' un ragazzo pieno di risorse. Ma avrà una delusione, perché tra quelle carte non ce n'è una che lo possa minimamente interessare.»
«Sta arrivando» disse Miss Marple guardando in su verso l'albergo.
«Faccia finta di niente, così potremo continuare a tenerlo d'occhio.»
«E' l'ora di quel mio stupido bagno» disse quietamente. «Quanto a lei, cerchi di non essere troppo intraprendente. Non voglio che il prossimo funerale sia il suo. Non dimentichi l'età e faccia attenzione. C'è qualcuno qui in giro che non ha troppi scrupoli, lo ricordi.»
20. Allarme notturno.
Giunse la sera. Le luci vennero accese sul terrazzo, e gli ospiti cenarono, chiacchierarono e risero come al solito, anche se un pochino meno allegramente. Venne anche la banda dei nativi.
Ma le danze finirono presto. La gente cominciò a sbadigliare, e a uno a uno andarono tutti quanti a coricarsi. Le luci si spensero, e il Golden Palm Hotel sprofondò nel sonno e nell'oscurità.
La signora Hillingdon stava rigirandosi sul cuscino quando si sentì chiamare da una voce bassa e concitata: «Evelyn! La prego, si svegli!».
Si rizzò a sedere sul letto e vide Tim Kendal sulla soglia. Lo fissò stupita, e lui la supplicò:
«Non può venire a dare un'occhiata a Molly? Mi pare che stia male. Non so cos'ha, ma deve aver preso qualcosa.»
«Va bene, Tim, vengo subito. Torni da lei. Sarò da voi tra un minuto.»
Tim scomparve ed Evelyn scese dal letto, si infilò una vestaglia e lanciò un'occhiata all'altro letto. Suo marito non s'era svegliato, perciò decise di non disturbarlo. Uscì e si avviò di corsa verso il bungalow dei Kendal. Si imbatté in Tim sulla porta.
Molly era a letto. Aveva gli occhi chiusi e il respiro irregolare.
Evelyn si chinò su di lei, le sollevò una palpebra, misurò le pulsazioni, poi guardò sul tavolino da notte. Vide un bicchiere vuoto con un deposito biancastro sul fondo, e lì accanto un tubetto di vetro, vuoto anche quello. Lo prese in mano per osservarlo.
«C'era dentro il suo sonnifero» disse Tim. «Ma ieri il tubetto era pieno a metà. Temo che le abbia prese.»
«Vada subito a cercare il dottor Graham» disse Evelyn e aggiunse: «Faccia preparare anche del caffè fortissimo, il più forte possibile.
Presto!»
Tim schizzò fuori, e sulla porta si scontrò con Edward Hillingdon.
«Oh, mi scusi...»
«Cos'è successo?»
«Molly sta male. Sua moglie è là con lei. Io vado a chiamare il dottore. Avrei dovuto andarci prima, immagino, ma non ero in me, e ho pensato che sua moglie mi avrebbe consigliato... Molly odia talmente farsi visitare...»
Scappò di corsa. Edward rimase là a guardarlo per un momento, poi entrò nella stanza.
«Che c'è Evelyn? Una cosa grave?»
«Oh, sei tu! Non ho voluto svegliarti... Questa sciocchina ha preso qualcosa.»
«Sta molto male?»
«Non so esattamente quante pastiglie di sonnifero ha ingerito.
Comunque, speriamo di fare in tempo. Ho mandato a prendere del caffè.
Basta che riusciamo a farglielo ingoiare...»
«Ma perché ha fatto una cosa simile? Non sarà a causa...»
s'interruppe.
«A causa di che?»
«Dell'inchiesta, della polizia e tutto quanto.»
«E' possibile, naturalmente. Per un tipo nervoso come lei, la faccenda può essere allarmante.»
«Ma Molly non mi pareva un tipo nervoso.»
«Non si può mai dire. Sono proprio le persone da cui meno ce l'aspettiamo, a volte, che perdono la testa.»
«Già ricordo...» si interruppe di nuovo.
«Il fatto è» disse Evelyn «che non si sa mai nulla di nessuno. Nemmeno delle persone che ci sono più vicine...»
«Sei sicura di non esagerare, Evelyn?»
«Non credo. Quando si pensa alle persone, si vedono con l'immagine che ci si è creata di loro, e non come sono in realtà.»
«Io ti conosco, Evelyn» le disse lui con quieta sicurezza.
«Credi di conoscermi.»
«No, sono sicuro. E tu sei sicura di me.»
Evelyn gli lanciò un'occhiata, poi si avvicinò a Molly, l'afferrò per le spalle e cominciò a scuoterla.
«Dovremmo fare qualcosa, ma immagino che sia meglio aspettare il dottor Graham... Oh, forse sono qui.»
«Adesso siamo a posto.» Il dottor Graham fece un passo indietro, si asciugò con il fazzoletto il sudore dalla fronte, e tirò un sospirone di sollievo.
«Crede che se la caverà, dottore?» domandò Tim con voce ansiosa.
«Sì, sì, siamo arrivati in tempo. Ad ogni modo, non ne ha prese abbastanza da morire. Tra un paio di giorni sarà completamente a posto, ma naturalmente prima starà piuttosto male.» Raccolse il tubetto vuoto. «In ogni caso, chi glielo ha dato?»
«Un medico di New York. Non dormiva molto bene, e...»
«Mmm... so che al giorno d'oggi i medici sono un po troppo liberali con certi rimedi. Nessuno consiglia più alle pazienti insonni di contare le pecorelle, o di alzarsi e mangiare qualche biscotto, o di scrivere un paio di lettere e poi tornare a letto. Rimedi istantanei, ecco quel che vuole oggi la gente. Ed è un peccato che esista tanta roba efficace. Bisognerebbe imparare ad affrontare tutto nella vita.
Si incomincia a ficcare in bocca al bambino che piange un calmante per tenerlo quieto, ma non si può rimpinzarlo di calmanti per tutto il resto dell'esistenza.» Abbozzò un sorrisetto. «Scommetto che se domanda a Miss Marple cosa fa quando soffre d'insonnia, lei dirà che conta le pecore.» Si volse verso il letto, dove Molly cominciava ad agitarsi. Aveva gli occhi aperti, adesso. Li guardò tutti senza interesse, senza riconoscerli. Il dottor Graham le prese una mano.
«Dunque, mia cara, che cos'ha combinato?»
Lei sbatté le palpebre, ma non rispose. Fissò Evelyn Hillingdon più a lungo degli altri, con una lieve traccia interrogativa nello sguardo, che la donna accolse. Le spiegò:
«E' venuto a chiamarmi Tim.»
Molly guardò il marito, poi il dottore. Questi le disse: «Adesso è fuori pericolo, ma non lo faccia più.»
«Non aveva nessuna intenzione di farlo» disse Tim con voce quieta.
«Sono sicuro che non intendeva farlo; desiderava soltanto dormire. Può darsi che le pastiglie non abbiamo funzionato da principio e che lei ne abbia prese delle altre più tardi. E' così, Molly?»
Mosse il capo in un lieve gesto di diniego.
«Vuoi dire... che l'hai fatto di proposito?»
«Sì.»
«Ma perché, Molly, perché?»
«Paura...» balbettò.
«Paura? Di che cosa?»
Ma lei richiuse gli occhi senza rispondere.
«Meglio lasciarla in pace» disse il dottor Graham. Ma Tim esplose: «Paura di che? Della polizia? Perché ti hanno tormentato con le loro domande? Non mi stupisco! Chiunque si spaventerebbe. Ma è il loro sistema. Nessuno sospetta davvero che tu...» si interruppe, e il dottore gli fece un cenno imperioso per impedirgli di continuare.
«Voglio... dormire...» disse Molly con un filo di voce.
«E' la miglior cosa che possa fare» disse il dottor Graham. Si avviò verso la porta, seguito dagli altri, e li assicurò che adesso Molly avrebbe riposato quieta per un po'.
«C'è qualcosa che posso fare per lei?» gli domandò Tim, con l'aria apprensiva di un uomo preoccupato.
«Posso fermarmi io se le fa piacere» si offrì Evelyn.
«Oh, no, grazie, non mi sembra il caso» le rispose Tim.
Ma Evelyn si avvicinò di nuovo al letto e si rivolse a Molly: «Vuole che stia qui a farle compagnia?»
«No» sussurrò lei senza aprire gli occhi. «Voglio soltanto Tim.» .
Tim tornò indietro e sedette ai piedi del letto.
«Sono qui, Molly» disse, e le prese una mano. «Dormi, adesso. Non ti lascerò.»
Lei emise un profondo sospiro, tenendo sempre gli occhi chiusi.
Il medico si fermò fuori dal bungalow e i due Hillingdon rimasero con lui.
«E' proprio sicuro che non possa far nulla?» domandò Evelyn al dottor Graham.
«Credo proprio di no, ma grazie, comunque. Adesso starà meglio con suo marito. Ma forse domani... dopotutto ha un mucchio di cose da fare anche Tim, e sarà bene che qualcuno assista quella figliola intanto che lui si occupa dell'albergo.»
«Crede che... ritenterà?» gli domandò Edward Hillingdon.
Graham si deterse la fronte in modo un po' irritato.
«Non si può mai sapere. Adesso è molto improbabile. Come avete potuto constatare il trattamento disintossicante è assai spiacevole. Ma in seguito... come si fa a prevederlo? Può anche darsi che tenga dell'altro sonnifero nascosto da qualche parte.»
«Non avrei mai pensato che una ragazza come Molly tentasse di togliersi la vita» disse Edward.
Graham osserva seccamente:
«Di solito, non sono le persone che parlano sempre di suicidio a mettere in atto il loro proposito. Parlando, in un certo modo si sfogano. Ma quelli che si tengono tutto imbottigliato dentro...»
«Ma Molly sembrava una creatura così felice!» disse Evelyn. «Temo che... dovrò decidermi a parlargliene, dottore.»
Gli riferì il colloquio che aveva avuto alla spiaggia con Molly il giorno stesso in cui Victoria era stata uccisa, e Graham l'ascoltò, molto serio.
«Ha fatto bene a dirmelo, signora. Ciò significa che quella povera figliola è probabilmente affetta da un male ereditario. Domattina scambierò due parole con suo marito.»
«Kendal le debbo parlare seriamente di sua moglie.»
Erano seduti nell'ufficio di Tim. Evelyn Hillingdon si trovava al capezzale di Molly e Lucky aveva promesso di darle il turno, più tardi. Anche Miss Marple aveva offerto la sua assistenza.
Il povero Tim cercava di barcamenarsi tra moglie e albergo.
«Non riesco più a capire Molly, dottore. E' cambiata. Cambiata in modo spaventoso!»
«Ho sentito che ultimamente faceva spesso brutti sogni.»
«Sì, continuava a lamentarsi di questo.»
«Da quanto tempo?»
«Non so... circa un mese, credo, o anche di più. Non vi avevamo dato molto importanza, pensavamo a incubi notturni.»
«Sì, sì, capisco. Ma la cosa più seria è quella sua paura della gente.
Glie n'ha parlato?»
«Una volta o due mi ha detto che aveva l'impressione che qualcuno la spiasse.»
«Addirittura!»
«Già, mi ha detto che i suoi nemici l'avevano seguita fin qui.»
«E aveva davvero dei nemici?»
«Ma no! Certo che no!»
«Nessun incidente nel suo passato in Inghilterra? Nulla di cui foste a conoscenza prima di sposarvi?»
«Niente di serio. Non andava d'accordo con la sua famiglia, sua madre era una donna piuttosto eccentrica e non era facile vivere con lei, ma...»
«Nessun caso di pazzia fra i suoi antenati?»
Tim fece per parlare poi chiuse la bocca, e si mise a giocherellare con la stilografica.
Il dottore disse:
«Sarebbe meglio che dicesse la verità, Tim.»
«Be', temo di sì. Niente di molto serio, ma credo ci sia una zia o qualcosa di simile che è piuttosto picchiatella. Ma più o meno in tutte le famiglie c'è qualcuno con una rotella fuori posto!»
«Si, è vero. E a volte si tratta di casi sporadici, senza importanza.
Ma ci sono anche degli squilibri di natura ereditaria, purtroppo.»
«In verità, io non so gran che, dottore. Francamente non ho indagato sul conto dei suoi antenati, né lei mi ha raccontato molto. La capisco, del resto. Non si ha voglia di strombazzare le storie di famiglia.»
«Capisco. Non aveva amici, prima di conoscere lei? Qualche fidanzato precedente che l'abbia minacciata, magari per gelosia o roba del genere?»
«Anche su questo non posso essere molto preciso. Molly aveva una specie di fidanzato prima di conoscermi. I suoi erano molto contrari, e lei gli stava appiccicata più per ribellione che per vero amore. Sa com'è quando si è giovani. Basta che una cosa sia proibita, che diventa subito interessante.»
Il dottor Graham sorrise. «Sì, questo è comprensibile. E' sempre pericoloso per i genitori obiettare con troppa decisione a certi legami dei figli. Se fanno finta di niente, in novantanove casi su cento la cosa muore da sé. E quel tale non ha fatto minacce di alcun genere a Molly?»
«No, sono sicuro di no, lei me lo avrebbe detto. Mi ha confessato candidamente di aver avuto una cotta sciocca e puerile per un uomo che aveva una pessima reputazione.»
«Dunque, non era una faccenda molto seria, dopotutto. E ora, un'altra cosa. Sua moglie ha ammesso di avere dei vuoti di memoria. Brevi amnesie, a causa delle quali non è in grado di ricordare quello che ha fatto. Lei, Tim, ne era al corrente?»
«No» rispose lentamente «non me ne ha mai parlato. Ora che me lo dice, rammento di averla trovata piuttosto vaga alcune volte, e...» fece una pausa e si concentrò. «Sì, questo spiega tutto. Non capivo come facesse a dimenticarsi delle cose più semplici. E spesso ho notato, ultimamente, che non aveva la nozione del tempo. Ma ho pensato che si trattasse di distrazione, più che altro.»
«Senta, Tim, io le consiglio di farla visitare da uno specialista in gamba.»
Lui domandò in tono incollerito:
«Vuol dire uno specialista di malattie mentali, in parole povere?»
«Adesso non formalizzatevi sulle definizioni. Un neurologo, uno psichiatra, qualcuno che si occupi dei disturbi del sistema nervoso, insomma. A Kingston c'è un tipo molto in gamba. O può rivolgersi addirittura a New York. Ci dev'essere qualcosa che provoca questi collassi nervosi in sua moglie, questi terrori. Magari lei stessa ne ignora le cause. Mi creda, è meglio che la faccia esaminare il più presto possibile.»
Diede una manata incoraggiante sulla spalla di Tim e si alzò, rassicurandolo:
«Per ora non mi sembra un caso preoccupante. Sua moglie ha dei buoni amici, e tutti la terranno d'occhio.»
«Crede... crede che possa ritentare, dottore?»
«E' molto improbabile.»
«Ma non possiamo esserne sicuri.»
«Non si può mai essere sicuri. Questa è una delle prime cose che impariamo nella nostra professione.» Gli diede un'altra manata sulla spalla. «Non si preoccupi troppo.»
«Facile a dirsi... Di che cosa crede che sia fatto?»
21. Jackson e la cosmesi.
«Lo fa proprio volentieri, Miss Marple?» domandò Evelyn Hillingdon.
«Ma certo, mia cara, sarò ben lieta di rendermi utile. Alla mia età si ha sempre l'impressione di non servire a nulla, specie in posti come questi, dove ci si diverte soltanto e non si hanno doveri da compiere.
Le assicuro che starò volentieri con Molly. Vada pure a fare la sua spedizione.»
«Grazie. Edward ed io adoriamo Pelican Point. Non ci stanchiamo mai di osservare gli uccelli che si tuffano nell'acqua per prendere i pesci.
Adesso c'è Tim con Molly, ma ha un sacco di cose da fare e non sa come cavarsela. Gli dispiace lasciarla sola.»
«Ha ragione. Non lo farei neanch'io al suo posto. Non si sa mai che cosa può accadere, quando una persona ha attentato già una volta alla propria vita. Vada, vada pure, cara signora.»
Evelyn raggiunse il gruppetto che la stava aspettando. C'era suo marito, con i Dyson e altre tre o quattro persone. Miss Marple controllò se nella sua borsa da lavoro c'era tutto, poi si avviò verso il bungalow dei Kendal.
Dalla finestra aperta le pervenne la voce di Tim che diceva: «Ma perché lo hai fatto, Molly? Non vuoi dirmelo? E' colpa mia? Ci dev'essere una ragione!»
Miss Marple si fermò. Ci fu una piccola pausa all'interno prima che Molly rispondesse con voce stanca e piatta: «Non lo so, Tim, non lo so proprio. Deve avermi preso un momento di...»
Miss Marple bussò ed entrò.
«Oh, è lei! Non so proprio come ringraziarla per la sua gentilezza.»
«Per carità, sono ben contenta di dare anch'io il mio aiuto. Mi metterò su questa poltrona. Ha l'aria di star molto meglio, Molly. Ne sono lieta.»
«Va meglio davvero, ma ho ancora tanto sonno..»
«Non parlerò, stia pure quieta e si riposi. Ho il mio lavoro a maglia che mi fa compagnia.»
Tim la ringraziò con uno sguardo grato e se ne andò. Miss Marple si sistemò sulla sedia.
Molly giaceva sul fianco sinistro e aveva uno sguardo sfinito e un po'
stupefatto. Disse in un sussurro:
«Lei è molto buona, Miss Marple. Credo che dormirò.»
Si volse dall'altra parte e chiuse gli occhi. Il suo respiro cominciò a farsi più regolare, per quanto fosse ancora ben lontano dall'essere normale. La forza dell'abitudine spinse Miss Marple, che aveva fatto l'infermiera per tanti anni, a sistemarle le lenzuola con un gesto quasi automatico e a rimboccare la coperta dalla sua parte del letto.
Nel farlo sfiorò con le dita qualcosa di rigido, rettangolare. Lo tirò fuori e gli diede un'occhiata. Era un libro. Molly si era già addormentata, perciò la vecchia signorina si permise di dare un'occhiatina indiscreta al frontespizio. Si trattava di un volume sui disturbi nervosi. Si aprì naturalmente a una pagina che doveva essere stata esaminata spesso. L'articolo descriveva i sintomi della mania di persecuzione e varie manifestazioni di schizofrenia.
Non era un libro altamente tecnico, ma un'operetta divulgativa alla portata di tutti i profani. Il volto di Miss Marple si fece grave durante la lettura. Dopo qualche minuto chiuse il libro e si mise a riflettere. Infine, riuscì con la massima cautela a infilare di nuovo il volume sotto il materasso dove l'aveva trovato.
Scosse il capo perplessa. Si alzo cercando di non far rumore e andò ad affacciarsi alla finestra. Prima però volse il capo. Molly aveva aperto gli occhi, ma quando lei la guardò li richiuse. La cosa fu tanto rapida che la vecchia signorina si domandò se per caso non si era sbagliata credendo di cogliere quell'occhiata guizzante ed acuta.
Possibile che Molly fingesse soltanto di dormire? Sarebbe stato abbastanza naturale. Forse non aveva voglia di discorrere e preferiva starsene lì quieta a occhi chiusi.
Ma era rimasta sgradevolmente colpita da quel lampo di astuzia che le pareva di aver notato in quello sguardo. Ma forse era soltanto uno scherzo della fantasia.
Comunque, alla prima occasione, avrebbe fatto una chiacchieratina con il dottor Graham. Tornò sulla sua poltrona accanto al letto, e dopo qualche minuto vide che Molly si era davvero addormentata profondamente.
Non ci si poteva sbagliare su quell'immobilità e sul ritmo di quel respiro. Miss Marple si alzò un'altra volta. Aveva le babbucce con la suola di corda non molto eleganti ma perfettamente adatte al posto e al clima, nonché comodissime.
Si mosse per la camera, silenziosamente, affacciandosi a turno alle due finestre che guardavano in direzioni diverse.
L'albergo pareva quieto e deserto. Miss Marple si avviò di nuovo verso la sua poltrona, poi si fece attenta udendo un lieve rumore provenire dal di fuori. Qualcuno era arrivato sotto il portico? Tornò in fretta accanto alla finestra e si mise a parlare a voce abbastanza alta fingendo di rivolgersi a Molly:
«Starò via poco, cara. Arrivo soltanto sino alla mia camera per cercare il modello che mi manca. Ero così sicura di averlo portata con me... Stia quieta sino al mio ritorno, mi raccomando. Oh... povera piccola, dorme. Meglio così» soggiunse a voce più bassa, come parlando tra sé.
Uscì in direzione dell'albergo, ma ad un certo punto aggirò l'aiola e tornò verso il bungalow dei Kendal. Stavolta, però, vi entrò dall'ingresso posteriore. Questo si apriva su una stanzetta che Tim usava come ufficio privato. Da quel locale si passava in un salottino.
Lunghi e spessi tendaggi che dovevano proteggere la stanza contro il calore del sole. Miss Marple andò silenziosamente a nascondersi dietro una delle tende, e aspettò. Da quel punto poteva tener d'occhio chiunque si avvicinasse alla stanza di Molly. Passarono cinque minuti, prima che riuscisse a vedere qualcosa.
Poi la figura biancovestita di Jackson apparve sotto il portico. Si fermò un istante, fece mostra di bussare lievemente, ma non ebbe risposta com'era naturale, poi entrò. Jackson ormai era entrato nella stanza di Molly e ora stava guardando la sposina addormentata. Poi si allontanò dal letto e anziché dirigersi verso il salottino andò in bagno. Miss Marple sollevò le sopracciglia stupita. Ci pensò su un momento, poi decise di entrare in azione. Scivolò anche lei in camera di Molly, e da li passò in bagno.
Jackson si volse con un sobbalzo e rimase piuttosto male. «Oh» disse.
«Non...»
«Signor Jackson!» disse Miss Marple con aria sorpresa.
«Cercavo appunto di lei.»
«Volevate qualcosa?»
«Stavo esaminando la marca della crema per il viso della signora Kendal.»
Poiché infatti il giovanotte aveva in mano il barattolo della crema, era naturale che fingesse di interessarsene.
«L'odore è molto buono, e la qualità dovrebbe essere di prima classe»
continuò lui con bella sfacciataggine. «Sa, le marche scadenti a volte danneggiano certe epidermidi delicate. Succede anche con la cipria.»
«A quanto pare, lei è un esperto in materia» osservò Miss Marple.
«Ho lavorato per qualche tempo in un laboratorio chimico di cosmesi: si impara un sacco di cose in quel campo, sa? A volte basta riempire di robaccia un bel barattolo elegante e costoso e le donne ci cascano come polli.»
«Era quello che stava facendo?» gli domandò lei con intenzione.
«No, no, non ero venuto qui per parlare di cosmetici. Il fatto è che l'altro giorno la signora Walters aveva prestato il suo rossetto alla signora Kendal, e io ero venuto a riprenderlo. Visto che la signora dormiva, non ho voluto svegliarla e ho pensato di entrare in bagno a cercarlo da me.»
«Vedo. E l'ha trovato?» domandò Miss Marple.
Jackson scosse il capo.
«No. Lo avrà messo in qualche borsetta. Be', non importa. Me lo farò restituire un'altra volta, quando la signora Kendal sarà sveglia. Non è poi così urgente, dopotutto.» Diede un'altra occhiata alla mensola del bagno e osservò:
«Non ha molti cosmetici, vero? Be', è naturale, alla sua età non si ha bisogno di tanti artifici...»
«Non mi era mai capitato di incontrare un uomo che si interessasse tanto al maquillage delle signore» disse lei con un sorriso bonario.
«Che vuole, ho fatto tanti mestieri, e tutti hanno lasciato una traccia. E molte curiosità.»
«Se ne intende di medicinali?»
«Abbastanza. Ho lavorato anche in quel campo, e se vuole la mia opinione, le dirò che al giorno d'oggi se ne fa un uso troppo disinvolto. Tranquillanti, stimolanti e così via. Se si prendono per ordine del medico pazienza, ma ce ne sono tanti che si possono ottenere senza ricetta, e alcuni sovente risultano pericolosi.»
«Sì, lo penso anch'io.»
«Influiscono molto sul comportamento, sa? A volte si pensa che un'adolescente sia isterica di natura, e invece lo è diventata a causa di certa roba che prendeva. Non è cosa nuova, del resto. In oriente si fa uso di droghe da secoli, e molto liberamente. Sareste stupita di sapere cosa fanno a volte le donne ai loro mariti. In India per esempio, nei tempi antichi, se una donna restava vedova doveva bruciare sul rogo accanto al marito morto. E, naturalmente, non ne
aveva voglia, come non aveva voglia di diventare una paria ribellandosi alla legge. Non era piacevole restar vedove, a quell'epoca. Allora le donne tenevano su i vecchi mariti a forza di droghe. Li rimbecillivano, procuravano loro delle allucinazioni, li facevano ammattire, più o meno...» scosse il capo. «Oh, facevano un sacco di brutte cose. Non parliamo poi delle cosiddette streghe.
Quando confessavano di aver fatto un mucchio di canagliate e ammettevano persino di aver volato su un manico di scopa, non lo facevano certo spontaneamente.»
«Venivano torturate.»
«Non sempre. Molto spesso confessavano, in buona fede, prima che si arrivasse alla tortura. Perché solevano cospargersi di unguenti a base di belladonna, atropina e così via; e si procuravano delle allucinazioni che davano loro la "certezza" di librarsi nell'aria. Ci credevano, povere diavole. E la setta degli Assassini, in Siria, o nel Libano o da quelle parti? Gli Assassini venivano ubriacati ben bene con le droghe e avevano delle allucinazioni nelle quali vedevano il paradiso pieno di Urì. Li convincevano poi che dopo la morte avrebbero goduto in eterno di quei piaceri, ma che, per ottenere il paradiso, dovevano commettere degli omicidi "rituali"; non sono molto bravo nelle spiegazioni, ma la sostanza è questa.»
«La sostanza è che la gente è sempre stata piuttosto ingenua e credulona.»
«Sì, credo che abbia ragione.»
La voce di Miss Marple si fece secca.
«Chi le ha raccontato tutte queste storie sull'India e sulle droghe che le donne davano ai mariti? E' stato il maggiore Palgrave?»
Jackson la guardò un po' stupito.
«Sì, effettivamente mi ha raccontato un sacco di storie del genere.
Naturalmente per la maggior parte erano storie passate! Pareva che sapesse tutto in proposito.»
«Il maggiore credeva di sapere tutto su ogni argomento. E spesso era imprudente nel parlare, oltre che inesatto. Se fosse vivo dovrebbe rispondere di molte cose.»
Vi fu un lieve rumore nella camera di Molly. Miss Marple volse il capo vivamente, poi si precipitò nella stanza. Lucky Dyson era sulla soglia della porta-finestra.
«Oh, non sapevo che fosse qui» le disse.
«Sono andata un momento in bagno» spiegò Miss Marple con dignità e un'ombra di riserbo vittoriano.
Jackson rise fra sé, divertito dal pudore della vecchietta.
«Vuole che stia un po' qui con Molly?» domandò Lucky. «Dorme, vero?»
«Credo di sì. Ma non si disturbi, resto qui io. Vada pure a divertirsi mia cara. Non si è unita anche lei alla spedizione?»
«Volevo andarci, ma poi mi è venuta una tremenda emicrania e mi sono sganciata. Così ho pensato che avrei potuto almeno rendermi utile.»
«Molto gentile da parte sua.» Miss Marple tornò a sedersi accanto al letto e si rimise a sferruzzare. «Ma preferisco non muovermi di qui.
Non mi pesa affatto.»
Lucky esitò per un momento, poi le fece un breve cenno di saluto e se ne andò. Miss Marple aspettò un poco, e a un certo punto rientrò in bagno. Ma Jackson era filato via dall'altra porta. Miss Marple tolse dalla mensola il barattolo di crema che lui aveva esaminato e se lo fece scivolare in tasca.
22. Un uomo nella sua vita?
Fare una normale chiacchierata con il dottor Graham non era così semplice come Miss Marple aveva sperato. Preferiva tuttavia non affrontarlo direttamente per non aver l'aria di attribuire soverchia importanza alle domande che intendeva rivolgergli.
Tim era tornato al capezzale di Molly, adesso, e Miss Marple gli avrebbe dato ancora il cambio verso l'ora di cena, quando lui avrebbe avuto molto da fare. Tim veramente le aveva ricordato che sia la signora Dyson che la signora Hillingdon erano ben disposte a fare il loro turno di assistenza, ma lei aveva obiettato decisa che quelle due erano giovani e desiderose di svagarsi, mentre lei non aveva alcun programma ed era ben lieta di rendersi utile. Tim l'aveva ringraziata con calore.
Ora Miss Marple, mentre si aggirava pigramente per i vialetti che collegavano i vari bungalows all'albergo, cercava di preparare il suo programma. Aveva un sacco di idee confuse e contraddittorie nella mente, e questa era una cosa che aveva sempre detestato. La vicenda aveva avuto un inizio abbastanza chiaro, con la deplorevole abitudine di raccontare storie ad alta voce e con un'imprudenza oltremodo indiscreta da parte del maggiore Palgrave, che si era tirato addosso una fine catastrofica. Fin qui niente di difficile o incomprensibile.
I pasticci erano cominciati dopo. Tutto puntava contemporaneamente in troppe direzioni. Va bene, lei aveva deciso di non credere una parola di quel che le raccontavano e aveva concluso che non ci si poteva fidare di nessuno. Aveva notato delle deplorevoli somiglianze tra gli ospiti dell'albergo e certi tipi poco raccomandabili che aveva conosciuto a Saint Mary Mead. Ma tutto questo dove l'aveva condotta?
Non faceva che pensare alla vittima. Qualcuno sarebbe stato ucciso, e lei aveva la sensazione che avrebbe dovuto sapere di chi si trattava.
C'era stato qualcosa. Qualcosa che aveva sentito? Notato? Visto?
Era una cosa che qualcuno le aveva detto e che si collegava con tutto quanto. Era stata Joan Prescott? La zitella ne aveva raccontate un mucchio, su un mucchio di gente. Scandali? Pettegolezzi? Che cosa aveva detto esattamente?
Gregory Dyson, Lucky. La sua mente si soffermò su Lucky in particolare. Anche lei ormai era convinta che la bella bionda avesse affrettato la dipartita della prima signora Dyson. Tutti lo sospettavano, e Palgrave lo aveva cantato chiaro. Possibile che adesso la vittima predestinata fosse suo marito Gregory?
"Tutte queste non sono che congetture" si disse con stizza. " Sono una sciocca, lo so che sono sciocca! La verità dev'essere semplicissima, basta spazzar via tutti i rifiuti che la ricoprono. E' questo il guaio, è troppo ingombra di rifiuti...»
«Sta parlando da sola?» le domandò il signor Rafiel.
Miss Marple sobbalzò. Non lo aveva sentito avvicinarsi. Camminava molto adagio, appoggiandosi alla signora Walters.
«Non l'avevo vista, signor Rafiel.»
«Muoveva le labbra. Dov'è andata a finire tutta la fretta che aveva?»
«L'ho ancora. Ma non riesco a vedere ciò che dovrebbe invece essere visibilissimo.»
«Sono lieto che la cosa sia tanto semplice. Be', se le serve aiuto conti su di me.»
Volse il capo e vide Jackson che si avvicinava lungo il sentiero.
«Oh, eccovi Jackson. Dove diavolo era? Quando ho bisogno di lei non la trovo mai.»
«Mi dispiace, signor Rafiel.»
Sorresse con destrezza il vecchio e gli domandò: «Vuole andare sul terrazzo?»
«No, mi porti al bar. Va bene, Esther, adesso può andare a vestirsi per la cena. Mi raggiunga fra mezz'ora sul terrazzo.»
Si allontanò con Jackson e la signora Walters si lasciò cadere su una sedia e cominciò a massaggiarsi il braccio.
«Sembra un peso piuma» osservò. «Ma adesso sono io che ho qualche arto paralizzato. Non l'ho mai vista oggi, Miss Marple.»
«Ho assistito Molly Kendal. Adesso sembra che vada molto meglio.»
«Secondo me non ha mai avuto niente di serio.»
Miss Marple sollevò un sopracciglio. Il tono di Esther era stato molto asciutto.
«Crede dunque che il suo tentativo di suicidio...»
«Non credo che ci sia stato alcun tentativo di suicidio, né che abbia ingoiato una dose troppo forte di sonnifero. E anche il dottor Graham deve essersene accorto.»
«Questo è molto interessante. Perché dice che...»
«Perché ne sono quasi sicura. Oh, sono cose che accadono molto spesso.
Un modo come un altro per richiamare l'attenzione su di sé.»
«"Quando sarò morta tu ti pentirai" o roba del genere?» domandò Miss Marple.
«Roba del genere, nonostante non riesca a capire il motivo in questa circostanza particolare. Queste cose di solito si fanno quando un marito tende a correre la cavallina e si è terribilmente gelose.»
«Non crede che Molly sia innamorata di suo marito?»
«E lei?»
Miss Marple ci pensò su.
«A me lo sembrava, ma forse mi sono sbagliata.»
Esther abbozzò una smorfia.
«Ho sentito qualcosetta sul suo conto, sa?»
«Dalla signorina Prescott?»
«Da due o tre persone. Vi era un uomo che lei amava pazzamente. Amore contrastato dalla famiglia.»
«Sì, l'ho sentito anch'io.»
«E poi ha sposato Tim. Può darsi che le sia piaciuto abbastanza in un primo tempo. Ma l'altro non ha mollato. Mi sono domandata più d'una volta se non l'ha seguita sin qui.»
«Già. Ma chi sarebbe?»
«Non ne ho la minima idea. E immagino che saranno stati molto prudenti.»
«Pensa che sia ancora innamorata di quell'uomo?»
«Pare che sia un mascalzone» disse Esther alzando le spalle. «Ma le donne anche troppo spesso hanno un debole per i mascalzoni.»
«Non sa che tipo di mascalzonate ha combinato quell'uomo?»
Esther scosse il capo.
«No, la gente tira a indovinare, ma non si sa nulla di preciso.
Certamente era sposato, e questa era una delle ragioni per cui la famiglia di Molly si opponeva tanto. Chissà, forse aveva anche il vizio di bere, o s'era messo nei guai con la legge. Ma lei non l'ha dimenticato, questo lo so per certo.»
«Ha visto qualcosa, sentito qualcosa?»
«So quel che dico» affermò la signora Walters in tono duro e ostile.
«Questi delitti...»
«Non può scordarsi i delitti? Anche il signor Rafiel adesso è tutto eccitato e non pensa ad altro. Non vi sembra che sia meglio lasciar perdere? Tanto, non riuscirà a scoprire altro, lo so.»
Miss Marple la fissò.
«Ne è proprio sicura? E crede di sapere qualche cosa?»
«Sì, sono abbastanza sicura.»
«E non dovrebbe parlare? Non le pare che avrebbe il dovere di intervenire in qualche modo?»
«E perché mai? A che scopo? Non si può provare nulla, quindi non sarebbe possibile... La gente se la cava con tanta facilità al giorno d'oggi... Basta che passino per irresponsabili, che invochino la seminfermità mentale... Qualche anno di prigione, poi tornano fuori liberi come l'aria.»
«E se a causa della sua reticenza ci sarà qualche altra vittima?»
Esther scosse il capo fiduciosa.
«Non ci saranno altre vittime.»
«Come fa a saperlo?»
«Ne sono certa. E del resto non vedo chi...» corrugò la fronte. «Ad ogni modo... può darsi che si tratti davvero di infermità mentale. A volte si fanno certe cose perché si è proprio squilibrati. Oh, non so!
Forse sarebbe meglio per tutti se Molly scappasse via con il suo innamorato, cosi potremmo scordare ogni cosa.»
Guardò l'orologio e sobbalzò.
«Devo correre a cambiarmi.»
Miss Marple la segui con lo sguardo. Possibile che Esther fosse convinta che la responsabile della morte del maggiore Palgrave e di Victoria fosse di una donna? Molly? Pareva di si... Ci pensò su.
«Oh, Miss Marple, tutta sola e senza il solito lavoro a maglia...»
disse il dottor Graham sopraggiungendo.
Era la risposta ai suoi desideri, e compariva proprio al momento opportuno. Non si sarebbe fermato molto perché anche lui doveva cambiarsi per la cena, perciò non c'era tempo da perdere. Gli disse che aveva passato il pomeriggio al capezzale di Molly e osservò: «Ha fatto molto presto a rimettersi, non credevo.
«Oh, non c'è nulla di sorprendente. Non aveva preso una dose troppo massiccia.»
«Credevo che avesse ingoiato mezzo tubetto di pastiglie.»
«No, non potevano essere tante» rispose lui con un sorriso indulgente.
«Forse voleva farlo, ma all'ultimo momento ne avrà buttato via una parte. La gente, anche quando è convinta di volersi uccidere, in fondo in fondo, magari nel subconscio, cerca una scappatoia. Non si tratta di una frode deliberata, ma dell'istinto di conservazione che sovrasta il desiderio di morire.»
«Ma potrebbe anche trattarsi di una finzione, no?»
«E' possibile, certo.»
«Se lei avesse litigato con Tim, per esempio...»
«No, non litigano mai. Vanno cosi d'accordo... Però può anche succedere, una volta. Adesso, ad ogni modo, sta bene. Potrebbe già alzarsi, e se la tengo a letto è solo per prudenza.»
La salutò e si allontanò in direzione del suo bungalow.
Miss Marple cominciò a riflettere. Penso a molte cose. Il libro che Molly teneva sotto il materasso, per esempio. Poi aveva finto di dormire, ma lei aveva colto nei suoi occhi quel lampo piuttosto maligno, quando s'era voltata improvvisamente a guardarla.
Le cose che le aveva detto la signorina Prescott, le cose che Esther Walters pensava...
Poi tornò all'origine di tutto, e cioè al maggiore Palgrave.
Qualcosa cominciò a ronzarle nel cervello. Qualcosa che riguardava il maggiore...
Se fosse soltanto riuscita a ricordare di che si trattava...
23. L'ultimo giorno
"Era l'ultima sera e l'ultimo mattino" disse Miss Marple a se stessa.
Miss Marple si rizzò a sedere, un po' confusa. Si era appisolata, una cosa davvero incredibile con il chiasso di tutti gli strumenti della banda locale! Riuscire a prender sonno in quel frastuono voleva dire... be', voleva dire che si stava acclimatando. E dormendo aveva continuato a borbottare qualcosa sull'ultimo giorno, ma adesso non era capace di coordinare bene le idee. Perché l'ultimo giorno? L'ultimo giorno di che?
Si guardò d'attorno per darsi un contegno. Il fatto era che si sentiva stanca. Tutta quell'ansia, quella sensazione molesta di non essere stata all'altezza, di essersi lasciata sfuggire un particolare piccolo, ma importante, conclusivo. Ripensò ancora una volta all'occhiatina maligna che Molly le aveva lanciato dal letto. Chissà cos'aveva in testa quella figliola? Dio mio, da principio tutto le era sembrato cosi diverso... Tim e Molly Kendal le erano parsi una coppia serena e felice, innamorata e piena d'entusiasmo. I coniugi Hillingdon, così per bene, così educati, così a posto... E Greg Dyson, allegro ed estroverso. E quella stridula Lucky, che chiacchierava quanto un grammofono ed era sempre compiaciuta di sé... Un quartetto cosi ben assortito. Il canonico Prescott, che pareva tanto un brav'uomo, e sua sorella, un po' acida naturalmente, ma che sembrava un'ottima donna anche se amava i pettegolezzi. Non era certo un tipo pericoloso Joan Prescott, anche se la prudenza consigliava di diffidare di tutti. Le piaceva malignare, ma in caso di bisogno si sarebbe potuto contare su di lei. E il signor Rafiel, una personalità, un uomo di carattere, uno di quei tipi che non è facile dimenticare. E
Miss Marple era convinta di sapere altre cose sul suo conto.
I medici lo avevano dato per spacciato già da anni e lui s'era vantato di averli smentiti clamorosamente. Ma adesso... adesso anche il signor Rafiel sapeva di avere i giorni contati.
E non era possibile che sapendosi vicino ad andarsene avesse preso una decisione a proposito...
Sarebbe stato importante, molto importante.
Le aveva detto qualcosa con una voce troppo ferma e sicura, e lei aveva avuto la sensazione che non dicesse la verità.
Si guardò di nuovo attorno. L'aria tiepida, la fragranza dei fiori, i tavoli con i loro piccoli paralumi, le donne con i loro bei vestiti.
Evelyn ne aveva uno color indaco a disegni bianchi, Lucky aveva una toilette candida che le faceva risaltare l'abbronzatura. Tutti parevano allegri e pieni di vita, stasera. Persino Tim Kendal sorrideva. Le disse, quando passò vicino al suo tavolo: «Le sono tanto riconoscente per quel che ha fatto oggi, Miss Marple.
Molly adesso sta bene. Il dottore domani le permetterà di alzarsi.»
Lei gli sorrise e rispose che era lieta di apprenderlo. Ma sorridere le costava uno sforzo notevole. Decisamente era molto stanca...
Si alzò. Tanto valeva andare a coricarsi. Le sarebbe piaciuto continuare a far congetture, a mettere insieme i vari pezzi del rompicapo. Ma non ce la faceva. Il suo cervello esausto si ribellava.
Inutile, doveva dormire. In camera sua si spogliò, si infilò sotto le coperte e spense la luce. Nel buio mormorò una preghiera. Non poteva far tutto da sola. Aveva bisogno di aiuto. "Comunque" si disse fiduciosa "stanotte non accadrà nulla."
Miss Marple si svegliò improvvisamente e si rizzò a sedere sul letto.
Il cuore le batteva forte. Accese la luce e guardò l'orologio. Erano le due del mattino, e fuori c'era uno strano andirivieni agitato. Si alzò, infilò le pantofole e la vestaglia e usci in ricognizione. Vide al cune figure munite di torce elettriche che si aggiravano per il giardino. Tra essi riconobbe il canonico Prescott e gli si avvicinò.
«Cos'è successo?»
«Oh, Miss Marple. Si tratta della signora Kendal. Suo marito si è svegliato e si è accorto che lei si era alzata. E' scomparsa. La stiamo cercando.»
Procedette quasi di corsa, e Miss Marple gli tenne dietro a passo più lento. Dov'era andata Molly? E perché quella fuga notturna? L'aveva fatto apposta, approfittando del fatto che suo marito era addormentato? Ma perché? Possibile che la Walters avesse ragione?
C'era davvero un uomo nella faccenda? E se era vero, chi poteva essere? Oppure il motivo era di natura più sinistra?
Miss Marple si inoltrò, guardandosi in giro, scostando anche i cespugli, memore della povera Victoria. Poi senti in distanza una voce che diceva:
«Qui, da questa parte...»
La voce era giunta da un punto un po' lontano dall'albergo. Forse dal ruscello che correva verso il mare. Si mosse in quella direzione il più in fretta possibile. E a un certo punto scorse un gruppetto di persone sulla riva. Qualcuno la oltrepassò di corsa e quasi la gettò a terra. Era Tim Kendal. Un secondo dopo lo senti gridare: «Molly, mio Dio! Molly!»
Un minuto o due dopo, Miss Marple raggiunse il gruppo. C'era un cameriere cubano, Evelyn Hillingdon e due ragazze indigene. Si erano tirati in disparte per far passare Tim. Quando Miss Marple arrivò, lui stava chino a guardare.
«Molly!» ripeté, e cadde in ginocchio sull'erba. Il corpo dell'annegata si vedeva bene. Fluttuava nell'acqua a faccia in giù.
Era vestita di bianco, aveva la bella sciarpa di seta verde ricamata sulle spalle e i capelli biondi aperti a ventaglio. La scena pareva quella dell'Amleto e Molly era Ofelia...
Tim allungò una mano per toccarla, e allora Miss Marple, pratica, prese il sopravvento e disse con voce autoritaria: «Non la tocchi, signor Kendal. Non dev'essere mossa.»
Lui si volse a guardarla, con espressione stranita.
«Ma io devo... è Molly! Io devo...»
Evelyn Hillingdon gli mise una mano sulla spalla.
«E' morta, Tim. Io non l'ho spostata, ma le ho sentito il polso.»
«Morta?» balbettò lui incredulo. «Morta? Vuol dire... che si è affogata?»
«Temo proprio di si.»
«Ma perché?» gridò il poveretto. «Perché? Era così felice stasera.
Parlava di quel che avremmo fatto domani... Perché si è lasciata sopraffare ancora da questo maledetto impulso di autodistruzione?
Perché è scivolata fuori mentre dormivo per venir qui ad annegarsi?
Cos'aveva dentro? Perché non ha mai voluto confidarmi il suo tormentoso segreto?»
«Non lo so» disse Evelyn con voce dolce. «Non lo so proprio.»
Miss Marple parlò di nuovo:
«Qualcuno vada a cercare il dottor Graham. E bisogna telefonare subito alla polizia.»
«La polizia?» Tim fece una risatina amara. «E a cosa serve, ormai?»
«I casi di suicidio vanno sempre notificati alla polizia» ribatté Miss Marple.
Tim si rialzò lentamente.
«Va bene, allora andrò a telefonare. Ma prima chiamo il dottor Graham.
Chissà che non possa ancora far qualcosa...»
Si allontanò barcollando in direzione dell'albergo.
La signora Hillingdon e Miss Marple guardarono il corpo, poi si scambiarono un'occhiata.
Evelyn scosse il capo e disse:
«E' troppo tardi, ormai. E' fredda. Dev'essere morta da almeno un'ora o più. Che tragedia, mio Dio! Quei due ragazzi sembravano cosi felici... Ma lei è sempre stata un po' squilibrata.»
«No» disse Miss Marple. «Non credo che fosse squilibrata affatto.»
Evelyn la guardò incuriosita.
«Che cosa intende dire?»
La luna che sino a quel momento era stata coperta da una nuvola, adesso si era messa a risplendere, viva ed enorme, e stava illuminando la testa bionda di Molly.
Miss Marple emise una specie di grido strozzato, poi si chinò e toccò i capelli della morta. Disse a Evelyn con voce diversa: «Credo sia meglio che ci assicuriamo.»
L'altra la fissò attonita.
«Ma aveva detto a Tim che non si deve toccare nulla.»
«Lo so, ma allora non ci si vedeva. Non avevo notato...»
Divise i capelli in modo che le radici fossero visibili, ed Evelyn si portò una mano alla bocca ed esclamò:
«Lucky!»
E dopo un momento ripeté:
«Non è Molly... è Lucky!»
Miss Marple assentì.
«Aveva i capelli dello stesso colore, più o meno, ma questi alla radice erano più scuri perché li tingeva.»
«Ma ha indosso la sciarpa di Molly.»
«Si ricorda come le piaceva quella sciarpa? Molly le aveva indicato la boutique in cui avrebbe potuto comprarsene una. Evidentemente l'ha fatto.»
«Dunque è per questo che siamo rimaste ingannate...»
Evelyn la interruppe mentre incontrava lo sguardo di Miss Marple.
«Già. Adesso qualcuno dovrà dirlo a suo marito.»
Ci fu una pausa poi Evelyn disse:
«Oh... è vero... Glielo dirò io.»
Le volse le spalle e si incamminò tra le palme.
Miss Marple rimase immobile per un momento, poi volse un poco il capo e disse:
«Sì, colonnello Hillingdon?»
Questi spuntò fuori e le arrivò alle spalle.
«Come sapeva che ero lì?»
«Faceva ombra.»
Rimasero per un momento in silenzio, poi lui osservò, come se parlasse a se stesso:
«Infine ha sfidato un po' troppo la sua buona sorte.»
«Mi pare che sia contento della sua morte.»
«Si scandalizza? Be', non lo nego. Sono proprio felice.»
«La morte spesso rappresenta una soluzione, eh?»
Edward Hillingdon si volse a guardarla, e Miss Marple sostenne il suo sguardo senza batter ciglio.
«Se pensa...» cominciò lui minaccioso.
Miss Marple rispose quieta:
«Tra un momento sua moglie sarà qui con il signor Dyson. E verranno anche il signor Kendal e il dottor Graham.»
Hillingdon riprese il controllo. Poi si volse di nuovo a guardare la morta.
Miss Marple scivolò via a passo un po' più svelto del normale.
Prima di rientrare in camera sua si fermò per un attimo in giardino.
Era stato in quel punto che il maggiore Palgrave le aveva raccontato quella storia, poi aveva frugato nel portafogli e aveva tirato fuori quell'istantanea dell'assassino...
Ricordò la sua espressione quando aveva visto quel qualcosa che l'aveva fatto diventare paonazzo in faccia. "Cosi sgradevole" aveva osservato la signora de Caspearo. "Portava il malocchio!' .
Il malocchio... occhio... OCCHIO!
24. La Nemesi.
Il signor Rafiel non si era accorto di nulla, evidentemente.
Era a letto e dormiva sodo, russando un poco. Sobbalzò quando si senti afferrare per le spalle e scuotere violentemente.
«Eh? Che diavolo c'è?» farfugliò.
«Sono io» disse Miss Marple. «O per dirla come i greci, è la Nemesi.»
Il vecchio si rizzò a sedere sul letto e la fissò. Quella vecchietta dall'aria cosi placida e inoffensiva non aveva affatto l'aria di una Nemesi.
«Oh, davvero?» le domandò, dopo una pausa incredula.
«Spero di esserlo, con il suo aiuto.»
«Vuole gentilmente spiegarmi che cosa desidera da me nel cuore della notte?»
«Dobbiamo agire alla svelta. Molto alla svelta. Sono stata una stupida. Avrei dovuto rendermi conto sin dal principio di tutto. Era cosi semplice...»
«Che cosa era semplice, e di che sta parlando?»
«Mentre lei dormiva sono successe tante cose, sapete? E' stato trovato il corpo di una donna annegata nel ruscello. Dapprima, abbiamo pensato che si trattasse di Molly. Invece era Lucky Dyson.»
«Lucky, eh? Annegata nel ruscello. L'ha fatto da sé o ce l'ha buttata qualcuno?»
«Oh, ce l'hanno scaraventata senz'altro.»
«Capisco. O almeno credo di capire. Era questo che intendeva dicendo che era cosi semplice, eh? Greg Dyson è sempre stato il maggiore indiziato sin dal principio, e ora abbiamo la conferma che si tratta proprio di lui. E' così? E lei ha paura che riesca a cavarsela.»
Miss Marple emise un profondo respiro.
«Signor Rafiel, vuole aver fiducia in me? Dobbiamo impedire che venga commesso un delitto.»
«Mi pare che abbia detto che è già stato commesso.»
«Quello è stato uno sbaglio. Ma ce ne sarà un altro tra poco. Non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo andar là subito e impedire che avvenga.»
«Noi? Ha detto noi? Ma che cosa vuole che faccia io? Non posso nemmeno camminare senza aiuto. Come potremmo prevenire un delitto lei e io? Si rende conto che abbiamo quasi un paio di secoli tra tutti e due?»
«Stavo pensando a Jackson. Jackson obbedisce ai suoi ordini, vero?»
«Certo, specialmente se gli prometto un compenso in denaro.»
«Allora gli ordini di venire con me e di obbedire a tutto quello che gli dirò di fare.»
Rafiel la fissò per qualche secondo, poi assenti.
«D'accordo. Mi rendo conto che corro un rischio, ma dopotutto non è la prima volta.» Alzò la voce: «Jackson!» e contemporaneamente suonò il campanello che aveva accanto al letto. Jackson non ci mise molto ad arrivare.
«Mi ha chiamato, signore? E' accaduto qualcosa?» domandò vedendo Miss Marple.
«Faccia quel che le dico. Vada con questa signora ed esegua quello che le ordinerà di fare. Deve obbedirle. E' inteso?»
«Ma...»
«E' inteso?»
«Va bene, signore.»
«Non ci rimetterà, glielo prometto.»
«Grazie, signore.»
«Venga, signor Jackson» disse Miss Marple, poi si rivolse a Rafiel.
«Passando diremo alla signora Walters di venire a prenderla.»
«Per accompagnarmi dove?»
«Al bungalow dei Kendal. Credo che Molly tornerà in camera.»
Molly arrivò al sentiero che conduceva al mare. Aveva gli occhi fissi e sbarrati, ansava e ogni tanto emetteva un breve gemito...
Arrivò sotto il portico del suo bungalow, si fermò un momento, poi spinse il battente della portafinestra ed entrò in camera. La luce era accesa, ma dentro non c'era nessuno Molly andò a sedersi sul bordo del letto e cominciò a passarsi la mano sugli occhi e sulla fronte.
Poi si guardò furtivamente attorno e infilò la mano sotto il materasso. Tirò fuori il volume che teneva nascosto là sotto e lo sfogliò febbrilmente in cerca di qualcosa.
Poi alzò il capo udendo dei passi frettolosi, e nascose il libro dietro la schiena, con espressione colpevole.
Tim Kendal entrò ansante e tirò un sospirone di sollievo quando la vide.
«Oh, grazie a Dio! Dove sei stata, Molly? Ti ho cercato dappertutto.»
«Sono andata al ruscello.»
«Sei andata al...»
«Sì, sono andata là. Ma non mi sono fermata. C'era qualcuno nell'acqua. Ho visto una donna morta.»
«Ma sai che credevo si trattasse di te? Soltanto adesso ho saputo che era Lucky.»
«Io non l'ho uccisa. Davvero, Tim, non l'ho uccisa. Sono sicura di non averlo fatto. Voglio dire... se l'avessi fatto me ne ricorderei, non ti pare?»
Tim sedette accanto a lei sul bordo del letto.
«Cara... sei proprio sicura? Oh, no, certo che non sei stata tu!»
Quasi gridò quelle parole. «Non pensare a certe cose, Molly! Lucky si è tolta la vita. Hillingdon era stufo di lei, così è andata ad affogarsi.»
«Non era tipo da togliersi la vita. Ma io non l'ho uccisa. Ti giuro che non l'ho uccisa.»
«Tesoro, lo so che non sei stata tu!» Cercò di abbracciarla, ma lei si ritrasse.
«Odio questo posto!» sibilò. «Dovrebbe essere tutto luminoso e gaio, mi sembrava tanto bello, ma non lo è. E' pieno di ombre sinistre. E ce n'è una enorme, la più nera di tutte... e io ci sono dentro e non riesco a venirne fuori...»
La sua voce si alzò in tono isterico.
«Taci, Molly, per carità, taci!» Tim andò un momento in bagno e ne tornò con un bicchiere pieno. Le si avvicinò, le girò il braccio attorno alle spalle e le disse:
«Qua, bevi questo. Ti tirerà un po' su.»
«Non posso bere niente. Ho la gola chiusa e mi battono i denti.»
«Ma sì che puoi, tesoro. Siedi. Qui sul letto.» Le passò un braccio dietro le spalle. Le avvicinò il bicchiere alle labbra. «Coraggio, bevi!»
Una voce disse dalla finestra:
«Jackson, gli porti via quel bicchiere e lo tenga ben stretto. Stia attento. E' forte, ed è disperato.»
Il massaggiatore aveva le sue qualità. Era uno sportivo ed era abituato a obbedire agli ordini. Inoltre amava molto il denaro, e gliene era stato promesso molto dal suo potente padrone. Possedeva anche una notevole forza fisica.
Con la rapidità di un fulmine attraversò la stanza, afferrò il bicchiere che Tim stava reggendo e glielo tolse di mano. Tim si volse come una furia, ma Jackson riuscì a tenerlo a bada con il solo braccio sinistro.
«Ma che diavolo...» ansò l'albergatore, preso alla sprovvista e cercando di divincolarsi. «Mi lasci andare! E' impazzito? Cosa sta facendo?»
«Lo tenga fermo, Jackson!» ordinò Miss Marple.
«Cosa sta succedendo qui?» domandò il signor Rafiel che era appena entrato con Esther Walters.
«E lei domanda che cosa succede?» gli gridò Tim. «Il suo uomo è diventato matto, matto da legare. Gli dica di lasciarmi!»
«No» si oppose Miss Marple.
Il signor Rafiel la guardò e disse:
«Parli dunque, Nemesi. E giunto il momento delle spiegazioni.»
«Sono stata stupida e pazza» gli spiegò Miss Marple. «Ma adesso non lo sono più, grazie a Dio. Quando avremo fatto analizzare il contenuto di quel bicchiere, scommetto... sì, scommetto la mia anima immortale che sapremo di che si tratta. Una dose letale di narcotico naturalmente, con la quale quel brav'uomo ha tentato di eliminare sua moglie. La storia si ripete, vede? La stessa storia che mi aveva raccontato il maggiore Palgrave. Una moglie in un grave stato di depressione nervosa tenta di togliersi la vita, e il marito la salva appena appena in tempo. Ma la seconda volta la poveretta riesce a suicidarsi. Sì, il sistema è il solito. Il maggiore mi aveva raccontato tutto quanto, ha tirato fuori una istantanea per mostrarmela, ma quando ha alzato il capo ha visto...»
«Dietro la sua spalla destra» continuò il signor Rafiel.
«No» lo corresse Miss Marple, scuotendo il capo. «Non ha visto nulla dietro la mia spalla destra.»
«Ma come? Mi aveva detto...»
«E' lì che ho sbagliato. Per questo dico che sono stata stupida.
Sembrava che il maggiore guardasse al di là delle mie spalle, verso destra. Ma per quanto fissasse, non avrebbe visto nulla perché il suo occhio era di vetro.»
«Sì, ricordo infatti che aveva un occhio di vetro. Ma... intende dire che non poteva vedere nulla?»
«Ci vedeva, ma con un'occhio solo. L'occhio con cui vedeva era il destro. Così lui poteva aver guardato qualcosa o qualcuno non sulla mia destra ma alla sinistra.»
«E c'era qualcuno sulla sua sinistra?»
«Sì. Tim Kendal e la moglie erano seduti poco lontano. A un tavolo vicino a una grossa siepe di ibisco. Stavano facendo i conti. Cosi il maggiore Palgrave guardò in su. Il suo occhio sinistro fissava al di sopra della mia spalla. Ma ciò che vide con il suo occhio valido era un uomo seduto presso una siepe di ibisco, e il viso era lo stesso, solo un po' invecchiato, lo stesso viso della fotografia. E proprio vicino a una siepe di ibisco. Tim Kendal si è accorto di essere stato riconosciuto. Aveva udito la storia del maggiore, perciò decise di eliminarlo. In seguito ha dovuto uccidere anche la cameriera, Victoria, che lo aveva visto mettere un flacone di pillole nella camera del maggiore. Quando la ragazza ha cominciato a fargli qualche domanda ha deciso di sopprimerla per farla tacere. Ma il vero delitto, quello che aveva progettato sin dall'inizio, doveva essere questo. Lui è un uxoricida di professione, vede...»
«Ma che cumulo di bestialità!» gridò Tim.
Poi si udì un grido d'angoscia. Esther Walters si staccò dal signor Rafiel così bruscamente da fargli quasi perdere l'equilibrio e si slanciò contro Jackson, cercando di fargli mollare la presa.
«Lo lasci andare! Non è vero, non c'è una parola di vero! Tim, Tim caro, dimmi che non è vero! Non hai ucciso nessuno, tu, lo so che non ne saresti capace! So che non lo faresti mai! E' tutta colpa di quell'orribile ragazza che hai sposato. E' lei che ha messo in giro delle chiacchiere sul tuo conto. Ma non è vero niente, sono tutte bugie! Io credo in te! Io ti amo e credo in te, non alle menzogne degli altri! Io...»
Allora Tim Kendal prese il controllo di sé.
«E piantala, maledetta strega!» sbottò. «Vuoi farmi impiccare? Chiudi quella boccaccia!»
«Oh, povera stupida creatura...» disse il signor Rafiel a bassa voce.
«Dunque le cose stanno così, eh?
25. Il processo immaginativo di Miss Marple.
«E' andata così, dunque?» domandò il signor Rafiel.
Lui e Miss Marple si erano appartati e ora chiacchieravano confidenzialmente.
«La mia Esther tanto per benino aveva una relazione intima con Tim Kendal!» e abbozzò una smorfia.
«Non credo che si trattasse di un legame del genere» precisò lei con aria pudica. «Diciamo che provava per lui un romantico trasporto e cullava il sogno di un matrimonio futuro.»
«E nel futuro era calcolata anche la morte di Molly?»
«Non credo che la povera Esther sapesse che Molly era destinata a morire. Lei aveva bevuto la favola secondo la quale Molly sarebbe stata innamorata di un altro, un uomo che l'aveva seguita sin qui.
Certo lei contava su un divorzio, perché era convinta dell'indegnità di Molly. No, tra lei e Tim tutto si sarebbe svolto in modo pulito e rispettabile. Ma è un fatto che era innamoratissima di Tim.»
«Questo posso capirlo. Tim è un bel ragazzo. Però mi pare strano che lui si sia innamorato di Esther.»
«Ma lei ha indovinato il motivo, no?»
«Diciamo che ho qualche sospetto, ma lei non dovrebbe saperne nulla.
Né tanto meno avrebbe dovuto saperlo Tim Kendal.»
«Credo di poter spiegare tutto quanto con l'aiuto dell'immaginazione, ma sarebbe più semplice se fosse lei a dirmelo.»
«Non le dirò niente, invece. Visto che è così in gamba, parli lei.»
«Be', mi sembra possibile che il suo Jackson abbia trovato qualcosa di interessante mentre frugava tra i documenti che le appartenevano.»
«Ma le ho già detto che tra quelle carte non c'era nulla che gli potesse servire.»
«D'accordo, ma io immagino che abbia letto il suo testamento.»
«Può darsi. Infatti ne avevo una copia in valigia, ma in quel testamento non ci sono legami che lo riguardano.»
«Va bene; però lei mi ha detto che non aveva lasciato nulla neanche a Esther, e invece non era vero.»
«Come fa a saperlo?»
«Diciamo che l'ho indovinato. Ho una certa esperienza, e quando qualcuno mi dice una bugia me ne accorgo, generalmente.»
«E va bene, mi arrendo. Ho lasciato cinquantamila sterline a Esther.
Lei non ne sapeva nulla, e sarebbe stata una piacevole sorpresa dopo la mia morte. Lei pensa che Tim, saputo ciò, abbia deciso di liberarsi della moglie per sposare Esther e i suoi soldi? E come l'ha saputo Tim?»
«Glielo ha detto Jackson. Quei due erano in rapporti amichevoli, e immagino che, in mezzo a tante piccole confidenze, Jackson avesse anche accennato alla sua "simpatia" per Esther e al malloppo che la sua segretaria avrebbe ereditato.»
«Ha una bella immaginazione, ma ci azzecca sempre.»
«Già, però sono stata stupida, molto stupida. Tutto combaciava in modo così perfetto, eppure mi ci è voluto un secolo prima di capire. Tim Kendal è molto intelligente e molto malvagio. Era bravissimo a diffondere di soppiatto le notizie false. La metà dei pettegolezzi che si sentivano qui era stato lui a metterli in giro. La gente parlava di Molly che avrebbe voluto sposare un tipo indesiderabile, ma io sono certa che quel tipo indesiderabile era lo stesso Tim, anche se allora usava un altro nome. La famiglia di Molly aveva sentito qualche commento poco benevolo sul tizio che la ragazza frequentava e si era indignata, proibendole di rivederlo. Lui si era finto offeso da tante accuse ingiuste e poi, dato che la ragazza era molto innamorata di lui, aveva combinato, d'accordo con lei, un bello scherzo da giocare ai suoi. Magari si erano divertiti tutti e due un mondo a prepararlo, e chissà quanto hanno riso insieme. Lei a un certo punto ha finto di obbedire alla famiglia, sia pure con il cuore gonfio di rimpianto. Non ha più visto il suo innamorato, e a un certo punto ha incontrato Tim Kendal, un bravo giovane munito di credenziali ottime, e la famiglia è stata ben lieta di accoglierlo a braccia aperte, perché il nuovo candidato avrebbe fatto dimenticare a Molly la sua infausta passione per il precedente fidanzato che loro non avevano mai visto. I due giovani si sono sposati, e con i suoi risparmi e la dote di Molly, Tim ha comprato questo albergo e si è trasferito qui con la mogliettina.
Immagino che il denaro di Molly sia sfumato alla svelta. E nel momento cruciale, Tim ha saputo dell'esistenza della vostra segretaria che possedeva già un bel gruzzolo e avrebbe ereditato altro denaro alla sua morte.»
«Perché non mi ha fatto fuori subito?»
Miss Marple tossicchiò.
«Perché prima voleva essere ben sicuro dei sentimenti della signora Walters. E poi...» si interruppe, un po' confusa.
«E poi sapeva che non c'era bisogno di rischiare la galera eliminandomi, dato che non aveva da aspettare molto perché io me ne andassi naturalmente. Il decesso di un milionario fa sempre scalpore, e ci sarebbero state investigazioni a non finire...»
«Proprio così. E' stato abilissimo con quella povera Molly, e le ha insinuato nel cervello un mucchio di fissazioni. Poi ha fatto sì che le capitasse sotto mano "per caso" quel libro sui disordini mentali.
Le propinava delle droghe che le procuravano degli incubi, delle allucinazioni. Sa, il suo Jackson è stato intelligente a questo proposito. Deve aver riconosciuto certi sintomi di Molly e li ha attribuiti alle droghe. E un giorno è scivolato nella stanza da bagno di Molly per vedere se trovava qualcosa di sospetto. L'ho sorpreso mentre esaminava un barattolo di crema per il viso, infatti. Può darsi che l'idea gli sia venuta in seguito alle storie sentite dal maggiore a proposito delle streghe che si cospargevano di unguenti a base di belladonna. Un po' di belladonna nella crema per la pelle, infatti, avrebbe avuto risultati del genere. Molly avrebbe cominciato a soffrire di amnesie, avrebbe fatto dei sogni strani. Non c'è da stupirsi se, a un certo punto, la poveretta si è spaventata. Aveva tutti i sintomi della pazzia, e Jackson aveva visto giusto. I racconti del maggiore lo avevano influenzato, e lui si è messo a indagare per proprio conto.»
«Ah, quel maggiore Palgrave!»
«Si è tirato addosso la morte con le sue chiacchiere, quel disgraziato, e ha causato la morte di Victoria e stava quasi per fare altrettanto con Molly. Però debbo ammettere che in Tim aveva riconosciuto l'assassino.»
«Che cosa le fece ricordare all'improvviso il suo occhio di vetro?»
chiese Rafiel con curiosità.
«Qualcosa che disse la signora de Caspearo. Parlò del suo aspetto sgradevole, e che portava il malocchio. Io dissi ch'era solo per via di un occhio di vetro... Io sapevo di aver udito qualcosa di importante quel giorno, ma solo dopo la morte di Lucky ho capito e mi sono resa conto che non vi era tempo da perdere...»
«Come ha fatto quel furbone a sbagliare vittima?»
«Ci si è messo di mezzo il caso. Lui aveva imbottito sua moglie di droghe, poi le aveva raccontato che sospettava qualcuno degli assassinii e che intendeva prenderlo in trappola. Lei doveva aiutarlo.
A questo scopo le aveva dato appuntamento in riva al ruscello nel cuor della notte. Molly ha obbedito, ma era così confusa che ci ha messo un po' più del previsto ad arrivare. Questo le ha salvato la vita, ma è stato fatale per Lucky. Tim infatti è arrivato. Ha visto nell'oscurità una bionda vestita di bianco, con una sciarpa verde sulle spalle. Non c'è da stupirsi se si è ingannato, dato che stava aspettando Molly. E
non ha perso tempo a esaminarla in faccia. L'ha aggredita alle spalle, le ha messo una mano sulla bocca per impedirle di gridare, poi l'ha cacciata in acqua a faccia in giù e ce l'ha tenuta con mano ferma.»
«Proprio un individuo piacevole! Ma non avrebbe fatto più presto ad accoppare la moglie con gli stupefacenti?»
«Sì, ma non voleva dare adito a sospetti. Infatti, tutti i calmanti e i sonniferi erano stati portati via dalla stanza di Molly. Se lei fosse morta in seguito all'ingestione di altri barbiturici, avrebbero sospettato che era stato lui a somministrarglieli. Invece se Molly, in un momento di depressione, decideva di andare ad affogarsi mentre il suo innocente marito dormiva, si sarebbe trattato senza dubbio di suicidio, e nessuno avrebbe pensato ad altre possibilità.»
«Lei sembra conoscere tutto ciò che c'è da conoscere sugli assassini.
Dunque Tim ignorava di aver ucciso la donna sbagliata, secondo lei?»
Miss Marple scosse la testa.
«Non l'ha nemmeno vista in faccia, le ripeto! L'ha aggredita alle spalle e l'ha spinta giù. Poi ha lasciato passare un'ora, e ha finto di svegliarsi e di accorgersi solo allora che Molly non era al suo fianco. Ha subito organizzato una battuta per andare a cercarla, mostrandosi preoccupatissimo.»
«Ma che diavolo faceva Lucky in riva al ruscello nel cuor della notte?»
Miss Marple tossicchiò imbarazzata.
«Stava... aspettando qualcuno.»
«Edward Hillingdon?»
«Oh no, con quello era finita! Credo... credo che aspettasse Jackson.»
«Jackson?»
«Più di una volta ho notato che lo guardava con un certo interesse»
disse Miss Marple, abbassando pudicamente gli occhi.
Il signor Rafiel emise un fischio.
«Sapevo che era un donnaiolo, ma non mi constava che avesse mirato così alto... Furbacchione! E chissà che colpo ha avuto Tim quando si è accorto di aver ucciso la donna sbagliata.»
«Sì, è stato allora che ha cominciato a perdere la testa. Molly era viva, si aggirava per il giardino e poteva diventare pericolosa. Se qualche specialista l'avesse presa in cura avrebbe capito immediatamente il trucco. Senza contare che poteva dire a qualcuno che il marito le aveva dato appuntamento in riva al ruscello. Non gli restava altra risorsa che quella di ucciderla alla svelta per farla tacere, e ormai non aveva più molta scelta. Forse la gente avrebbe concluso che in una crisi di follia Molly aveva commesso un ultimo delitto nella persona di Lucky Dyson e poi si era tolta la vita.»
«Ed è stato allora che ha deciso di far la parte della Nemesi, eh?» le domandò ridendo.
Si appoggiò all'indietro e scoppiò a ridere. «E' un magnifico scherzo.
Se si fosse vista quella notte, tutta morbida e rosea, mentre pretendeva di essere la Nemesi! Non lo dimenticherò mai!»
Epilogo.
Il momento della partenza era arrivato, e Miss Marple si trovava all'aeroporto in attesa del suo aereo. Un mucchio di gente era andata a salutarla. Non la coppia Hillingdon, che era partita prima di lei.
Né Greg Dyson, che si trovava in un'altra isola, ma che, secondo le chiacchiere della gente, non avrebbe tardato a consolarsi della perdita di Lucky. Neanche la signora de Caspearo, che era tornata alla svelta in Sud America.
Ma Molly era lì. Era pallida e magra, ma aveva superato coraggiosamente lo choc ed era riuscita a riprendersi. Il signor Rafiel aveva fatto venire dall'Inghilterra un esperto nel ramo alberghiero, e ora con il suo aiuto continuava a gestire l'albergo.
«Le farà bene aver molto da fare. Le impedirà di pensare troppo. E
questo posto offre delle ottime possibilità» le aveva detto Rafiel.
Molly aveva obiettato:
«Ma non crede che i delitti...?»
«La gente adora i delitti, una volta che l'assassino non è più nelle condizioni di nuocere» l'aveva rassicurata Rafiel. «Vada avanti, figliola, e su col morale! Soprattutto non deve perdere la fiducia nel genere umano solo perché una volta le è capitato un mascalzone.»
«Parla come Miss Marple; anche lei continua a ripetermi che un giorno incontrerò quello che va bene.»
Il signor Rafiel sogghignò a questo sentimentalismo. Così adesso all'aeroporto c'era Molly, i Prescott, il signor Rafiel ed Esther. Una Esther che pareva molto più vecchia e triste, e con la quale Rafiel si mostrava insolitamente gentile. C'era anche Jackson, che aveva cura del bagaglio di Miss Marple.
Era tutto un sorriso in quei giorni e questo lasciava intendere chiaramente che era stato ben compensato.
Ci fu un rombo nel cielo. L'aero stava atterrando. Le cose erano molto informali in quella località. Niente "Uscita numero 8, oppure Uscita numero 9". Bastava percorrere un piccolo ingresso fiorito per essere sulla pista di decollo.
«Arrivederci, cara Miss Marple " le disse Molly baciandola.
«Arrivederci, e torni a trovarci» disse Miss Prescott stringendole la mano con calore.
«E' stato un piacere conoscerla» aggiunse Jeremy «e mi unisco all'invito di mia sorella.»
«Auguri» disse Jackson «e si ricordi che se ha bisogno di massaggi gratis non ha che da farmi un cenno, e io vengo da lei.»
Soltanto Esther mostrò un certo riserbo, ma Miss Marple finse di non accorgersene. Il signor Rafiel fu l'ultimo ad accomiatarsi e le disse con una smorfia:
«"Ave Caesar, morituri te salutant".»
«Ho paura di non conoscere il latino, mi dispiace...» mormorò Miss Marple.
«Ma questo lo capisce, vero?»
«Sì.» Non disse altro. Sapeva perfettamente quel che lui intendeva.
«Conoscerla è stato un gran piacere per me.»
Poi si diresse verso la scaletta ed entrò nell'aereo.
FINE.