Con molto tatto, Poirot abbandonò l'argomento e parlò d'altro.

« C'è un'altra cosa... una faccenda delicata. Ma sono sicuro di potermi fidare della sua discrezione. »

L'infermiera gongolò. Un largo sorriso apparve sul suo viso sempliciotto.

Poirot continuò:

« Parlo del signor Roderick Welman. A quanto mi hanno detto, era rimasto colpito da Mary Gerrard ».

« Era completamente cotto! »

« Quantunque in quell'epoca fosse fidanzato con la signorina Carlisle? »

« Se vuole sapere la mia opinione, le dirò che non è stato mai veramente carino con la signorina Carlisle. Mai quello che io chiamerei veramente carino. »

Poirot chiese, usando un'espressione un po' antiquata : « E Mary Gerrard... hm... incoraggiava le sue premure? ».

La Hopkins rispose pronta:

« Si è sempre comportata molto bene. Nessuno può dire che abbia civettato con lui ».

« Lo amava? »

« No. »

« Ma le piaceva? »

« Oh, Dio, sì; le piaceva abbastanza. »

« E forse col tempo avrebbe potuto interessarsi a lui? »

L'infermiera lo ammise.

« Può darsi. Ma Mary non avrebbe fatto nulla in fretta. Gli disse che lui non avrebbe dovuto parlarle in quel modo essendo fidanzato con la signorina Elinor. E quando lui si recò a trovarla a Londra, gli ripetè la stessa cosa. »

Con aria di incoraggiante candore, Poirot le chiese: « E lei, che cosa pensa del signor Roderick Welman? ».

« Un giovane abbastanza simpatico. Però è nervoso. Più tardi può essere che diventi dispeptico. Succede spesso a questi tipi nervosi. »

« Voleva molto bene a sua zia? »

« Credo. »

« E stava molto con lei, quando era così malata? »

« Quando ha avuto il secondo colpo? La sera prima della sua morte, quando sono arrivati? Credo che non sia neanche entrato nella camera. »

« Davvero? »

La donna continuò in fretta:

« La signora non chiese di lui. Veramente, non pensavamo che la fine fosse tanto prossima. Ci sono tanti uomini così, sapete, che soffrono di andare nella stanza di una persona malata. E non è mancanza di cuore. Soltanto non vogliono avere impressioni spiacevoli ».

Poirot annuì con comprensione. Poi disse: « È sicura che il signor Welman non sia andato in camera della zia prima della sua morte? ».

« Mentre ero di servizio io, no di certo! La O'Brien venne a darmi il cambio alle tre antimeridiane e può darsi che sia andata a chiamarlo prima della fine; ma se lo ha fatto, non me ne ha parlato ».

« E non potrebbe essere entrato nella stanza mentre lei era assente? »

La donna ringhiò:

« Non lascio mai i miei ammalati senza sorveglianza, signor Poirot ».

« Mille scuse. Non volevo dir questo. Pensavo che forse avrebbe potuto aver bisogno di acqua calda o di scendere per qualche medicinale. »

Raddolcita, l'infermiera rispose: « Sono scesa per cambiare l'acqua calda nelle bottiglie. Sapevo che in cucina c'era una caldaia tenuta a bollire ».

« È rimasta via un pezzo? »

« Forse cinque minuti. »

« E il signor Welman sarebbe potuto entrare in quel frattempo? »

« Se lo ha fatto, dev'essere stato molto svelto. »

Poirot sospirò. Poi disse:

« Come dice lei, gli uomini schivano la visione degli ammalati. Sono le donne gli angeli custodi. Che cosa faremmo senza di loro? Specialmente le donne della sua professione : una vocazione veramente nobile ».

Un po' rossa in faccia, l'infermiera si schermì.

« È molto buono a dir questo. Non ci ho mai pensato. C'è troppo lavoro nel nostro mestiere per aver tempo di pensare al suo lato nobile. »

« E non può dirmi altro su Mary Gerrard? »

Ci fu una pausa piuttosto lunga prima che l'infermiera rispondesse.

« Non so proprio null'altro. »

« Ne è certa? »

La donna replicò in modo un po' incoerente: « Lei non capisce. Volevo bene a Mary ».

« E non c'è proprio nient'altro che possa dirmi? »

« Nient'altro. Mi sembra di essere stata esplicita. »

 

 

 

XI

Dinanzi alla maestosità della signora Bishop nel suo pomposo abito nero, Hercule Poirot sedeva umile e insignificante.

Far parlare la signora Bishop non era facile. Conservatrice di abitudini e di vedute, mal sopportava gli stranieri: e indubbiamente Poirot era straniero. Le sue risposte erano glaciali, mentre osservava con sospetto e diffidenza il piccolo belga.

La presentazione del dottor Lord aveva modificato di poco la situazione.

« Sono sicura » disse la signora Bishop quando il giovane dottore se ne fu andato « che il dottor Lord è un medico molto abile e ha le migliori intenzioni. Il suo predecessore, il dottor Ransome, è stato qui tanti anni! »

Questo voleva dire che si poteva esser certi che il dottor Ransome si sarebbe sempre comportato in maniera conveniente. Il dottor Lord, un giovane irresponsabile, un principiante che aveva preso il posto del dottor Ransome, aveva una sola raccomandazione: "l'abilità" nella sua professione.

E l'abilità sembrava che dicesse tutto il contegno della signora Bishop non bastava!

Hercule Poirot era persuasivo ed efficace. Ma nonostante il fascino che cercava di esercitare, la signora Bishop rimase distante e implacabile.

La morte della signora Welman era un avvenimento molto triste. Era stata una donna assai rispettata nel vicinato. L'arresto della signorina Carlisle era "ignominioso!" ed era evidente il risultato dei nuovi metodi usati dalla polizia. L'opinione della signora Bishop sulla morte di Mary Gerrard era estremamente vaga. "Non saprei, davvero" era tutto quanto Poirot era riuscito a farle dire.

Hercule Poirot giocò la sua ultima carta. Narrò con ingenuo orgoglio una sua recente visita a Palazzo Reale e parlò con ammirazione della semplicità, della bontà e della gentilezza dei Sovrani. La signora Bishop, che seguiva quotidianamente nelle cronache mondane le vicende della Casa Reale, fu conquistata. Dopo tutto, se Loro avevano mandato a cercare il signor Poirot... naturalmente, la cosa era ben diversa.

Straniero o no, chi era lei, Emma Bishop, per ritrarsi quando i Sovrani erano stati così accoglienti?

Adesso lei e il signor Poirot avevano iniziato una piacevole conversazione su un argomento interessante: nientemeno che la scelta di uno sposo adatto per la principessa Elizabeth.

Dopo avere finalmente esaurito tutti i candidati dichiarandoli "non abbastanza buoni", il discorso cadde su personaggi più modesti.

Poirot osservò sentenziosamente:

« Ahimè, il matrimonio è pieno di pericoli e trabocchetti! ».

La signora Bishop replicò:

« Davvero... con quell'obbrobrio del divorzio! ». E sembrava che parlasse di una malattia contagiosa come il vaiolo.

« Immagino » riprese Poirot « che la signora Welman, prima di morire, doveva essere ansiosa di veder sua nipote sistemata in modo conveniente, vero? »

La signora Bishop chinò il capo.

« Senza dubbio » affermò. « Il fidanzamento della signorina e del signor Roderick era stato un gran sollievo per lei. Era una unione che aveva sempre sognato. »

Poirot arrischiò:

« Forse il fidanzamento era stato concluso in parte per il desiderio di compiacerla? ».

 

« Oh no, non direi, signor Poirot. La signorina Elinor ha sempre voluto bene al signor Roddy, fin da quando era piccina; ed era tanto carina! La signorina ha un carattere molto sincero e affettuoso. »

Poirot mormorò:

« E lui? ».

La signora rispose con austerità: « Il signor Roderick era affezionato alla signorina Elinor ».

« Eppure, mi pare che il fidanzamento sia stato rotto. »

La signora Bishop diventò rossa e rispose: « Questo, signor Poirot, a causa delle macchinazioni del serpente nascosto nell'erba ».

Con aspetto convenientemente impressionato Poirot esclamò : « Davvero? ».

Diventando ancora più rossa, la signora Bishop spiegò : « In questo paese, signor Poirot, vi è un certo rispetto quando si parla dei morti. Ma quella ragazza, signor Poirot, lavorava sott'acqua ».

Poirot la guardò pensieroso per un istante.

Quindi, con apparente mancanza di scaltrezza, disse: « Mi stupisce. Avevo avuto l'impressione che fosse una creatura molto semplice e senza pretese ».

Il mento della signora Bishop tremò alquanto.

« Era furba, signor Poirot. La gente si lasciava incantare da lei. Per esempio quell'infermiera Hopkins! Sicuro, e anche la mia povera padrona. »

Poirot chinò il capo con simpatia e fece schioccare la lingua.

« Glielo assicuro » continuò la signora Bishop incoraggiata. « Povera donna, cominciava a declinare e quella ragazza era riuscita a insinuarsi nella sua fiducia. Oh, sapeva quel che faceva! Le stava sempre intorno, le leggeva ad alta voce, le portava mazzolini di fiori... ed era sempre Mary di qua, Mary di là, e "dov'è Mary?". E il denaro che ha speso per quella ragazza! Scuole e studi all'estero... e non era altro che la figlia del vecchio Gerrard! A lui non piaceva affatto tutto questo, glielo garantisco io! Si lamentava sempre delle sue arie da signora. Una creatura spostata: ecco che cos'era. »

Questa volta Poirot disse commiserando: « Ma guarda, guarda! ».

« E poi, attirare il signor Roddy in quel modo! Lui era troppo semplice per rendersene conto. E la signorina Elinor, così carina, certo non immaginava quello che stava accadendo. Ma gli uomini sono tutti uguali: è facile conquistarli con le lusinghe e con un bel visino. »

Poirot sospirò.

« Immagino che avesse anche degli ammiratori della sua condizione? » chiese.

« Senza dubbio. C'era Ted, il figlio di Rufus Bigland; un simpaticissimo ragazzo.

Ma no, la signorina si sentiva troppo al dì sopra! Io non le potevo sopportare tutte quelle arie!»

« E lui fu irritato per il modo in cui lo trattò? »

« Sicuro! L'accusò di avere tirato il roccolo al signor Roddy. Lo so con certezza. E non posso biasimare il ragazzo di essersi adirato! »

« Neanch'io. Lei mi interessa moltissimo, signora Bishop. Alcune persone hanno la particolarità di saper presentare un personaggio in modo chiaro ed efficace con poche parole. È un gran dono. Almeno, ho un ritratto preciso di Mary Gerrard. »

« Badi che non ho detto una parola contro la ragazza! Non farei mai una cosa simile verso una morta. Ma non c'è dubbio che ha cagionato un'infinità di guai. »

Poirot mormorò:

« Chissà come sarebbe andata a finire? ».

« È quel che dico anch'io! Davvero, signor Poirot, se la mia cara signora non fosse morta allora (per quanto sia stato un colpo tremendo, capisco adesso che è stata una grazia di Dio), non so come sarebbe andata a finire. »

« Che vuol dire? » chiese Poirot invitante.

La signora Bishop rispose solennemente: « Sono cose accadute altre volte. È capitato quando mia sorella era al servizio: una volta, quando il vecchio colonnello Randolph morì e lasciò fino all'ultimo centesimo a una scioccherella che stava a Eastbourne, diseredando la sua povera moglie; e un'altra volta, quando la vecchia signora Dacres, che aveva figli e figlie sposate, lasciò tutto all'organista della chiesa, uno di quei giovanotti coi capelli lunghi ».

« Pensa che la signora Welman avrebbe potuto lasciare il suo patrimonio a Mary Gerrard? »

« Non ne sarei stata sorpresa! Senza dubbio, era questo lo scopo della ragazza. E se io mi arrischiavo a dire una parola, la signora Welman mi saltava addosso benché fossi al suo servìzio da quasi vent'anni. Il mondo è ingrato, signor Poirot. Uno cerca di fare il proprio dovere e non è apprezzato. »

« Ahimè » sospirò Poirot « com'è vero questo! »

« Ma la cattiveria non sempre trionfa! »

« Giustissimo. Mary Gerrard è morta... » « È andata a rendere i conti » fece la signora Bishop a guisa di consolazione « e non tocca a noi giudicarla. » Poirot rifletté:

« Le circostanze della sua morte sembrano proprio inesplicabili ».

« Questa polizia con le sue idee moderne! » esclamò la signora Bishop. « Ma è possibile che una signorina, di buona educazione come la signorina Elinor, vada in giro avvelenando la gente? E cercano di trascinare dentro anche me dicendo che io ho affermato che il suo modo di fare era strano! »

« Ma non lo era? »

« E perché non avrebbe dovuto esserlo? La signorina Elinor è una ragazza piena di sentimento. Stava frugando nella roba di sua zia e questo è sempre un compito doloroso. »

« Sarebbe stato meno triste per lei, se lei l'avesse accompagnata. »

« È quel che volevo fare, signor Poirot; ma lei rifiutò con asprezza. Le dirò che la signorina Elinor è sempre stata molto coraggiosa e riservata. Però sarei stata ben contenta di andare con lei. »

« E non ha pensato di seguirla a casa? »

La signora Bishop agitò il capo maestosamente.

« Io non vado dove non sono desiderata, signor Poirot. »

Poirot sembrò mortificato. Proseguì mormorando: « Del resto, aveva senza dubbio da fare qualche cosa di importante, quella mattina ».

« Ricordo che era una giornata molto calda. Soffocante. » Sospirò. « Andai al cimitero a portare dei fiori sulla tomba della povera signora Welman; un segno di rispetto; e dovetti rimanere là a riposarmi per un poco. Ero proprio disfatta dal caldo. Tornai a casa tardi per colazione e mia sorella fu tutta sconvolta vedendo in che stato ero. Mi disse che non avrei dovuto andarci in una giornata come quella. »

Poirot la guardò con ammirazione. Poi disse: « La invidio, signora Bishop. È veramente bello non avere nulla da rimproverarsi dopo una morte. Scommetto che il signor Roderick Welman si rammaricherà di non essersi recato quella sera a vedere sua zia, anche se, naturalmente, non poteva sapere che lei si sarebbe spenta così presto ».

« Oh, ma è in errore, signor Poirot! Questo glielo posso assicurare. Il signor Roddy è andato nella camera di sua zia. Io mi trovavo sul pianerottolo. Avevo sentito che l'infermiera era scesa e pensai che forse era bene andare a vedere se la signora non avesse bisogno di nulla. Sa come sono queste infermiere: stanno sempre a chiacchierare con le persone di servizio o a tormentarle chiedendo loro un'infinità di cose. Non che la Hopkins sia così antipatica come quell'irlandese coi capelli rossi. Quella sì, che stava sempre a spettegolare! Ma, come stavo dicendo, andai a vedere se non c'era bisogno di nulla, e in quel momento vidi il signor Roddy che entrava furtivamente nella camera di sua zia. Non so se lei lo abbia riconosciuto o no; ad ogni modo, lui non ha nulla da rimproverarsi. »

« Mi fa piacere. Soprattutto perché quel giovane ha un temperamento un po' nervoso. »

« È soltanto piuttosto capriccioso. Lo è sempre stato. »

« Signora Bishop, lei è evidentemente una donna piena di comprensione. Mi sono fatto un alto concetto del suo giudizio. Quale pensa che sia la verità sulla morte di Mary Gerrard? »

La signora Bishop sbuffò.

« Mi sembra abbastanza chiaro! Uno di quegli orribili barattoli di pasta per tartine di Abbott. Li tengono negli scaffali per mesi e mesi! Una mia cugina in secondo grado una volta si ammalò e stette per morire dopo aver mangiato dell'aragosta in scatola. »

Poirot obiettò:

« E la morfina trovata nel corpo? ».

La signora Bishop rispose con superiorità: « Io non ne so niente della morfina! Ma so come sono ì medici : dite loro di cercare qualche cosa, e la troveranno! Della pasta d'acciughe o altro pesce deteriorato, non è abbastanza, per loro! ».

« E non crede possibile che si sia uccisa? »

« Lei? » e la signora Bishop rise con disprezzo. « No davvero... Non si era messa in mente di sposare il signor Roddy? Si figuri se si ammazzava! »

 

 

 

XII

Poiché era domenica, Hercule Poirot trovò Ted Bigland alla fattoria di suo padre.

Non fu difficile indurre il giovane a parlare. Parve anzi che questi approfittasse volentieri dell'occasione, come se fosse un sollievo per lui.

Disse con aria pensierosa:

« Dunque sta cercando di scoprire chi ha ucciso Mary? È un cupo mistero ».

« Allora, lei non crede che sia stata la signorina Carlisle a ucciderla? »

Ted Bigland aggrottò la fronte: la sua espressione era perplessa, quasi infantile. Poi disse esitante:

« La signorina Elinor è una signora. È un tipo... insomma. Non si può immaginare che faccia una cosa simile... un gesto violento, se capisce quel che voglio dire. Dopo tutto, non è probabile vero, signore? che una bella signorina vada a commettere un simile delitto! ».

Poirot annuì con aria assorta. Poi disse: « No, non è probabile... ma quando c'è la gelosia... ».

Fece una pausa osservando il bel gigante biondo che aveva davanti.

Ted Bigland replicò:

« Gelosia? So che può succedere; ma di solito è l'alcool, o il rimuginare un pensiero che fa veder rosso e fa commettere una follia. La signorina Elinor... una graziosa e tranquilla signorina come lei... ».

« Eppure Mary Gerrard è morta. E non è morta di morte naturale. Può immaginare... può dirmi qualcosa che mi aiuti a scoprire chi l'ha uccisa? »

L'altro crollò il capo lentamente.

« Non mi sembra vero. Non mi sembra possibile, se vuole la mia opinione, che qualcuno possa aver ucciso Mary. Era... come un fiore. »

E a un tratto, per un minuto, Hercule Poirot ebbe una nuova concezione della ragazza morta. In quella voce rustica e titubante, Mary viveva e sbocciava nuovamente. "Era come un fiore..."

E vi fu improvvisamente un doloroso senso di vuoto, come se qualche cosa di squisito fosse stato distrutto...

Nella sua mente le frasi si succedevano l'una all'altra. Quella di Peter Lord: "Era una graziosa creatura". Dell'infermiera Hopkins: "Avrebbe potuto fare del cinema".

Quella velenosa della signora Bishop: "Non potevo sopportare tutte quelle arie". E ora l'ultima, che faceva dimenticare tutte le altre espressioni; la tranquilla ammirazione: "Era come un fiore...".

« Ma allora...? » fece Hercule Poirot, e aperse le braccia con un ampio gesto desolato.

Ted Bigland scosse il capo. I suoi occhi avevano ancora lo sguardo vitreo e fisso di un animale sofferente. Disse :

« Lo so, signore. So che quel che dice è vero. Non è morta di morte naturale. Ma mi sono domandato... ».

Si interruppe.

« Ebbene? » fece Poirot.

Ted Bigland riprese, quasi studiando le parole: « Mi sono chiesto se non poteva essere stata una disgrazia ».

« Una disgrazia? Che specie di disgrazia? »

« Lo so, signore. Lo so. Non è verosimile. Ma continuo a pensare e ripensare e mi pare che debba essere stato così. Qualche cosa che non doveva avvenire o che doveva avvenire diversamente... Insomma... sì, una disgrazia. »

Guardò Poirot con aria supplichevole, imbarazzato dalla propria mancanza di eloquenza.

Poirot rimase in silenzio per un minuto o due. Sembrò riflettere. Finalmente disse: « È interessante che lei senta questo ».

Ted Bigland replicò quasi scusandosi: « Forse per lei ciò che dico sembra privo di senso. Non riesco a dire il come e il perché : è una semplice sensazione, la mia ».

« A volte » disse Poirot « la sensazione, l'intuito sono una guida importante...

Spero che mi perdonerà se le sembra che io scavi in un terreno doloroso. Ma... era molto attaccato a Mary Gerrard, non è vero? »

Un cupo rossore invase il volto abbronzato.

Ted rispose semplicemente:

« Credo che tutti lo sappiano qui attorno ».

« Voleva sposarla? »

« Sì. »

« Ma lei... non voleva? »

Il volto di Ted si oscurò. Con una sfumatura di collera repressa rispose: « La gente tante volte crede di far bene, ma non dovrebbe immischiarsi nella vita degli altri sciupandola. Tutta quella istruzione e i viaggi all'estero! Avevano cambiato Mary. Non dico che l'avessero guastata o che lei fosse diventata orgogliosa : questo no. Ma... era come sbalordita. Non sapeva più in che mondo vivesse. Era... sì, diciamolo crudamente: era troppo fine per me; ma non lo era abbastanza per un vero signore come il signor Welman ».

Poirot osservò:

« Non ha simpatia per il signor Welman? ».

Con semplice violenza Ted Bigland ribatté:

« Perché diamine dovrei averne? Il signor Welman è una persona perbene. Non ho nulla contro di lui. Ma non è quello che io potrei chiamare un uomo. Potrei prenderlo e spezzarlo in due. Immagino che sia intelligente... ma è una cosa che non serve molto se, per esempio, la sua automobile ha un guasto. Può conoscere il principio che la fa camminare; questo non le impedisce di essere impacciato come un bambino quando non c'è da fare altro che tirar fuori il serbatoio e dargli una pulita ».

« Senza dubbio lei lavora in un garage? »

Il giovane accennò di sì.

« Da Henderson, in fondo alla strada. »

« Ed era là la mattina in cui... accadde...? »

« Sì, provavo la macchina di un signore. C'era un guasto e non riuscivo a trovarne la causa. La feci girare per un po' di tempo. Ora sembra curioso a pensarci. Era una bella giornata e c'era ancora un po' di caprino foglio sulle siepi... A Mary piaceva il caprifoglio. Prima che andasse all'estero andavamo a coglierlo. »

Nuovamente il suo viso ebbe quell'espressione perplessa e infantile.

Hercule Poirot tacque.

Con un sussulto Ted Bigland uscì dal suo sogno.

« Perdoni, signore, dimentichi ciò che ho detto del signor Welman. Ero irritato... per il fatto che gironzolava intorno a Mary. Avrebbe dovuto lasciarla in pace. Non era una ragazza per lui... no davvero. »

« Crede che lei si interessasse al signor Roderick? »

Ted Bigland aggrottò nuovamente la fronte.

« Veramente... non so. Potrebbe essere. Non potrei dire. »

« C'era qualche altro uomo nella vita di Mary? Qualcuno, per esempio, conosciuto all'estero? »

« Non saprei. Non ha mai parlato di nessuno. »

« Nemici... qui a Maidensford? »

« Vuol dire qualcuno che ce l'avesse con lei? » crollò il capo. « Nessuno la conosceva molto bene. Ma tutti l'avevano in simpatia. »

« Anche la signora Bishop, la governante di Hunterbury? »

Ted ebbe un breve sorriso e rispose: « Oh, non era altro che un po' di gelosia! La vecchia signora era seccata perché la signora Welman aveva un debole per Mary ».

« E Mary Gerrard era felice quando stava qui? Voleva bene alla signora Welman? »

« Credo che sarebbe stata abbastanza felice se l'infermiera l'avesse lasciata in pace. Intendo l'infermiera Hopkins. Era lei che le metteva in testa l'idea di guadagnarsi da vivere e di andare a imparare il massaggio. »

« Però voleva bene a Mary, no? »

« Oh sì, le voleva bene abbastanza; ma è uno di quei tipi che sanno sempre ciò che è meglio per le altre persone. »

Poirot parlò lentamente:

« Ammesso che l'infermiera Hopkins sappia qualcosa... diciamo qualcosa che potrebbe gettare una luce sfavorevole su Mary... crede che starebbe zitta? ».

Ted Bigland lo guardò con curiosità.

« Non capisco Bene quel che vuol dire, signore. »

« Crede che se l'infermiera Hopkins sapesse qualche cosa contro Mary Gerrard, sarebbe capace di tenere la lingua a posto? »

« Non credo possibile che tenga la lingua a posto per nessuna cosa! È la più grande pettegola del villaggio. Ma se dovesse tacere sul conto di qualcuno, certo lo farebbe per Mary. » Poi soggiunse, vinto dalla curiosità : « Vorrei sapere perché mi chiede questo ».

Hercule Poirot rispose:

« Che vuole, parlando con la gente si hanno certe impressioni. La Hopkins, secondo ogni apparenza, è stata perfettamente franca e sincera; ma ho avuto la netta impressione che mi tacesse qualcosa. Non è necessariamente una cosa importante. Può anche non avere alcun rapporto col delitto. Ma c'è qualcosa che sa e che non ha detto. Mi sono quindi formato l'impressione che questa cosa qualunque cosa sia è decisamente dannosa per la memoria di Mary... ».

Ted Bigland lo fissò con aria smarrita.

Hercule Poirot sospirò:

« Insomma, a suo tempo riuscirò a saperlo ».

 

 

 

XIII

Poirot guardò con interesse il viso lungo e intelligente di Roderick Welman.

I nervi di Roddy erano in condizioni pietose. Le sue mani si contraevano, i suoi occhi erano arrossati, e la sua voce rauca.

Guardando il biglietto da visita, disse: « Certamente la conosco di nome, signor Poirot. Ma non so cosa il dottor Lord creda che lei possa fare in questa faccenda! E comunque, che c'entra lui? Curava mia zia, ma per il resto è assolutamente un estraneo. Elinor e io non lo conoscevamo nemmeno, prima di venire qui in giugno. Certamente tocca a Seddon occuparsi di tutto ».

« Tecnicamente » rispose Poirot « quello che dice è corretto. »

Roddy continuò con angoscia:

« Non che Seddon mi ispiri molta fiducia. È così terribilmente tetro ».

« È un'abitudine degli avvocati. »

« Eppure » riprese Roddy « abbiamo assunto Bulmer. Pare che sia il migliore, no? »

« Ha la reputazione di difendere le cause disperate. »

Roddy si accasciò visibilmente.

Poirot riprese:

« Non le dispiacerà, spero, se tento di aiutare in qualche modo la signorina Elinor Carlisle? ».

« No, no di certo! Ma... »

« Ma che cosa posso fare? È questo che vuol dire? »

Un rapido sorriso passò sul volto di Roddy, un sorriso così improvvisamente seducente che Hercule Poirot comprese la sottile simpatia che emanava da quell'uomo.

« Detto così » fece Roddy quasi scusandosi « può sembrare un po' scortese. Ma in verità, questo è il punto. Non starò a menare il can per l'aia. Che cosa può fare, signor Poirot? »

« Posso cercare la verità. »

« Già. » Roddy sembrò un po' dubbioso.

Poirot riprese:

« Posso scoprire dei fatti che potrebbero giovare all'accusata ».

Roddy sospirò.

« Magari! »

Poirot proseguì:

« È il mio desiderio più vivo. Vuole aiutarmi dicendomi esattamente ciò che pensa di tutta questa faccenda? ».

Roddy si alzò e si mise a camminare per la stanza.

« Che posso dire? Tutto è talmente assurdo... fantastico! La sola idea che Elinor

Elinor che conosco da bambina possa aver compiuto un gesto così melodrammatico come quello di avvelenare una persona... È addirittura ridicolo! Ma come spiegarlo ai giurati? »

« Considera assolutamente impossibile che la signorina Carlisle abbia fatto una cosa simile? »

« Assolutamente! Elinor è una creatura squisita dotata di ammirevole calma e di perfetto equilibrio senza alcuna violenza nel suo temperamento. È intelligente, sensibile, e completamente priva di brutali passioni. Ma mettete su un banco dodici imbecilli, e Dio sa quel che si può far loro credere! E in fin dei conti, siamo ragionevoli: essi non vengono a giudicare un carattere ma a vagliare delle prove. Fatti fatti fatti! E i fatti sono un vero disastro! »

Poirot annuì pensieroso.

Poi rispose:

« Lei è un uomo, signor Welman, dotato di sensibilità e intelligenza. I fatti condannano la signorina Carlisle. La conoscenza che ha di lei l'assolve. Che cosa dunque è veramente accaduto? Che cosa può essere accaduto? ».

Roddy aprì le braccia con un gesto di esasperazione.

« Questo è l'assurdo! Non potrebbe essere stata l'infermiera? »

« Non si è mai avvicinata alle tartine oh, ho eseguito l'inchiesta con molta minuzia e non potrebbe avere avvelenato il tè senza avvelenarsi anche lei. Di questo mi sono assicurato. Del resto, perché avrebbe voluto uccidere Mary Gerrard? »

« Perché chiunque avrebbe potuto volerla uccidere? » esclamò Roddy.

« Questa mi sembra la domanda a cui non si riesce a trovare risposta. Nessuno desiderava uccidere Mary Gerrard. » (Dentro di sé soggiunse: eccetto Elinor Carlisle). « Perciò logicamente bisognerebbe dire : Mary Gerrard non fu uccisa! Ma purtroppo non è così. È stata uccisa! »

E soggiunse, un po' melodrammaticamente: « È nella tomba, ahimè e la luce è scomparsa! ».

« Come? » fece Roddy.

Hercule Poirot spiegò:

« Woodsworth. Lo leggo molto. Forse questi due versi esprimono ciò che sente? ».

« Io? » Roddy appariva rigido, inavvicinabile.

Poirot riprese:

« Domando scusa! È tanto difficile fare un'inchiesta e conservare tutte le forme...

Ci sono cose che non bisognerebbe dire... Ma, ahimè, un investigatore è costretto a dirle! Deve interrogare le persone sui loro affari e sui loro sentimenti! ».

« Ma tutto questo » interruppe Roddy « è proprio necessario? »

Poirot rispose in fretta, umilmente: « Bisogna che io comprenda bene la posizione... Poi abbandoneremo questo spiacevole argomento e non vi torneremo più su. D'altronde è notorio, signor Welman, che lei... ammirava Mary Gerrard. Credo che sia vero ».

Roddy si avvicinò alla finestra. Giocherellò con la nappa della tendina. Finalmente rispose.

« Sì. »

« Era innamorato di lei? »

« Credo. »

« E ora ha il cuore spezzato per la sua morte... »

« Ma... credo... veramente, signor Poirot... »

Si volse: era un tipo nervoso, sensibile, irritabile, che stava sulla difesa.

Poirot riprese:

« Se vuol dirmi... spiegarmi chiaramente... poi non ne parleremo più ».

Roddy Welman sedette su una poltrona. Non guardò il suo interlocutore. Parlò a scatti.

« È difficile spiegare... Bisogna proprio approfondire questa cosa? »

« Nella vita non si può sempre passare al largo dalle impressioni spiacevoli, signor Welman! Ha detto che crede di essere stato innamorato della ragazza. Vuol dire che non ne è certo? »

« Non so... Era così bella... Come un sogno! Questo è ciò che mi sembra adesso: un sogno! Non reale... La prima visione... La mia... sì, la mia infatuazione per lei!

Una specie di follia! E ora tutto è finitofinito... come se... come se non fosse mai accaduto.»

Poirot agitò il capo.

« Capisco » mormorò.

Poi soggiunse:

« Lei non era in patria al momento della sua morte? ».

« No, partii per l'estero il 9 luglio e tornai il 1° agosto. Il telegramma di Elinor mi seguì da un luogo all'altro. Appena ricevuta la notizia mi affrettai a tornare. »

« Dev'essere stato un gran colpo per lei, se era così attaccato alla ragazza. »

Vi era amarezza ed esasperazione nella voce di Roddy quando rispose: « Perché debbono accadere simili cose? È contrario a tutto... a tutto ciò che ci si può aspettare in una vita normale! ».

« Ma la vita è così » replicò Poirot. « Non permette che la si disponga e preordini secondo la propria volontà. Non permette di sfuggire all'emozione, di vivere secondo l'intelletto e la ragione! Non si può dire: "Voglio sentire tanto e niente di più". La vita, signor Welman, comunque sia non è ragionevole! »

« Infatti, così pare... »

Poirot riprese:

« Una mattina di primavera, il visino di una bella ragazza... ecco tutta una vita ben preordinata completamente sconvolta ».

Roddy si accasciò e Poirot continuò: « A volte è qualche cosa di più di un semplice bel visino. Che cosa sapeva sul conto di Mary Gerrard, signor Welman? ».

« Che cosa sapevo? » rispose cupamente Roddy. « Ben poco: me ne accorgo adesso. Era dolce e gentile; ma in verità non so nulla... assolutamente nulla... Forse è per questo che non ne sento la mancanza... »

La sua ostilità e il suo risentimento erano scomparsi. Parlava con naturalezza e semplicità. Poirot, al suo solito, aveva abbattuto le difese dell'antagonista. Roddy sembrava provare un certo sollievo a sfogarsi.

« Dolce... gentile... non molto intelligente. Sensibile, credo, e buona. Aveva una finezza che non ci si sarebbe aspettati di trovare in una ragazza della sua condizione. »

« Era tipo da crearsi inconsciamente dei nemici? »

Roddy crollò il capo in vigoroso diniego.

« No, no, non posso immaginare che qualcuno avesse antipatia per lei... che la detestasse veramente. Il piccolo rancore è una cosa diversa. »

« Rancore? » fece vivamente Poirot. « Crede dunque che qualcuno nutrisse rancore nei suoi riguardi? »

Roddy rispose distratto:

« Dev'essere stato così... data quella lettera ».

Poirot si volse bruscamente.

« Che lettera? »

Roddy arrossì e parve seccato.

« Oh, nulla d'importante » replicò.

« Che lettera? » ripetè Poirot.

« Una lettera anonima. »

Parlava con riluttanza.

« Quando arrivò? A chi era diretta? »

Roddy spiegò, controvoglia.

Hercule Poirot mormorò:

« Questo è interessante. Posso vedere quella lettera? ».

« Purtroppo no. Per dire la verità, l'ho bruciata. »

« Perché, signor Welman? »

Roddv rispose rigidamente:

« Perché in quel momento mi parve naturalissimo farlo ».

« E in seguito a quella lettera, lei e la signorina Elinor vi affrettaste a recarvi a Hunterbury? »

« Ci recammo dalla zia, sì. Ma non ci affrettammo. »

« Ma eravate un po' inquieti, no? Forse anche allarmati? »

Sempre rigidamente, Roddy rispose: « Questo non posso ammetterlo ».

« Ma sarebbe stato naturale » esclamò Hercule Poirot. « La vostra eredità quella che vi era stata promessa era in pericolo! È naturale che foste inquieti! Il denaro è una cosa importante! »

« Non tanto quanto sembra a lei. »

« Questo distacco dalle cose terrene è davvero straordinario! »

Roddy arrossì. Poi riprese:

« Oh Dio, certo il denaro aveva importanza anche per noi. Non ne eravamo completamente indifferenti. Ma il nostro scopo principale era... di vedere la zia e assicurarci che tutto andasse bene ».

« E allora vi recaste in campagna. A quell'epoca vostra zia non aveva fatto testamento. Ma poco tempo dopo ebbe un altro attacco. Mostrò allora il desiderio di mettere per iscritto le sue ultime volontà; ma forse con molta convenienza per la signorina Carlisle muore la notte prima di poter effettuare questo desiderio. »

« Senta, che cosa vuole insinuare? » L'espressione di Roddy era furibonda. Poirot rispose con la prontezza del lampo: « Mi ha detto, signor Welman, per quanto concerne la morte di Mary Gerràrd, che il movente attribuito a Elinor Carlisle è assurdo... che lei non era (ha soggiunto enfaticamente) tipo da compiere una cosa simile. Ma ora vi è un'altra interpretazione. »

« La signorina Carlisle aveva ragione di temere di essere diseredata in favore di un'estranea. La lettera l'aveva avvertita... le parole poco intelligibili di sua zia confermarono questo timore. Nel vestibolo c'è una borsa da prontosoccorso con varie droghe e medicinali. È facile sottrarre un tubetto di morfina. E dopo, a quanto ho saputo, lei è rimasta sola nella stanza dell'ammalata, mentre lei era a pranzo con le infermiere... ».

Roddy esclamò:

« Dio mio, signor Poirot, che cosa vuole supporre adesso? Che Elinor ha ucciso zia Laura? Non esiste un'idea più ridicola! ».

« Ma sa, vero, che è stato chiesto un permesso di esumazione per il corpo della signora Welman? »

« Sì, lo so. Ma non troveranno nulla! »

« E se trovassero? »

« Non troveranno! » Roddy parlava con sicurezza.

Poirot crollò il capo.

« Non ne sono tanto sicuro. E vi era una sola persona che si sarebbe avvantaggiata della morte della signora Welman in quel momento... »

Roddy sedette. Era pallidissimo, e tremava. Quindi mormorò : « Credevo... che fosse dalla sua parte... ».

« Da qualunque parte sì sìa, bisogna considerare i fatti! Credo, signor Welman, che lei abbia sempre preferito, nella vita, evitare ogni verità spiacevole, quando era possibile. »

« Perché tormentarsi a guardare il lato peggiore di ogni cosa? » chiese Roddy.

Poirot replicò gravemente:

« Perché a volte è necessario... ».

Fece una breve pausa, quindi continuò: « Contempliamo dunque la possibilità che la morte di sua zia sia dovuta a somministrazione di morfina. Che ne dice? ».

Roddy crollò il capo, smarrito.

« Non saprei. »

« Ma deve cercar di pensare. Chi potrebbe avergliela data? Ammetterà che Elinor Carlisle aveva la più favorevole delle occasioni per far questo! »

« E le infermiere? »

« Senza dubbio, ognuna di loro avrebbe potuto farlo. Ma la Hopkins si preoccupò subito della scomparsa del tubetto e lo disse chiaramente. Avrebbe potuto farne a meno. Il certificato di morte era stato firmato. Perché richiamare l'attenzione sulla mancanza della morfina se fosse stata colpevole? Anche così, sarà probabilmente rimproverata per la sua disattenzione; ma se poi fosse stata lei ad avvelenare la signora Welman, sarebbe stata troppo idiota a richiamare l'attenzione sulla morfina. Del resto, che utile avrebbe avuto dalla morte della signora? Nessuno. Lo stesso si può dire per la O'Brien. Avrebbe potuto somministrare la morfina dopo averla presa dalla borsa della sua collega; ma... a che scopo? »

Roddy crollò il capo.

« Tutto questo è vero. »

« Poi c'è lei » affermò Poirot imperturbabile.

Roddy lo fissò come un cavallo ombroso.

« Io? »

« Certamente. Lei può aver sottratto la morfina. Può averla data alla signora Welman. È stato solo con lei per un breve periodo di tempo, quella notte. Ma anche lei... a che scopo? Se sua zia avesse vissuto abbastanza da esprimere le sue volontà, è probabile che lei sarebbe stato nominato nel testamento. Quindi anche per lei non vi è motivo. Solo due persone lo avevano. »

Gli occhi di Roddy si illuminarono.

« Due persone? »

« Sì. Una era Elinor Carlisle. »

« E l'altra? »

Poirot rispose lentamente:

« L'altra era quella che ha scritto la lettera anonima ».

Roddy parve incredulo.

« Qualcuno » riprese Poirot « scrisse la lettera; qualcuno che odiava Mary Gerrard o perlomeno aveva antipatia per lei; qualcuno che era "dalla parte vostra". Qualcuno, insomma, che non desiderava che Mary Gerrard beneficiasse della morte della vecchia signora. Ora lei non ha alcuna idea, signor Welman, di chi abbia potuto scrivere quella lettera? » Roddy scosse la testa.

« Nessunissima. Era una lettera con errori di ortografia, scritta da un ignorante. »

Poirot agitò una mano.

« Questo non vuol dir nulla! Avrebbe potuto essere stata scritta da una persona colta che ha cercato di sviare il destinatario. Perciò vorrei che non l'avesse distrutta...

Di solito quelli che cercano di scrivere in modo rozzo si tradiscono in qualche particolare. » Roddy rispose dubbioso: « Elinor e io pensammo che fosse stato qualcuno della servitù ».

« Non immagina chi? »

« No, neanche lontanamente. »

« Non avrebbe potuto essere, secondo lei, la signora Bishop, la governante? »

Roddy sembrò scandalizzato.

« Oh no; è una persona molto rispettabile anche se arrogante. Scrive delle belle lettere, con molta attenzione, con parole lunghe e ricercate. Del resto, sono sicuro che non avrebbe mai... »

Poiché esitava, Poirot interloquì: « Non aveva simpatia per Mary Gerrard! ».

« Credo di no. Però non mi sono mai accorto di nulla. »

« Ma forse lei non bada a molte cose, signor Welman. »

Dopo una pausa, Roddy chiese:

« Lei non crede, signor Poirot, che mia zia potrebbe aver preso da sola la morfina? ».

« Potrebbe darsi. »

« Detestava di essere così... così invalida. Diceva spesso che avrebbe preferito morire. »

« Ma non si sarebbe potuta alzare dal letto, non avrebbe potuto scendere le scale e prendere il tubetto di morfina nella borsa dell'infermiera! »

« No, ma qualcuno avrebbe potuto farlo per lei. »

« Chi? »

« Dio mio, una delle infermiere. »

« No, nessuna delle due. Sanno troppo bene in che pericoli incorrono! Le infermiere sono le ultime persone sospettabili. »

« Allora... qualcun altro... »

Rimase un attimo con gli occhi fissi e la bocca aperta.

Poirot chiese, calmo:

« Si è ricordato qualcosa, non è vero? ».

« Sì... ma... »

« Non sa se dirmelo... »

« Precisamente... »

Con un bizzarro sorriso che gli sollevava gli angoli della bocca, Poirot chiese:

« Quando lo ha detto la signorina Carlisle? ».

Roddy trasse un profondo respiro.

« Per Giove, lei è uno stregone! È stato in treno, mentre andavamo dalla zia. Avevamo ricevuto il telegramma che diceva che zia Laura aveva avuto un altro colpo. Elinor disse che era tanto addolorata, pensava che la poveretta detestava essere così ammalata; che ora sarebbe stata anche più invalida e che ne avrebbe sofferto immensamente. E disse: "Bisognerebbe laciar libere le persone di farla finita, se veramente lo desiderano". »

« E lei che disse? »

« Le diedi ragione. »

Poirot parlò gravemente.

« Or ora, signor Welman, lei ha escluso la possibilità che la signorina avesse ucciso sua zia per interesse. Esclude anche la possibilità che l'abbia uccisa... per compassione? »

Roddy rispose:

« Io... no... non posso... ».

Poirot chinò il capo.

« Ecco... Ero sicuro... che avrebbe risposto così. »

 

 

 

XIV

Nell'ufficio dei signori Seddon, Ridgeway & Seddon, Hercule Poirot fu ricevuto con estrema circospezione per non dire con diffidenza.

Il signor Seddon, stropicciandosi con l'indice il mento ben rasato, rispose in modo piuttosto evasivo, e coi suoi penetranti occhi grigi scrutò pensierosamente l'investigatore.

« Senza dubbio il suo nome mi è noto, signor Poirot. Ma non riesco a comprendere quale sia la sua posizione nel caso attuale. »

« Agisco, signore, nell'interesse della sua cliente. »

« Davvero? E chi... hm... le ha dato questo incarico? »

« Sono qui dietro richiesta del dottor Peter Lord. »

Le sopracciglia del signor Seddon si inarcarono considerevolmente.

« Davvero! Questo mi sembra molto irregolare. Mi pare, a quanto ho sentito, che il dottor Lord sia citato come testimone a carico. »

Poirot crollò le spalle.

« E che importa questo? »

Il signor Seddon riprese:

« Le disposizioni per la difesa della signorina Carlisle sono interamente nelle nostre mani. Veramente non credo che occorra nessun aiuto supplementare ».

Poirot chiese:

« Forse perché l'innocenza della sua cliente potrà essere provata con facilità? ».

Il signor Seddon si accasciò. Quindi si irritò.

« Questa è una domanda sconveniente » esclamò. « Sommamente sconveniente. »

« Il caso della sua cliente è assai grave » riprese Poirot.

« Non comprendo, signor Poirot, come possa saperlo. »

« Quantunque io sia stato chiamato dal dottor Lord, ho anche un biglietto del signor Roderick Welman. »

Lo porse con un inchino.

Il signor Seddon percorse le poche righe e osservò in tono bisbetico: « Certo questo cambia aspetto alle cose. Il signor Welman si è assunto ogni responsabilità per la difesa della signorina Carlisle. Noi agiamo in conformità ai suoi ordini ».

Soggiunse con visibile disgusto:

« Il nostro studio si interessa pochissimo di... hm... procedura penale; ma mi è sembrato doveroso verso la mia... hm... defunta cliente, di occuparmi della difesa di sua nipote. E posso dirle che abbiamo già assunto Sir Edwin Bulmer, il grande penalista ».

Il sorriso di Poirot fu improvvisamente ironico.

« Non si bada a spese, insomma! Proprio il più adatto avete scelto! »

Guardandolo al disopra degli occhiali, il signor Seddon replicò: « Veramente, signor Poirot...».

Poirot lo interruppe.

« L'eloquenza e i richiami sentimentali non salveranno la sua cliente. Ci vuol altro! »

Il signor Seddon chiese seccamente: « Che cosa consiglia, lei? ».

« Si può sempre cercare la verità! »

« Giustissimo. »

« Ma in questo caso la verità sarà giovevole? »

« Anche questa » commentò ancora aspramente il signor Seddon « è un'osservazione sconveniente. »

« Vi sono certe domande » ribatté Poirot « alle quali desidererei aver risposta. »

Il signor Seddon fu molto cauto nel replicare: « Certo non posso garantirle di rispondere senza il consenso della mia cliente ».

« Questo si capisce. »

Poirot fece una pausa, quindi chiese : « La signorina Elinor Carlisle aveva dei nemici? ».

Il signor Seddon mostrò una lieve sorpresa.

« Per quanto so io, nessuno. »

« La defunta signora Welman ha mai fatto un testamento, in un periodo qualunque della sua vita? »

« Mai. Ha sempre rimandato. »

« Elinor Cariisle ha fatto testamento? »

« Sì. »

« Recentemente? Dopo la morte di sua zia? »

« Sì. »

« A chi ha lasciato il suo patrimonio? »

« Questo, signor Poirot, è troppo confidenziale. Non posso dirglielo senza l'autorizzazione della mia cliente. »

« Allora dovrò intervistare la signorina Elinor Carlisle! »

« Temo che non sarà facile » ribatté il signor Seddon con un freddo sorriso.

Poirot si alzò e fece un gesto.

« Tutto è facile » disse « per Hercule Poirot. »

 

 

 

XV

L'ispettorecapo Marsden fu affabile.

« Che piacere vederla, signor Poirot. È venuto per appurare qualche cosa su qualcuno dei processi in corso di istruttoria?»

« No, no » rispose Hercule Poirot scusandosi. « È soltanto una piccola curiosità da parte mia. »

« Felicissimo di poterla soddisfare. Di chi si tratta? »

« Elinor Carlisle. »

« Ah sì, la ragazza che ha avvelenato Mary Gerrard. Il processo sarà fra un paio di settimane. Un caso interessante. Pare che abbia avvelenato anche la vecchia zia. Il rapporto definitivo del medico legale non è ancora arrivato, ma sembra che non vi siano dubbi in proposito. Morfina. Un bel sangue freddo. Non ha mai ammesso neanche un filo, fin dal momento del suo arresto. Non confessa. Ma le prove non mancano. Condanna sicura. »

« Crede che sia stata lei? »

Marsden, un uomo pieno d'esperienza e d'aspetto bonario, accennò con il capo affermativamente.

« Nessun dubbio. Il veleno era nella prima tartina. È una fredda delinquente. »

« Non ha dubbi? Nessunissimo dubbio? »

« Oh no. Sono più che certo. È una sensazione piacevole, sa?, quella dell'assoluta sicurezza! Non ci piace commettere errori. Né siamo avidi di trovare la gente colpevole, come alcuni credono. Ma questa volta posso procedere con sicura coscienza. »

« Capisco » dichiarò lentamente Poirot.

Il funzionario lo guardò con curiosità.

« C'è qualche cosa che potrebbe...? »

Poirot scosse la testa.

« Per ora no. Fino a questo momento, tutto ciò che ho saputo parla della colpevolezza di Elinor Carlisle. »

L'ispettore Marsden affermò con un tono di gaia sicurezza : « È certamente colpevole ».

« Desidererei vederla » pregò Poirot.

L'ispettore sorrise con indulgenza.

« È amico dell'attuale ministro della Giustizia, non è vero? La cosa sarà abbastanza facile. »

 

 

 

XVI

« Ebbene? » chiese Peter Lord.

« No, niente bene » rispose Hercule Poirot.

« Non ha scoperto nulla? »

Poirot rispose quasi a fatica:

« Elinor Carlisle uccise Mary Gerrard per gelosia... Elinor Carlisle uccise sua zia per interesse... Elinor Carlisle uccise sua zia per compassione... Può scegliere, amico mio! ».

« Sta dicendo delle sciocchezze! » esclamò veemente Lord.

« Le pare? »

Il viso di Lord rifletté la collera.

« Che significa tutto questo? » chiese.

« Non crede che sia possibile? » rimbeccò Poirot.

« Possibile che cosa? »

« Che Elinor Carlisle non potesse sopportare la vista delle sofferenze di sua zia e l'abbia aiutata ad abbandonare quest'esistenza. »

« Sciocchezze! »

« Sciocchezze? Lei stesso mi ha detto che la vecchia signora le ha chiesto di aiutarla in questo senso. »

« Ma non lo diceva sul serio. Sapeva benissimo che non lo avrei fatto! »

« Eppure, aveva quest'idea. La nipote potrebbe averla aiutata. »

Peter Lord camminò su e giù. Finalmente riprese: « Non si può negare questa possibilità. Ma Elinor Carlisle è una donna equilibrata, dalle idee chiare. Non credo che si lascerebbe trascinare dalla compassione fino a perder di vista il pericolo. E certo sapeva che genere di pericolo fosse. Sapeva di correre il rischio di essere imputata di assassinio ».

« Allora non crede che lo avrebbe fatto? »

Peter Lord rispose lentamente:

« Credo che una donna potrebbe fare una cosa simile per il proprio marito; o per il figlio; o forse per la madre. Ma non credo che lo farebbe per una zia, per quanto le voglia bene. E in ogni caso, penso che lo farebbe soltanto se la persona in questione soffrisse dolori insopportabili ».

« Forse ha ragione » dichiarò Poirot pensieroso. Quindi soggiunse: « Crede che Roderick Welman avrebbe potuto lasciarsi suggestionare sino al punto da compiere lui un simile gesto? ».

« Non ne avrebbe il fegato! » rispose Lord con disprezzo.

Poirot mormorò:

« Chi lo sa? Forse, mon cher, lei sottovaluta quel giovane ».

« Oh, è intelligente, anzi un intellettuale; di questo non dubito affatto. »

« Sicuro. E ha anche un certo fascino... Sì, me ne sono reso conto. »

« Davvero? Io non l'ho mai capito! »

Quindi Lord riprese, serio:

« Senta, Poirot : non c'è proprio nulla? ».

« Le mie investigazioni non hanno avuto fortuna, fino ad ora! Riconducono sempre al punto di partenza. Nessuno aveva interesse alla morte di Mary Gerrard. Nessuno la odiava... eccetto Elinor Carlisle. C'è solo una domanda che potremmo forse rivolgere a noi stessi: qualcuno odiava Elinor Carlisle? »

Il dottor Peter Lord scosse lentamente la testa.

« Che io sappia, no... Pensa che qualcuno possa avere tramato contro di lei? »

Poirot annuì.

« È una supposizione molto ardita; e non c'è nulla che la sostenga... eccettuato, forse, la perfezione delle prove che esistono contro di lei. »

Accennò alla lettera anonima.

« Capirà » continuò « che questo rende possibile stabilire tutto un piano contro di lei. La signorina Carlisle fu avvertita che avrebbe potuto essere lasciata completamente fuori dal testamento di sua zia, che quella ragazza, una estranea, avrebbe potuto essere nominata erede universale. Quindi, quando la vecchia nel suo mugolio incomprensibile parlò di un avvocato, Elinor vide che non c'era scampo e che la vecchia doveva morire quella notte stessa! »

« E Roderick Welman? » esclamò Peter Lord. « Anche lui poteva perdere tutto! »

« No » disse Poirot scuotendo la testa. « Per lui sarebbe stato un bene che la zia avesse fatto testamento. Si ricordi che se lei moriva senza averlo fatto, a lui non toccava nulla : la parente più stretta era Elinor. »

« Ma lui stava per sposare Elinor! »

« Verissimo. Ma ricorderà che il fidanzamento fu rotto subito dopo... e che lui le fece comprendere chiaramente che desiderava riavere la sua libertà. »

Peter Lord emise un gemito e si prese la testa fra le mani.

« Allora torniamo sempre allo stesso punto... Ogni volta! »

« Sì. A meno che... »

Hercule Poirot tacque per un momento. Poi disse: « Vi è qualche cosa... ».

« Che cosa? »

« Un piccolo pezzo della costruzione che manca. Qualche cosa ne sono certo che concerne Mary Gerrard. Ha mai sentito dire nulla contro di lei? »

« Contro Mary Gerrard? »

« Qualunque cosa. Qualche vecchia storia che la riguardi. Un'indiscrezione da parte sua. Un accenno di scandalo. Un dubbio sulla sua onestà. Una chiacchiera maliziosa sul suo conto. Qualunque cosa... ma una cosa che decisamente la danneggi... insudici la sua memoria... »

« Spero » fece lentamente il dottore « che non voglia continuare in questa direzione... Tentare di trovare qualcosa sul conto di una povera ragazza innocente che è morta e non si può difendere... E comunque, non credo che ci riuscirebbe! »

« Una vita senza macchia? »

«Per quello che so io, sì. Non ho mai sentito dir nulla. »

Poirot riprese con dolcezza:

« Non deve credere, amico mio, che io voglia smuovere del fango dove fango non c'è... No, no, non è questo. Ma la buona infermiera Hopkins non è molto capace di nascondere i propri sentimenti. Voleva bene a Mary; e vi è qualcosa sul conto della ragazza che la Hopkins non desidera che venga risaputo; qualcosa contro Mary che la Hopkins teme venga scoperto. Non crede che questo "qualcosa" abbia rapporto col delitto. Ma allora, vuol dire che è convinta che il delitto fu commesso da Elinor Carlisle e il fatto qualunque esso sia non ha nulla a che fare con Elinor. Ma vede, amico mio, è indispensabile che io sappia tutto. Perchè può darsi che vi sia un torto fatto da Mary a una terza persona. In tal caso, questa terza persona potrebbe avere avuto un motivo per desiderare la sua morte ».

« Ma in questo caso, anche l'infermiera Hopkins se ne renderebbe conto » osservò il dottore.

« La Hopkins è una donna intelligente entro certi limiti; ma certo il suo intelletto non è uguale al mio. Potrebbe non capire, mentre Hercule Poirot capirebbe! »

Peter Lord replicò, scuotendo il capo: « Mi dispiace. Non so nulla ».

« Neanche Ted Bigland sa nulla; e lui è sempre stato qui. Né la signora Bishop; perché se avesse saputo qualche cosa di spiacevole sul conto della ragazza, non se lo sarebbe davvero tenuto per sé! C'è ancora una speranza. »

« Quale? »

« Oggi vado a trovare l'altra infermiera, la O'Brien. »

« Non credo che possa sapere molte cose. È qui soltanto da un paio di mesi. »

« Capisco. Ma, amico mìo, abbiamo saputo che la Hopkins ha la lingua lunga. Non ha spettegolato nel villaggio dove una chiacchiera avrebbe potuto far del male a Mary: ma dubito che non abbia fatto almeno un accenno a quello che certamente le occupava la mente con la sua collega che per di più non è nativa di questi luoghi! Può essere dunque che la O'Brien sappia qualcosa. »

 

 

 

XVII

L'infermiera O'Brien gettò indietro la testa fulva e sorrise all'omino che era seduto di fronte a lei, dall'altra parte del tavolino da tè.

Pensava fra sé:

"Che tipo curioso! Occhi verdi come quelli di un gatto... e il dottor Lord dice che è tanto intelligente!".

Hercule Poirot disse:

« È un piacere imbattersi in una persona così piena di salute e di vigore. Sono certo che i suoi ammalati devono guarire tutti ».

La O'Brien rispose:

« Oh Dio, certo non sono una di quelle che hanno il muso lungo; e grazie a Dio non molti ammalati muoiono nelle mie mani ».

« Senza dubbio, nel caso della signora Welman, è stata una fortuna. »

« Davvero, povera donna! » Fissò su Poirot lo sguardo penetrante e chiese: « È di questo che vuole parlarmi? Ho sentito dire che debbono esumarla ».

« Lei non ha avuto nessun sospetto, allora? »

« Neppure l'ombra; eppure avrei dovuto pensarci, con la faccia che ha fatto il dottor Lord. Poi lui mi mandò qua e là a cercare una quantità di cose. Ma alla fine, nonostante tutto, firmò il certificato.»

« Aveva le sue ragioni... » cominciò Poirot. Ma lei gli tolse la parola di bocca.

« Sicuro. Non è bene che un dottore si immischi nelle faccende di famiglia. Se sbaglia è la fine per lui e nessuno lo chiama più. Un dottore dev'essere ben sicuro prima di esternare un simile sospetto.»

« Qualcuno dice che la signora Welman avrebbe potuto uccidersi. »

« Lei? Se non si poteva muovere! Riusciva solo a sollevare leggermente una mano!»

« Qualcuno potrebbe averla aiutata. »

« Ah! Ora capisco quel che vuol dire. La signorina Carlisle o il signor Welman o magari Mary Gerrard? »

« Sarebbe possibile, no? »

L'infermiera crollò il capo dicendo:

« Non avrebbero osato... nessuno di loro! ».

« Forse no » assentì lentamente Poirot. Quindi chiese : « Quando fu che la Hopkins si accorse della mancanza del tubetto di morfina? ».

« Quella stessa mattina. "Sono sicura che l'avevo qui" disse. E da principio era sicurissima: ma sa come succede: dopo un poco ci si confonde e alla fine disse che certamente doveva averlo lasciato a casa. »

« E anche allora lei non ha avuto nessun sospetto? » mormorò Poirot.

« Nessunissimo. Non mi passò neppure lontanamente per la testa che potesse essere accaduto qualche cosa di irregolare. E in fondo, anche adesso, si tratta soltanto di un sospetto. »

« Il pensiero del tubetto che mancava non diede nessuna inquietudine a lei né alla Hopkins? »

« No... ricordo che mi tornò in mente e credo che tornò in mente anche alla Hopkins mentre eravamo al "Caffè del Pettirosso", perché disse: "Devo averlo lasciato sul caminetto e da lì può essere caduto nel cestino della cartaccia"; e io mi affrettai a rispondere: "Sì, senza dubbio è stato così". E nessuna di noi disse quel che pensava e la paura che avevamo. »

« E ora che cosa pensa? »

« Se nell'autopsia trovano la morfina, non ci saranno dubbi sulla persona che prese il tubetto e sull'uso che ne fece... benché io non creda, finché la cosa non è provata, che lei abbia mandato la vecchia per la stessa strada. »

« Dunque non dubita affatto che Elinor Carlisle abbia ucciso Mary Gerrard? »

« Ma non vi è ombra di dubbio, secondo me! Chi altro poteva avere il motivo o il desiderio di farlo? »

« Questo è il problema » affermò Poirot.

La O'Brien continuò drammaticamente:

« Non ero forse presente io, quella sera, quando la vecchia signora cercava di parlare e la signorina Elinor le promise che tutto sarebbe stato fatto secondo i suoi desideri? E non vidi il suo viso un giorno, quando lei seguiva con lo sguardo Mary che scendeva le scale? I suoi occhi erano carichi di odio! In quel momento, aveva in cuore il delitto ».

« Se Elinor Carlisle avesse ucciso la signora Welman, quale sarebbe stato il movente? »

« Quale? Il denaro senza dubbio. Duecentomila sterline, non meno. Questo è quel che ne ha ricavato, e questa è la ragione per cui lo ha fatto, se lo ha fatto. È una donna ardita e intelligente, senza paura e con molto di questo. »

E si picchiò l'indice sulla fronte. Poirot chiese:

« Se la signora Welman avesse potuto fare testamento, come crede che avrebbe disposto del suo denaro? ».

« Ah, non sono io che posso dirlo » rispose la O'Brien rivelando però la sua soddisfazione nel poterlo dire. « Ma secondo me, tutto sarebbe andato a Mary Gerrard. »

« Perché? »

Questa semplice parola sembrò sconvolgere l'infermiera.

« Perché? Mi chiede perché? Be'... le dico che io credo che sarebbe andata così. »

Poirot mormorò:

« Alcuni potrebbero dire che Mary Gerrard aveva giocato molto abilmente le sue carte e che era riuscita a entrare talmente nelle grazie della vecchia da farle dimenticare i legami di sangue e d'affetto».

« Potrebbero dirlo sicuro » rispose lentamente l'infermiera.

« E Mary Gerrard era una ragazza furba, intrigante? »

« Non credo... tutto quel che faceva era abbastanza naturale, senza secondo fine.

Non mi pare proprio. Ma queste cose hanno a volte dei motivi che non si rendono pubblici... »

« Credo che lei sia una donna molto discreta, signora O'Brien » affermò soavemente Poirot.

« Non mi piace parlare delle cose che non mi riguardano. »

Osservandola molto attentamente, Poirot proseguì: « Lei e la signora Hopkins avete convenuto, non è vero, che vi sono alcuni fatti che è meglio non mettere alla luce? ».

« Che vorrebbe dire con questo? » chiese la O'Brien.

« Nulla che abbia rapporto col delitto... » rispose in fretta Poirot. « Alludo all'altra cosa. »

« A che scopo andare a scavare una vecchia storia? Lei era una signora così per bene, sul conto della quale non vi è mai stato il più piccolo scandalo e che è morta rispettata e considerata da tutti. »

Hercule Poirot assentì col capo. Poi riprese guardingo : « Come lei ha detto, la signora Welman era molto rispettata a Maidensford ».

La conversazione aveva preso una svolta inattesa, ma il volto di Poirot non esprimeva sorpresa né perplessità.

La O'Brien replicò:

« È passato tanto tempo! Tutto morto e dimenticato. Io ho il cuore abbastanza tenero per tutto ciò che è romantico e ho sempre detto che è troppo penoso per un uomo che ha la moglie in manicomio, rimaner legato tutta la vita, senz'altra speranza di liberazione che la morte ».

Poirot mormorò, ancora stupefatto:

« Sì, è penoso... ».

« Le ha raccontato l'infermiera Hopkins come la sua lettera si è incontrata con la mia? »

Questa volta Poirot fu sincero nel rispondere:

« No, questo non me lo ha detto ».

« Fu una strana coincidenza. Che io abbia visto sul pianoforte quella fotografìa e che nello stesso momento la Hopkins venisse a sapere tutto dalla governante del dottore! »

« Sì, interessantissimo. » Quindi Poirot mormorò invitante : « E Mary Gerrard sapeva... di questo? ».

« Chi vuole che glielo abbia detto? Io no di certo... e neanche la Hopkins. Dopo tutto, quale vantaggio ne avrebbe avuto? ».

Gettò indietro la testa e lo fissò.

E Poirot ripetè con un sospiro:

« Veramente... quale vantaggio? ».

 

 

 

XVIII

Elinor Carlisle...

Attraverso la larghezza della tavola che li separava, Hercule Poirot la fissò con lo sguardo scrutatore. Erano soli. Una guardia li osservava attraverso una parete di vetro.

Poirot notò il viso sensibile e intelligente, la fronte bianca e quadrata, il naso e le orecchie delicatamente modellati. Bei lineamenti: una creatura sensitiva e orgogliosa in cui si intuiva signorilità, padronanza di sé e... qualche altra cosa: capacità di passione.

Si presentò:

« Hercule Poirot. Sono stato mandato dal dottor Lord. Lui ritiene che io possa aiutarla ».

« Peter Lord.. » mormorò Elinor. Il suo tono era pieno di nostalgia. Per un momento sorrise con un po' di malinconia. Poi continuò cortesemente : « È molto buono, ma credo che lei non possa far nulla ».

« Vuole rispondere alle mie domande? » chiese Poirot.

Lei sospirò e disse:

« Mi creda, davvero, sarebbe meglio non rivolgermele. Sono in ottime mani. Il signor Seddon è stato molto buono. Avrò un celebre avvocato ».

« Non è celebre quanto me! »

Elinor Carlisle replicò con un'ombra di stanchezza:

« Ha una grande reputazione ».

« Sì, per difendere i delinquenti. Io ho una grande reputazione... per scoprire l'innocenza. »

Lei alzò finalmente gli occhi: erano di un azzurro vivido e intenso. Li fissò in quelli di Poirot. E gli chiese:

« Mi crede innocente? ».

A sua volta Poirot domandò:

« Lo è? ».

Elinor sorrise. Un piccolo sorriso ironico.

« Questo sarebbe un campione delle sue domande? È molto facile, non è vero, rispondere "sì"?»

Poirot disse in modo del tutto inatteso:

« È molto stanca, non è vero? ».

Gli occhi di lei si spalancarono alquanto. Rispose:

« Ma, sì... questo più di tutto. Come lo sa? ».

« Lo sapevo... »

« Sarò contenta quando tutto sarà... finito. »

Poirot la guardò per un istante in silenzio. Quindi disse : « Ho visto suo cugino posso chiamarlo così? il signor Roderick Welman ».

Sul volto bianco e orgoglioso il colore si diffuse a poco a poco. Poirot comprese allora che una delle sue domande aveva avuto risposta senza che fosse stata formulata.

Elinor chiese, e la sua voce tremò appena: « Ha visto Roddy? ».

« Sta facendo tutto quello che può per lei. »

« Lo so. »

La voce della ragazza era morbida e sommessa.

Poirot chiese:

« È povero o ricco? ».

« Roddy? Non ha molto denaro suo. »

« Ed è prodigo? »

Elinor rispose quasi senza dare importanza a ciò che diceva :

« Nessuno di noi ha mai pensato al denaro. Sapevamo che un giorno o l'altro... » si interruppe.

« Contavate sull'eredità » fece Poirot. « È comprensibile. »

Poi continuò:

« Forse è a conoscenza del risultato dell'autopsia del corpo di sua zia? È morta per avvelenamento da morfina ».

« Io non l'ho uccisa » rispose freddamente Elinor.

« L'ha aiutata a uccidersi? »

« Se l'ho...? Ah, capisco. No, neanche questo. »

« Sapeva che sua zia non aveva fatto testamento? »

« No. Non ne avevo idea. »

La sua voce adesso era incolore. La risposta meccanica, priva di interesse. Poirot riprese:

« E lei ha fatto testamento? ».

«Sì.»

« Lo aveva fatto quel giorno in cui il dottor Lord gliene parlò? »

« Sì. »

Di nuovo quella rapida ondata di rossore.

« Come ha disposto del suo patrimonio, signorina Carlisle? » chiese Poirot.

Elinor rispose calma:

« Ho lasciato tutto a Roddy... a Roderick Welman ».

« Lui lo sa? »

« Certamente no » fu la pronta risposta.

« Non ne ha discusso con luì? »

« No. Sarebbe stato terribilmente imbarazzato e avrebbe disapprovato moltissimo ciò che facevo. »

« Chi altro conosce il contenuto del suo testamento? »

« Solo il signor Seddon... e i suoi impiegati, immagino. »

« Il signor Seddon lo ha compilato per lei? »

« Sì. Gli scrissi la stessa sera... la sera del giorno in cui il dottor Lord me ne parlò. »

« E impostò la lettera personalmente? »

« No. Partì assieme alle altre lettere che potevano essere nella cassettina della posta in partenza. »

« La scrisse, la mise in busta, la chiuse, vi attaccò il francobollo e la imbucò nella cassettina, comme ca? Non si fermò a riflettere? A rileggere? »

Elinor lo fissò.

« Rilessi la lettera, sì. Ero andata a cercare un francobollo. Quando tornai rilessi la lettera per assicurarmi di avere spiegato chiaramente ciò che volevo. »

« C'era nessun altro nella stanza con lei? »

« Solamente Roddy. »

« Sapeva ciò che lei stava facendo? »

« Le ho già detto di no. »

« Qualcuno potrebbe aver letto la lettera mentre lei era fuori dalla stanza? »

« Non so... una delle cameriere, vuol dire? Sarebbe stato possibile se per caso fossero entrate nella stanza mentre io non c'ero. »

« Prima che ci fosse entrato il signor Welman? »

« Sì. »

« E anche lui avrebbe potuto leggerla? »

La voce di Elinor era chiara e sprezzante.

« Posso assicurarle, signor Poirot, che mio "cugino", come lo chiama, non legge le lettere altrui. »

« Questa è l'idea normalmente accettata. Ma si stupirebbe se sapesse quanta gente fa cose che "non si fanno". »

Elinor alzò le spalle.

Poirot chiese con voce indifferente: « Fu in quel giorno che le venne per la prima volta l'idea di uccidere Mary Gerrard? ».

Per la terza volta il colore salì al viso di Elinor Carlisle. Questa volta era un rossore ardente. Chiese:

« Glielo ha detto Peter Lord? ».

Poirot continuò con dolcezza:

« È stato allora, non è vero? Quando, guardando attraverso la finestra, vide che la ragazza faceva testamento. È stato allora, non è vero?, che lei pensò che sarebbe stato curioso e molto conveniente se Mary Gerrard fosse morta... ».

Con voce bassa e soffocata Elinor mormorò: « Lui lo capì... mi guardò e lo capì... ».

« Il dottor Lord capisce e sa molte cose... non è uno sciocco, quel giovane col viso lentigginoso e i capelli rossi... »

« Ed è vero che l'ha mandata... per aiutarmi? » La voce di Elinor era sommessa.

« È vero, signorina. »

Lei sospirò:

« Non capisco. No, non capisco ».

« Ascolti, signorina Carlisle. È necessario che lei mi dica precisamente ciò che avvenne quel giorno in cui Mary Gerrard morì: dove è andata, cosa ha fatto. Più ancora, ho bisogno di sapere anche quello che pensò. »

Lei lo guardò con gli occhi sbarrati. Quindi, uno strano sorriso si disegnò sulle sue labbra.

« Lei deve essere un uomo incredibilmente semplice » disse.

« Non capisce come mi sarebbe facile mentirle? »

« Non importa » rispose placidamente Poirot.

« Non importa? » Elinor era sconcertata.

« No. Perché le menzogne possono dire a un ascoltatore tanto quanto può dire la verità. A volte anche di più. Andiamo, ora, cominci. Ha incontrato la sua governante, la buona signora Bishop. Questa si offrì di venire ad aiutarla. Lei non volle. Perché? »

« Desideravo esser sola. »

« Perché? »

« Perché? Perché? Perché desideravo... pensare. »

« Aveva bisogno di immaginare... sì. E poi che cosa ha fatto? »

Elinor, alzando il mento con aria di sfida, rispose: « Ho comperato della pasta per fare delle tartine ».

« Due barattoli? »

« Due. »

« E poi si è recata a Hunterbury. Che cosa ha fatto? »

« Sono salita in camera di mia zia e ho cominciato a esaminare e scegliere le sue cose. »

« Che cosa ha trovato? »

« Che cosa? » Aggrottò le sopracciglia. « Abiti... vecchie lettere... fotografie... gioielli. »

« Nessun segreto? »

« Segreto? Non la capisco. »

« Andiamo avanti. E poi? »

« Sono scesa nell'anticucina e ho tagliato il pane per le tartine... »

« Pensando a che cosa? » chiese dolcemente Poirot.

Gli occhi azzurri di Elinor fiammeggiarono.

« Alla mia omonima, Eleonora d'Aquitania... »

« Capisco perfettamente. »

« Davvero? »

« Oh, sì. Conosco la storia. Lei offrì alla bella Rosamonda, amante del Re, la scelta fra un pugnale o una tazza di veleno, vero? e Rosamonda scelse il veleno... »

Elinor non disse nulla. Ora era pallidissima.

Poirot continuò:

« Ma forse questa volta, non poteva esserci scelta... Prosegua, signorina. Dopo? ».

« Ho messo le tartine su un piatto e sono andata alla portineria. C'era l'infermiera Hopkins assieme a Mary. Dissi loro che a casa avevo delle tartine pronte. »

Poirot la stava osservando. Le chiese dolcemente: « E siete tornate a casa tutte insieme, non è vero? ».

« Sì... Abbiamo mangiato le tartine nel salottino. »

Nello stesso tono soave Poirot replicò: « Sì, sì... ancora in sogno... eppoi... ».

« Poi? L'ho lasciata... presso la finestra. Sono tornata nella dispensa. Ero ancora come ha detto lei: in un sogno. L'infermiera stava lavando le tazze. Le ho dato il barattolo della pasta. »

« Sì... sì. E poi che cosa è successo? Che cosa ha pensato, dopo? »

Quasi trasognata, Elinor rispose: « C'era un graffio sul polso dell'infermiera. Le ho chiesto la causa e mi ha detto che era stata una spina del roseto presso la portineria. Le rose presso la portineria...

Roddy e io avevamo litigato una volta – tanto tempo fa a proposito della Guerra delle Rose. Io ero una Lancaster e lui era uno York. Gli piacevano le rose bianche. Gli dissi che non erano rose vere, non odoravano d'estate... Litigammo nel modo più idiota. Capisce, tutto mi tornò in mente là nella dispensa e qualcosa qualcosa si spezzò l'odio atroce che avevo avuto in cuore... dileguò al ricordo di quando eravamo bambini insieme. Non odiavo più Mary. Non desideravo più che morisse...».

Si interruppe.

« Ma più tardi, quando siamo tornate nel salottino, lei stava morendo... »

Si interruppe di nuovo, Poirot la stava fissando molto intensamente. Elinor arrossì e gli chiese:

« Vuole chiedermi di nuovo se ho ucciso Mary Gerrard? ».

Poirot si alzò in piedi. E disse rapidamente: « Non le domanderò nulla. Ci sono cose che non desidero sapere ».

 

 

 

XIX

Il dottor Lord si trovò alla stazione all'arrivo del treno.

Hercule Poirot discese e il medico lo scrutò ansiosamente, ma il volto del belga non rivelava nulla.

Il dottore incominciò:

« Ho fatto del mìo meglio per avere le risposte alle sue domande. Primo: Mary Gerrard partì per Londra il 10 luglio. Secondo: non ho governante, solo un paio di ragazzine ridanciane che vengono a farmi la pulizia. Forse intende parlare della signora Slattery, la governante del dottor Ransome, mio predecessore. Se vuole, posso accompagnarla da lei stamattina. Sarà in casa ».

« Sì » rispose Poirot « credo che sia meglio vedere lei per prima. »

« Poi ha detto che desidera andare a Hunterbury. Potrei venire con lei. Mi stupisce che non ci sia già stato. Non capisco perché non ci è voluto andare l'altra volta. Avrei immaginato che in un caso come questo, la prima cosa da farsi fosse recarsi sul luogo del delitto. »

Piegando lievemente il capo da un lato, Hercule Poirot chiese: « Perché? ».

« Perché? » Lord rimase un po' sconcertato. « Non è quello che si fa generalmente? »

« L'investigatore non si fa coi libri di testo. Bisogna adoperare la propria intelligenza naturale.»

« Potrebbe trovare qualche indizio, laggiù. »

Poirot sospirò.

« Lei legge troppi romanzi polizieschi. La polizia di questo paese è assolutamente ammirevole. Non ho alcun dubbio che abbiano perquisito con ogni cura la casa e i dintorni. »

« In cerca di prove contro Elinor Carlisle, non in suo favore. »

Poirot sospirò ancora.

« Amico mio, la polizia non è un mostro. Elinor Carlisle fu arrestata perché erano state trovate prove sufficienti per istruire un processo contro di lei, e un processo molto grave, si può dire. Era inutile per me andare a investigare dove era già stata la polizia. »

« Ma ora desidera andarci? » chiese Peter.

Hercule Poirot annuì.

« Sì... ora è davvero necessario. Perché ora so esattamente quello che cerco.

Bisogna capire con le cellule grigie prima di pensare a servirsi degli occhi. »

« Allora lei crede che potrebbe esserci... là... ancora qualcosa? »

« Ho una piccola idea che troveremo qualcosa, sì. »

« Qualcosa per provare l'innocenza di Elinor? »

« Ah, non ho detto questo! »

Peter Lord rimase male.

« Non vorrà dire che la crede ancora colpevole? »

Poirot rispose gravemente:

« Bisogna aspettare, amico mio, prima di avere una risposta a questa domanda ».

Poirot fece colazione col dottore in una simpatica stanza quadrata con una finestra che dava sul giardino. Lord chiese: « Ha saputo quello che voleva dalla vecchia Slattery? ».

« Sì. »

« E di cosa si tratta? »

« Pettegolezzi! Chiacchiere sui tempi andati. Alcuni delitti hanno le loro radici nel passato. Credo che sia proprio il caso di questo. »

Peter osservò con irritazione:

« Non capisco una parola di ciò che sta dicendo ».

Poirot sorrise. Poi dichiarò:

« Questo pesce è freschissimo ».

« Lo credo! » replicò con impazienza Lord. « L'ho pescato io stesso stamattina, prima di colazione. Senta, Poirot: non può accennarmi quello che sta armeggiando? Perché mi tiene all'oscuro?»

L'omino scosse la testa.

« Perché finora siamo al buio » rispose. « Mi trovo sempre di fronte alla stessa difficoltà: che non c'era nessuno che avesse ragione di uccidere Mary Gerrard... eccetto Elinor Carlisle. »

« Non può esserne certo » lo contraddisse Peter. « Ricordi che Mary è stata per un certo tempo all'estero. »

« Sì, sì, ho fatto delle indagini in proposito. »

« È stato in Germania? »

« Io? No. » E con una risatina soggiunse : « Ho i miei informatori ».

« E si fida degli altri? »

« Certamente. Non potrei correre di qua e di là a fare dilettantescamente cose che per una piccola somma altri può fare con abilità professionale! Posso assicurarle, mon cher, che ho parecchia carne al fuoco. Ho degli aiutanti utilissimi: uno di loro è un vecchio ladro. »

« Per che cosa lo utilizza? »

« L'ultima volta me ne sono servito per un'accurata ispezione nell'appartamentino del signor Welman. »

« In cerca di che? »

« Fa sempre piacere sapere quali bugie possono esserle state dette. »

« E il signor Welman ha mentito? »

« Decisamente. »

« Chi altro ha mentito? »

« Tutti quanti, credo. L'infermiera O'Brien romanticamente; la Hopkins caparbiamente; la signora Bishop velenosamente. Lei stesso... »

« Dio mio! » lo interruppe Lord. « Non crederà che abbia mentito anch'io? »

« Non ancora » ammise Poirot.

Lord ripiombò sulla sua seggiola. Poi disse: « È un bel diffidente, Poirot! » Quindi soggiunse: « Se ha finito, possiamo muoverci per andare a Hunterbury. Più tardi devo vedere qualche ammalato; e poi c'è l'ambulatorio ».

« Sono a sua disposizione, amico mio. »

A metà strada incontrarono un giovanotto alto, di bell'aspetto, che spingeva una carriola. Questi si toccò rispettosamente il berretto vedendo il dottore.

« Buongiorno, Horlick. Questo è il giardiniere Horlick, Poirot. Lavorava qui, quella mattina. »

« Sì, signore » confermò Horlick. « Ho visto la signorina Elinor e ho parlato con lei. »

« E che cosa le ha detto? » chiese Poirot.

« Che la casa era venduta; e la cosa mi dispiacque; ma la signorina promise che avrebbe parlato di me al maggiore Somervell, e che forse lui avrebbe continuato a tenermi... anche se gli sembravo troppo giovane, come giardinierecapo: ma avevo lavorato a lungo sotto il signor Stephens. »

« Le sembrò che fosse come al solito, Horlick? » chiese Lord.

« Sì, signore; forse era solo un po' eccitata... come se avesse in mente qualche cosa. »

« Conosceva Mary Gerrard? » chiese Poirot.

« Sì, signore, ma non molto bene. »

« E com'era? »

Horlick sembrò perplesso.

« Com'era? Vuol dire se era bella? »

« Non precisamente. Voglio dire : che specie di ragazza era? »

« Oh, una ragazza addirittura superiore. Parlava bene, era educata... Vede, la vecchia signora Welman aveva fatto tante storie per lei. Il padre era furibondo. Era come un orso punto dalle vespe. »

« Da quel che ho sentito, non aveva un gran buon carattere, il vecchio. »

« No davvero! Brontolava sempre, era stizzoso... Difficilmente diceva una parola gentile. »

Poirot riprese:

« Quella mattina era qui. Dove lavorava? ».

« Lavorai soprattutto nell'orto, signore. »

« E da lì non si vede la casa? »

« Nossignore. »

Peter Lord chiese :

« Se qualcuno fosse entrato in casa... dalla finestra della dispensa, lei lo avrebbe visto? ».

« Nossignore. »

« A che ora è andato a mangiare? »

« All'una. »

« E non ha visto niente... nessuno che ronzasse attorno alla casa... nessuna macchina fuori... niente di tutto questo? »

Le sopracciglia del giovane si sollevarono a manifestare una lieve sorpresa.

« Fuori del cancello, signore? C'era solo la sua macchina... nessun'altra. »

« La mia macchina? » esclamò Peter Lord. « Ma non era la mia! Io ero dalla parte di Withenbury, quella mattina. Tornai dopo le due. »

Horlick parve sconcertato.

« Ero proprio sicuro che fosse la sua, signore » ripetè dubbioso.

Peter disse in fretta:

« Be', non importa. Buongiorno, Horlick ».

Il dottore e Poirot si mossero. Horlick rimase a fissarli per un minuto o due, quindi riprese a spingere la sua carriola.

Peter Lord disse a voce bassa ma con grande eccitazione : « Finalmente qualche cosa! Di chi era la macchina che si trovava nel viale quella mattina? ».

« Che marca è la sua, amico mio? »

« Una Ford 10... verdemare. Veramente è un tipo molto comune. »

« È sicuro che non fosse la sua? Non fa un errore di data? »

« Assolutamente sicuro. Andai a Withenbury, tornai tardi, mangiai un boccone, ed ecco la chiamata per Mary Gerrard, presso la quale mi affrettai. »

« Allora, caro amico, mi pare che siamo finalmente giunti a qualche cosa di tangibile. »

Peter Lord mormorò:

« Qualcuno' era qui quella mattina... qualcuno che non era né Elinor Carlisle né la Hopkins né Mary Gerrard... ».

« Molto interessante » replicò Poirot. « Venga, facciamo le nostre indagini.

Vediamo, per esempio, come un uomo (o una donna) che volesse avvicinarsi alla casa potrebbe manovrare. »

A metà del viale un sentiero si dipartiva verso una macchia d'arbusti. Lo presero e a un certo punto Peter Lord afferrò il braccio di Poirot e gli indicò una finestra.

« Quella » disse « è la dispensa dove Elinor tagliò il pane per le tartine. »

« E da qui » mormorò Poirot « chiunque poteva vederla mentre le preparava. La finestra era aperta, se ben rammento? »

« Spalancata. Era una giornata caldissima. »

Poirot riprese riflettendo:

« Dunque, per chi volesse spiare non visto, questo sarebbe un ottimo punto di osservazione ».

I due uomini girarono attorno. Peter osservò: « Ecco un posticino... dietro a questo cespuglio. Qui l'erba è stata calpestata. E

ricresciuta, ma le tracce si vedono ancora ».

Poirot lo raggiunse. Affermò pensieroso:

« Sì, è un buon posto. Nascosto alla vista del viale e con questo spazio tra i cespugli che permette di scorgere la finestra. Ora, che cosa avrà fatto l'amico che stava qui? Avrà fumato? ».

Si curvarono a esaminare il suolo, spostando le foglie e i ramoscelli.

A un tratto Poirot emise un suono indistinto.

Peter Lord si raddrizzò.

« Che c'è? »

« Una scatola di fiammiferi vuota, amico mio. Gettata a terra, infangata e rovinata. »

Con attenzione e delicatezza raccolse l'oggetto. Finalmente lo depose su un giornale che trasse di tasca.

Peter Lord esclamò:

« È estera, Dio mio! Fiammiferi tedeschi! ».

« E Mary Gerrard era giunta recentemente dalla Germania! » soggiunse Poirot.

« Finalmente » esclamò Lord esultante. « Abbiamo qualche cosa! Non può negarlo! »

« Forse... » fece lentamente Poirot.

« Ma diamine! Chi vuole che abbia fiammiferi esteri da queste parti? »

« Già... già... »

Gli occhi di Poirot tornarono perplessi all'apertura tra i cespugli, che consentiva di vedere la finestra.

« Non è tanto semplice come crede » disse poi. « C'è una grande difficoltà. Non capisce? »

« No! »

Poirot sospirò.

« Se non lo vede da solo... Andiamo avanti. »

Entrarono in casa. Lord aprì la porta posteriore con una chiave.

Precedette Poirot attraverso il retrocucina e poi nella cucina; dopo di questa veniva un breve corridoio nel quale si aprivano da una parte un guardaroba e dall'altra la dispensa. Giunti in questa stanza i due uomini si guardarono attorno.

Era arredata con le consuete scansie per piatti e bicchieri munite di portine di vetro scorrevoli. C'era un fornello a gas con due bollitori; sopra al fornello uno scaffale con due scatole di latta su cui era scritto "tè" e "caffè". C'era un lavandino con un catino per sciacquare le tazze. Dinanzi alla finestra una tavola.

« Su questa tavola » disse Lord « Elinor Carlisle preparò le tartine. Il frammento dell'etichetta della morfina fu trovato in questa fessura sotto al lavandino. »

Poirot osservò pensieroso:

« La polizia sa fare le perquisizioni. Non trascura nulla ».

Peter Lord riprese con violenza:

« Non c'è alcuna prova che Elinor abbia toccato il tubetto! Le dico che qualcuno l'ha spiata da quei cespugli là fuori. Quando lei andò in portineria, la persona vide la possibilità, scivolò dentro, stappò il tubetto, schiacciò qualche compressa di morfina riducendola in polvere e mise questa nella prima tartina. Non si accorse neppure di avere strappato un pezzetto di etichetta e che questo fosse caduto e andato a finire in quella fessura. Si affrettò a fuggire, a salire in macchina e ad allontanarsi ».

Poirot sospirò.

« E ancora non capisce! Straordinario come può essere ottuso un uomo intelligente! »

Peter Lord si irritò.

« Vuol dire che non crede che qualcuno stesse in quei cespugli a spiare questa finestra? »

« Sì, questo lo credo... »

« Allora dobbiamo scoprire chi era! »

« Credo che non dovremo cercare molto lontano » mormorò Poirot.

« Lo sa già? »

« Ho un'idea. »

« I suoi aiutanti che hanno fatto l'inchiesta in Germania le hanno dunque rivelato qualche cosa... »

Hercule Poirot rispose, picchiandosi la fronte: « Amico mio, è tutto qui dentro... venga, andiamo a esaminare il resto della casa ».

Finalmente si trovavano nella stanza in cui era morta Mary Gerrard.

La casa aveva una strana atmosfera: si sarebbe detta viva di ricordi e di presentimenti.

Peter Lord spalancò una delle finestre.

Mormorò con un lieve brivido:

« Sembra una tomba... ».

« Se le mura potessero parlare... » fece Poirot. « Tutto è qui, in casa; il principio di tutta la storia. »

Fece una pausa, poi riprese dolcemente: « È in questa camera che Mary Gerrard è morta. La ritrovarono su quella sedia, presso la finestra... »

Poirot riprese, pensieroso:

« Una ragazza bella, romantica... avrà fatto dei progetti e avrà teso delle reti? Era una persona superiore che si dava delle arie? O era dolce e soave nient'affatto intrigante... una creatura all'inizio della vita... una fanciulla simile a un fiore?... ».

« Comunque fosse, qualcuno ha desiderato la sua morte. »

« Chi sa...? » mormorò Poirot.

Lord lo fissò.

« Che vuol dire? »

Poirot crollò il capo.

« Non ancora » rispose.

Si volse verso la porta.

« Abbiamo esaminato tutta la casa. Abbiamo visto tutto quello che c'era da vedere.

Ora vediamo la portineria. »

Anche qui tutto era a posto: le camere pulite e prive di mobili. I due uomini si trattennero solo qualche minuto. Quando uscirono nuovamente ai sole, Poirot tocco le foglie di un roseto che si arrampicava sul muro. I fiori erano rossi e avevano un profumo soave.

« Sa il nome di questa rosa? » chiese Poirot. « Si chiama "Zephirina Droughin", amico mio. »

« E che me ne importa? » ribatté Lord irritato.

Poirot riprese:

« Elinor Carlisle mi ha parlato di rose. È stato allora che ho cominciato a vedere... non una luce chiara, ma quel lieve barlume che si scorge in treno, quando si sta per uscire da una galleria. Non è la luce del giorno, ma la promessa di tale luce ».

« Che cosa le ha detto? » chiese Lord con voce rauca.

« Mi parlò della sua infanzia, di quando giocava in questo giardino, di qualche lite fra lei e Roderick Welman; erano in contrasto perché lui preferiva la bianca rosa di York, fredda e austera, mentre lei amava le rosse rose di Lancaster. Rose rosse che hanno profumo, colore, passione e ardore. E questa, amico mio, è la differenza fra Elinor Carlisle e Roderick Welman. »

« E questo spiega... qualche cosa? » chiese Lord.

« Spiega Elinor Carlisle: una donna appassionata e fiera, che amava disperatamente un uomo incapace di amarla... »

« Non capisco... »

« Ma io capisco lei... e li capisco entrambi. Ora, mio caro amico, torniamo ancora una volta a quella macchia di arbusti. »

Si avviarono in silenzio. Il volto di Lord era turbato e corrucciato.

Giunti sul luogo, Poirot rimase immobile per qualche tempo, mentre Peter lo osservava.

Poi, a un tratto, il piccolo investigatore emise un sospiro annoiato.

« È tanto semplice, davvero. Non vede, amico mio, la fatale fallacia del suo ragionamento? Secondo la sua teoria, qualcuno presumibilmente un uomo che aveva conosciuto Mary Gerrard in Germania, è venuto qui con l'intenzione di ucciderla. Ma guardi, caro amico, guardi! Adoperi i suoi occhi mortali, poiché quelli dello spirito pare che non le servano. Che cosa vede da qui? Una finestra, non è vero? E alla finestra una ragazza. Una ragazza che prepara delle tartine : Elinor Carlisle. Ma pensi per un momento a questo: chi al mondo poteva dire alla persona che stava spiando che quelle tartine sarebbero state offerte a Mary Gerrard? Nessuno lo sapeva, se non Elinor Carlisle, nessuno! Neanche Mary Gerrard, né l'infermiera Hopkins. Quindi, che cosa avviene se la persona che è stata a spiare entra, in un secondo tempo, dalla finestra e manomette le tartine? Che cosa può pensare e credere costui? Deve credere, deve aver creduto che le tartine sarebbero state mangiate da Elinor stessa... »

 

 

 

XX

Poirot bussò alla porta dell'infermiera Hopkins. Questa gli aprì con la bocca piena di focaccia.

Lo salutò con asprezza:

« Be', signor Poirot, che cosa desidera adesso? ».

« Posso entrare? »

Un po' burbera, l'infermiera si scostò, sicché Poirot potè varcare la soglia. La Hopkins era sempre ospitale, quando si trattava di offrire una tazza di tè; perciò un minuto dopo Poirot che da buon latino detestava quella bevanda guardava con un certo scoraggiamento una tazza di quella bevanda scura.

« Appena fatto: forte e profumato. »

Poirot mescolò con cautela il tè ed eroicamente ne bevve un sorso.

Poi disse:

« Immagina perché sono venuto qui? ».

« Non posso dirlo finché non lo dice lei. Non sono una lettrice del pensiero. »

« Sono venuto a chiederle la verità. »

L'infermiera si alzò irritata.

« Che vuol dir questo? Sono sempre stata una donna sincera. Non una di quelle che cercano di schermirsi. Ho parlato della mancanza del tubetto di morfina, all'inchiesta, mentre tante altre al mio posto avrebbero taciuto E sapevo benissimo che sarei stata accusata di negligenza, per aver lasciato in giro la mia borsa: cosa che può accadere a chiunque! Sono stata biasimata per questo, e le assicuro che nella mia professione non mi giova. Ma non me ne è importato nulla! Sapevo qualcosa che poteva avere importanza per la istruttoria, e l'ho già detta. E le sarò grata, signor Poirot, se mi risparmierà le sue perfide insinuazioni. Non vi è nulla, in quanto concerne la morte di Mary Gerrard, che io non abbia detto schiettamente. Se la pensa diversamente, mi dispiace per lei. Io non ho nascosto nulla! E sono pronta a fare giuramento ripetendo la mia deposizione in tribunale. »

Poirot non tentò di interromperla. Conosceva perfettamente la tecnica da usare con una donna adirata. Lasciò quindi che l'infermiera si accendesse e tornasse 'a spegnersi. Poi finalmente parlò, con tono dolce e tranquillo : « Non ho affatto voluto dire che abbia taciuto qualche cosa concernente il delitto ».

« E allora che ha voluto dire? Mi piacerebbe saperlo. »

« Le ho chiesto di dirmi la verità, non sulla morte, ma sulla vita di Mary Gerrard. »

« Oh! » La Hopkins parve per un momento sconcertata. Poi disse: «Allora è questo che vuole scoprire? Ma non c'entra affatto con l'assassinio! ».

« Non ho detto che c'entrasse. Ho detto soltanto che ci ha taciuto qualche cosa sul conto di quella ragazza. »

« E perché avrei dovuto parlare, se la cosa non ha alcun rapporto col delitto? »

Poirot alzò le spalle.

« E perché non avrebbe dovuto? »

Rossa in viso, la Hopkins esclamò:

« Ma per il più elementare decoro! Ormai sono tutti morti... tutti gli interessati. E la storia non riguarda più nessuno ».

« Questa è una sua supposizione. Ma forse non è così. E poi, se sa qualche cosa di recente, la faccenda è diversa. »

« Non so precisamente che cosa voglia dire... »

« L'aiuterò. Ho avuto qualche accenno dall'infermiera O'Brien, e in seguito a quello ho parlato lungamente con la signora Slattery, la quale ha un'ottima memoria per gli avvenimenti che si svolsero oltre venti anni fa. Le dirò precisamente ciò che ho appreso. Più di venti anni fa ci fu una relazione amorosa fra due persone. Una di queste era la signora Welman, vedova da qualche anno, donna capace di un amore profondo e appassionato. L'uomo era Sir Lewis Rycroft, il quale aveva la grande sventura di avere una moglie inguaribilmente pazza. A quell'epoca la legge non ammetteva il divorzio, e Lady Rycroft, la cui salute fisica era eccellente, avrebbe potuto vivere fino a novant'anni. La relazione fra i due fu, credo, sospettata da molta gente, ma entrambi furono assai discreti e badarono a salvare le apparenze. Poi Sir Lewis Rycroft fu ucciso in guerra. »

« Ebbene? »

« Ebbene, suppongo che dopo la sua morte sia nata una bambina e che questa bambina sia Mary Gerrard. »

« Mi pare che sappia tutto! »

« Questo è quello che credo » affermò Poirot. « Ma può darsi che lei ne abbia una prova decisiva. »

L'infermiera rimase in silenzio un minuto o due, con la fronte corrugata, poi bruscamente si alzò, attraversò la stanza, aprì un cassetto e ne trasse una busta che portò a Poirot.

« Le dirò come è venuta nelle mie mani » dichiarò. « Le confesso che avevo dei sospetti. Per esempio, il modo come la signora Welman guardava la ragazza, e poi qualche pettegolezzo che avevo sentito. Il vecchio Gerrard, quando era malato, mi aveva detto che Mary non era sua figlia. Ebbene, dopo la morte di Mary, io finii di sgombrare la portineria, e in un cassetto, in mezzo ad altre cose del vecchio, rinvenni questa lettera. Vede quello che è scritto sulla busta. »

Poirot lesse la scritta tracciata con inchiostro scolorito : "Per Mary da inviarsi a lei dopo la mia morte."

« Questa non è recente? » domandò Poirot.

« Non fu scrìtta dal vecchio Gerrard » spiegò l'infermiera. « Ma da sua moglie, morta quattordici anni fa. Lei voleva che la lettera fosse consegnata alla ragazza, ma il vecchio la tenne in mezzo alle sue cose, e così Mary non venne mai a sapere... E ne ringrazio Dio! Almeno ha potuto tenere la testa alta sino alla fine, senza vergognarsi di nulla. »

L'infermiera fece una pausa, quindi riprese:

« Era sigillata, ma confesso che dopo averla trovata la aprii e la lessi; ciò che non avrei dovuto fare. Ma Mary era morta e io avevo più o meno l'idea del contenuto di questa lettera e non mi sembrava potesse riguardare nessun altro. Però non ho voluto distruggerla, perché mi sembrava, in un certo modo, di non averne il diritto. Ma tenga, è meglio che la legga lei stesso. »

Poirot prese il foglio di carta coperto da una piccola scrittura angolare: "Questa è la verità che io ho voluto scrivere per U caso che sia necessario. Ero la cameriera personale della signora Welman a Hunterbury; e la signora fu assai buona con me, in circostanze difficili e angosciose della mia vita. La mia padrona e Sir Lewis Rycroft si volevano bene, ma non si potevano sposare, perché lui era già ammogliato e la povera signora era in manicomio. Era un bravo signore, molto affezionato alla signora Welman. Fu ucciso in guerra e poco tempo dopo la signora mi rivelò che aspettava un bambino. Quindi si recò in Scozia e mi condusse con sé.

La bimba nacque là: ad Ardlochrie. Gerrard, il quale mi aveva fatto la corte e poi mi aveva piantata, aveva ricominciato a scrivermi. Combinammo che ci saremmo sposati e avremmo preso la portineria, e lui avrebbe creduto che la bimba fosse mia.

Vivendo nella proprietà, sarebbe apparso naturale che la signora Welman si interessasse alla bambina, e ne curasse l'educazione. Lei pensò che sarebbe stato meglio per Mary non apprendere mai la verità. La signora Welman ci diede una bella somma di denaro; ma io l'avrei aiutata anche senza questo. Sono stata felice con Gerrard, ma lui non si è mai affezionato a Mary. Non ho mai detto nulla a nessuno, ma credo che sia giusto, in caso di morte, che io metta nero su bianco.

ELIZA GERRARD ( nata Eliza Riley)"

 

Hercule Poirot trasse un profondo respiro e piegò nuovamente la lettera.

La Hopkins gli chiese ansiosa:

« Che cosa farà, ora? Sono tutti morti! È inutile andare a tirar fuori queste vecchie storie. Tutti hanno sempre avuto in gran concetto la signor Welman; non si è mai detto nulla contro di lei. Questo vecchio scandalo... sarebbe una crudeltà. Lo stesso sia detto per Mary Gerrard. Era una cara figliola. Perché la gente dovrebbe venire a sapere che era una figlia naturale? Lasci che i morti possano riposare in pace nelle loro tombe! Questa è la mia opinione ».

« Bisogna pensare ai vivi » osservò Poirot.

« Ma questo non c'entra col delitto! » ribatté l'infermiera.

« Può darsi che c'entri, e molto! » replicò gravemente Poirot.

Uscì dalla casetta lasciando l'infermiera che lo guardava a bocca aperta.

Aveva camminato per qualche tempo, quando sentì dietro di sé dei passi esitanti: si fermò e si volse.

Era Horlick, il giovane giardiniere di Hunterbury. Sembrava il ritratto della perplessità. Girava e rigirava il berretto fra le mani.

« Scusi, signore... Posso dirle una parola? »

« Certamente. Di che si tratta? »

Horlick spiegazzò e torse il berretto. Volgendo altrove gli occhi, con aria perplessa, disse:

« Si tratta dell'automobile ».

« Quella che quella mattina era fuori del cancello posteriore? »

« Sissignore. Il dottor Lord ha affermato che non era la sua macchina; ma era proprio la sua ».

« Lo sa con sicurezza? »

« Sissignore. A causa del numero. L'osservai : MSS 2022. Ne sono certissimo. »

Con un debole sorriso, Hercule Poirot gli rispose: « Ma il dottor Lord dice che quella mattina andò a Withenbury ».

Horlick replicò disperato:

« Sissignore. L'ho sentito. Ma era la sua macchinalo giurerei ».

Poirot rispose dolcemente:

« Grazie, Horlick. È precisamente quello che forse dovrà fare... ».

 

 

 

XXI

Faceva molto caldo in Tribunale? O molto freddo? Elinor Carlisle non avrebbe saputo dirlo. A volte si sentiva ardere, come se avesse la febbre, e subito dopo rabbrividiva. Non aveva udito la fine del discorso del Pubblico Ministero. Era tornata al passato, aveva rivissuto lentamente tutta la vicenda, dal giorno in cui era giunta quell'orribile lettera fino al momento in cui un funzionario di polizia, dall'apparenza tranquilla, le aveva detto con orribile naturalezza: « Elinor Katherine Carlisle? Ho un mandato d'arresto contro di lei : è imputata dell'assassinio di Mary Gerrard per somministrazione di veleno, avvenuta il giorno 27 luglio scorso. L'avverto che qualunque cosa dirà verrà registrata, e potrà essere usata come prova contro di lei al processo ».

Orribile, spaventosa naturalezza... si sentì afferrata da una macchina che girava continuamente: una macchina bene oleata, disumana, priva di compassione. E ora era là, sul banco degli accusati, esposta al pubblico, sotto centinaia di occhi che la fissavano con crudeltà.

Solo i giurati non la guardavano. Imbarazzati, cercavano di tenere gli occhi volti altrove... Elinor pensò : "È perché... sanno ciò che diranno... tra poco...".

Il dottor Lord stava facendo la sua deposizione. Ma quello era proprio Peter Lord, il gaio dottore col viso coperto di efelidi, buono e cordiale con tutti a Hunterbury?

Era molto rigido, adesso, severamente professionale. Le sue risposte erano monotone: era stato chiamato per telefono; troppo tardi per poter fare qualunque cosa; Mary Gerrard era morta pochi minuti dopo il suo arrivo; morte cagionata, secondo lui, da un avvelenamento da morfina in una delle sue forme meno comuni : la varietà "fulminante".

L'avvocato Bulmer si alzò per rivolgere a sua volta delle domande: « Era il medico curante della defunta signora Welman? ».

« Sì. »

« Durante le sue visite a Hunterbury, nello scorso giugno, ebbe occasione di vedere insieme l'accusata e Mary Gerrard? »

« Parecchie volte. »

« Come sarebbe stato, secondo lei, il contegno dell'imputata verso Mary Gerrard? »

« Perfettamente spontaneo e gentile. »

Edwin Bulmer disse con un sorriso lievemente sdegnoso : « Non ha visto alcun segno di quell'"odio geloso" del quale abbiamo sentito tanto parlare? ».

Il giovane medico rispose fermamente: « No ».

Elinor pensò:

"Eppure vide vide... ha mentito per me... lui sapeva...".

A Peter Lord seguì il medico della polizia. La sua deposizione fu più lunga, più circostanziata. La morte era dovuta ad avvelenamento da morfina, della varietà "fulminante". Voleva avere la bontà di spiegare questo termine? Lo fece volentieri.

La morte per avvelenamento da morfina può avvenire in modi diversi. Quello più comune era un periodo di intensa agitazione, seguito da assopimento e da narcosi con contrazione delle pupille. Un'altra forma meno comune era quella detta "fulminante" : in questi casi un sonno profondo sopravveniva dopo pochissimo tempo : circa dieci minuti; e le pupille erano generalmente dilatate...

Il Tribunale aveva aggiornato la seduta e l'aveva ripresa in seguito. C'erano state altre testimonianze di periti medici.

Il dottor Alan Garcia, un distinto chimico, prodigo di termini scientifici, parlò del contenuto dello stomaco. Pane, pasta di pesce, tè, latte, tracce di morfina... altri termini scientifici e parecchie cifre. La quantità presa dalla defunta sembrava che fosse circa due grammi: e mezzo grammo sarebbe già stato una dose letale.

L'avvocato Bulmer si alzò in piedi, sempre tranquillo.

« Vorrei capire bene. Nello stomaco non ha trovato altro che pane, burro, pesce, tè e morfina. Nessun altro alimento? »

« Nessuno. »

« Ciò vuol dire che la defunta non doveva avere mangiato altro che tartine e tè nelle ultime ore? »

« Precisamente. »

« C'era qualcosa che potesse far comprendere in quale particolare modo fosse stata somministrata la morfina? » *

« Non capisco. »

 

« Semplificherò la mia domanda. La morfina poteva essere nella pasta di pesce, o nel pane, o nel burro, o nel tè, o nel latte? »

« Certamente. »

« Non vi era alcuna prova speciale che la morfina fosse nella pasta di pesce piuttosto che in uno degli altri alimenti? »

« No. »

« E la morfina avrebbe potuto essere stata presa separatamente, cioè in nessuno di questi veicoli? Semplicemente inghiottita nella sua forma di compresse? »

« Precisamente. »

L'avvocato sedette.

« Ciononostante, lei ritiene che, comunque sia stata presa la morfina, essa è stata presa contemporaneamente a quegli alimenti? » domandò il Giudice.

« Sì. »

« Grazie. »

L'ispettore Brill aveva giurato con naturalezza meccanica. Adesso, rigido e soldatesco, faceva la sua deposizione con la facilità dovuta alla lunga pratica.

«Chiamato alla casa... l'imputata disse: "Sarà stata la pasta per le tartine che era guasta..." perquisizione dei locali... un barattolo di pasta d'acciughe e salmone, lavato, era a scolare sul lavandino; un altro pieno a metà... ulteriori ricerche nella dispensa...»

« Che cosa ha trovato? »

« In una fessura, sotto alla tavola, tra le assicelle del pavimento, un frammento di carta. »

Il reperto fu mostrato ai giurati.

« Che cosa ha pensato che fosse? »

« Un frammento di etichetta, di quelle applicate sui tubetti di vetro della morfina. »

L'avvocato difensore si alzò senza fretta. Chiese:

« Ha trovato questo pezzetto di carta in una fessura del pavimento? ».

« Sì. »

« Parte di un'etichetta? » « Sì. »

« Ha trovato il rimanente dell'etichetta? »

« No. »

« E ha rinvenuto qualche tubetto o boccetta su cui l'etichetta avrebbe potuto essere attaccata? »

« No. »

« In che stato era quel pezzetto di carta, quando l'ha trovato? Sudicio o pulito? »

« Fresco e pulito. »

« Come sarebbe a dire, fresco e pulito? »

« Che vi era solo un po' di polvere del pavimento, a parte questo era assolutamente lindo. »

« Non poteva essere lì già da qualche tempo? »

« No, doveva esservi caduto da poco. »

« Afferma dunque che si trovava là solamente dal giorno in cui lo ha trovato? Non da prima? »

« Sì. »

L'avvocato Bulmer sedette con un grugnito.

L'infermiera Hopkins era sul banco dei testimoni, col viso rosso, ma sicura di sé.

"Però" pensò Elinor "l' infermiera Hopkins non faceva tanta paura come l'ispettore Brill. La mancanza di umanità dell'ispettore era davvero paralizzante. Lui faceva decisamente parte di un grande meccanismo, mentre l'infermiera aveva pregiudizi e passioni umane."

« Si chiama Jessie Hopkins? »

« Sì. »

« È infermièra comunale e risiede a Rose Cottage, Hunterbury? »

« Sì. »

« Dove era il 28 giugno scorso? »

« A Hunterbury. »

« L'avevano chiamata? »

« Sì. La signora Welman aveva avuto un codpo: il secondo. Andai ad aiutare l'infermiera O'Brien nell'attesa che si fosse trovata una seconda infermiera. »

« Aveva con sé una borsa di pronto soccorso? »

« Sì. »

« Dite alla giuria che cosa conteneva. »

« Bende, ovatta, una siringa ipodermica e qualche medicinale tra cui un tubetto di idroclorato di morfina. »

« A che scopo teneva questo medicinale? »

« Un'ammalata del villaggio aveva bisogno di iniezioni di morfina mattina e sera. »

« Qual era il contenuto del tubetto? »

« Venti compresse, ciascuna delle quali conteneva mezzo grammo di idroclorato di morfina. »

« Dove mise la borsa? »

« In anticamera. »

« Questo fu la sera del 28. Quando ebbe occasione di guardare nuovamente nella borsa? »

« La mattina seguente verso le nove, mentre stavo uscendo. »

« Mancava qualche cosa? »

« Il tubetto di morfina. »

« Parlò di questa perdita? »

« Lo dissi all'infermiera O'Brien, che era di servizio presso l'inferma. »

« La borsa era nell'atrio, dove la gente aveva l'abitudine di passare avanti e indietro? »

« Sì. »

Il giudice fece una pausa. Quindi chiese:

« Lei conosceva intimamente la morta, Mary Gerrard? ».

« Sì. »

« Qual era la sua opinione di lei? »

« Era una dolce creatura e una buona ragazza. »

« Aveva un carattere piacevole? »

« Molto. »

« Sa se avesse dei dispiaceri? »

« No. »

« Al momento della sua morte vi era qualcosa che potesse preoccuparla o renderla infelice a proposito del suo avvenire? »

« Nulla. »

« Non avrebbe quindi avuto ragione per attentare alla propria vita? »

« Nessunissima ragione. »

E continuò ancora, ancora, quella maledetta storia: come la Hopkins aveva accompagnato Mary alla portineria, la comparsa di Elinor, i suoi modi eccitati, l'invito a mangiare le tartine, il piatto offerto a Mary per prima. La proposta di Elinor di lavare tutto e la seguente proposta che l'infermiera andasse al piano di sopra con lei per aiutarla a dividere i vestiti.

Vi furono frequenti interruzioni e obiezioni da parte dell'avvocato Bulmer.

Elinor pensò:

"Sì, è tutto vero; e lei lo crede. È sicura che sìa stata io. E ogni parola che dice, è la verità... Questa è la cosa orribile. È tutto vero".

Una volta di più, guardando verso il pubblico, vide il volto di Hercule Poirot che la guardava pensieroso, quasi affettuosamente. La guardava con l'aria di sapere troppo...

Il pezzetto di cartone su cui era incollato il frammento di etichetta, fu mostrato alla testimone.

« Sa che cos'è questo? »

« Un pezzetto di etichetta. »

« Può dire alla giuria di che etichetta si tratta? »

« Sì. È parte di un'etichetta di un tubetto di compresse per iniezioni. Compresse di morfina da mezzo grammo, come il tubetto che ho perduto io. »

« Ne è certa? »

« Certissima. Deve appartenere senz'altro al mio tubetto. »

Il giudice chiese:

« C'è qualche segno speciale per cui possa identificare proprio l'etichetta del tubetto da lei perduto? ».

« No, eccellenza, ma dev'essere lo stesso. »

« Per lo meno, può dire che è esattamente simile? »

« Sì, questo è quello che voglio dire. »

Il Tribunale aggiornò la seduta.

 

 

 

XXII

Il giorno seguente.

L'avvocato Edwin Bulmer era in piedi per il controinterrogatorio. Era tutt'altro che dolce. Chiese aspramente :

« Quella borsa di cui abbiamo sentito parlare tanto, fu lasciata tutta la notte del 28 giugno nell'atrio principale di Hunterbury? ».

« Sì » confermò la Hopkins.

« Una discreta negligenza, no? »

L'infermiera arrossì.

« Infatti... »

« Ha l'abitudine di lasciare in giro medicinali pericolosi, a portata di mano di chiunque? »

« No di certo. »

« Ah no? Ma quella volta lo ha fatto. »

« Sì. »

« E chiunque in casa avrebbe potuto impadronirsi di quella morfina, se lo avesse voluto. »

« Immagino. »

« Non deve immaginare. È così o no? »

« Be'... sì. »

« Non era soltanto la signorina Carlisle che avrebbe potuto prenderlo, vero? Un qualunque domestico. 0 il dottor Lord. O il signor Roderick Welman. 0 l'infermiera O'Brien. 0 la stessa Mary Gerrard. »

« Credo... sì, sì. »

« E così o no? »

« Sì. »

« Qualcuno sapeva che lei aveva della morfina nella borsa? »

« Non lo so. »

« Non ne parlò con nessuno? »

« No. »

« Sicché, in definitiva, la signorina Carlisle potrebbe non aver saputo che c'era della morfina nella sua borsa. »

« Potrebbe aver frugato per vedere. »

« È molto improbabile, no? »

« Non lo so. »

« C'erano altre persone che, meglio della signorina Carlisle, avrebbero potuto sapere della presenza della morfina in quella borsa. Per esempio il dottor Lord.

Doveva pur saperlo. Lei faceva le iniezioni dietro sua indicazione, non è vero? »

« Certamente. »

« E Mary Gerrard lo sapeva? »

« No. »

« Veniva spesso a casa sua, non è vero? »

« Non molto spesso. »

« Potrei affermare che lei veniva spesso da lei, e che, fra tutti gli abitanti della

casa, era quella che più facilmente poteva immaginare che nella sua borsa vi fosse la morfina. »

« Lo escludo. »

Bulmer fece una pausa. Quindi riprese:

« Disse la mattina stessa all'infermiera O'Brien che la morfina mancava? ».

« Sì. »

« Non ha per caso detto : "Ho lasciato la morfina a casa, debbo andare a prenderla"? »

« No. »

« Non ha pensato che la morfina fosse rimasta sul caminetto di casa sua? »

« Dio mio, quando non sono riuscita a trovarla, ho pensato che potesse essere successo questo.»

« Insomma, non sapeva con sicurezza che cosa ne aveva fatto. »

« Sì, lo sapevo. L'avevo messa nella borsa. »

« E allora perché la mattina del 29 giugno disse che forse l'aveva lasciata a casa? »

« Perché avrebbe anche potuto essere. »

« Deduco che lei è una donna molto negligente. »

« Non è vero. »

« Qualche volta fa delle dichiarazioni piuttosto imprecise, non è vero? »

« No. Sto molto attenta a quello che dico. »

« Lei fece un'osservazione a proposito di un graffio fatto con una spina di rose il 27 luglio, il giorno della morte di Mary Gerrard? »

« Non capisco che cosa c'entri questo. »

Il giudice domandò:

« È una cosa che ha rapporto col processo, avvocato Bulmer? ».

« Sì, milord; fa parte essenziale della difesa e intendo citare dei testimoni per provare che questa dichiarazione è menzognera. »

Riprese :

« Sostiene ancora di essersi graffiata il polso con una spina di rose il 27 luglio? ».

« Sì. »

L'infermiera aveva un'aria di sfida.

« E quando è accaduto, questo? »

« Prima di lasciare la portineria, mentre mi recavo alla casa, la mattina del 27 luglio. »

Bulmer chiese con aria scettica:

« Che pianta di rose era? ».

« Una rosa rampicante che cresce presso la casetta, con dei fiori rossi. »

« Ne è sicura? »

« Sicurissima. »

L'avvocato fece una pausa, quindi chiese:

« Persiste a dire che la morfina era nella borsa quando lei si recò a Hunterbury il 28 giugno? ».

« Persisto. »

« E se adesso l'infermiera O'Brien viene sul banco dei testimoni e giura che lei le disse di averla probabilmente lasciata a casa? »

« Era nella mia borsa. Ne sono sicura. »

Bulmer sospirò.

« Non si è sentita per nulla inquieta per la scomparsa della morfina? ».

« Non inquieta... no. »

« Era proprio tranquilla, nonostante la scomparsa di una quantità di una droga pericolosa? »

« In quel momento non pensai che qualcuno l'avesse presa. »

« Capisco. Lì per lì non si è ricordata che cosa aveva potuto farne? »

« Nient'affatto. Era nella borsa. »

« Venti compresse di mezzo grammo, cioè 10 grammi di morfina. Sufficienti per uccidere parecchie persone, no? »

« Sì. »

« E non era inquieta... e non ha neanche denunciato ufficialmente lo smarrimento? »

« Ho creduto che tutto fosse in regola. »

« Se la morfina fosse veramente scomparsa come dice, lei avrebbe dovuto, in coscienza, fare rapporto di tale perdita. »

Molto rossa in viso, la Hopkins rispose:

« Ebbene, non l'ho fatto ».

« Indubbiamente questa è una negligenza colpevole, da parte sua. Mi sembra che lei non si assuma molto seriamente le sue responsabilità. Le capita spesso di smarrire medicinali pericolosi? »

« Non mi è mai accaduto. »

Continuò così per alcuni minuti durante i quali l'infermiera Hopkins rispondeva mormorando, rossa in faccia, contraddicendosi... facile preda dell'abilità dell'avvocato Bulmer.

« È vero che il giovedì 6 luglio, la morta Mary Gerrard fece testamento? »

« È vero. »

« Perché lo fece? »

« Perché ritenne che fosse una cosa che si doveva fare. E infatti lo era. »

« È sicura che non fosse perché si sentiva depressa e incerta sul suo avvenire? »

« Sciocchezze. »

« Però questo dimostra che l'idea della morte era presente alla sua mente. Che vi rimuginava sopra. »

« Nient'affatto. Credette che fosse una cosa che bisognava fare.»

« È questo il testamento? Firmato da Mary Gerrard, e dai testimoni Emily Biggs e Roger Wade, lavoranti in pasticceria, e in cui lasciava tutto ciò che possedeva a Mary Ryley, sorella di Eliza Ryley?»

« Precisamente. »

Fu mostrato ai giurati.

« Secondo lei, Mary Gerrard aveva qualche cosa da lasciare? »

« In quel momento, no. »

« Ma entro breve tempo avrebbe avuto del denaro? »

«Sì.»

« E' vero che una somma considerevole duemila sterline sarebbe stata data alla Gerrard dalla signorina Carlisle? »

« Sì. »

« Non vi fu alcuna coercizione sulla signorina Carlisle, per far questo? Fu soltanto un impulso generoso da parte sua? »

« Sì : lo fece di sua spontanea volontà. »

« Ma senza dubbio, se avesse odiato Mary Gerrard come si dice, non le avrebbe, di sua spontanea volontà, regalato una somma di denaro. »

« Può essere. »

« Che cosa vuol dire con questa risposta? »

« Non voglio dir nulla. »

« Benissimo. Ora mi dica: ha sentito qualche pettegolezzo locale su Mary Gerrard e il signor Roderick Welman? »

« Lui le faceva la corte. »

« Ne ha la prova? »

« Lo sapevo, ecco tutto. »

« Ah... "lo sapeva"? Temo che questo non sia molto convincente per la giuria. E ha avuto occasione di dire che Mary non voleva aver nulla a che fare con lui, perché fidanzato con la signorina Elinor, e che gli disse la stessa cosa anche a Londra? »

« Questo è quello che mi raccontò lei. »

Samuel Attenbury interrogò di nuovo: « Quando Mary Gerrard stava discutendo con lei il contenuto del testamento, l'imputata guardò in casa attraverso la finestra? ».

« Sì. »

« E che cosa disse? »

«Disse: "Sta facendo testamento, Mary? Curioso..." e si mise a ridere. A ridere, a ridere. E secondo me » affermò la teste con malignità « fu in quel momento che l'idea le venne in mente. L'idea di liberarsi della ragazza! In quel momento aveva in cuore il delitto. »

Il giudice parlò aspramente:

« Si limiti a rispondere alle domande che le sono rivolte. L'ultima parte di questa risposta non dev'essere messa a verbale... ».

Elinor pensò:

"Strano... quando qualcuno dice la verità, non lo scrivono...".

E provò il desiderio di ridere istericamente.

L'infermiera O'Brien era sul banco dei testimoni.

« La mattina del 29 giugno l'infermiera Hopkins le fece una dichiarazione? »

« Sì. Disse che dalla sua borsa mancava un tubetto di idroclorato di morfina. »

« Lei che cosa fece? »

« La aiutai a cercarlo. »

« Ma non lo trovaste? »

« No. »

« Le risulta che la borsa in questione sia rimasta tutta la notte nell'atrio? »

« Sì. »

« Il signor Roderick Welman e l'imputata erano entrambi nella casa al momento della morte della signora Welman, cioè nella notte dal 28 al 29 giugno? »

« Sì. »

« Vuole parlarci di un incidente avvenuto il 29 giugno, il giorno successivo la morte della signora Welman? »

« Vidi il signor Roderick con Mary Gerrard. Le stava dicendo che l'amava e cercò di baciarla.»

« E in quel tempo era fidanzato con l'imputata? »

« Sì. »

« E che cosa avvenne poi? »

« Mary gli disse che doveva vergognarsi, essendo fidanzato con la signorina Elinor. »

« Secondo lei quali erano i sentimenti dell'imputata verso Mary Gerrard? »

« La odiava. La guardava come se avesse voluto fulminarla. »

L'avvocato Bulmer balzò in piedi.

Elinor pensò: "Ma perché discutono su questo? Che cosa importa?".

Bulmer cominciò il controinterrogatorio: « Non è vero che l'infermiera Hopkins le disse che credeva di aver lasciato la morfina a casa? ».

« Ecco, vede, è andata così : dopo che... »

« La prego di avere la bontà di rispondere alla mia domanda. Non disse che probabilmente aveva lasciato la morfina a casa? »

« Sì. »

« E non era veramente preoccupata in quel momento? »

« No, allora no. »

« Perché credeva di averla lasciata a casa, e naturalmente non era inquieta. »

« Come vuole che pensasse che qualcuno l'aveva presa? »

« Esatto. Fu soltanto dopo la morte di Mary Gerrard per avvelenamento, che la sua immaginazione cominciò a lavorare. »

Il giudice interruppe:

« Credo, avvocato, che abbia già chiarito questo con la testimone precedente ».

« Come Vostra Signoria preferisce. Adesso, considerando l'atteggiamento dell'accusata verso Mary Gerrard, non vi è mai stata alcuna lite fra loro? »

« No, nessuna lite. »

« La signorina Carlisle è sempre stata gentile con la ragazza? »

« Sì. C'era solamente il suo modo di guardarla. »

« Sì, sì, sì. Ma questa è una cosa che non possiamo concretare. Lei è irlandese, credo? »

« Sì. »

« E gli irlandesi hanno una immaginazione piuttosto vivace, non è vero? »

La O'Brien esclamò eccitata:

« Ogni parola che ho detto è la pura verità ».

Il signor Abbott, droghiere, al banco dei testimoni. Parlò sottovoce, incerto (quantunque, forse, un po' eccitato della propria importanza). La sua deposizione fu breve. L'acquisto di due barattoli di pasta per tartine. L'accusata aveva detto: "Ci sono stati casi di avvelenamento per ptomaina, non è vero? ". Sembrava strana ed eccitata. Nessun controinterrogatorio.

 

 

 

XXIII

Prima arringa della difesa:

« Signori giurati, se volessi, potrei affermare che non vi è alcuna prova contro l'imputata. Il castello di prove costruito dall'accusa, secondo me e, senza dubbio, anche secondo voi, non ha dimostrato assolutamente nulla! L'accusa dichiara che Elinor Carlisle, essendosi impadronìta della morfina (che chiunque altro in casa avrebbe potuto prendere, e che si può dubitare fosse realmente nella borsa), procede all'avvelenamento di Mary Gerrard. Qui l'accusa si fonda soltanto sull'opportunità. Ha cercato di dimostrare il movente, ma non vi è riuscita. Perché, signori della giuria, il movente non esiste! L'accusa ha parlato della rottura di un fidanzamento. Se la rottura di un tale impegno può essere causa di un assassinio, vedremmo ogni giorno delitti di questo genere! E questo fidanzamento, notate bene, non aveva come base una passione disperata; si trattava di un matrimonio combinato soprattutto per ragioni di famiglia. La signorina Carlisle e il signor Welman erano cresciuti insieme, avevano sempre nutrito un affetto reciproco che a poco a poco era diventato più profondo; ma intendo dimostrarvi che dal punto di vista "amore" il loro sentimento era assolutamente nullo ».

"Oh Roddy Roddy un sentimento nullo?".

« Inoltre, questo fidanzamento era stato rotto non dal signor Welman ma dall'imputata! Vi faccio notare che la ragione principale che aveva spinto i due giovani a fidanzarsi era stata l'idea di compiacere la vecchia signora Welman. Quando lei morì, entrambi si resero conto che i loro sentimenti non erano abbastanza forti da giustificare il matrimonio. Rimasero, però, ottimi amici. Inoltre Elinor Carlisle, che aveva ereditato il patrimonio di sua zia, nella bontà del suo animo stava disponendo la donazione di una grossa somma di denaro a Mary Gerrard. Precisamente la ragazza che lei è accusata di avere avvelenata! È semplicemente ridicolo.

« L'unico elemento contro Elinor Carlisle è costituito dalle circostanze in cui l'avvelenamento ebbe luogo.

« L'accusa dice infatti :

« "Nessuno, se non Elinor Carlisle, può avere ucciso Mary Gerrard. Perciò bisogna cercare un possibile movente." Ma come vi ho già detto il movente non si è trovato perché non esiste.

« Ora, è vero che nessuno, all'infuori di Elinor Carlisle, avrebbe potuto uccidere Mary Gerrard? No, non è vero. Vi è la possibilità che Mary Gerrard si sia uccisa. Vi è la possibilità che qualcuno abbia manomesso le tartine mentre Elinor Carlisle era andata alla casetta. Vi è una terza possibilità. È legge fondamentale di giustizia che se si può dimostrare che c'è un ragionevole dubbio, l'imputato deve venire assolto. Io mi propongo di dimostrarvi che vi era un'altra persona che non solo aveva la possibilità di avvelenare Mary Gerrard, ma che aveva anche un motivo per farlo. Mi propongo quindi di citare dei testimoni i quali dimostreranno che un'altra persona poteva avere nelle mani la morfina e che questa aveva un ottimo motivo per uccidere Mary Gerrard; e vi dimostrerò come ha avuto ugualmente l'occasione di poterlo fare. Affermo che nessuna giuria al mondo può riconoscere colpevole questa donna quando non vi è contro di lei altra prova se non l'opportunità di compiere il delitto, e quando si può dimostrare che tale opportunità esisteva anche per un'altra persona, con l'aggiunta di un movente assai più convincente. Citerò anche dei testimoni per provare che vi è stato falso giuramento da parte di uno dei testi citati dall'accusa. Ma prima interrogherò l'imputata affinché lei stessa vi racconti la sua storia e voi possiate vedere come sono infondate le accuse contro di lei ».

Elinor rispondeva alle domande del suo avvocato con voce sommessa. II giudice si chinò in avanti e le disse di parlare più forte... Bulmer le si rivolgeva con tono dolce e incoraggiante: tutte domande per le quali lei aveva già ripetuto a se stessa più volte le risposte, come se avesse dovuto recitare una parte.

« Voleva bene a Roderick Welman? »

« Molto. Era come un fratello... o un cugino. Ho sempre pensato a lui come a un cugino. »

Il fidanzamento... trascinatavi dalle circostanze... molto piacevole sposare una persona che si conosce fin dall'infanzia...

« Non una passione, insomma? »

"Passione? Oh, Roddy..."

« Dìo mio, no... ci conoscevamo tanto bene... »

« Dopo la morte della signora Welman vi fu tra voi una lieve tensione? »

«Sì.»

« Come lo spiega? »

« In parte credo che fosse per il denaro. »

« Il denaro? »

« Sì. Roderick sì sentiva a disagio. Pensava che la gente potesse supporre che mi sposava per quello... »

« Il fidanzamento non fu rotto a causa di Mary Gerrard? »

« Credetti che Roderick se ne fosse incapricciato, ma non pensai che fosse una cosa seria. »

« Se lo fosse stato, ne sarebbe rimasta sconvolta? »

« Oh no. L'avrei soltanto trovata una cosa sconveniente : ecco tutto. »

« Ora mi dica, signorina Carlisle, prese lei il tubetto di morfina dalla borsa dell'infermiera Hopkins la notte del 28 giugno? »

« No. »

« Ha mai posseduto della morfina? »

« Mai. »

« Sapeva che sua zia non aveva fatto testamento? »

« No. Fu una sorpresa per me. »

« Credette che la sera del 28 giugno, nelle ore precedenti alla sua morte, lei volesse

darle un incarico? »

« Compresi che non aveva provveduto per Mary Gerrard e che era ansiosa di farlo. »

« E per adempiere ai suoi desideri, lei stessa era disposta a dare una somma di denaro alla ragazza? »

« Sì. Desideravo esaudire i desideri di zia Laura. Ed ero grata della bontà che Mary aveva dimostrato a mia zia. »

« Il 26 luglio si recò da Londra a Maidensford e prese alloggio alla locanda "Le Armi del Re"?»

«Sì.»

« A quale scopo? »

« Avevo avuto un'offerta per la casa e l'acquirente desiderava entrarne in possesso il più presto possibile. Dovevo quindi esaminare gli effetti personali di mia zia, e disporre e sistemare ogni cosa.»

« A Hunterbury il 27 luglio fece acquisto di generi alimentari? »

« Sì. Pensai che sarebbe stato più comodo mangiare un boccone a casa che tornare in paese. »

« Poi andò a casa e fece la scelta degli effetti personali di sua zia? »

«Sì. »

« E poi? »

« Discesi nella dispensa e preparai alcune tartine. Poi andai alla portineria e invitai l'infermiera comunale e Mary Gerrard a venire in casa a mangiarle con me. »

« Perché questo invito? »

« Per risparmiare anche a loro, con quel caldo, una passeggiata fino al paese e ritorno. »

« Un gesto gentile da parte sua. E loro accettarono l'invito? »

« Sì. Vennero a casa con me. »

« Dove erano le tartine che aveva preparato? »

« Le avevo lasciate in un piatto, nella dispensa. »

« La finestra era aperta? »

« Sì. »

« Chiunque avrebbe potuto entrare durante la sua assenza? »

« Certamente. »

« Se qualcuno l'avesse osservata da fuori mentre preparava le tartine, che cosa avrebbe potuto pensare? »

« Che mi stavo preparando la colazione, credo. »

« E non poteva sapere se qualcuno l'avrebbe condivisa con lei? »

« No. L'idea di invitare le due donne mi venne quando vidi quante tartine avevo preparate. »

« Sicché se qualcuno fosse entrato in casa e avesse messo il veleno in una delle tartine, il tentativo di avvelenamento sarebbe stato contro di lei? »

« Dio mio, sì. »

« Che cosa avvenne quando tornò in casa? »

« Andammo nel salottino. Io mi recai a prendere le tartine e le offrii alle mie ospiti. »

« Bevve qualche cosa con loro? »

« Acqua. C'era della birra, ma l'infermiera e Mary preferirono il tè. L'infermiera andò a prepararlo nell'anticucina. Lo portò su un vassoio e Mary lo versò. »

« Lei non ne prese? »

« No. »

« Mary Gerrard e l'infermiera ne bevvero tutt'e due? »

« Sì. »

« E poi che cosa avvenne? »

« L'infermiera andò a spegnere il fornello a gas. »

« Lasciandola sola con Mary Gerrard? »

« Sì. »

« E poi? »

« Dopo qualche minuto presi il vassoio e il piatto delle tartine e li portai nella dispensa. Assieme all'infermiera lavammo le stoviglie. »

« L'infermiera si era levata i polsini? »

« Sì. Lavò le stoviglie e io le asciugai. »

« Lei fece un'osservazione a proposito di una graffiatura al polso? »

« Le chiesi se si era punta. »

« Che cosa avvenne dopo? »

« Andammo al piano di sopra e lei mi aiutò a scegliere gli effetti di mia zia. »

« Dopo quanto tempo ridiscendeste? »

« Dopo circa un'ora. »

« Dov'era Mary Gerrard? »

« Nel salottino, seduta. Respirava in modo strano, era in coma. Telefonai al dottore, secondo le istruzioni della signora Hopkins. Lui arrivò un momento prima della morte della ragazza. »

Bulmer raddrizzò le spalle drammaticamente.

« Signorina Carlisle, ha lei ucciso Mary Gerrard? »

"Ecco il momento. Testa alta, occhi fermi."

« No! »

Samuel Attenbury, il Pubblico Ministero. Un batticuore doloroso. Ora... ora eccola alla mercé di un nemico! Non più dolcezza, non più domande a cui bisognava rispondere! Ma lui cominciò bonariamente.

« Ci ha detto di essere stata fidanzata col signor Roderick Welman? »

« Sì. »

« Gli era affezionata? »

« Molto. »

« Tengo invece a precisare che era profondamente innamorata di Roderick Welman e atrocemente gelosa di Mary Gerrard. »

« No! » "Aveva un'espressione indignata, quel no?"

Attenbury disse minaccioso:

« Affermo che lei aveva il proposito di togliere di mezzo quella ragazza, nella speranza che Roderick Welman tornasse a lei ».

« Certamente no. » "Sdegnoso un pochino debole, però."

Le domande continuarono. Come un sogno... un brutto sogno... un incubo.

Una domanda dopo l'altra... domande orribili, offensive... Ad alcune era preparata, altre la presero alla sprovvista...

E sempre lo sforzo di ricordarsi la parte. Mai abbandonarsi un momento, mai poter dire: "Sì, la odiavo... Sì, desideravo che morisse... Sì, mentre preparavo le tartine non feci che pensare alla sua morte...".

Rimanere calma e fredda e rispondere il più brevemente e spassionatamente possibile...

Lottare...

Lottare per ogni centimetro di strada... Finito... Ora l'orribile uomo col naso aquilino si era seduto. E la voce dolce e pacata di Edwin Bulmer le avrebbe rivolto ancora qualche domanda. Domande facili, semplici, destinate a cancellare la triste impressione che poteva averle lasciato il controinterrogatorio... Era tornata al suo posto. E guardava i giurati, domandandosi...

Roddy. Roddy era lì davanti e sbatteva un po' le palpebre, certo disperato di trovarsi in quel luogo. Roddy che sembrava per così dire una creatura non reale.

Ma nulla più era reale. Tutto le girava intorno spaventosamente. Il bianco era nero, l'alto era basso, l'oriente era occidente... "E io non sono Elinor Carlisle; sono 'l'imputata'. E che mi impicchino o mi assolvano, nulla sarà più come prima. Se vi fosse qualcosa... una sola cosa intatta a cui aggrapparsi..."

(Forse il volto di Peter Lord con le sue efelidi e il suo aspetto così straordinariamente simile a quello che è sempre stato...) Che cosa stava chiedendo adesso l'avvocato Bulmer?

« Vuol dirci quali erano i sentimenti della signorina Carlisle nei suoi confronti? »

Roddy rispose con la sua voce precisa: « Posso affermare che mi era profondamente affezionata, ma certo non mi amava appassionatamente ».

« Lei era soddisfatto del suo fidanzamento? »

« Sì. Avevamo moltissime idee in comune. »

« Vuol dire esattamente ai giurati, signor Welman, perché il fidanzamento fu mandato a monte? »

« Dopo la morte della signora Welman ci sentimmo improvvisamente a disagio. A me non piaceva l'idea di sposare una donna ricca, essendo io senza un soldo.

L'impegno fu sciolto di comune accordo. Ed entrambi ne provammo un certo sollievo. »

« Vuole ora dirci quali erano i suoi rapporti con Mary Gerrard? »

"Oh Roddy, povero Roddy, come tutto questo deve addolorarlo!"

« La trovavo molto bella. »

« Era innamorato di lei? »

« Un pochino. »

« Quando la vide per l'ultima volta? »

« Devo pensare. Dev'essere stato il 5 o il 6 luglio. »

L'avvocato Bulmer chiese, con la voce appena più dura: « Io credo che l'abbia vista anche dopo tale data ».

« No, mi recai all'estero : a Venezia e in Dalmazia. »

« E quando tornò in Inghilterra? »

« Dopo aver ricevuto un telegramma... mi faccia pensare... deve essere stato il 1° agosto. »

« Ma il 27 luglio lei era in Inghilterra, credo. »

« No. »

« Andiamo, signor Welman. Si ricordi che ha giurato. Non esiste forse il fatto che il suo passaporto dimostra che lei tornò in Inghilterra il 25 luglio e che ripartì la notte del 27? »

La voce di Bulmer aveva una nota sottilmente minacciosa. Elinor corrugò la fronte, improvvisamente richiamata alla realtà. Possibile che il suo difensore maltrattasse uno dei suoi testimoni citati?

Roderick era impallidito. Tacque per un minuto o due, poi disse con sforzo: « Ebbene sì... è così ».

« Andò a trovare la Gerrard nel suo alloggio a Londra il giorno 25? »

«Sì.»

« Le chiese di sposarla? »

« Ehm... sì. »

« Che cosa le rispose? »

« Rifiutò. »

« Lei non è ricco, signor Welman? »

« No. »

« E ha parecchi debiti? »

« È affar mio! »

« Non sapeva che la signorina Carlisle le aveva lasciato tutto il suo denaro, in caso di morte? »

« È la prima volta che lo sento dire. »

« È stato a Maidensford la mattina del 27 luglio? »

« No. »

Il Pubblico Ministero disse:

« Lei afferma che, secondo lei, l'imputata non era profondamente innamorata di lei? ».

« Sì, ho detto questo. »

« Molto cavalleresco, signor Welman. »

« Non capisco che cosa voglia dire. »

« Se una signora fosse innamorata di lei e lei non lo fosse, non si sentirebbe tenuto a nascondere questo fatto? »

« Certo no. »

« Dove ha studiato, signor Welman? »

« A Eton. »

Con un sorriso tranquillo Attenbury lo accommiatò: « Non c'è altro ».

Alfred James Wargrave.

« Lei è coltivatore di rose e abita a Emsworth, Berkes? »

« Sì. »

« È andato il 20 ottobre a Maidensford per esaminare un roseto che cresce presso

la portineria di Hunterbury Hall? »

« Sì. »

« Vuole descrivere questo roseto? »

« È una rosa rampicante: la Zephirina Droughin. Ha fiori rossi delicatamente profumati. È priva di spine. »

« Sarebbe impossibile graffiarsi con un roseto simile a quello descritto da lei? »

« Impossibile. Ripeto che è assolutamente priva di spine. » Nessun controinterrogatorio.

« Si chiama James Littledale? Ha la patente di chimico ed è impiegato presso i grossisti di prodotti chimici e farmaceutici Jenkin & Hale? »

« Sì. »

« Può dirmi che cos'è questo brandello di carta? »

Il reperto gli fu mostrato.

« È un frammento di una delle nostre etichette : quelle che incolliamo sui tubetti di compresse per iniezioni ipodermiche. »

« È sufficiente questo pezzo per farle riconoscere che medicinale fosse contenuto nel tubetto su cui era questa etichetta? »

« Sì. Posso affermare con assoluta sicurezza che il tubetto in questione conteneva compresse di idroclorato di apomorfina da mezzo grammo ciascuna. » « Non idroclorato di morfina? »

« No, non poteva appartenere a un tubetto di questo medicinale. »

« Perché no? »

« Perché sui tubetti di quel medicinale la parola morfina è scritta con la M maiuscola. Ora l'ultima parte della lettera m su questa etichetta, vista attraverso la lente d'ingrandimento, mostra chiaramente che si trattava di m minuscola, non maiuscola. »

« Prego i signori giurati di esaminare il reperto con la lente. Ha con sé delle etichette da far vedere? » Le etichette furono mostrate ai giurati. Edwin Bulmer riprese:

« Lei dice che questa apparteneva a un tubetto di apomorfina? Che cos'è precisamente l'idroclorato di apomorfina? »

« La formula è C!7 H N02. E un derivato della morfina, che si prepara saponificando la morfina col calore, e diluendola con acido cloridrico in tubetti sigillati. La morfina perde una molecola d'acqua. »

« Quali sono le proprietà speciali dell'apomorfina? »

II signor Littledale rispose tranquillo: « L'apomorfina è il più rapido e il più potente emetico che si conosca. Agisce in pochi minuti. »

« Quindi se qualcuno avesse inghiottito una dose letale di morfina e gli si iniettasse ipodermicamente, entro pochi minuti, una dose di apomorfina, quale sarebbe il risultato? »

« Il vomito seguirebbe quasi immediatamente e la morfina sarebbe espulsa dall'apparato digerente. »

« Perciò, se due persone mangiassero la stessa tartina o bevessero lo stesso tè, e a una di esse fosse iniettata una dose di apomorfina, quale sarebbe il risultato... supponendo che avessero condiviso alimento o bevanda contenente morfina? »

« L'alimento o la bevanda contenenti morfina sarebbero rigettati dalla persona che ha avuto l'iniezione. »

« E questa persona non avrebbe alcun disturbo successivo? »

« No. »

Vi fu un'improvvisa agitazione nel Tribunale e il giudice impose il silenzio.

« Lei è Amelia Mary Sedley, dimorante abitualmente al numero 17 di Charles Street, Boonamba, Auckland? »

« Sì. »

« Conosce la signora Draper? »

« Sì. La conosco da vent'anni. »

« Conosce il suo nome da ragazza? »

« Sì. Ero presente al suo matrimonio. Si chiamava Mary Riley. »

« Era nativa della Nuova Zelanda? »

« No. Proveniva dall'Inghilterra. »

« È in Tribunale fin dall'inizio del dibattito? »

« Sì. »

« E ha visto in Tribunale questa Mary Riley, o Draper? »

« Sì. »

« Dove l'ha vista? »

« Sul banco dei testimoni. »

« Sotto quale nome? »

« Jessie Hopkins. »

« Ed è assolutamente sicura che questa Jessie Hopkins sia la donna che lei conosce come Riley o Draper? »

« Non ho ombra di dubbio. »

Lieve agitazione fra il pubblico.

« Quando ha visto per l'ultima volta Mary Riley, prima di adesso? »

« Cinque anni fa. Ripartì allora per l'Inghilterra. »

Edwin Bulmer si volse con un inchino verso il Pubblico Ministero: « A lei ».

Samuel Attenbury si alzò con un'espressione lievemente perplessa e cominciò: « Ritengo che lei, signora Sedley, possa... hm... ingannarsi. »

« Non mi inganno. »

« Potrebbe trattarsi di una rassomiglianza. »

« Conosco molto bene Mary Draper. »

« L'infermiera Hopkins è infermiera comunale. »

« Mary Draper era infermiera d'ospedale, prima di sposarsi. »

« Si rende conto che sta accusando un testimone di spergiuro dinanzi al Tribunale?»

« So perfettamente quello che dico. »

« Edward John Marshall, lei ha dimorato per qualche anno nella Nuova Zelanda, ad Auckland, e ora abita al numero 14 di Wren Street, Deptford? »

« Sì. »

« Conosce Mary Draper? »

« L'ho conosciuta e frequentata per parecchi anni nella Nuova Zelanda. »

« L'ha vista oggi in Tribunale? »

« Sì. Si fa chiamare Hopkins, ma è la signora Draper. »

Il giudice alzò la testa. Parlò con voce non alta ma chiara e penetrante.

« Credo che sia desiderabile che la teste Hopkins venga richiamata. »

Una pausa. Un mormorio.

« Informo Vostra Signoria che Jessie Hopkins ha lasciato il Tribunale pochi minuti fa. »

Hercule Poirot.

Hercule Poirot salì sul banco, prestò giuramento, si arricciò i baffi e attese col capo un po' piegato. Diede le proprie generalità e indirizzo.

« Signor Poirot, riconosce questo documento? »

« Senza dubbio. »

« Come è venuto originalmente nelle sue mani? »

« Mi fu dato dall'infermiera comunale Hopkins. »

Edwin Bulmer disse:

« Col suo permesso, milord, lo leggerò ad alta voce e poi lo passeremo in esame ai signori giurati ».

 

 

 

XXIV

La parola alla difesa:

« Signori giurati, ora ogni responsabilità riposa su di voi. Tocca a voi dire se Elinor Carlisle deve essere assolta. Se, dopo le deposizioni che avete udite, siete ancora convinti che Elinor Carlisle abbia avvelenato Mary Gerrard, è vostro dovere dichiararla colpevole.

« Ma se vi sembra che vi siano indizi abbastanza evidenti anzi più che evidenti su un'altra persona, è vostro dovere prosciogliere l'imputata senza ulteriore indugio.

« Voi avrete ormai compreso che i fatti di questo processo sono assai diversi di quanto non siano apparsi da principio.

« Ieri, dopo una drammatica deposizione del signor Hercule Poirot, ho citato altri testimoni per provare in modo indiscutibile che la ragazza Mary Gerrard era figlia illegittima della defunta Laura Welman. Dato questo, ne consegue, come Sua Signoria può confermarvi, che il parente più prossimo della defunta non era sua nipote, Elinor Carlisle, ma sua figlia, conosciuta col nome di Mary Gerrard. E perciò, con la morte della signora Welman, Mary Gerrard diventa erede di un patrimonio considerevole. Questo, signori, è il punto cruciale della situazione. Mary Gerrard veniva a ereditare una fortuna ammontante a circa duecentomila sterline. Ma lei lo ignorava. Ignorava anche la vera identità della nominata Hopkins. Immaginerete, signori, che Mary Riley o Draper doveva avere le sue buone ragioni per mutare il suo nome in quello di Hopkins. Altrimenti, perché non è venuta a dirci il motivo di questo mutamento?

« Tutto ciò che sappiamo è questo: che per istigazione dell'infermiera Hopkins, Mary Gerrard fece testamento lasciando ogni suo avere a "Mary Riley, sorella di Eliza Riley". Sappiamo che l'infermiera Hopkins, per la sua professione, aveva modo di procurarsi morfina e apomorfina, e ne conosceva le proprietà. Inoltre, è stato provato che l'infermiera Hopkins non ha detto la verità quando ha affermato di essersi punta il polso con una spina di un roseto che invece è privo di spine. Perché avrebbe mentito? Perché voleva frettolosamente giustificare il segno lasciato dall'ago ipodermico. Ricordate pure che l'imputata ha dichiarato, sotto giuramento, che l'infermiera Hopkins, quando lei la raggiunse nella dispensa, aveva l'aria di sentirsi poco bene: il suo viso era di un colore verdognolo, comprensibile se poco prima aveva avuto un vomito violento.

« Sottolineerò adesso un altro punto : se la signora Welman fosse vissuta ventiquattr'ore di più, avrebbe fatto testamento. Molto probabilmente avrebbe disposto un vistoso legato in favore di Mary Gerrard ma non le avrebbe lasciato il grosso del suo patrimonio, perché era convinzione della signora Welman che sua figlia sarebbe stata più felice se fosse rimasta a vivere in un'altra sfera.

« Non tocca a me pronunciarmi in merito alle prove che esistono contro quell'altra persona, se non per dimostrare che questa ha avuto uguale opportunità e ben più forti ragioni per compiere l'assassinio.

« Considerato da questo punto di vista, signori giurati, vi faccio presente che l'atto d'accusa contro Elinor Carlisle si risolve in nulla... ».

Dal riassunto del giudice signor Beddingfeld: « ...dovete essere assolutamente convinti che questa donna ha somministrato una dose letale di morfina a Mary Gerrard il 27 luglio. Se non lo siete, dovete prosciogliere l'imputata.

« L'accusa ha stabilito che la sola persona che aveva la possibilità di somministrare il veleno a Mary Gerrard era Elinor Carlisle. Ma la difesa ha cercato di provare che vi erano altre possibilità. Vi è la teoria che Mary Gerrard si sia suicidata; ma il solo argomento in appoggio di tale supposizione è il fatto che Mary Gerrard fece testamento poco prima di morire. Non vi è la minima prova che lei fosse depressa o infelice o comunque in un tale stato di spinto da indurla a togliersi ila vita. Si è anche insinuato che la morfina avrebbe potuto essere stata messa nelle tartine da una persona entrata nella dispensa mentre Elinor Carlisle era andata alla portineria. In tal caso, il veleno sarebbe stato destinato a Elinor Carlisle e la morte di Mary Gerrara sarebbe stata un errore. La terza alternativa, suggerita dalla difesa, è che un'altra persona ha avuto la stessa possibilità di somministrare la morfina e che in quest'ultimo caso il veleno fu introdotto nel tè e non nelle tartine. In appoggio a tale teoria la difesa ha citato il teste Littledale, il quale ha giurato che il frammento di carta rinvenuto nella dispensa faceva parte dell'etichetta di un tubetto contenente compresse ipodermiche di apomorfina, emetico potentissimo. Vi sono stati sottoposti entrambi i tipi di etichetta. Secondo me, la polizia è stata colpevole di grave negligenza non osservando più attentamente il frammento originale e concludendo affrettatamente che si trattava di morfina.

« La teste Hopkins ha dichiarato di essersi punta il polso con la spina di una pianta di rose che è presso la portinerìa. Il teste Wargrave ha esaminato la pianta e ha detto che è priva di spine. Dovete decidere che cosa ha prodotto la puntura al polso dell'infermiera e perché lei ha mentito in proposito...

« Se l'accusa vi ha convinti che l'imputata e nessun altro ha compiuto il delitto, dovete ritenerla colpevole. « Se l'alternativa suggerita dalla difesa è possibile e concorda con le prove, l'imputata dev'essere assolta.

« Vi invito a pronunciare il verdetto con coraggio e diligenza, pesando bene le prove che vi sono state sottoposte ».

Elinor fu ricondotta in aula.

I giurati rientrarono.

« Signori giurati, siete d'accordo nel vostro verdetto? »

« Sì. »

« Guardate l'imputata che è alla sbarra, e dichiarate se è colpevole o innocente. »