Evie continuava a sbatacchiare vasi, mentre Lukas tentava di parlarle.
«Lascia che ti dia una mano» si offrì lui.
«Non ho bisogno di aiuto» rispose lei.
«Ma io voglio aiutarti.»
«Non possiamo permetterci di prendere personale» disse Evie, evitando di guardarlo in faccia.
«Pensi che sia tornato perché ho bisogno un lavoro?»
«Non è così?»
«No, te l’ho detto, sono tornato per te.»
«Be’, mi ha fatto piacere rivederti, però adesso devo proprio rimettermi al lavoro.» Lo superò sfiorandolo e si diresse verso le aiuole con in mano un paio di cesoie.
«Pensavo che magari potrei stare qui da voi, come l’altra volta» disse Lukas, affrettandosi a seguirla.
«Cosa?» esclamò lei.
«Stare qui…»
«Impossibile» lo zittì lei.
«Perché?»
«Perché dobbiamo fare delle ristrutturazioni in casa e abbiamo già un’ospite.»
«Nella mia vecchia stanza?» chiese Lukas.
Evie non rispose. Si sentiva scortese, perché in realtà c’erano parecchie camere da letto, ma la verità era che non sapeva come avrebbe reagito ad avercelo intorno ventiquattr’ore su ventiquattro. Si stava ancora riprendendo dallo shock del suo arrivo.
«Vi aiuto con le faccende domestiche» propose lui.
«Non sono sicura che sia una buona idea, okay?» Il tono della voce di Evie fece trasalire Lukas, che perse la sua sicurezza.
«Okay.»
«Ascoltami, Lukas, non so bene cosa ci faccia tu qui, però temo che potresti avere sprecato il tuo tempo.»
«Non sta a me decidere?»
Lei si bloccò per un istante, seccata. «Non c’è niente tra di noi» sussurrò.
Lukas inclinò il capo. «Ma c’è stato, non è così?» chiese con espressione genuinamente confusa.
Evie aveva le braccia affondate nel compost, e lui non si accorse che lei stava tremando. «Ho bisogno di spazio, Lukas» disse.
«Spazio? Ma sono stato via un sacco.»
«Per favore» lo implorò lei, negli occhi un’aria vulnerabile.
«Ascoltami» rispose lui, «non hai idea di quanto mi dispiaccia per tua madre. So quanto le eri legata ed è un’esperienza terribile, ma non devi superarla da sola, perché io non ho intenzione di rinunciare a te. Non so cosa stia succedendo qua, ma tra noi c’era qualcosa di bello. Qualcosa di molto bello! Evie? Mi stai ascoltando?»
Evie scosse il capo. «Penso che sia meglio che tu vada.»
«Okay. Vado. Per adesso. Ma sappi che non è finita qui. Non mi arrendo tanto facilmente.»
Affondò le mani nelle tasche, e lei lo vide girare sui tacchi, le spalle incurvate e il passo del corteggiatore rifiutato. Evie restò lì a mordersi nervosamente il labbro inferiore e a chiedersi se non avesse appena commesso un grave errore.
Quel pomeriggio, Evie stava spolverando la stanza di Esther, con lo straccio che scivolava sulle superfici come se possedesse vita propria. Quando si avvicinò alla collezione di statuette di porcellana, Esther dalla sua poltrona la ammonì.
«Preferisco pensarci io a quelle, grazie!»
«Vuole che le dia una mano o no?» chiese Evie imbronciata.
«No, se sei di questo umore.»
«Che umore? Non sono di nessun umore!»
«Certo che no.»
Evie si fermò con lo straccio per la polvere in mano. «È solo… solo…»
«Cosa?»
«È tornato Lukas» sbottò prima di potersi interrompere.
«Chi è Lukas, un gatto smarrito?» chiese Esther.
«No. Un ragazzo smarrito.»
«Oh» rispose Esther.
Evie sospirò. «È stato qui qualche mese fa, ha svolto qualche lavoretto in giardino mentre io mi occupavo della mamma. È uno studente della scuola d’arte, e se ne va in giro per l’Inghilterra per cercare… le cose che cercano gli artisti.»
«E ha messo gli occhi su di te, vero?»
«Più o meno.»
«Ma a te lui non interessa?»
Evie strinse lo straccio giallo tra le mani come se stesse torcendo il collo a qualcuno.
«Mi piaceva, ma non pensavo che lo avrei rivisto. Non gli avevo chiesto di tornare.»
«E allora digli di andarsene. Se non sei interessata, dovrà starti ad ascoltare» disse Esther.
Evie parve non averla nemmeno sentita.
«Non gli avevo chiesto niente» aggiunse. «Gli ho detto di andare via.»
«Cosa intendi?» chiese Esther, girandosi nella poltroncina per dedicarle piena attenzione. «Evie? Perché questa cosa ti preoccupa tanto?»
Evie restò in silenzio. Si limitò a scuotere la testa e lasciò la stanza con lo straccio in mano.