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FLISS
Non posso credere che mi abbia ignorato per ben ventiquattro ore. Ha carattere, la ragazza.
È il pomeriggio del giorno dopo, il matrimonio dovrebbe essere celebrato fra un’ora e io non sono ancora riuscita a parlare con Lottie. Ha ignorato tutte le mie chiamate (circa cento), ma allo stesso tempo è riuscita a lasciare una serie di SMS sul mio cellulare, con dettagli sull’ufficio di stato civile, sul ristorante e sull’aperitivo prematrimoniale al Bluebird. All’ora di pranzo è arrivato un fattorino in bicicletta con un vestito di satin viola da damigella d’onore. Nella posta elettronica ho trovato una poesia, insieme alla richiesta di leggerla ad alta voce durante la cerimonia: “Renderà il nostro giorno così speciale!”.
Chi crede di prendere in giro? Se non risponde al telefono, c’è un motivo: è sulla difensiva. Il che significa che ho qualche chance di successo. So di poterla dissuadere da questa follia. Devo solo capire dov’è il suo punto debole e far leva su quello.
Appena arrivo al Bluebird, la vedo seduta al bar con un vestitino corto di pizzo color crema, rose nei capelli e un delizioso paio di scarpe stile rétro con cinturini e bottoni. È uno splendore, e per un attimo mi sento in colpa per essere venuta a farle cambiare idea.
Ma no, qualcuno deve pur mantenere la lucidità. Non sarà così radiosa quando la convocheranno per una sentenza interlocutoria di divorzio.
Non ho portato Noah con me. È andato a dormire dal suo amico Sebastian. Ho detto a Lottie che era un’occasione molto speciale per lui e che era dispiaciutissimo di “perdersi la festa”. Il vero motivo è che intendo mandare a monte il matrimonio.
Lottie mi ha visto e agita il braccio per attirare la mia attenzione. Le faccio un cenno di saluto e mi avvicino con un sorriso innocente. Mi infilo silenziosamente nel recinto dei cavalli con un’aria tranquilla e il lazo nascosto dietro la schiena: sono la “donna che sussurra alla sposa”.
«Sei stupenda!» Appena la raggiungo, l’abbraccio fortissimo. «Che emozione. Che giorno felice!»
Lottie mi scruta in viso senza rispondere, dimostrandomi che ho ragione: è sulla difensiva. Io però continuo a sorridere come se nulla fosse.
«Credevo che non fossi per niente entusiasta all’idea» dice.
«Che cosa?» mi fingo scioccata. «Ovvio che sono entusiasta! Ero solo sorpresa, ma sono certa che Ben è un uomo meraviglioso e che tu vivrai felice e contenta per tantissimi anni.»
Trattengo il fiato. Si rilassa visibilmente. Sta abbassando la guardia.
«Sì» dice. «Sì, saremo felici. Su, siediti, prenditi un bicchiere di champagne! Ecco il tuo bouquet.» Mi consegna un mazzolino di rose.
«Wow! Favoloso.»
Mi riempie la flûte e io la sollevo per un brindisi, poi do un’occhiata all’orologio. Mancano cinquantacinque minuti. Devo tentare di nuovo la strategia di dissuasione.
«Allora, qualche progetto per la luna di miele?» dico con nonchalance. «Probabilmente, con così poco tempo di anticipo, non avete fatto in tempo a prenotare da nessuna parte. Che peccato. La luna di miele è un momento unico e tutti desiderano che vada alla perfezione. Se avessi aspettato qualche settimana, avrei potuto aiutarti a organizzare un viaggio spettacolare. Anzi... Lo facciamo?» Poso il bicchiere, come se mi fosse appena venuta un’idea brillante. «Lottie, rimandiamo il matrimonio di un pochino e divertiamoci a organizzare una luna di miele perfetta!»
«Non ti preoccupare» dice Lottie allegramente. «Abbiamo già organizzato la nostra luna di miele perfetta! Una notte al Savoy e domani si parte!»
«Davvero?» Mi preparo a stroncare la destinazione prescelta. «Allora dove andate?»
«Torniamo a Ikonos, nel luogo dove ci siamo conosciuti. Non è perfetto?»
«In una pensione per ragazzi con lo zaino in spalla?» La fisso.
«Ma no, scema! In un albergo stupendo! L’Amba. Quello con la cascata. Non l’hai già recensito?»
Accidenti. L’Amba è praticamente impossibile da stroncare. Hanno aperto tre anni fa e l’abbiamo recensito due volte, assegnando in entrambi i casi cinque stelle. È il posto più spettacolare delle Cicladi ed è stato eletto “Miglior destinazione per lune di miele” per due anni di fila.
Negli ultimi tempi è diventato un po’ pacchiano, a dire il vero. È stato invaso da celebrità e fotografato da riviste come “Hello!” e, per quel che mi riguarda, gioca un po’ troppo sul mercato delle lune di miele. Eppure, rimane un hotel favoloso, di prim’ordine, insomma. Farò molta fatica a convincerla a non andarci.
«L’unico problema dell’Amba è che dovete trovarvi sul lato migliore.» Scuoto la testa con un’espressione cupa. «Con un preavviso così breve, vi avranno messo nell’orribile ala laterale. Lì non batte mai il sole, e puzza. Non vi troverete bene.» D’un tratto mi illumino. «Ecco! Se aspettate qualche settimana e mi date il tempo di chiedere un favore, posso procurarvi la Oyster Suite, poco ma sicuro. Sinceramente, Lotts, solo il letto merita un po’ di attesa. È enorme, con una cupola di vetro in alto per vedere le stelle. Dovete avere proprio quella.» Le porgo il cellulare. «Dài, telefona a Ben e digli che vuoi rimandare solo di poche settimane...»
«Ma ce l’abbiamo già la Oyster Suite!» mi interrompe Lottie entusiasta. «È tutto prenotato! Avremo una luna di miele su misura per noi con il nostro maggiordomo personale, trattamenti vari e una giornata a bordo dello yacht dell’hotel!»
«Cosa?» La guardo fissa, con il telefono che mi penzola dalla mano. «Come avete fatto?»
«C’è stata una disdetta!» Sorride. «Ben si avvale di un servizio di prenotazioni dedicato, e hanno fatto tutto loro. È fantastico, vero?»
«Meraviglioso» dico, dopo un attimo di esitazione. «Superlativo.»
«Ikonos è un posto così speciale per noi.» È euforica. «Voglio dire, l’avranno di sicuro devastata. Ai tempi in cui eravamo andati noi non avevano nemmeno l’aeroporto, figurarsi se c’erano grandi alberghi. Bisognava arrivarci in traghetto. Eppure sarà come tornare indietro nel tempo. Non sto più nella pelle.»
Non ha senso insistere su questa linea. Sorseggio lo champagne, spremendomi le meningi.
«Oggi avete una Rolls-Royce d’epoca per il matrimonio?»
«No.» Scrolla le spalle. «Posso andare a piedi.»
«Ma che peccato!» Sfoggio una faccia avvilita. «Era il tuo sogno andare a sposarti su una Rolls-Royce d’epoca. Se solo aspettassi un pochino, potresti averla.»
«Fliss.» Lottie mi sorride con un’espressione di blando rimprovero. «Non ti pare di essere un po’ superficiale? Quel che conta è l’amore, trovare un compagno per la vita, non un’automobile. Non credi?»
«Sì, certo.» Faccio un sorrisino teso. Okay, lasciamo perdere la macchina. Tentiamo un approccio diverso.
Vestito? No. Indossa già un vestito stupendo.
Lista nozze? No, non è così materialista.
«Allora... sentiremo cantare degli inni alle nozze?» domando alla fine.
Silenzio. Un silenzio piuttosto lungo. Fisso Lottie con improvvisa speranza. Si è irrigidita.
«Non sono permessi» dice alla fine, e guarda dentro il suo bicchiere. «Ai matrimoni in comune non si possono cantare gli inni.»
Tombola!
«Niente inni?» Mi copro la bocca inorridita, come se lo venissi a sapere solo ora. «Ma che matrimonio è senza gli inni? E la canzone patriottica I Vow to Thee, My Country? Hai sempre desiderato che fosse cantata al tuo matrimonio.»
Lottie cantava nel coro del nostro collegio. Era solista. Per lei la musica contava molto. Avrei dovuto adottare subito questa tattica.
«Be’, non è importante.» Mi sorride sbrigativa, ma l’atteggiamento è cambiato.
«Che cosa ne pensa Ben?»
«Ben non è un grande appassionato di inni» dice dopo un po’.
“Ben non è un grande appassionato di inni.”
Mi viene voglia di esultare. Fatto. Il suo tallone di Achille. La posso manipolare come la creta.
«“I vow to thee, my country”» comincio a cantare sottovoce «“all earthly things above.”»
«Basta» mi fa, scattando quasi come una molla.
«Scusa. Stavo solo... pensando ad alta voce. Per me la musica è fondamentale in un matrimonio. Musica bellissima, meravigliosa.»
Non è vero. Non potrebbe fregarmene di meno della musica, e se Lottie fosse un po’ più scaltra capirebbe all’istante che sto cercando di provocarla. Lei invece distoglie lo sguardo, persa nel suo mondo. Ha lo sguardo un po’ assente?
«Ti ho sempre immaginata mentre ti inginocchiavi all’altare in una chiesetta di campagna con l’organo che suonava...» continuo in tono assorto, affondando il coltello nella piaga. «Non in un ufficio comunale. Strano.»
«Sì.» Non gira neppure la testa.
«Da-da-daah-da-da-da-da-ah-da...» Sto ancora canticchiando I Vow to Thee, My Country. Naturalmente, non conosco tutte le parole, ma basta la melodia. La musica le farà effetto.
Sì, ha lo sguardo assente: è giunto il momento di avventarmi sulla preda.
«Be’, fa niente!» esclamo smettendo di cantare. «Quello che conta è che questo è il giorno più speciale della tua vita. E sarà perfetto. Bello e rapido. Inutile perdersi in inutili manfrine tipo musica, cori di fanciulli o campane di chiesette di campagna. Vi sbrigherete in un attimo. Firmerete un foglio, direte due parole e sarà fatta. Per tutta la vita» aggiungo. «Fine.»
Mi sento quasi crudele. Vedo che le trema leggermente il labbro inferiore.
«Ricordi la scena delle nozze in Tutti insieme appassionatamente?» aggiungo con noncuranza. «Quando Maria va all’altare accompagnata dal coro delle suore, con il lungo velo che ondeggia morbidamente...»
Non calcare la mano, Fliss.
Rimango zitta e sorseggio lo champagne in attesa. Le vedo luccicare gli occhi, come se stesse riflettendo. Sento il suo conflitto interiore: non sa se far prevalere il romanticismo o la lussuria. Credo però che il primo stia avendo il sopravvento. Credo che i violini stiano suonando più forte dei tamburi della giungla. Sembra sul punto di prendere una decisione. Ti prego, fai la scelta giusta, su, coraggio...
«Fliss.» Alza lo sguardo. «Fliss...»
Chiamatemi campionessa mondiale di “sussurro alle spose”.
Non c’è stato alcun litigio, nessuna discussione. Lottie pensa che l’idea di rimandare sia stata sua. Sono stata io a dire: “Sei sicura, Lottie? Sei proprio certa di voler rimandare? Davvero?”.
L’ho convinta prospettandole un matrimonio in una chiesetta di campagna, con la musica, il coro e le campane. Ha già cercato il nome del cappellano della nostra vecchia scuola. Si è buttata in un altro sogno fatto di satin, mazzolini di fiori e I Vow to Thee, My Country.
Ed è una bella cosa. Il giorno delle nozze è un momento meraviglioso. Il matrimonio è una cosa meravigliosa. Forse Ben è destinato a essere il suo compagno di vita e quando lei avrà il decimo nipotino mi darò della scema pensando: “Che problema avevo?”. Ma almeno così ha un po’ di respiro. Almeno ha il tempo di guardare Ben e pensare: “Mmh, altri sessant’anni con te... sarà una buona idea?”.
Lottie è andata in comune a parlare a Ben della sua decisione. Il mio lavoro è finito. L’unica cosa che mi rimane da fare è comprarle la rivista per spose “Brides”. Domani andremo a prenderci un caffè insieme e faremo una bella chiacchierata sui veli, poi, la sera, potrò finalmente conoscere Ben.
Sto per attraversare King’s Road, congratulandomi con me stessa per essere stata così abile, quando vedo un volto noto. Naso aquilino, capelli scuri scompigliati dal vento, una rosa all’occhiello. Sarà alto due metri e cammina spedito sul marciapiede opposto al mio con l’espressione cupa che hai quando una perfida arrampicatrice sociale sta cercando di portarti via il tuo migliore amico ricco e ti tocca pure fare da testimone. Mentre cammina, all’improvviso gli cade la rosa e si china a raccoglierla. La guarda con un’espressione così assassina che mi scappa quasi da ridere.
Mmh, aspettate che gli dia la notizia. Com’è che si chiama? Ah, sì, Lorcan.
«Ehi!» Appena riparte, agito freneticamente la mano. «Lorcan, fermati!»
Ha una falcata così veloce che non ce la farò mai a raggiungerlo. Si ferma e si gira di scatto con aria sospettosa, e io agito di nuovo le braccia per attirare la sua attenzione.
«Da questa parte! Sono io! Devo parlarti!» Aspetto che attraversi la strada, poi gli vado incontro brandendo il bouquet. «Sono Fliss Graveney. Abbiamo parlato ieri... La sorella di Lottie, hai presente?»
«Ah.» Il suo viso si rasserena un attimo, poi riappare l’allegro cipiglio da festa di matrimonio. «Stai andando là, immagino...»
Mi ero dimenticata la sua ridicola voce da trailer cinematografico. Anche se, chissà come, adesso che non è più un suono disincarnato proveniente dal telefono, non è più tanto ridicola. Si addice alla sua faccia. Grave e, in un certo senso, intensa.
«Be’, veramente no.» Non riesco a nascondere il mio compiacimento. «Non ci sto andando, perché non si fa.»
Mi guarda scioccato. «In che senso?»
«Nel senso che non si fa. Per il momento» aggiungo. «Lottie è andata a rimandare il matrimonio.»
«Perché?» mi chiede lui. Accidenti com’è sospettoso.
«Prima vuole accertarsi che il patrimonio di Ben venga investito in modo tale da poterlo dilapidare con facilità» rispondo, alzando le spalle. «Ovvio.»
Sul volto di Lorcan balena una scintilla di divertimento. «Okay. Me lo sono meritato. Insomma, che cosa succede? Perché vuole rimandare?»
«L’ho convinta io» dico orgogliosa. «Conosco mia sorella e il potere della suggestione. Dopo una chiacchieratina, desidera un matrimonio romantico in una bucolica chiesetta di pietra. Per questo vuole rimandare. Ho pensato: se ritardano un po’, almeno hanno il tempo di capire se sono fatti l’uno per l’altra.»
«Be’, meno male.» Lorcan sbuffa e si passa una mano fra i capelli. Finalmente l’irritazione l’abbandona, la fronte comincia a rilassarsi. «Ben al momento non è nelle condizioni di sposarsi. È stata un’idea assurda.»
«Una scemenza» concordo.
«Una follia.»
«L’idea più stupida del mondo. Anzi no, ritiro quel che ho detto.» Mi guardo il vestito. «La più stupida è stata indossare l’abito viola da damigella d’onore.»
«Secondo me ti sta molto bene.» Sembra di nuovo divertito, poi guarda l’orologio. «Allora che cosa faccio? A quest’ora dovrei essere nell’ufficio di stato civile con Ben.»
«Mi sa che è meglio rimanere alla larga.»
«Concordo.»
C’è un momento di stallo. È strano ritrovarsi vestiti di tutto punto all’angolo di una strada senza dovere andare a nessun matrimonio. Giocherello imbarazzata con i fiori del bouquet e mi chiedo se sia il caso di buttarli nella spazzatura. Chissà come, mi pare sbagliato.
«Ti va di prendere qualcosa da bere?» propone all’improvviso Lorcan. «A me sì.»
«Io mi berrei anche sei bicchieri» ribatto. «È molto stancante convincere una persona a non sposarsi.»
«Okay, andiamo.»
Un uomo che decide in fretta. Mi piace. Mi sta già guidando in una via laterale verso un bar con una tenda a strisce e sedie e tavolini in stile francese.
«Ehi, io do per scontato che tua sorella abbia davvero rimandato il matrimonio.» Lorcan si ferma sulla porta. «Non è che adesso ci arriva un SMS furente, con su scritto: “Dove cavolo siete?”.»
«Da Lottie non ho ricevuto niente.» Controllo l’orologio. «Era abbastanza determinata a rimandare. Sono certa che l’abbia fatto.»
«Nessun messaggio neppure da Ben.» Lorcan sta guardando il suo telefono. «Mi sa che siamo salvi.» Mi indica un tavolo d’angolo e apre il menu delle bevande. «Vuoi un bicchiere di vino?»
«Voglio un grosso gin tonic.»
«Te lo sei meritato.» Fa di nuovo quella specie di sorrisetto. «Anch’io prendo lo stesso.»
Ordina i drink, spegne il telefono e se lo infila in tasca. Un uomo che mette via il cellulare. Mi piace anche questo.
«Allora, come mai per Ben è un brutto momento per sposarsi?» domando. «Anzi, chi è questo Ben? Dammi un po’ di informazioni.»
«Ben.» Lorcan fa una smorfia ironica, come se non sapesse da dove cominciare. «Ben, Ben, Ben.» Fa una lunga pausa. Si è dimenticato com’è il suo migliore amico? «È un uomo... brillante, creativo... Ha tante qualità.»
Lo dice in modo molto forzato, per nulla convincente. Lo guardo in faccia. «Ti rendi conto che dal tono che avevi sembrava che stessi dicendo: “È un killer armato di ascia?”.»
«Non è vero.» Lorcan ha l’aria di essere stato preso in castagna.
«Sì, invece. Non ho mai visto una persona assumere un’espressione così negativa mentre cerca di elogiare un proprio amico.» Faccio una voce da funerale. «“È brillante, creativo. Ammazza la gente nel sonno. Con molta creatività.”»
«Oddio! Sei sempre così...» Lorcan si blocca e sospira. «Okay. Sto cercando di proteggerlo, immagino. È un momento difficile per lui. Suo padre è morto, il futuro dell’azienda è incerto e lui deve decidere quale direzione farle prendere. Ha l’indole del giocatore d’azzardo, ma non è dotato di molto buon senso. Non è facile per lui. Suppongo che stia attraversando una specie di crisi precoce di mezza età.»
Una “crisi precoce di mezza età”? Ah, perfetto. Proprio quello che ci voleva per Lottie.
«Allora non è adatto a fare il marito?» chiedo, e Lorcan sbuffa.
«Forse un giorno, quando avrà deciso che cosa vuole dalla vita. Il mese scorso si stava comprando una baita nel Montana. Poi voleva acquistare una barca e fare gare di vela. Prima, invece, era tutto preso dall’idea di investire in motociclette d’epoca. La prossima settimana tirerà fuori qualche altra trovata. Secondo me, il matrimonio non durerà più di cinque minuti. Temo che sarà tua sorella a farne le spese.»
Ho una stretta tremenda al cuore. «Be’, grazie a Dio, per ora è tutto rimandato.»
«Hai fatto una buona cosa» annuisce. «Se non altro perché al momento abbiamo bisogno che Ben stia qui. Non può sparire di nuovo nel nulla.»
Sbarro gli occhi. «Cosa intendi con “sparire di nuovo nel nulla”?»
Lorcan sospira. «Non sarebbe la prima volta. Quando si è ammalato suo padre, è scomparso per dieci giorni. È scoppiato un casino pazzesco, abbiamo coinvolto anche la polizia eccetera. Poi è ricomparso, senza chiedere scusa o dare spiegazioni. Ancora oggi non so proprio dove si fosse cacciato.»
Arrivano i drink e Lorcan alza il bicchiere. «Salute. Ai matrimoni saltati.»
«Ai matrimoni saltati.» Prendo anch’io il bicchiere, bevo una deliziosa sorsata di gin tonic e poi torno all’argomento Ben. «Allora, perché sta avendo una crisi di mezza età?»
Lorcan esita, come se non volesse tradire la fiducia del suo amico.
«Dài» insisto. «In fondo, sono quasi imparentata con lui.»
«Mah, immagino di sì.» Si stringe nelle spalle. «Lo conosco da quando avevo tredici anni. Eravamo compagni di scuola. I miei genitori sono andati a vivere a Singapore e io non ho altri parenti. Ho trascorso due volte le vacanze da Ben e mi sono affezionato a tutta la sua famiglia. Io e suo padre abbiamo la passione delle passeggiate nella natura. Anzi, avevamo.» Fa una pausa e le sue dita stringono delicatamente il bicchiere. «Ben non veniva mai con noi, non era interessato, e non voleva sapere niente neppure dell’azienda di famiglia. Per lui era solo un peso enorme. Tutti si aspettavano che una volta terminati gli studi andasse a lavorare con il padre, ma era l’ultima cosa che desiderava fare.»
«Allora com’è che tu lavori per loro?»
«Sono entrato in azienda qualche anno fa.» Lorcan abbozza uno strano sorriso. «Avevo dei problemi... personali. Volevo andarmene da Londra, perciò raggiunsi il padre di Ben nello Staffordshire. All’inizio intendevo solo trascorrere lì qualche giorno, fare delle passeggiate, svuotarmi la mente, poi però ho cominciato a interessarmi all’azienda. Non me ne sono più andato.»
«Nello Staffordshire?» dico sorpresa. «Ma non vivi a Londra?»
«Abbiamo degli uffici a Londra, naturalmente. Faccio avanti e indietro, ma preferisco stare nello Staffordshire. È un posto stupendo. La cartiera è in mezzo alla campagna, mentre gli uffici sono nella villa principale, la residenza di famiglia. È stata inserita fra gli edifici di maggior pregio storico della Gran Bretagna. Hai visto quella serie della BBC, “Highton Hall”?» aggiunge. «Be’, siamo lì. Hanno girato da noi per otto settimane. Abbiamo tirato su un po’ di soldi.»
«“Highton Hall”?» Lo guardo fisso. «Wow, è un posto stupendo. Ed è enorme!»
Lorcan annuisce. «Molti dipendenti vivono nei cottage della proprietà. Organizziamo giri guidati della casa, delle fabbriche, dei boschi, e portiamo avanti iniziative di tutela del territorio» spiega con entusiasmo.
«Ah, okay.» Sto metabolizzando tutte le informazioni. «Insomma, tu hai cominciato a lavorare per l’azienda, mentre a Ben non interessava?»
«Almeno fino a quando non si è ammalato suo padre e lui ha dovuto per forza prendere atto di essere l’erede» risponde lui con franchezza. «Prima faceva di tutto per evitarlo. Ha studiato recitazione, ha provato a fare il comico...»
«Allora era lui!» Poso bruscamente il gin tonic facendolo sbattere sul tavolo. «L’ho cercato su Google e non ho trovato altro che recensioni terrificanti di spettacoli comici. Era davvero così scarso?»
Lorcan agita il bicchiere, fissando i cubetti di ghiaccio rimasti.
«Puoi dirmelo» abbasso la voce. «Rimarrà fra noi: era imbarazzante?»
Lorcan non risponde. Be’, è ovvio che non voglia parlare male del suo migliore amico, e io lo rispetto per questo.
«E va bene» dico, dopo un attimo di riflessione. «Dimmi solo una cosa: appena lo conoscerò, si metterà a fare battute e io dovrò ridere per forza?»
«Sta’ attenta a quando si mette a parlare di jeans.» Finalmente Lorcan alza lo sguardo, trattenendosi a fatica dal ridere «E ridi, sennò ci rimane malissimo.»
«Jeans» prendo nota mentalmente. «Okay, grazie per la dritta. C’è almeno una cosa positiva da dire su quest’uomo?»
«Oh.» Lorcan sembra turbato. «Ma certo! Quando Ben è in forma, credimi, è di ottima compagnia. È un uomo affascinante, simpatico. Posso capire perché tua sorella si sia presa una cotta per lui. Quando lo vedrai, te ne accorgerai tu stessa.»
Bevo un altro sorso di gin tonic. Lentamente, comincio a rilassarmi. «Be’, forse un giorno diventerà mio cognato, ma almeno non succederà oggi. Missione compiuta.»
«Dopo gli parlo» dice Lorcan. «Per assicurarmi che non gli vengano altre idee balzane.»
D’un tratto sento una punta di irritazione. Ho appena detto “missione compiuta” o no?
«Non c’è bisogno di parlare con Ben» replico in tono cortese. «Ho già risolto tutto io. Lottie non vorrà più sposarsi in fretta e furia. Se fossi in te, lascerei perdere.»
«Male non fa.» Sembra imperturbabile. «Tanto per ribadire il concetto.»
«Sì, invece!» Poso di nuovo il bicchiere. «Non ribadire un bel niente! Ci ho messo mezz’ora a persuadere Lottie che l’idea di rimandare il matrimonio fosse sua. In modo sottile, delicato. Non sono andata giù pesante come... un martello pneumatico.»
Il suo volto non si muove di un millimetro. È chiaramente un maniaco del controllo. Ma io non sono da meno, e qui si tratta di mia sorella.
«Non parlare con Ben» gli ordino. «Lascia perdere. Meno si fa, meglio è.»
Dopo un attimo di pausa, Lorcan scrolla le spalle e finisce il drink senza rispondere. Immagino che sappia che ho ragione, ma non voglia ammetterlo. Finisco il gin tonic anch’io, poi aspetto un momento, trattenendo quasi il fiato. All’improvviso mi rendo conto che sto sperando che mi proponga un altro drink. Mi aspetta solo una casa vuota. Niente lavoro. Niente progetti. La verità è che mi piace stare qui a battibeccare con quest’uomo un po’ troppo irruento e scorbutico.
«Un altro?» Alza lo sguardo, mi fissa negli occhi, e io sento che le cose stanno cambiando leggermente fra noi. Il primo drink serviva a concludere tutta la faccenda, era una semplice cortesia.
Stavolta è qualcosa di più della cortesia.
«Sì, dài.»
«Lo stesso?»
Annuisco e lo osservo mentre chiama il cameriere e ordina i drink. Belle mani, bella mandibola forte, pacato e laconico. È molto più attraente di quel che si direbbe guardando la sua foto sul sito della cartiera.
«La tua foto su Internet è terrificante» dico all’improvviso, appena il cameriere si allontana. «Veramente brutta. Lo sapevi?»
«Accidenti.» Lorcan alza le sopracciglia; sembro averlo preso alla sprovvista. «Sei una ragazza schietta. Meno male che non sono vanitoso.»
«Non è questione di vanità.» Scuoto la testa. «Non è che tu sia più bello in carne e ossa, è la tua personalità a essere migliore. Se ti guardo vedo un uomo che dedica del tempo alla gente, un uomo che mette via il cellulare, che ascolta. Sei un uomo affascinante, in un certo senso.»
«In un certo senso?» Fa una risata incredula.
«La tua foto però dice tutt’altro.» Lo ignoro. «Lì sei imbronciato e trasmetti il messaggio: “Chi cavolo sei? Che cavolo guardi? Non ho tempo da perdere”.»
«Hai estrapolato tutto questo dalla foto sul sito?»
«Immagino che tu abbia dato al fotografo circa cinque minuti di tempo, continuando a brontolare e a controllare il cellulare fra uno scatto e l’altro. Non è stato saggio da parte tua.»
Lorcan sembra vagamente basito e mi viene il dubbio di avere esagerato un po’.
Be’, certo che ho esagerato. Non lo conosco neppure e mi metto a criticare la sua foto.
«Scusami.» Faccio marcia indietro. «A volte sono un po’... brusca.»
«Puoi giurarci...»
«Hai tutto il diritto di esserlo altrettanto con me.» Lo guardo negli occhi. «Non mi offendo.»
«Bene» dice Lorcan, senza perdere un colpo. «Quel vestito da damigella ti sta malissimo.»
Mio malgrado, mi sento un po’ offesa. Non credevo che mi stesse poi così male.
«Prima mi hai detto che mi stava molto bene» ribatto.
«Ho mentito. Sembri una gelatina alla frutta.»
Me la sono voluta, immagino.
«Okay, va bene, sembrerò anche una gelatina alla frutta.» Non posso resistere alla tentazione di dargli un’altra stoccata. «Almeno però sulla mia pagina web non ho messo una foto in cui sembro una gelatina alla frutta.»
Il cameriere porta altri due gin tonic e io prendo il mio, un po’ accalorata per lo scambio di battute. Mi chiedo anche come abbiamo fatto ad andare così fuori tema. Forse è il caso di tornare all’argomento principale.
«A proposito, hai saputo della politica di astinenza sessuale di Lottie e Ben?» gli chiedo. «Non ti pare ridicola?»
«Ben mi ha detto qualcosa. Pensavo che stesse scherzando.»
«Non è uno scherzo. Stanno aspettando la prima notte di nozze.» Scuoto la testa. «Se vuoi sapere come la penso io, è da irresponsabili sposarsi con una persona prima di andarci a letto. È come andare in cerca di guai!»
«Un’idea interessante.» Lorcan scrolla le spalle. «All’antica.»
Bevo un lungo sorso di gin tonic. Sento la necessità di sviscerare l’argomento, cosa che non potrei certo fare con Noah.
«A mio modesto parere» mi sporgo in avanti «hanno la mente obnubilata. È tutta una storia di sesso. Lottie è persa in un turbine di lussuria. Più aspetta, meno ragiona. Cioè, la capisco. Ben sarà di certo molto attraente e lei non vedrà l’ora di rotolarsi fra le lenzuola con lui. Ma deve per forza sposarlo?»
«È assurdo» concorda Lorcan.
«Esatto, come ho detto io! Dovrebbero andare a letto e basta. Passare una settimana a letto. Un mese, se vogliono! Divertirsi. E poi vedere se vogliono ancora sposarsi.» Bevo un’altra enorme sorsata di gin tonic. «Cioè, non è che devi impegnare tutta la tua vita solo per fare sesso...» Mi blocco, in preda a un dubbio atroce. «Sei sposato?»
«Divorziato.»
«Anch’io. Be’, allora, noi due ne sappiamo qualcosa.»
«Di cosa?»
«Di sesso.» Mi è uscita la parola sbagliata e correggo il tiro: «Di matrimonio».
Lorcan riflette un attimo, sorseggiando il suo drink. «Più penso agli ultimi anni» dice lentamente «meno mi sembra di sapere qualcosa sul matrimonio. Per quanto riguarda il sesso, invece, spero di essermi fatto un’idea abbastanza chiara.»
Il gin mi è salito al cervello. Lo sento circolare in testa, sciogliere la mia lingua.
«Non ne dubito» mi ritrovo a dire.
Cala il silenzio e l’aria diventa pesante. Ormai è troppo tardi, mi rendo conto. Ho appena detto a un perfetto sconosciuto che non dubito del fatto che sia bravo a letto. Che faccio? Marcia indietro? Provo a riaggiustare il tiro?
No, meglio cambiare discorso. Cerco qualcosa di tranquillizzante da dire, ma Lorcan mi precede.
«Visto che stiamo parlando con franchezza: com’è stato il tuo? Di divorzio, intendo? Un incubo terribile?»
Mi chiede se il mio divorzio è stato un incubo terribile?
Apro la bocca e prendo un respiro profondo, tastando automaticamente la chiavetta USB appesa al collo. Poi smetto.
Non diventare acida, Fliss. No, rimani dolce. Devo pensare allo zucchero filato, alle caramelle, a morbidi agnellini, a Julie Andrews...
«Mah, sai.» Gli faccio un sorriso iperzuccheroso. «Sono cose che succedono.»
«A te quando?»
«È ancora in corso.» Sorrido ancora di più. «Dovrebbe finire tutto fra poco.»
«E tu sorridi?» Sembra incredulo.
«Mi piace avere un approccio zen.» Annuisco ripetutamente. «Devo rimanere calma, voltare pagina, vedere il lato positivo della cosa. Evitare di rimuginare troppo.»
«Però...» Lorcan ha gli occhi spalancati per lo stupore. «Sono molto colpito. Io ho divorziato quattro anni fa, e mi fa ancora male.»
«È un vero peccato» riesco a dire. «Mi dispiace per te.»
Il sorrisone finto sta per uccidermi. Vorrei chiedergli in che senso gli fa male e che cosa è successo, e se non sarebbe il caso di scambiarci un po’ di aneddoti sulla bassezza morale dei nostri ex. Sento l’urgenza impellente di sciorinare tutti i dettagli e di parlare senza sosta, finché lui non mi dice quello che ho bisogno di sentirmi dire, e cioè che io ho ragione su tutta la linea e Daniel torto.
Ed è proprio per questo, probabilmente, che Barnaby mi ha fatto quel discorso.
Ha sempre ragione lui. Bastardo.
«Allora, ehm, facciamo che stavolta offro io?» Infilo la mano in borsa ed estraggo in fretta il portafoglio.
Oddio. No!
Appena l’ho tirato fuori si è aperto, rovesciando il contenuto del pacco misto Durex. Quello con le “venature per aumentare la sensazione di piacere” cade sul tavolo e un “Pleasuremax” finisce nel bicchiere di Lorcan, spruzzandogli il cocktail in faccia. Un “Fetherlite” è finito nella ciotola di noccioline.
«Oh.» Mi affretto a raccoglierli. «Non sono... Erano per un compito scolastico di mio figlio.»
«Ah.» Lorcan annuisce, togliendo con cortesia il Pleasuremax dal suo bicchiere e consegnandomelo. «Quanti anni ha tuo figlio?»
«Sette.»
«Sette?» Ha l’aria scandalizzata.
«È... una lunga storia.» Faccio una smorfia contrita mentre mi porge il profilattico gocciolante. «Adesso ti faccio portare un altro drink. Scusami tanto.» Ho preso automaticamente un fazzoletto di carta e mi sono messa ad asciugare il Pleasuremax.
«Se fossi in te, lo butterei via» dice Lorcan. «A meno che tu non sia proprio disperata.»
Gli lancio un’occhiata aggressiva. Lui rimane impassibile, ma c’è qualcosa nella sua voce che mi fa venire da ridere.
«È ancora buono» replico. «Bando agli sprechi.» Lo infilo in borsa. «Un altro gin? Senza l’accessorio contraccettivo?»
«Ci penso io.» Inclina la sedia indietro per fare un cenno al cameriere, e io mi ritrovo a osservare il suo corpo alto e asciutto. Non so se sia stato il gin o il brivido di avergli detto che è bravo a letto o tutta questa situazione assurda, ma comincio ad avere un’idea fissa. Sto facendo una mappa mentale di me e lui, passo dopo passo. Chissà che effetto faranno quelle mani sulla mia pelle? E i suoi capelli fra le mie dita? Ha la mandibola non perfettamente rasata, e mi piace. Adoro la frizione, le scintille. È questo che sento fra noi: la scintilla giusta.
Prevedo che a letto sia lento e determinato. Concentrato. Che prenda sul serio il sesso quanto il tentativo di aggiustare la vita sentimentale del suo amico.
Ho appena detto “prevedo”? Che cosa cavolo mi sto mettendo in testa?
Quando Lorcan si riabbassa con la sedia, mi guarda e le sue palpebre fremono leggermente. Anche lui sta pensando a qualcosa. I suoi occhi continuano a deviare verso le mie gambe e io mi sposto con nonchalance sulla sedia in modo da far sollevare leggermente il vestito.
Scommetto che lascia il segno dei denti. Non so perché. Me lo sento.
Non so che cosa dire. Nella mia testa non ci sono ameni argomenti di conversazione. Voglio bere altri due gin tonic, decido. Dovrebbero bastare. E poi...
«Eccoci qua» rompo il silenzio.
«Eccoci qua» annuisce lui, e aggiunge con noncuranza: «Devi tornare a prendere tuo figlio?».
«Stasera no. Dorme da un amichetto.»
«Ah.»
Adesso mi fissa dritto negli occhi e, d’un tratto, il desiderio mi stringe la gola. È passato un bel po’ di tempo. Troppo tempo, anche se non lo ammetterei mai. Se me lo chiede, gli dico distrattamente: “Oh, di recente ho avuto una storiella breve finita nel nulla”. Facile. Normale. Non: “Sono rimasta sola, stressatissima, ho una voglia pazzesca non solo di fare sesso, ma del contatto, dell’intimità, di avere un altro essere umano accanto a me che mi abbracci, anche solo per una notte, o metà o un pezzetto di notte”.
È questo che non dirò mai.
Una cameriera arriva con i nostri gin tonic. Li posa sul tavolo e poi dà un’occhiata al mio bouquet e alla rosa all’occhiello. «Oh, state per sposarvi?»
Non posso fare a meno di scoppiare a ridere. Che domanda...
«No. No. Assolutamente.»
«Decisamente no» conferma Lorcan.
«È solo che per le feste di matrimonio abbiamo un’offerta speciale di champagne» insiste. «Ne facciamo molte, dato che il comune è così vicino. Verranno anche la sposa e lo sposo?»
«Veramente, noi siamo contrari al matrimonio» dico. «Il nostro motto è: “Fate l’amore, non le promesse di matrimonio”.»
«Propongo un brindisi!» Lorcan alza il bicchiere con gli occhi scintillanti.
La cameriera guarda prima Lorcan poi me, ride incerta e si allontana. Mi sono bevuta circa metà gin tonic. Mi gira leggermente la testa e sento un’altra ondata di desiderio. Sto immaginando le sue labbra sulle mie, le sue mani che mi strappano il vestito...
Oddio, datti una calmata, Fliss. Lui probabilmente sta immaginando l’autobus per tornare a casa.
Distolgo di nuovo lo sguardo e rimescolo il cocktail, guadagnando tempo. Non sopporto mai questa fase incerta con un uomo, quando non hai idea di come stiano andando le cose. Hai intrapreso la lenta e vertiginosa scalata di un incontro a due. Sai a che punto sei tu, ma non dov’è lui, o se sia addirittura venuto con te. Forse sta andando nella direzione opposta. Io sono qui, nel bel mezzo della fantasia sessuale numero cinquantatré, mentre lui potrebbe essere sul punto di alzarsi educatamente dal tavolo e tornarsene a casa.
«Ti va di andare da qualche parte?» propone d’un tratto Lorcan, provocandomi un rimescolio allo stomaco. “Da qualche parte.” Dove?
«Sì, ottima idea.» Mi sforzo di tenere un atteggiamento tranquillo e distaccato. «Dove?»
Lui si acciglia e aggredisce i cubetti di ghiaccio con la bacchetta del cocktail, come se non sapesse come rispondere a una domanda tanto complessa e profonda.
«Potremmo andare a mangiare» dice alla fine, senza entusiasmo. «Magari del sushi, o...»
«O non mangiare.»
Alza gli occhi, abbassando finalmente la guardia, e io sento un brivido delizioso. È come l’immagine riflessa di me. Ha gli occhi affamati. Una voglia disperata. Desidera divorare qualcosa, e non credo sia il sushi.
«Sì, infatti» dice, lanciando un’altra occhiata alle mie gambe. Il classico tipo da gambe, evidentemente.
«Allora... dov’è che abiti?» gli chiedo con leggerezza, come se fosse una domanda del tutto decontestualizzata.
«Non troppo lontano.»
Ora mi sta fissando dritto negli occhi. Okay, siamo arrivati in cima. Insieme. Vedo il panorama stendersi davanti a noi. Non riesco a trattenere un sorrisino euforico. Mi sa che ci divertiremo.