Stan l'Assassino
Maigret, con le mani dietro la schiena, e la pipa tra i denti, camminava lentamente, spingendo a fatica il suo grosso corpo nel frastuono di rue Saint-Antoine che viveva la sua vita di tutte le mattine, col sole che splendeva in un cielo chiaro sui carretti carichi di frutta e verdura e sulle bancarelle che ingombravano quasi tutto il marciapiede.
Era l'ora delle massaie, dei carciofi soppesati e delle ciliegie provate, delle scaloppine e delle bistecche che si succedono sulle bilance.
«Qui i begli asparagi a cinque franchi il mazzo!…»
«Naselli freschi, sono arrivati adesso!…» Commessi in grembiule bianco, macellai in tela a quadretti, odori di formaggio davanti a una latteria e più lontano un odore di caffè; tutto il piccolo, agitato commercio dei cibi e la sfilata delle massaie diffidenti, il rumore dei registratori delle casse e il pesante passaggio degli autobus…
Nessuno poteva sospettare che era il commissario Maigret quello che s'aggirava là intorno, né che si trattasse di uno dei "casi" più angosciosi che fosse possibile immaginare.
Quasi di fronte a rue de Birague, c'era un piccolo caffè, il Tonnelet Boultignon, che aveva davanti solo tre tavolini. Fu là che Maigret sedette, con tutta l'apparenza di un signore stanco della passeggiata. Non alzò neppure gli occhi sul cameriere lungo e magro che aspettava la sua ordinazione:
«Un piccolo Maçon bianco…» brontolò il commissario.
E chi avrebbe indovinato che il cameriere del Tonnelet Boultignon, a tratti goffo nelle sue movenze, non era altri che l'ispettore Janvier?
Quest'ultimo tornò con un bicchiere di vino in precario equilibrio sul vassoio. Con un tovagliolo sudicio, asciugò il tavolino e lasciò andare per terra un pezzetto di carta, che Maigret raccolse poco dopo.
'La donna è uscita per fare la spesa. Non ho visto il Guercio. Il Baffuto si è allontanato di buon'ora. Gli altri tre devono essere rimasti in albergo.'
La confusione alle dieci del mattino non faceva che crescere. Accanto al Tonnelet una drogheria faceva una vendita réclame e i commessi fermavano i passanti per dar loro in assaggio dei biscotti a due franchi per ogni scatola grande.
Proprio all'angolo di rue de Birague, si vedeva l'insegna di un misero albergo, uno di quelli in cui si affitta "per il mese, la settimana o la giornata", non senza pagamento anticipato, e questo albergo, per ironia, portava il nome di Beauséjour.
Maigret assaporava il suo vinello bianco secco, mentre con lo sguardo non pareva cercare niente di speciale nella folla variopinta che brulicava sotto il sole primaverile. Però il suo sguardo non tardò a fermarsi su una finestra, al primo piano di una casa di rue de Birague, quasi di fronte all'albergo. A quella finestra, un vecchietto sedeva presso la gabbia di un canarino e pareva non avesse altra occupazione che quella di scaldarsi al sole finché il buon Dio gli accordasse di vivere. Era Lucas, il brigadiere Lucas, che si era abilmente invecchiato di una ventina d'anni, e che sebbene avesse visto Maigret seduto di fronte, si guardava bene dal rivolgergli il più piccolo segno d'intesa.
Tutto ciò formava quello che in linguaggio poliziesco si chiama volgarmente un "appostamento". Esso durava già da sei giorni e almeno due volte al giorno il commissario veniva a prendere notizie, mentre durante la notte i suoi uomini si davano il cambio con una guardia di città, che non lo era affatto, poiché si trattava di un ispettore della Polizia Giudiziaria e con una ragazza che batteva il marciapiede nei paraggi, guardandosi bene dal farsi agganciare da un cliente.
Le notizie di Lucas, Maigret le avrebbe avute tra poco, telefonando dal Tonnelet Boultignon.
E non c'era dubbio che non sarebbero state più sensazionali di quelle di Janvier.
La folla passava così rasente ai tavolini che il commissario era costretto continuamente a ritirare i piedi sotto la sedia. Ma improvvisamente, senza che ci badasse, un uomo sedette vicino a lui allo stesso tavolino, un uomo magro e rossiccio, dagli occhi tristi, il cui viso aveva l'espressione di un clown.
«Ancora lei?» fece il commissario.
E, a Janvier che si avvicinava con i modi di un perfetto cameriere:
«La stessa cosa del mio amico…» Aveva un accento polacco molto pronunciato.
Doveva avere la gola secca, perché masticava senza posa un sigaro che contribuiva ad accentuare il suo aspetto clownesco.
«Comincia davvero a seccarmi!» fece bruscamente Maigret.
«Mi vuole dire come sapeva che sarei stato qui questa mattina?»
«Non lo sapevo!»
«E allora perché è venuto? Non vorrà farmi credere che mi ha incontrato per caso..»
«No!» I riflessi dell'uomo erano lenti come quelli dei ginnasti da music hall, conosciuti sotto il nome di acrobati flemmatici. Guardava davanti a sé, con i suoi occhi gialli, o meglio, aveva l'aria di guardare nel vuoto. E parlava con voce monocorde e triste, come se recitasse delle perpetue condoglianze.
«E' cattivo con me, signor Maigret…»
«Questo non risponde alla mia domanda. Perché è qui stamattina?»
«L'ho seguita!»
«Dalla Polizia Giudiziaria?»
«Molto prima… da casa sua…»
«Così, confessa di spiarmi?»
«Io non la spio, signor Maigret. Ho troppo rispetto e ammirazione per lei! Le ho già detto che un giorno sarò un suo collaboratore…» E sospirò nostalgicamente contemplando il suo sigaro.
I giornali non ne avevano parlato tranne uno, e questo, che aveva avuto la notizia chissà come, complicava piuttosto il lavoro del commissario.
«La polizia ha seri motivi per ritenere che i banditi polacchi, compreso Stan l'assassino si trovino in questo momento a Parigi.»
Era vero, ma era meglio tacere. Per quattro anni una banda di polacchi, dei quali non si sapeva pressoché nulla, aveva saccheggiato cinque fattorie, sempre nel Nord, e sempre con l'identico sistema.
Anzitutto, si trattava ogni volta di fattorie isolate, tenute da vecchi. Inoltre, l'azione aveva luogo invariabilmente la sera di una fiera, e mirava a gente che, avendo venduto un bel numero di bestiame, aveva con sé una grossa quantità di denaro liquido. Il metodo non aveva niente di scientifico. Un attentato brutale, come ne avvenivano ai tempi dei banditi della strada. Un disprezzo assoluto della vita umana.
I polacchi uccidevano. Ammazzavano tutti quelli che si trovavano nella fattoria, senza risparmiare i bambini, poiché sapevano che era la sola maniera per non essere riconosciuti. Erano due, cinque od otto? In ogni "caso" la gente aveva veduto una camionetta. Un ragazzetto di una dozzina d'anni pretendeva di avere scorto un uomo guercio. Alcuni affermavano che i banditi, per operare, si munivano di maschere nere.
Comunque certo era che, tutte le volte, i contadini erano stati uccisi a coltellate, o più esattamente, sgozzati, nell'esatta accezione del termine.
Il "caso" non riguardava Parigi. Se n'erano occupate le diverse brigate mobili francesi. Per due anni era rimasto misterioso, e questo non poteva certo rassicurare la gente di campagna.
Poi era giunta un'informazione dai dintorni di Lilla, dove alcuni villaggi sono vere zone di terra polacca incastrata nella campagna francese.
Si trattava di una informazione vaga. Era perfino impossibile risalire alla vera fonte.
«I polacchi dicono che è la banda di Stan l'Assassino…»
Ma, quando si interrogavano a uno a uno gli uomini delle baracche, che in maggioranza non parlavano nemmeno il francese, essi non sapevano più niente, o balbettavano:
«Uno mi ha detto…»
«Chi " uno "?»
«Non lo so… L'ho dimenticato…»
Durante una razzia nella regione di Reims, la donna di fatica di una fattoria, della quale i banditi dovevano ignorare l'esistenza e che dormiva in un sottoscala, era stata risparmiata. Aveva sentito parlare gli assassini in una lingua che credeva polacca. Aveva visto alcune facce mascherate di nero, ma aveva anche osservato che uno degli uomini era guercio, e che un altro, un colosso alto più di un metro e ottanta, era molto peloso. Così si era giunti a dire nei circoli della polizia:
«Stan l'Assassino… Il Barbuto… Il Guercio…»
Poi, per alcuni mesi, non si era saputo più niente, finché un piccolo ispettore della brigata che si occupava degli hotel "garnis" aveva fatto una scoperta. Si occupava del quartiere SaintAntoine, dove i polacchi pullulano. Aveva osservato in un albergo di rue de Birague, un gruppo equivoco. del quale facevano parte un guercio e un colosso villoso. In apparenza, era povera gente. Il colosso villoso occupava una camera affittata settimana per settimana, con sua moglie, ma quasi ogni notte dava asilo a diversi compatrioti, a volte due, a volte cinque; spesso altri polacchi affittavano la camera vicina.
«Vuole occuparsi di questa faccenda, Maigret?» aveva proposto il direttore della Polizia Giudiziaria.
E l'indomani, quando il "caso" era stato tenuto segreto, un giornale aveva pubblicato l'informazione! Il giorno successivo, nella posta, Maigret aveva trovato una lettera scritta goffamente, con una calligrafia quasi infantile, con molti errori di ortografia, su una carta cattiva, come quella che vendono i droghieri:
"Stan non si lascerà prendere. Stia attento. Prima che lo abbia ridotto all'impotenza, avrà avuto il tempo di far fuori un pò di gente".
Certo, non si sapeva ancora chi era Stan l'Assassino, ma si avevano buone ragioni per credere che l'informazione di rue de Birague fosse buona, poiché l'assassino si era data la pena di mandare una lettera di minacce. E questa lettera non era uno scherzo. Maigret ne aveva la certezza. Essa "aveva il sapore" della verità, un sapore abietto.
«Sia prudente, vecchio mio!» aveva raccomandato il capo.
«Niente arresti precipitosi. L'uomo che ha scannato sedici persone in quattro anni non esiterà a vuotare la sua rivoltella intorno a sé, quando si vedrà sul punto di essere preso…» Ecco perché Janvier era diventato cameriere del caffè davanti all'Hotel Beauséjour, mentre Lucas si era trasformato in un vecchio impotente che passa le sue giornate a scaldarsi al sole, a una finestra. Il quartiere continuava la sua vita rumorosa, senza sospettare che un uomo ridotto alla disperazione avrebbe potuto sparare in tutte le direzioni intorno a sé…
«Signor Maigret, sono venuto a dirle…»
Ed era apparso Michel Ozep.
Il suo primo incontro con Maigret aveva avuto luogo quattro giorni prima. Si era presentato alla Polizia Giudiziaria e aveva insistito per essere ricevuto dal commissario in persona. Quest'ultimo lo aveva fatto aspettare più di due ore, ma l'ometto non si era smontato. Una volta entrato nell'ufficio, aveva battuto i tacchi e si era inchinato tendendo la mano:
«Michel Ozep, exufficiale polacco, professore di ginnastica a Parigi…»
«Sieda, l'ascolto.»
Il polacco parlava con una pronuncia spiccata e in modo così volubile che non si poteva sempre seguirlo. Spiegò che apparteneva a una eccellente famiglia, che aveva lasciato la Polonia in seguito a dispiaceri intimi, dava a intendere di essersi innamorato della moglie del suo colonnello! e che era più che mai disperato, perché non poteva abituarsi a una vita mediocre.
«Lei capisce, signor Maigret…»
Pronunciava " Maigrette ".
«Io sono un gentiluomo… Qui do delle lezioni a gente priva di cultura e di educazione… Sono povero… Ho deciso di suicidarmi…»
Maigret si era detto dapprima:
"E' un pazzo!" Il Quai des Orfèvres è abituato a visite di quel genere e un buon numero di squilibrati provano il bisogno di andare a fare lì le loro confidenze.
«Ho tentato tre settimane fa… Mi sono gettato nella Senna dal ponte di Austerlitz, ma gli agenti della brigata fluviale mi hanno visto e mi hanno tratto fuori dall'acqua…» Con un pretesto qualunque, Maigret passò nella stanza accanto, telefonò alla brigata fluviale e constatò che era vero.
«Sei giorni dopo, ho tentato di suicidarmi col gas, ma il postino è arrivato con una lettera e ha aperto la porta…» Telefonata al commissario del quartiere. Era ancora vero!
«Ma io voglio uccidermi sul serio, capisce? La mia esistenza non ha più alcun valore. Un gentiluomo non può accettare di vivere nella miseria o nella mediocrità. Così ho pensato che forse può avere bisogno di un uomo come me…»
«Per fare che cosa?»
«Per aiutarla ad arrestare Stan l'Assassino.»
Maigret aggrottò le sopracciglia.
«Lo conosce?»
«No… Ho soltanto sentito parlare di lui… Come polacco, sono indignato che un uomo del mio paese violi in questa maniera le leggi dell'ospitalità… Desidero che Stan e la sua banda vengano arrestati… So che egli è risoluto a difendersi selvaggiamente… Di conseguenza, tra coloro che vorranno arrestarlo, ci saranno certamente dei morti… Non è meglio che sia io a morire, dato che non penso che al suicidio?… Mi dica dov'è Stan… Andrò e lo disarmerò… Se sarà necessario, lo ferirò, perché non sia più pericoloso…»
Maigret aveva dovuto adottare la formula tradizionale:
«Mi lasci il suo indirizzo… Le scriverò…» Michel Ozep abitava in una camera ammobiliata in rue des Tournelles, non lontano da rue de Birague. Un ispettore si era occupato di lui. Il rapporto era piuttosto favorevole. In realtà, era stato sottotenente nell'esercito polacco, quando esso si era ricostituito. Poi le sue tracce erano state smarrite. Lo si ritrovava a Parigi, dove cercava di dare lezioni di ginnastica ai figli e alle figlie di piccoli commercianti. I suoi tentativi di suicidio non erano un'invenzione. Ciò nonostante Maigret, d'accordo col capo della Polizia Giudiziaria, gli aveva indirizzato una lettera ufficiale che terminava con queste parole:
«..non posso, con grande rammarico, approfittare della sua generosa proposta, di ciò la ringrazio…»
Due volte, da allora, Ozep si era presentato al Quai des Orfèvres e aveva insistito per vedere il commissario. La seconda volta aveva perfino rifiutato di andarsene, dicendo che avrebbe atteso tutto il tempo che occorreva e occupando, quasi di forza, per delle ore, una delle poltrone di velluto verde della sala d'aspetto.
E ora, Ozep era lì, al tavolino di Maigret, al caffè Tonnelet Boultignol.
«Voglio provarle, signor Maigrette, che sono ancora buono a qualcosa e che può accettare i miei servigi. La seguo ormai da tre giorni e sono in grado di dirle quello che ha fatto durante questo periodo. So anche che il cameriere che ora mi ha servito è uno dei suoi ispettori e che ce n'è un altro a una finestra di fronte a noi, accanto alla gabbia col canarino…» Maigret strinse furiosamente la cannuccia della sua pipa tra i denti evitando di guardare il suo interlocutore che parlava sempre con voce monocorde:
«Capisco che, quando uno sconosciuto viene a dichiararle: "Sono un ex-ufficiale dell'esercito polacco e voglio suicidarmi…" capisco che lei pensi: "Forse non è vero…". Ma ha controllato tutto quello che le ho detto… Ha visto che non mi abbasso a mentire…»
Era un mulinello di parole, un mulinello dal ritmo rapido, irregolare, stancante, tanto più che la pronuncia deformava le sillabe al punto che occorreva un'attenzione continua per capire.
«Lei non è polacco, signor Maigrette… Non capisce la mentalità… Non parla la lingua… Io voglio seriamente aiutarla, perché il buon nome del mio paese non deve ancora essere offuscato da…»
Il commissario incominciava a uscire dai gangheri. E l'altro, benché dovesse accorgersene, seguitava:
«Se cerca di prendere Stan, che cosa succede? Forse ha due, tre rivoltelle nelle tasche… Sparerà su tutti… Forse resteranno uccisi dei bambini o delle donne ferite… E allora si dirà che la polizia…»
«Non vuole tacere?»
«Io ci tengo a morire… Nessuno rimpiangerà il povero Ozep… Lei mi dice: "Ecco Stan…". E io lo seguo come ho seguito lei… Aspetto il momento in cui non ci sarà nessuno… Gli dico: "Tu sei Stan l'Assassino!…". E allora egli sparerà su di me e io su di lui, mirando le gambe… Dal fatto che ha sparato su di me, avrà la prova che si tratta di Stan e che non commette un'idiozia… E siccome egli sarà ferito…»
Niente poteva fermarlo! Avrebbe continuato la sua predica a dispetto di tutto l'universo.
«Se la facessi mettere in galera?» lo interruppe rudemente Maigret.
«Perché?»
«Per stare in pace!»
«E che cosa direbbe? Che cosa ha fatto il povero Ozep contro le leggi francesi che al contrario egli vuol difendere e per le quali è pronto a dare la vita?»
«Chiudi il becco!»
«Come? Accetta?» In quel momento passò una donna dai capelli biondi, dal colorito chiaro; una straniera si sarebbe detto. Portava una borsa per fare la spesa e si dirigeva verso una macelleria. Maigret, che la seguiva con lo sguardo, notò che il suo interlocutore provò immediatamente il bisogno di soffiarsi rumorosamente il naso, coprendosi quasi del tutto il viso col fazzoletto.
«E' l'amante di Stan, non è vero?» disse quando la donna scomparve.
«Quando mi lascerà in pace?»
«E' persuaso che è l'amante di Stan, ma non sa chi è Stan!… Crede che sia l'uomo con la barba… Ora, quello si chiama Boris… E quello cieco di un occhio si chiama Sacha… Se non è un polacco, è un russo… Se fa lei l'inchiesta, non saprà niente, perché nell'albergo ci sono soltanto dei polacchi che rifiuteranno di risponderle o che mentiranno… Mentre io…» Nessuna brava massaia, nella confusione di rue Saint Antoine, sospettava l'argomento della conversazione che si teneva al Tonnelet Bourguignon.
La donna dai capelli biondi, dal colorito chiaro, comperava delle cotolette nella vicina macelleria e c'era nel suo sguardo un po' di quella stanchezza che si leggeva negli occhi di Michel Ozep.
«Forse la mia richiesta la infastidisce perché teme, se vengo ucciso, di dover fornire delle spiegazioni?… Ma io non ho famiglia… E poi ho scritto una lettera nella quale dichiaro che sono stato io, di mia piena volontà, a cercare la morte…»
Sulla soglia, il povero Janvier non sapeva come fare per spiegare a Maigret che c'era una comunicazione telefonica per lui. Maigret se n'era accorto, ma continuava a osservare il suo polacco tirando piccole boccate dalla pipa.
«Senta, Ozep…»
«Sì, signor Maigrette…»
«Se la trovo ancora nei paraggi di rue Saint-Antoine, la faccio arrestare! Ha capito bene?»
«Ma io abito…»
«Vada ad abitare altrove!»
«Lei rifiuta l'offerta che…»
«Fili!»
«Ma…»
«Fili, o l'arresto!» L'uomo si alzò, salutò battendo i tacchi e inchinandosi, e si allontanò dignitosamente. Maigret, che aveva scorto uno dei suoi ispettori, gli aveva già fatto segno di seguire lo strano professore di ginnastica.
Janvier poté finalmente avvicinarsi.
«Ha telefonato Lucas… Ha visto delle armi nella stanza e cinque polacchi hanno dormito stanotte nel locale vicino, alcuni per terra, lasciando semiaperta la porta di comunicazione… Chi è quel tipo?»
«Niente… Le devo?…» E Janvier riprese a recitare la sua parte e indicò il bicchiere di Ozep:
«Paga lei la consumazione del signore?… Un franco e venti e un franco e venti, due franchi e quaranta…»
Maigret si fece condurre in taxi alla Polizia Giudiziaria. Alla porta del suo ufficio trovò l'ispettore che aveva incaricato di seguire Ozep.
«Hai perso le sue tracce?» gridò.
«Non ti vergogni? Ti incarico di un pedinamento infantile e…»
«Non l'ho perso» mormorò umilmente l'ispettore, che era uno dei nuovi.
«Dov'è?»
«Qui.»
«Ce lo hai portato tu?»
«E' stato lui a portarmi.» Perché, difatti, Ozep si era diretto difilato verso la Polizia Giudiziaria e si era installato pacificamente nella sala d'aspetto, con un sandwich, dopo aver annunciato di avere un appuntamento col commissario "Maigrette".
Lavoro meno brillante, senza dubbio, ma non meno utile: Maigret, con la sua grossa scrittura, aveva l'aria di voler schiacciare la penna sulla carta mentre riassumeva in una relazione le diverse informazioni ottenute in quindici giorni di appostamenti intorno alla banda dei polacchi. Riassumendole in tal modo si poteva constatare quanto fossero insufficienti quelle informazioni, dato che non si poteva neppure fissare con precisione il numero degli individui facenti parte della banda. Secondo le informazioni precedenti, vale a dire secondo le persone che, durante le rapine, avevano visto o creduto di vedere i banditi, costoro erano a volte quattro, a volte cinque, ma era probabile che altri complici avessero prima avvistato la fattoria e frequentato i mercati. Ciò dava la cifra pressappoco di sei o sette persone e pareva proprio che fosse quello il numero di individui che si aggiravano intorno a rue de Birague.
Gli ospiti fissi erano solo tre e avevano regolarmente riempito i moduli e mostrato i passaporti:
1. Boris Saft, quello che gli investigatori chiamavano il Barbuto e che sembrava vivere coniugalmente con la donna bionda e pallida;
2. Olga Tzérelsski, ventotto anni, originaria di Vilna;
3. Sacha Vorontzons, soprannominato il Guercio.
Era questo il trio che serviva di base all'inchiesta, come serviva, a quel che pareva, di base alla banda. Boris il Barbuto e Olga occupavano una sola stanza. Sacha il Guercio stava nella camera vicina e la porta di comunicazione tra le due era sempre semiaperta. Tutte le mattine, la donna faceva la spesa e preparava il pasto su un fornello a spirito. Il Barbuto usciva poco, passava la maggior parte delle giornate sdraiato sul letto di ferro a leggere dei giornali polacchi che andavano a comprargli a un chiosco in place de la Bastille.
Il Guercio aveva compiuto numerose sortite ed ogni volta era stato seguito da un ispettore.
L'uomo lo sospettava? In ogni caso, si era limitato a farli passeggiare per Parigi e a fermarsi in parecchi caffè a bere, senza rivolgere la parola a nessuno.
Il resto, era quello che Lucas chiamava la "clientela volante". Persone che entravano e uscivano, sempre le stesse, quattro o cinque, alle quali Olga dava da mangiare e che a volte dormivano in una delle due camere, per terra, andandosene la mattina. Il fatto non aveva niente di straordinario, perché avveniva così in quasi tutto l'albergo occupato da povera gente, esuli che si raccoglievano in diversi per pagare una stanza o che ospitavano dei connazionali incontrati per strada. Sulla " clientela volante", Maigret possedeva qualche appunto:
1. Il Chimico, che chiamavano così perché si era presentato due volte all'Ufficio di Collocamento per domandare un posto in una officina di prodotti chimici. I suoi vestiti erano logori ma di ottimo taglio. Per ore intere, percorreva le strade di Parigi con l'andatura di uno che cerca di guadagnare un pò di quattrini e, per tutta una giornata, era stato assunto come uomosandwich.
2. Spinacio, soprannominato così perché portava un incredibile cappello verde spinacio, che si faceva ancor più notare dato che indossava una camicia color rosa. Spinacio usciva soprattutto la sera e lo vedevano aprire le porte d'ingresso di qualche locale di Montmartre.
3. Il Grosso, un piccolo grasso asmatico, vestito meglio degli altri, anche se le sue scarpe non erano uguali l'una all'altra.
Altri due venivano meno regolarmente in rue de Birague, ed era difficile dire se appartenevano alla banda. Maigret annotò sotto questa lista:
'Queste persone sembrano stranieri senza denaro, alla ricerca di un qualsiasi lavoro. Però c'è sempre della vodka nelle stanze e certe sere fanno festa. E' impossibile sapere se la banda sapendosi sorvegliata, si comporti cosi per deviare l'attenzione della polizia. D'altra parte, se è vero che uno di questi individui è Stan l'Assassino, sembrerebbe che si tratti piuttosto del Guercio o del Barbuto. Ma questa è soltanto una supposizione.'
Andò a portare il suo rapporto al capo senza il minimo entusiasmo.
«Niente di nuovo?»
«Niente di preciso. Giurerei che quelle canaglie hanno individuato i nostri uomini e che si divertono a moltiplicare il loro andirivieni. Pare si dicano che non possiamo mobilitare in eterno una parte della Polizia Giudiziaria per sorvegliarli. Hanno il tempo…»
«Ha un piano?»
«Lo sa, capo, che da un po' di tempo tra me e le idee c'è qualcosa che non cammina. Vado vengo, annuso. Qualcuno crede che io aspetti l'ispirazione, ma non capisce niente. Quello che aspetto è il fatto significativo che non manca mai di succedere. Tutto sta a essere sul posto quando avviene e nel saperne approfittare.»
«Dunque, aspetta un piccolo fatto?» mormorò il capo sorridendo, poiché conosceva il suo uomo.
«La mia convinzione è questa: noi ci troviamo in presenza della banda dei polacchi. Causa quell'idiota di giornalista che è sempre qui, a gironzolare per i corridoi e che ha certamente inteso una conversazione, quei furfanti stanno all'erta… Adesso mi chiedo perché Stan ha scritto. Forse perché sa che la polizia esita sempre a procedere a un arresto in grande stile? Forse, ed è la cosa più probabile, per fare una bravata. Gli assassini hanno il loro orgoglio, stavo per dire il loro orgoglio professionale… Qual è Stan? E perché questo diminutivo, che è più americano che polacco? Lei sa che io impiego del tempo a farmi un'opinione… Bè! Adesso comincia a venire… Da due o tre giorni, mi sembra di sentire la psicologia dei miei bricconi, molto diversa da quella degli assassini francesi…»
«Hanno bisogno di denaro, non per ritirarsi in campagna, o per darsi alla pazza gioia in un locale notturno, oppure per filare all'estero, ma semplicemente per vivere a modo loro, vale a dire senza far nulla, mangiare bere e dormire, passare dei giorni stesi su un letto magari sordido, a fumare sigarette e a vuotare bottiglie di vodka… Provano anche il desiderio di stare insieme, di sognare insieme, di chiacchierare insieme e, certe sere, di cantare insieme… A mio parere, una volta compiuto il primo delitto, vivono in questa maniera fino alla fine del denaro. poi preparano un altro colpo. Appena i quattrini sono esauriti, ricominciano, freddamente, senza rimorsi, senza la minima pietà per i vecchi che sgozzano e di cui divorano i risparmi in qualche settimana o in qualche mese… Adesso che ho capito questo, aspetto…»
«Lo so! Il piccolo fatto…» scherzò il direttore della Polizia Giudiziaria.
«Faccia pure dell'ironia! Ciò non toglie che il piccolo fatto forse è già là…»
«Dove?»
«Nell'anticamera… L'ometto che mi chiama Maigrette e che vuole ad ogni costo aiutarmi nella cattura, anche a prezzo di lasciarci la pelle… Egli dice che è un mezzo come un altro per suicidarsi…»
«Un pazzo?»
«Forse! O un complice di Stan che ha escogitato questo mezzo per scoprire le nostre intenzioni. Tutte le ipotesi sono permesse ed è questo che rende appassionante il mio ometto. Chi ci dice, per esempio, che non sia Stan in persona?»
E Maigret vuotò la pipa battendo dei piccoli colpi sul davanzale, così la cenere cadeva sul marciapiede, forse sul cappello di un passante.
«Si servirà di quell'uomo?»
«Credo di sì.» E con queste parole il commissario si diresse verso la porta, evitando di aggiungere altro.
«Vedrà, capo! Mi stupirebbe che l'appostamento fosse necessario alla fine della settimana.»
Era il giovedì pomeriggio!
«Siedi! Non ti innervosisce succhiare tutto il giorno quello sporco sigaro?»
«No, signor Maigrette.»
«Mi fai perdere la pazienza col tuo "Maigrette"… Ma insomma!… Parliamo seriamente… Sei sempre deciso a morire?»
«Sì, signor Maigrette.»
«E vuoi che io ti affidi un incarico pericoloso?»
«Voglio aiutarla ad arrestare Stan l'Assassino.»
«Così, se ti dicessi di avvicinarti al Guercio e di sparargli una rivoltellata nelle gambe, tu lo faresti?»
«Sì, signor Maigrette. Ma bisognerebbe che lei mi desse una rivoltella. Sono molto povero e…»
«Supponi adesso che io ti chieda di andare a dire al Barbuto o al Guercio che hai delle informazioni serie, che la polizia sta per arrestarli…»
«Lo farei, signor Maigrette. Aspetterei di incontrare il Guercio per strada e gli direi quello che lei vuole.» Il greve sguardo del commissario restava posato sul sottile polacco che non si mostrava né imbarazzato, né inquieto. Raramente Maigret aveva visto un uomo tanto sicuro e tanto calmo.
Michel Ozep parlava di uccidersi o di sfidare la banda dei polacchi come di una cosa semplicissima, naturale. Al caffè di rue Saint-Antoine come alla Polizia Giudiziaria si sentiva a suo agio.
Tu non li conosci, né l'uno né l'altro?
No, signor Maigrette.
«Ebbene, ti affiderò una missione. Perciò forte se ci sarà del baccano!»
Questa volta Maigret abbassò a metà le palpebre per nascondere ciò che di troppo teso c'era nel suo sguardo.
«Adesso, ci recheremo insieme in rue SaintAntoine. Ti aspetterò fuori. Salirai nella stanza scegliendo il momento in cui la donna sarà sola. Le dirai che sei un compatriota e che, per caso, hai saputo che la polizia farà questa notte un'irruzione nell'albergo…»
Silenzio di Ozep.
«Hai capito?»
«Sì.»
«Siamo d'accordo?»
«Voglio confessarle una cosa, signor Maigrette.»
«Non faccio quello che dice… "smontarmi", no!… Solo vorrei sistemare la faccenda diversamente… Lei forse crede che io sia molto ardito… Si dice così, è vero?… Ora, con le donne, io sono un uomo timido… E le donne sono intelligenti, molto più degli uomini… Lei si accorgerà che mentisco… E siccome so che si accorgerà che mentisco, arrossirò… E quando arrossirò…»
Maigret non si muoveva, lo lasciava addentrarsi in una spiegazione tanto complicata quanto cattiva.
«Preferisco parlare a un uomo… Al Barbuto, se vuole, o al Guercio, o a un altro qualsiasi…»
Forse era un raggio di sole che, penetrando obliquamente nell'ufficio, cadeva sul viso di Maigret per prestargli la fisionomia di uno che dopo un abbondante pranzo fa la siesta nella sua poltrona.
«E' esattamente la stessa cosa, signor Maigrette…»
Ma il signor "Maigrette" non rispondeva e il solo segno di vitalità che dava era un sottile filo di fumo azzurro che si elevava a spirale dal fornello della sua pipa.
«Sono desolato… Può chiedermi qualunque cosa, ma mi chiede proprio la cosa che…»
«Chiudi il becco!»
«Come dice?»
«Ti dico di tacere. Dove hai conosciuto la donna, Olga Tzérelski?»
«Io?»
«Rispondi!»
«Non capisco che cosa vuole dire…»
«Rispondi!»
«Non conosco quella donna… Se la conoscessi, glielo direi… Sono un ex-ufficiale dell'esercito polacco e se non avessi avuto delle sventure…»
«Dove l'hai conosciuta?»
«Le giuro, signor Maigrette, sulla testa della mia povera madre e del mio povero padre…»
«Dove l'hai conosciuta?»
«Ma perché è diventato così cattivo con me! Mi parla brutalmente! Dopo che sono venuto qui per renderle un servizio, per evitare che dei francesi vengano uccisi da un complotto…»
«Canta, merlo.»
«Come dice?»
«Canta pure, merlo! Questo significa da noi: seguita pure a raccontare le tue fandonie, ma nessuno ci crede…»
«Mi domandi qualunque cosa… quello che faccio! Mi domandi un'altra cosa, di gettarmi sotto la metropolitana, di saltare dalla finestra…»
«Io ti chiedo di andare a trovare quella donna e di dirle che questa notte procederemo all'arresto della banda…»
«Lo vuole assolutamente?»
«Sei libero di accettare o di rifiutare!»
«E se rifiuto?»
«Andrai a farti impiccare da un'altra parte!»
«Perché impiccare?»
«E' una maniera di dire… Insomma, farai in modo di non trovarti sulla mia strada…»
«Arresterà veramente la banda questa notte?»
«E' probabile!»
«E mi permetterà di aiutarla?»
«E' possibile… Lo vedremo quando avrai assolto il tuo primo compito…»
«A che ora?»
«Il tuo incarico?»
«Presto! A che ora li arresterà?»
«Facciamo all'una del mattino.»
«Vado…»
«Dove?»
«A trovare la donna.»
«Un minuto, usciamo insieme!»
«E' meglio che io vada da solo… Se ci vedono, capiranno che aiuto la polizia…»
Naturalmente, il polacco era appena uscito dal suo ufficio che il commissario gli mise un ispettore alle costole.
«Devo nascondermi?» domandò l'ispettore.
«Non ne vale la pena… E' più furbo di te e sa benissimo che lo faccio seguire…» E, senza perdere un istante, Maigret scese, saltò su un taxi.
«A tutta velocità all'angolo di rue de Birague e della rue Saint-Antoine…» Il pomeriggio era radioso e le tende variopinte mettevano una nota di colore ai negozi. All'ombra, dei cani si stiracchiavano e la vita scorreva al rallentatore; si aveva l'impressione che perfino gli autobus facessero fatica a mettersi in marcia nell'aria pesante: le grosse ruote lasciavano tracce sull'asfalto surriscaldato. Maigret saltò dal tassì ed entrò nella casa d'angolo e al secondo piano aprì una porta, senza prendersi la pena di bussare. Trovò il brigadiere Lucas seduto davanti alla finestra, sempre sotto le apparenze di un vecchietto tranquillo e curioso. La camera era povera, e non molto pulita.
Sul tavolo si vedevano gli avanzi di un pranzo freddo che Lucas si era fatto portare da una salumeria.
«Novità, commissario?»
«C'è gente, di fronte?»
La camera era stata scelta per la sua posizione strategica; permetteva di osservare le due stanze dell Hotel Beauséjour occupate dai polacchi.
Adesso, con quella temperatura, tutte le finestre erano aperte, compresa quella di un'altra camera in cui si vedeva una giovane donna addormentata, in abiti molto succinti.
«Dì un po'! Ho l'impressione che non ti annoi…» Su una sedia, un cannocchiale provava che Lucas faceva il suo lavoro seriamente e che teneva a vedere i particolari.
«Per il momento, sono in due nell'alloggio, ma presto ci sarà una sola persona. L'uomo, difatti, è occupato a vestirsi. E' rimasto coricato tutta la mattina, come al solito… il Barbuto?»
«Sì… hanno fatto colazione in tre: il Barbuto, la donna e il Guercio… Poi il Guercio se n'è andato quasi subito… Il Barbuto si è alzato e ha incominciato la sua toilette… Guardi! Si è messo una camicia pulita, cosa che non capita spesso.» Maigret si era avvicinato alla finestra e guardava a sua volta. Il colosso irsuto annodava una cravatta sulla camicia, il cui candore immetteva nella camera grigia una macchia imprevista tanto più smagliante. Si vedevano muovere le sue labbra, mentre si guardava nello specchio.
Dietro a lui la donna dai capelli chiari faceva ordine, raccoglieva delle carte unte che appallottolava, poi, finalmente, spegneva il fornello.
«Se almeno sapessi quello che dicono!» sospirò Lucas.
«Ci sono dei momenti in cui mi arrabbio! Li vedo parlare, parlare senza fine: a volte gesticolano e io non arrivo neppure a indovinare di che cosa si tratta… Comincio a rendermi conto quale supplizio sia essere sordi e capisco che le persone colpite da questa infermità passino per gente malvagia.»
«Mentre aspettiamo, non parlare tanto! Credi che la donna resti lì?»
«Non è l'ora in cui di solito esce… Avrebbe già indossato il suo tailleur grigio…» Difatti, Olga portava il vestituccio di lana scura che aveva al mattino per fare la spesa. Mentre faceva le pulizie, fumava una sigaretta senza toglierla mai dalle labbra, alla maniera dei veri fumatori che hanno bisogno del tabacco dalla mattina alla sera.
«Non parla» notò Maigret.
«Anche per questo, non è la sua ora… è soprattutto la sera che parla, quando sono tutti raccolti intorno a lei… Oppure certe volte, quando è sola con quello che chiamo Spinacio, ciò che accade raramente… O io prendo un grosso granchio, o lei ha un debole per Spinacio che è il più bel ragazzo della compagnia…» Era una sensazione strana trovarsi in una camera sconosciuta, a guardare della gente di cui si finivano per conoscere i minimi fatti e gesti.
«Stai proprio diventando una portinaia, mio povero Lucas!»
«Sono qui per questo, vero? Guardi! Posso perfino dirle che la ragazza della camera accanto, quella che dorme tanto, questa notte ha fatto all'amore fino alle tre del mattino con un giovanotto che portava un cravattone e che se n'è andato all'alba, senza dubbio per tornare senza far rumore in casa dei suoi genitori… Guardi! Ecco il Barbuto che se ne va…»
«Ma dì un po'! è quasi elegante…»
«Per modo di dire. Ha più l'aria di un lottatore da fiera che di un uomo di mondo.»
«Mettiamo di un lottatore da fiera che faccia dei buoni affari!» concesse Maigret.
Ma niente addii. L'uomo se ne andava, semplicemente, vale a dire spariva dalla parte della stanza che non si vedeva dall'osservatorio della polizia. Poco dopo, lo si vide sul marciapiede che si dirigeva verso la place de la Bastille.
«Derain lo pedinerà…» fece Lucas che era lì come un grosso ragno in mezzo alla sua tela.
«Ma l'altro sa che è seguito. Si accontenterà di passeggiare e forse di bere un bicchiere a un bar…» Intanto, la donna prendeva una carta stradale dal cassetto e la spiegava sul tavolo. Maigret calcolò che Ozep non doveva essere venuto in taxi, ma con la metropolitana e che sarebbe arrivato tra pochi minuti.
«Se viene» disse.
E venne. Lo si vide arrivare, andare e venire esitante, Lungo il marciapiede, mentre l'ispettore che lo seguiva fingeva di interessarsi alla mostra di una pescheria in rue SaintAntoine.
Visto così, dall'alto, l'esile polacco sembrava ancora più magro, più insignificante e Maigret, per un momento, ebbe un rimorso. Gli pareva di sentire la voce del povero ragazzo ripetere cento volte, in spiegazioni difficili, il suo famoso "signor Maigrette"… Esitava, questo era certo.
Si poteva anche giurarlo che aveva paura e guardava intorno a sé con visibile angoscia.
«Lo sai chi cerca?» disse il commissario a Lucas.
«Quell'ometto pallido? No! Forse del denaro per entrare nell'albergo.»
«Cerca me… Si dice che sono senza dubbio nei paraggi e che, se, per miracolo, avessi cambiato parere…» Troppo tardi! Michel Ozep si immerse nel buio corridoio dell'albergo. Si poteva seguirlo col pensiero. Saliva le scale, raggiungeva il secondo piano.
«Esita ancora…» annunciò Maigret.
Perché la porta avrebbe già dovuto aprirsi!
«E' sul pianerottolo… Sta per bussare… Bussa… Guarda!…»
Difatti, la giovane donna bionda trasalì, rimise a posto, con un movimento istintivo, la carta stradale nell'armadio e si diresse verso la porta. Per un momento non si vide niente. Le due persone stavano nella parte invisibile della stanza. Poi bruscamente apparve la donna e c'era in lei qualcosa di mutato. La sua andatura era precisa, rapida. Andò direttamente alla finestra, la chiuse e tirò le tende scure. Lucas si girò verso il commissario, facendo una buffa smorfia «Ma dica un po'!…» Smise però di scherzare, constatando che Maigret era molto più preoccupato di quel che prevedeva.
«Che ore sono, Lucas?»
«Le tre e dieci… Secondo te, ci sono delle possibilità che uno di quei tizi rientri tra poco?»
«Non credo… Tranne, come le ho detto, Spinacio, se sa che il Barbuto non c'è… Ma lei, commissario, non ha l'aria tranquilla…»
«Non mi piace la maniera in cui è stata chiusa quella finestra…»
«Ha paura per il suo polacco?» Maigret non rispose e Lucas seguitò:
«Ha pensato che non c'è niente che provi che sia nella stanza? Noi lo abbiamo visto entrare nell'albergo, è vero… Ma può benissimo essere andato in un'altra stanza… E forse è qualcun altro che…» Maigret alzò le spalle e sospirò:
«Sta zitto! Mi stanchi…»
«Che ore sono, Lucas?»
«Le tre e venti…»
«Lo sai quello che succederà?»
«Vuole andare a vedere quello che accade di fronte?»
«Non ancora. Ma sto molto probabilmente per coprirmi di ridicolo. Da dove si può telefonare?»
«Dalla stanza vicina. E' un sarto che lavora per una grande casa. Questo lo obbliga ad avere il telefono…»
«In questo caso, va dal tuo sarto. Fa in modo che non sentano la conversazione. Telefona al capo da parte mia. Digli di mandarmi con grande urgenza una ventina di uomini armati. E che si disseminino intorno all' Hotel Beauséjour e aspettino da parte mia un segnale…» La faccia di Lucas diceva tutta la gravità di quell'ordine, tra l'altro ben poco nelle abitudini di Maigret, che rideva volentieri della mobilitazione di grosse formazioni di polizia.
«Crede che tirerà vento forte?
«A meno che non sia già successo…» Non abbandonava con gli occhi quella finestra dai vetri sporchi, dalla tenda di velluto cremisi che risaliva al tempo di Luigi Filippo.
Quando Lucas tornò dopo aver telefonato, ritrovò il commissario allo stesso posto, la fronte sempre così aggrottata.
«Il capo le raccomanda di essere prudente. C'è già stato un ispettore ucciso la settimana scorsa e se dovesse capitare un altro incidente…»
«Sta zitto, per piacere!»
«Crede che Stan l'Assassino?…»
«Non credo niente, vecchio! Non faccio che pensare a quest'affare da questa mattina: roba da averne il mal di testa. Adesso mi accontento di raccogliere delle impressioni e, se vuoi sapere tutto, ho disgraziatamente l'impressione che stiano succedendo e che succederanno cose molto spiacevoli. Che ore?
«Tre e ventitré… " Come per ironia, nella camera vicina, la ragazza dormiva ancora, la bocca socchiusa, le gambe piegate. Più in alto, verso il quinto o il sesto piano, qualcuno cercava di suonare la fisarmonica, riprendendo senza posa e stonando lo stesso motivo.
«Vuole che ci vada?" propose Lucas. Maigret lo guardò duramente, come se il suo dipendente gli rimproverasse una mancanza di coraggio.
«Che cosa vuol dire, questo?»
«Niente! Vedo che è inquieto per quello che succede là e le propongo di andar a vedere…»
«E tu credi che esiterei ad andarci io stesso? Dimentichi una cosa: una volta di fronte, è troppo tardi… Se ci andiamo e non scopriamo niente, non scopriremo mai più niente della banda… Ecco perché esito… Se quella non avesse chiuso la finestra!…» Aggrottò di nuovo la fronte.
«Dì un po'. Le altre volte non ha mai chiuso la finestra, vero?»
«Mai!»
«Quindi, non sospettava la tua presenza qui…»
«Mi prendeva probabilmente per un vecchio rimbecillito…» Così, non è stata lei che ha avuto l'idea di chiudere la finestra, ma il tipo che è entrato…»
«Ozep?»
«Lui o un altro… Quello che è entrato e che, prima di farsi vedere, ha detto alla donna di chiudere la finestra.» Prese il cappello sulla sedia dove l'aveva posato, vuotò la pipa, poi la riempì di nuovo.
«Dove va, capo?»
«Aspetto che arrivino i nostri uomini… Eccoli! Ce ne sono due accanto alla fermata dell'autobus…»
«E nel taxi che si è fermato, ne riconosco degli altri… Se resto cinque minuti dentro, senza aprire la finestra, entra con alcuni uomini…»
«Ha la rivoltella?» Qualche minuto dopo, Maigret attraversava la strada, mentre l'ispettore Janvier, che lo aveva visto, smetteva di asciugare i tavolini del caffè.
Lucas, febbrile, teneva l'orologio in mano, ma, come succede sempre, quando si vogliono fare le cose troppo bene, aveva dimenticato di fissare il momento dell'entrata di Maigret nell'albergo, cosicché era incapace di dire quando sarebbero passati i cinque minuti. Non ebbe d'altronde da farsi cattivo sangue in proposito perché dopo un tempo che gli parve miracolosamente breve, la finestra di fronte si aprì. Un Maigret più accigliato che mai fece segno al suo brigadiere di andarlo a raggiungere. L'impressione di Lucas era stata che, a parte il commissario, la camera fosse vuota ma, quando vi penetrò, dopo aver inciampato più volte su una scala buia che mandava odore di cattiva cucina e di toilette, sussultò scoprendo un corpo di donna steso ai suoi piedi. Una breve occhiata a Maigret, che rispose:
«Morta, naturalmente!» Sembrava che si fosse voluto firmare il delitto, perché la vittima era stata sgozzata come tutte le vittime di Stan. C'era del sangue dappertutto, sul letto e sul pavimento e l'assassino si era asciugato le mani nell'asciugamano che era macchiato di rosso bruno.
«Lui?» Maigret alzò le spalle, sempre immobile in mezzo alla stanza.
«Vado a dare i suoi connotati ai nostri uomini, che non lo facciano uscire dall'albergo?»
«Se vuoi…»
«Metterò un ispettore sul tetto, nel caso che…»
«Va bene.»
«Avverto il capo?»
«Sì…» Non era facile conversare con Maigret quando faceva quella faccia. Inoltre Lucas si immedesimava nel capo, che aveva annunciato che avrebbero riso di lui. Adesso, sarebbe stato più che ridicolo. Difatti egli aveva mobilitato notevoli forze di polizia, ma ciò era avvenuto troppo tardi, mentre un delitto si commetteva sotto gli occhi stessi di Maigret, quasi col suo consenso, perché era stato lui a mandare Ozep all'Hotel Beauséjour.
«Se tornano quelli della banda, li arresto?…»
Un segno affermativo della testa; o piuttosto indifferente. E Lucas, uscì, finalmente. Maigret restò solo in mezzo alla camera, in cui la finestra aperta faceva entrare una luce cruda. Si asciugò la fronte, riaccese macchinalmente la pipa che aveva lasciata spegnere.
«Che ore sono?…» Si ricordò di essere solo ed estrasse l'orologio dal taschino. Erano le tre e trentacinque e la fisarmonica, là in alto, continuava a infierire, senza però impedire alla ragazza vicina di dormire incurante.
«Dov'è Maigret?» chiese il capo della Polizia Giudiziaria scendendo dalla macchina e trovandosi davanti a Lucas.
«Nella camera… Il numero 19, al secondo piano… La gente dell'albergo non sa ancora niente…»
Qualche istante più tardi, il direttore della Polizia Giudiziaria trovò Maigret seduto su una sedia, in mezzo alla stanza, a due passi dal cadavere Il commissario fumava, con aria ostinata. Notò appena l'arrivo del gran capo.
«Dica un po', vecchio! Siamo in un bel ginepraio…» Ottenne per risposta un grugnito che non voleva dire nulla.
«Così, il famoso assassino era l'ometto che veniva a offrirle i suoi servizi!… Confessi, Maigret, che avrebbe dovuto diffidare e che l'atteggiamento di Ozep era per lo meno equivoco…»
La fronte di Maigret era sbarrata da una grossa piega verticale e la mascella che si muoveva gli dava un aspetto di potenza.
«Pensa che non possa avere lasciato l'albergo?»
«Ne sono certo…» replicò il commissario, con l'aria di non dare importanza alla cosa.
«Non lo ha cercato?»
«Non ancora…»
«Crede che si lascerà prendere facilmente?» Lo sguardo di Maigret si staccò lentamente dalla finestra e passò obliquo al suo direttore, vi si posò pesantemente. C'era della solennità in quella lentezza, in quella esitazione, nell'ambiguità delle frasi del commissario.
«Se mi sono sbagliato, l'uomo tenterà di abbattere qualcuno prima di lasciarsi prendere. Se non mi sono sbagliato, le cose si dovrebbero concludere da sole…»
«Non capisco, Maigret. Dubita ancora che Stan e il vostro Ozep siano la stessa persona?»
«Sono persuaso che poco fa c'erano due persone in questa stanza e tra esse Stan l'Assassino… Quindi… Glielo ripeto, capo: io posso sbagliarmi, come tutti. In questo caso, le chiedo scusa, perché succederà qualcosa di brutto. Il modo in cui si svolge questa storia non mi piace. C'è qualcosa che non va, lo sento. Se Ozep fosse Stan, non ci sarebbe ragione perché…»
«L'ascolto!»
«Sarebbe troppo lunga… Che ore sono, capo?»
«Le quattro e un quarto… Perché?»
«Per niente…»
«Resta lì, Maigret?»
«Fino a nuovo ordine, sì…»
«Io intanto esco a vedere quello che fanno i nostri uomini.»
Avevano arrestato Spinacio, che, come aveva previsto Lucas, veniva a fare visita alla giovane donna.
Avevano annunciato al polacco che la sua connazionale era stata uccisa, ma era rimasto imperturbabile quando gli avevano parlato di Ozep.
«Non è possibile che sia morta!» si era contentato di ripetere più volte mentre lo conducevano via. Quando venne annunciata questa cattura a Maigret, egli brontolò:
«Me ne infischio!…» E riprese il suo strano tete à tete con la morta.
Mezz'ora dopo fu il turno del Guercio di tornare e di venire arrestato appena varcata la soglia. Anche lui si lasciò prendere senza batter ciglio ma, quando gli parlarono della morte della donna, cercò di sbarazzarsi delle manette e gridò:
«Chi lo ha fatto? Chi l'ha uccisa? Siete stati voi, non è vero?»
«E' stato Ozep, altrimenti detto Stan l'Assassino…» Allora l'uomo si calmò quasi d'incanto e ripeté, aggrottando la fronte:
«Ozep?»
«Non vorrai mica farci credere di non conoscere il tuo capo?» Era il capo in persona che procedeva a questo affrettato interrogatorio nel corridoio ed egli ebbe l'impressione che un leggero sorriso passasse sulle labbra del prigioniero. Poi fu il turno di una delle comparse, quello che veniva dichiarato il Chimico, che si limitò a rispondere a tutte le domande con tono completamente sbigottito, come se non avesse mai sentito parlare della giovane donna, né di Ozep, né di Stan…
Maigret era sempre lassú, a rimestare lo stesso problema, a cercare la chiave che finalmente gli permettesse di capire gli avvenimenti.
«Ci siamo!…» mormorò quando gli parlarono dell'arresto del Barbuto che, dopo essersi dimenato come un diavolo, si era messo a piangere come un vitello. Bruscamente, alzò la testa verso Lucas che gli recava la notizia: «Non noti niente?» fece.
«Come?»
«Quattro che ne arrestiamo uno dopo l'altro, e nessuno oppone una vera resistenza, mentre un uomo come Stan… Ma dato che Stan è Ozep…»
«L'hai trovato?»
«Non ancora. Bisognava lasciar tornare tutti i complici prima di mettere sossopra l'albergo, altrimenti avrebbero fiutato da lontano qualcosa e non sarebbero entrati nella trappola. Adesso che sono quasi al completo, il gran capo ha cominciato a mettere il posto in stato d'assedio.»
«Gli uomini sono dabbasso e frugheranno tutto minuziosamente dalla cantina alla soffitta…»
«Ascoltami, Lucas…» E Lucas, che stava per uscire, si fermò un momento, avendo nei confronti di Maigret un sentimento che somigliava alla pietà.
«Ascolto, capo.»
«Il Guercio non è Stan. Spinacio non è Stan. Il Barbuto non è Stan. Ora sono convinto che Stan abitava in questo albergo ed era il centro intorno a cui gli altri venivano a raccogliersi!» Lucas preferì non dire niente, lasciando il commissario al suo pallino.
«Se Ozep era Stan, non aveva nessuna ragione di venire qui a uccidere un complice. Se non era Stan…» E di colpo, drizzandosi con un movimento così brusco che il brigadiere sussultò: «Guarda la spalla di quella donna… La sinistra, sì…» Lui stesso si chinò. Lucas sollevò il vestito, scoprì una carne bianchissima e su quella carne il marchio con cui gli americani bollano le donne criminali.
«Hai visto, Lucas?»
«Ma, capo…»
«Non capisci? Stan, era lei… Ho letto qualcosa di questo genere, ma non riuscivo a fare il parallelo, tanto ero convinto che il nostro Stan fosse un uomo. Quattro o cinque anni fa, una giovane donna, in America, alla testa di una banda di criminali, andava all'assalto delle fattorie isolate, precisamente come qui… E come qui, le vittime erano sgozzate dalla mano di quella donna di cui i giornali americani hanno descritto con compiacenza la crudeltà…»
«E' lei?»
«E' quasi sicuramente lei… Ma lo saprò tra un'ora, se ritrovo i documenti in questione Avevo ritagliato un giorno alcune pagine da una rivista. Vieni, Lucas?» Maigret condusse il suo secondo lungo le scale.
Al piano terreno, si scontrò col gran capo.
«Dove va, Maigret?»
«Al Quai des Orfèvres, capo… Credo di aver trovato… In ogni caso, porto con me Lucas, che verrà a dirglielo…» E Maigret cercò un taxi, senza accorgersi che lo guardavano in maniera bizzarra, con un misto di collera e di pietà.
«Ma Ozep?» chiese Lucas prendendo posto nella vettura.
«Sì, è proprio lui che vado a cercare… Voglio dire che spero di trovare informazioni su di lui. Se ha ucciso quella donna, aveva le sue ragioni… Senti, Lucas: quando gli ho chiesto di andare dagli altri, ha accettato immediatamente… Invece, quando gli ho chiesto di fare una commissione alla donna, ha rifiutato e sono stato costretto a insistere, ossia a minacciare… Gli altri non lo conoscevano, la donna sì…»
Come c'era da aspettarsi, ci volle più di mezz'ora per mettere mano sul dossier, poiché l'ordine non era la qualità dominante di Maigret, nonostante la sua andatura placida.
«Leggi,… Tieni conto dell'esagerazione degli americani che vogliono dare al pubblico in proporzione al suo danaro… "La donna vampiro"… "La polacca fatale"… "Una capobanda di ventitré anni"…»
Si raccontavano con compiacimento le imprese della polacca, della quale si davano parecchie fotografie. Stefania Polintskaia, a diciotto anni, era già nota alla polizia di Varsavia. Verso quell'epoca, incontrò un uomo che, la sposò e si sforzò di raffrenare gli istinti malvagi. Essa ebbe un bambino da lui ma un giorno, tornando dal lavoro, l'uomo trovò il bambino sgozzato. Quanto alla donna, era fuggita col danaro e i pochi oggetti preziosi che c'erano in casa…
«Sai chi è quell'uomo?» chiese Maigret.
«Ozep?»
«Ecco il suo ritratto perfettamente somigliante. Questo prova che bisognerebbe conoscere a memoria gli archivi criminali di tutti i paesi del mondo Capisci, adesso? Stefania, che i suoi familiari chiamano Stan, terrorizza l'America. Come riesce a fuggire dalle carceri di quel paese, non lo so… Comunque si rifugia in Francia, dove ricomincia il corso delle sue imprese, senza cambiare per nulla i metodi, dopo essersi circondata, come laggiú, di alcuni bruti. Il marito viene a sapere dalla stampa che è a Parigi, che la polizia è sulla sua pista… Il suo destino è di salvarla ancora una volta? Non credo… Inclino piuttosto a credere che egli vorrebbe essere sicuro che l'odiosa assassina del suo bambino non sfuggirà al castigo… Per questo mi offre i suoi servigi… Non ha il coraggio di agire solo… Sì, un debole, un velleitario… vuole che sia la polizia ad agire col suo aiuto e sono stato io che, questo pomeriggio, l'ho in qualche maniera obbligato a compiere il suo gesto… In un tete à téte con la sua ex moglie, difatti, che poteva fare? Uccidere o essere ucciso, perché, vedendosi scoperta, quella donna non avrebbe certo esitato a sopprimere il solo uomo capace di denunciarla. Così, ha ucciso! E, vuoi che te lo dica, scommetto che lo troveremo in qualche angolo dell'albergo, forse ferito; dopo aver tentato due volte di uccidersi, mi stupirebbe che non se ne sia concessa una terza. Adesso, puoi tornare laggiú e dire al capo…»
«Inutile» fece la voce di quest'ultimo. «Stan l'Assassino si è impiccato in una camera del sesto piano, di cui aveva trovato la porta aperta…»
«Bel colpo!…»
«Poveraccio!» sospirò Maigret.
«Se ne dispiace?»
«Sì, perbacco… Tanto più che sono un po' responsabile della sua morte… Non so se sto diventando vecchio ma ci ho messo un bel po' a trovare la soluzione…»
«Quale soluzione?» domandò il direttore della Polizia Giudiziaria, con sguardo sospettoso.
«La soluzione di tutto il problema!» affermò Lucas, felice di intervenire.
«Il commissario ha appena ricostruito la storia in tutti i suoi particolari e, quando lei è entrato, annunciava che avremmo trovato Ozep in un angolo dove avrebbe tentato di suicidarsi…»
«E' vero, Maigret?»
«E' vero… Sa, a forza di porsi la stessa domanda… Credo di non essermi mai tanto arrabbiato in vita mia… Sentivo che la soluzione era lì, vicinissima, che bastava un niente… E voi mi ronzavate tutti intorno come delle grosse mosche a parlarmi di comparse che non mi interessavano… Finalmente! …» Tirò un gran sospiro, riempì la pipa, domandò i fiammiferi a Lucas, perché aveva consumato tutti i suoi durante il pomeriggio.
«Dica un po', capo! Sono le sette. Se andassimo tutti e tre a bere un bicchiere molto fresco?… A condizione che Lucas si tolga la parrucca e riprenda un aspetto presentabile…»
Erano seduti alla birreria Dauphine, quando il commissario si colpì la fronte. Aveva guardato il cameriere.
«E Janvier?» chiese.
«Che cosa?»
«Non lo abbiamo tolto dal suo posto di guardia!… Poveraccio!… Se penso che, mentre noi beviamo un quartino, lui è ancora condannato a servirlo!…