Peccato Mortale

Storico Erotico

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Red Rose

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel romanzo sono presenti scene esplicite di sesso, morte e violenza

è consigliata la lettura a un pubblico adulto, non impressionabile e consapevole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è solo una storia di fantasia con personaggi che non sono davvero esistiti  e non ha  nessuna pretesa a legarsi ad avvenimenti storici  precisi. Nomi, luoghi, situazioni di ogni tipo, all’interno di questa vicenda, sono totalmente inventati.

Qualsiasi coincidenza è frutto del caso e dell’istantanea ispirazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota storica

 

Siamo nel 1600,  epoca di grandi cambiamenti in Inghilterra, momento importante per tanti motivi. Si avvicina la rinascita dopo il medioevo portatore di oscurantismo e di fanatismo.  La Chiesa Cattolica però, attraverso lo spauracchio dell’ Inquisizione, continua a governare la morale della gente. Credenza comune è reputare peccati mortali tanti atteggiamenti diversi dalla consuetudine, come la sodomia tra i sessi e soprattutto fra i maschi, la nostra moderna omosessualità. Era uso comune mettere al rogo i sodomiti presi in flagranza di reato dopo un sommario processo, preceduto da terribili torture.

Sentirsi diversi, vivere diversamente l’amore, poteva essere motivo di e morte immediata. Si finiva accusati per direttissima del peccato mortale peggiore, quello di avere rapporti contro natura e di conseguenza essere posseduti dal maligno.

Ma il 1600 era anche periodo di forte esodo.

L’America  per gli abitanti dell’Europa è come la terra di frontiera per eccellenza, significava conquista di libertà e indipendenza… possibilità di nuova vita è grandi opportunità di ricominciare da capo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il desiderio è  quella voglia di sesso

senza inibizioni.

È essere avvolti dal piacere.

È tutto quello che un corpo vorrebbe sentire

provare.

Io parlo di piacere

parlo di contatto

Io parlo di sfiorare la pelle

e sentire i suoi brividi.

Il piacere è parte della vita.

Ma il desiderio a volte

diventa «appartenenza»

qualcosa di più profondo.

Diventa vero amore.

 

Red Rose

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si sente  peccatore

solo colui che  non conosce il piacere

e ne ha paura.

È innocente

solo chi accoglie a braccia aperte

la passione

e la fa sua.

 

Red Rose

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dedica

 

Alle anime tenute prigioniere dalle convenzioni.

Ieri come oggi

ogni essere senziente

desidera sempre e solo amare liberamente

senza doversi vergognare dei propri sentimenti e pulsioni.

 

A tutte le persone che  vorrebbero sentire

forti sensazioni proibite

senza paura

per tutti quelli che vogliono provare

sulla propria pelle

il piacere senza inibizioni

semplicemente

 

Red Rose

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Principe Richard

A.D 1600

 

La vasca era piena si oli essenziali provenienti dal Medioriente. Sulla superficie dell’acqua galleggiavano appena,  profumate scaglie di sapone di Marsiglia. La pelle che vi era immersa era curata ed esigente. Una pelle liscia come la seta ricoperta solo da una sottile peluria biondo platino quasi invisibile. Su  un cuscino morbido di cotone riposava una reale testa. Una testa biondissima adorna di capelli lisci come la seta.

Lui era il principe ereditario e tutti i privilegi gli erano concessi. Richard Winston  primo, diciannove anni, diretto discendente al trono di Arion, unico figlio maschio  del re di Regalia.

Era l’ora del giorno in cui si godeva il suo bagno tiepido. Stava arrivando l’estate e le giornate pian piano diventavano più calde e la pelle emetteva più sudori e di conseguenza cattivo odore. Il principe Richard amava essere sempre pulito e profumato.  Avvertiva con disappunto che lo stesso re molte volte puzzava e a lui i cattivi odori avevano sempre dato fastidio. Per avere sempre a disposizione un bel bagno rinfrescante aveva fatto impiantare una  capiente vasca di porcellana bianca al centro dell’enorme camera da letto. A dire il vero nemmeno le donne di coorte erano fissate come lui sulla pulizia e l’igiene.

Richard si stava rilassando.

Aveva gli occhi chiusi. L’acqua tiepida e il buon  profumo che arrivava al suo nobile naso lo fecero addormentare dolcemente.

 

Il fluttuare delicato dell’acqua, attraversata da un sottile raggio di sole… il profumo, il benessere diffuso su tutto il corpo… furono complici. 

 

Due mani forti sott’acqua lo toccarono. Sussultò giusto un secondo ma tenne gli occhi serrati. Lui era tornato. A dire il vero ci sperava con tutto il cuore.

Le mani percorsero delicatamente i piedi massaggiandoli un po’.

«Oh sì… oh sì…» Fece bisbigliando estasiato.

Poi toccò alle caviglie e alle cosce essere massaggiate. Erano mani forti, da uomo e non da donna come la convenzione avrebbe voluto. Lui sorrise con gli occhi chiusi. Era quello che voleva e sapeva per assurdo che era il suo sogno, sicuro e inviolabile… il suo peccato mortale preferito.

Le mani lo massaggiavano con determinata irruenza erano mani callose e forti. Mani da maschio.

 

«Oh sì… ti prego non fermarti chiunque tu sia!»

«Come vuole principino…» Fece una profonda voce maschile.

La voce provocò sottili brividi alla schiena e si concentrarono al centro delle gambe.

 

Quelle forti  mani percorsero i fianchi e cominciarono un lento ed eccitante massaggio.

Richard si morse le labbra. Sapeva che appena aperti gli occhi il sogno sarebbe svanito.

 

«Al centro … vai al centro delle mie gambe … obbedisci!» Era un sussurro ma sapeva che nel suo sogno non occorreva parlare ad alta voce.

 

Le mani ubbidienti andarono al basso ventre a pochi centimetri del suo membro che era duro e dritto.

 

«Afferralo!»

«Come desidera principino…»

Quella voce maschile procurò stavolta sulla pelle miriadi di brividi più intensi. 

 

 

Il misterioso uomo gli obbedì.

Richard gemette forte e rischiò di mordersi le labbra seriamente.

Una mano afferrato il suo gambo, duro e pulsante, e iniziò ad andare su e giù.

 

«Ahh … sì... sì… non ti fermare!» Riuscì a dire con un filo di voce «prendilo in bocca!»

«Obbedisco principino…»

«Perché mi chiami così? E’ irriverente sai?»

 

Ma non ebbe risposta. Sentì solo ridacchiare.

Sentì l’acqua aumentare di livello, quasi traboccare. Qualcosa di imponente si era completamente immerso dentro. Doveva essere qualcuno di possente, si sentì eccitato come  non mai. Ma sapeva che gli era proibito guardare il suo peccato mortale.

Sentì una bocca grande, carnosa, contornata di barba succhiargli la punta.

 

«Ah!» Stavolta l’urlo era stato potente.

 

La bocca si fermò solo un attimo. Richard allungò le mani e afferrò la testa del suo seduttore misterioso. Sentì che aveva tanti capelli e che questi erano lunghi lisci nonostante fosse immerso. Si chiese come riuscisse a respirare in quelle condizioni ma poi ricordando che era solo un conturbante sogno si rilassò spingendo la testa in modo che succhiasse più a fondo.

L’uomo misterioso fece il suo dovere lo prese tutto fino alla radice. Richard impazzì di piacere. Quella bocca succhiava in modo potente mentre le mani si davano da fare con i testicoli. Il misterioso lui le aveva afferrate e le palpava in modo lento e continuo. Era in estasi. Quella mano forte e callosa lo stava facendo impazzire. Con le donne era diverso loro volevano essere prese e solo poche maneggiavano in quel mondo tutto l’apparato del piacere. E poi non provava nulla a penetrare una vagina. Arrivava all’orgasmo solo perché stimolato meccanicamente. Il suo sogno, il suo peccato mortale era invece molto diverso. Desiderava in realtà che una maschio forte  e prepotente lo prendesse da dietro senza pietà. Sentiva il suo sedere pulsare voglioso ma non osava chiedere.

Richard ad un certo punto buttò la testa indietro e sentì arrivare l’orgasmo più forte che avesse mai avuto. Sentì il piacere spandersi dal basso ventre e prendere ogni singola parte del corpo. Rimase a vibrare per parecchi minuti. La bocca del misterioso maschio non si era staccata un solo secondo. Lui aveva preso  forse tutto il suo seme? Era ancora scosso dal piacere quando una voce forte lo scosse destandolo dal suo conturbante sogno.

 

«Principe Richard! Santo Dio! Sta bene?»

 

Richard aprì gli occhi ancora scosso dall’orgasmo che aveva avuto. Come previsto non c’era nessun eccitante maschio con lui nella vasca. E come per tutte altre volte, l’eccitazione  lasciò il posto allo smarrimento profondo e al pentimento. Allungò le mani verso il suo pene.

Mista all’acqua sicuramente c’era la sua eiaculazione. Il suo pene era ancora dritto che pulsava. Lo prese fra le mani per calmarlo.

Il maggiordomo lo fissava preoccupato. Era un uomo di circa sessant’anni. Era stato assegnato alla sua persona sin da quando verso i dieci anni aveva avuto dal padre i suoi appartamenti personali.

Richard si leccò le labbra secche e deglutì la gola era desiderosa di liquidi.

 

«Va tutto bene Albert, era solo un sogno… pensavo di cadere! Portami subito del sidro, ho sete!»

«Obbedisco Principe Richard!»

 

Il maggiordomo andò via solerte e lui chiuse gli occhi portando le mani al viso. Era sicuro che fosse stato un sogno ma le sensazioni erano state forti e maledettamente reali. Era posseduto dal diavolo, ormai lo aveva capito. Non provava il minimo interesse per le donne. Per la facciata aveva posseduto un paio di belle dame di corte compiacenti. Lui era bello, alto,  biondo e con dei grandi occhi azzurri. Le donne di ogni ceto sociale impazzivano per lui non solo perché era un principe ereditario. Le dame dicevano che a lui era stato dato tutto, bellezza e ricchezza. Richard invece avrebbe voluto urlare che la cazzo di natura, presunta attenta e generosa, si era però scordata di dargli il piacere per le donne. Le loro forme, il loro sesso e i loro seni di ogni misura non lo eccitavano minimamente. Era dannato, lo sentiva.

Strinse le labbra per non piangere. Era stato promesso ancora in fasce a una principessa di un regno vicino, il prossimo Natale il Papa in persona avrebbe unito la reale coppia. Il regno dei Winston,  quando sarebbe arrivato il momento, avrebbe avuto altre generazioni. Era stato tutto deciso. Tutto doveva procedere come progettato.

Dagli occhi chiusi uscirono le lacrime. Aveva visto la sua promessa sposa solo tre volte nella sua vita. Lei era carina, simpatica, educata e non era male. Elisabeth era alta e magra, castana con due occhi scuri molto intensi. Tutti dicevano che era bellissima e che tra loro due sarebbero nati eredi meravigliosi. Ma lui non provava niente immaginandola nuda sotto di se e  avrebbe fatto sesso per dovere, solo per quello e per mettere al mondo un erede. Erano altri i suoi gusti. Gusti dettati dalla sua malattia e dal demonio.

Portò un pugno alla bocca per non piangere rumorosamente. Il diavolo aveva deciso di torturalo per bene, forse sarebbe stato meglio andare subito da frate Clemente, un eremita di cui aveva tanto sentito parlare, uno che se lo credeva necessario riusciva a dire la sua nuda e cruda persino al Papa in persona. Secondo lui sarebbe stato fatto santo un giorno. Da lui doveva farsi liberare dal maligno. Frate Clemente era anche uno degli esorcisti più conosciuti del regno. C’erano tesi contrastanti su di lui.  Era un personaggio discusso, amato follemente o odiato ferocemente in base alla bocca che ne parlava, ma per Richard era un esempio di virtù. Aveva rinunciato a tutto per contemplare Dio e se doveva essere duro e severo lo era  con chiunque, prelati e nobili compresi. Aveva tanti nemici ma anche tanta gente devota che ne parlava come se fosse già santo e Richard era uno di questi.

Unico inconveniente lui non si spostava mai dai dintorni del suo eremo. Chi voleva conferire con lui andava a trovarlo nel posto isolato dove viveva fra stenti e privazioni, nemmeno il re o il Papa in persona erano mai riusciti a costringerlo a lasciare la sua misera dimora.

Richard aveva un peso sul petto diventato ormai troppo opprimente.

 

«Basta!» Disse ad alta voce.

 

Aprì gli occhi, il suo pene era finalmente a riposo dopo il potente orgasmo che aveva avuto. Si avvolse in una candida stola di lino ricamato. Prese il campanellino d’oro a sua disposizione per richiamare la servitù. Nemmeno tre secondi dopo  due giovani  paggi entrarono in stanza.Erano due gemelli molto carini con i quali era praticamente cresciuto. Miles e Manot.

Con Miles c’era un’intesa più intensa che con Manot.

Manot non lo guardava e non  gli sorrideva come faceva Miles. I suoi occhi rimanevano fissi su di lui molto più del consentito ma questo non aveva mai dato fastidio.

I due ragazzi lo aiutarono ad asciugarsi. Miles lo tamponava con calma usando tutte le mani a palmo aperto e lo fissava. Manot invece era più sommario e più veloce era come se non amasse quel compito. Miles porse l’unguento nutritivo che il principe usava sempre dopo ogni bagno. Quella sostanza al miele e avena era profumata e donava alla pelle una morbidezza incredibile. Era come se la facesse brillare. Erano i chimici di coorte che l’avevano inventata espressamente per il principe Richard. Richard passava la crema lungo le cosce, sul ventre e sul petto. Miles lo osservava come incantato. Erano tutti maschi e non avrebbero dovuto avere vergogna ma in Miles affiorava sempre un certo rossore, mente il principe a volte guardandolo intensamente lo fissava e si massaggiava l’interno coscia. La sua mano sfiorava il pene semi rigido e i testicoli ricoperti da una sottile peluria biondo platino. Miles deglutiva sempre come se si trattenesse da toccare e assaporare quella pelle. Ma sapeva che per lui l’erede al trono era e sarebbe stato sempre irraggiungibile, sia perché era un maschio e sia perché di rango nobile e lui no. I due ragazzi nonostante la presenza del gemello Manot e del maggiordomo Albert ogni tanto si osservavano in silenzio.

Richard dopo l’applicazione dell’unguento  nutritivo rimase nudo per il tempo necessario che servì per farsi vestire dai suoi paggi.

Miles continuò a fissarlo tutto senza perdersi un millimetro di pelle. Ad un certo punto le mani si sfiorarono. Richard accennò un sorriso ma si ricompose. Miles aveva sbarrato gli occhi solo per un istante ma come di consueto aveva tenuto la testa basta e fatto rigoroso silenzio.

Manot e Albert andarono in fondo la grande stanza  per prendere il mantello e la piccola corona di platino che lui indossava sempre. Con Miles si fissarono qualche secondo, approfittando di quella specie di solitudine fino a quando gli altri portarono quello che avevano preso.

Nella sua mente in preda al male pensò che qualche sera avrebbe potuto invitare Miles nelle sue stanze, giusto per avere un po’ di compagnia. Immaginandosi nudo nel letto con lui a toccarsi a baciarsi sul serio, senza immaginarlo più ma vivendolo, sentì il pene irrigidirsi. Si coprì velocemente. Era più forte di lui il diavolo, lo tentava in continuazione.

Ma le mani di Miles che lo sfioravano più del consentito davano terreno fertile a Lucifero.

Miles guardò la vasca e poi lui, come a volergli trasmettere i suoi pensieri.

Il paggio però non sapeva che già da tempo, nei suoi sogni dettati dal maligno, Richard desiderava che  proprio lui entrasse nella sala da bagno da solo. Che lo spogliasse  del telo e si inginocchiasse a lui chiedendo di potergli fare un servizio speciale. Richard nel suo perverso sogno accarezzava in folti capelli scuri e lo avvicinava al suo membro già duro e umido in punta. E sempre nel sogno governato da Lucifero, la bocca e la lingua del servo lo facevano impazzire di piacere. E che immaginava la carnosa bocca del paggio che lo succhiava forte e voglioso. Poi immaginava Miles alzarsi, farlo girare  e piegare sul letto. Voleva essere lui posseduto, sentiva che era da sottomesso il suo posto nonostante fosse un nobile. E in Miles leggeva una nascosta prepotenza che l’avrebbe fatto godere senza esclusione di colpi.

Poteva pure immaginare la sensazione del pene del paggio eccitato per bene dentro al suo sedere. Si immaginò venire rumorosamente prima con la mano e poi con la bocca del paggio. I suoi pensieri furono interrotti dal maggiordomo che si avvicinava e che aveva in mano una vassoio con su una caraffa d’argento con bicchiere di cristallo finissimo. L’intesa fra lui e Miles fu spezzata. Il maggiordomo portò al principe il suo nuovo vestito appena confezionato. Miles e Manot si inchinarono e si avviarono. Il giovane servo prima di uscire lo guardò intensamente e poi senza dire niente con una vena malinconica negli occhi andò via.

 

Richard  cercò di concentrarsi e si guardò allo specchio. Questa volta i suoi sarti si erano superati. Una serva portò  dei morbidi sandali che avrebbe indossato alla fine. Quelle pregiate calzature fatte su misura erano provenienti da una bottega molto rinomata della Francia.

Vestito riccamente e profumato di oli essenziali speziati provenienti dal Medioriente chiese udienza al padre re Riccardo secondo. Nel corridoio vide svolazzare delle mosche attirate dalla frescura dei luoghi. Conoscendo la repulsione del principe Richard agli insetti di ogni tipo e grandezza Albert, il solerte maggiordomo, si permise a superarlo e a cacciare le moleste mosche con una speciale bacchetta.

Richard sospirò, quelle mosche sicuramente erano attirate anche da certi odori umani. I servi in generale che non usavano abbastanza acqua per nettarsi. Una volta re avrebbe obbligato tutti nel suo castello a fare un bagno almeno un paio di volte alla settimana. Almeno nel posto dove viveva voleva attorno a se gente che profumava di pulito.

Pensò al suo viaggio e quasi perse slancio, ma rifletté anche che, lungo il cammino, avrebbe potuto trovare locande decenti dove lavarsi. Ma si scosse da quelle incertezze, liberarsi dal maligno in quel momento era molto più necessario dell’igiene personale a cui teneva tanto.

 

 

Re Riccardo era la versione  attempata del principe Richard. Erano entrambi considerati uomini bellissimi. Entrambi biondi e con gli occhi chiari erano molto corteggiati sia per lo status e la ricchezza sia per l’aspetto. Ma, mentre il re aveva molte cortigiane compiacenti che spesso allietavano le sue notti, Richard subiva tutte quelle donne che volevano essere possedute da lui.

La regina Margaret D’Agosia, madre di Richard e consorte del re, era invece bruna e molto altera. Era una bella donna, ma da tempo molto fredda con il marito. Il re non  si comportava diversamente con lei.  Un po’ tutti dicevano in giro che anche lei avesse i suoi amanti. Ma a coorte tra nobili erano quasi pettegolezzi scontati. Navigando nel lusso e negli agi ricadevano un po’ tutti nella noia e dunque cercavano diversivi di ogni sorta. Avere nel proprio nobile talamo sempre corpi diversi con cui sollazzarsi era un po’ la prassi.

Margaret era molto assente alla vita di corte.

Richard per primo l’aveva avuta presente nella sua vita pochissimo. Lei era gentile quando lo vedeva e gli sorrideva sempre, ma non l’aveva mai abbracciato come invece lui aveva sempre fatto con la sorella.

La regina fredda e distaccata da tutto e da tutti. Praticamente con il suo re consorte si incontravano nelle manifestazioni religiose o ufficiali. All’interno dell’immenso castello ognuno aveva i propri appartamenti dove condurre indisturbate le loro vite. Probabilmente, come prassi, si erano uniti tra loro forzatamente in matrimonio solo per generare una stirpe di sangue puro e reale, per l’appunto lui e la sorella Virginia di tre anni più piccola. Un po’ il destino che tra poco sarebbe toccato al giovane principe.

 

Richard si inchinò al cospetto del padre,  i due reali si avviarono verso il salotto privato.

Il re lo fissò e gli fece segno di sedersi di fronte a lui.

 

«Cosa ti necessita figlio mio!»

Richard si prese qualche secondo ma sapeva che al re non piacevano i giri di parole e le attese, decise si andare dritto al sodo.

«Padre… vorrei affrontare un viaggio, chiedo il permesso di allontanarmi dal regno per qualche settimana!»

Il re lo guardò sorpreso.

«Motivo?»

Lui ci pensava da mesi a quale scusa potesse dire. Provò, doveva liberarsi dalla sua maledizione. Aveva pensato a mille bugie ma si sa che Lucifero prolifica con le menzogne. Ma non poteva nemmeno dire i suoi veri drammi. Si vergognava profondamente e poi temeva che il re non lo avrebbe più fatto circondare da maschi, da Miles in particolare. Deglutì aveva cercato una decente via di mezzo, per salvare la faccia e altro.

 

«Padre… a Natale mi sposerò… io… che Dio mi perdoni…io … non sono convinto e voglio andare a confessarmi con  frate Clemente … ne sento una terribile esigenza. Ve ne prego padre non ditemi di no!»

Ma il re  dopo qualche secondo rise fragorosamente, spiazzandolo completamente. Gli fece segno di no con la testa.

 

«E proprio con quel pazzo che litiga persino con il Papa devi farlo figlio mio?» Il re rideva divertito.  Questo irritò Richard ma lo tenne per se.

«Sì padre… ho ascoltato molte straordinarie e toccanti testimonianze sul suo conto! È davvero un uomo santo che ha rinunciato a tutto per amor di Dio. È lontano dalle tentazioni per scelta e per questo puro di corpo e spirito. Padre… io  sono in crisi ho bisogno di parlare con  lui… per favore concedetemi questo allontanamento!»

Il re sempre divertito come se si trattasse di un capriccio di un bambino lo fissò un attimo e poi disse la sua.

«E di cosa ti preoccupi figlio mio? La stai prendendo troppo seriamente! E’ normale è successo anche a me… ma  poi ho capito come funzionava. Io però non avevo un padre a cui avrei potuto dire queste cose… re Arnald che Dio l’abbia in gloria era un mezzo prete e mi avrebbe preso a cinghiate. Era molto religioso e dedito ai Vangeli. Ma tu hai me, che per fortuna sono diverso… stai tranquillo, nel tuo castello potrai prendere tutta la compagnia che davvero desideri! Ora va e non pensare più a nulla!»

 

Richard spiazzato lo guardò smarrito, lui non poteva certo dire che avrebbe ospitato volentieri solo maschi nel suo letto… era peccato mortale la sodomia  lo sapeva bene, conosceva la Bibbia e i Vangeli. Sospirò avvilito, lui   doveva partire era un’esigenza vitale, c’era la sua anima in gioco. Sul lato religioso aveva ereditato evidentemente le peculiarità religiose del nonno.

«Padre… capisco le libertà concesse a noi nobili… ma ve ne prego… posso partire lo stesso? Ho bisogno di fare questo ritiro spirituale… per favore!»

Si rese conto di parlare strozzato con un nodo in gola.

Il re lo fissò, stavolta però non rise.

«Dimmi Richard, caro.. oltre la paura da matrimonio c’è altro?»

Richard deglutì.

«Ho solo bisogno di confessarmi e di allontanarmi dal regno. Solo due settimane padre… poi potrò affrontare l’imminente matrimonio come si deve!»

Il re rifletté un attimo.

«Ci sono disordini di varia natura nel regno, alcuni sbandati fomentano la rivolta e  da un po’ questi bifolchi si sono trasformati in  predoni, dovrei darti una buona scorta ma questa alle volte è pure controproducente… da nell’occhio molto più di un carro di contadini. Se poi sapessero che a bordo c’è niente di meno che un principe ereditario… sarebbe la fine! Non posso rischiare figlio mio, il malcontento aizzato dai miei nemici sta dilagando nei regni vicini. Questo induce le persone ad arraffare ogni cosa possibile… tutti derubano tutti di ogni cosa!»

A Richard però non importava nulla,  sentì gli occhi diventare lucidi doveva liberarsi da quella maledizione e ammirare le donne come si doveva.

 

«Padre… potrei andare vestito da povero contadino, accompagnato solo da un soldato anch’esso vestito modestamente… in groppa a cavalli di terz’ordine. Ho bisogno di vedere frate Clemente, per favore!»

 

Il re indurì lo sguardo. Sentiva che c’era di più. Era convinto a quel punto che suo figlio non voleva aprirsi per qualcosa di più profondo. Di quel passo non avrebbe saputo nulla sul vero motivo. Era stato ragazzo anche lui e poteva essere di tutto. Non era tipo da negare qualcosa ai figli. Soprattutto con il suo unico erede era stato sempre generoso e permissivo.

Poi ebbe un lampo di genio. Sorrise complice.

 

«C’è un’altra pulzella nel tuo cuore, oltre la tua promessa, giusto? Va bene non dirmelo, ma se è così alzati e dimmi  solo quando vorresti partire. Comunque sempre riferendomi al discorso di prima… ti congederò di portare con te le cortigiane e la servitù che desideri… vuoi partire lo stesso?»

Richard lo guardò sbattendo le palpebre. Il suo cuore fece un balzo.  Ora o mai più. Si alzò di scatto.

 

«Padre… vorrei partire domani all’alba. Grazie per la sua regale comprensione! Non informerò nemmeno la regina… non è il caso!»

 

Il re sospirò sconfitto. Non se la beveva del tutto. Chissà se il suo erede stava dicendo tutta la verità. Qualsiasi cosa però  era meglio che se ne liberasse subito.  Provò l’ultima carta a disposizione.

 

«Parlerò io con la regina… ma sono cose tra maschi e lei non avrebbe comunque titolo per discutere con te.»

Il re poi fece una smorfia con la bocca.

«Però dico io… diamine, non potresti confessarti con il nostro vescovo? Lui verrebbe a coorte senza problemi… invece che fare un simile viaggio!»

«No padre… mi creda… solo frate Clemente mi darà la pace che desidero… per favore!»

 

A quel punto re Riccardo si preoccupò, ma lo nascose. Rifletté qualche secondo osservando il volto del figlio che sembrava sconvolto. Decise,  lo avrebbe accontentato e mandato a fare quel viaggio  cui teneva tanto… ma avrebbe rafforzato al massimo la sorveglianza impiegando tutti i soldati disponibili, cercando di   coprire  tutto il lungo tragitto che doveva affrontare il figlio.

 

«E sia, ti metterò al fianco il miglior guerriero di cui dispone il regno. Farò scendere  in campo molti più soldati.  Ti congedo due settimane esatte, poi dovrai essere sgombro da pensieri e reticenze… ti aspetta un’esistenza privilegiata e onorevole, non voglio più sentire lamentele e desideri di evasione, intesi? Indosserai vesti semplici ma avranno un ricamo speciale cucito dentro, così se dovessi avere problemi con qualche ministro della legge o religioso potrai dimostrare che sei nobile e riferiti subito a me… e  non sarà difficile farlo con la tua cultura e finezza reale insita nelle tue vene.»

Il re lo guardò un attimo vide che sembrava più sollevato e proseguì. Ci provò un ultima volta.

«Comunque per ribadire, dopo sposato, nel tuo castello, potrai gestire la tua vita come meglio vorrai e toglierti tutte le soddisfazioni che credi.»

Richard lo fissò silenzioso e il re si arrese a quel capriccio.

«E sia! Appena sarà il momento abdicherò lasciandoti governare il mio immenso e ricco regno. Ora va e liberati delle tue ansie. Avrei preferito che le tare religiose di tuo nonno non venissero tramandate a te! Ma così vuole il Signore Iddio si vede!»

Richard deglutì, se solo avesse  saputo come il diavolo lo insidiava per primo lui  lo avrebbe mandato in ritiro. Sospirò sollevato,  emozionato e grato si inchinò al suo re.

 

«Grazie Padre!» E si avviò.

«Vai figlio mio e risolvi tutti i tuoi dubbi!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cavaliere Gerard

 

Disteso, sudato, nudo sopra il fieno essiccato, Gerard a occhi chiusi si fece cullare da  quelle belle sensazioni. Quelle mani sottili stavano trasmettendo piacevoli brividi. Erano sensazioni eccitanti lungo tutta la sua pelle. Le temperature di quel giugno permettevano ai due amanti di stare nudi dentro un enorme fienile.

Una mano delicata gli carezzò il grande petto muscoloso pieno di peluria scura.  Due dita insolenti pizzicarono i suoi capezzoli. Poi sentì una lingua che conosceva bene leccarne delicatamente i contorni. Dopo la lingua fu la volta di due turgide labbra. Gerard gemette, ora i denti avevano catturato il suo capezzolo e lo sollevarono senza però farlo male… ma la sensazione era forte lo stesso. Una mano scese all’ombelico e poi a sfiorare l’inguine. Gerard ne aveva abbastanza, il suo membro scuro e duro come la roccia chiedeva di poter esplorare quel delizioso culetto.

Aprì gli occhi e osservò il volto lentigginoso del ragazzo che aveva di fronte.

Michael aveva solo diciassette anni ma era molto esperto in fatto di sesso, e si vendeva per qualche moneta ai soldati e ai cavalieri e agli uomini che volevano provare qualcosa di diverso. Il ragazzo chiamato da molti “il Rosso” era magro, alto, ma benfatto con folti capelli ricci e rossi come il fuoco, lo chiamavano anche il diavolo del fienile. Ma tutto succedeva sotto voce perché se l’avesse saputo suo padre o peggio ancora il parroco del paese l’avrebbero messo al rogo immediatamente. Le unioni contro natura come diceva padre Costantino, il parroco del paese, erano punite con il massimo della pena nella sua parrocchia, senza  possibilità di appello.

Gerard era alto quasi due metri, era forte e muscoloso, aveva venticinque anni e era un cavaliere tra i più valorosi del regno, un ottimo combattente. Nessuno avrebbe mai sospettato che a lui non piacessero per nulla le ragazze, e che amasse piuttosto il corpo maschile su ogni cosa e che pagasse regolarmente Michael, già da parecchi mesi, per avere un rapporto completo con lui  nel fienile.

Gerard eccitato e con il membro duro come la roccia prese il ragazzo dalle braccia e lo spinse sotto di se. Il giovane con la sua vocina effemminata e sottile gemette.

 

«Oh sì prendimi bel cavaliere… svuota il tuo forte uccello dentro di me!»

 

Quelle parole lo fecero ridere ma lo eccitarono come un animale. Gerard che per evitare di fargli male sputò sulle punte di tre dita e li ficcò dentro l’ano del ragazzo senza tanti complimenti. Michael gridò ma era tranquillo perché il fienile era in aperta campagna e lontano dalle case. Erano chiusi dentro con un a bella sbranca di ferro e nel caso avrebbero avuto tutto il tempo per vestirsi e sparire fra le enormi balle di fieno per poi fuggire al momento opportuno. Michael aveva fatto di quel luogo  la sua alcova sicura.

Gerard entrò dentro al ragazzo e cominciò a spingere senza sosta. Michael gli afferrò i pelosi glutei aiutandolo a entrare tutto senza remissioni. Gerard pericolosamente vicino all’orgasmo si fermò un  attimo. Uscì e fece mettere il ragazzo di spalle, lavorò il suo buco un po’  per far calmare l’arnese infernale che aveva tra le gambe. Appena il pericolo di venire subito si fu allontanato penetrò di nuovo di impeto il rosso che aveva tra le mani. Al contrario di lui la pelle di Michael era bianca da far paura e piena zeppa di lentiggini. Spinse con vigore afferrando il giovane per i capelli. Michael lo incitò rischiando di farsi strappare il cuoio capelluto.

 

«Scopami a sangue cavaliere… scopami senza sosta!»

 

Gerard spinse e dovette rifermarsi, quel ragazzino era terribilmente stretto nonostante vendesse il culo a tutti gli uomini che pagavano.

 

«Riempimi di seme guerriero… poi mi prendi di nuovo… e questa te la regalo, promesso mi piaci troppo soldato!» Fece provocante Michael. Con lui era sempre generoso e gli faceva fare tutto quello che voleva senza pagare monete extra. Per il soldato aveva una vera e propria venerazione.

 

 

Gerard sentì montare dentro di se l’istinto animale più pericoloso che possedesse.

Ritornò a stantuffare senza sosta e arrivò al punto di non ritorno, lo inondò come richiesto del suo seme.

Gemette forte e con lui anche il piccolo diavolo dai capelli rossi. Gerard si addossò a lui e con una grossa mano afferrò il pene del ragazzo. Constatò che era durissimo anche lui.

 

«Tu fai un regalo a me e io lo faccio a te.» Disse ritirando la mano sputandoci sopra e tornando a smanettare senza sosta il membro del rosso.

 

Michael gridò e si morse le labbra fino a farle sanguinare quasi, venne e il suo liquido color panna finì tra gli steli secchi del fieno.

 

«Cavaliere… ti amo diavolaccio… sì… sì… oh mamma che bello! Sei il mio cliente preferito mio guerriero!»

 

Nessuno dei suoi clienti di solito lo faceva mai venire, pensavano tutti a svuotargli l’uccello nel sedere e poi se ne andavano gettando due tre monete fra l’erba. Lui poi ripensando all’amplesso si masturbava e veniva per conto suo. Il cavaliere Gerard era l’unico che lo faceva godere. E lui per ciò gli faceva ogni tipo di concessione possibile. Anche farsi legare con le corde e farsi bendare. Michael era passivo al cento per cento mentre Gerard era un attivo allo stesso livello, perfetti per godere l’uno dell’altro consensualmente.

Gerard si addossò al ragazzo che cadde pancia in giù. Uniti frementi e ancora eccitati rimasero incastrati finché il grosso pene di Gerard abbassò la guardia.

Michael per il suo cliente speciale cominciava a provare sentimenti diversi dal semplice piacere. Ma sapeva che lui non voleva legami di nessun tipo e che era improbabile che si legasse a un ragazzo che di mestiere vendeva il sedere. Per scacciare l’angoscia di un amore non corrisposto e quei logoranti pensieri, cercava di abituarsi al fatto che lo avrebbe avuto solo come cliente. Anche se questo con il passare del tempo cominciava a non bastargli più.

Gerard uscì e si pulì con i panni di vecchio cotone che Michael metteva a disposizione dei clienti insieme a un catino di acqua fresca del fiume vicino.

Il cavaliere che era tutto sudato e pieno di fili di paglia un po’ dappertutto si alzò e si diede una rinfrescata. Michael lo ammirò da dietro. Sembrava un dio greco. Le spalle larghe, le braccia muscolose, la vita stretta e il sedere più bello e tondo che avesse mai visto.

Gerard come a volerlo stuzzicare si buttò addosso tutta l’acqua del secchio. Michael lo fissò incantato. Le gocce scendevano lente e suadenti lungo il  peloso corpo scolpito. In quel momento desiderò essere quell’acqua che lenta e inesorabile l’aveva bagnato. Gerard scosse la testa  e i lunghi capelli neri come la notte sparpagliarono bel po’ di gocce d’acqua che finirono addosso al rosso.

Il giovane rise.

 

«Mi hai bagnato tutto… ancora!»

Si guardarono e si sorrisero per l’allusione.

«Penso che ti piaccia no?»

 

Michael si alzò. Il clima caldo di metà giugno e un sottile venticello asciugarono il bel corpo di Gerard in un attimo. Michael gli porse le vesti.

Ma prima di ciò, la sua mano, si posò sul pene a riposo di Gerard.

 

«Ti ho soddisfatto mio cavaliere?»

Gerard per evitare un’altra erezione scostò la mano.

«Pienamente Rosso. Alla prossima culetto lentigginoso.»

«Prossima quando?» Chiese tradendo un po’ d’ansia.

Gerard lo fissò e divenne serio.

«Non ti legare a me Rosso. Io sono uno spirito libero e mi piace gustare culetti diversi in giro… e poi il mio capo battaglione mi vuole vedere prima che il sole tramonti, pare che debba scortare un nobile per un bel po’ di giorni. Starò via… e odio sapere che qualcuno mi sta aspettando!»

 

Michael finse di essere divertito.

«Legarmi io? Ma che cavolo dici cavaliere… era solo che tu paghi bene e mi fai pure godere, cosa chiedere di meglio!»

 

Gerard non gli credette ma poco importava. Pensò in quel preciso istante che non sarebbe più andato dal Rosso per il sesso. Era meglio cambiare sederino. Odiava quando qualcuno si legava a lui, e se quel qualcuno era una puttana con il pisello.

Gerard si rivestì. Michael andò per baciarlo sulle labbra per  salutarlo ma lui lo fermò con la mano sul petto ossuto e lentigginoso.

 

«Non occorre, hai già avuto abbastanza da me… mi pare!»

Il sorriso del ragazzo si spense, lo vide deglutire e quasi impallidire. I sospetti di Gerard furono confermati. Era fatta, purtroppo!

Pensò che facendo lo stronzo lo avrebbe scoraggiato totalmente. Invece si rese conto che le cose erano messe male e che cambiare servo del sesso era a quel punto la cosa più saggia.

 

«Come vuoi mio cavaliere… attenderò con ansia il tuo ritorno! Ma non trattarmi male pero!»

Fece piano. Di solito era sfrontato e aggressivo con chi lo feriva, ma con il suo soldato era tutta un’altra cosa.

Gerard sospirò preoccupato.

«Non mi piace trattarti male… ma da me non potrai mai avere nulla, ficcatelo in testa intesi? Piuttosto Rosso vedi di stare in guardia. Sappi che rafforzeranno i controlli contro la sodomia e altri reati contro la morale, il re è stanco delle scorribande e tra poco promulgherà degli editti specifici… io non ti ho detto niente ma se fossi in te starei attento ed eviterei di succhiare l’uccello ai preti con annessi e connessi… comprendi?»

Michael si morse le labbra e fece di sì con la testa, ma non l’avrebbe ascoltato quel consiglio, erano proprio loro che per mantenere il segreto pagavano il doppio rispetto agli altri. Specialmente i giovani preti donavano anche  cibo e vestiti per potergli sborrare nel culo liberamente.

 

Gerard anche se non era tenuto aveva fatto la sua parte, era stato il suo addio speciale. Quel passatempo giovane e indiavolato gli sarebbe mancato ma non poteva rischiare che il Rosso si innamorasse di lui. Lo fissò accennò un saluto lo guardò per l’ultima volta e uscì per sempre da quel fienile.

 

Appena il suo cliente preferito uscì fuori Michael cadde in ginocchio sul fieno. Si portò le mani in viso e pianse a dirotto. Sapeva, sentiva nelle ossa, che quella era stata per loro l’ultima volta. Lo aveva capito dallo sguardo e dal suo sottile sesto senso che l’aveva sempre caratterizzato.

Il soldato aveva paura che si legasse a lui.

Era troppo tardi, però,  si era già perdutamente innamorato. Dopo essersi sfogato strinse i pungi tornando in piedi. Usò l’ultima piccola quantità d’acqua per sciacquarsi il viso rigato di lacrime. Piuttosto avrebbe chiuso con la prostituzione nel fienile, gli  avrebbe dato fuoco se necessario  e sarebbe andato a cercare il suo soldato ovunque nel mondo, questo era poco ma sicuro.

 

L’incarico

 

 

Il soldato Gerard Parrot in alta uniforme si presentò in orario di fronte al suo comandante Jonathan Bredy, pluridecorato capo esercito del reame di  Regalia.

 

«Bene soldato Parrot… ti ho convocato qui in segreto perché come accennato dovrai scortare un personaggio davvero importante.»

«Ai suoi comandi comandante!» Fece serio Gerard.

«Il tuo speciale protetto deve recarsi nella regione di Lancaster… lì dovrà restare qualche giorno, vedere un frate eremita e poi lo scorterai di nuovo fin qui.»

«Bene Signore!»

Jonathan prese a camminare avanti e indietro con le braccia conserte dietro la schiena.

«Come sai il periodo di disordini preoccupa tutta la nobiltà… la zona poi è piena di predoni di ogni genere e se vedessero viaggiare un nobile e un soldato reale li attaccherebbero senza pietà. Non basterebbe un esercito a combattere quella gentaglia. Appena scorgono monete  e attrezzature caricano a testa bassa chiunque. Allora tu e il nobile vestirete di poveri panni contrassegnati però di sigle reali uniche. Questa precauzione chiarirà  ad un eventuale giurista o ministro della chiesa la vostra nobile origine. Prenderete due cavalli giovani ma di scarso valore come ogni contadino normale.  Avrete una sacca visibile con qualche valore dentro, mentre quella piena di monete d’argento  starà sotto la cotta di metallo che indosserete. Questa protezione sarà la vostra garanzia di sopravvivenza. Indosserete  quest’armatura sottile sotto le vesti. Vi manterrete nelle strade principali e non farete nessuna deviazione per nessun motivo. La strada per Lancaster è abbastanza lineare e piena di locande e dormitori pubblici scegliete quelli di medio valore. Tu non ti separerai mai dal tuo protetto e sotto le vesti avrai due coltelli affilati. Il re comunque sta predisponendo più uomini armati lungo le strade. Hai capito tutto soldato Parrot?»

 

Gerard era nato per combattere ma anche per proteggere personalità eccellenti all’occorrenza.

Si batté forte il pugno  sul petto.

«Ho compreso tutto signore!»

Il comandante lo fissò.

«Bene! Soldato Parrot il tuo è un compito è speciale e cruciale per la tua carriera di soldato. Il re in persona ti premierà appena concluso tutto.»

«Il re, signore? Deve essere davvero importante il nobile allora. Sarò all’altezza.»

Jonathan si schiarì la voce.

«Tu scorterai il principe erede al trono… è l’incarico che ogni giovane e valoroso soldato vorrebbe avere. Sei sotto esame soldato, supera questa e entrerai di diritto tra le guardie scelte per la difesa del  re in persona!»

Gerard sentì il suo cuore fare un tuffo. Quello era sempre stato il suo sogno da bambino. E poi aveva visto di sfuggita il principe un paio di volte in passato  ed era veramente bello, addirittura più di re Richard secondo, detto “il bello.” Sarebbe stato un viaggio piacevole.

 

«Sarò all’altezza comandante!»

Jonathan  poggiò una mano sulla forte spalla.

«Lo so, ed è per questo che ho scelto te tra tutti. Ti sei distinto per forza e coraggio, sei i migliore che io abbia mai visto sul campo di battaglia… fatti onore soldato e scorta il principe nel suo pellegrinaggio e poi a casa sano e salvo.»

«Sarà fatto comandante!» Fece emozionato. E pensando pure a quale bel gioiellino avrebbe dovuto scortare per giorni, sorrise e gonfiò il possente petto pieno di coraggio e orgoglio.

 

 

La partenza

Quando Richard indossò quelle povere vesti anche se perfettamente pulite e integre si sentì strano. Ma ormai c’era dentro fino al collo e non poteva mollare, anche quella darebbe un’esperienza da ricordare. E un giorno ne avrebbe riso con la sua sposa e i suoi figli. Almeno ci sperò di tornare libero dalla maledizione e attratto come giusto dalle donne. Si osservò allo specchio sbuffando.

Aveva sempre portato indosso pregiate stoffe ricamate fin dalla nascita, senza corona e gioielli era in quel momento una persona qualunque. Ecco come viveva un popolano, si disse. Ecco cosa si provava ad essere abbigliato semplicemente. E dovette ammettere che nonostante l’essenzialità erano vesti davvero comode. Forse quell’ esperienza avrebbe regalato davvero sensazioni e emozioni irripetibili per lui. Per quindici giorni avrebbe vissuto come un normale viaggiatore povero. Respirò più sicuro, sì si disse sarebbe stata una bella esperienza. Avrebbe potuto mangiare e lavarsi e dormire nelle varie locande lungo la strada. Allargò un bel sorriso sul viso. Sarebbe stata la sua gita speciale. Forse l’unica della sua vita.

Mente si ammirava nella nuova momentanea visione entrò nelle sue stanze  la sorella Virginia. Lei bellissima e bionda platino come lui, lo osservò ridendo. Si somigliavano molto loro due e si volevano bene, nonostante si vedessero pochissimo negli ultimi anni. Da bambini erano sempre tra loro, soli,  al massimo insieme alle tate e agli istitutori. Per loro era proibito mescolarsi ai bambini del regno.  Le lunghe serate invernali le avevano passate a giocare in mille modi. Sei erano tenuti compagnia a vicenda. Poi crescendo ognuno aveva avuto le proprie camere i propri servi e i propri impegni. La principessa Virginia aveva coltivato l’arte dello scrivere poesie, il canto, il pianoforte e il disegno, mentre Richard come erede al trono aveva imparato le leggi del regno e le arti militari almeno sulla carta.

«Dove vai fratello mio? Caro erede al trono? In una festa in maschera?»

Richard le sorrise  e l’accolse fra le braccia.

«Sì … no in realtà… devo viaggiare e nostro padre il re vuole farmi attraversare indenne il tragitto!»

Virginia lo guardò preoccupata. Richard si scansò disgustato sulla spalla la sorella aveva un piccolo ragno.

Virginia lo scacciò facendo schioccare pollice e indice. Lei non era terrorizzata dagli insetti come il fratello.

Lei lo fissò scuotendo la testa.

«Fratello mio come farai la fuori? E’ pieno di insetti credimi… voglio proprio vedere come reagirai quando ti accerchieranno!» Lei rise ma Richard la fissò un po’ preoccupato.

«Porterò delle retine per la notte e ho delle pomate alla citronella. So benissimo a cosa vado incontro. Io devo fare questo viaggio!» Fece sulle sue.

«Io mi preoccuperei più per quelli grossi… esseri ripugnanti a due zampe! Ho saputo che è piena di predoni la fuori… devi proprio partire fratello mio?»

Lui la guardò deciso.

«Sì. Devo Virginia mia… devo fare questo viaggio.»

«Dove vai?»

Richard si era sempre confidato con la sorella, in fondo era sempre stata l’unica amica e l’unica compagnia concessa.

«Devo vedere frate Clemente . Ti prego non chiedermi perché!» La fissò speranzoso, pregando che la sorella non scavasse ulteriormente.

Ma non aveva fatto i conti con l’intelligenza e lo spirito di osservazione della giovane principessa.

«Sei smarrito da un po’ in effetti. Hai delle ansie, si vede! Se io ti dico il mio segreto tu mi dici il tuo?»

Richard la fissò stupito, fece di no con la testa.

«Non attacca sorellina… non posso dirtelo, è privato.»

Virginia lo fissò storcendo la bocca, ma non era una che mollava facilmente.

«Ok fratello riservato… comincio io… poi, se vuoi, mi dirai il tuo. Vedi? Io mi fido… tu no!»

Richard la guardò divertito.

«La smetti? Tu non hai un cavolo di segreto, ci scommetto… stai sempre lì a  scrivere poesie a disegnare con Manot e a suonare al piano forte sempre con lui… fai la vita di una suora. Il che ti porterà al tuo sposo illibata e pura come si conviene.» Fece lui soddisfatto pensando di averla spiazzata. Ma lei  lo guardò alzando le biondissime sopracciglia , e andò a chiudere la porta della stanza e gli si avvicinò.

«Fratellino sei sicuro di volere scommettere?»

Lui la fissò contrariato.

«Ok sentiamo, se quello che dici mi stupisce ti dirò il vero motivo della mia partenza… ma attenta mi accorgo quando dici bugie!»

Lei si accostò al suo orecchio.

«Ho perso la verginità qualche settimana fa!»

Richard la fissò incredulo.

«Sei impazzita? Non devi inventare cose così gravi, ricordati che sei promessa e dopo il mio matrimonio c’è il tuo!»

Lei sorrise sicura.

«Il principe Philip non si accorgerebbe che sono stata sverginata nemmeno se facessi la cortigiana di professione… lui è il vero allocco, cresciuto dalla madre come un monaco.»

Richard la fissò incredulo, davanti a se aveva una donna smaliziata e non la sua sorellina minore.

«Spero per te che sia una bugia, ma non mi fido lo stesso di quello che dici e dunque il mio segreto resta tale!»

La principessa sbuffò divertita.

«Voi maschi non siete tanto svegli a capire certe cose, con tutto il rispetto fratello erede al trono.» Lo canzonò lei.

Richard fece per andare via infastidito ma lei lo prese per un braccio.

«Fratello… dunque non mi chiedi chi è stato il mio primo ragazzo?»

Richard buttò gli occhi al cielo.

«Avanti… chi è il fortunato o sfortunato? Continuiamo con la farsa, tanto non te lo dico perché vado via!»

Lei si prese qualche secondo.

«Manot... uno dei tuoi paggi.»

Richard la fissò incredulo.

«Cavolate sorella!»

Fu lei stavolta a indispettirsi.

«Perché non mi credi?»

«Non ti credo e basta, ora lasciami in pace e vedi di tenere a freno la fantasia ora sei donna e devi stare attenta a ciò che dici.»

Lei con gli occhi lucidi lo afferrò con tutte e due le mani.

«Qualche giorno fa il colto, educato e sofisticato Manot si è infilato nel mio letto e mi ha fatta sua. È stato bellissimo in fondo lo conosco da anni… mi è sempre piaciuto. E poi guarda qui.» Fece lei scostando i capelli. C’era un livido viola sotto l’orecchio.

«E’ un bacio troppo vorace. Si è creato il livido.»

Richard fece un passo indietro in ogni senso.  Ridacchiò per un po’.

Lei aspettò che si sfogasse.

«Dunque ti ho stupito?»

Lui dovette ammettere di sì. Fece cenno con il capo.

«Allora? Dimmi ora perché vai così lontano a parlare con  quel frate? Qui per caso non abbiamo parroci?»

Richard non era scemo e usò la stessa scusa detta al padre.

«Ho paura del matrimonio… tra sei mesi dovrò affrontare una nuova vita… vado per trovare un po’ di pace e equilibrio. Sarà il mio ritiro spirituale!»

Virginia lo fissò bene.

«Non mi prendere in giro, fino le mosche sanno che potrai avere tutte le cortigiane che vorrai e palesemente, per giunta. Non come noi donne che dobbiamo nasconderci, a voi uomini purtroppo è concesso tutto! E’ sempre stato così. Potrai avere tutte le femmine che vuoi!»

Richard ammirò la sagacia della sorella. Rimase zitto.

«Fratellino perché parti?»

«Te l’ho appena detto.»

Richard sbuffò e fece per andare via.

«Ti senti diverso Richard ammettilo… e anche  tormentato.»

Lui frenò di colpo e per la seconda volta tornò indietro.

«Non dire sciocchezze! E smettila subito!» Fece arrabbiato puntandole il dito contro.

Detto ciò andò via di corsa.

Virginia sospirò e lo guardò correre via. Lei lo aveva sempre saputo. Lo aveva intuito da tante piccole cose.

«Dubito che quel viaggio ti cambierà veramente Richard. Non passerà con una confessione il fatto che non ti piacciono le ragazze! Buona fortuna fratellino mio!»

Disse piano e anche lei un po’ sconsolata andò via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo sguardo.

 

Gerald era stranamente nervoso, un conto era andare in battaglia, combattere e fare incetta di nemici, un’altra cosa era scortare il principe ereditario in persona sotto diretto ordine del re e proteggerlo dalle mille avversità della strada.

Vestito da contadino un po’ stonava. Lui era alto e muscoloso e sembrava una caricatura.  Si trovava nel giardino privato del principe Richard. Sarebbero usciti da una porta segreta nascosta tra le forti mura del castello. Re Riccardo aveva predisposto diverse vie di fughe in vari punti del castello. Vie e porte segrete mimetizzate benissimo, dove bastava spostare leve per aprirle, erano espedienti molto ingegnosi che in caso di attacco sarebbero serviti.

Gerard era lì già da parecchio che attendeva  ma sapeva che i nobili, i principi in particolare, si facevano sempre attendere. Poi avvertì dei passi. Rivederlo gli creò delle palpitazioni strane. Sapeva che era bello, ma vederlo avvicinare e sapere che i suoi bei occhi chiari avrebbero guardato proprio lui lo scombussolarono un po’.

Lo vie arrivare trafelato,  vestito da semplice contadino ed ebbe un tuffo al cuore di troppo. Senza orpelli se possibile era ancora più bello. Era più basso di lui, magro, biondissimo e bellissimo. Si smosse qualcosa dentro di lui quando lo vide.

Gerard notò, a sua volta, che il principe aveva avuto come un leggero sobbalzo nel vederlo  da vicino. Forse si aspettava un altro soldato quel biondo cherubino? Si chiese. Cercò di non far trasparire lo sconvolgimento che provava  e si inchinò sorridendo.

Entrambi si fissarono per qualche attimo più del consentito.

 

Richard ancora ribolliva di rabbia per la perspicacia della sorella. Aveva capito che lei sapeva tutto. in fondo era sempre stata molto intuitiva e sveglia. Ma questo proprio non poteva confessarlo nemmeno a lei. Lo preoccupava di più il fatto che la sorella avesse ceduto alla corte di un paggio. Questo senz’altro era più grave di qualsiasi marachella fatta in passato. Al suo ritorno avrebbe messo le cose a posto, soprattutto con Manot prima che a coorte cominciassero a malignare.

Cercò di concentrarsi. Doveva affrontare un lungo viaggio assieme a uno sconosciuto.

E non aveva idea di come fosse fatto il soldato che il capo delle guardie del regno aveva scelto. Il padre aveva solo assicurato che era il migliore guerriero dell’esercito. Se lo immaginava imponente, tarchiato, rude e bruttino come tutte le altre guardie. Invece vide già da lontano qualcosa che lo sorprese. Più si avvicinava e più lo inquadrava meglio. Era un ragazzo e lo trovava attraente, troppo attraente. Era giovane e muscoloso… un fusto alto, dai capelli lunghi, lisci e scuri…  e poi  quei meravigliosi occhi neri erano uno spettacolo, era proprio ben fatto. Il suo battito accelerò sempre più. Il diavolo e il suo atto finale, pensò smarrito. Ma avvicinandosi ebbe solo belle sensazioni. Si rimproverò dicendo che era proprio così che agiva il maligno. Con tutta la buona volontà però non riusciva a non guardarlo. Una parte di se avrebbe voluto ribellarsi e avere al seguito un soldato forte ma brutto e tarchiato. Ma vinse la parte di lui che già era felice di avere quell’adone accanto per giorni.

Il bel soldato gli si inchinò sorridendo e lui ricambiò con le pulsazioni a mille.

«E’ un onore per me principe Richard scortarla! Mi chiamo Gerard Parrot e la scorterò da frate Clemente .» Fece Gerard inchinandosi.

Si fissarono intensamente, una potente connessione si stabilì subito tra loro. Gerard restò leggermente chinato come etichetta voleva.

«Ti prego sollevati, fuori saremo, all’apparenza,  di pari livello non lo scordare.»

«Sì mio principe, tutto quello che vuole.»

Quella voce e quel tono entrarono dentro al corpo e alla mente di Richard come un fulmine a ciel sereno. Si fissarono come un marchio di fuoco sulla sua epidermide. Miles gli era piaciuto pian piano, negli anni e poi era l’unico ragazzo gay, decente, della sua età in giro per la coorte… ma a confronto della reazione avuta  per il bel soldato non c’era paragone. Fu come ricevere una frustata al cuore. E poi a livello fisico il soldato era cento volte superiore a Miles. Si sorrisero, il petto di entrambi era in tumulto.

 

Gerard ebbe la conferma che anche al principe piacessero i maschi. Era troppo evidente il suo sgomento nell’averlo visto. Decise che solo con gli occhi avrebbe rivelato la sua vera natura, a aveva pur sempre davanti un nobile di massimo rango.

 

Richard esultò incoscientemente, senza che potesse sottrarsi a quelle pulsioni. Quegli occhi scuri e penetranti la dicevano lunga sul suo orientamento sessuale. Era da matti... fuggiva proprio da quello e gli capitava il dio della guerra in persona, bello come il sole e che gli avrebbe fatto da accompagnatore. Sentì un fremito a livello intimo, ma la prese come prova finale. Si disse che, superato quello scoglio alto affascinante ed eccitante, avrebbe potuto affermare di essere guarito. Anche se sotto sotto quella che credeva una malattia mandata dal demonio lo faceva sentire e con il corpo vivo, in piena ricezione di sensazioni.

Ma quella potente connessione fu interrotta.

Arrivò re Riccardo, scortato da  Jonathan il capo delle guardie reali.

Entrambi stavolta rivolti al re si inchinarono.

Il re accennò che potevano mettersi in posizione eretta.

«Soldato Parrot mi affido alla tua bravura e forza. Riporta il mio erede al castello sano e salvo.»

«Sarò all’altezza del compito  mio Sire.»

Il regnate accennò un sorriso al soldato, ma guardò suo figlio che però sembrava più sereno e non sconsolato come il giorno prima.

«Figlio mio… sei sempre convinto di fare tutta questa strada solo per una confessione? Ricordi cosa ti ho detto ieri?»

 

Gerard registrò la parola “confessione” nella sua testa.

 

«Padre… ho spiegato che non è solo per quello. Comunque sì ho bisogno di partire, di staccare con la solita vita per qualche giorno.»

Re Riccardo alzò le spalle sconfitto. E fece segno al comandante delle guardie di dare gli ultimi ragguagli.