Presentazione


Il primo libro di Primo Levi, Se questo è un uomo, uscì nel 1947 in 2.500 copie presso l’editore De Silva di Torino. Ebbe una buona accoglienza da parte della critica, e Italo Calvino lo definì sull’«Unità»: «Un magnifico libro, che non è solo una testimonianza efficacissima, ma ha pagine di autentica potenza narrativa». Ma la vendita andò a rilento, e l’alluvione di Firenze nel 1966 fece in tempo ad annegarne le ultime 600 copie tenacemente resistenti in un deposito di libri invenduti. Intanto, però, l’editore Einaudi aveva ripubblicato nel 1957 Se questo è un uomo nella collana dei «Saggi», e, in quell’occasione, Arrigo Cacumi aveva definito Primo Levi su «La Stampa»: «pittore stupendo senz’ombra di retorica o di declamazione». 

«Per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944», si può leggere nella prefazione del 1947 a Se questo è un uomo, «e cioè dopo che il governo tedesco, causa la crescente scarsità di mano d’opera, aveva stabilito di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi, concedendo sensibili miglioramenti nel tenor di vita e sospendendo temporaneamente le uccisioni ad arbitrio dei singoli. Perciò questo mio libro, in fatto di particolari atroci, non aggiunge nulla a quanto è ormai noto ai lettori di tutto il mondo sull’inquietante argomento dei campi di distruzione. Esso non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi capi di accusa; potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano…» 

Nonostante la difficoltosa partenza, Se questo è un uomo ha conosciuto un grande consenso di pubblico. Edizioni su edizioni italiane, traduzioni in otto o nove lingue, tedesco compreso, adattamenti per la radio e per il teatro in Italia e all’estero. Ma nel 1986 Primo Levi ha voluto riprender l’argomento in questo I sommersi e i salvati pubblicato da Einaudi nella collana «Gli struzzi», motivando la sua decisione con la solita appassionata e appassionante chiarezza. Proprio perché superstite, Primo Levi ha affermato di non considerarsi un testimone. Questa è la nozione scomoda di cui ha preso conoscenza negli anni passati dopo l’uscita di Se questo è un uomo, leggendo le memorie altrui e rileggendo le sue. 

I sopravvissuti sono una minoranza anomala oltre che esigua, quelli che per loro prevaricazione, abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo: i salvati, insomma. Chi, il fondo, lo ha toccato davvero, i testimoni integrali, la cui deposizione avrebbe avuto significato generale, sono scomparsi: i sommersi, appunto. La regola è quella dei sommersi, quella dei salvati l’eccezione. E ai salvati spetta, quindi, il compito di raccontare e analizzare, oltre alla loro esperienza, l’esperienza degli altri, dei sommersi, sebbene sia un discorso in conto terzi e in chi racconta e analizza per delega non data diventi spesso persino troppo brutale la consapevolezza che i sommersi, anche se avessero avuto a disposizione carta e penna, non avrebbero ugualmente testimoniato, poiché la loro morte era cominciata prima di quella corporale. 

E chi racconta e analizza oggi ha un’altra consapevolezza, altrettanto, se non maggiormente, brutale: 

«L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo man mano che passano gli anni. Per i giovani degli anni Cinquanta e Sessanta erano cose dei loro padri; se ne parlava in famiglia, i ricordi conservavano ancora la freschezza delle cose viste. Per i giovani degli anni  Ottanta, sono cose dei loro nonni: lontane, sfumate, “storiche”. Essi sono assillati dai problemi d’oggi, diversi, urgenti: la minaccia nucleare, l’esplosione demografica, le tecnologie che si rinnovano freneticamente e a cui occorre adattarci… » I sommersi e i salvati, un libro contro l’oblio, è uscito, come s’è detto, nel 1986. L’11 aprile 1987 Primo Levi si è ucciso nella sua Torino, a sessantotto anni.