“Dove è finita Sophie Duguet?”
«Le Matin», 13 febbraio 2003, h 14,08
E dire che gli esperti erano stati categorici e, secondo le fonti, il pronostico variava soltanto di qualche ora: nella peggiore delle ipotesi, Sophie Duguet sarebbe stata arrestata in una quindicina di giorni.
Invece sono passati più di otto mesi dalla scomparsa della donna più ricercata di Francia.
Comunicato dopo comunicato, e con il susseguirsi di conferenze stampa e dichiarazioni, la polizia giudiziaria e il Ministero della Giustizia non smettono di fare a scaricabarile.
Sintesi dei fatti.
Il 28 maggio scorso, poco prima di mezzogiorno, la collaboratrice domestica dei coniugi Gervais trova il cadavere del piccolo Léo, sei anni. Il bambino è stato strangolato nel suo letto con un paio di lacci di scarpe da montagna. Viene subito dato l’allarme. Ben presto i sospetti ricadono sulla sua babysitter, Sophie Duguet, nata Auverney, ventotto anni, che aveva in custodia il bambino e che scompare. I primi accertamenti incastrano la giovane donna: la porta d’ingresso non è stata scassinata, la signora Gervais, la mamma, ha lasciato Sophie Duguet in casa la mattina verso le nove quando pensava che il bambino stesse ancora dormendo. L’autopsia rivelerà che a quell’ora il bambino era già morto da tempo, senza dubbio strangolato nel sonno durante la notte.
La polizia giudiziaria sperava in un arresto in tempi brevi anche perché, nei giorni successivi, questo crimine aveva provocato un’ondata d’indignazione. La copertura mediatica era legata in gran parte al fatto che la piccola vittima era il figlio di uno stretto collaboratore del ministro degli Esteri. Da ricordare che l’estrema destra, nella persona di Pascal Mariani e di certe associazioni, fra cui alcune che si credeva fossero ormai sciolte, ne aveva approfittato per chiedere il ripristino della pena di morte per i «crimini particolarmente odiosi», rumorosamente sostenute dal deputato di destra Bernard Strauss.
Secondo il ministro dell’Interno, questa fuga non aveva possibilità di prolungarsi. La rapidità della reazione della polizia non aveva sicuramente consentito a Sophie Duguet di lasciare il territorio nazionale. Aeroporti e stazioni restavano in allerta. «Le rare fughe che riescono lo devono soltanto all’esperienza e a un’intensa preparazione», assicurava con certezza il commissario Bertrand, della polizia giudiziaria. La giovane donna, invece, disponeva di mezzi economici molto ridotti e non aveva relazioni in grado di aiutarla efficacemente, a eccezione di suo padre, Patrick Auverney, architetto in pensione, immediatamente messo sotto sorveglianza dalla polizia.
Secondo il Ministero della Giustizia, quell’arresto era una questione di «pochi giorni». Quello degli Interni si azzardava addirittura a pronosticare un termine di «8-10 giorni». Più prudentemente, la polizia parlava «di qualche settimana al massimo». Da allora sono passati più di otto mesi.
Cosa è successo? Nessuno lo sa con precisione. Ma la realtà è questa: Sophie Duguet si è letteralmente volatilizzata. Con un sorprendente aplomb, la giovane donna ha lasciato l’appartamento in cui giaceva il cadavere del piccolo Léo. È passata al suo domicilio per prendere i documenti e i vestiti, poi si è recata in banca, dove ha ritirato la quasi totalità di ciò che possedeva. È stata accertata la sua presenza alla Gare de Lyon, dopodiché si perdono completamente le sue tracce. Gli inquirenti sono certi che niente, né l’assassinio del bambino, né le modalità della fuga, fosse premeditato. Ciò lascia preoccupati sulle capacità d’improvvisazione di Sophie Duguet.
Quasi tutto resta misterioso in questo caso. Le motivazioni reali della giovane donna, per esempio, sono sconosciute. Gli investigatori si sono limitati a evocare il fatto che è stata senza dubbio duramente provata da due lutti che si sono succeduti: quello di sua madre, Catherine Auverney, alla quale sembrava molto legata, deceduta nel febbraio del 2000 per un cancro generalizzato, poi quella di suo marito, Vincent Duguet, un ingegnere chimico di trentun anni che, rimasto paralizzato in seguito a un incidente stradale, si è tolto la vita l’anno seguente. Il padre della giovane donna – e a quanto pare suo unico sostegno – rimane scettico su queste ipotesi ma rifiuta di comunicare con la stampa.
Il caso è diventato rapidamente un vero rompicapo per le autorità. Il 30 maggio, ovvero due giorni dopo l’omicidio del piccolo Léo, il corpo senza vita di Véronique Fabre, una traduttrice di trentadue anni, viene trovato nella casa della ragazza dal compagno, Jacques Brusset. La giovane donna ha ricevuto diverse coltellate al ventre. L’autopsia presto rivela che il crimine è stato commesso lo stesso giorno della fuga di Sophie Duguet, senza dubbio nel primo pomeriggio. E l’analisi del dna prelevato sulla scena del crimine attesta senza ombra di dubbio la presenza di Sophie Duguet nell’appartamento della vittima. Inoltre un’automobile è stata affittata da una giovane donna che aveva a disposizione dei documenti rubati nell’abitazione di Véronique Fabre. Tutti gli occhi sono puntati ovviamente sulla giovane fuggitiva.
Bilancio provvisorio: due giorni dopo la sua fuga, Sophie Duguet era già sospettata di un duplice omicidio. La caccia allora raddoppia, ma senza risultato…
Inviti a testimoniare, sorveglianza di tutti i luoghi in cui avrebbe potuto trovare rifugio, allerta di numerosi “informatori”, per ora niente è servito e ci si chiede se la giovane donna non sia riuscita a lasciare la Francia. Le autorità giudiziarie e di polizia si rimpallano discretamente le responsabilità, ma senza convinzione: non sembra che questa fuga (per il momento riuscita) sia imputabile a degli errori tecnici da una parte o dall’altra, ma piuttosto alla feroce determinazione della giovane donna, a una premeditazione molto ben calcolata (contrariamente all’ipotesi della polizia) o a una eccezionale capacità di improvvisazione. La questura nega di essersi rivolta a uno specialista delle situazioni di crisi…
Le trappole sono pronte, ci assicurano da ogni parte. Non resta che aspettare. Alla polizia giudiziaria tengono le dita incrociate, sperando che le prossime notizie su Sophie Duguet non riguarderanno l’annuncio di un nuovo omicidio... Quanto alle previsioni, ormai tutti mantengono il massimo riserbo. Si esita fra domani, dopodomani e mai.