L’economia dei portali

Nel parlare dei portali, a più riprese abbiamo fatto riferimento all’importanza delle considerazioni economiche e commerciali alla base della loro realizzazione. Poiché la quasi totalità dei portali presenti in rete, sia orizzontali sia verticali, fornisce agli utenti servizi e contenuti in modo assolutamente gratuito (per non parlare di quei portali, e si tratta della maggior parte di quelli italiani, legati a provider di accesso a loro volta gratuiti), in che modo le aziende che li realizzano traggono profitti?

Come sappiamo, il modello di business attualmente più diffuso sul Web è quello della vendita di spazi pubblicitari e della fidelizzazione di un ‘parco utenti’ (potenziali consumatori) il più vasto possibile. Esistono diversi generi di comunicazione pubblicitaria on-line, ma in assoluto quella preponderante è costituita dai cosiddetti banner. Come molti lettori sapranno, i banner sono immagini, fisse o animate, collocate in punti strategici di una pagina Web e in genere collegate direttamente al sito dell’azienda inserzionista (o del prodotto reclamizzato).

I banner pubblicitari vengono venduti secondo diverse formule. Quella più diffusa si basa sul numero di esposizioni (exposure) del banner, cioè sul numero di volte che la pagina contenente il banner viene scaricata da un utente. Tuttavia l’efficacia effettiva di una semplice esposizione è piuttosto discussa. A differenza dello spettatore televisivo, l’utente di una pagina Web ha un ruolo molto attivo e opera una forte selezione delle informazioni veicolate da una schermata. Secondo alcune ricerche, la maggior parte dei navigatori mostra la tendenza a concentrarsi immediatamente sulle informazioni che li interessano, ed è attratta più dal testo che dalle immagini di una pagina Web. Naturalmente il livello di efficacia della comunicazione può essere aumentato se il banner pubblicitario compare in un contesto adeguato: ad esempio, la pubblicità di un libro è presumibilmente più efficace se viene esposta in una pagina culturale, così come la pubblicità di una casa di alta moda lo è nel contesto di un affinity portal che si rivolge al pubblico femminile. Per questo molti portali includono nella loro offerta di pacchetti pubblicitari sistemi di rotazione intelligente dell’esposizione, basati sulla struttura logica della directory che viene navigata dall’utente o sulle parole chiave da lui inserite nei motori di ricerca.

La perplessità di molte agenzie pubblicitarie circa la validità persuasiva della pura e semplice esposizione ha stimolato la sperimentazione di nuove formule di valutazione del valore commerciale (e dunque del prezzo) di un banner. Una è quella basata sul click-through, cioè sul numero di volte che un banner viene effettivamente cliccato dall’utente per accedere al sito dell’inserzionista. Si è a questo riguardo osservato che il tasso di click-through cala notevolmente se un banner viene esposto più volte. Un’altra è quella basata sulla effettiva conclusione di una transazione commerciale da parte di un utente che arriva a un sito mediante un banner.

Nonostante i molti tentativi di aumentare l’efficacia dei banner e di sperimentare diverse formule di vendita degli spazi, il clima di entusiasmo nel mercato pubblicitario di rete si è notevolmente raffreddato. Gli investimenti in pubblicità su Internet restano un elemento fondamentale dell’economia di rete, ma non sono più considerati come una fonte automatica di sicuri e favolosi guadagni.

Questo ripensamento ha avuto conseguenze quasi disastrose sui conti economici di molte aziende titolari di portali. Infatti, sull’onda dell’entusiasmo per la cosiddetta new economy, moltissimi portali, a cominciare da Yahoo! per finire col nostrano Tiscali, si sono quotati in borsa riportando successi a dir poco straordinari: nel momento di maggiore entusiasmo le valutazioni di alcuni gruppi sono salite anche diverse decine di volte rispetto al prezzo di collocamento. Tali capitalizzazioni non erano giustificate dai tradizionali parametri valutati dagli investitori – i cosiddetti ‘fondamentali’ borsistici quali fatturato, utili, dividendi – ma dalle attese di crescita e dunque di futuri guadagni. Il flusso di capitale che è entrato nelle casse di molti portali ha propiziato vaste campagne pubblicitarie, di investimenti e acquisizioni (con costi non sempre economicamente ragionevoli), e queste hanno aumentato a loro volta le attese di crescita e di guadagni. Insomma, un circolo vizioso evidentemente a rischio.

Per qualche tempo il gioco ha retto, ma nel corso dello scorso anno la nuova corsa all’oro si è interrotta bruscamente. Invece di crescere, gli introiti pubblicitari di molti siti (gli unici introiti) hanno iniziato a rallentare, frustrando la fiducia nei mirabolanti guadagni a venire. Inoltre gli analisti si sono accorti che gran parte del mercato pubblicitario on-line era generato da altre aziende Internet, come quelle di e-commerce, afflitte da crisi di redditività altrettanto gravi. Il risultato è stato una generale svalutazione dei titoli.

Questa crisi ha evidenziato l’esigenza di individuare nuovi modelli di business su cui basare l’economia dei portali. Una frontiera a cui tutti guardano con molta fiducia è quella del commercio elettronico. Certo, anche i siti e-commerce, soprattutto quelli di vendita al cliente finale (business to consumer, B2C), non navigano propriamente in buone acque. Anzi, si è assistito a decine di fallimenti di imprese che avevano investito milioni di dollari nel settore. Ma è opinione diffusa che si tratti di una crisi di crescita, e che alla fine la vendita di beni via Internet esploderà veramente. In vista di questa esplosione, la maggior parte dei grandi portali si è dotata di servizi e-commerce, sviluppati internamente o in accordo con altri siti specializzati. La sinergia tra contenuti, servizi e distribuzione potrebbe rivelarsi, infatti, una carta vincente: un utente che sta navigando in un canale dedicato alla gastronomia può facilmente essere invogliato ad acquistare un prezioso prosciutto di Parma, magari a prezzi scontati perché utente registrato del portale. Assai simile, e con prospettive di crescita anche maggiori, è il discorso per il mondo dei portali di impresa (EIP o ERP), che tendono a svilupparsi per offrire servizi di commercio elettronico di tipo B2B (business to business)[11].

Un’altra fonte di redditività per i portali consiste nella vendita di servizi e contenuti ad alto valore aggiunto. Se è vero che il tentativo di vendere contenuti informativi sperimentato qualche anno addietro (soprattutto nel settore dell’informazione giornalistica) si è rivelato nella gran parte dei casi fallimentare, è anche vero che gli unici esempi di successo sono stati quelli nei quali venivano venduti contenuti e servizi altamente qualificati e rivolti a fasce di utenza ben definite (si prenda ad esempio il «Wall Street Journal», www.wsj.com). Oggi la vasta diffusione della rete e il progressivo ‘trasferimento’ nel mondo digitale di attività come la formazione, il lavoro e l’intrattenimento, stanno generando un mercato potenziale per un’offerta di contenuti e servizi specializzati e di alto livello qualitativo. In questo contesto un ruolo importantissimo sarà giocato dagli sviluppi (di cui diamo conto in un altro capitolo di questo libro) delle connessioni a banda larga, sia via cavo sia wireless. Con la rete ad alta velocità sarà possibile (e già oggi in parte lo è con le connessioni ADSL) fornire contenuti audio e soprattutto video ad alta qualità. E intorno a questi si potrà sviluppare un mercato dei contenuti digitali finalmente in grado di generare utili.

Tuttavia, gli analisti concordano sul fatto che la diversificazione delle fonti di reddito non sarà sufficiente a contrastare la tendenza alla concentrazione in atto nel settore dei portali. Questa tendenza caratterizzerà soprattutto il settore dei grandi portali orizzontali. Infatti l’offerta in questo settore è sovrabbondante rispetto alla reale domanda espressa dagli utenti e alle scarse fonti di redditività. Nel giro di pochi anni sarà inevitabile, dunque, una forte selezione operata dal mercato e la conseguente riduzione del numero complessivo di portali generalisti. Come abbiamo rilevato sopra, già oggi i primi cinque portali mondiali assorbono più del 30% dei contatti complessivi. A questo processo contribuirà anche il progressivo aumento della competenza nell’uso della rete da parte degli utenti, competenza che rende meno importanti le funzioni di supporto alla navigazione fornite dai portali.

Maggiori possibilità di espansione sono invece riscontrabili nel settore dei portali verticali. Ma anche in questo campo la sfida sarà vinta solo da quei soggetti che saranno in grado di offrire contenuti e risorse di alto livello qualitativo, e che sapranno collocarsi con sufficiente rapidità e intelligenza nel mercato dei nuovi servizi di rete resi possibili dalla diffusione delle connessioni a banda larga.