Nel vialetto del giardino di Gallagher, davanti al garage, adesso c’era più chiaro. Ma era una luce grigia, fredda, morta, e dal prato salivano volute di nebbia. Jim e Joannie aprirono gli sportelli dell’auto e distesero Jake ancora addormentato sul sedile posteriore. Joannie sedette davanti, tenendo Ellen fra le braccia. Jim si mise al posto di guida e inserì la chiave nel cruscotto. Levò la mano dalla chiave e si voltò per guardare verso casa.

“Che cosa c’è?” domandò Joannie.

“Ho una strana sensazione...” disse Jim.

“Che cos’è?”

“Aspetta. Voglio provare a fare quel numero ancora una volta.”

“Fa’ in fretta, tesoro,” disse Joannie, “Fa freddo qui.”

Jim che era già a metà fuori dalla macchina, accennò a rientrare.

“Ecco,” disse allungando la mano verso la chiave, “Accenderò il riscaldamento.”

“No,” disse Joannie scivolando al posto di guida e mettendo Ellen a sedere al suo fianco. “No, vai pure. Lo farò io.”

Jim chiuse lo sportello e salì di corsa i gradini dell’ingresso. Lasciando la porta aperta dietro di sé, sollevò il ricevitore e cominciò a comporre il numero. Mentre era alla seconda cifra, vide il muro davanti a lui curvarsi e tremare lentamente. Un lampo abbagliante illuminò l’interno della casa, il vialetto e lo spiazzo a lato della casa. Mentre Jim cadeva sotto le macerie del muro, con il ricevitore del telefono ancora in mano, e mentre dall’esterno entravano pezzi di legno e scheggie di vetro, sentì nelle orecchie il boato dell’esplosione, pieno e doloroso.

11

Pezzi di stucco, tegole e scheggie di vetro stavano ancora cadendo nel giardino, quando l’auto di MacNeal entrò nel vialetto arrestandosi al termine di esso. Woodson, Harris e il guidatore balzarono fuori dall’auto precipitandosi verso la casa. MacNeal sul sedile posteriore già stava parlando al radiotelefono.

A un paio di chilometri ad est dello svincolo di San Vicente, il camioncino del latte che correva a centoventi all’ora verso Wilshire con l’auto della polizia che lo seguiva a ruota, mentre stava affrontando una curva strisciò contro una Thunderbird rossa che gli veniva incontro e strisciando, urtando e rotolando contro una fila di automobili parcheggiate, saltato il marciapiede, superò un prato largo una ventina di metri, finendo in un profondo fossato. La Thunderbird, perso il controllo della guida, superò la linea centrale, fece un completo testa coda e si schiantò contro l’auto della polizia che stava sopraggiungendo.

Ramsey, intontito e contuso ma cosciente, con la gamba destra spezzata che pendeva dal fianco, strisciò fuori dal portello posteriore del camioncino e si trascinò fino al posto di guida, a fianco del conducente che era ancora al volante, svenuto. Ramsey estrasse la rivoltella con il silenziatore, premette la canna contro la nuca del conducende e tirò il grilletto.

In alto, una Chevrolet nera si fermò accanto al marciapiede. Ne uscì un uomo con un vestito a quadretti e cravatta a disegni in rilievo.

Ramsey, saltellando e strisciando, arrivò fino a lui.

“Puoi portarmi all’ospedale?” disse Ramsey, appoggiandosi alla vettura. “Ho una gamba rotta.”

“Sarebbe meglio aspettare la polizia,” disse l’uomo. “Sono sicuro che arriverà tra un momento.”

Ramsey estrasse la rivoltella di tasca e la puntò contro lo stomaco dell’uomo. “Entra in macchina, figlio di puttana, e parti.”

Si infilò sul sedile posteriore, tenendo la rivoltella puntata contro la nuca dell’uomo. “Va’ verso Santa Monica. Poi gira a destra finché non sei sull’autostrada per San Diego. E se ti fermi, sei morto.”

MacNeal al radiotelefono. “Pronto Blue-point. Parla MacNeal. La casa di Gallagher è saltata. Avvertire immediatamente la polizia di Stato e quella del distretto di Santa Monica. Ripeto. Immediatamente. Voglio una barriera di uomini attorno a questa casa entro dieci minuti. Poi mettetemi in contatto con il generale Brook a Washington e il governatore Reagan Brown a Sacramento. Trovateli.” Usci dalla macchina e corse verso la casa.

Più tardi, non molto più tardi — la luce del mattino era ancora debole — attorno al perimetro della casa di Gallagher c’erano una fila di poliziotti a tre metri l’uno dall’altro. Tutto attorno alla casa era stato rizzato in fretta uno schermo di tela di canapa alto due metri e mezzo. La gente delle case vicine era stata evacuata un quarto d’ora prima e l’isolato era stato chiuso al traffico automobilistico e pedonale. Pochi minuti dopo le sei, due ambulanze con le tendine abbassate uscivano dal vialetto. Mentre giravano a destra allontanandosi precedute da una scorta di quattro motociclisti, il varco nello schermo di canapa aperto per farle passare si richiuse dietro di esse e dalla strada fu possibile vedere solo la sommità degli alberi.

Il cacciatorpediniere polacco aveva gettato l’ancora tre miglia al largo di Long Beach la sera prima. Per tutta la notte sulla nave aveva funzionato un doppio sistema di avvistamento. Il capitano e il suo secondo erano sul ponte fin dall’alba, bevendo caffè e osservando la costa con il binocolo. Alle otto del mattino videro la lancia che veniva sul mare liscio verso il caccia. Il capitano ordinò di calare una sedia per il trasbordo. Prima che la lancia, che ora puntava su Long Beach, fosse fuori di vista, l’uomo dai capelli biondi che era stato issato a bordo era già all’infermeria e la gamba rotta era pronta per essere ingessata.

12

Tre giorni dopo Steve Okada, giovane dirigente di una banca di Salinas, che stava a Santa Maria presso la famiglia da quando ve lo aveva condotto una telefonata giuntagli all’inizio della settimana, fece uscire dal garage la macchina nera del padre e la condusse sul vialetto di fronte a casa. I genitori uscirono di casa, vestiti di scuro, e vennero verso l’automobile. Steve li aiutò a entrare nel sedile posteriore, chiuse gli sportelli, entrò in macchina a sua volta e iniziò la paurosa discesa che da Santa Maria porta giù alla strada costiera per Santa Monica.

Quella sera stessa MacNeal, in maniche di camicia, era nella sua camera da letto nell’edificio di legno bianco di Santa Monica. In una mano teneva un bicchiere con scotch e soda, nell’altra la cornetta del telefono. “D’accordo, Walter. Credo che sia in programma. Quelli del laboratorio finiranno di esaminare la casa questa sera e ce ne potremo andare domani mattina. Sì, ho detto al commissario che avrebbe potuto fare una dichiarazione quando avesse voluto. D’accordo. Abbiamo stabilito di partire per Washington domani pomeriggio.”

Il mattino dopo alle otto MacNeal, con una sigaretta in bocca e l’aria stanca, era seduto nel sedile posteriore di una macchina che percorreva il Sunset Boulevard diretta verso Hollywood. Mentre affrontava la discesa che porta allo svincolo dell’Università di California a Westwood, MacNeal disse a Harris che era alla guida: “È qui dietro? “ Harris rispose, “Sf, sono usciti di strada a circa settecento metri da qui.”

Al semaforo, Woodson uscì da una macchina immediatamente dietro di loro, si avvicinò in fretta alla vettura di MacNeal e si infilò sul sedile posteriore. Quando il semaforo passò al verde, l’auto guidata da Harris prosegui lungo il Sunset mentre l’altra voltò a destra verso Westwood.

“Ci sono stati problemi?”

“Affatto. Quando ce ne siamo andati, i muratori stavano già cominciando a lavorare.”

“C’era anche qualche giornalista, scommetto.”

“No,” disse Woodson. “Hanno avuto una sorpresa. Il padrone di casa ha deciso di tenere in piedi lo schermo finché non avrà terminato i lavori. Ha preso quattro o cinque poliziotti privati per la sorveglianza.”

“Ci saranno dei giornalisti che diventeranno matti in questa città.”

“ Sf, credo proprio di sf.”

MacNeal si chinò verso Harris e gli disse, “ Accendi la radio per favore, Harris.” Poi, rivolto a Woodson, “Ho chiamato il commissario a casa dieci minuti fa e gli ho detto che poteva raccontare la storia. Dovrebbero comunicarla alla radio fra non molto. “ Dalla radio venne della musica.

“Nemmeno ai giornali piacerà molto.”

“Credo di no,” disse MacNeal, “ma qui siamo a Los Angeles. Prima di mezzogiorno ci sarà un altro scandalo.” La musica venne troncata improvvisamente. “Alza un poco il volume, Ralph.”

“Abbiamo appena ricevuto un comunicato sull’esplosione di quattro giorni fa a Santa Monica,” disse l’annunciatore. “Dal giorno dell’esplosione, riserbo assoluto. Pattuglie di polizia, una barriera attorno alla casa, e nessuna notizia per la stampa. Tuttavia questa mattina, otto minuti fa per l’esattezza, il nostro cronista presso il commissariato di polizia ha ricevuto il seguente comunicato. Lo leggerò per intero. ‘Martedì mattina a Santa Monica quattro persone sono perite nell’esplosione della loro automobile. Lo scoppio ha distrutto anche il garage e una parete della casa. La casa, situata al numero 7612 di Palm View Boulevard, è di proprietà del signor Steven Elden di Palm Springs. I morti sono James Gallagher, trentatré anni, iscritto all’Università di California, sua moglie Joan, trentatré anni, e i loro due bambini, Jake, quattro anni, ed Helen, due anni. Questa è tutta la storia così come l’hanno comunicata stamane le autorità. Questi sono i fatti che noi conosciamo. Il mistero comunque permane.”

Quaranta minuti dopo, la macchina di MacNeal si arrestò a Encino davanti al cancello di ferro battuto di una proprietà cintata da un muro. Harris premette un bottone sul cruscotto e il cancello si aprì davanti a loro, richiudendosi dopo il loro passaggio. Salirono lungo il vialetto che conduceva alla porta laterale di una villa in stile inglese ricoperta di rampicanti che dominava da una leggera altura i prati e il giardino sottostanti.

MacNeal entrò nell’atrio ricoperto di tappeti. Gli venne incontro un giovane dai tratti del volto scuri e decisi e dai capelli prematuramente grigi.

“Ho sentito la notizia della radio,” disse.

“Già. Puoi mettere insieme tutto prima della fine del pomeriggio? “ gli domandò.

“Nessuna difficoltà. Ho già preparato tutto.”

“Come vanno le cose qui?” domandò.

“ Silenziosamente.”

“Tranquillamente o silenziosamente?”

“Un silenzio mortale. Un silenzio di tomba.”

“La cosa non mi sorprende,” disse MacNeal.

“Vuoi controllare?”

“Sì,” disse MacNeal. Si diresse verso le scale, poi si voltò. “Ralph e Woodson verranno in casa fra poco. Stanno mettendo a posto la macchina. “ Cominciò a salire le scale. Si sentì una porta chiudersi nella parte posteriore della casa. “Eccoli,” disse MacNeal.

Giunto in cima alle scale, MacNeal svoltò a destra in un lungo corridoio. Si arrestò un momento davanti all’ultima porta a sinistra. Infine batté leggermente, aprì la porta ed entrò richiudendo dietro di sé. Rimase con la schiena appoggiata alla porta, guardando nella stanza senza parlare. Alla fine disse, “Bene, adesso è una cosa ufficiale.”

All’altra estremità della stanza c’era un uomo. Voltava le spalle alla porta, e guardava all’esterno da una grande finestra. L’uomo si voltò a metà. Sul pigiama indossava una vestaglia da bagno, teneva il braccio piegato in un foulard nero, legato al collo, e fissava MacNeal.

105

“Adesso sei ufficialmente morto, Jim. Abbiamo comunicato la storia.”

Gallagher studiò per un attimo il viso di MacNeal, poi si voltò di nuovo verso la finestra.

13

Nel tardo pomeriggio, in un cimitero di campagna vicino a Santa Maria, il signor Okada, la moglie, il figlio, tutti i parenti e gran parte degli amici che Joannie aveva a Berkeley erano riuniti davanti a quattro tombe scavate nel terreno fresco. Accanto, quattro bare in attesa di essere calate. Due grandi e due piccolissime, una da ciascuna parte delle due grandi.

Proprio in quel momento il jet che aveva portato in California MacNeal stava salendo nel cielo di Los Angeles e, dopo aver fatto un largo giro sull’oceano, si allontanava dal sole dirigendosi verso est. MacNeal, Harris e Woodson erano seduti nella parte posteriore dell’aereo in sedili separati. Fumavano o leggevano. Davanti, nel primo sedile a sinistra sedeva da solo Gallagher. Guardava fuori dal finestrino mentre sotto di lui girava pigramente Los Angeles. Davanti agli occhi passarono prima l’oceano, poi di nuovo un pezzo di città, infine il deserto.

Non c’erano lacrime nei suoi occhi mentre fissava assente il bianco spazio vuoto del cielo. Sul suo viso non appariva nessuna espressione. Ma proprio in quel momento dentro di lui nacque il piano. O, se non proprio il piano, perlomeno un seme che alla fine avrebbe costituito l’inizio di un piano.

14

Il generale Brook era solidamente seduto dietro alla sua scrivania. MacNeal sedeva in una profonda poltrona di pelle. Un segretario che indossava un abito color grigio verdastro, batteva con ritmo quasi inavvertibile sui tasti di una macchina per stenografare. Woodson, il collo della camicia aperto, la cravatta allentata, stava parlando. Gallagher era seduto accanto alla finestra. Ascoltava. Ma per la maggior parte del tempo fissava il cielo grigio di Washington fuori dalla finestra.

“La carica esplose quando noi eravamo a meno di un isolato di distanza,” spiegò Woodson. “Le tegole e i calcinacci stavano ancora cadendo quando ci fermammo davanti alla casa. Fummo costretti a lavorare in fretta. Per fortuna, non c’era ancora troppa luce. Non appena trovammo Gallagher e ci rendemmo conto che era ancora vivo, lo avvolgemmo in una tenda e lo trasportammo verso l’automobile. Poi, io esplorai il vicinato in cerca di Tucker, mentre Harris e MacNeal cercavano la signora Gallagher e i bambini.”

“Per loro non c’era più nulla da fare,” disse MacNeal. Mentre pronunciava queste parole era consapevole della presenza di Jim. Lo guardò. Ma gli occhi di Jim non si mossero dalla finestra.

“Trovai Tucker nei cespugli della casa accanto dove lo avevano lasciato. Poi ce ne andammo,” disse Woodson.

“Ci sembrò un’ora, ma credo che abbiamo tirato fuori Gallagher in non più di sette o otto minuti,” disse MacNeal.

“Quando mi hai chiamato? “ chiese il generale Brook.

“Non appena riuscimmo ad avere la comunicazione. Quando ritornammo alla casa di copertura di Woodson a Santa Monica.”

Ci fu una pausa. Tutti nella stanza erano consci della presenza di Gallagher accanto alla finestra ma lui, stranamente, pareva non avvertire la loro. Quasi completamente assente. Il generale Brook spostò la sedia per poterlo vedere direttamente in viso.

“La decisione è stata mia, Jim,” disse alla fine. “Non quella di portarti lontano dalla casa. Ma l’ultima decisione sul modo di procedere. Era una possibilità che non potevamo lasciar perdere. Se Ramsey pensava di averti ucciso, era importante che continuasse a pensarlo. Era importante che anche il KGB continuasse a pensarlo.” Gallagher non disse nulla e il generale Brook guardò MacNeal.

“Dopo che te ne sei andato da Washington diretto in California,” disse MacNeal, “abbiamo avuto altre informazioni sul conto di Ramsey: roba che prima non sapevamo. Abbiamo saputo che il KGB ha grandi piani su di lui. Ma volevano essere sicuri del loro uomo al cento per cento. Doveva superare la prova. Prima uccidendo Wager. Poi te. Quando ti ha mancato a Berlino, l’hanno spedito qui per terminare il lavoro. Se il KGB scoprisse che ti ha mancato una seconda volta, per quanto li riguarda questa sarebbe la fine di Ramsey. Sanno che Ramsey è stato dalla nostra parte, e quindi se lui vuole cambiar partito non vogliono incertezze. Hanno molta paura degli agenti doppi.”

“E dovrebbero averne,” disse il generale Brook, “perché noi vogliamo proprio che Ramsey lo diventi. Vogliamo fargli cambiare nuovamente bandiera.”

“E lo faremo,” disse MacNeal.

“Adesso che si è venduto al KGB,” disse il generale Brook, “per noi può essere molto importante.”

Gallagher si girò verso di loro, schiacciò la sigaretta nel portacenere e disse, “Ma solo nel caso che io sia morto. È cosi?”

“Solo se sono convinti che tu sei morto,” corresse MacNeal. “E adesso ne sono convinti.”

“Era necessario, Jim,” disse il generale Brook. “Era una mossa tattica necessaria. Bisognava farla.”

“Pensa davvero di avergliela fatta?” domandò Gallagher.

“Puoi scommetterci,” disse MacNeal.

“Gli ordini sono venuti dall’alto,” disse Woodson. “Il Governatore sapeva che cosa stava succedendo. E anche il commissario di Polizia di Los Angeles. Hanno parlato con l’ufficio del medico legale. Tutti gli altri sanno solo che c’è stata un’esplosione e che quattro persone sono rimaste uccise.”

Gallagher si avvicinò alla macchina per stenografare e rimase per un momento immobile, lo sguardo fisso sui tasti neri.

“E Tucker ha preso il mio posto?” domandò alla fine. “Giusto?”

“Giusto,” disse Woodson. “L’ho trasportato in casa mentre gli altri ti portavano in macchina.”

Gallagher andò nuovamente alla finestra e si fermò voltando le spalle agli altri. “Signori,” disse alla fine, “il vostro è proprio un bel lavoro.”

MacNeal si schiarì la gola e guardò il generale Brook. Woodson morse l’estremità di un sigaro lungo e sottile e lo accese.

“Jim, ti voglio dire una cosa,” disse il generale Brook. “Ti darei tutto quello che ho, o che avrò, se potesse servire ad annullare ciò che ti è successo. Ho dei bambini anch’io. E anche Harry. Il fatto che non diciamo quello che sentiamo non vuol dire che non sentiamo nulla. Tu hai ragione per quanto riguarda questa faccenda. È una porcheria. E lo diventerà sempre di più. Non c’è nessuna logica e nessun pudore.

“E qualche volta si tratta di uccidere o di essere uccisi. È una cosa sporca ma nessuno ha mai trovato un modo per renderla diversa o migliore. Quando guardo mia moglie e i miei bambini e penso a che cosa è successo ai tuoi, mi sento un blocco allo stomaco. Ma quando entro in questo ufficio non posso permettermi di sentire così. Qui non c’è posto per le emozioni. O per pensare a come avrebbero potuto andare le cose. Importa ciò che è. Le informazioni sono il nostro lavoro. Le otteniamo, le usiamo, e cerchiamo di nasconderle perché nessuno le possa avere. Informazioni, Jim. Nient’altro.

“Sai come stanno le cose. Hai fatto il soldato e hai fatto l’agente. E in tutti e due i casi è una sporca guer

ra. Chiunque combatta ha la probabilità di venire ucciso.”

“E per quanto riguarda quelli che non combattono,” disse Gallagher, “che cosa capita alle persone che non combattono affatto?”

“A volte vengono uccise anche loro,” disse MacNeal.

Quel pomeriggio, mentre si dirigevano verso casa nella macchina di MacNeal, Gallagher disse, “Che cosa deve fare di se stesso un uomo morto?”

“Dipende,” disse MacNeal. “Tu hai qualche idea?”

“Una sola. Non ho intenzione di rimanere in eterno nella tua camera degli ospiti.”

MacNeal domandò, “Vuoi lavorare di nuovo per noi?”

Gallagher rispose che la cosa era fuori questione e MacNeal disse che forse se ne poteva tirare fuori qualcosa. “Dovrebbe essere qualcosa di speciale che sia adatto alle circostanze.”

“Come ritirarsi in una casa, per esempio?”

“È un’idea,” disse MacNeal.

“Voglio ritornare a Berlino,” disse Gallagher dopo un attimo.

“Lo so che vorresti. Ma è fuori questione.”

“Perché?” domandò Gallagher. “Ho bisogno di un nuovo nome e di un nuovo passaporto, qualsiasi cosa faccia. E allora perché non la Germania?”

“Non possiamo, Jim. Anche se tu fossi sicuro, e questo non è per niente vero, potrebbe andare all’aria tutto il nostro piano per quanto riguarda Ramsey.”

Percorsero qualche isolato in silenzio. Infine Gallagher disse, “Ci sono altre possibilità, sai. Potrebbe usarmi la Rete Gehlen.”

“ Gehlen non ti userebbe mai se noi gli dicessimo di non farlo. E lo stesso vale per le altre organizzazioni...” Poi, “E perché proprio la Germania?”

Gallagher disse che si trattava solo di un’idea che gli era venuta in mente.

“Vuoi vendicarti?” domandò MacNeal. “È così?”

“Forse.”

“Di Ramsey?”

“Forse,” ripetè Gallagher.

“Hai letto tutta la pratica sul suo conto ma ancora non ne sei convinto.”

“Sono convinto che è comunista,” disse Gallagher. “Ma non sono sicuro che abbia ucciso Wager. Non sono convinto che abbia tentato di uccidere me e non sono convinto che abbia messo la bomba nella mia auto.”

“Non credi che dietro Ramsey ci sia il KGB? Non credi che ci siano loro dietro tutta questa faccenda?”

“Certo che lo credo,” disse Gallagher. “Non sono stupido. Ma questo non vuol dire che io sia pronto a legare Brian sulla sedia elettrica e a premere l’interruttore. La politica è una cosa e l’assassinio un’altra.”

MacNeal gli domandò che cosa sarebbe stato necessario per convincerlo e Gallagher rispose che, con certezza, non lo sapeva. “Se qualcuno lo avesse visto sarebbe diverso. So che venne visto a Veracruz e a Laredo ma da lì la California è lontana.”

MacNeal disse, “Una fotografia ti convincerebbe?”

“Che cosa vuoi dire?” domandò Jim.

“Voglio dire che se ti facessimo vedere una fotografia di Ramsey nel giardino di casa tua, servirebbe a convincerti che ha davvero fatto tutto ciò che noi sosteniamo abbia fatto?”

“Dove vuoi andare a parare?” domandò Gallagher.

“Tucker aveva sistemato una dozzina di macchine fotografiche intorno a casa tua. Le abbiamo trovate intatte.”

“Avevano scattato qualche fotografia?”

“No,” disse MacNeal, “ma c’è ancora una possibilità con la numero sei. Ne abbiamo trovato dei pezzi fra i rottami della tua macchina e del garage. Se abbiamo fortuna, possono essere rimaste delle immagini. E se sia mo davvero fortunati, sulle immagini può essere rimasto impresso un viso.”

“Quello di Ramsey?” domandò Gallagher. “Potrebbe darsi,” disse MacNeal.

15

Quella stessa notte, dopo che MacNeal e la moglie erano andati a dormire, Gallagher era sdraiato sul letto, completamente vestito, con le mani dietro la testa. Guardava il soffitto. Erano le tre del mattino circa quando si alzò, si svesti e andò a letto. Si addormentò di colpo.

La mattina successiva presto, fece colazione da solo nel giardino. Poi si trasferì nel chiosco estivo. Qui rimase a lungo seduto in una sedia a sdraio. Ogni tanto, scarabocchiava una nota su un pezzetto di carta che poi ripiegava e ficcava nel taschino della camicia.

Poco prima di colazione, prese in prestito dalla moglie di MacNeal una macchina per scrivere, la portò in camera da letto e batté diligentemente sui tasti per tre quarti d’ora. Quindi piegò l’originale e le due copie, le infilò in buste separate, e infilò le tre buste nella tasca della giacca.

“Dovresti andare a vedere la National Gallery, dato che hai un po’ di tempo,” gli disse Jane MacNeal a colazione.

“È vero, dovrei andarci,” approvò Gallagher. “Questo pomeriggio.”

Quel pomeriggio alle due, Gallagher con un paio di occhiali da sole e con in testa un panama acciaccato che MacNeal aveva scartato da diverso tempo, stava camminando per le vie del quartiere d’affari di Washington. Controllò un paio di volte un indirizzo scritto su un foglietto che teneva nella tasca della giacca. Alla fine si fermò, controllò una volta ancora l’indirizzo, e entrò nella fredda luminosità di un edificio di alluminio e di vetro. Salì con l’ascensore al diciassettesimo piano, percorse un lungo corridoio, superò una porta doppia di vetro opaco ed entrò in una confortevole anticamera ricoperta di tappeti. Una segretaria di mezza età insignificante lo guardò dal sotto in su mentre si avvicinava alla sua scrivania.

“Mi chiamo Kellogg,” disse Gallagher. “Ho un appuntamento con il signor Compton.”

“Sta telefonando. Se volete accomodarvi, sarà da voi fra una momento.”

Il generale Brook stava telefonando dal suo ufficio. “Sì,” disse, “mi hai sentito. Voglio che quel corriere venga fermato e isolato prima che abbia il tempo di scendere dall’aereo. Sigillate la sua valigia che dovrà essere vista da me solamente. E voglio averla immediatamente. Avete capito? “ Riappese, premette il tasto del citofono e disse, “Harry puoi venir qui un minuto?”

“Vengo subito,” disse MacNeal. Mentre passava davanti alla sua segretaria disse, “Vado nell’ufficio del generale Brook. Se arriva quella telefonata dalla California passatemela là.”

Mentre MacNeal entrava nel suo ufficio, il generale Brook, di nuovo al telefono, disse, “Siediti Harry. Sarò da te fra un momento.”

La segretaria riappese la cornetta, tirò le labbra in qualcosa che assomigliava a un sorriso, rivolto più o meno alla zona dove si trovava Gallagher e, gli occhi fissi su un punto mezzo metro sopra la sua testa, disse, “Il signor Compton è pronto a riceverla.”

“Come probabilmente avrai capito,” disse il generale Brook a MacNeal, “si trattava di mia figlia. Si rifiuta di scrivere ma mi telefona una volta alla settimana.”

“Per farsi mandare soldi,” disse MacNeal.

“Come lo sai? “ chiese il generale Brook.

“Anche i miei figli non vogliono scrivere lettere.”

Il citofono ronzò e il generale Brook sollevò il ricevitore. “No,” disse dopo aver ascoltato un momento.

113

“Non mi pare che sia una buona idea. Ditegli che lo chiamerò io alle quattro del pomeriggio. E tenga in sospeso le chiamate per me finché non glielo dico io.”

“Aspetto una telefonata dalla California,” disse in fretta MacNeal. “Ho detto di passarmela qui.”

“Se arrivasse una chiamata per MacNeal,” disse il generale Brook nel citofono, “fatela passare. Ma trattenete tutte le altre.” Rivolto a MacNeal disse, “Ruggero ha trovato qualcosa?”

“Spero di si,” disse MacNeal. “Ho parlato con lui prima e mi ha detto che aveva ricevuto una chiamata dal laboratorio. Hanno passato al setaccio gli ultimi calcinacci della casa di Gallagher, e sembra che abbiano trovato dei pezzetti di pellicola.”

“Tieni le dita in croce,” disse il generale Brook.

“È quello che sto facendo,” disse MacNeal. “Quando ho parlato con lui, Ruggero stava andando al laboratorio. Ha detto che mi avrebbe chiamato da li.”

“Bene, forse è una buona giornata. Ti ho chiamato per dirti che c’è un corriere che sta venendo da Berlino. Sembra che abbia qualcosa a che fare con Ramsey.”

MacNeal domandò quando sarebbe arrivato, e il generale disse che ogni momento era buono. “Dovremmo avere qui il dispaccio non dopo le quattro. Forse è la tua chiamata,” disse sentendo il ronzio del citofono.

Sollevò il ricevitore. “Sì? Sì? Bene. Lo passi al numero tre.” Indicò a MacNeal un telefono sulla scrivania. MacNeal sollevò la cornetta.

“Pronto. Sì, parla MacNeal. Pronto. Sì, Vince. Allora com’è la storia?”

Il signor Compton, un uomo magro sulla sessantina che portava un paio di occhiali a pince-nez, uscì con Gallagher nell’anticamera dell’ufficio e gli strinse la mano. Jim, che portava sempre occhiali scuri e cappello, prese l’ascensore, scese ed uscì nella strada piena di luce. Percorse un isolato e mezzo ed entrò in una banca, tutta granito, bronzo lucidato e guardie in uniforme dalle basette grige sotto il berretto. Sostò cinque minuti in una saletta arredata con pesanti scrivanie, poi un usciere lo fece passare ad un livello di autorità più alto, oltre massicce porte di quercia.

La banca era ormai chiusa quando Gallagher ne uscì. Venne fatto uscire da una porta laterale. Quando si trovò nella strada, estrasse dalla tasca una lettera affrancata, vi lasciò cadere una piccola chiave, la sigillò, andò all’incrocio più vicino e la lasciò cadere in una buca per le lettere rossa e blu, proprio mentre stava arrivando il furgone postale con i sacchi per la posta. Mentre l’addetto stava aprendo la cassetta per estrarre le lettere, Gallagher scese dal marciapiede e salì su un autobus che lo avrebbe portato a due isolati di distanza, alla National Gallery.

16

Jane MacNeal, era una donna dai capelli grigi abbronzata dal sole, il naso coperto di lentiggini che le dava un’aria giovane che contrastava con il colore dei capelli. Indossava un vestito di cotone indiano semplice e costoso. Vedendo arrivare Gallagher, lasciò perdere per un momento il suo lavoro, consistente nell’indicare al giardiniere i fiori da tagliare per ornare la tavola e gli andò incontro, tenendo uno splendido mazzo di fiori fra le braccia nude.

“Che te n’è sembrato della National Gallery? “ domandò.

“Splendida,” disse Jim andandole incontro, “e tu sembri un Renoir del primo periodo.”

“Accetto il complimento per conto dei fiori.”

“Ne hai quasi un fascio. Vuoi che ti aiuti?”

“No grazie. Ho quasi finito. Entra e bevi qualcosa con Harry. Ti raggiungo fra poco.”

“È venuto a casa presto,” disse Gallagher.

“Sì, è venuto a cambiarsi. E credo che ti aspetti.”

“D’accordo. Vado. Ci vediamo fra poco.”

“Sf,” disse lei, “quando mi sarò tolta dai capelli le spine.”

Trovò MacNeal nella libreria che si preparava da bere. “Non rimproverarmi,” disse Jim. “Oggi sono uscito ma, come vedi, portavo la faccia falsa.”

“Bene, togliti la faccia falsa e quel mio cappello usatissimo e prendi un goccio di questo.” Versò il martini, chiaro e brillante, in un bicchiere gelato. Lo porse a Jim e quindi ne versò un altro per sé. “Jane mi ha detto che sei andato alla National Gallery.”

“Infatti.”

“Conclusioni?”

“Sf,” disse Gallagher. “Mi piacciono Gauguin, Cézanne e Léger.”

“Com’è il martini?”

“Buono. Veramente buono.”

“Ti intendi di arte?” domandò MacNeal.

“Affatto. È una mia deficienza.”

“Anche mia, mi dispiace,” disse MacNeal. “Jane me lo fa notare spesso e volentieri. Dice che sono molto pochi quelli che si curano di sapere che cosa dissero gli esperti della stampa italiana il giorno in cui venne terminata la Monna Lisa.” Indicò a Jim una sedia e sedettero. “Credo che domani faresti meglio a venire con me in ufficio,” disse MacNeal. “Sembra che le cose stiano giungendo a maturazione.”

“Ramsey?” domandò Gallagher.

“Proprio. Oggi è arrivato un corriere con un rapporto dalla zona est. I nostri hanno visto Ramsey a Mosca. E questa volta si tratta di una cosa vista.”

“Questo non prova molto,” disse Gallagher.

“Pensiamo che sia andato a Città del Messico e che da lf sia andato in Cina in aereo. Poi ha proseguito per la Russia. Dicono che abbia una gamba ingessata e che usi stampelle.”

“Questo che cosa significa?”

“È tutto collegato,” spiegò MacNeal. “Non te l’ab116

biamo detto prima perché non eravamo sicuri dei fatti stessi ma quella stessa mattina che venne piazzata la bomba nella tua macchina, un camioncino del latte strisciò contro un’auto sul Wilshire Boulevard e fini nel giardino di qualcuno. Il guidatore mori nell’incidente, almeno così pensò la polizia. Però quando lo portarono all’obitorio, gli trovarono un proiettile nella testa. Era il lattaio che faceva le consegne a casa tua.”

“Woodson aveva detto che era a posto.”

“Lo pensavamo, infatti,” disse MacNeal. “Comunque, pensiamo che Ramsey fosse con lui nel camioncino quando questo ebbe l’incidente.”

“È cosi che si è rotto la gamba ?”

“Sembra logico,” disse MacNeal.

Gallagher domandò come aveva fatto Ramsey ad andarsene. MacNeal disse che doveva avere fermato una automobile e, con la pistola puntata, doveva essersi fatto condurre dove voleva.

“A Tijuana?” domandò Gallagher.

“In un primo momento lo pensavamo,” disse MacNeal, “ma ora pensiamo che sia andato a Long Beach. La settimana scorsa la polizia controllò una macchina che era rimasta parcheggiata diversi giorni vicino ai docks. Quando aprirono il portabagagli, vi trovarono un uomo. Con una pallottola nella testa. Stanno confrontando la pallottola con quella che hanno estratto dal capo del lattaio. Dovremmo avere un rapporto questa mattina.”

Gallagher bevve un sorso. “ È per questo che mi vuoi far venire in ufficio?”

“No,” disse MacNeal. “Si tratta di qualcosa di meglio. Ricordi che ti avevo detto che c’era una macchina fotografica piazzata nel tuo garage? Bene, ho parlato oggi con il laboratorio in California e mi hanno detto che hanno ritrovato dei pezzetti di pellicola esposta. Sono piuttosto mal ridotti ma pensano di poterne tirar fuori delle copie. Ci lavoreranno su questa notte e dovrebbero arrivare nel mio ufficio domani mattina. Ecco perché ti voglio là.”

“Ci sarò,” disse Gallagher.

“Devo andarmene e ritornare più tardi?” domandò Jane MacNeal, apparendo sulla soglia proveniente dall’altrio.

“No, entra pure,” disse MacNeal. “Abbiamo appena finito di parlare. Che cosa ti andrebbe di bere?”

La donna posò accuratamente un vasetto di fiori che reggeva e disse: “Qualcosa di forte e di fresco.”

Quella sera stessa più tardi, mentre lei e il marito stavano preparandosi per andare a letto, Jane disse, “Non so come faccia. In poche settimane ha perso tutto. Dentro deve essere sconvolto.”

“Sì, penso di si,” disse MacNeal.

“Non ne parla mai?” domandò lei.

“Ultimamente no,” rispose MacNeal. “Solo un paio di volte prima di lasciare la California. Disse che non riusciva a togliersi dalla mente il ricordo di quei pochi minuti prima dell’esplosione. Continuava a pensare che avrebbe potuto fare qualcosa per prevenire l’incidente. Continuava a dire che avrebbe dovuto essere più accorto.”

“Pensi che avrebbe potuto effettivamente fare qualcosa?” domandò Jane.

“No,” disse MacNeal. “Chiunque avesse avuto l’addestramento di Gallagher avrebbe agito come lui. Gli era stato detto di scappare e lui stava scappando. L’unica cosa che poteva fare era controllare la chiamata telefonica. Ed era proprio quello che stava facendo quando la macchina esplose.”

“Ancora non riesco a capire come faccia,” disse Jane MacNeal dopo un momento. “Come può fare a rimanere in piedi e comportarsi come si comporta?”

“Sai come facevano una volta per cauterizzare le ferite? “ disse MacNeal. “Sf.”

“È quello che Gallagher ha fatto su se stesso. Ha bloccato la ferita, l’ha chiusa, e ha fermato l’emorragia. Ma dentro il dolore continua.”

“Non capisco come possa fare,” disse Jane. “Come possa tenersi dentro tutto e prendere i cocktail e sorridere e andare alla National Gallery e non far vedere nulla a nessuno.”

“Perché è un uomo,” disse MacNeal.

17

“E così il rompicapo sta andando a posto,” stava dicendo il generale Brook. “Harry ti ha detto che cosa abbiamo scoperti ieri. Questa mattina abbiamo due ulteriori elementi. Il lattaio e l’uomo trovato morto nell’auto a Long Beach sono stati uccisi da proiettili provenienti dalla medesima arma.”

“E le fotografie?” domandò Gallagher.

MacNeal disse che stavano per arrivare dall’aeroporto. “Dovrebbero essere qui fra pochi minuti. Le porta Ruggero di persona.”

“Francamente, penso che sarebbe un miracolo,” disse il generale Brook, “se riuscissimo a trovare su quel film un viso identificabile. Ma per il tuo bene, Jim, spero che lo si trovi.”

“Perché per il mio bene, generale?”

“Perché sei l’unico a non essere ancora convinto. Harry, io e i nostri uomini oltre cortina siamo sicuri. È troppo chiaro perché possa essere sbagliato. L’inizio a Berlino, la fase di mezzo in California, e adesso siamo alla fine.”

“Volete dire perché ora è a Mosca,” disse Gallagher.

“No, non voglio dire questo. Riferiscigli l’ultimo rapporto dalla Germania, Harry.”

“ Ricordi che tutta la nostra linea d’indagine su Ramsey si basava sulla teoria che il KGB lo stesse preparando per qualcosa di grosso. Bene, ora abbiamo scoperto di che cosa si tratta. Lo vogliono mandare in Inghilterra.”

“ Sembra che debba diventare uno degli uomini chiave in quel paese,” disse il generale Brook. “È un compito importante in un paese importante. Significa che ora accordano completa fiducia a Ramsey.”

“Ha dato delle prove,” disse MacNeal.

“A meno che non mi sbagli,” proseguì il generale Brook, “si terrà in contatto con i massimi capi dello spionaggio russo.” Ronzò il citofono. “Sì? Bene. Fatelo entrare.” Rivolto a MacNeal e a Gallagher. “È Ruggero.”

La porta si aprì ed entrò l’uomo dai capelli prematuramente grigi della tenuta di Encino. Reggeva una valigetta nera da addetto diplomatico.

“Salve, Vince,” disse MacNeal. “Felice di vederti.”

“Salve, signor MacNeal.”

“Conosci Jim Gallagher. E questo è il generale Brook. Il generale Brook, Vince Ruggero.”

“Piacere di fare la sua conoscenza,” disse il generale Brook. “La attendevamo ansiosamente.”

“Se volete vedere qualcuno in ansia dovete vedere me mentre lavoro in camera oscura,” disse Ruggero.

“Ha scoperto qualcosa?”

“Sì signore. Abbiamo una fotografia.”

“Solo una?”

“Proprio così,” confermò Ruggero. Aprì la valigetta e i tre uomini gli si strinsero intorno. “Siamo riusciti a recuperarne solo una. All’inizio pensavamo che sul film ci fosse anche qualcos’altro, ma era in tali pessime condizioni che siamo stati fortunati se ne abbiamo tirato fuori qualcosa.”

“Quando lei è arrivato,” disse il generale Brook, “stavo appunto dicendo che sarebbe stato un bel colpo.”

“Ha ragione generale,” disse Ruggero, estraendo dalla valigetta un sacchetto di canapa e sciogliendone i lacci. “Ma ho il sospetto che questo possa ripagarci ad usura.” Estrasse una foto trenta per quaranta e la posò sulla scrivania.

Per un lungo istante rimasero tutti in silenzio osservando la foto. Finalmente MacNeal disse, “Mio Dio.”

Si vedeva chiaramente che la fotografia proveniva da un negativo danneggiato. Bruciato, strappato e dai bordi incerti. Diverse lacerazioni lo attraversavano. Ma nel centro, chiaro e senza possibilità di errore, fotografato mentre sistemava il pacchetto dell’esplosivo sotto il paraurti della macchina di Gallagher, si vedeva Brian Ramsey, nei suoi indumenti scuri e con il nerofumo accuratamente spalmato sul viso.

“È il vostro uomo?” domandò Ruggero.

“È proprio lui,” disse il generale Brook.

Gallagher si allontanò dalla scrivania per andare alla finestra. Rimase fermo un momento a guardare fuori. Poi accese una sigaretta. MacNeal lo stava osservando.

Ruggero prese un’altra grossa busta e disse, “Ci sono anche un paio di ingrandimenti. Se volete vedere il viso più da vicino.”

Ora i tre uomini erano consapevoli della presenza di Gallagher.

“No, Vince,” disse MacNeal. “Non adesso.”

“Giusto,” disse bruscamente il generale Brook, “potremo dargli un’occhiata più tardi.”

Ruggero rimise silenziosamente le fotografie nelle loro buste. Il generale Brook era seduto pesantemente dietro alla scrivania. MacNeal nella sedia di fronte a lui. Ruggero aprì la valigetta da diplomatico per riporvi le fotografie.

Gallagher si voltò, schiacciò la sigaretta nel portacenere e disse, “Non metterle via. Mi piacerebbe dargli un’occhiata.” Si avvicinò a Ruggero, gli prese la busta dalle mani e, dopo averne estratti tre ingrandimenti, li dispose uno dopo l’altro su un lungo leggio che correva lungo la parete ad altezza d’uomo. Rimase fermo davanti alle foto, tenendo le mani in tasca, la schiena rivolta agli altri uomini a guardare, a lungo e con espressione dura, le fotografie.

18

Quaranta minuti dopo il generale Brook usci dal suo ufficio per andare in quello di MacNeal. Trovò MacNeal dietro alla scrivania e Gallagher seduto dall’altra parte.

“Mi dispiace di avervi fatto aspettare. Quegli stupidi bastardi del Dipartimento di Stato dovrebbero avere delle balie a tempo pieno. Dov’è Ruggero?”

“È andato a farsi una doccia e a mangiare qualcosa. Comunque non lo volevo qui a questa riunione,” disse MacNeal.

“Giusto,” disse il generale Brook. Sedette in una poltrona profonda e confortevole a fianco della scrivania di MacNeal e accese un sigaro. “Jim,” disse, “poco fa hai visto una cosa che avviene molto raramente nel nostro mestiere. Cerchiamo sempre di trovare l’ultimo pezzo del rompicapo ma di solito non lo troviamo mai. Di solito dobbiamo andare avanti facendone a meno. Fidandoci della nostra esperienza, del nostro istinto e della nostra fortuna. Ma questa volta no. Questa volta abbiamo un meccanismo perfetto che scivola su cuscinetti a sfere. Sappiamo come, che cosa e dove. L’unica cosa che ci manca è il quando. E il quando potrebbe venire in qualsiasi momento volessimo.”

“Sta parlando di far cambiare di nuovo bandiera a Ramsey,” disse Gallagher. “È vero?”

“È vero,” confermò il generale Brook. “Potrebbe diventare l’agente doppio più importante che noi abbiamo mai avuto. Sospetto che abbia accesso a informazioni che prima d’ora non abbiamo mai potuto raggiungere.”

“Sai altrettanto bene quanto noi come vanno le cose Jim,” disse MacNeal. “L’informazione che vogliamo, presto o tardi riusciamo a ottenerla. Dipende solo da quanto tempo ci vuole e attraverso quante persone deve passare prima di arrivare fino a noi... Se ci sono di mezzo troppe persone qualche volta essa ci arriva troppo tardi.”

“Che cosa vi fa pensare che Ramsey sia vicino alla stanza dei bottoni?” domandò Gallagher.

“Tutto lo lascia credere, Jim,” disse il generale Brook. “E il fatto che lo stiano mandando in Inghilterra lo conferma. Son diciotto mesi che stanno mandando agenti in Inghilterra. Stanno mettendo in piedi qualcosa di grosso.”

“Così come appare adesso,” disse MacNeal, “sembra essere una faccenda che ha a che fare con le navi. Sembra che vadano e vengano principalmente in prossimità dei porti di mare. Liverpool, Newcastle, Cardiff e simili.”

“E se Ramsey non ci dovesse stare,” disse Gallagher. “Se non volesse cambiare di nuovo bandiera?”

“Non ha scelta,” disse il generale Brook.

“Tu sei la chiave di tutta la faccenda, Jim,” spiegò MacNeal, “nel momento in cui si accorge che tu sei ancora vivo saprà che è finita con il KGB.”

“Se non accettasse di lavorare con noi, faremmo sapere al KGB che tu sei ancora vivo,” disse il generale Brook. “Allora sarebbe un uomo morto e questo lui lo sa benissimo.”

“Gli daremo qualche mese di tempo per sistemarsi in Inghilterra,” disse MacNeal, “poi ci faremo vivi.”

“Non sono sicuro di aver capito quale sia la mia parte in questa faccenda,” disse Gallagher.

“Come ha detto Harry, tu sei la pedina chiave,” disse il generale Brook. “Tutto fa perno su di te.”

“È divertente,” disse Gallagher, “perché fin da quando le cose sono scoppiate giù a Berlino, mi è sembrato di valere quanto un soldo bucato per quanto riguardava voi.”

“Ora no, Jim. Ora sei il nostro asso nella manica.”

“Perché sono morto?” domando Gallagher.

“Perché non sei morto,” disse MacNeal, “e loro credono che tu lo sia.”

“Questo sarebbe il lavoro più facile di tutta la tua vita, Jim. Abbiamo l’intenzione di tenerti in ghiaccio.”

“Dove? Nella stanza degli ospiti di MacNeal?”

“No,” disse sorridendo MacNeal, “e nemmeno nella fattoria di St. Louis.”

“Puoi scegliere dove andare,” disse il generale Brook. “Abbiamo un posto nel Vermont, uno alla Giamaica, un rifugio nel Colorado, vicino a Aspen. Oppure scegli tu dove vuoi andare. Puoi anche andartene in giro su uno yacht se vuoi.”

Dopo un momento Gallagher domandò, “E che cosa dovrei fare esattamente?”

“Niente,” disse MacNeal. “Rimanere fuori dalla circolazione finché non siamo pronti ad affrontare Ramsey.”

“E poi?” domandò Gallagher.

“Poi,” disse il generale Brook, “lui vorrà delle prove che non stiamo bluffando. E quindi gli dovrai scrivere una lettera, per esempio. Potremmo riprenderti con la cinepresa. O, se è davvero duro da convincere, potremmo farlo parlare al telefono con te.”

“Vedo,” disse Gallagher, “e dopo che cosa dovrebbe succedere?”

“Quando sarà convinto che tu sei vivo,” disse MacNeal, “dovremmo assicurarci che non faccia fare a nessuno il lavoro nel quale lui è fallito.”

“E quindi io dovrei farmi surgelare,” disse Gallagher. “È vero?”

“Non userei questa parola,” disse il generale Brook.

“Prima avete detto ‘tenermi in ghiaccio’,” disse Gallagher.

“Proprio così, disse il generale Brook.

“ Quando pensate che dovrebbe durare questo periodo di esilio? “ Il generale Brook disse che era estremamente difficile stabilirlo.

“E tu che cosa ne pensi, MacNeal?”

“Non mi piace fare previsioni alla cieca,” disse MacNeal.

“Un anno? Due anni? Cinque anni magari? “ domandò Gallagher. “Sapete, potrei diventare il miglior giocatore di ramino della Giamaica. Supponendo, naturalmente, di avere un paio di guardie con cui poter giocare. Le avrei, vero?”

Ci fu un lungo silenzio. MacNeal si alzò dalla sedia e andò alla finestra, il generale Brook masticava il suo sigaro. Gallagher era sempre seduto a un capo della scrivania. Alla fine, MacNeal si voltò e ritornò alla sua sedia.

“Senti, Jim,” disse, “perché non lo vedi come un lavoro? Può darsi che sia noioso, ma ci sono un mucchio di lavori noiosi. La cosa più importante è che questo è un lavoro importante. E tu sei l’unico che lo può fare.” Lanciò un’occhiata al generale Brook. “E saresti pagato maledettamente bene.”

“Davvero?” disse Gallagher. “Quanto?”

Il generale Brook si levò in piedi e andò alla finestra. “Quindicimila dollari all’anno e le spese pagate,” disse.

“Quindicimila netti?” domandò Gallagher.

“Se vuoi,” disse MacNeal.

“E la gratifica?” domandò ancora Gallagher.

“Avrai una gratifica di diecimila dollari,” disse il generale Brook.

“Subito o alla fine?” domandò Gallagher.

“Subito se vuoi,” disse MacNeal.

“E anche la gratifica sarebbe al netto dalle tasse?”

“Sf,” disse il generale Brook.

“Bene,” disse Gallagher, “è una bella cosa.” Sedette nella poltrona e incrociò le braccia. “Dovete averne parlato per un bel po’. Pare che tutti i dettagli siano a posto.”

“È una grossa posta, Jim,” disse MacNeal. “Dobbiamo elaborare i dettagli. Lo sai.”

“Sf, lo so,” disse Gallagher. Fece una breve pausa e il generale Brook voltò le spalle alla finestra per guardarlo. “Ma, sfortunatamente,” proseguì Gallagher, “avete trascurato un dettaglio.”

“Quale?” domandò il generale Brook.

“La faccenda non mi interessa,” disse Gallagher.

“Che cosa significa questo, Jim?” chiese MacNeal.

Gallagher si alzò, fece qualche passo fino alla parete e ritornò alla sua poltrona. “Vuol dire che la faccenda non mi interessa. Non voglio farmi mettere in ghiaccio o surgelare o inchiodare in un rifugio del Colorado. Non voglio né gratifiche né salari. Voglio non aver nulla a che fare con questa faccenda.”

MacNeal guardò il generale Brook. Poi disse, “Senti, Jim. Penso che tu vada un po’ in fretta. Non è necessario decidere tutto proprio adesso.”

“Invece sì,” disse Gallagher. “È già deciso.”

Il generale Brook ritornò alla sua poltrona e disse che se si trattava di soldi se ne poteva discutere.

“Va bene,” disse Gallagher, “forse dei soldi se ne può parlare. Qual è la tariffa normale per fare il morto e ritornare in vita su comando?”

“Aspetta un minuto, Jim,” disse MacNeal.

Il generale Brook si levò in piedi e schiacciò il sigaro nel portacenere. “Lascia fare a me, Harry,” disse. Volgendosi lentamente a Gallagher, disse, “Ascoltami giovanotto.”

“No,” disse Jim. “mi ascolti lei. E non mi parli come se io lavorassi per lei. Era così una volta, ma ora non più. Quindi non lo dimentichi. Fin da quando ho lasciato Berlino nel mezzo della notte, tutti voi mi avete mosso come un pezzo di domino. Va’ qui. Va’ là. Fa’ questo. Fa’ quello. Siediti. Gioca a fare il morto. So che le vostre intenzioni erano buone. Tutto quello che fate lo fate per una buona ragione. Ma le vostre ragioni non sono le mie. Non lo sono più.”

“Jim,” disse il generale Brook, “capisco esattamente cosa senti...”

“No, lei non capisce. Lei può capire che cosa sentirebbe lei se fosse al mio posto, ma non sa come mi sento io. Non ne sono sicuro nemmeno io. Comunque, che cosa io provo non ha importanza. Importa invece che cosa ho intenzione di fare. E questo lo so con certezza. Ho intenzione di andarmene in Inghilterra o in Germania o in Portogallo, o addirittura a Singapore se fosse necessario, e trovare Ramsey. E intendo trovarlo per conto mio. Per me. Non per voi o per la NATO o per Blue-point o per la bandiera a stelle e strisce.”

“A che cosa servirebbe questo, Jim? “ domandò MacNeal dopo un momento.

“Di sicuro non lo so, ma intendo scoprirlo. Poche settimane fa avevo una moglie, due bambini e due amici che per me erano come fratelli. Ora, improvvisamente, sono rimasto io soltanto. Non so che diavolo mi abbia colpito o perché, ma ho intenzione di scoprirlo.”

“ Gallagher, “ disse lentamente il generale Brook, “ ricordi quando ti dissi che in questo edificio non c’era posto per le emozioni? Non era del tutto vero. Naturalmente, anche noi abbiamo dei blocchi emotivi. Ma non possiamo permettere che influenzino le nostre decisioni. Ed è appunto ciò che tu stai facendo in questo momento.”

“È facile capire che cosa vuoi fare, Jim, e perché lo vuoi fare,” disse MacNeal, “ma devi renderti conto anche del nostro punto di vista. Devi renderti conto del fatto che noi non possiamo lasciarti agire in questo modo.”

“Me ne rendo conto,” disse Jim, “ma non credo che tu mi possa fermare.”

“Noi ti possiamo fermare,” disse il generale Brook. “Possiamo farti ritirare il passaporto.”

“Io non ho passaporto,” disse Gallagher. “Lo aveva Gallagher ma è morto. Ricordate?”

“È proprio ciò che voglio dire,” disse il generale Brook. “Senza passaporto, penso che avrai qualche piccola difficoltà a lasciare il paese.”

“Generale Brook, ho lavorato nello spionaggio per più di cinque anni. Permetta che le faccia una domanda. Lei sa dove si può comprare un passaporto falsificato?”

“Naturalmente,” disse il generale Brook.

“Bene, anch’io. Conosco almeno due posti a non più di dieci minuti di tassi da qui. E a New York ne conosco almeno mezza dozzina.”

“Credo che sriamo tralasciando il punto principale,” disse a questo punto MacNeal. “Come ti ha spiegato Walter, l’affare di Ramsey è per noi una grossa opportunità per dare un’occhiata all’interno dello spionaggio russo. Non possiamo lasciarti fare nulla che possa mettere in pericolo questa possibilità, Jim.”

“L’unico modo per fermarmi,” disse Jim, “è quello di rinchiudermi.”

“Devi capire la nostra posizione,” disse il generale Brook, “devi capire la parte che tu vi giochi. È una parte davvero cruciale.”

“Questo significa che mi rinchiudereste?” domandò Gallagher.

“Non mi piace questa espressione,” disse il generale Brook, “ma se per garantire il successo di questa operazione fosse necessario metterti in stato di detenzione, allora non avremmo scelta.”

“Sapete, è una cosa divertente,” disse Gallagher. “Avevo l’idea che avreste detto proprio questo.” Estrasse una grossa busta dalla tasca interna della giacca, ne tirò fuori un foglio di carta accuratamente piegato e lo tese al generale Brook. Ecco,” disse, “vorrei che lei desse un’occhiata qui.”

Il generale Brook prese il foglio di carta, con espressione interrogativa. Lo lesse tutto accuratamente. Poi, senza alzare gli occhi dal foglio lo lesse nuovamente.

“Ora lo faccia leggere a Harry,” disse Gallagher, prendendo il foglio e porgendolo a MacNeal. Mentre MacNeal leggeva, il generale Brook si guardava le mani e faceva roteare lentamente la fede sul dito. MacNeal finf a sua volta di leggere e levò lo sguardo, prima sul generale Brook, poi su Gallagher.

“Ora,” disse Gallagher, “lo avete letto tutti e due. Quindi permettete che vi faccia una domanda. Se questa storia apparisse domani sulla rubrica di Alsop, che succederebbe dei vostri piani sul conto di Ramsey?”

“Non farai una cosa simile, Gallagher,” disse Brook.

128

“Che cosa succederebbe, Harry? “ domandò di nuovo Gallagher.

“Lo sai che succederebbe,” disse MacNeal, “questo farebbe naufragare l’intero piano.”

“Perché?” domandò Gallagher.

“Perché? Perché hai raccontato tutto ciò che ti è successo a Santa Monica.”

“Proprio cosi,” disse Gallagher. “Volevo solo essere sicuro che stessimo seguendo la stessa linea di ragionamento.”

“E se noi non assecondassimo il tuo piano di rintracciare da solo Ramsey,” disse il generale Brook, “tu passeresti la storia ai giornali? È giusto?”

“Qualcosa di simile,” disse Gallagher.

“È un vecchio trucco, Jim,” disse MacNeal, “ma ha un punto debole. Se noi ti mettessimo nell’impossibilità di comunicare, non ti sarebbe facile far finire la storia sui giornali, vero?”

“È vero,” disse Gallagher. “Ma, vedi, io non ho usato il vecchio trucco. Ne ho usato uno nuovo. A partire da ieri pomeriggio, se per una settimana non dovessi avere la possibilità di comunicare, la storia finirebbe sui giornali automaticamente.” Fece una pausa, quindi proseguì. “Sono andato alla National Gallery ieri, Harry, ma ho fatto anche un’altra fermata. Ho messo una copia di questa storia in una busta, l’ho sigillata, affrancata, spedita, e l’ho lasciata in mano a una persona di mia fiducia. Se per una ragione qualsiasi non dovessi essere in grado di spedire una cartolina ogni settimana, questa persona spedirebbe la busta alla persona indicata sulla busta. In poche ore la faccenda finirebbe sui giornali e il KGB lo verrebbe a sapere.”

Nell’ufficio cadde un lungo silenzio. MacNeal e il generale Brook si guardarono l’un l’altro, poi guardarono Gallagher, poi tornarono a guardarsi. Alla fine MacNeal disse: “Sai qual è la posta in questa faccenda, Jim. Perché agisci in questo modo?”

“Devo farlo,” disse Gallagher. “E tu sai che devo farlo. Ho intenzione di ucciderlo.”

“Comunque vadano le cose, allora, non potremmo vincere, vero? “ disse il generale Brook.

“Forse no,” disse Gallagher. “Se voi mi trattenete, la storia finirebbe sui giornali entro sei giorni e sarebbe la fine di tutto. Ma se mi lasciate andare, avrete almeno il tempo di manovrare. Prima che io riesca a trovare Ramsey potete cercare un modo per fermare me.”

“Mi è venuto in mente un modo in questo momento,” disse il generale Brook, “Il denaro.” Prima di proseguire guardò prima Gallagher e poi MacNeal. “Il fatto che tu ufficialmente sia morto ti pone in una difficile posizione dal punto di vista finanziario. Chi ti tara i soldi per questa tua caccia all’uomo?”

“Me li darete voi,” disse Gallagher.

“Credi? E perché dovremmo farlo?”

Gallagher sorrise, tese il braccio verso il foglio di carta sulla scrivania di MacNeal.

Il generale Brook studiò il foglio per un lungo momento. Poi disse: “Non puoi prenderti gioco di tutta la nostra organizzazione, Gallagher. Troveremo un modo di fermarti e tu lo sai.”

“Ne sono sicuro,” disse Gallagher, alzandosi e andando alla porta. Prima di uscire, prosegui, “La questione è: lo troverete in tempo?”

Parte terza

1

 

Gallagher sdraiato sul letto di una camera d’albergo, nei dintorni della Quarantesima Strada Ovest, leggeva, la testa appoggiata al cuscino. Ogni tanto con la punta delle dita toccava i baffi di due settimane, accuratamente regolati. Da sette piani più sotto si sentivano provenire i rumori del traffico di mezzogiorno, ma pochissima luce entrava dalle imposte accostate. Solo la lampada da comodino proiettava un cono di luce giallastro nell’oscurità della stanza.

Un colpo alla porta. Gallagher posò il libro, sollevandosi lentamente a sedere. Mentre andava verso la porta inforcò un paio di occhiali dalla montatura d’acciaio.

Fermo davanti alla porta domandò, “Chi è?”

“Il cibo che ha ordinato.”

Gallagher mise la catena alla porta, apri una fessura di pochi centimetri. Vide un vecchio curvo che portava una uniforme da fattorino d’albergo nero verde a righe arancione. Il fattorino aspettava con un recipiente di cartone pieno di caffè in una mano e un sacchetto di carta marrone nell’altra.

“Entri,” disse Gallagher. Apri la porta e arretrò per far passare il vecchio che entrò trascinandosi faticosamente. “Lo metta sul tavolo accanto al letto. Quanto le devo?”

Dopo aver posato il cibo sul tavolino, l’uomo venne verso Gallagher, stringendo le palpebre per leggere il conto spiegazzato del ristorante che teneva in mano. Gallagher accese la luce centrale.

i33

“Un dollaro e trenta,” disse il fattorino. “Spalla affumicata al whisky di segale, patatine fritte, un cartone di caffè nero.”

Gallagher mise alcune monete nella vecchia mano contorta e disse, “E i vestiti?”

“Sono andato a vedere poco fa,” disse l’uomo. “Ai Tessuti Howard, dietro l’angolo di Broadway. Ho parlato con un amico...” estrasse dalla tasca della giacchetta un cartoncino bianco e gli diede una sbirciata, “... un tizio che si chiama Farber. Alan Farber, dice qui. Gli ho detto quello che lei voleva e mi ha detto che l’avevano. Tutto quello che lei ha chiesto. E della misura giusta.”

Gallagher gli domandò se lo potevano consegnare all’albergo e il fattorino rispose affermativamente. “Ha detto che lo manderanno subito. Ma solo dopo aver ricevuto i soldi.”

“Quanto costerà?” domandò Gallagher.

L’uomo voltò il cartoncino, “Il vestito di tweed, il cappello e l’impermeabile, fanno centoventiquattro dollari. Con la tassa d’acquisto, vengono circa centotrenta dollari.”

“Benissimo,” disse Gallagher. “Ecco centotrentacinque dollari. Quanto ci mette ad andare là e a ritornare con la roba?”

Il vecchio disse che prima doveva fare alcune commissioni. Doveva andare a prendere dei sandwiches, e andare in un paio di lavanderie a secco.

“Allora quando potrebbe andarci?”

“Poco dopo le tre, forse. Al più tardi per le quattro. Lei non vuole che sia il negozio a consegnare la roba, eh?”

“No,” disse Gallagher. “Voglio che ci vada lei. Per le quattro andrà benissimo. “ Apri la porta della camera e il fattorino usci nel corridoio.

Improvvisamente il vecchio si voltò, lanciando una occhiata furtiva in direzione di Gallagher. “Hanno detto che il vestito ce l’hanno verde o grigio. Quelli marrone li hanno venduti tutti.”

“Va bene verde,” disse Gallagher.

“Allora vuole sempre il cappello marrone?”

“Marrone o grigio. L’uno o l’altro.”

“Al mio amico avevo detto marrone. Credo che lo prenderò marrone.”

Gallagher guardò per un attimo il vecchio che si dirigeva ansimando verso l’ascensore. Chiuse la porta a chiave. Andò in bagno, e contemplò nello specchio lo aspetto che aveva con baffi e occhiali. Alzò una mano al viso, accarezzando con la punta delle dita il leggero segno della cicatrice sulla fronte. Infine, spense la luce nel bagno, andò nell’altra camera e si sdraiò sul letto.

Accanto alla finestra di un ufficio posto al terzo piano del palazzo di fronte all’albergo, era seduto un giovanotto dai lisci capelli neri. Vicino a sé aveva una macchina da presa da otto millimetri, puntata verso l’ingresso dell’albergo e teneva appese al collo due macchine fotografiche, una Zeiss Ikon e una Leica munita di teleobbiettivo. Con il binocolo puntato, non perdeva di vista nemmeno per un attimo l’ingresso dell’albergo.

Quel pomeriggio, pochi minuti dopo le cinque, mentre dalla via saliva un calore afoso, mentre la gente sudata, senza giacca e con il colletto della camicia aperto, attraversava le strade diretta alla metropolitana, il giovanotto posò velocemente il binocolo, premette un interruttore che mise in azione la macchina da presa. Poi, tenendosi vicino agli scuri, puntò la macchina fotografica verso l’ingresso dell’albergo e cominciò rapidamente a scattare.

Il mattino successivo, alle dieci, Maslow e MacNeal si trovavano nell’ufficio del generale Brook. I tre uomini stavano osservando una serie di fotografie di medio formato. Sulle foto si vedeva Gallagher che usciva dall’albergo e si fermava sulla soglia per un attimo. Le foto rimanenti lo ritraevano di fianco e di schiena mentre camminava lungo la Sesta Avenue.

“Ha sistemato tutto,” disse Maslow. “Ha prenotato un posto sull’aereo e ha un passaporto. L’ha avuto da Arjac.”

“Con il nome di Cari Kellogg, vero?”

“Proprio così,” confermò Maslow. “Questo è il nome che è segnato sul passaporto.”

“E per quanto riguarda i soldi?”

“Abbiamo depositato a nome suo cinquemila dollari presso la Chase Manhattan Bank di New York. Li ha ritirati la settimana scorsa. A intervalli regolari verranno depositati a suo nome altri soldi presso la Banca d’Inghilterra. Finché noi non li bloccheremo,” spiegò MacNeal.

“Avete detto che parte questa sera?” domandò il generale Brook.

“Con il volo di mezzanotte della TWA per Londra,” disse Maslow.

“Chi ha visto a New York?” domandò il generale Brook.

“Solo Arjac,” disse Maslow. “Nessun altro. L’ha visto il giorno del suo arrivo a New York e poi due giorni fa quando è andato a ritirare i documenti. Il resto del tempo l’ha passato in albergo.” MacNeal domandò se non fosse andato a trovarlo qualcuno e Maslow rispose, “Qualcuno potrebbe essere riuscito a scivolare dentro senza che noi ce ne accorgessimo, ma non lo credo.”

“Sa di essere sorvegliato, vero?”

“Sono sicuro che lo sa,” disse MacNeal. “ Non è stupido. E lo abbiamo fatto sorvegliare per ventiquattro ore al giorno dal momento in cui è uscito di qui. Sull’aereo ci sarà un nostro uomo e all’arrivo ci sarà ima squadra pronta a rilevarlo. Oltre a ciò, possiamo solo stargli vicini.”

“Già,” disse il generale Brook. “Stargli vicini e cercare di avere quel maledetto pezzo di carta.”

2

A Londra, l’autunno era insolitamente limpido e pieno di sole. Gallagher prese un appartamentino alla Euston House, un albergo modesto ma ben tenuto vicino ai Kensington Gardens. Passò le prime due o tre settimane con la macchina fotografica a tracolla, l’aria pacifica e allegra, a passeggiare per le piazze, i parchi e i musei, con una nuova pipa scozzese tra i denti. Andava in giro sugli autobus turistici, esplorava la Royal Academy e la Tate Gallery. Andò a sentire una serie di quattro concerti di musica per organo alla Royal Albert Hall. Si alzava presto per visitare i mercati di Hadenhall e Billingsgate, mangiava in ristoranti, pub, sale da tè sempre diversi; si distraeva ad Drury Lane, all’Haymarket, al Criterion, al Windmill Music Hall, comportandosi come un americano in viaggio educativo e di piacere a Londra et environs.

Verso la fine della terza settimana, Gallagher era seduto in un pub situato in una stretta via vicino a Cavendish Square. Sedeva con lui al tavolo vicino alla finestra un uomo anziano con dei baffi bianchi che indossava un vestito scuro. L’uomo portava degli occhiali a pince-nez che teneva legati alla giacca con un nastro nero.

“Naturalmente potrei perdere un sacco di tempo sulle carte stradali e simili e arrangiarmi da solo,” stava dicendo Gallagher, “ma ho pensato che sarebbe più intelligente prendere un autista. Così mi rimane del tempo per le mie ricerche.”

“Sembra una cosa ragionevole,” disse il compagno di Gallagher. “E pensa di aver trovato la persona adatta?”

“Credo di sì,” disse Gallagher. “Abbiamo parlato solo al telefono ma sono sicuro che andrà benissimo. Ho un appuntamento con lui oggi. Gli ho detto che mi avrebbe trovato al tavolo davanti alla finestra.”

“Bene, si è comportato con molta accortezza.”

“Sì,\” disse Gallagher, “sono sicuro che faremo dei collegamenti.”

“E dite che avete intenzione di rimanere in Inghilterra per un anno circa?”

“Sì,” rispose Gallagher. “Un anno o poco più. L’università mi lascia libero per tutto l’anno scolastico e ciò significa che dovrò essere di ritorno entro l’autunno prossimo. Ma fortunatamente il capo del dipartimento è interessato al mio progetto. Anche lui ha portato a termine un certo numero di saggi su Dryden. Quindi sono sicuro che non sorgerebbero difficoltà se volessi rimanere qui un altro semestre. In questo caso dovrei ritornare negli Stati Uniti a gennaio dell’anno venturo.”

“Bene,” disse l’uomo dai baffi bianchi, “è un bel po’ di tempo.”

“Ne ho bisogno,” spiegò Gallagher. “Dovrò girare molto.”

“ Pensavo che gli studiosi restassero sempre vicino ai loro libri e alle loro biblioteche.”

“Ora non più. Vede, i vari aspetti di Dryden e della Restaurazione dei quali mi occupo possono venire messi in luce solo attraverso uno studio attento della provincia inglese odierna. L’influenza di Dryden e, in grado minore, di Pope, può venir chiarita solo dall’attuale...”

“Mi scusi,” disse l’uomo dai baffi bianchi. Fece un cenno con la testa in direzione della porta. “Crede che quello potrebbe essere il suo uomo?”

Vicino alla porta era fermo un uomo di taglia robusta, il viso aperto. Indossava un abito scuro con cintura, e teneva un berretto in mano.

“Sì,” disse Gallagher. “Potrebbe essere lui.” Si alzò dalla sedia e andò incontro all’uomo.

Nei successivi cinque giorni, sembrò che Gallagher proseguisse le sue visite approfondite alla città di Londra. Adesso però si serviva di una vettura privata. Si spostava su una Ford inglese guidata dall’uomo cui aveva dato l’appuntamento nel pub vicino a Cavendish Square. Mentre andavano in giro in auto, mentre si allontanavano o si avvicinavano, mentre sedevano nei pub o nei ristoranti, sembravano sempre immersi nella conversazione. O meglio, l’uomo al volante ascoltava mentre Gallagher parlava. Il sesto giorno Gallagher pagò il conto dell’albergo, e i due da Londra si diressero verso sud.

In un pomeriggio autunnale a Washington, con il sole appannato, freddo e pressoché invisibile dietro gli alberi e una fredda pioggia che cadeva da mezzogiorno, MacNeal, il generale Brook e Harris arrivarono al parcheggio e salirono sulla vettura del generale. Harris alla guida, gli altri due sui sedili posteriori.

“Dove ha incontrato questo tizio, Gallagher?” domandò il generale Brook chiudendo lo sportello e sistemandosi sul sedile. Harris avviò il motore e la vettura si mosse lungo il vialetto che conduceva all’uscita.

“Non sappiamo,” rispose MacNeal. “In Corea, forse. O forse non lo conosceva prima. Forse qualcuno li ha fatti incontrare.”

“Hai detto che si chiama Castor?”

“Sì,” disse MacNeal. “Roy Castor. Ha cinquantotto anni e ha vissuto a Londra da quando è andato in pensione cinque anni fa.”

“E prima?” domandò il generale Brook.

MacNeal disse che proveniva da una cittadina nel nord dell’Inghilterra. “Era nella marina mercantile. Poi diventò sergente maggiore delle Scotch Guards e da qui passò all’Intelligence Service. Infine, cinque anni fa andò in pensione.”

“Che cosa ha fatto da quando si è ritirato?”

“Nulla. Ha un giardino nella zona nord di Londra. Coltiva fiori e verdura. Ci passa un sacco di tempo.”

“È sposato?” domandò il generale Brook.

“Lo era,” disse MacNeal, “ma la moglie è morta molto tempo fa. Ha una figlia sposata che vive a Copenaghen.”

“Altro?” domandò il generale Brook.

“Solo che è una brava persona,” disse MacNeal, “e molto capace. Inoltre conosce l’Inghilterra come le sue tasche.”

Il generale Brook domandò se avevano un’idea di dove fossero diretti Gallagher e il suo autista.

“Sembra che vadano in giro senza meta,” disse MacNeal, “ma gradualmente si spostano a sud, verso Portsmouth.”

“E da Portsmouth andranno a Cardiff, a Bristol e in tutti gli altri porti,” disse Brook.

“È ciò che pensiamo,” confermò MacNeal.

“Non sono tanto stupidi,” disse il generale Brook.

“Non lo sono affatto,” disse MacNeal, guardando le lampade dell’illuminazione pubblica che cominciavano a accendersi nell’oscurità del tardo pomeriggio.

3

Era ottobre. Una serata piovosa a Portsmouth. Castor era seduto al tavolo di una taverna affollata rumorosa e piena di fumo, situata nella zona occidentale del porto, dove arrivavano per caricare o per scaricare bestiame o carbone. Con lui erano un marinaio di nome Bingham, un gallese dalle mani indurite e dalle gambe storte, e due donne sulla quarantina.

Delle due donne una, di Portsmouth, nata a meno di cinque minuti da dove era seduta in questo momento, si chiamava Lillian. L’altra, una bionda prosperosa con la permanente fatta in casa, si chiamava Eunice, e si diceva avesse guadagnato quando aveva vent’anni persino cinquanta sterline per notte vendendo reiteratamente il suo corpo. Adesso tuttavia, lei diceva, era molto migliore perché, non avendo né giovinezza né bellezza né reputazione da mantenere, era libera di tracannare birra e di mangiare montagne di patatine fritte con salsa di pomodoro con chiunque gliele offrisse e di gettarsi più tardi nella sua camera ammobiliata, nuda e vorace, sull’uomo che aveva scelto, senza darsi pensiero di quanto le avrebbe dato, se pure le avrebbe dato qualcosa. “Non ho mai avuto la stoffa della puttana,” diceva. “Gli uomini mi piacciono troppo.”

Castor che aveva pagato un altro giro, stava dicendo, “In vita mia ho avuto pochi lavori comodi, ma quello che ho adesso è senz’altro il più comodo di tutti. Porto in giro questo cittadino, questo gentiluomo della cultura, per la campagna, mentre lui non fa che parlare come un idiota di poesia del diciottesimo secolo e di diosachecosa. E sempre con il naso nei libri e il resto nelle nuvole. Non credo che abbia mai visto un albero o una mucca o un cespuglio da quando abbiamo lasciato Londra.”

“Mi sembra un po’ tocco,” disse Lillian.

“Tocco non è la parola giusta,” disse Castor.

“Ma ti paga bene, vero, Roy?” domandò Eunice.

“Sf, mi paga bene,” disse Castor, “e mi paga anche le spese. Come dico, è piuttosto comodo per quanto riguarda i soldi. Come tutti gli americani, ha un bel po’ di soldi.”

“Mi sembra che sia una persona interessante,” disse Eunice. “Non mi sembra poi tanto tocco in fondo. Credo che mi piacerebbe conoscerlo.”

“Con me hai la fortuna in mano,” disse Bingham. “Non stare a farti domande sul conto di qualche maledetto professore americano. Con me hai la fortuna in mano.”

“Non è alle sue mani che sta pensando,” disse Lillian.

“Se pensi di essere tu la fortuna nelle mie mani,” disse Eunice a Bingham, “hai una grossa opinione di te stesso. Di tipi come te me ne posso fare fuori quattro fra la colazione e il bagno.”

“Per essere sinceri,” disse Castor, “non credo che ti andrebbe questo americano, Eunice. Probabilmente ti spianerebbe con un ferro da stiro e ti userebbe come segnalibro.”

Il mattino seguente, mentre da Portsmouth andavano 141

verso occidente, sotto una pioggia più fitta di quella della sera precedente, Castor disse, “Gli ho recitato la scenetta su cui ci eravamo accordati e l’hanno presa per oro colato. Mi dispiace di averti fatto sembrare un fesso. Spero che non ti importi.”

“Non fa nulla,” disse Gallagher.

“Ho anche detto un paio di frasi contro gli americani in genere. Questo potrebbe esserci utile in seguito.”

“C’erano sempre gli stessi due individui?” domandò Gallagher.

“Uno era lo stesso,” disse Castor. “L’altro invece era nuovo. O pedinava l’uomo che stava pedinando noi, oppure ci stavano osservando da due parti.”

Gallagher guardò la pioggia fuori dal finestrino. “È una giornata schifosa,” disse.

“Le facciamo per scoraggiare i turisti,” disse Castor.

“Ho la sensazione che dovremo fare una lunga ricerca, Roy.”

“Forse si e forse no,” disse Castor, “ma lunga o no, quel Mr. Ramsey lo troveremo. Non avere paura.”

Per tutto ottobre, novembre e per una buona parte di dicembre, Gallagher e Castor percorsero le coste meridionali e occidentali dell’Inghilterra. Si fermavano, ripartivano, rimanevano per una settimana in un posto, per due giorni in un altro. Entravano e uscivano continuamente da alberghi del porto, da taverne, da bordelli. Osservavano, ascoltavano e aspettavano. Cercavano di sapere senza chiedere. Mai chiedere o attirare l’attenzione. Apparire e scomparire da Portsmouth, Dover, Southampton. Partire e ritornare. Ascoltare e essere presente nei luoghi dove c’erano marinai. Quasi sempre era Castor che ascoltava. Si mescolava con i marinai, gli scaricatori, le cameriere, le prostitute. E aspettava. E ascoltava attentamente mentre osservava la gente, in cerca di qualche segno di un uomo come Ramsey. Weimouth e Torquay e le piccole città sulla costa e i villaggi di pescatori lungo la strada su una costa e sull’altra. Plimouth e Devonport e Falmouth e St. Ives. Poi nuovamente a Londra. Qui un’altra settimana a girare i porti della zona. A Londra con il treno. Poi nuovamente a Plimouth per prendere la macchina dopo una settimana inutile a Londra.

Poi su per la costa occidentale, seguendo la sinuosità della costa fino a Bristol e Cardiff. Newport e Port Talbot e Swansea. Pioveva moltissimo ora, le giornate erano brevi e, anche prima che calasse l’oscurità, la luce veniva annullata dalla nebbia che veniva dall’oceano, dalla pioggia e dall’inverno che sopraggiungeva. Fuori verso ovest fino a Pembroke, poi seguirono la curva della costa e si diressero nuovamente verso nord attraverso la baia di Cardigan. Si fermavano anche nei piccoli porticcioli. New Quay e Barnmouth e Harlech, Nevin e Banghor. Poi verso est attraversarono la baia di Colwin fino a Liverpool. Su fino a Southport e poi di nuovo a Liverpool. Qui, una lunga sosta. Castor con la barba lunga e l’aria dissoluta, stava giorno e notte nelle taverne del porto, mentre il vento che soffiava da occidente sul Mare d’Irlanda, diventava ogni giorno sempre più freddo e teso.

Nell’Ufficio del generale Brook erano riuniti Maslow, Harris e MacNeal. La fitta neve bagnata che cadeva fuori ovattava i rumori della strada e del parcheggio sottostante.

“Siamo in ritardo,” disse il generale Brook. “Non c’è bisogno che vi dica che siamo maledettamente in ritardo. La prima cosa che sapete è che Natale è vicino e stiamo ancora scarrozzando i nostri culi per Washington alla ricerca del gemello di questo.” Prese in mano un pezzo di carta ripiegato.

MacNeal disse, “Credo che dovremmo allargare il campo delle ricerche.”

“Dove per esempio?” domandò il generale Brook.

“In California,” disse MacNeal. “Gallagher è andato a scuola là. In California ha un mucchio di vecchi amici.

Uno di loro potrebbe fornirci la risposta di cui abbiamo bisogno.”

“Abbiamo mandato gente in California un mese fa,” disse il generale Brook. “Non ne hanno tratto nulla.”

“Lo so,” disse MacNeal. Ma dobbiamo provare ancora. Dobbiamo scavare ancor più in profondità, questo è tutto.”

“D’accordo, Harry,” disse il generale Brook. “Prosegui. Ma se non troviamo qualcosa in fretta, ci troveremo con la coda nella tagliola.” Si sentì il ronzio dell’interfono. “Si? Sì, capisco. Grazie.” Si rivolse a MacNeal, “Bene, finalmente una buona notizia. Hanno ritrovato la pista di Ramsey. È ritornato in Inghilterra.”

“E dov’è adesso?” domandò MacNeal.

“Ha un lavoro di copertura. Presso l’Ufficio Internazionale di Previdenza Marittima. Dicono che vada molto in giro, ma pare che il suo quartier generale sia a Newcastle.”

“Bene, almeno sappiamo dov’è,” disse MacNeal.

“Già,” disse il generale Brook. “Ma se lo abbiamo trovato noi lo può trovare anche Gallagher.”

4

Gallagher e Castor, sempre insieme un giorno dopo l’altro, con la pioggia che scorreva sui finestrini dell’automobile, o che cadeva dalle finestre della loro stanza d’albergo, parlavano molto fra di loro. Per la precisione Gallagher, dopo aver esaurito tutti i ricordi, gli incidenti e le descrizioni che davano un quadro, o che comunque rendevano più chiara, la figura di Ramsey, ascoltava mentre Castor parlava. Parlava dei genitori, ormai morti ambedue e sepolti a Brecknoch, un villaggio del Galles dove erano cresciuti e avevano passato tutta la vita. Parlava del fratello maggiore, Simon, un ecclesiastico a riposo, vedovo come Roy, che viveva a Birmingham con la sorella più giovane, Agnes, il secondo marito e le due figlie del primo marito, morto nel Nord Africa nell’armata del generale Montgomery. Ma, quasi sempre, mentre guidava sulle stradiciole di campagna delimitate da alti muretti, aguzzando gli occhi per vedere oltre la fitta cortina di pioggia, parlava della moglie.

“Non era una donna grande e grossa. Ma era una grande lavoratrice. Quando era in arrivo il bambino, sbrigava regolarmente tutti i lavori domestici e non si lamentava mai né si aspettava attenzioni particolari come fanno tante altre donne. Se cercavo di farla stare a letto un po’ di più al mattino si arrabbiava moltissimo. ‘Se ho l’aria di un’invalida, faresti meglio a cercarti un’altra donna,’ mi diceva. E quando avevo finito di farmi la barba e scendevo sotto, lei era già giù. Il caffè bolliva nel bricco e i fiocchi d’avena aspettavano solo di essere coperti di panna. Mia figlia è grande e grossa, come quelli della mia famiglia, ma non sarà mai come sua madre. È una ragazza dolce e carina con un viso come quelli che si vedono nelle riviste. È sempre stata un’ottima figlia, senza problemi o grilli per la testa. Ma non ha nella schiena l’acciaio di sua madre.”

Gallagher non parlava mai di Joannie. L’immagine di lei, seduta sul sedile anteriore dell’automobile, in quella grigia mattina a Santa Monica, con Ellen in braccio e le lacrime che le scendevano lungo le guance, la portava chiusa negli occhi e nella gola, e non gli permetteva di parlare.

In California Maslow, Harris e Woodson si spostavano continuamente per cercare di venire a capo del groviglio di vecchie amicizie e associazioni dove forse avrebbero trovato una persona che, attraverso una parola o un’espressione del viso, gli avrebbe permesso di capire che sapeva che Gallagher era ancora vivo. Costui avrebbe potuto essere la persona cui Gallagher aveva affidato la lettera.

“Il Dipartimento di Stato ha deciso di tributare un riconoscimento postumo a Gallagher. Oltre alla medaglia verrà pubblicato un volume con la sua biografia. Siamo alla ricerca di informazioni che potrebbero servire allo scopo. Tutto ciò che lei ci può dire sul conto di Gallagher sarà apprezzato moltissimo.”

A ciascuna di queste persone facevano il discorsetto. A Los Angeles, a Pasadena, a Berkeley, a San Francisco. Su e giù lungo la costa del Pacifico dove risiedevano i compagni di scuola, gli amici e i reduci della guerra di Corea che avevano conosciuto Gallagher. Facevano il discorsetto, poi sedevano e ascoltavano.

Una mattina della seconda settimana di dicembre Castor usci dalla porta laterale di una locanda di campagna a trenta chilometri a occidente di Londra. Lo seguiva Gallagher. I due uomini sistemarono i bagagli nel baule dell’automobile e sedettero nei sedili anteriori. Mentre Castor stava avviando il motore e faceva retromarcia per uscire dal parcheggio, dall’ingresso principale uscì un facchino. “Un momento, signore.” Andò all’automobile con una busta in mano.

“Che cos’è?” domandò Castor, quando il facchino si fu avvicinato.

“È venuta una persona questa mattina presto. Ha lasciato questa busta per lei.”

“Per me o per il signor Kellogg?” chiese Castor.

“Non l’ho ricevuta io,” disse il facchino, “ma credo che il portiere di notte abbia detto che era per il signor Kellogg.”

“Grazie,” disse Castor. Il facchino si allontanò dirigendosi verso la porta. I due uomini guardarono la busta che Castor teneva in mano.

“È di Ramsey,” disse Gallagher.

“Ramsey? Come fai a saperlo?”

“Non lo so,” disse Gallagher. “Ma ho un grosso sospetto. Apri e vedremo.” Castor strappò un’estremità della busta, la scosse. Ne cadde un foglietto bianco. La girò e lesse. “Ho ragione?” disse Gallagher.

“Hai ragione,” disse Castor. “Dice, ‘Spero che il viaggio attraverso l’Inghilterra ti piaccia.’ Ed è firmato, ‘Brian.’” Tese il foglietto a Gallagher. “È la sua calligrafia?”

“Sì,” disse Gallagher.

“Che cosa ne pensi?” domandò Castor.

“E molto semplice,” disse Gallagher. “Sa che sono vivo e che lo cerco. Vuole che io sappia che lui lo sa.”

“Perché dovrebbe fare una cosa simile?” domandò Castor.

“Probabilmente l’idea lo diverte,” disse Gallagher. “Brian ha molto senso dell’umorismo.”

“E ora che dovremo fare?” domandò Castor.

“Continueremo a cercarlo,” disse Gallagher.

Quella sera, prima di andare a dormire, Gallagher si tagliò i baffi e mise in valigia gli occhiali dalla montatura di metallo.

5

Il generale Brook guardava fuori dalla finestra dell’ufficio di MacNeal a Washington. Era tardo pomeriggio. Era stata una giornata grigia e nebbiosa e stava cominciando a calare una pesante oscurità. Mentre il generale Brook guardava, in tutta la città le luci natalizie brillavano, si accendevano e spegnevano. Un enorme albero di Natale risplendeva di luci blu e gialle sulla Pennsylvania Avenue.

“Harris è ancora in California, vero?” domandò MacNeal a Maslow, seduto sulla scrivania.

“È a Berkeley,” rispose Maslow. “Dove abbiamo deciso di smettere.”

Il generale Brook si voltò. “E non ci sono più elementi che permettano di proseguire?”

“Nemmeno un briciolo,” disse Maslow.

“È una maledetta notizia,” disse il generale Brook.

“Harry sta facendo ancora ricerche?” domandò Mac. Neal.

“No/ disse Maslow. “Abbiamo esaurito tutte le piste. Sta solo aspettando la mia chiamata. O con nuove istruzioni o con l’ordine di tornare indietro.”

“Bene, fallo tornare,” disse il generale Brook. “Non c’è nessuna ragione che se ne rimanga laggiù seduto nel suo macinino. Dobbiamo provare con qualcosa di diverso.” Poi, “Qualche idea, Harry?”

“Niente di particolare,” disse MacNeal, “ma c’è qualcosa che mi gira per la testa da qualche giorno.”

“Di che cosa si tratta?” domandò il generale Brook.

“Ecco,” disse MacNeal, “non abbiamo concluso nulla controllando gli amici di Gallagher e non possiamo far domande ai giornalisti per non insospettirli. Allora proviamo per un’altra via. Supponiamo che Jim abbia affrontato la faccenda da un punto di vista puramente commerciale. Supponiamo che si sia messo in contatto con un estraneo, piuttosto che con una persona che conosceva già.”

“Se ha agito cosi siamo proprio in fondo a un buco,” disse il generale Brook.

“Forse no,” disse MacNeal. “Da chi andresti tu se dovessi regolare una faccenda complicata e avessi bisogno dell’aiuto di una persona di fiducia?”

“Credo che andrei da un legale,” disse il generale Brook.

“Proprio. E anch’io farei cosi,” disse MacNeal. “E quindi perché non avrebbe dovuto fare la stessa cosa Gallagher?”

Maslow disse, “Mi pare una cosa sensata.”

“Tu che cosa ne pensi?” domandò MacNeal al generale Brook.

“Non so,” disse il generale Brook, “mi sembra troppo semplice. Ma d’altra parte...”

“Con gli avvocati potremmo muoverci più in fretta,” disse Maslow. “Potremmo farli passare sistematicamente e avere delle risposte in fretta. Se sanno qualcosa, naturalmente.”

“Non sarebbe come andare a parlare agli amici di Jim,” disse MacNeal. “Possiamo muoverci in fretta. Anche se si dimostrerà un vicolo cieco, non avremo sprecato molto tempo.”

“Quanto tempo ci vorrebbe?” domandò il generale Brook.

“Con dieci uomini,” disse Maslow, “da dieci giorni a due settimane.”

Il generale Brook ritornò alla finestra e guardò verso le luci. Aveva ripreso a nevicare. Dopo un momento si voltò e disse, “D’accordo. Facciamolo.”

Gallagher e Castor erano sprofondati in due vecchie poltrone di uno squallido albergo di Plimouth, nelle vicinanze del porto. Su un tavolo vicino erano sparsi i rimasugli di un pasto. Fuori, nelle strade bagnate si sentivano i canti di Natale e i cori di chiesa provenienti dalla città alta. Gallagher si chinò in avanti, prese una bottiglia di brandy mezza piena dal pavimento e riempi il bicchiere di Castor.

“Buon Natale,” disse.

“Buon Natale,” ricambiò Gallagher riempiendo a sua volta il bicchiere.

“Che cosa ne pensi, Roy?” domandò Gallagher, riappoggiandosi allo schienale della poltrona.

“Non so,” disse Castor.

“Credo che siamo bloccati,” disse Gallagher.

Castor disse che Jim non gli sembrava più tanto ottimista come nell’autunno.

“Non lo sono per nulla,” disse Gallagher. “Credo che siamo inchiodati.”

“È un paese grande per nascondersi,” disse Castor, “ma credo che d’ora in poi saremo più fortunati. Sono passati tre mesi e di fortuna non ne abbiamo avuta affatto. Io mi aspettavo il colpo di fortuna dopo un paio di mesi di ricerche.”

“Invece di essere noi a inseguire Ramsey,” disse Gallagher, “è lui che è alle nostre calcagna. Sembra che ce ne sia un intero plotone, a giudicare dal numero di facce che continuiamo a vedere.”

“Credi che cercherà di tirarti un’altra botta?” domandò Castor.

“Non so,” rispose Gallagher, “ma non credo che giochi al gatto col topo per nulla.”

“Quelli di Washington dovrebbero sapere dove si trova.”

“Ci puoi scommettere,” disse Gallagher.

“E sanno anche dove siamo noi,” prosegui Castor.

“Non c’è dubbio,” disse Gallagher.

“Ma ho l’impressione che non sappiano che Ramsey ci sta dietro.”

“Ho l’impressione che tu abbia ragione,” disse Gallagher.

“E se tu dicessi a MacNeal o al generale Brook che Ramsey sa che tu sei vivo? Questo non alleggerirebbe la pressione su di te?”

“Forse,” disse Gallagher.

“Forse dovresti dirglielo, allora,” disse Castor.

“Forse dovrei,” consenti Gallagher, “ma non ho l’intenzione di farlo. Non voglio correre il rischio che tutta la faccenda esploda e che Ramsey venga espulso dall’Inghilterra.”

“Non credi che il KGB sappia che sei ancora vivo?”

“No, non credo,” disse Gallagher. “Se lo sapessero, succederebbe qualcosa. Credo che Ramsey li inganni tuttora.”

“Se quello che stai dicendo è giusto,” disse Castor, “allora Ramsey sta giocando una partita pericolosa.”

“È cosi che gli piace giocare,” disse Gallagher.

In quel momento squillò il telefono. Castor si alzò e andò a rispondere.

“Sì. No. Sì, è qui. Un attimo. È per te,” disse cedendo il ricevitore a Gallagher. Mentre Gallagher prendeva il telefono, Castor uscì in fretta dalla stanza.

“Pronto,” disse Jim, “Sì, centralino, sono Kellogg.”

“Buon Natale, Jimbo,” disse una voce attutita.

“Chi parla?” domandò Gallagher.

“Sono io, Brian,” disse la voce. “Volevo solo augurarti Buon Natale e dirti che ti ho fatto un regalo. Lo troverai nel cassettino della macchina. Non aver paura di aprirlo. Non è una bomba.” Si sentì uno scatto e la linea si interruppe.

“Pronto,” disse Jim. “Pronto...”

Si sentì la voce del centralinista, “ Spiacente, signore, ma all’altro capo hanno interrotto la comunicazione.”

“Va bene, grazie.” Mentre riappendeva, entrò Castor.

“Sono andato al centralino dell’albergo,” disse Castor. “La chiamata proveniva da Newcastle.”

Due ore dopo MacNeal, in abito da sera, lasciò gli ospiti del suo cocktail, andò nella biblioteca e sollevò la cornetta del telefono.

“Sì, Walter,” disse.

“Ho appena ricevuto un messaggio in codice dall’Inghilterra,” disse il generale Brook, “e non mi piace affatto quello che mi hanno detto.”

“Di che cosa si tratta?” domandò MacNeal.

“Gallagher ha preso un aereo per Newcastle. Arriverà entro un’ora e mezzo.”

“È armato?” domandò MacNeal.

“Non lo sappiamo,” disse il generale Brook, “ma non possiamo correre rischi. I nostri hanno avvertito la polizia di Newcastle che ha già fermato un paio di amici di Ramsey. Questo dovrebbe convincere Ramsey a tagliare la corda. Ci aspettiamo che lasci la città entro un’ora.”

Gallagher e Castor erano seduti, lontani dalla dozzina circa di altri passeggeri, disposti qua e là per la cabina nella parte anteriore di un aeroplano a elica di medie dimensioni. Parlavano tranquillamente.

“Ho vissuto a Newcastle per tre anni,” disse Castor. “La conosco come le mie tasche.”

“Da dove dobbiamo cominciare?” Domandò Gallagher.

“Come al solito. Il fronte del porto. C’è un vecchio albergo per marinai che si chiama Stafford House. È a circa tre isolati dalla banchina. Andremo li. Proprio dall’altra parte della strada c’è un pub, il Victoria. Tutti i marinai che arrivano a Newcastle passano di li prima o poi. E Sarah Spender li conosce tutti.”

“Chi è?” domandò Gallagher.

“Una signora, mia vecchia amica,” rispose Castor. “In verità non è poi tanto vecchia e nemmeno tanto signora, però è davvero una buona amica. Dirige il Victoria e sa tutto quello che succede a Newcastle. Se Ramsey, come dici, ha un debole per le donne, deve avere certamente dato un pizzicotto a Sarah prima o poi. Se è così, lei se ne ricorderà. Un pizzicotto non lo dimentica mai.”

6

Sarah Spender, una donna robusta e attraente, verso la cinquantina, stava dietro il bancone del Victoria. Quando era ragazza o giovane donna era una famosa bellezza, in città. Era tuttora piacente. Si teneva diritta, aveva carne soda, guance colorite, occhi azzurro chiari, e denti forti che mostrava quando sorrideva. Aveva le braccia nude, sode, con fossette al gomito. Emanava un delicato profumo di talco; il seno pieno e liscio sporgeva dal vestito scollato. “ Quando viene qui un signore, può farsi una buona onesta bevuta e ha qualcosa di carino da guardare mentre beve.”

Oltre le teste degli uomini e delle poche donne che, in piedi o seduti, erano nel locale, Sarah Spender vide dalla finestra sul fronte, attraverso le decorazioni le bandiere e i festoni di popcorn una macchina arrestarsi davanti all’ingresso. Pochi istanti dopo, entrarono due uomini di statura media, uno con un pesante cappotto, l’altro, con un abito di tweed e un gilet lavorato a maglia. Ambedue portavano un cappello floscio. Si fecero strada tra la gente fino al bancone del bar. Ordinarono birra scura e rimasero a berla al banco, voltando la schiena a Sarah, e osservando i presenti. Finirono la birra e mentre l’uomo con l’abito di tweed ripeteva l’ordinazione, l’altro accese una sigaretta e continuò a ispezionare la gente del locale. Infine i due uomini si diressero verso un grande tavolo rotondo situato accanto alla finestra. Uno dei due si chinò per parlare a un uomo dai capelli neri che era seduto al tavolo in compagnia di altri due uomini e di una ragazza dai capelli rossi. Poi i due uomini si diressero verso la porta e uscirono seguiti dall’uomo dai capelli neri. Mentre l’automobile su cui erano saliti si allontanava, uno dei due uomini rimasti al tavolo si alzò, andò al telefono a gettone vicino alla porta della toilette nell’angolo, chiuse la porta di vetro dietro di sé, e formò un numero.

Gallagher e Castor uscirono dal terminal dell’aeroporto di Newcastle e si infilarono in un tassì marrone e blu.

“Alla Stafford House,” disse Castor, “in fretta.”

Nella stanza buia di un appartamento situato in un tranquillo quartiere residenziale a un chilometro e mezzo circa dal Victoria, si sentì l’improvviso squillo del telefono. Cinque volte. Una porta si apri e dalla camera da letto illuminata usci Ramsey, in pigiama, reggendo un bicchiere in mano. Andò al telefono e sollevò il ricevitore. “Sf,” disse. Ascoltò per un momento, poi, “Sf. Capisco. Grazie.” Riappese e ritornò rapidamente in camera da letto. Una ragazza negra giovanissima, dai capelli molto corti che indossava solo la parte superiore di un pigiama da uomo, era sprofondata in una poltrona di pelle con le gambe distese appoggiate alla sponda del letto.

“Ti interesserebbe una vacanza in campagna?” domandò Ramsey mentre si toglieva i calzoni del pigiama e andava verso il bagno.

“Sì, mi interesserebbe,” disse la ragazza.

“Sei disposta a partire entro cinque minuti?” disse Ramsey, infilandosi un paio di mutande.

“Sì,” rispose la ragazza, alzandosi e togliendo il pigiama da sopra la testa.

“Allora partiamo fra cinque minuti,” concluse Ramsey.

Gallagher stava davanti alla finestra di un appartamento al secondo piano della Stafford House. Guardava in strada verso l’ingresso del Victoria. Mentre osservava tenendosi al riparo dietro le tende, dall’ingresso del locale usci Castor. Rimase fermo un attimo vicino al bordo del marciapiede, quindi attraversò la strada e scomparve nell’ingresso dell’albergo. Gallagher vide un uomo sottile con un cappello floscio di tweed, uscire a sua volta dall’ingresso del locale. Si fermò sul marciapiede, seguendo con lo sguardo Castor e accendendo una sigaretta.

Pochi minuti dopo Gallagher, sempre vicino alla finestra, stava ascoltando attentamente Castor che parlava seduto sul bordo del letto, con una sigaretta accesa in mano.

“Sarah dice che la polizia ha prelevato due uomini un paio d’ore fa e che poco fa è ritornata e ne ha prelevato un altro. Ora If è tutto tranquillo.”

“E non sa nulla di Ramsey?” domandò Gallagher.

“Il nome, Ramsey, non le dice nulla,” disse Castor. “Dice che dovrebbe vedere una sua fotografia.”

Gallagher disse che aveva qualche istantanea di Ramsey nelle valige. “Gliene puoi far vedere una.” Poi, “Puoi garantirmi che tenga la bocca chiusa?”

“No,” disse Castor, “ma come rischio, è ragionevole.”

“Non abbiamo molta scelta,” disse Gallagher, “quindi penso che dovremo fidarci di lei.” Guardò nuovamente fuori dalla finestra. “Ho la vaga impressione che il nostro coniglio sia scappato dalla trappola.”

“Sembra che sia cosi,” disse Castor.

“E ho l’impressione,” continuò Gallagher, “che i miei amici di Washington gli abbiano aperto la porta della trappola.”

“E adesso?” domandò Castor.

“Aspetteremo,” disse Gallagher. “Domani parlerai ancora alla tua amica e le farai vedere la fotografia. Poi vedremo dove andare. È inutile andare a caccia finché non c’è nessuno da cacciare.”

A Washington, Maslow entrò in un imponente palazzo d’uffici, il secondo che visitava quel giorno, il ventiduesimo negli ultimi nove giorni. Controllò le targhe appese all’ingresso, diede un’occhiata a un minuscolo taccuino che teneva in tasca, poi entrò nell’ascensore. Un’ora dopo, usciva dall’ascensore accompagnato da un uomo. Un uomo piuttosto anziano. Un uomo anziano ben vestito di nome Compton. Maslow camminava in fretta, tenendo strettamente una borsa sotto il braccio.

Il pomeriggio seguente, Castor era seduto a un tavolo del Victoria in compagnia di Sarah. La donna teneva in mano un’istantanea di Ramsey che lo ritraeva sorridente appoggiato al parafango di un’automobile sportiva decappotabile.

“È proprio la stessa persona,” disse alla fine Sarah. “Adesso ha la barba e cammina con una stampella. Ma è la stessa persona. Si chiama Joseph Norman. Con i suoi amici è generoso. Paga spesso lui per tutti. Sì, è proprio lui.”

Ritornato all’albergo, Castor ripetè l’intera conversazione a Gallagher. “Gli piacciono le donne come sempre,” disse. “Ha fatto il filo a Sarah, dice lei, fin da quando è arrivato qui.”

“Questo potrebbe esserci utile, se e quando ritornerà qui,” disse Gallagher. “Ha idea di dove sia?”

“Diceva che è fuori città da ieri. Non ha idea di dove sia scappato, ma stamattina un paio di amici suoi dicevano che era andato a Bristol.”

Nell’ufficio di MacNeal a Washington, il signor Compton strinse la mano al generale Brook e a MacNeal, quindi uscì accompagnato da Maslow.

Rimasto nell’ufficio, il generale Brook prese un foglio di carta piegato, lo apri e lo distese sulla scrivania. “Adesso siamo a posto, Harry,” disse. “Scoviamolo.”

Nei sedili di un piccolo aereo a reazione sulla rotta Newcastle-Birmingham-Bristol, Castor si rivolse a Gallagher. “Ho la sensazione che ci siamo.”

“Anch’io,” disse Gallagher.

“Credi che ci stia sempre alle calcagna?”

“Non ne sarei sorpreso,” rispose Gallagher. “Ho visto il nostro amico pelle e ossa, con il cappello di tweed, all’aeroporto di Newcastle.”

“Non riesco a capire perché Ramsey non faccia una mossa,” disse Castor.

“La farà,” disse Gallagher, “ma solo quando sarà pronto. Ho la sensazione che si senta al sicuro. Noi non siamo riusciti a ingannarlo, ma siamo riusciti a ingannare il KGB. Quindi può scegliere il momento adatto.”

“Ma che cosa ci guadagna in questo gioco del gatto col topo?”

“Come ti ho già detto,” rispose Gallagher, “probabilmente la cosa lo diverte.”

7

Dal terminal dell’aeroporto di Bristol usci un uomo con un impermeabile chiaro sul braccio. Si fermò sul marciapiede accanto al quale era disposta una fila di tassi e di auto private in attesa. L’uomo prese in mano l’impermeabile, lo scosse e lo indossò. Lo abbottonò fino al collo, sollevando quindi il colletto. A una decina di metri di distanza, l’autista di una limousine nera si voltò leggermente verso il sedile posteriore e disse, “Quello è il nostro uomo.”

Gallagher e Castor uscirono dal terminal e si diressero verso un tassi. Mentre il tassi si allontanava dal marciapiede, l’uomo dall’impermeabile chiaro si diresse in fretta verso la limousine, sali sul sedile posteriore. Un’altra automobile nera si accodò a sua volta alla limousine. L’uomo sottile dal cappello di tweed, fermo davanti all’uscita, osservò le tre auto allontanarsi. Quindi si voltò e entrò lentamente nel terminal.

Pochi minuti dopo, mentre il tassì entrava nella periferia di Bristol, passando davanti a fabbriche di aeroplani, a raffinerie di zucchero, fabbriche di birra, impianti chimici e bordelli, Gallagher si voltò e lanciò un’occhiata alle due vetture che li seguivano a breve distanza. Si voltò verso Castor e disse, “Ho la sensazione che non siamo soli.”

“Ho la stessa sensazione,” disse Castor. “Che cosa suggerisci?”

“Non abbiamo molta scelta,” disse Gallagher. “Rilassiamoci e vediamo che cosa succede.”

Avvenne in fretta. L’ultima auto della fila superò le due vetture che la precedevano, tagliò improvvisamente la strada al tassì e cominciò a rallentare. Chiuso fra le due automobili, la prima davanti al muso, la seconda che quasi toccava il suo paraurti, il conducente del tassì rallentò alla velocità dell’auto che lo precedeva e si fermò sul bordo della strada. Dalla prima auto uscirono tre uomini e altri due dalla limousine. Si portarono ai lati del tassì mentre Castor e Gallagher uscivano di propria iniziativa dalla vettura.

Mezz’ora dopo in una casa dietro la St. Mark’s Chapel, Harris si allontanò dalla finestra di un appartamento al secondo piano e disse, “Arrivano, le auto sono entrate nel vialetto proprio in questo momento.”

Harry MacNeal comodamente seduto su un divano, davanti hi fuoco che crepitava nel caminetto, con diversi raccoglitori di pratiche al fianco, disse, “Fate entrare Gallagher da solo. Voglio parlargli da solo.”

Pochi minuti dopo, Gallagher era seduto in una comoda poltrona, soffice e coperta di cretonne, di fronte a MacNeal. Teneva le gambe accavallate; le mani poggiavano rilassate sul ventre.

“Allora vorresti riportarmi negli Stati Uniti?” disse Gallagher. “È cosi?”

“È cosi, Jim,” disse MacNeal. “Dobbiamo farlo.”

“E se io non volessi?” domandò Gallagher.

MacNeal disse che sapeva che lui non voleva ma che dovevano portarcelo in ogni modo.

“Vedo,” disse Gallagher. Poi, “Harry, se ti dicessi che Ramsey sa che sono vivo?”

“Direi che è una ragione di più per portarti via da qui.”

“Se lo sa lui,” disse Gallagher, “non credi che lo sappia anche il KGB?”

“Che cosa ti fa pensare che Ramsey lo sappia?” domandò MacNeal.

“Ho parlato con lui al telefono.”

“Questa non la bevo, Jim,” disse MacNeal.

“Che tu la beva o no, è vero,” disse Gallagher. “Mi ha telefonato.”

“Che cosa ti ha detto?” domandò MacNeal.

“Mi ha augurato buon Natale.”

“Ma certo,” disse MacNeal.

“E mi ha mandato un regalo,” proseguì Gallagher. “Mi ha mandato una bussola tascabile. Ce l’ho qui.” Estrasse dalla tasca della giacca una piccola bussola e la porse a MacNeal. Prese dal portafoglio un cartoncino bianco. “Ecco il biglietto che mi ha mandato con la bussola. Leggilo.”

MacNeal prese il cartoncino, gli diede un’occhiata e lesse ad alta voce, “Un piccolo strumento per aiutarti nelle tue ricerche. Buon Natale, Brian.”

“Che cosa ne pensi?” domandò Gallagher.

“È un tentativo abile, Jim. Ma non ci casco.”

Gallagher disse che la calligrafia era quella di Ramsey.

“Forse sì e forse no,” disse MacNeal, “ma prima che io abbia la possibilità di saperlo con certezza tu sarai già a Washington.”

Gallagher prese la bussola e il cartoncino e li rimise in tasca. Poi disse, “Non credo, Harry.”

“Anche se Ramsey sa che sei vivo,” disse MacNeal, “la tua posizione non cambia. Sappiamo che c’è qualcun’altro che ti pedina e forse è Ramsey che l’ha messo. Ma tanto nel caso che lui sappia di te quanto in caso contrario, il KGB non lo sa e questo è ciò che conta.”

“Sei sicuro che non lo sappiamo?” domandò Gallagher.

“Se lo sapessero,” disse MacNeal, “Ramsey non sarebbe in servizio. Lo farebbero partire dall’Inghilterra prima che tu riuscissi a schioccare le dita. No Jim, Ramsey sta facendo un lavoro importante per il KGB. Ci sono stati più scioperi e fermate di lavoro nei porti negli ultimi quattro mesi, che nei diciotto mesi precedenti. Fa il suo lavoro molto bene.”

“Ma tu dici che al KGB importerebbe se sapesse che sono vivo?”

“Proprio così,” disse MacNeal. “Non avrebbero più fiducia in lui e lo chiuderebbero come un rubinetto.”

“Questo significa che speri sempre di fargli cambiar bandiera,” disse Gallagher.

“Ci puoi scommettere. L’importanza della sua posizione va aumentando ogni giorno. Come fonte d’informazioni dovrebbe essere una miniera d’oro.”

“Di conseguenza mi vuoi portare a Washington dove non potrei più agitare le acque, è così?”

“Mi dispiace Jim,” disse MacNeal. “Non abbiamo scelta.”

Gallagher si alzò e andò accanto al caminetto. Voltò la schiena al fuoco e disse, “Bene, Harry, mi dispiace di rovinare i tuoi piani, ma ancora una volta vi ho buggerati.”

“Che cosa vuoi dire?” domandò MacNeal.

“Il foglio che hai avuto da Compton... l’hai con te?”

“No,” disse MacNeal. “È al sicuro nell’ufficio del generale Brook.”

“Ma tu l’hai letto, vero?” domandò Gallagher.

“Naturalmente. L’ho letto io, l’ha letto Walter e poi lo abbiamo chiuso in cassaforte.”

“Lo hai confrontato con la prima copia, vero? Quella che ho lasciato al generale Brook.”

“Proprio cosi. Era una copia carbone esatta,” rispose MacNeal.

“Giusto,” disse Gallagher. Poi, “Ma anche la prima copia era una copia carbone, ricordi?”

MacNeal disse che non si ricordava e Gallagher prosegui: “Pensaci. Era una copia su carta velina, una copia carbone. Proprio come quella che hai avuto da Compton.”

“Dove vuoi arrivare?” domandò MacNeal.

“Molto semplice,” disse Gallagher. “Se ci sono due copie carbone, in qualche posto ci deve essere anche l’originale. Ti sei mai domandato dove sia finito l’originale?”

MacNeal si alzò e andò alla finestra. “Stai bluffando, Jim,” disse.

“No, non sto bluffando e tu lo sai.”

MacNeal si voltò e ritornò verso il caminetto. “Il generale Brook non la lascerà passare,” disse. “Non puoi fregarlo due volte.”

“Si che posso,” disse Gallagher. “Credi che sia stato tanto stupido da mettere tutte le mie uova nello stesso paniere?”

“No, penso di no,” disse lentamente MacNeal.

“Ne ho dato una copia a Compton,” disse Gallagher. “Quella l’hai trovata. L’altra copia, l’originale, è nella cassetta di sicurezza di una banca e la chiave la conserva il vice presidente. Le sue istruzioni sono le medesime di Compton. Se passa una settimana senza che abbia ricevuto mie notizie, il foglio esce dalla cassetta e viene spedito.” Gallagher ritornò alla sua poltrona e sedette. “Sei inchiodato, Harry, e lo sai.”

MacNeal lo fissò per un lungo momento. Poi andò al telefono e sollevò la cornetta. “Di’ a Harris di entrare,” disse all’apparecchio, “e di mandarmi un corriere. Voglio che parta per Washington entro cinque minuti.”

8

Maslow con il cappotto addosso e il cappello in mano, aspettava in piedi nel salone d’ingresso della casa del generale Brook. Il generale usci in pigiama e vestaglia da ima porta in fondo e venne verso di lui.

“Lei ha comandato il corriere, vero?” domandò.

“Si signore,” rispose Maslow. “È qui fuori in automobile e un jet lo aspetta all’aeroporto. Sarà di ritorno a Bristol fra poche ore.”

“Bene,” disse il generale Brook. “Più in fretta è, meglio è. Adesso... scriva questo messaggio per MacNeal.” Maslow estrasse un piccolo taccuino e cominciò a scrivere. “Rilasciate Gallagher, ma tenetelo sotto strettissima sorveglianza. Trovate un modo qualsiasi per mettere in guardia Ramsey. Tenetelo nascosto finché non potremo trattare con Gallagher.”

L’orologio della stazione ferroviaria di Bristol segnava le otto e venti. Gallagher entrò nella stazione dall’ingresso principale. Si fermò all’interno fra le ondate di aria calda che venivano dalle bocche di riscaldamento in alto e le correnti di aria fredda che gli arrivavano sulle caviglie quando si apriva la porta. Andò all’edicola e acquistò un giornale. Lo apri e osservò l’atrio della stazione. L’uomo dall’impermeabile chiaro era seduto su una panca in fondo. Fumava meticolosamente e teneva aperto davanti a sé un orario ferroviario. Gallagher spostò lo sguardo sulla porta d’entrata e vide entrare l’uomo sottile con il cappello di tweed che andò direttamente alle toilettes. Quando ne usci pochi minuti dopo, andò al bar all’estremità lontana dell’atrio e sedette davanti a una coppa di cioccolata voltando le spalle a Gallagher.

Fuori, un ragazzo di diciannove vent’anni con l’aria dura entrò nel parcheggio a cavallo di una motocicletta in pessime condizioni. Il ragazzo, che indossava una sciarpona a righe e una giacca di pelle, sali i gradini ed entrò nella stazione. Appena dentro si fermò scostando i capelli dalla fronte con la mano e guardandosi intorno. I suoi occhi incontrarono quelli di Gallagher. Jim si alzò, piegò il giornale con precisione in quattro e andò verso un cestino di rete metallica per la carta straccia. L’uomo dall’impermeabile chiaro e quello dal cappello di tweed lo osservavano da dove erano seduti. Gallagher lasciò cadere il giornale nel cestino, si voltò e andò a sedere su una panchina li vicino.

Il ragazzo andò all’edicola, fece passare qualche giornale e alla fine acquistò una copia di Paris Match che portava in copertina la foto di Simone Signoret. Infilata la rivista sotto il braccio, si diresse verso la porta che conduceva al parcheggio.

Gallagher con una sigaretta fra le labbra frugò in tasca alla ricerca dei fiammiferi. Si alzò nel momento in cui il ragazzo gli passava davanti.

“Mi scusi,” disse, “ha da accendere?”

“Credo di si,” disse il ragazzo frugando nella tasca della giacca di pelle. “Sì. Ecco.” Porse a Gallagher una scatola di fiammiferi mezza vuota.

“Grazie,” disse Gallagher.

“Può tenerli se vuole,” disse il ragazzo, allontanandosi. “Ho un accendino.”

“Grazie tante,” disse Gallagher. Accese una sigaretta e rimase a guardare il ragazzo che attraversava l’atrio della stazione e usciva. Quindi ritornò alla panchina dove era seduto in precedenza.

Lanciò un’occhiata all’uomo dall’impermeabile chiaro e all’uomo dal cappello di tweed. Quando i due distolsero la sguardo da lui, lesse il messaggio scritto a inchio162

stro sull’interno della bustina di fiammiferi. C’era scritto, “ L’uccello ha preso il volo. Ci vediamo alle nove. “ Gallagher guardò l’orologio della stazione. Otto e ventotto. Accese tutti i fiammiferi e li osservò bruciare nel portacenere nero posto a un’estremità del banco.

Alle nove, l’uomo dal cappello di tweed che stava mangiando una seconda coppa di cioccolato vide Castor entrare nella stazione e dirigersi dove era seduto Gallagher. Gallagher si alzò e i due scambiarono brevemente qualche parola. Castor attraversò l’atrio passando dietro l’uomo dall’impermeabile chiaro e dietro all’uomo dal cappello di tweed richiudendosi in una cabina telefonica. L’uomo dal cappello di tweed abbandonò il tavolino del bar e andò a una panchina a metà strada fra la cabina telefonica e Gallagher. Pochi minuti dopo, quando Castor usci dalla cabina e si sedette accanto a Gallagher, ritornò verso il bar.

“Ho parlato con Sarah,” disse Castor.

“Che succede?”

“Niente. Nessun segno di Ramsey.”

“Nemmeno una parola?” domandò Gallagher.

“Nulla,” rispose Castor. “Ma, mentre stavamo parlando, entrò un uomo di nome Luther, che è amico di Ramsey. Sarah mi ha detto di richiamarla alle dieci.”

MacNeal stava parlando al telefono. Era ancora nell’appartamento di Bristol dove aveva incontrato Gallagher. Harris era in piedi dietro a lui.

“Bene. Rimani con lui,” disse MacNeal. “Sarò li quanto prima.” Riappese e si voltò verso Harris. “Ramsey è arrivato all’aeroporto di Liverpool dieci minuti fa.”

“E ora?” domandò Harris.

“Faremmo meglio a andare là,” disse MacNeal. “Dovremo trovare un modo per avvertirlo solo in caso smetta di scappare. Il generale Brook non lo vuole in mezzo finché non potremo tenere la bocca chiusa a Gallagher.”

“E se Ramsey non vuole scappare?”

“Non ha fatto altro da quando ha lasciato Newcastle,” disse MacNeal.

“Ma potrebbe decidere di fermarsi,” disse Harris. “Lo hai detto proprio tu.”

“In questo caso dovremo fare in modo che non abbia incidenti.”

“Vuoi dire che lo dobbiamo proteggere da Gallagher ? “ domandò Harris.

MacNeal stava infilandosi il cappotto. Per un lungo attimo non rispose. Infine disse. “Se è necessario, si.”

“È una brutta cosa,” disse Harris.

“È vero,” disse MacNeal. Poi, “Le ultime notizie su Gallagher?”

“È ancora alla stazione. Castor è con lui.”

“Che stanno facendo?” domandò MacNeal.

“Sono semplicemente seduti.”

“La cosa non mi piace,” disse MacNeal. “Preferirei che stessero facendo qualcosa.”

Harris disse che non credeva che sarebbero rimasti là a sedere se avessero saputo dove andare.

“Forse hai ragione,” disse MacNeal, “ma comunque non mi piace. Quale il primo volo per Liverpool?”

Harris estrasse dalla tasca laterale della giacca un mazzetto di orari e li fece passare rapidamente. “Alle dieci e mezzo,” disse infine, “Bene,” disse MacNeal, “andiamo. Farò qualche telefonata dall’aeroporto.”

Pochi secondi dopo le dieci, Castor e Sarah stavano parlando, l’uno da una cabina telefonica della stazione e l’altro dall’ufficio del retro del Victoria con la porta chiusa.

“Sf, ora è a Liverpool,” disse Sarah, “ma ho sentito che lo attendono a Newcastle questa sera tardi.”

“Credi che verrà li da te?”

“Di solito viene,” disse Sarah.

“Benissimo Sarah,” disse Castor. “E in caso dovesse venire sai che cosa devi fare?”

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“Non aver paura, Roy,” disse Sarah. “Farò del mio meglio.”

“Ci vediamo presto, tesoro. Stai attenta e arrivederci.”

Mentre Castor usciva dalla cabina e si dirigeva verso di lui, Gallagher guardò l’orologio della stazione. Le dieci e quattro minuti. Si alzò quando Castor giunse alla panchina.

“Newcastle,” annunciò Castor.

“Newcastle? Sei sicuro?”

“Adesso è a Liverpool,” disse Castor. “ma Sarah dice che arriverà a Newcastle stanotte.”

“Allora saremo là,” disse Gallagher.

“Non sono sicuro che ci sia un aereo,” disse Castor. “Può darsi che sia difficile arrivare là prima di sera.”

“Ci arriveremo,” disse Gallagher. “Ma prima di partire dobbiamo fregare questi due idioti. Comincio a essere maledettamente stanco di tutti questi occhi extra che mi sorvegliano.”

“Anch’io,” disse Castor. “Che cosa suggerisci?”

“ Ce ne andremo nel gabinetto degli uomini e impiegheremo molto tempo a lavarci le mani.”

“E poi?”

“Se restiamo cinque minuti fuori del loro campo visivo diventeranno nervosi,” disse Gallagher.

“E curiosi,” disse Castor. Si avviarono, attraversando l’atrio, in direzione del gabinetto maschile.

 

9

 

Pioveva e si era alzato un vento freddo e tagliente. Gallagher e Castor uscirono dal tassi e entrarono di corsa nel terminal dell’aeroporto di Bristol. Dalla pista era appena decollato un jet. Quando arrivarono allo sportello dei biglietti stava fischiando proprio sopra la loro testa.

“Non è l’aereo per Newcastle, vero? “ disse Gallagher.

 

“No, signore. Questo è il volo diretto per Liverpool. Il volo per Newcastle sta imbarcando i passeggeri ora. Partirà fra dodici minuti.”

L’aereo per Liverpool saliva velocemente nell’oscurità gravida di pioggia deviando leggermente dalla rotta prestabilita. MacNeal e Harris erano seduti nella parte anteriore della cabina a gambe distese. I piedi quasi toccavano la paratia.

L’altoparlante ronzò un paio di volte. Si sentì la voce del comandante, che parlava con un pesante accento settentrionale. “Signore e signori, vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza. Stiamo entrando in una zona di tempo cattivo ed è probabile che si debba ballare un pochino. Nulla di serio comunque. Atterreremo a Liverpool in orario. Grazie.”

Una Daimler nera correva facendo stridere le gomme sull’asfalto bagnato di pioggia sull’autostrada che unisce in direzione nord-est Liverpool a Newcastle. Alla guida un uomo dal viso duro segnato dalle intemperie e dai capelli grigi ricciuti. Sdraiata sul sedile posteriore una ragazza dormiva, avvolta in una coperta rossa. Ramsey era seduto a fianco del guidatore, gli occhi puntati sulla strada. Fumava una sigaretta ed era silenzioso.

Il volo per Newcastle decollò dall’aeroporto di Bristol, prendendo quota nella pioggia.

“Non ci saranno più voli,” disse Castor. “Hanno chiuso l’aeroporto.”

“Hai chiesto che tempo c’è a Newcastle?”

“ Prevedono cattivo tempo proveniente dal Mar d’Irlanda, ma l’uomo delle informazioni ha detto che a Newcastle il tempo è buono,” disse Castor.

“Tieni le dita incrociate,” disse Gallagher.

Un’ora dopo, mentre l’aereo di MacNeal faceva un largo giro per atterrare a Liverpool, l’auto di Ramsey

si arrestò davanti alla sua casa di Newcastle. Il cofano dell’automobile brillava nero e lucido di pioggia, ma a Newcastle non stava piovendo. Faceva freddo e veniva un vento teso da occidente, ma niente pioggia.

“Porta dentro Shirley e mettila a letto,” disse Ramsey al guidatore. “Io andrò in auto al Victoria. Se mi dovessero chiamare da Londra, digli dove mi trovo.”

“E Luther?” domandò il guidatore.

“Verrà giù con me.”

Nel momento in cui Harris e MacNeal stavano entrando nel terminal nell’aeroporto di Liverpool con gli abiti inzuppati per aver fatto sotto la pioggia il breve percorso dalla scaletta dell’areo, l’annunciatrice stava dicendo, “I passeggeri in attesa di una coincidenza si presentino immediatamente allo sportello biglietti. A causa delle cattive condizioni metereologiche l’aeroporto viene chiuso al traffico fino ad ulteriore avviso. Ripeto, a causa delle cattive condizioni atmosferiche l’aeroporto viene chiuso al traffico fino ad ulteriore avviso...”

“Siamo incappati in una bella serata,” disse MacNeal mentre si dirigevano verso il ritiro bagagli.

“Perlomeno siamo arrivati,” disse Harris. “I bagagli del nostro volo dovrebbero essere qui, penso.”

“ Il signor MacNeal sbarcato con il volo proveniente da Bristol...” disse una voce femminile all’altoparlante, “è pregato recarsi all’ufficio informazioni. Il signor MacNeal, proveniente da Bristol...”

MacNeal lanciò un’occhiata a Harris, poi si avviò verso l’ufficio informazioni posto al centro del terminal.

“Sono MacNeal,” disse, porgendo alla ragazza il biglietto dell’aereo.

“C’è un telegramma per lei, signore,” disse la ragazza, facendo passare una serie di telegrammi. “Eccolo. Firmi qui, per favore.”

MacNeal e Harris si allontanarono dallo sportello mentre MacNeal apriva il telegramma e lo leggeva.

“Brutte notizie,” disse MacNeal. “ Viene da Bristol. Hanno perduto di vista Castor e Gallagher.”

Tese il telegramma a Harris che lo lesse a bassa voce, “‘Uccelli hanno preso il volo. Segni indicano dirigonsi verso Newcastle.’ Che cosa pensi che voglia dire?”

“Può voler dire che Gallagher sa qualcosa che noi non sappiamo. O che Ramsey non è mai venuto a Liverpool, o che...”

“È venuto,” disse Harris. “I nostri uomini l’hanno visto salire sull’aereo a Bristol.”

“Allora,” disse MacNeal, “deve essere ripartito per Newcastle non appena è arrivato qui.”

“E questo dove ci porta?” domandò Harris.

“In una brutta situazione, temo,” disse MacNeal. Poi, “ Senti, vado dal direttore dell’aeroporto e cerco di raggiungere il generale Brook. Tu intanto cerca una automobile con autista. E fa attenzione che l’uomo conosca bene la strada. Sarà un viaggio veloce.”

Mentre Ramsey entrava al Victoria, Luther si alzò da un tavolo nell’angolo e gli andò incontro. Si fermarono soli, in piedi, all’estremità del banco parlando tranquillamente.

“Viaggi molto in questi giorni, vero?” disse Luther.

“Abbastanza,” disse Ramsey.

“Penso che faresti meglio a viaggiare ancora un po’. Per qualche suo motivo, la polizia locale ti ha cercato.”

“Lo so,” disse Ramsey. “Anche a Bristol. E a Liverpool.”

“Che cosa significa tutto ciò?”

“Niente. Qualcuno li ha messi sull’avviso,” disse Ramsey. “Vogliono che vada a nascondermi.”

“Questo non è il posto più adatto per nascondersi,” disse Luther.

Ramsey sorrise e posò la mano sulla spalla di Luther. “Ho detto che vogliono che vada a nascondermi. Non ho detto che ci sarei andato. C’è un mio vecchio amico che mi cerca e ho il sospetto che verrà qui per dare un’occhiata. E cosi non voglio deluderlo. C’è un lavoretto che devo portare a termine.”

Sarah usci dalla stanza posteriore e si avvicinò a Ramsey.

“Bentornato straniero,” disse. “Per un po’ ci è mancato lo spettacolo del tuo bel viso.”

“E potrei avere una pinta gratis come dono di benvenuto?” disse Ramsey, passandole una mano attorno alla vita.

“Una pinta gratis e un grosso bacio,” disse Sarah. Gli prese il volto fra le mani e gli diede un bacio tenero e rapido sulla bocca.

MacNeal usci dall’ufficio del direttore dell’aeroporto e andò incontro a Harris che lo attendeva.

“L’automobile?” domandò.

“Tutto sistemato,” disse Harris. “Una Citroen con un autista molto abile.”

“Bene. Andiamo.” Attraversarono in fretta il terminal.

“Sei riuscito a metterti in contatto con il generale?” domandò Harris.

“Sì, ci sono riuscito.”

“E qual’è la linea d’azione?” domandò Harris.

“Molto semplice,” disse MacNeal. “Fermare Gallagher. In qualsiasi modo.”

“Forse non sarà una cosa facile,” disse Harris mentre uscivano e si sitemavano sulla Citroen.

“E allora dovremo usare metodi duri,” concluse MacNeal.

L’aereo di Gallagher atterrò a Newcastle e si fermò vibrando sotto le raffiche di vento che fischiavano sulla superficie metallica. Gallagher e Castor scesero affrontando curvi sotto il vento il percorso verso il terminal. Attraversarono di corsa l’edificio dell’aeroporto ed entrarono nel primo tassi della fila.

Sarah uscì da dietro il bancone del bar reggendo un vassoio con quattro birre scure. Si fece strada attraverso la folla fino al tavolo di Ramsey, nell’angolo. Posò i boccali di fronte a Ramsey, Luther e alle due ragazze che erano con loro.

“Quattro birre per quattro cari e un bacio sulla guancia per l’ospite,” disse prendendo il vassoio e dando a Ramsey un rapido bacio mentre ritornava al bar.

“È di buon umore stanotte,” disse una delle ragazze.

L’altra disse, “Non si vede spesso Sarah distribuire cosi i baci.”

“Credo che nel suo cuore ci sia un angolino caldo per l’amico qui presente,” disse Luther.

“Se me lo chiedessi,” disse la prima ragazza, “direi che ha un angolino caldo in un altro posto.”

“Proprio cosi Mary,” disse la seconda ragazza. “È la pura verità.”

“Ho solo questo da dire,” disse Ramsey. “Se sono stato scelto, sono disponibile.”

Lontani da Newcastle verso sud-ovest l’automobile di MacNeal correva slittando sotto una pioggia sferzante attraverso la città di Settle.

“Quanto manca?” domandò MacNeal al guidatore.

“Poco più di novanta chilometri. Il tempo sta peggiorando. Credo che saremo costretti a rallentare, d’ora in poi.”

Alla Stafford House, Gallagher e Castor seguirono il fattorino che li portava nella loro stanza, la stessa che avevano preso in precedenza. Dopo aver dato la mancia all’uomo e aver chiuso la porta dietro di sé, Gallagher andò alla finestra, serrò le imposte e, dalla fessura che aveva lasciato aperta, guardò in basso verso il Victoria. Castor sollevò il ricevitore e chiese un numero al centralino.

Un attimo dopo, dal retro del Victoria usci un bari170

sta che si diresse verso l’estremità del banco dove Sarah stava parlando con Ramsey.

“Telefono, Sarah,” avverti. “Nell’ufficio.”

Sarah, rivolta a Ramsey, disse, “Ritorno fra un minuto. Nel frattempo faresti meglio a ritornare dai tuoi amici, altrimenti una di queste belle signore potrebbe voler piantarmi uno spillone nel cuore.”

Giunta nell’ufficio, sollevò il ricevitore e disse, “Pronto.” Poi, “Oh, aspetta un momento allora,” andò a chiudere la porta e ritornò al telefono.

“Solo si o no, non farmi dire nulla,” disse a bassa voce nel microfono. “Questo posto è come la vasca di un acquario.”

“Lui è li?” domandò Castor.

“Sf,” rispose Sarah.

“Ti pare che intenda rimanerci un po’?”

“Sf,” disse lei.

“Siamo alla Stafford House. La stessa stanza di prima. Stai facendo progressi nei suoi confronti?”

“Sì,” disse lei.

Nel salone del bar, Ramsey lanciò un’occhiata verso il retro.

Lasciò il bar, attraversò la porta di comunicazione e batté sulla porta dell’ufficio. “Andiamo, Sarah,” disse.

All’interno Sarah rispose, “Un attimo solo.” Poi rivolta a Castor. “Ora devo andare.”

“Benissimo, Sarah,” disse Castor. “Richiama se puoi.”

Riappese e andò alla finestra dov’era Gallagher. “Può darsi che si debba attendere a lungo,” disse. “È li e Sarah dice che sembra non abbia fretta di andarsene.”

“E per quanto riguarda il piano?” domandò Gallagher.

“Dice che ci proverà. Ma non può garantire nulla.”

Sarah ritornò nel salone del bar e andò a un tavolo dove Ramsey era seduto da solo. Mentre Ramsey posava le mani sulle sue, Sarah guardò l’orologio dietro il banco. Le due e mezza.

10

L’auto di MacNeal slittò frenando a un incrocio. L’autostrada era nera e bagnata, ma aveva smesso di piovere. Il guidatore puntò una torcia elettrica sul cartello stradale al bordo della strada. Newcastle, quindici chilometri. Posò la torcia sul sedile accanto a lui e avviò l’automobile superando l’incrocio.

Gallagher abbandonò per un momento la finestra. “Che ora è?”

“Quasi le cinque.”

“Come può rimanere aperto fino a quest’ora?” domandò Gallagher.

“Sarah non chiude se c’è qualcuno che vuole bere.”

“E la polizia?”

“Guarda da un’altra parte. Preferiscono che gli attacbrighe si sbronzino qui perché Sarah sa come metterli a posto. Altrimenti andrebbero a bere e a combinare pasticci per tutta Newcastle.”

Dopo un attimo Gallagher disse, “Non mi piace, Roy. Tira troppo per le lunghe.”

“Devo telefonarle di nuovo?” domandò Castor.

“No,” disse Gallagher, “è meglio di no.”

“Non può restare li dentro in eterno,” disse Castor.

“È vero,” disse Gallagher, “non può.”

Ramsey era nella stanza posteriore, a fianco dell’ufficio. Teneva Sarah tra le braccia.

“Avanti Sarah,” disse, “andiamo in qualche posto.”

“Devi avere pazienza, amore,” disse lei, “fra un quarto d’ora arriva l’uomo che fa il turno di giorno. Poi me ne potrò andare.”

“Vieni, su, Sarah. Andiamocene subito.”

“Ancora pochi minuti e potremo andarcene,” ripete Sarah. “E non dovremo nemmeno andare lontani. Ho una bella stanza proprio dall’altra parte della strada.”

“Andiamocene adesso, Sarah,” mormorò Ramsey.

“Solo pochi minuti,” disse Sarah, “e arriverà Charlie. Il mio posticino è proprio dall’altra parte della strada. Al secondo piano della Stafford House.”

“Andiamo, allora, tesoro,” disse Ramsey.

“Solo pochi minuti, amore,” disse lei.

Alla stazione ferroviaria di Bristol un uomo grasso dall’aria sudicia, le guance e il collo segnati da livide cicatrici di acne, si trascinò per l’atrio reggendo un secchio e una scopa. Per un’ora almeno non erano previsti treni né in partenza né in arrivo e la stazione era vuota. L’uomo entrò nel gabinetto maschile e immediatamente sentì provenire dal ripostiglio dei rumori e delle grida soffocate. Apri la porta e l’uomo sottile dal cappello di tweed balzò fuori, spingendolo da parte e precipitandosi nell’atrio. Dietro di lui, seduto sul pavimento del ripostiglio con aria intontita, l’uomo dall’impermeabile chiaro teneva la testa fra le mani. L’uomo dal cappello di tweed attraversò correndo l’atrio della stazione, entrò in una cabina telefonica e chiuse violentemente la porta dietro di sé.

Luther era sempre seduto al tavolo d’angolo, intento a fumare la pipa e a bere a piccoli sorsi un bicchiere di cognac. Le due ragazze dormivano, chine sul liscio piano di legno del tavolo, la testa posata sulle braccia. Ramsey attraversò il locale e sedette accanto a Luther.

“Me ne vado fra qualche minuto. Va’ ad aspettarmi a casa tua.”

Luther lanciò un occhiata a Sarah. “È quello il lavoretto che mi hai detto che dovevi fare?” domandò.

“No,” sorrise Ramsey, “questo è un nuovo progetto. L’altro lavoro potrà aspettare finché non sarò tornato.”

“Quanto tempo ci metterai?” domandò Luther.

“Un’ora circa. Ci vediamo a casa tua.”

L’uomo dai capelli grigi che aveva guidato l’auto da Bristol, si alzò in fretta dal divano dove si era sdraiato completamènte vestito coprendosi con il cappotto, accese la luce e corse verso il telefono.

“Sì. No. No, non c’è. Sono Jaycoxe. Sì... si...”

L’auto di MacNeal usci dall’autostrada ed entrò alla periferia di Newcastle.

“Eccoci,” disse l’autista. “Siamo ai confini di Newcastle.”

“Sai dov’è il fronte del porto?” domandò MacNeal.

Sì, signore. È a poca distanza da qui.”

“Bene, andiamoci,” disse MacNeal. “In fretta.”

Al Victoria, Sarah si levò il grembiule, e si preparò ad andarsene muovendosi in fretta per il bar. Andò nel suo ufficio e quindi ritornò da Ramsey. Giunta vicino a lui, sentì suonare debolmente il telefono nell’ufficio.

“Non rispondere,” disse Ramsey.

Sarah lo guardò per un momento poi disse, “D’accordo, non risponderò.” Fece un cenno di diniego al barista. Il telefono squillò altre cinque volte. Poi cessò. Sarah andò verso la parete di fondo del locale, apri il pannello degli interruttori e staccò quello principale. Il salone del bar, il retro e l’ufficio divennero completamente bui.

Dall’altra parte della strada Gallagher disse, “Hanno spento le luci.”

Castor andò alla finestra e guardò fuori. Mentre osservavano l’edificio buio, le luci tremolarono accendendosi nuovamente. L’insegna sul fronte, i tubi al neon colorati della finestra e le luci interne che brillavano debolmente attraverso i vetri.

“È il segnale,” disse Castor. “Uscirà fra due minuti.”

Nell’appartamento di Ramsey squillò il telefono.

Sarah chiuse il pannello degli interruttori e ritornò da Ramsey. Al bar c’erano ancora tre o quattro persone mentre una dozzina circa erano seduti al tavolo bevendo o sonnecchiando.

“Come mai tutta questa faccenda?” chiese Ramsey.

“Le luci, vuoi dire?” disse Sarah.

“Sì, perché l’hai fatto?”

Sarah disse che l’aveva fatto per la polizia. “È una questione di forma. Quando le luci si spengono vuol dire che chiudo. Quando le riaccendo, vuol dire che ho riaperto per il giorno successivo.”

“Puoi venir via adesso?” domandò Ramsey.

“Immediatamente,” rispose Sarah, “il tempo di infilare il cappotto.”

“Vengo a prenderlo con te,” disse Ramsey mentre Sarah si dirigeva verso l’ufficio.

“Andiamo, allora,” disse lei.

Castor si infilò un pesante cappotto foderato di pelliccia e calzò un berretto da marinaio di lana. Gallagher spense le luci, andò alla finestra e apri leggermente le imposte.

“Ha detto che lo avrebbe fatto salire dalla scala posteriore,” disse Castor. “Aspetterò in fondo alle scale finché non saranno entrati. Poi li seguirò.”

“ Ricorda, “ disse Gallagher, “ non voglio nessuno qui dentro fuorché lui e io.”

“Non mi pare una cosa giusta,” disse Castor.

“Forse,” disse Gallagher, “ma così deve andare.”

“D’accordo,” disse Castor. “Gli darò solamente una spintarella per aiutarlo a passare la porta. “ Uscì nel corridoio, chiudendo la porta dietro di sé. Gallagher ritornò alla finestra.

Jaycoxe uscì dall’appartamento di Ramsey abbottonandosi il cappotto a capo scoperto. Scese le scale di corsa e, sempre correndo, si diresse verso il porto.

Nel retro, Sarah, che aveva indossato il cappotto, respinse gentilmente Ramsey, gli accarezzò una guancia e disse, “Vieni, allora. Andiamo a casa.” Gli prese la mano e lo fece uscire dal retro, verso la porta principale.

Castor usci sulla strada dalla porta laterale dell’albergo e si fermò nascondendosi nell’ombra a pochi passi dall’ingresso.

Dalla finestra Gallagher vide Castor prendere posizione nell’oscurità. Riportò lo sguardo sull’ingresso del Victoria. In alto, sopra gli edifici, si vedevano le prime deboli strisce di luce. La notte andava disperdendosi sul Mar d’Irlanda.

L’auto di MacNeal voltò a un incrocio con uno stridio di gomme, mancò di poco un ubriaco che barcollava nell’oscurità, si raddrizzò e puntò in velocità verso il porto.

Jaycoxe scese di corsa dal marciapiede e, tenendosi nel mezzo della strada, continuò a correre verso il Victoria.

Sarah e Ramsey proprio sulla porta principale. Il barista che aveva appena preso servizio, usci dal retro e disse, “Sarah, scusami, potrei parlarti un attimo prima che te ne vada?”

“Solo un attimo,” disse lei, andando incontro al barista, “Sì, Charlie,” disse.

Pochi minuti dopo, Castor, immobile nell’ombra, vide due figure uscire dall’ingresso illuminato del Victoria.

Jaycoxe inciampò, finendo contro un auto parcheggiata. Quasi cadde. Si raddrizzò e, vedendo la sagoma della Stafford House in fondo alla strada, ricominciò a correre.

L’auto di MacNeal svoltò nella lunga strada che conduceva ai docks.

Gallagher irrigidito contro il telaio della finestra, gli occhi fissi sulla strada, aveva sott’occhio tutta la via, gli edifici, l’oscurità del cielo che andava via via diradandosi, il lugubre profilo della città di Newcastle. E, proprio nel mezzo del quadro, due figure, Ramsey e Sarah a pochi passi dalla porta venivano verso di lui abbracciati. Mentre Gallagher li osservava, Ramsey attirò Sarah a sé e la baciò.

Castor si ritirò ancor più nell’ombra mentre Sarah, ridendo e respingendo dolcemente Ramsey, lo conduceva verso l’ingresso laterale dell’albergo.

Gallagher con una fredda sensazione di malessere allo stomaco, osservava Ramsey che, abbracciato a Sarah, veniva lentamente verso il centro della via. Colse un movimento sulla destra: un uomo girava l’angolo del Victoria di corsa e si fermò quando vide Ramsey.

“Norman!” urlò Jaycoxe.

Castor si appoggiò con la schiena al muro dell’albergo come se volesse scomparire nell’ombra, mentre osservava l’uomo dirigersi verso Ramsey e Sarah. L’uomo prese Ramsey per il braccio allontanandolo qualche passo da Sarah. Si fermarono voltandole la schiena. L’uomo parlava a Ramsey in tono concitato.

Gallagher vide Ramsey passare lo sguardo dall’uomo a Sarah che lo aspettava ferma dove l’aveva lasciata. Riportò lo sguardo verso l’uomo che stava sempre parlando, poi ancora verso Sarah. Mentre lui la guardava, la donna accennò un passo all’indietro verso l’ingresso dell’albergo, in direzione di Castor. Ramsey disse qualcosa all’uomo, poi andò verso Sarah.

Castor sentì il sudore sul palmo delle mani mentre osservava Ramsey venire lentamente avanti. Ramsey fece girare Sarah verso di sé. Sembrava sorridesse mentre le diceva qualcosa. Poi alzò il braccio e la colpì in viso. Mentre Sarah si chinava in avanti per proteggersi, la colpi con l’altro pugno.

Sarah cadde a terra e Gallagher vide Castor venire di corsa dalla zona in ombra vicino all’ingresso dell’albergo. Afferrò Ramsey per le spalle scuotendolo come un pupazzo, poi lo colpì con un tremendo pugno sul lato della testa. Ramsey cadde. Mentre Castor stava sollevando Ramsey da terra per colpirlo nuovamente, Gallagher vide Jaycoxe estrarre una rivoltella dal cappotto e avvicinarsi alle spalle di Castor. Mentre lasciava cadere la canna sulla nuca di Castor, Gallagher era già lontano dalla finestra, nel corridoio e correva verso la scala posteriore con la pistola in mano.

Sarah a terra, scuoteva la testa cercando di riprendersi dallo stordimento e di rimettersi a sedere. Nel confuso grigiore riusci a distinguere tre figure sfuocate. Scosse di nuovo la testa e vide Castor a terra bocconi. Dietro di lui Jaycoxe aiutava Ramsey a rimettersi in piedi. Ramsey, scuotendo a sua volta la testa per riprendersi, prese la pistola da Jaycoxe, si avvicinò a Castor e, chinandosi in avanti, la puntò alla nuca dell’uomo.

Gallagher, uscito dalla porta dell’albergo, sentì l’urlo di Sarah contemporaneamente allo sparo. Ramsey, ancora chino su Castor, si stava raddrizzando.

“Ramsey!” urlò Gallagher, uscendo dalla porta laterale. Ramsey si girò rapidamente, sparò e si mise al riparo dietro Jaycoxe. Gallagher sparò mentre sentiva l’urto del proiettile di Ramsey scagliarlo contro il muro dell’albergo. Sparò di nuovo e Jaycoxe cadde in avanti. Ramsey sparò, sparò mentre girava dietro l’angolo e si metteva a correre lungo la strada che conduceva ai docks.

Il proiettile urtò il muro dell’albergo proprio sopra la testa di Gallagher. Gallagher rimase in piedi appoggiato al muro, scosso e ferito. Guardò Ramsey scomparire dietro l’angolo della Stafford House. Il braccio sinistro pendeva abbandonato e greve: il proiettile lo aveva colpito nella parte superiore del braccio e il sangue scorreva caldo nella manica. Gallagher si allontanò dal muro con una spinta e prese a rincorrere Ramsey.

11

Mentre l’auto di MacNeal si arrestava a metà fra il Victoria e la Stafford House, mentre MacNeal e Harris balzavano a terra, l’uno da una parte e l’altro dall’altra, dalla vettura ancora in moto, Ramsey, già a un centinaio di metri di distanza, correva nella via che conduceva ai docks. Sarah, raggiunta dal barista e dai clienti che si trovavano ancora nel bar, era inginocchiata accanto al corpo di Castor e Gallagher con il braccio piegato dietro la giacca, la pistola nell’altra mano, aveva girato l’angolo dell’albergo e correva, veloce anche se sbilanciato, dietro a Ramsey.

“Jim,” chiamò MacNeal. Lui e Harris fecero qualche passo di corsa poi si fermarono con la pistola in pugno osservando Gallagher e Ramsey che correvano lungo la via che conduceva ai docks.

“Fermati, Jim,” urlò MacNeal. “Non costringermi a sparati. Fermati, Jim,” ripetè dopo un momento, mentre Gallagher senza nemmeno voltarsi continuava a correre, incespicando e curvo in avanti, disseminando dietro di sé una traccia di gocce di sangue.

“Non ha intenzione di fermarsi,” disse Harris.

“Credo di no”, disse MacNeal. “Pazzo bastardo!” Poi, “Bene, andiamo.” I due uomini cominciarono a correre nella strada buia. Gallagher li precedeva barcollando a un centinaio di metri di distanza. Ramsey, a più di duecento metri, era quasi fuori di vista fra le casse, i bidoni, le balle, i contenitori accatastati irregolarmente lungo il molo.

Ramsey si guardò alla spelle e, vedendo tre persone che lo rincorrevano invece di una, mutò bruscamente direzione e sali lungo la passarella di una petroliera arrugginita. Un vecchio marinaio dai baffi bianchi di guardia alla nave, apparve improvvisamente in cima, le mani nelle tasche del giaccone da marinaio. Ramsey si fermò, esitò per un attimo, poi ridiscese di corsa la passarella e riprese a correre lungo la strada delle banchine.

MacNeal e Harris guadagnavano terreno rispetto a Gallagher. Harris si fermò improvvisamente e MacNeal che lo seguiva correndo, alzò la pistola e premette il grilletto. Gallagher colpito nuovamente, questa volta in alto sulla spalla, cadde a terra faccia in avanti.

MacNeal si fermò bruscamente e rimase a guardare Gallagher che lottava per rialzarsi e Harris che, dopo averlo superato di corsa, si era fermato a qualche metro dinanzi a lui e alzava la pistola per sparare di nuovo. Gallagher, in ginocchio, guardava all’indietro sollevando lentamente la pistola.

“Harris!” gridò MacNeal. “Aspetta.”

Gallagher sparò e Harris, con la pistola ancora puntata, schizzò sangue da un foro sotto lo zigomo. Cadde in ginocchio, abbandonandosi poi pesantemente sul fianco.

MacNeal si avvicinò di corsa a Harris; gli si inginocchiò accanto e, rovesciatolo, ne vide gli occhi aperti, sbarrati. Gallagher puntandosi a terra con la destra si rimise in piedi e riprese a correre zoppicando.

MacNeal si rialzò e guardò Gallagher che ancora correva incespicando. Quindi riprese a muoversi, camminando. Teneva la rivoltella puntata verso terra.

Ramsey si fermò nuovamente davanti a un’altra petroliera, unita alla terra da una passerella sconquassata. La percorse con lo sguardo da poppa a prua. Nessuno. Nessun segno di vita. Mentre cominciava a salire lungo la passerella, Gallagher, a una trentina di metri di distanza, si appoggiò a un cartello segnaletico, puntò la pistola e sparò. Il proiettile fischiò dietro la testa di Ramsey e si schiacciò contro la murata della nave, mandando schegge di ruggine a cadere sfarfallando nell’acqua con uno schizzo arancione. Ramsey sparò contro Gallagher, sali velocemente la passerella e scomparve dietro la timoneria fra le casse, i bidoni e i barili vuoti, accatastati alla rinfusa sul ponte.

Gallagher, ormai incapace di correre, avanzò lentamente con passo sbilenco tenendo con la destra la pistola e premendo contemporaneamente la ferita al braccio sinistro scosso da un tremito. Il sangue aveva inzuppato la manica del cappotto. Grandi macchie scure sulla manica sinistra. E gli gocciolava dalla schiena, all’altezza della spalla sinistra. Mormorò a se stesso mentre si trascinava avanti. “Tieni duro. Tieni duro.”

Ai piedi della passerella, si lasciò cadere sulle ginocchia al riparo di una cassa da imballaggio, la testa china in avanti. Lentamente, penosamente, inghiottendo il respiro a boccate dolorose, sollevò il capo, si trascinò oltre lo spigolo della cassa e guardò in alto, verso il ponte della petroliera. Nessun movimento. Guardò indietro in direzione di MacNeal. Stava avvicinandosi a passo deciso. Era ancora a cinquanta metri. Gallagher riportò lo sguardo sul ponte della nave. Ancora nessun segno d» vita. Afferrò con la mano lo spigolo superiore della cassa e si tirò in piedi. “Tieni duro.” A metà chinato a metà in piedi, guardò nuovamente il ponte. Non vide nulla. In una folle, barcollante corsa, iniziò a salire la passerella. Mentre era a metà, dalla sinistra della timoneria parti un colpo che rimbalzò su un corrimano. Gallagher, appoggiandosi a un montante rispose allo sparo e vide la testa di Ramsey che si riparava dietro un bidone di petrolio. Si appoggiò alla passerella, sparò nuovamente e sentì l’urto del proiettile contro H bidone.

Ramsey si spostò carponi verso un altro riparo, una cassa di macchinario vuota, si alzò in piedi improvvisamente e sparò nel preciso momento in cui Gallagher aveva raggiunto la sommità della passerella e stava passando sul ponte.

Gallagher cadde sul ponte con il sangue che usciva a fiotti dalla coscia destra. Si trascinò dietro la timoneria dalla parte opposta di Ramsey. Con un ultimo sprazzo di energia si mise al riparo in un cumulo di casse e di barili e rimase seduto appoggiando la schiena alle casse, il viso rivolto all’esterno, premendo forte con la destra l’arteria femorale. Teneva il capo reclinato all’indietro e il volto grigiastro appoggiato alla parete di casse. Mormorava debolmente, “Mio Dio. Mio Dio.”

Accovacciato dall’altra parte della barricata, dietro la timoneria, Ramsey ascoltava, attendendo. Senti un rumore alla base della passerella e, voltando la testa vide MacNeal scomparire dietro il mucchio di casse dove un attimo prima si era riparato Gallagher.

MacNeal si accovacciò dietro le casse. Controllò la pistola e rimase in ascolto. Si sporse in avanti e guardò verso la passerella. Nulla. Si alzò leggermente per vedere meglio. Ancora nulla. “Ramsey,” chiamò. Si accucciò nuovamente, attendendo. Nessuna risposta. “Ramsey,” chiamò nuovamente. Rimase ancora in attesa. Il cielo era molto più chiaro ora. Verso est, sul Mar d’Irlanda, una sottile striscia rosa arancione si allungava sull’orizzonte, all’esterno dell’imboccatura del porto. “Stai giù e non sparare, Ramsey. Vengo a bordo, ma non ce l’ho con te.”

Si chinò nuovamente, attendendo. Sulla nave, nessun movimento e nessun suono. Nessuna risposta. “Sto salendo a bordo, Ramsey.”

Con lentezza MacNeal alzò leggermente il capo oltre la sommità del riparo e osservò con estrema attenzione tutto il ponte. Si mosse lentamente verso destra e, agilmente, sempre osservando con attenzione, iniziò a salire la scaletta. Un passo alla volta. Sempre ascoltando e osservando. Lentamente, un passo dopo l’altro fino alla sommità della passerella. Sul ponte. Si fermò un attimo per prendere il respiro, poi si tuffò sul ponte e rotolò fin sotto la paratia della timoneria. Lentamente, raccolse le gambe e si mise in ginocchio, la schiena saldamente appoggiata alla paratia, tenendo la pistola puntata e senza perdere di vista il ponte. Di fronte a lui una traccia di sangue, poche gocce brillanti sulle tavole consumate del ponte, si allungava verso sinistra. “Sta’ giù Ramsey. Non ce l’ho con te.” Ripetè. Nessuna risposta. Nessun rumore. MacNeal si mosse lentamente tenendosi in ginocchio nella direzione delle macchie di sangue.

Gallagher guardò MacNeal che era entrato carponi nello stretto corridoio fra le casse. La pistola era sul ponte al suo fianco, con la mano premeva anche se con minor forza, l’arteria che pulsava dentro la coscia. MacNeal si acquattò sul ponte a un metro e mezzo da lui, con la pistola in mano, notando con un solo colpo d’occhio il viso color cenere di Gallagher, le gambe abbandonate in una posa disordinata, la pistola posata sul ponte. Gallagher respirava affannosamente mentre il sangue usciva dalla spalla e dal braccio e minacciava di fargli sprizzar via la vita in pochi secondi se avesse allentato la pressione sulla coscia. Ma, nel grigiore del volto, gli occhi bruciavano ed erano fissi in quelli di MacNeal. Per un lungo, gelido attimo si fissarono l’un l’altro senza muoversi. Quindi MacNeal infilò la pistola in tasca e si chinò in avanti, levandosi la cintura del cappotto. La passò sotto la gamba di Gallagher, la fece girare due volte alta sulla coscia e la strinse gradualmente fino a fermare l’emorragia. Gli occhi di Gallagher non lo abbandonarono per un istante mentre stringeva il laccio. Quando MacNeal, dopo aver fissato saldamente la cintura, si rialzò, Gallagher gli piantò negli occhi uno sguardo simile a un’arma. “Pazzo figlio di puttana,” disse MacNeal. Ma non distolse gli occhi da Gallagher, in un contatto simile a quello di una liana che unisce due alberi.

Ramsey scrutava e ascoltava, ma non sentiva nulla. Si sporse per vedere. Strisciò avanti finché non riuscì

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a vedere il ponte dall’altra parte della timoneria. Nessun rumore o movimento.

“MacNeal!” chiamò. Poi, non avendo ottenuto risposta, “Mac Neal, se non vuoi che cominci a sparare faresti meglio a rispondere.”

MacNeal si allontanò carponi da Gallagher fino alla estremità della barricata. “Si!” rispose.

“Che succede laggiù?” gridò Ramsey.

“Niente. Gallagher è stato colpito.”

“È morto?”

“No,” disse MacNeal, “ma non può muoversi.”

“E se non ti credessi?”

“Vieni a vedere tu stesso.”

Dopo un momento Ramsey disse, “Non mi sembra un’idea tanto buona. Perché non vieni tu qui? Poi andremo a dare un’occhiata a Gallagher insieme. “ Nessuna risposta. “Bene, e allora?”

MacNeal si voltò a guardare di nuovo Gallagher, che lo fissava sempre nella stessa posizione. Appoggiato sulla schiena e semisdraiato. “D’accordo,” disse MacNeal. Poi a Gallagher, “Devo farlo, Jim.”

“Bene,” disse Ramsey. “Vieni avanti allora. Senza trucchi. “ Si trascinò dietro i bidoni di petrolio dove era andato a ripararsi in precedenza, dietro una catasta di bidoni rugginosi e sporchi di olio. “Aspetto,” disse. “Stai venendo?”

MacNeal si chinò in avanti e raccolse la pistola di Gallagher. In piedi davanti a lui, la pistola in mano, ripetè, “Devo farlo, Jim.” Tenendo la pistola lungo il fianco, indietreggiò, e si girò allontanandosi da Gallagher. Girò attorno alla timoneria in direzione di Ramsey. Il viso era fermo e inespressivo, gli occhi freddi e grigi.

“Benissimo,” disse Ramsey, alzandosi, “fermati li.” Esaminò MacNeal accuratamente fermo in piedi a cinque metri da lui, il cappotto aperto, il viso pallido e tirato, le braccia abbandonate lungo i fianchi, i capelli grigi che ondeggiavano nella brezza che precede l’alba.

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“Benissimo MacNeal. Benissimo fino a questo momento. Ora, se tu volessi tirarmi la tua pistola.” Quindi, “Avanti. Gettala qui.”

MacNeal sollevò il braccio e con un movimento morbido lanciò la pistola oltre i bidoni di petrolio, a Ramsey, che la fece scivolare nella tasca del cappotto, sempre tenendo gli occhi puntati sul viso di MacNeal di fronte a lui.

“Adesso,” disse Ramsey, “metti le mani nelle tasche del cappotto e tienicele. Cosi. Adesso vieni qui.”

MacNeal avanzò lentamente aggirando la protezione di Ramsey che indietreggiò rapidamente mantenendosi a una distanza di tre metri circa.

“Molto bene cosi,” disse Ramsey. “Fermati li.” Poi, “Hai detto che Gallagher non si può muovere?”

“È cosi,” disse MacNeal.

“So di averlo colpito due volte, quindi probabilmente dici la verità. Perlomeno posso rischiare di crederti per un po’. Poi andrò a controllare di persona.”

“Non può muoversi,” disse MacNeal. “Ha perduto molto sangue.”

Ramsey studiò MacNeal per un lungo momento. Infine disse, “Negli ultimi giorni ho ricevuto una serie di rapporti che riferivano che una persona di nome MacNeal era arrivata da Washington. I miei uomini sono persino riusciti ad ottenere una tua fotografia. Poi, la notte scorsa, a Liverpool, ho saputo che questo MacNeal era ansioso di vedermi. È vero?”

“Sì,” rispose MacNeal. “Si tratta di una cosa importante.”

“D’accordo,” disse Ramsey, aspetta un momento qui mentre vado a dare un’occhiata a Gallagher. Poi potremo andare in qualche posto dove si può chiaccherare. “ Lontano, in direzione della città si sentì debolmente il suono di una sirena della polizia. “Sì, credo proprio che dovremo andarcene da qui per fare le nostre quattro chiacchiere.” Ramsey, spostandosi di fianco girò attorno a MacNeal, mantenendosi sempre a tre metri da lui. “Inoltre, farésti meglio a seguirmi. Cosi. Semplicissimo. Ce ne saremo andati da qui fra meno di un minuto.” Ramsey indietreggiò lentamente lungo il ponte seguito da MacNeal.

“Perché non lasci stare Gallagher come si trova?” disse MacNeal. “Ti ho detto che è inoffensivo. Non ti può fare nulla.”

Ramsey sempre indietreggiando, sorrise, avvicinandosi all’altra paratia della timoneria. “È una questione di principio, Mr. MacNeal. Ho fallito questo lavoro per due volte. Non posso fallirlo ancora una volta. Si potrebbe dire che ne va del mio onore.”

Ramsey guardò rapidamente indietro e vide Gallagher seduto dove lo aveva lasciato MacNeal. Gli occhi di Gallagher erano sbarrati e non erano puntati su Ramsey, ma oltre, su MacNeal.

Ramsey si fermò ai piedi di Gallagher e fece cenno a MacNeal di fermarsi. Quindi guardò Gallagher. Senza tralasciare nulla. Le tre ferite, il corpo abbandonato contro le casse, le mani prive di forza posate a palme in basso sul ponte.

“Aveva ragione,” disse Ramsey. “È inoffensivo ma non è morto.”

MacNeal trapassato come una farfalla dagli occhi di Gallagher disse: “Non deve morire. Non devi ucciderlo.”

Si sentì il suono della sirena più vicino. Non ancora sul porto. Ma più vicino.

“Oh si, invece,” disse Ramsey. “Come ho detto, è una questione d’onore. Si potrebbe anche dire che è una questione di sopravvivenza. Inoltre...” sorrise in direzione di MacNeal, mentre puntava la pistola contro il petto di Gallagher, “inoltre, ho il sospetto che una volta che sia morto Jimbo, improvvisamente lei deciderà che in fin dei conti non avrà più niente da dirmi.”

“Non capisoo cosa vuoi dire,” disse MacNeal.

“Sì, lei lo sa, MacNeal. Lei sa esattamente che cosa voglio dire.”

MacNeal guardò il volto tranquillo e sicuro di Ram186

sey e, sentendo sempre puntati su di sé gli occhi di Gallagher che lo fissavano senza un tremito, strinse forte i pugni nelle tasche. E, in qualche posto dentro di sé, una tavola di ghiaccio si staccò dalla terraferma e cominciò a galleggiare.

“Non ucciderlo, Ramsey,” disse MacNeal.

Ramsey che stava guardando Gallagher, non si voltò né rispose. Ora finalmente Gallagher distolse lo sguardo da MacNeal e lo puntò diritto negli occhi di Ramsey, in quegli occhi azzurri, innocenti. Mentre i loro occhi si incontravano per la prima volta dopo tutti i mesi seguiti a quella notte di Berlino, mentre l’elettricità accumulata durante tutto il periodo passava scaricandosi dall’uno all’altro dei loro corpi, il primo sparo li colpi alle orecchie con il suo rumore lacerante. Lo seguirono altri due, rapidi e secchi nel silenzio del mattino.

Ramsey e Gallagher continuarono a fissarsi per un lungo gelido momento d’agonia. Poi a Ramsey mancarono le forze e cadde riverso contro un bidone. La mano che reggeva la pistola puntata verso il basso lasciò partire un colpo che si piantò nel ponte a fianco di Gallagher. Gallagher riportò in fretta lo sguardo su MacNeal e lo vide avvicinarsi in fretta a Ramsey, e sparare altre tre volte attraverso il cappotto. Altri tre colpi passarono gli abiti di Ramsey penetrando con un tonfo sordo nel suo corpo.

Ramsey venne scagliato all’indietro contro i bidoni e le casse d’imballaggio. Si raddrizzò lentamente come se stesse per iniziare un perfetto esercizio ginnastico, poi si irrigidì improvvisamente, sempre con il sorriso infantile da giocatore di cricket gelato sulle labbra, e cadde sul ponte, ai piedi di Gallagher. Come il braccio di una croce, incrociato con la colonna delle gambe di Gallagher.

Un’auto della polizia e un’ambulanza si fermarono con uno stridio di gomme sul molo accanto alla petroliera. Mentre quattro poliziotti e tre infermieri salivano di corsa la passerella, MacNeal volse le spalle a Gallagher e andò loro incontro. E, mentre gli infermieri correvano verso di lui con una barella, e le valigette nere degli strumenti di medicazione, Gallagher finalmente chiuse gli occhi.

Nel momento in cui l’ambulanza, si allontanava dalla banchina per dirigersi verso la città, Gallagher riapri gli occhi. MacNeal era vicino al suo lettino. Era chinato sul letto e parlava con uno dei medici. Gallagher richiuse gli occhi e si addormentò. Il suo respiro era lento e regolare e il cuore batteva deciso mentre l’ambulanza filava per le vie di Newcastle a sirene spiegate.

In alto sul letto, sopra il corpo di Gallagher, dai flaconi appesi a una rastrelliera, il liquido gocciolava regolare nei tubetti di plastica trasparente fluendo nelle sue vene.

 

FINE