Morte tra gli anelli

 

Col passare delle ore non fu più possibile avere dubbi sulla rotta seguita dalla nave. Anche le navi guardaporto inseguitrici, che erano molto indietro rispetto alla Shooting Starr, troppo distanti quindi per disporre di dati assolutamente precisi sui loro rilevatori di massa, erano in preda allo scompiglio.

Il Consigliere Wessylewsky si mise in contatto con Lucky Starr. «Per lo Spazio, Lucky, dove si dirige?».

«Dritto su Saturno, pare» disse Lucky.

«Pensi che su Saturno possa esserci una nave ad attenderlo? So che il pianeta ha un'atmosfera spessa migliaia di miglia con una pressione di milioni di tonnellate, e che senza i motori Agrav loro non potrebbero… Lucky! Credi che abbiano i motori Agrav e le cupole per i campi di forza?»

«Credo che intenda semplicemente autodistruggersi per impedirci di catturarlo.»

Wess disse in tono asciutto: «Se davvero ha tutta questa voglia di morire, perché non si volta e combatte, e ci costringe ad annientarlo, facendo magari soccombere assieme a lui uno o due dei nostri?».

«Già,» disse Lucky «e perché non manda i suoi motori in corto circuito, lasciando Saturno a cento milioni di miglia di distanza dalla sua rotta? Per la verità, mi preoccupa il fatto che in questo modo abbia attirato l'attenzione su Saturno.» E cadde in un assorto silenzio.

Wess, con irruenza, disse: «Be', allora, puoi distruggerlo, Lucky? Sa lo Spazio quanto noi siamo lontani».

Bigman urlò dal suo posto al quadro comandi. «Per le sabbie di Marte, Wess, se noi mandiamo su di giri il raggio ionico tanto da riuscire a raggiungerlo, ci muoveremo troppo velocemente per manovrare in modo da allontanarlo da Saturno.»

«Fate qualcosa.»

«Per lo Spazio, ecco un ordine intelligente» disse Bigman. «Davvero utile: "Fate qualcosa".»

Lucky disse: «Continua a seguire la tua rotta, Wess. Farò qualcosa.»

Interruppe i contatti e si volse verso Bigman. «L'Agente X ha risposto alle nostre segnalazioni, Bigman?»

«Non una parola.»

«Per ora dimenticati di questo e concentrati per intercettare il suo canale di trasmissione.»

«Non credo che ne stia usando uno, Lucky.»

«Può darsi che lo usi all'ultimo momento. Dovrà fare un tentativo anche se non ha assolutamente nulla da comunicare. Nel frattempo noi lo attaccheremo.»

«E come?»

«Con un missile. Solo un piccolo proiettile.»

Era il suo turno al computer. Dal momento che la Net of Space stava entrando in un'orbita senza l'azione dei motori, non era necessario fare molti calcoli per far partire un proiettile al momento e alla velocità adatti per colpire la nave fuggiasca.

Lucky preparò il proiettile. Questo non era programmato per esplodere, e non doveva farlo; aveva un diametro di soli sessanta centimetri, ma l'energia della micropila protonica l'avrebbe espulso alla velocità di cinquecento miglia al secondo. Niente nello spazio avrebbe potuto rallentare una simile velocità e così il proiettile avrebbe tagliato lo scafo della Net of Space come un coltello nel burro.

Lucky, però, non si aspettava che questo si verificasse. Il proiettile sarebbe stato sufficientemente grande perché i rilevatori di massa del suo obiettivo lo captassero. La Net of Space avrebbe automaticamente corretto la rotta per evitare il proiettile e quel movimento l'avrebbe spostata dalla rotta su Saturno. Il tempo perso dall'Agente X, per calcolare la nuova rotta e correggerla riportandola sulla vecchia, poteva perfino permettere alla Shooting Starr di avvicinarsi abbastanza da usare la presa magnetica.

Tutto questo rappresentava un'esile possibilità, forse molto vaga, ma sembrava che non fosse possibile agire diversamente. Lucky inserì un contatto. Il proiettile uscì a tutta velocità con un lampo insonoro, gli aghi del rilevatore di massa dell'astronave sobbalzarono e poi, appena il proiettile si fu allontanato, si acquietarono rapidamente.

Lucky si risedette. Ci sarebbero volute due ore perché il proiettile entrasse in collisione (o quasi) con l'obiettivo. Gli venne in mente che l'Agente X potesse essere completamente privo di forza motrice; che le procedure automatiche avrebbero potuto ordinare un cambio di rotta che non sarebbe stato possibile eseguire; che il proiettile sarebbe penetrato facendo forse esplodere la nave, ma che comunque la nave riuscisse a mantenere la sua rotta immutata e ancora fissata su Saturno.

Lucky accantonò quell'idea quasi subito. Era assurdo supporre che l'Agente X esaurisse l'ultima riserva d'energia proprio quando la sua nave avrebbe intrapreso la rotta di collisione. Era assai più verosimile che gli sarebbe rimasta un po' di energia.

Le ore di attesa furono molto noiose. Anche Hector Conway, laggiù sulla Terra, fu spazientito dai notiziari intermittenti e si mise in contatto diretto con il subetere.

«Ma dove supponete che sia la base siriana nel sistema saturniano?» chiese in tono preoccupato.

«Se ce n'è una» disse Lucky con prudenza «e se ciò che sta facendo l'Agente X non è uno sforzo tremendo per sviarci, direi che la possibilità più ovvia è che sia su Titano. È un satellite di Saturno molto grande, tre volte la massa della nostra Luna e con una superficie più estesa del doppio. Se i siriani avessero perforato il terreno, tentare di sondare tutto Titano per trovarli richiederebbe molto tempo.»

«È difficile credere che abbiano osato giungere a tanto. Sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra.»

«Può darsi, zio Hector, ma non è passato molto tempo da quando hanno cercato di impiantare una base su Ganimede.»{3}

Bigman gridò d'improvviso: «Lucky, si sta spostando!».

Lucky, stupito, alzò lo sguardo dal visore. «Chi si sta spostando?»

«La Net of Space. Quel vigliacco di un siriano.»

Lucky disse rapidamente: «Mi metterò in contatto con te più tardi, zio Hector» e interruppe la comunicazione. Poi disse: «Ma non può essersi spostato, Bigman. Non può in alcun modo aver già visto il proiettile».

«Guarda e giudica tu stesso, Lucky. Ti dico che si sta spostando.»

Lucky, in un sol passo, andò al rilevatore di massa della Shooting Starr. Ormai era parecchio tempo che il rilevatore veniva tenuto puntato sul bersaglio in fuga; era stato regolato per seguire la nave che si spostava nello spazio senza usare energia, e, fino a quel momento, il puntino che rappresentava la massa identificata era stato un piccolo segnetto luminoso a forma di stella sullo schermo. Ma ora il segnetto si muoveva. Era una breve lineetta.

Lucky esclamò con tono sommessamente eccitato: «Per la Grande Galassia, naturalmente! Adesso è tutto chiaro. Come ho potuto credere che il suo scopo principale fosse solo di evitare la cattura? Bigman…».

«Sì, Lucky. Che cosa hai detto?»

«Siamo stati superati in astuzia. Dobbiamo distruggerlo ora, anche se ciò significa che saremo noi a schiantarci contro Saturno.» Per la prima volta da quando, l'anno precedente, i reattori a raggi ionici erano stati montati sulla Shooting Starr, Lucky aumentò la potenza del motore principale con i propulsori d'emergenza. L'astronave cominciò a vorticare come se tutti gli atomi di energia che trasportava venissero trasformati in una gigantesca spinta all'indietro, talmente veloce da farli quasi prendere fuoco.

Bigman respirò a fatica. «Ma Lucky, che cosa sta succedendo?»

«Non è su Saturno che si dirige, Bigman. Sta solo sfruttando al massimo la forza del campo gravitazionale di quel pianeta perché lo aiuti a mantenersi davanti a noi. Adesso sta girando attorno a Saturno per entrare nell'orbita. È sugli anelli che è diretto. Gli anelli di Saturno.» Il volto del giovane consigliere era teso. «Seguilo con quel raggio di comunicazione Bigman. Adesso deve parlare. Ora o mai più.»

Bigman si chinò sul suo analizzatore di onde con batticuore crescente, sebbene per tutta la sua vita non fosse mai riuscito a capire perché il pensiero degli anelli di Saturno preoccupasse tanto Lucky.

Il proiettile della Shooting Starr non arrivò nemmeno lontanamente al suo bersaglio, non gli si avvicinò neppure di cinquantamila miglia. Ma adesso era la Shooting Starr che fungeva da proiettile, lottando per entrare in collisione con la nave fuggiasca; ma anch'essa avrebbe fallito.

Lucky mandò un lamento. «Non ce la faremo. Non c'è abbastanza spazio per riuscirci.»

Adesso Saturno si stagliava nel cielo come un gigante, e gli anelli erano come sottili sfregi sulla sua faccia. Il globo giallo di Saturno apparve quasi nella sua pienezza quando la Shooting Starr, arrivando dalla parte del Sole, gli si lanciò contro.

E Bigman urlò all'improvviso: «Ma perché, sporco vigliacco! Si va a nascondere tra gli anelli, Lucky. Ora capisco la ragione per cui gli anelli ti preoccupavano».

Il marziano manovrò furiosamente il rilevatore di massa, ma esso era inadeguato. Non appena una parte di anelli arrivava a fuoco, ciascuna delle innumerevoli masse solide che li componevano assumeva sullo schermo la caratteristica forma a stella. Poi lo schermo divenne totalmente vuoto e la Net of Space scomparve.

Lucky scosse il capo. «Non si tratta di un problema insolubile. Ora siamo abbastanza vicini per fare una rilevazione visiva. Sono sicuro che c'è qualcos'altro che sta arrivando.»

Lucky, pallido e assorto, mise il visore al massimo dell'ingrandimento telescopico. La Net of Space era un minuscolo cilindro di metallo oscurato ma non nascosto dalla sostanza che componeva gli anelli. Le singole parti degli anelli non erano più grandi di un granello di sabbia e scintillavano solo perché riflettevano la luce che giungeva loro dal Sole, che era assai distante.

Bigman disse: «Lucky! Ho captato il suo raggio di trasmissione… No, no, aspetta ora… Sì, l'ho preso».

Adesso c'era una voce tremolante che gracchiava nella cabina, confusa e distorta. Le dita svelte di Bigman lavorarono al decodificatore, cercando di farlo adattare sempre meglio alle caratteristiche sconosciute del sistema di codifica siriano.

Le parole sparirono, poi ricomparvero. Tutto era silenzioso tranne il debole ronzio del registratore che registrava in modo indelebile tutto ciò che decodificava.

«…non…vo…qua…» (Una pausa durante la quale Bigman lottò freneticamente con i suoi rilevatori.) «…sulle tracce e…non sono riuscito a seminarli…eseguito e devo trasmettere…nelli di Saturno in orbita normale…già lancia…istica dell'or…registrate le coordinate quindi…»

Tutto quanto s'interruppe proprio a quel punto: la voce, l'energia statica, ogni comunicazione.

Bigman urlò: «Per le sabbie di Marte, si è rotto qualcosa!».

«Qui nulla» disse Lucky. «È stata la Net of Space a interrompere il collegamento.»

Lucky aveva capito che l'interruzione si era verificata due secondi dopo che la trasmissione era cessata. La comunicazione attraverso il sub-etere avveniva a una velocità praticamente infinita. La luce che Lucky vedeva sul visore viaggiava solo a centottantasei miglia al secondo.

L'immagine impiegò due secondi a raggiungere Lucky. Egli vide l'estremità posteriore della Net of Space lanciare fiamme color rosso acceso, poi aprirsi e dissolversi in un fiore di metallo fuso.

Bigman riuscì a vedere gli ultimi sprazzi di luce, e lui e Lucky guardarono muti finché la dispersione a raggiera mise fine allo spettacolo.

Lucky scosse il capo. «Così vicino agli anelli, anche se ci si trova fuori del corpo principale di essi, lo spazio ha molta più forza di attrazione. Forse non aveva l'energia necessaria per allontanare la nave dalla traiettoria di una di quelle parti di anello. O può darsi che due pezzi insieme si siano diretti su di lui da posizioni lievemente diverse. A ogni modo, era un uomo coraggioso e un nemico astuto.»

«Non capisco, Lucky. Che cosa intendeva fare?»

«Non lo capisci nemmeno ora? Mentre per lui era importante non cadere nelle nostre mani, non molto importante era morire. Io stesso avrei dovuto capirlo molto prima. Il suo compito principale era inviare a Sirio le informazioni rubate che aveva in suo possesso. Non ha osato rischiare di inviare attraverso il sub-etere ciò che probabilmente erano un migliaio di parole d'informazioni - con le navi che lo inseguivano e che avrebbero potuto intercettare il suo raggio di trasmissione. Doveva ridurre il suo messaggio agli elementi essenziali e preoccuparsi che la capsula che lo conteneva giungesse integra in mano ai siriani.»

«E come ha potuto farlo?»

«Ciò che abbiamo captato del suo messaggio contiene la sillaba "orb" - che probabilmente sta per "orbita" - e "già lancia" che può significare "già lanciato".»

Bigman si aggrappò al braccio di Lucky, serrando strettamente con le piccole dita i polsi possenti del suo amico. «Lui ha lanciato la capsula tra gli anelli: vero Lucky? Ed essa sarà un granello di sabbia tra miliardi di altri granelli, come… un sasso sulla Luna… o una goccia d'acqua in un oceano.»

«Oppure,» precisò Lucky «come un granello di sabbia tra gli anelli di Saturno, il che è peggio di qualsiasi altra cosa. Naturalmente è stato distrutto prima che potesse dare le coordinate dell'orbita che aveva scelto per la capsula, così noi e i siriani cominciamo la caccia alla pari, e faremmo meglio a impegnarci al massimo senza perdere un istante.»

«Cominciare a cercare? Ora?»

«Ora! Se lui era pronto a dare le coordinate, sapendo che gli stavo alle calcagna, doveva anche sapere che i siriani erano molto vicini… Mettiti in contatto con le navi, Bigman, e comunica la notizia.»

Bigman si girò verso il trasmettitore ma non lo toccò. Il pulsante di ricezione lampeggiava perché aveva intercettato delle onde radio. Onde radio! Una comunissima comunicazione eterica! Evidentemente c'era qualcuno nelle vicinanze (di certo all'interno del sistema di Saturno) e questo qualcuno, oltretutto, non aveva il minimo desiderio di segretezza, dato che intercettare un raggio radio, a differenza di una comunicazione sub-eterica, era un gioco da bambini.

Gli occhi di Lucky divennero una fessura. «Ascoltiamo la comunicazione, Bigman.»

La voce che arrivò aveva un accento un po' straniero, con vocali larghe e consonanti aspre. Era una voce siriana. Disse: «…oscere altrimenti saremo costretti a circondarvi e arrestarvi. Avete quattordici minuti per dichiarare di aver ricevuto il nostro messaggio». Ci fu un minuto di pausa. «In nome dell'Ente Centrale, vi viene ordinato di farvi riconoscere altrimenti saremo costretti a circondarvi e arrestarvi. Avete tredici minuti per dichiarare di aver ricevuto il nostro messaggio.»

Lucky disse gelido: «Messaggio ricevuto. Questa è la Shooting Starr della Federazione Terrestre, che sta pacificamente orbitando nella massa di spazio della Federazione Terrestre. In questi spazi non esiste altra autorità che quella della Federazione».

Ci furono uno o due minuti di silenzio (le onde radio viaggiano solo alla velocità della luce) e poi la voce replicò: «L'autorità della Federazione Terrestre non è riconosciuta in un mondo colonizzato dal popolo siriano».

«Di quale mondo si tratta?» chiese Lucky.

«Il sistema disabitato di Saturno è stato preso in possesso in nome del nostro governo, ai sensi della legge interstellare che assegna un mondo disabitato a coloro che lo colonizzano.»

«Non un mondo disabitato. Un sistema stellare disabitato.»

Non ci fu risposta. La voce disse imperturbabile: «Ora voi siete dentro al sistema di Saturno e siete pregati di andarvene immediatamente. Ogni ritardo nel dirigervi verso l'esterno avrà come risultato il vostro arresto. Ogni altra nave della Federazione Terrestre che entrerà nel nostro territorio sarà arrestata senza alcun ulteriore avvertimento. La vostra accelerazione verso l'esterno del sistema saturniano deve iniziare entro otto minuti o noi entreremo in azione».

Bigman, il viso sconvolto da una smorfia tremenda, sussurrò: «Andiamo a prenderli, Lucky. Dimostriamogli che il vecchio Shooter sa ancora combattere».

Ma Lucky non gli prestò attenzione. Disse nel trasmettitore: «Prendiamo nota della vostra osservazione. Noi non sottostiamo all'autorità siriana, ma decidiamo, di nostra volontà, di andarcene e ora lo faremo.» Staccò i contatti.

Bigman era impallidito. «Per le sabbie di Marte, Lucky! Abbiamo intenzione di fuggire davanti a un gruppuscolo di siriani? Vogliamo lasciare quella capsula tra gli anelli di Saturno perché i siriani se ne impadroniscano?»

Lucky disse: «Per il momento, Bigman, dobbiamo farlo». La sua testa era china e il viso era pallido e teso, ma c'era un'espressione nei suoi occhi che non era affatto quella di un uomo che si ritirava. Poteva significare tutto ma non quello.