Corkscrew
Titolo originale: "Corkscrew".
Bollendo come una caffettiera ancor prima che ci fossimo allontanati di cinque miglia da Filmer, la corriera mi portò verso sud, nel caldo affocato e nella polvere accecante del deserto dell'Arizona.
Ero l'unico passeggero, e l'autista aveva altrettanta poca voglia di parlare quanto me. Per tutta la mattinata attraversammo quel forno di paese infiorato di cactus e cosparso di sterpaglia senza pronunciar parola, tranne le bestemmie che lanciava lui quando era costretto a fermarsi per dar da bere a quel suo motore sgangherato. La corriera arrancava sui soffici strati di sabbia sottile, infossandosi tra l'erte pareti delle mesas rosse, tuffandosi negli arroyos prosciugati, dove i cespi della mezquite impolverata parevano una bianca merlettatura, costeggiando i barrancos scoscesi.
Il sole s'arrampicava nel cielo rilucente come metallo. Più saliva, più s'ingrandiva e s'arroventava. Mi chiesi di quanto altro ancora dovesse arroventarsi per far scoppiare le cartucce della pistola che avevo sotto l'ascella. Non che avesse importanza; se s'arroventava più di così, saremmo saltati in aria tutti, in ogni caso: corriera, deserto, autista e io, saremmo stati spazzati via con un solo botto. E non me ne importava!
In questo stato d'animo ero; e intanto affannammo su per un lungo pendio, raggiungemmo un brusco crinale e scivolammo giù fino a Corkscrew.
Corkscrew non offre una magnifica vista, in nessun caso; soprattutto non l'offriva quel soffocante pomeriggio di domenica: una strada sabbiosa che segue il tortuoso bordo del Tirabuzon Canon dal quale, traducendolo, la città prende il nome 2. Città, la chiamavano; ma già il nome di villaggio sarebbe una lusinga: una ventina di miseri edifici ammucchiati lungo lo stradone irregolare con dei capanni mezzo diroccati appoggiati o schiacciati contro di essi o sul punto di staccarsene definitivamente.
Quattro automobili coperte di polvere stavano ad arrostire sullo stradone. Tra due edifici vidi un recinto, nel quale una mezza dozzina di malinconici cavalli ammucchiavano assieme i propri escrementi sotto una tettoia. Non si vedeva anima viva. Anche l'autista, tirandosi dietro un sacco della posta molle ed evidentemente vuoto, era scomparso: oltre la porta d'un edificio con sopra l'insegna "Adderly's Emporium".
Raccolte le mie due valigie grigie di polvere, smontai e attraversai lo stradone, puntando verso un'insegna sbiadita, sulla quale a malapena si leggevano le parole "Canon House", appesa sopra la porta d'una casa di mattoni a due piani e col tetto di lamiera.
Superai il portico, ampio, deserto, e non dipinto, spinsi la porta col piede ed entrai in una sala da pranzo dove una dozzina d'uomini e una donna stavano mangiando a tavoli coperti d'incerata. In un angolo c'era la cassa e, sulla parete dietro, una rastrelliera per le chiavi; tra rastrelliera e cassa, appollaiato su uno sgabello, un omaccione, i cui ultimi e pochi capelli erano della tinta esatta della pelle giallognola, finse di non vedermi.
«Una stanza e molta acqua» dissi, mettendo giù le valigie.
«La stanza va bene» gracchiò il tipo giallognolo «quanto all'acqua, non ti serve a molto. Non hai nemmeno finito di bere e lavarti che hai sete di nuovo e sei tutto sozzo da capo a piedi. Dov'è andato a finire quel fetente di registro?»
Non riuscì a trovarlo, così mi mise davanti una vecchia busta.
«Scrivi qua dietro. Ti trattieni poco?»
«Probabile.»
Una sedia si rovesciò alle mie spalle.
Mi voltai proprio mentre un uomo allampanato si rimetteva in equilibrio reggendosi con le mani al tavolo.
«Signore e 'gnori» declamò, solenne «è giunta l'ora di mettervi buoni tutti quanti a far la calza. Nella contea di Orilla è arrivata la legge.»
Era ubriaco. Mi dedicò un inchino, si grattò coso e cose e si rimise a sedere. I presenti applaudirono, picchiando coltelli e forchette sui tavoli.
Li scrutai, mentre loro scrutavano me. Un mazzo bene assortito: vaccari segnati da sole e pioggia, braccianti tutti muscoli e malagrazia, tipi pallidi dall'aria scialba di chi lavora la notte.
L'unica donna presente nella sala non era dell'Arizona; magra, d'un venticinque anni scarsi, aveva occhi neri e vispissimi, capelli neri e corti e una bella grazia nel portamento che era marchio di comunità ben più vaste di Corkscrew: insomma, il tipo che vedi, lei e le sue sorelle, nelle grosse città e in quei locali che restano aperti dopo che i teatri hanno chiuso.
L'uomo che stava con lei era paesano autentico: un giovanotto smilzo di nemmeno vent'anni, non molto alto, con occhi cilestrini che ti stupivano in una faccia bruna come la sua. La perfetta regolarità dei tratti, poi, risultava un po' eccessiva.
«E così, sei il nuovo vice-sceriffo?» mi gracchiò dietro la nuca il tipo giallognolo.
Qualcuno aveva sciorinato il mio segreto a cielo aperto!
«Sì.» Celai il mio dispetto con una smorfia dedicata a lui e ai suoi clienti. «Ma sono pronto a cedere la stella in cambio di quella camera e acqua di cui parlavamo.»
Mi guidò attraverso la sala da pranzo e su per le scale fino a una stanza tutta di legno al secondo piano, in fondo al corridoio.
«Ecco qui.» E mi piantò là.
Per sciogliere la crosta di bianca polvere che mi s'era stratificata addosso, m'arrangiai in un catino con l'acqua d'una caraffa. Poi tirai fuori dalla valigia una camicia grigia e un completo di saia e parcheggiai il ferrovecchio sotto l'ascella sinistra, dove non passava inosservato.
Nelle due tasche laterali della giacca stipai due.32 automatiche e nuove; due affarucci corti e rincagnati ch'erano poco più che giocattoli. La loro piccolezza, però, mi permette di tirarmeli dietro, a portata di mano, senza mettere in evidenza il fatto che il cannone sotto l'ascella non rappresenta tutto il mio arsenale.
La sala da pranzo era deserta quando ridiscesi. Il pessimista giallognolo che gestiva la baracca cacciò fuori il capo da una porta.
«Possibile mettere qualcosa sotto i denti?» chiesi.
«Difficile» e indicò col capo un cartello che diceva: "Pasti dalle 6 alle 8, dalle 12 alle 14, dalle 17 alle 19". «Dal Rospo. Puoi mangiar lì... se non vai per il sottile» aggiunse, acido.
Uscii, attraversai il portico, ch'era troppo un forno per oziarci, scesi sullo stradone, ch'era deserto per lo stesso motivo. Trovai questo "Rospo" appiccicato al fianco d'un grosso edificio di mattoni a un piano che sfoggiava una scritta dipinta lungo tutta la facciata: "Border Palace".
Era una capannuccia - tre pareti d' assi attaccate al muro di mattoni del Border Palace - stipata d'un bancone, otto sgabelli, un fornello, un po' d' utensili da cucina, la metà di tutte le mosche del mondo, un lettuccio di ferro dietro una tenda di tela di sacco mezza tirata e il proprietario. L'interno un tempo era stato dipinto di bianco; adesso era color d'unto affumicato, tranne nei punti in cui certe scritte alla buona avvertivano: "Pasti a tutte le ore. Niente credito", e davano i prezzi dei vari piatti. Queste scritte erano d'un colore giallo grigio annerito dalle mosche.
Il proprietario era un ometto anziano, ossa e pelle, e quest'ultima scura e raggrinzita. Un tipo cordiale.
«Sei il nuovo sceriffo?» chiese e, quando sorrise, vidi che non aveva denti.
«Vice» ammisi «e affamato. Sono disposto a mangiare qualsiasi cosa, purché non esploda dentro e sia pronta in un lampo.»
«Bene!» Andò al fornello e prese a far sbattere padelle e pentole.
«Abbiamo bisogno di sceriffi» disse senza voltarsi.
«Qualcuno ti rognava?»
«Me nessuno mi rogna, te lo dico io!» Puntò una manuzza ossuta verso un barile di zucchero, sotto gli scaffali dietro al banco. «Li sistemo io, quest'è certo!»
Dal barile sporgeva il calcio d'un fucile. Lo tirai fuori: una doppietta con le canne segate corte; da vicino, un'arma micidiale.
Lo ricacciai dentro, al suo posto, appena il vecchio prese a sbattermi davanti alcuni piatti.
La pancia piena e una sigaretta accesa, uscii di nuovo sullo stradone a serpentina. Dal Border Palace giungeva un suono di biglie cozzanti.
Seguii il suono fino alla porta.
Quattro uomini stavano curvi su un paio di tavoli da biliardo in una grande sala, e altri cinque o sei li guardavano dalle sedie allineate alla parete. Su un lato della sala v'era un bar di quercia. Da una porta aperta sul fondo veniva un suono di carte mescolate.
Un uomo grande e grosso, col pancione coperto da un gilet bianco e un diamante che scintillava sul davanti della camicia, mi venne incontro col faccione rosso e il triplo mento tutti tesi in un sorriso tipicamente gioviale.
«Mi chiamo Bardell» mi salutò, tendendo una mano grassa e con unghie luccicanti sulla quale altri diamanti mandavano bagliori. «Questo è il mio locale. Sono lieto di vederla, sceriffo! Perdio, avevamo bisogno di lei, e io spero di vederla spesso qui dentro. Ogni tanto, questi loffi» e ridacchiò, indicando con un cenno del capo i giocatori di biliardo «s'ingrifano.»
Lasciai che mi scuotesse la mano su e giù.
«Voglio presentarla ai ragazzi» continuò, girandosi dalla loro parte e piazzandomi un braccio sulla spalla. «Questi sono del Circle H.A.R.» agitò un po' d'anelli all'indirizzo dei giocatori «tranne quest'hombre, Milk River. É un domatore, e snobba gli altri.»
L'hombre Milk River era il giovanotto smilzo che sedeva accanto alla ragazza nella sala da pranzo del Ca¤on House. I suoi compagni erano giovani - ma non proprio giovani come lui - segnati dal sole e dal vento, coi piedi storti in stivaletti a tacchi alti: Buck Small era rossiccio, con occhi bovini; Smith era rossiccio anche lui e bassotto; Dunne era un irlandese tutto gambe.
Gli uomini che assistevano alla partita a biliardo erano quasi tutti braccianti dell'Orilla Colony o dei ranch più piccoli lì intorno.
C'erano due eccezioni: Chick Orr, basso e tracagnotto, con le braccia muscolose, il naso informe, le orecchie accartocciate, gli incisivi d'oro e le mani nodose del pugile; e Gyp Rainey, un disgraziato dalla gorgia flaccida e un'aria, tutta quanta, da cocainomane.
Guidato da Bardell, passai nella stanza di dietro a conoscere i giocatori di poker. Ce n'erano solo quattro; gli altri tavoli, più quello del keno e quello dei dadi, erano vuoti.
Uno dei giocatori era l'ubriaco dalle enormi orecchie che mi aveva tenuto il discorso di benvenuto lì all'albergo: si chiamava Slim Vogel. Lavorava al Circle H.A.R., come Red Wheelan, che gli sedeva accanto. Tutt'e due erano pieni d'alcool fino agli occhi. Il terzo giocatore era un tipo tranquillo, di mezza età, un certo Keefe. Il numero quattro era Mark Nisbet, pallido e smilzo; non solo in faccia, ma in tutta la persona portava scritto che era un giocatore: dalle palpebre spesse sugli occhi scuri, alle dita sottili, bianche, sicure.
A quanto pareva, Nisbet e Vogel non filavano il perfetto accordo.
Dava carte Nisbet, e il piatto era già stato aperto. Vogel, che aveva davanti il doppio dei gettoni di qualsiasi altro, scartò due carte.
«Le voglio tutt'e due a quel dio biondo... questa volta!» E non lo disse con grazia. Nisbet distribuì le carte senza mostrare, con un solo muscolo del viso, d'avere udito il bluff. Red Wheelan chiese tre carte. Keefe rinunciò. Nisbet ne chiese una, Wheelan parlò. Nisbet vide. Vogel raddoppiò. Wheelan vide. Nisbet raddoppiò. Vogel sparò ancora. Wheelan andò via. Nisbet raddoppiò ancora.
«Scommetto che ti sei servito il dio biondo anche tu» ringhiò Vogel, che gli sedeva di fronte, e coprì il piatto.
Nisbet mostrò le carte: doppia agli assi con re. Il cowboy aveva tre nove.
Scoppiò in una risata ch'era un raglio e rastrellò i gettoni.
«Se ci fosse sempre uno sceriffo a tenerti d'occhio alle spalle, m'arricchirei!»
Nisbet si finse occupato a sistemare i gettoni che aveva davanti; io mi schierai dalla sua parte. Aveva giocato quella mano come un bufalo: ma che gioco puoi fare contro un ubriaco?
«Ti piace la nostra piccola città?» mi chiese Red Wheelan.
«Non ho ancora visto molto» risposi, evasivo. «L'albergo, il ristorante... è tutto quello che ho visto.»
Wheelan rise.
«Così hai visto il Rospo? É un amico di Slim!»
Tutti, tranne Nisbet, scoppiarono a ridere, compreso Slim Vogel.
«Slim ha cercato di fregargli due quarti in caffè e ciambellotto, una volta. Lui dice che si è dimenticato di pagarli, ma è probabile che volesse squagliarsela. A ogni modo, il giorno dopo quel Rospo è lì al ranch, con tanto di fucile sottobraccio, che si scrolla la polvere di dosso: s'era trascinato dietro quel cannone per quindici miglia di deserto, a piedi, per andare a incassare i suoi due quarti. E li ha incassati! Gli ha tirato fuori le due monetine, a Slim, proprio là, tra il recinto e il ronfatoio... col cannone puntato, come si dice!»
Con una smorfia ch'era un miserabile sorriso, Slim Vogel si grattò una delle enormi orecchie.
«Quel vecchio figlio-di-pistola mi stette addosso come fossi un ladro pidocchioso! Se era un uomo, all'inferno lo spedivo altro che scucirgli l'argento! Ma che vuoi fare contro un vecchio fetente che non ha manco i denti per morderti?»
Gli occhi cisposi gli corsero al tavolo e, sulle labbra cascanti, la risata gli si tramutò in ghigno.
«Giochiamo» gorgogliò, sbirciando Nisbet. «Tocca a un onesto dar carte, ora.»
Bardell e io tornammo nella sala sul davanti, dove i cowboy davano ancora steccate alle palle. Andai a sedermi su una delle sedie contro la parete e li lasciai parlare. Non direi che la conversazione fiorisse; la presenza d'uno sconosciuto si sentiva fin troppo.
Per prima cosa, bisognava superare quell'ostacolo.
«Dove potrei trovare un cavallo?» chiesi, a nessuno in particolare.
«Una bestia tranquilla per un pessimo cavaliere come me.»
«Ne puoi trovare uno alla scuderia di Echlin» rispose Milk River, pesando le parole e affrontando il mio sguardo con quei suoi schietti occhi cilestrini. «Anche se poi è capace, non ha niente che ti viva a lungo sotto se lo sproni troppo. Sai cosa ti dico: da Peery, lì al ranch. Ha un ronzone fatto proprio per te. Magari non vorrà mollarlo, ma, se ti porti dietro del danaro autentico e glielo sbatti sotto al naso, magari ci sta.»
«Non mi stai mettendo in groppa a un cavallo che poi non riesco a tenere?» gli chiesi.
Gli occhi chiari fissarono il vuoto.
«Non ti sto mettendo in groppa a un bel niente, mister» disse. «Hai chiesto un'informazione e io te l'ho data. T'aggiungo solo che chiunque sia capace di stare su una sedia a dondolo, si cavalca quel ronzone.»
«Benissimo. Domani ci vado.»
Milk River mise giù la stecca e parve riflettere.
«Ora che ci penso, Peery domani va giù all'altro campo. Sai che ti dico: se non hai altro da fare, ci facciamo una scappata adesso.»
«Bene» dissi, e m'alzai.
«Voi venite a casa, ragazzi?» chiese Milk River ai compagni.
«Sì» rispose Smith distrattamente. «Dobbiamo alzarci presto domattina, perciò è meglio filare a casa. Vado a vedere se Slim e Red sono pronti.»
Non lo erano. Dalla porta aperta arrivò la voce sgradevole di Vogel.
«Io m'accampo qui! Ho messo sotto questo rettile ed è solo questione di tempo, prima o poi si deciderà a sputar fuori tutto, il veleno e il resto, per portarsi a casa la pelle. E io questo sto aspettando! Se solo alza la cresta gli spacco in due il pomo d' adamo.»
Smith ritornò nella sala.
«Slim e Red restano a giocare. Chiederanno un passaggio quando sono stufi.»
Milk River, Smith, Dunne, Small e io lasciammo il Border Palace.
A tre passi dalla porta, mi piombò addosso un tipo curvo, piegato in due, con dei baffi bianchi e una camicia senza colletto ma con lo sparato duro.
«Mi chiamo Adderly» si presentò, allungandomi una mano e agitando l'altra in direzione dell'Adderly's Emporium. «Ha un minuto di tempo?
Vorrei farle conoscere un po' di gente.» l ragazzi del Circle H.A.R. stavano trascinandosi lentamente verso una delle macchine ferme sullo stradone.
«Potete aspettarmi un paio di minuti?» gli gridai dietro.
Milk River si voltò.
«Sì. Dobbiamo dare acqua e benzina alla carretta. Fa' con comodo.»
Adderly mi guidò verso il suo emporio, e intanto attaccò a parlare: «Alcuni dei migliori elementi del paese sono lì da me... accidenti, quasi tutti i migliori elementi. Tutta gente che l'appoggerà, se lei riporta il timor di Dio a Corkscrew. Siamo stanchi e stufi di questa continua casa del diavolo.»
Attraversammo l'emporio, poi il cortile ed entrammo in casa sua.
V'erano raccolte una dozzina o poco più di persone.
Il reverendo Dierks - un tipo allampanato ed emaciato, con una fessurina al posto della bocca, su una faccia lunga e stretta attaccò con una predica. Mi chiamò fratello, mi descrisse quale disgraziato posto fosse Corkscrew e aggiunse che lui e i suoi amici erano pronti a testimoniare e denunciare perché fossero emessi mandati d'arresto contro varia gente che in quegli ultimi due anni aveva commesso una sessantina e passa di delitti.
Ne aveva fatto un elenco, coi nomi, l'ora e la data, e me lo lesse: tutti quelli che avevo incontrato quel giorno, eccetto i presenti in quel momento, comparivano nell'elenco almeno una volta, insieme con una quantità di altri nomi che non conoscevo. I delitti variavano, da assassinio a ubriachezza e uso di linguaggio blasfemo.
«Se mi dà quell'elenco, me lo studio» promisi.
Me lo diede, ma non era tipo d'accontentarsi di promesse.
«Astenersi sia pure per un'ora soltanto dal punire la malvagità, significa rendersi partecipi della malvagità stessa, fratello. Tu sei stato in quella casa del peccato gestita da Bardell; hai sentito la santità della domenica profanata dal suono delle biglie; hai fiutato l'odore sconcio del rum illegale nel fiato di quegli uomini! Colpisci ora, fratello! Fa' che non si dica che sin dal tuo primo giorno a Corkscrew sei passato sopra ai peccati! Portati in quei luoghi infernali e fa' il tuo dovere, come braccio della legge e come cristiano!»
Si trattava di un pastore, non m'andava di ridergli in faccia.
Guardai gli altri: stavano seduti, uomini e donne, sulla punta della sedia. Sulle loro facce c'erano le stesse espressioni che puoi vedere a un incontro di pugilato prima che suoni la campana.
La signora Echlin, la moglie del noleggiatore di cavalli, con una faccia ossuta e un corpo ancora più ossuto, incontrò il mio sguardo con i due ciottoli che aveva al posto degli occhi.
«Quella sgualdrina spudorata che si fa chiamare senora Gaia... e quelle tre vacchette che si dicono figlie sue! Lei non sarà mai un vero vice-sceriffo se le lascerà stare in quella loro casa un'altra notte ancora... ad avvelenare gli uomini della contea di Orilla!»
Gli altri annuirono, scuotendo energicamente il capo.
La signora Janey, la maestra di scuola, denti falsi e faccia arcigna, disse anche lei la sua: «Ma ancora peggiore di quelle... quelle creature... è quella Clio Landes! Peggiore, perché almeno quelle... quelle prostitute» abbassò gli occhi, riuscì ad arrossire e con l'angolo degli occhi guardò il pastore «quelle prostitute fanno quello che fanno apertamente. Lei invece... chi lo sa fino a che punto è malvagia?»
«Io non so niente di quella lì» esordì Adderly, ma sua moglie lo zittì.
«So io!» gracchiò. Era un donnone baffuto, col busto che le creava pieghe e salsicciotti nel vestito nero lucido. «La signorina Janey ha perfettamente ragione.»
«Questa Clio Landes è anche lei nell'elenco?» chiesi, non ricordando di aver letto il nome.
«No, fratello, non c'è» disse il reverendo Dierks, con aria dispiaciuta. «Ma unicamente perché è più astuta delle altre. In verità, Corkscrew sarebbe migliore senza la sua presenza. É una donna di bassissima moralità, senza mezzi apparenti di sostentamento, e se la fa con i peggiori elementi.»
«Sono contento di avervi conosciuto, amici» dissi, piegando l'elenco e cacciandomelo in tasca. «E sono contento di sapere che mi appoggerete.»
Puntai verso la porta, sperando di squagliarmela senza altre chiacchiere. Macché: il reverendo mi venne dietro: «Colpirai subito, fratello? Porterai subito la guerra di Dio contro il bordello e l'inferno del gioco?»
«Sono felice di avere il vostro appoggio» dichiarai «ma non ci sarà battaglia... non per ora, in ogni modo. Quest'elenco che mi ha dato... be', farò quanto riterrò opportuno dopo averlo esaminato, ma non starò a preoccuparmi per un'infornata di marachelle avvenute qualche anno fa. Comincio con l'aprire gli occhi ora: a me interessa quello che succede da ora in poi. Ci vediamo.» E me ne andai.
Quando uscii, l'auto dei cowboy era di fronte all'emporio.
«Sono stato a parlare coi cittadini modello» spiegai, prendendo posto tra Milk River e Buck Small.
La faccia di Milk River si raggrinzò tutt'intorno agli occhi.
«E ora sai che razza di marmaglia siamo noi» commentò.
Con Dunne al volante, la macchina ci portò fuori da Corkscrew, uscendo dal lato sud dello stradone principale e poi puntando a ovest, per il fondo sabbioso e roccioso d'un brutto canalone. La sabbia era alta e i massi numerosi, così non battemmo nessun record; dopo un'ora e mezzo di sudore, asfissia e traballamenti in quel canale, alla fine ne spuntammo fuori e passammo in un altro canale, più largo e più verde.
Dietro una curva di questo secondo canalone c'erano gli edifici del Circle H.A.R. Smontammo dalla macchina sotto una tettoia bassa, dove c'era già un'altra macchina. Un uomo fatto di muscoli e ossa ben saldati insieme, sbucò da dietro uno degli edifici imbiancati a calce e ci venne incontro: aveva una faccia scura e quadrata, baffetti tagliati rasi e occhi piccoli e incavati, pure scuri. Era Peery, appresi, quello che comandava il ranch in assenza del proprietario, che viveva nell'Est.
«Vuole un bel cavallo docile» disse Milk River a questo Peery «e abbiamo pensato che forse potevi vendergli quel tuo Rollo. É la bestia più docile che mi sia mai capitata sott'occhio.»
Peery si buttò all'indietro il sombrero dal cocuzzolo alto e dondolò sui tacchi.
«Cosa pensi di pagare per questo cavallo?»
«Se fa per me» risposi «penso di pagare quanto ci vuole per comprarlo.»
«Non c'è male» fece lui. «E se uno di voi andasse a mettere una corda al collo di quel ronzone e lo portasse a vedere al signore?»
Smith e Dunne s'avviarono insieme, con l'aria di morire dalla voglia di andare.
Alla fine i due vaccari tornarono, a cavallo, con il ronzone in mezzo a loro, già sellato e imbrigliato. Notai che ognuno di loro lo teneva con una corda. Era un pony dinoccolato, altro che ronzone: d'un colore limone acerbo e con un triste muso pendente e aguzzo.
«Eccolo qua» disse Peery. «Provalo prima e poi parliamo di dinero.»
Buttai via la sigaretta e m'avvicinai alla bestia: girò un occhio triste dalla mia parte, rizzò un orecchio, poi tornò a guardare a terra, più triste che mai. Dunne e Smith ritirarono le corde e io montai in sella.
Rollo se ne stette quieto, di sotto, finché gli altri cavalli non si furono allontanati dai suoi fianchi.
Poi mi mostrò cos'era capace di fare.
Schizzò letteralmente in aria - e ci rimase il tempo sufficiente per girarsi completamente, prima di atterrare. Piantò a terra le zampe anteriori, poi quelle posteriori, poi le staccò di nuovo, tutt'e quattro.
La cosa non m'andò a genio, ma non mi colse di sorpresa. Avevo capito d'essere l'agnello portato al macello; era la terza volta che mi capitava, del resto. Tanto valeva portare a termine l'impresa. Un uomo di città, quando finisce tra i cowboy, è destinato a ritrovarsi prima o poi seduto sull'osso sacro e benedetto; io sono uomo di città, ma m'arrangio anche a cavalcare un quadrupede, se questo collabora. Se invece non vuol starmi sotto - vince la bestia.
Rollo era destinato a vincere. Non fui tanto scemo da sprecare ingegno ed energia a competere con lui.
Così, alla seconda impuntata l'abbandonai, mantenendomi sciolto e floscio in modo che il tonfo non mi mandasse a pezzi.
Smith aveva afferrato il pony giallo e lo teneva per la testa quando staccai le ginocchia dalla fronte e m'alzai.
Peery, appollaiato sui tacchi, mi guardava preoccupato; Milk River guardava Rollo con quella che doveva essere un'espressione di estremo rapimento.
«Be', cosa gli hai detto a quel Rollo per farlo comportare a quel modo?» mi chiese Peery.
«Forse voleva solo scherzare» risposi. «Provo di nuovo.»
Ancora una volta Rollo se ne stette quieto e rattristato finché non mi ci fui sistemato ben bene sopra; poi gli vennero le convulsioni, finché mi ritrovai a testa in giù in un cespuglio.
Mi rialzai strofinandomi la spalla sinistra, che aveva incontrato una pietra. Smith stava tenendo la bestia. Le facce di tutt'e cinque loro erano serie e solenni - troppo serie e solenni.
Buck Small sputò la sua opinione: «Forse non gli sei simpatico.»
«Può darsi» ammisi, rimontando in sella per la terza volta.
Quel diavolo color limone a questo punto si era riscaldato e cominciava a prender gusto alla cosa. Mi tenne a bordo più a lungo questa volta, giusto per sbattermi via con più efficacia.
Quando atterrai quasi ai piedi di Peery e Milk River, ero stravolto; mi ci volle un po' per rialzarmi e, poi, bisognò che stessi fermo immobile per qualche minuto prima di sentirmi il terreno sotto i piedi.
«Tienilo un attimo...» cominciai.
La gran massa di Peery mi si piazzò davanti.
«Basta così» disse. «Non voglio vederti cadavere.»
«Togliti di mezzo» ringhiai. «A me piace. Voglio divertirmi ancora.»
«Tu il mio pony non l'inforchi più» ringhiò di rimando lui. «Non è abituato a un gioco così pesante. Capace che lo danneggi, se non sai cascare.»
Feci per tirare oltre, mi sbarrò la strada con un braccio ch'era una clava. Gli menai un destro alla faccia scura.
Arretrò, tutt' occupato a tenersi in piedi.
M'avvicinai a Rollo e m'issai su.
Questa volta ebbi tutta la fiducia del pony - eravamo vecchi amici ormai: non stette a prendersi la briga di rivelarmi i suoi segreti; fece cose che nessun cavallo al mondo può fare.
Atterrai nello stesso cespuglio che m'aveva accolto prima e là rimasi.
Non sapevo se ce l'avrei fatta a rialzarmi, volendo. Ma non volevo: chiusi gli occhi e restai là. Se non avessi fatto quel che m'ero incaponito di fare, mi sarei sentito un fallito.
Small, Dunne e Milk River mi portarono dentro e mi stesero su una cuccetta.
«Ho paura che quella bestia non faccia al caso mio» gli dissi. «Sarà bene vederne qualcun'altra.»
«Mica vuoi farti scoraggiare» mi stuzzicò Small.
«Tu fai meglio a startene quieto e a riposo, amico» disse Milk River.
«Se ti muovi cadi a pezzi.»
Seguii il suo consiglio.
Quando mi svegliai era mattina e Milk River mi stava scuotendo. «Pensi d'alzarti per la colazione o vuoi essere servito a letto?»
Mi mossi con cautela finché non ebbi scoperto ch'ero ancora tutto d'un pezzo.
«Fino a tavola ce la faccio ad arrivare.»
Si sedette su una cuccetta di fronte e s'arrotolò una sigaretta, mentre io m'infilavo le scarpe - che, insieme col cappello, erano gli unici capi di tutto il mio abbigliamento nei quali non avessi dormito.
A un certo punto disse: «Sono sempre stato dell'idea che chi non sa starsene seduto per un po' su un cavallo non riesce a concludere molto quand'è appiedato. Ora non ne sono più tanto sicuro. Tu non sai stare in sella e non ci saprai mai stare; pare che non sai nemmeno cosa fare una volta piazzatoti in groppa! Eppure, con tutto questo, un hombre che si fa atterrare tre volte da una bizza e poi scazzotta un altro hombre che gli impedisce di continuare la giostra non è esattamente una pulce.»
S'accese la sigaretta e spezzò in due il fiammifero.
«Ho un sauro, e puoi prendertelo per un centinaio di dollari. Non gli interessa trafficare con le vacche, ma è un cavallo e ha tutt'e quattro le zampe.»
Andai a prendere la cintura porta-moneta e gli feci piovere cinque biglietti da venti in grembo.
«Vedilo prima» protestò.
«L'hai visto tu.» Sbadigliai, stiracchiandomi. «Dove si fa colazione?»
Erano in sei a mangiare, quando entrammo nel masticatoio. Tre di loro erano i cowboy che avevo già visto. Peery, Wheelan e Vogel non c'erano. Milk River mi presentò agli altri tre come il vice-sceriffo gratta-sella e, tra un boccone e l'altro del cibo che il cuoco cinese orbo da un occhio portò in tavola, il pasto fu dedicato quasi esclusivamente a sbeffeggiare la mia abilità di cavalcatore.
Niente da dire. Ero tutto un dolore, ma le ammaccature mi stavano fruttando. M'ero guadagnato un posticino tra quegli abitanti del deserto e magari anche un amico o due.
Stavamo seguendo il fumo delle sigarette fuori all'aperto, quando quegli zoccoli lanciati levarono nubi di polvere dal canalone.
Red Wheelan scivolò giù dalla sua bestia e sbucò fuori dalla nube di sabbia.
«Slim è morto!» annunciò, roco.
Fu investito da sei bordate di domande e cercò di pararle tutte, barcollando: era ubriaco fradicio.
«L'ha sparato Nisbet. Ho avuto la notizia quando mi sono svegliato stamattina... là, di fronte al locale di Bardell. Li lasciai a mezzanotte e me ne andai da Gaia. Ho avuto la notizia stamattina. Sono andato da Nisbet, ma» abbassò gli occhi, come una pecora, alla fondina vuota «ma Bardell m'ha tolto l'arma.»
Barcollò ancora; l'afferrai, reggendolo.
«Cavalli!» abbaiò Peery, alle mie spalle. «Andiamo in città!»
«Andiamo in città, sì» feci eco. «Ma, una volta arrivati, niente sciocchezze. Quest'è lavoro mio.»
Peery mi guardò fisso negli occhi.
«Slim apparteneva a noi» disse.
«E chiunque l'ha fatto fuori appartiene a me» risposi.
Questo fu tutto quanto ci dicemmo, ma non pensai affatto di aver messo bene in chiaro la cosa.
Un'ora dopo stavamo smontando davanti al Border Palace.
Su due tavoli accostati era steso un corpo lungo e sottile, avvolto in una coperta. C'era mezza Corkscrew presente. Da dietro al banco, spuntò la faccia squassata di Chick Orr, truce e all'erta. Gyp Rainey se ne stava seduto in un angolo ad arrotolarsi una sigaretta con dita malferme che sparpagliavano tabacco intorno. Accanto a lui, come se niente stesse succedendo, sedeva Mark Nisbet.
«Cristo, sono contento di vederla!» mi stava dicendo Bardell, col faccione non più rosso come il giorno prima. «Questa storia di vedermi ammazzare la gente davanti la porta deve finire, e lei è quello che la farà finire!»
Sollevai un lembo della coperta e diedi un'occhiata al morto. Aveva un piccolo foro in fronte, dritto sopra l'occhio destro.
«L'ha visto qualche dottore?» chiesi.
«Sì» rispose Bardell. «L'ha visto Doc Haley, ma non ha potuto far niente. Doveva essere già morto prima di toccar terra.»
«Può mandare a chiamare Haley?»
«Si può fare.» Si rivolse a Gyp Rainey. «Va' dal dottor Haley, lì di fronte, e digli che il vice-sceriffo vuole parlargli.»
Di malavoglia, Gyp si fece largo tra i vaccari ammassati davanti la porta e svanì.
«Cosa sa della sparatoria, Bardell?» cominciai.
«Niente» disse, con aria solenne; e aggiunse quel che a lui risultava.
«Nisbet e io stavamo nella stanza di dietro a contare gli incassi della giornata. Chick stava mettendo in ordine il bar. Non c'era nessun altro. Doveva essere l'una e mezzo, circa. Abbiamo sentito lo sparo, proprio qui davanti, e siamo corsi tutti fuori, naturalmente.
Chick era il più vicino, così è arrivato per primo. Slim era steso a terra, morto.»
«E dopo cos'è successo?»
«Niente. Lo abbiamo portato dentro. Adderly e Doc Haley, che abita proprio di fronte, e il Rospo, alla porta accanto, avevano sentito anche loro lo sparo e son corsi fuori... e questo è tutto.»
Mi rivolsi a Chick.
«Bardell ha detto tutto» fece lui.
«Non sai chi l'ha ucciso?»
«No-o.»
Vidi i baffi bianchi di Adderly dalle parti della porta e chiamai lui sul banco a deporre. Non seppe aggiungere niente: aveva sentito lo sparo, era saltato giù dal letto, s'era ficcato calzoni e scarpe ed era arrivato in tempo per vedere Chick inginocchiato accanto al morto.
Non aveva visto niente che Bardell non avesse già riferito.
Quando ebbi finito con Adderly, il dottor Haley non era ancora arrivato, e io non ero ancora pronto per attaccare con Nisbet. Nessun altro pareva che sapesse niente.
«Un attimo e torno» annunciai; passai tra i vaccari e uscii sulla strada.
Il Rospo stava dando una pulita quanto mai necessaria al locale.
Smontò dal banco, sul quale era salito per raggiungere il soffitto.
Pavimento e pareti erano già relativamente puliti.
«Per me non era tanto sozzo» ghignò, mostrandomi le gengive «ma, quando lo sceriffo vien qui a mangiare e fa la faccia storta, cosa devo fare se non pulire?»
«Sai niente della sparatoria?»
«Certo che so. Sto a letto e sento lo sparo. Mi butto giù, afferro quel fucile e corro alla porta. E là sta quello Slim Vogel, lungo per terra, e quell'altro, Chick Orr, in ginocchio accanto a lui. Caccio fuori la testa. Il signor Bardell e quel Nisbet stanno sotto la porta.
Il signor Bardell sta dicendo: "Allora?". E Chick Orr, lui dice: "É partito". Quel Nisbet, lui non dice niente, ma si volta e torna dentro. Poi arrivano il dottore e il signor Adderly e io esco e, dopo che il dottore dice che è morto, lo portiamo dentro da Bardell.»
Questo sapeva il Rospo, non di più. Tornai al Border Palace. Il dottor Haley, una macchietta d'uomo, era arrivato.
Era stato svegliato dallo sparo, dichiarò, ma non aveva visto niente più di quanto gli altri non mi avevano già detto di aver visto. La pallottola era una 38. La morte era stata istantanea. E quest'era tutto.
Mi sedetti sul bordo d'un biliardo, di fronte a Nisbet. Alle mie spalle ci fu uno stropiccio di piedi a terra e io avvertii benissimo la tensione nell'aria.
«Che mi dici, Nisbet?» chiesi.
«Niente che possa servire» rispose, scegliendo le parole con studio e con calma. «Lei è stato qui, ieri pomeriggio, e ha visto Slim, Wheelan, Keefe e me giocare. Be', il gioco è andato avanti per un pezzo. Lui ha vinto un mucchio di danaro... o gli è sembrato di vincerne un mucchio... fino a quando non abbiamo giocato a poker. Ma prima di mezzanotte Keefe s'è ritirato e poco dopo anche Wheelan.
Nessun altro s'è seduto al tavolo e così non eravamo in numero per il poker. L'abbiamo mollato e siamo passati allo zecchinetto. Ho ripulito Vogel... fino all'ultimo nichel. Era circa l'una quando se n'è andato, diciamo una mezz'ora prima d'essere sparato.»
«Lei e Vogel andavate d'accordo?»
Gli occhi del giocatore scattarono verso i miei, poi tornarono a posarsi a terra.
«Lo sa benissimo, l'ha sentito come mi tirava i panni di dosso. Bene, ha continuato così... verso la fine è diventato forse anche più acido.»
«E lei l'ha lasciato dire?»
«L'ho lasciato dire. Io campo con le carte, non con gli scontri.»
«Allora non ci sono stati scontri al tavolo?»
«Non ho detto questo. C'è stato uno scontro. Lui ha fatto per metter mano alla pistola quando l'ho ripulito.»
«E lei?»
«L'ho bloccato in tempo... gli ho tolto la pistola, l'ho scaricata... gliel'ho ridata, gli ho detto di filare.»
«E non l'ha più rivisto se non dopo che è stato ammazzato?»
«Esatto.»
Mi avvicinai a lui, tendendo una mano.
«Mi faccia vedere la sua pistola.»
La sfilò di sotto la giacca col calcio in avanti, e me la passò: una S. & W. calibro 38, carica con tutt'e sei i colpi.
«Non la perda» dissi, restituendogliela. «Più tardi può servirmi.»
Un ringhio di Peery mi fece voltare. Nel voltarmi, mi cacciai le mani in tasca, strette sui due giocattoli 32.
La destra di Peery era all'altezza del collo, pericolosamente vicina alla pistola che, sapevo, portava sotto il panciotto. Allineati alle sue spalle, i suoi uomini erano pronti all'azione quanto lui.
«Questa, può darsi, sarà l'idea del vice-sceriffo di quanto occorra fare» latrò Peery. «Ma non è la mia! Questo pidocchio ha accoppato Slim. Slim era uscito da qui portandosi via troppo danaro. Questo pidocchio l'ha accoppato senza dargli la possibilità di metter mano alla pistola, e l'ha ripulito del suo sporco danaro. Se il vicesceriffo pensa che noi permetteremo...»
«Forse qualcuno avrà aggiunto qualche testimonianza che io non ho sentito» lo interruppi io. «Per quello che mi risulta, invece, non ho prove sufficienti per accusare Nisbet.»
«Al diavolo le prove! I fatti parlano, e tu sai che questo...»
«Il primo fatto che devi stare a sentire» lo interruppi io di nuovo «è che questa faccenda la sbrigo io... e la sbrigo a modo mio. Qualcosa da dire su questo?»
«Un mucchio di cose!» In mano gli comparve una.45 usata e abusata. E anche in mano a tutti gli uomini allineati dietro di lui spuntarono pistole.
Mi piazzai tra la pistola di Peery e Nisbet, già vergognandomi della tossetta malaticcia che avrebbero fatto le mie.32 in confronto al boato di quei cannoni che avevo di faccia.
«Secondo me» Milk River s'era staccato dai compagni e stava ora poggiato coi gomiti al banco del bar, di fronte a loro, con una pistola per mano e un tal ronfo nella voce strascicata che pareva un gatto parlante «chi vuole scambiare un po' di piombo col nostro vicesceriffo grattasella dovrebbe aspettare il suo turno. Io la vedo così: uno alla volta. L'idea di stargli addosso tutt' assieme non mi va giù.»
La faccia di Peery diventò rosso porpora.
«E a me non va giù» ruggì contro il ragazzo «l'idea che un cucciolo rognoso faccia lo sgambetto a quelli che l'han messo in sella con loro.»
Milk River arrossì, ma la sua voce conservò il ronfo di prima.
«Maestro, quello che a te fa schifo per me somiglia così maledettamente a quello che ti va a genio che non li distinguo. E non dimenticare che non sono uno dei tuoi lisciavacche. Ho un contratto con te per domarti i cavalli a dieci dollari la bestia. Fuori di quello, tu e i tuoi per me siete stranieri.»
L'eccitazione era rientrata. Il fuoco che era stato attizzato a questo punto s'era spento con le chiacchiere.
«Il tuo contratto s'è sciolto un minuto e mezzo fa, circa» disse Peery. «Puoi farti vedere al Circle H.A.R. ancora una volta sola, giusto per ritirare tutto quello che t'appartiene. Sei licenziato!»
Voltò la faccia dalla mascella quadrata verso di me.
«E tu non pensare che la corsa sia finita!»
Girò sui tacchi e i suoi uomini gli tennero dietro fino ai cavalli.
Un'ora dopo, Milk River e io stavamo seduti nella mia stanza alla Ca¤on House e parlavamo. Avevo mandato a dire allo sceriffo della contea che c'era lavoro per il coroner lì da noi, e avevo trovato un posto dove stivare il corpo di Vogel fino al suo arrivo.
«Mi sai dire chi ha passato la bella notizia che io ero il vicesceriffo?» chiesi a Milk River. «Doveva essere un segreto.»
«Doveva? Chi l'avrebbe detto. Per due giorni, il signor Turney non ha fatto altro che andare in giro a dire cosa sarebbe successo appena arrivato il nuovo vice.»
«Chi è questo Turney?»
«É un tale che dirige gli impianti della Orilla Colony Company.»
E così, il callo me l'aveva pestato proprio il rappresentante locale dei miei clienti.
«Hai qualcosa da fare nei prossimi giorni?» chiesi.
«Niente di speciale.»
«Ho un posto nel libro paga per qualcuno che conosca bene questo paese e m'accompagni in giro.»
«Vorrei sapere di che gioco si tratta prima di ficcarmici» rispose lui, parlando strascicato. «Tu non sei un vice come tutti gli altri e non sei di queste parti. Non è affar mio, ma non voglio buttarmi alla cieca.»
Il che era abbastanza ragionevole.
«Ti faccio luce» dissi. «Sono un detective privato: dell'ufficio di San Francisco della Continental Detective Agency. Mi hanno mandato quaggiù gli azionisti della Orilla Colony Company. Hanno speso una carrettata di soldi per irrigare e migliorare la loro terra e ora vogliono venderla. Secondo loro, caldo e acqua messi insieme fanno la terra ideale per coltivarla, buona quanto nell'Imperial Valley. Non pare, però, che la gente si precipiti a comprarla. Il fatto è, dicono gli azionisti, che voi indigeni di questa parte dello stato siete una razza così mafiosa da togliere ai contadini pacifici la voglia di venire a stabilirsi tra voi. Non è un segreto per nessuno il fatto che sui due confini degli Stati Uniti ci sono un po' di zone che stanno fuori della legge oggi come ai vecchi tempi, tale e quale. Si fanno troppi soldi a portare al di qua del confine emigranti clandestini, e son tanto facili a farsi da mettere idee in testa a un mucchio di galantuomini che in materia di danaro non vanno per il sottile. Con appena quattrocentocinquanta ispettori, divisi tra i due confini, il governo non è in grado di far molto. Si calcola che l'anno scorso nel nostro paese sono stati fatti passare per le porte di servizio qualcosa come centotrentacinquemila stranieri. Visto che quest'angolo della Contea di Orilla è senza ferrovia e senza telefono, certamente dev'essere uno dei principali punti di smistamento e perciò, secondo quei signori che m'hanno ingaggiato, un bel nido di vespe assortite.
Un paio di mesi fa, in un altro lavoro che avevo per mano, mi capitò d'imbattermi in un giro d'immigrazione clandestina e lo feci saltare.
Quelli dell'Orilla Colony pensano che possa fare la stessa cosa anche qui. E così sono venuto a ingentilire questa parte dell'Arizona.
Strada facendo, sono passato dallo sceriffo della contea e ho presentato la candidatura a vice, nel caso ci fosse un posto vuoto. Lo sceriffo ha detto che non aveva nessun vice quaggiù e che non aveva soldi per ingaggiarlo, ed è stato ben felice di farmi giurare. Ma credevamo che fosse un segreto.»
«Secondo me, te la spasserai parecchio» disse Milk River, dedicandomi un sorriso «perciò penso di accettare il lavoro che mi offri. Ma non voglio essere vice anch'io. Mi metto con te, ma non voglio legarmi, così non dovrò fare rispettare leggi che non mi piacciono.»
«Affare fatto. Ora, cosa puoi dirmi di quello che dovrei sapere?»
«Be', non è il caso che perdi tempo col Circle H.A.R. É gente difficile, ma non hanno traffici con la frontiera.»
«Da questo punto di vista va bene» convenni io «ma il mio lavoro è anche quello di spazzar via la mafia, e da quel che ho visto direi che quelli il titolo lo meritano.»
«Tu te la spasserai parecchio» ripeté Milk River. «Chiaro che sono mafiosi! Ma Peery come potrebbe allevare vacche quaggiù se non assoldasse gente all'altezza di quei pistoleri che non piacciono ai tuoi amici dell'Orilla Colony? Lo sai come sono i cowboy: mettili in mezzo ai duri e crepano in corpo se non dimostrano a tutti che sono altrettanto duri anche loro.»
«Io non ce l'ho con loro... quando si portano bene. E questi trafficanti di frontiera?»
«Secondo me, Bardell è l'osso per te. Dopo di lui: Big 'Nacio. Non l'hai conosciuto ancora? É un messicano grosso e basettuto che ha un ranch in fondo al ca¤on... a quattro-cinque miglia dalla frontiera.
Tutto quello che passa il confine passa dal suo ranch. A provarlo, però, puoi romperti le corna.»
«Lui e Bardell lavorano insieme?»
«E-già... lavora per Bardell, sono convinto. Un'altra cosa che devi segnarti nel libretto sono quegli stranieri: quando varcano il confine, non sempre... e non tutti... arrivano a destinazione. Non è raro di questi tempi trovare qualche osso, là fuori nel deserto, accanto a quella ch'era una tomba, prima che i coyotes la scavassero.
E i pidocchi ingrassano! Se l'emigrante ha qualcosa di valore addosso, o se capita che i governativi stanno annusando in giro da quelle parti o se succede una qualsiasi cosa che rende nervosi i pidocchi, di solito atterrano il cliente e lo sotterrano sul posto.»
Il fracasso della campana per il pranzo, di sotto, interruppe il nostro colloquio a questo punto.
C'erano solo otto o dieci clienti in sala da pranzo. Nessuno dei ragazzi di Peery era presente. Milk River e io ci sedemmo a un tavolo in un angolo. Eravamo a metà pasto quando la ragazza con gli occhi scuri che avevo notato il giorno prima entrò nella sala.
Venne dritto al nostro tavolo. Mi alzai e appresi che si chiamava Clio Landes: la ragazza che i cittadini modello volevano fosse spazzata via. Mi rivolse un sorriso tutto perle, mi porse una mano sottile ma forte e si mise a sedere.
«Ho sentito dire che hai perso di nuovo il lavoro, fannullone» rimproverò, ridendo.
Ci avrei giurato che non era dell'Arizona. Era di New York, a giudicare dall'idioma.
«Se è questo tutto quanto hai sentito dire, sono ancora io in vantaggio» rispose Milk River, restituendole il sorriso con una smorfia. «Mi sono trovato un altro lavoro... semino ordine e legge in giro.»
Da lontano giunse il rumore d'uno sparo.
Continuai a mangiare.
Clio Landes disse: «Non v'eccitate per cose del genere, voi poliziotti?»
«La prima regola» le risposi «è di non rovinarsi i pasti, se si può evitare.»
Dalla strada entrò un uomo in tuta.
«Hanno ucciso Nisbet, lì da Bardell!» strillò.
Milk River e io andammo al Border Palace, preceduti da metà dei clienti del ristorante e da mezza città.
Trovammo Nisbet nella stanza di dietro, steso a terra, stecchito.
Aveva un foro, che poteva essere stato fatto da una.45, sul petto che quelli che ora gli stavano intorno gli avevano messo a nudo.
Bardell m'afferrò per un braccio.
«Non gli hanno dato la minima possibilità, quei cani!» strillò.
«Assassinio a sangue freddo!»
«Chi l'ha sparato?»
«Uno del Circle H.A.R. Può scommetterci la testa.»
«Qualcuno ha visto?»
«Nessuno ammette d'aver visto.»
«Com'è successo?»
«Mark era di là nella sala. Io, Chick e cinque o sei di questi signori eravamo con lui. Poi è passato di qua. Appena è comparso sotto la porta... pam!»
Bardell scosse il pugno in direzione della finestra aperta.
Andai alla finestra e guardai fuori. Tra l'edificio e il ciglio del Tirabuzon Canon c'era una striscia di roccia di nemmeno mezzo metro.
Una corda ritorta era legata a una sporgenza di questa roccia sul ciglio del ca¤on.
Indicai la corda a Bardell.
Attaccò a sbraitare.
«Se l'avessi vista l'avremmo acchiappato! Non abbiamo pensato che qualcuno potesse passare per laggiù e non ci abbiamo fatto caso. Siamo corsi su e giù per la sponda, guardando tra gli edifici.» Andammo fuori; mi misi pancia a terra e guardai giù nel ca¤on.
La corda - con un capo assicurato alla sporgenza di roccia - scendeva per una decina di metri lungo la parete e scompariva tra gli alberi e i cespugli d'una stretta piattaforma che correva lungo la roccia laggiù. Una volta raggiunta quella piattaforma, un uomo poteva essere al coperto e al sicuro nella sua ritirata.
«Cosa ne pensi?» chiesi a Milk River, che mi s'era steso accanto.
«Una bella scappatoia.»
Mi alzai in piedi, tirai su la corda e la porsi a Milk River.
«Non mi dice niente. Potrebbe essere di chiunque.»
«Il terreno ti dice niente?»
Tornò a scuotere il capo.
«Tu calati nel ca¤on e vedi cosa puoi trovare» gli dissi. «Io vado al Circle H.A.R. Se non trovi niente, raggiungimi da quella parte.»
Tornai dentro a fare qualche altra domanda. Dei sette presenti nel locale di Bardell al momento dello sparo, tre mi sembrarono abbastanza degni di fiducia, e la loro testimonianza concordò in pieno con quanto aveva detto Bardell.
«Ha detto che andava da Peery?» chiese Bardell.
«Sì.»
«Chick, prepara i cavalli! Tu e io andiamo col vice, e anche tutti quelli che vogliono venire. Avrà bisogno d'appoggio!»
«Niente affatto!» E fermai Chick. «Vado da solo. Non lavoro in società.»
Bardell s'accigliò ma fu costretto ad assentire.
«É lei che dirige la baracca» disse poi. «Mi piacerebbe venire laggiù, ma, se vuole che le passi la mano, sto al gioco.»
Trovai Milk River che stava sellando i cavalli nella stalla dove li avevamo lasciati. Uscimmo insieme dalla città.
A mezzo miglio fuori ci separammo. Lui prese a sinistra, per una pista che portava al ca¤on, e, senza voltarsi, mi gridò: «Se laggiù ti sbrighi prima del previsto, puoi raggiungermi seguendo il canalone grosso, quello del ranch, fino al ca¤on.»
Imboccai il canalone che portava verso il Circle H.A.R.; il cavallo che Milk River mi aveva venduto, lungo di groppa e di gambe, procedeva lesto e disinvolto. Mezzogiorno era passato da troppo poco tempo perché la cavalcata risultasse piacevole; dal fondo del canalone si levavano ondate di calore asfissiante, il sole mi feriva gli occhi, la polvere m'incrostava la gola.
Trovai Peery ad aspettarmi nel passo tra quello e il canalone grosso che sboccava nel Circle H.A.R.
Non disse niente e non mosse dito: se ne stava piantato sul suo cavallo e mi spiava mentre m'avvicinavo. Ai fianchi teneva parcheggiate due.45.
Mi affiancai a lui e mostrai il lazo che avevo trovato dietro il Border Palace. Nel mostrarlo, notai che dalla sua sella non pendeva nessuna corda.
«Sai niente di questa?» chiesi.
Guardò la corda.
«Sembra uno di quegli affari che gli hombres adoperano per tirarsi dietro i manzetti.»
«É difficile fartela, vero?» grugnii. «Mai visto prima questa qui in particolare?»
Stette un minuto o più a pensare a una risposta.
«Sì» disse alla fine. «Il fatto è che ho perso la gemella di quella corda da qualche parte tra qui e la città... proprio stamani.»
«Sai dove l'ho trovata?»
«Cosa conta?» E allungò un braccio per prendere la corda.
«L'importante è che l'hai trovata.»
«Può contare, invece» dissi, allontanando la corda. «L'ho trovata appesa alla parete del ca¤on dietro il locale di Bardell, dove puoi esserti calato dopo aver tirato a Nisbet.»
Le mani gli corsero alle pistole; io mi girai in modo da fargli notare la sagoma d'una delle automatiche che stavo stringendo con la mano in tasca.
«Non far niente di cui potresti pentirti» lo avvertii.
«Te lo spa-aro sul posto?» disse il vocione di Dunne alle mie spalle, nella sua cadenza «o aspettiamo un altro poco?»
Mi voltai e lo vidi: stava dietro un macigno e mi puntava contro un 30-30. Dietro altre rocce spuntavano altre teste e altra artiglieria.
Tirai fuori la mano dalla tasca e la poggiai sul pomo della sella.
Peery si rivolse a quelli dietro le mie spalle: «Mi sta dicendo che Nisbet è stato sparato.»
«Una bella provocazione» fece Buck Small, addolorato. «Non si sarà fatto male, spero.»
«É solo morto» spiegai.
«E chi può aver fatto una cosa del genere?» Dunne era proprio curioso di sapere.
«Babbo Natale» avanzai io, come ipotesi.
«Non hai nient'altro da dirci?» chiese Peery.
«Non basta, forse?»
«No. Ora, al tuo posto io me ne tornerei dritto a Corkscrew.»
«Mi stai dicendo che non vuoi venir via con me?»
«Non ci penso nemmeno. Se vuoi provare a portarmici...»
Non avevo voglia di provare e l'ammisi.
«E allora niente ti trattiene qui» mi rimbeccò lui.
Gli feci una smorfia di sorriso, a lui e ai suoi amici, girai la testa al sauro e me ne tornai per dove ero venuto.
A poche miglia più giù, tornai indietro verso sud, trovai l'estremità del canalone del Circle H.A.R. e lo seguii fino al Tirabuzon Ca¤on.
Poi presi ad arrancare verso il punto dove era stata trovata appesa la corda.
Il ca¤on meritava quel nome di tirabuciocco: un solco profondo, serpeggiante e serpentineggiante, aspro e pietroso, alberato e cespugliato, che spaccava la faccia dell'Arizona.
Non m'ero spinto molto lontano che trovai Milk River: mi venne incontro tirandosi dietro il cavallo. Scosse subito il capo.
«Nemmeno un accidente. Posso stargli dietro, a tutti quanti loro: ma c'è troppa roccia qui.»
Smontai e ci sedemmo sotto un albero a fumare un po' di tabacco.
«Com'è andata?» volle sapere.
«Così-così. La corda è di Peery, ma non ha voluto seguirmi. Ho pensato che possiamo sempre pescarlo quando lo vogliamo, perciò non ho insistito. Potevano nascere storie.»
Mi guardò con la coda degli occhi chiari.
«In fondo» disse poi, parlando lentamente «un hombre potrebbe concludere che tu stai montando il Circle H.A.R. contro la squadra di Bardell, incoraggiando le due parti ad azzannarsi a vicenda per risparmiarti tu il fastidio di mettere fuori gli artigli.»
«Forse non ti sbagli. Credi che sia una tattica bucata?»
«Non lo so. Penso di no... se è questo che stai facendo e se sei sicuro di averceli gli artigli per quando sarà il momento di tirarli fuori.»
Era già sera quando Milk River e io sbucammo sullo stradone storto di Corkscrew. Era troppo tardi per mangiare alla Canon House, così smontammo davanti la baracca del Rospo.
Chick Orr stava sotto la porta del Border Palace. Girò il visino rovinato per dire qualcosa a qualcuno alle sue spalle. Bardell comparve accanto a lui e mi guardò con la curiosità negli occhi; poi tutt'e due scesero in strada.
«Risultato?» chiese Bardell.
«Niente di notevole.»
«Non hai fatto l'arresto?» chiese Chick Orr, incredulo.
«Esatto. Ho invitato un signore a seguirmi, ma ha rifiutato.»
L'ex pugile mi soppesò ben bene, poi sputò a terra ai miei piedi.
«Sei proprio un genio grosso assai» ringhiò. «Mi viene l'uzzolo d'atterrarti a schiaffoni.»
«Accomodati» lo invitai. «Se mi scortico le nocche non ci faccio caso.»
Gli occhietti gli s'illuminarono. Fece un passo avanti e mirò a mano aperta al viso. Scansai, piegando solo la testa, e gli voltai le spalle, togliendomi intanto giacca e fondina di sotto l'ascella.
«Tienimele, Milk River, intanto che porto questo botoletto a passeggio.»
Tutta Corkscrew arrivò di corsa, mentre Chick e io ci squadravamo.
Suppergiù, eravamo della stessa statura ed età, ma su di lui l'adipe era più soffice, giudicai. Lui era un ex professionista, io avevo battagliato qua e là un pochino in vita mia, ma non c'era dubbio che quanto a mosse mi teneva fatto. In compenso, lui aveva le mani provate e malridotte, io no; in più, era - o era stato - abituato ai guantoni, mentre i pugni nudi erano la mia specialità, grosso modo.
Si mise in difesa, aspettando che attaccassi. Attaccai, facendo la parte del brocco e fingendo di destro una sventola d'assaggio.
Male! Scansò di lato invece che in dentro. Il sinistro che gli sparai contro andò a vuoto e lui mi colse sullo zigomo.
Smisi di provare: non lo ingannavo. Gli piantai in corpo le due mani aperte e provai gioia quando affondarono nella carne molle. Si ritrasse più svelto di quanto potessi seguirlo e mi squassò tutto quanto con un uncino al mento.
Mi lavorò un altro po' di sinistro: agli occhi, al mento. Quando mi grattò la fronte col destro, attaccai.
Colpii a metà corpo, sinistro, destro, sinistro; mi sferzò in faccia con avambraccio e pugno e si sganciò.
Mi diede ancora di sinistro, spaccandomi il labbro, schiacciandomi il naso, scorticandomi la faccia dalla fronte al mento. Quando finalmente riuscii a superare quel sinistro, andai a sbattere contro un uppercut di destro che spuntò da sottoterra e m'arrivò sulla mascella con una botta che mi lanciò a cinque-sei passi di distanza.
Mi venne dietro e addosso, tempestandomi.
L'aria della sera era piena di cazzotti. Piantai i piedi a terra e misi fine a quell'uragano con un paio di cannonate proprio là dove la camicia gli s'infilava nei pantaloni.
Mi agganciò di nuovo col destro - ma non tanto forte. Gli risi in faccia, ricordandomi che qualcosa gli aveva cricchiato dentro il pugno quando aveva piazzato quell'uppercut, e mi feci strada, martellandolo a due mani.
Tornò a sganciarsi e sparò il sinistro. Glielo frenai col mio destro, proseguii con questo e picchiai di sinistro, mirando basso. Anche il suo destro picchiò. Lo lasciai picchiare: era moscio.
M'inchiodò ancora una volta prima che lo scontro finisse: con una svirgola dall'alto, di sinistro, che arrivò fumando addirittura.
Riuscii a tenermi in piedi e il resto non andò male. Mi sbatacchiò ancora, ma ormai aveva perso fiato e vapore.
Andò giù poco dopo, per un totale di colpi accumulati piuttosto che per uno solo in particolare, e non s'alzò più.
In faccia non aveva un solo segno di cui fossi responsabile io; sulla mia, invece, doveva certamente sembrare che fosse stata passata una grattugia.
«Magari mi do una lavata prima che andiamo a mangiare» dissi a Milk River, ripigliandomi giacca e pistola.
«Certo, accidenti!» convenne lui, guardando la mia faccia.
Un tipo rotondetto, con un rigatino estivo, mi spuntò davanti ai piedi attirando la mia attenzione.
«Sono il signor Turney, dell'Orilla Colony Company» disse, presentandosi. «Se ho ben capito, lei non ha fatto nemmeno un arresto da che è qui.»
Era il loffio che m'aveva fatto pubblicità! La cosa non m'era andata giù, ma non m'andò giù nemmeno quella faccetta aggressiva.
«Già» ammisi.
«Ci sono stati due delitti in due giorni» proseguì «a proposito dei quali lei non ha fatto niente, sebbene in tutt'e due i casi ci fossero prove più che lampanti. Trova che tutto questo sia soddisfacente?»
Non risposi niente.
«Lasci che le dica che non è affatto soddisfacente.» Pensava a rispondere da solo alle proprie domande, l'amico. «Né è soddisfacente il fatto che lei abbia impiegato quest'uomo» puntando un dito grassottello in direzione di Milk River «che è noto come uno degli uomini più fraudolenti del paese. Voglio che le sia chiaro, una volta per tutte, che a meno che non ci sia un deciso miglioramento nel suo lavoro, a meno che lei non si mostri disposto a fare ciò per cui è stato ingaggiato... questo ingaggio sarà revocato!»
«Chi ha detto che è lei?» chiesi quando ebbe finito di parlare.
«Il signor Turney, sovrintendente generale della Orilla Colony.»
«Davvero? Be', signor sovrintendente generale Turney, i suoi padroni si sono dimenticati di farmi parola di lei quando m'hanno ingaggiato... perciò, io non la conosco affatto. Ogni volta che ha qualcosa da dirmi, si rivolga ai suoi padroni. Se è abbastanza importante, forse me la trasmetteranno.»
S'impettì.
«Li informerò, è certo, dell'estrema negligenza che lei ha mostrato nel suo lavoro... anche se poi riesce a distinguersi nelle risse!»
«Mi fa il piacere d'aggiungere un poscritto da parte mia?» Gli gridai dietro, mentre s'allontanava. «Gli dica che in questo momento sono molto occupato e non so che farmene dei consigli... chiunque sia a darmeli.»
Entrai nella Ca¤on House con Milk River.
Vickers, il padrone, era sulla porta.
«Se pensi che io possegga le tovaglie per asciugare il sangue di tutti gli hombres che si fanno scorticare, ti sbagli» abbaiò, rivolto a me.
«E non voglio nemmeno farmi tagliare le lenzuola per ricavarne bende!»
«Non ho mai visto un rognoso come te» attaccò Milk River mentre salivamo le scale. «Si direbbe che non riesci a intendertela con nessuno. Non ti fai mai amici?»
«Solo tra i crocchi.»
Feci del mio meglio, con acqua e cerotto, per restaurarmi la faccia, ma non ne venne certo fuori un capolavoro. Milk River stava seduto sul letto e mi guardava sogghignando.
Finito il lavoro di ripristino, scendemmo giù dal Rospo a mangiare. Al banco c'erano tre che brucavano. Dovetti scambiare con loro commenti sulla recente battaglia mentre mangiavo.
A un certo punto, fummo interrotti da un galoppo sulla strada. Davanti la porta della baracca passarono una dozzina o più di uomini in sella e sentimmo che frenavano e smontavano spavaldi davanti la porta di Bardell.
Milk River si piegò su un lato fin quasi a poggiarmi la bocca sull'orecchio.
«Quelli di Big 'Nacio, giù in fondo al ca¤on. Meglio che mordi il freno, capo, o ti fanno tremare la città sotto i piedi.»
Finimmo il pasto e uscimmo sulla strada.
Nella luce della grossa lampada sopra la porta del locale di Bardell c'era un messicano appoggiato alla parete: un omone con la barba nera, un vestito ch'era tutto un luccichio di bottoni d'argento e due pistoloni dal manico bianco parcheggiati bassi lungo le cosce.
«Porta i cavalli alla stalla, per piacere» dissi a Milk River. «Io vado su a stendermi sul letto, devo rimettermi in forze.»
Mi guardò incuriosito, poi andò a prendere i cavalli dove li avevamo lasciati.
Mi fermai davanti al messicano barbuto e con la sigaretta indicai le pistole.
«Saresti tenuto a togliere via quelle cose quando vieni in città» dissi, tutto cortese. «Anzi, saresti tenuto a non portarle affatto, ma io non sono tanto pignolo d'andare a guardare sotto le giacche della gente.»
Barba e baffi si spaccarono per mostrare una sorridente chiostra di denti ingialliti.
«Se al "se¤or jerife" non piace queste cose, magari vuole provare a levarmele?»
«No. Le levi tu di mezzo.»
«Io le porto apperché mi piace portarle.»
«Tu fa' come ti dico» risposi, sempre tutto cortese, e lo piantai lì.
Andai alla baracca del Rospo, mi allungai di sopra al banco e tirai fuori dal suo barile l'archibugio a canna corta.
«Posso prenderlo in prestito? Mi serve per convertire un cristiano in un credente.»
«Certo, sissignore. Serviti pure.»
Il grosso messicano era scomparso. Lo trovai dentro, che stava raccontando agli amici. Di questi, alcuni erano messicani, altri americani, altri ancora Dio sa cosa. Erano tutti armati di pistola.
Il grosso messicano si voltò quando i suoi amici da lui passarono a guardare me, e nel voltarsi calò le mani verso l'armeria, ma non estrasse.
«Io non lo so cosa ci sta in questo cannone» dissi, ed ero sincero, puntando quella trappola sulla compagnia «forse chiodaglia e trucioli di dinamite, ma lo scopriamo subito se voi amici non depositate immediatamente le pistole sul banco... perché infatti v'innaffio tutti quanti!»
Deposero le armi sul banco, e non saprei criticarli: quell'affare che avevo in mano li avrebbe sconciati tutti quanti e definitivamente.
«E ora, quando venite a Corkscrew, fate scomparire le pistole.»
Il grasso Bardell si fece largo in mezzo a loro, rimbellettandosi la faccia con la giovialità.
«Vuole mettere in guardaroba questi ferri vecchi fino a che i suoi clienti non sono pronti a lasciare la città?» gli chiesi.
«Sì! Sì! Con piacere!» esclamò, quando si fu ripreso dallo stupore.
Riportai l'archibugio al proprietario e me ne andai alla Ca¤on House.
Quando imboccai il corridoio, la porta d'una stanza prima della mia s'aprì e ne venne fuori Chick Orr, dicendo, senza voltarsi: «E non fare niente che io non farei.»
Vidi Clio Landes in piedi dietro la porta.
Chick si girò, mi vide e si fermò, guardandomi torvo.
«Non vali niente come combattente!» disse. «Però sai dove picchiare.»
«Esatto.»
Si passò una mano gonfia sulla pancia.
«Non ho mai imparato a reggerli così bassi, questo mi ha rovinato la professione. Ma non attaccar più briga con me... potrei farti male!» e mi trapanò le costole con un pollice robusto. Poi passò oltre e infilò le scale.
La porta della ragazza era chiusa quando vi passai davanti. Una volta nella mia stanza, tirai fuori stilografica e carta e avevo buttato giù appena tre parole del mio rapporto quando una nocca bussò alla porta.
«Avanti» gridai, avendo lasciato aperto per Milk River.
Clio Landes spinse la porta aperta.
«Occupato?»
«No. Entri e si metta comoda. Milk River sarà qui a momenti.»
«Lei non sta ingannando Milk River, vero?» chiese, di punto in bianco.
«No. Non ho niente contro di lui, per quanto mi riguarda è a posto.
Perché?»
«Niente, pensavo solo che pensasse di incastrarlo per qualche paio di colpetti che potrebbero esserci stati. Non mi lascio imbrogliare da lei; questi cafoni sono convinti che lei sia un pallone gonfiato, ma io la penso diversamente.»
«Grazie per l'elogio, ma non faccia pubblicità al mio naso fino in giro. Me ne hanno già fatta abbastanza. Ma cosa ci combina lei qui, tra questi cafoni?»
«Tisi!» E si picchiò in petto. «Un medicastro mi ha detto che sarei campata più a lungo con quest'aria. E come una scema ci sono cascata.
Vivere qui non è diverso che morire in una grande città.»
«Da quanto tempo non vede un po' di traffico?»
«Tre anni: un paio su in Colorado, poi in questo buco. Sembrano tre secoli.»
«Sono stato lassù ad aprile per lavoro» dissi per approfondire l'argomento «per un paio di settimane.»
«Davvero?»
Come se avessi detto d'essere stato in paradiso, né più né meno; attaccò con una bordata di domande: quel tal posto era sempre così? e quell'altro era sempre colì?
Una bella festicciola di chiacchiere ci facemmo, e scoprii anche che conoscevo alcuni amici suoi: qualche paio di ruffiani d'alto bordo, un magnate del contrabbando e una minutaglia di allibratori, carcerati e così via.
Eravamo in pieno concerto quando arrivò Milk River.
«Gli amici sono sempre in città?» gli chiesi.
«Sì. Li ho sentiti frignare lì da Bardell, e ho anche sentito che ti stai rendendo sempre più impopolare.»
«Quale altra novità?»
«Gli amici che ti sei fatto tra i cittadini modello non apprezzano del tutto, a quanto pare, quel tuo scherzo d'affidare pistole e hombres di Big 'Nacio a Bardell. Pare che tutti quanti pensano che gli hai tolto l'armi dalla mano destra per mettergliele nella sinistra.»
«Gliel'ho solo tolte per mostrare che ero in grado di farlo» spiegai.
«Non le volevo per me. E poi, ne tirerebbero fuori altre. Ho idea d'andare un po' giù a farmi vivo tra loro. Non starò via molto.»
Al Border Palace c'era traffico e chiasso. Nessuno degli amici di Big 'Nacio mi rivolse la minima attenzione; Bardell invece attraversò la sala per venirmi a dire: «Sono contento che abbia messo la cavezza ai ragazzi. Mi ha risparmiato un mucchio di guai.»
Annuii col capo e me ne uscii; girai l'angolo e andai alla scuderia, dove trovai l'uomo del turno di notte abbracciato a una stufetta di ferro, nell'ufficio.
«Hai qualcuno che possa correre fino a Filmer, stasera, con un messaggio?»
«Forse qualcuno lo trovo» rispose lui, senza entusiasmo.
«Preparagli un buon cavallo e mandamelo all'albergo, appena puoi» raccomandai.
Rimasi seduto in fondo al portico della Ca¤on House finché un ragazzo, d'un diciott'anni, tutto gambe, arrivò su un pony pezzato e chiese del vice-sceriffo. Uscii dall'ombra nella quale me ne stavo seduto e scesi sulla strada, dove potevo parlare al ragazzo senza avere ascoltatori tutt'intorno.
«Il vecchio m'ha detto che ha da mandare qualcosa a Filmer.»
«Puoi andare da qui a Filmer e poi girare e tornare indietro al Circle H.A.R.?»
«Si capisce che posso.»
«Bene, è questo che mi serve. Quando sei arrivato, di' a Peery che Big 'Nacio e i suoi uomini sono in città e possono dirigersi da quella parte prima dell'alba.»
«Lo farò, stia certo, signore.»
«Questo è per te. Dopo pagherò il conto della scuderia.» Gli ficcai una banconota in mano. «Muoviti, e non farti sfuggire l'informazione con nessun altro.»
Tornato su in camera, trovai Milk River e la ragazza alle prese con una bottiglia. Parlammo e fumammo per un po', poi la compagnia si sciolse. Milk River mi disse che la sua stanza era accanto alla mia.
Le nocche di Milk River sulla mia porta mi tirarono giù dal letto tremante nel freddo delle cinque del mattino.
«Non siamo in una fattoria!» brontolai aprendo la porta. «Qui siamo in città, dove si dorme fino a che il sole è spuntato.»
«Il braccio della legge non è tenuto a dormire affatto» rispose, con un ghigno, battendo i denti perché non era più vestito di me. «Fisher, che ha un ranch da quelle parti, ha mandato un uomo a informarti che al Circle H.A.R. c'è una battaglia in corso. Ha picchiato alla mia porta invece che alla tua. Corriamo laggiù, capo?»
«Sì. Arraffa un po' di fucili, l'acqua e i cavalli. Io vado giù dal Rospo a ordinare la colazione e a farmi incartare un po' di pranzo.»
Quaranta minuti più tardi Milk River e io eravamo fuori Corkscrew.
La mattina andava riscaldandosi; disperdendo la rugiada in una sfuggente caligine, il sole tingeva di violetto il deserto con i suoi raggi obliqui. La mezquite mandava un odore fragrante e anche la sabbia - che più tardi sarebbe stata gradevole quanto il coperchio impolverato d'una stufa - mandava un odore fresco e piacevole.
Quando ci avvicinammo agli edifici del ranch, su un lontano costone si stagliarono per un attimo contro il cielo tre puntini azzurri, che erano tre cowboy, e una bestia sperduta.
«Un ronzone che dovrebbe avere qualcuno in groppa e non ha nessuno» sentenziò Milk River.
Più avanti passammo davanti a un sombrero messicano bucherellato; poi il sole cavò luccichii da una manciata di bossoli di ottone.
Uno degli edifici era un mucchio di rovine carbonizzate; poco discosto, uno degli uomini che avevo disarmato da Bardell giaceva morto a pancia in aria.
Da dietro l'angolo d'un edificio s'affacciò una testa fasciata, poi spuntò fuori il proprietario, col braccio destro al collo e una pistola nella sinistra. Dietro, brandendo un coltellaccio, trotterellava il cuoco cinese orbo da un occhio.
Milk River riconobbe l'uomo fasciato.
«Salve, Red! Scaramucce?»
«Un pochino. Abbiamo cavato tutto l'utile possibile dall'avvertimento che ci avete mandato, e quando Big 'Nacio e il suo branco si son fatti vivi prima di giorno li abbiamo inseguiti per tutta la contea. Io ho bloccato un paio di palle e così sono rimasto a casa, ma il resto dei ragazzi ha proseguito verso sud. Se tendi l'orecchio, sentirai qualche botto ogni tanto.»
«Li seguiamo o li precediamo?» chiese Milk River, rivolto a me.
«Possiamo precederli?»
«Forse. Se Big 'Nacio scappando farà il giro largo e verso buio se ne torna al suo ranch. Se tagliamo per il ca¤on e da lì ci buttiamo a sud, forse arriviamo prima di lui. Lui non andrà veloce se deve anche sparare a Peery e ai ragazzi che gli stanno addosso.»
«Proviamo.»
Milk River in testa, superammo gli edifici del ranch e ci buttammo nel canalone, imboccammo poi il ca¤on nel punto in cui l'avevo imboccato io il giorno prima. Dopo un po' il terreno migliorò e anche la corsa.
A mezzogiorno ci fermammo per fare riposare le bestie, mangiare un paio di sandwich e fumare una sigaretta. Poi ripigliammo il cammino.
Alla fine il sole calò, andò ad appoggiarsi basso sulla nostra destra e le ombre del ca¤on crebbero. L'apprezzata ombra aveva raggiunto la parete orientale quando Milk River, sempre in testa, si fermò.
«É dietro la prossima curva.»
Smontammo, bevemmo un sorso a testa, soffiammo via la sabbia dai fucili e ci avviammo a piedi verso un folto di cespugli che coprivano la curva, davanti a noi, del ca¤on tortuoso.
Oltre quella curva, il fondo del ca¤on s'allargava, in declivio, in uno spiazzo tondo come un piattino, i cui lati salivano dolcemente fino al livello del deserto. Al centro del piattino c'erano quattro edifici di mattone. Nonostante l'esposizione al sole, sembravano, chissà perché, umidi e freschi. Da uno di essi si levava un filo di fumo. Nessuna creatura, né umana né animale, era in vista.
«Vado a dare un'occhiata laggiù» disse Milk River, passandomi il cappello e il fucile.
«Bene» assentii. «Io ti copro, ma se ci sono novità meglio che ti levi davanti. Non sono un campione del mondo col fucile.»
Per tutta la prima parte del suo tragitto, Milk River fu coperto più che a sufficienza. Avanzava lestissimo. Poi il riparo delle piante andò assottigliandosi; rallentò il passo. Pancia a terra, strisciava da un folto a un macigno, da una cresta a un cespuglio.
A dieci metri dal primo edificio rimase a corto di ripari, allora saltò in piedi e scattò al riparo del più vicino edificio.
Non successe niente. Rimase accucciato contro il muro per parecchi interminabili minuti; poi cominciò ad avanzare lentamente verso il retro dell'edificio.
Un messicano sbucò da dietro l'angolo.
Non distinguevo la sua faccia, ma vidi il corpo irrigidirsi. Portò la mano alla cintola.
La pistola di Milk River lampeggiò.
Il messicano crollò giù. L'acciaio lucente del suo coltello brillò dritto sul capo di Milk River e mandò un tintinnio quando cadde su un sasso.
Milk River scomparve dietro l'edificio. Quando lo rividi stava caricando contro l'ingresso buio del secondo edificio.
Incontro a lui, dalla soglia, partirono delle fiammate.
Feci del mio meglio coi due fucili, creandogli uno sbarramento davanti, innaffiando di piombo la porta alla massima velocità concessami. Scaricai il secondo fucile un attimo prima che lui arrivasse così vicino la porta che non potetti rischiare più colpi.
Buttato via il fucile, tornai in fretta al cavallo e corsi in aiuto del mio pazzo assistente.
Non ne aveva bisogno. Quando arrivai era tutto finito.
Con le canne delle sue pistole stava spingendo fuori dall'edificio un altro messicano e Gyp Rainey.
«Tutta qui la vendemmia» mi gridò. «Almeno, non ne ho trovati altri.»
«Cosa fai qui?» chiesi a Rainey.
Ma il drogato guardò a terra, risentito, e non aprì bocca.
«Li leghiamo» decisi «e diamo un'occhiata in giro.»
Il lavoro di legatura lo fece quasi tutto Milk River, che aveva più esperienza in fatto di corda. Li affastellò spalla a spalla, a terra, e andammo in esplorazione.
A parte un arsenale di pistole d'ogni forma e misura e una bella santabarbara di munizioni per alimentarle, non trovammo niente di interessante finché non arrivammo davanti a una porta pesante - con barra e lucchetto - incastrata tra le fondamenta dell'edificio principale e il terrapieno su cui sorgeva la costruzione.
Trovai un piccone rotto e arrugginito e feci saltare il lucchetto, poi togliemmo la barra e spalancammo la porta.
Dalla cantina buia e senz'aria ci vennero incontro, impazziti, degli uomini, sette, che ci investirono con una babele di lingue.
Mostrammo le pistole per fermarli; la babele aumentò d'eccitazione.
«Zitti!» strillai.
Capirono quello che volevo dire, anche se non potevano afferrare la parola. La babele cessò e li guardammo uno per uno. Sembravano tutt'e sette forestieri: un bel mazzo di tagliagole.
Milk River e io tastammo il terreno con l'inglese, poi con quel poco di spagnolo che potemmo assommare insieme. I due tentativi ebbero un guazzabuglio di risposte, ma non in una delle due lingue.
«Cos'altro rimane?» chiesi a Milk River.
«Solo il chinook.»
Non sarebbe servito a molto. Mi sforzai di ricordare qualche parola di quello che sotto le armi, durante la guerra, credevamo fosse francese.
«"Que désirez-vous?"» sortì un gran sorriso sul faccione d'un uomo dagli occhi azzurri.
Afferrai un "Nous allons aux Etats-Unis" prima che la velocità con cui prese a vomitar parole mi confondesse e m'impedisse di capire altro.
Strano, Big 'Nacio non aveva informato quei tipi che si trovavano già negli Stati Uniti. Forse li teneva più sotto controllo se credevano d'essere ancora in Messico.
«"Montrez-moi votre passeport".»
Quest'ultima sortì un belato di proteste da parte di Occhi Azzurri.
Erano stati informati che il passaporto non era necessario. Ed era proprio perché gli era stato rifiutato il passaporto che avevano pagato per entrare clandestinamente.
«"Quand ˆtes-vous venus ici?"»
"Hier" significava il giorno prima, indipendentemente da tutto il resto che la sua risposta voleva dire. Cosicché Big 'Nacio era venuto dritto a Corkscrew dopo aver portato quegli uomini al di qua della frontiera e dopo averli chiusi in cantina.
Richiudemmo gli immigrati nella loro cantina, e insieme a loro mettemmo Rainey e il messicano. Rainey ululò come un lupo quando gli portai via la siringa e la fialetta che aveva con sé.
«Metti il capo fuori e dà un'occhiata al paesaggio» dissi a Milk River «mentre io sistemo l'uomo che hai accoppato.»
Quando tornò avevo sistemato il messicano morto in maniera che mi garbava: accoccolato su una sedia, un po' staccato dalla porta dell'edificio principale, e appoggiato alla parete col sombrero calato sul viso.
«Si sta levando un polverone poco lontano da qui» annunciò Milk River.
«Non mi meraviglierò se avremo compagnia più tardi, verso sera.»
Il buio s'era infittito da un'ora quando arrivarono.
Ormai, nutriti e riposati, noi eravamo pronti. In casa era accesa una luce e Milk River stava lì a titillare un mandolino; dalla porta aperta la luce illuminava vagamente il messicano morto: la statua d'un addormentato. Più oltre, dietro l'angolo, io stavo appoggiato alla parete, tranne che col naso e la fronte.
Sentimmo gli amici molto prima di vederli: due cavalli - ma facevano più chiasso che dieci - che stavano arrivando arzilli e veloci.
Big 'Nacio, il primo, era giù di sella e con un piede già sulla porta prima che le zampe anteriori del suo cavallo - rizzato su dalla violenza con cui l'omaccione l'aveva frenato - ritoccassero il suolo.
Il secondo cavaliere arrivò subito dopo.
Il barbuto vide il cadavere. Gli saltò addosso agitando lo scudiscio e ruggendo: «"Arriba, piojo!"».
La mandolinata s'interruppe.
Io saltai fuori.
I baffi di Big 'Nacio si piegarono per la sorpresa.
Lo scudiscio incappò in un bottone del vestito del morto e vi si impigliò; il cappio del manico all'altra estremità dello scudiscio trattenne il polso di Big 'Nacio. L'altra mano scattò verso la coscia.
Tenevo la pistola in mano da un'ora ed ero vicino. Ebbi così tutto l'agio di mirare ben bene: la sua mano toccò il calcio della pistola e io gli trapassai con la pallottola mano e coscia.
Quando cadde, vidi Milk River che atterrava l'altro con un colpo secco della canna della pistola alla nuca.
«Direi che ci combiniamo bene insieme noi due» disse il ragazzo abbronzato, disarmando il nemico.
Le bestemmie che il barbuto ruggiva impedivano la conversazione.
«Vado a mettere in cantina questo che hai ammaccato tu» dissi. «Occhio a 'Nacio, intanto. Quando torno lo rappezziamo.»
Trascinai il cavaliere inerte per metà tragitto verso la porta della cantina; rinvenne e lo pungolai per il resto del tragitto con la pistola, lo spinsi dentro, cacciai via dalla porta gli altri prigionieri, la chiusi e la sbarrai.
Il barbuto l'aveva piantata di urlare quando tornai su.
«Nessuno ti ha seguito?» chiesi, inginocchiandomi accanto a lui; poi presi a lacerargli il pantalone col temperino.
Per tutta risposta ottenni una quantità di belle notizie su me stesso, la mia famiglia e i miei antenati. Non una rispondeva a verità, ovviamente, ma tutt'insieme erano molto colorite.
«Non sarà sbagliato se gli mettiamo una zeppa in bocca» propose Milk River.
«No, lascialo sfogare!» Poi mi rivolsi di nuovo al barbuto: «Al posto tuo, io risponderei a quella domanda. Se i giovanotti del Circle H.A.R. t'hanno seguito fin qui e ci colgono di sorpresa, un linciaggio nessuno te lo leva».
A questo lui non aveva pensato.
«Sì, sì. Quel Peery e i suoi hombres. Quelli, "sì, seguir - mucha rapidez!"»
«Oltre a te e a quell'altro, non ne è rimasto nessuno dei tuoi?»
«No! "Ninguno!"»
«Che ne dici d'accendere un bel fuoco qui davanti, mentre io fermo l'emorragia all'amico, Milk River?»
Il ragazzo fece la faccia delusa.
«Non li andiamo a stanare noi quei minchioni?»
«No, se non ci siamo costretti.»
Avevo appena dato un paio di giri di fasciatura al messicano, che Milk River aveva già avviato un falò ruggente che illuminava gli edifici e buona parte del piattino in cui questi sorgevano. La mia idea era di tener dentro 'Nacio e Milk River, per l'eventualità che non fossi riuscito a far ragionare Peery. Invece non ci fu tempo. Avevo appena cominciato a spiegare il mio piano a Milk River quando da fuori il raggio di luce della fiamma giunse il vocione di Peery: «Mani in alto, tutti quanti!»
«Calma!» ammonii Milk River, e mi alzai in piedi. Ma non alzai le mani.
«La festa è finita» gridai. «Venite avanti.»
Passarono dieci minuti. Peery entrò a cavallo nel raggio di luce: la faccia dalla mascella quadrata era sporca e sinistra. Il cavallo era tutto coperto di schiuma. Le pistole erano in mano.
Dietro di lui avanzò Dunne, anche lui a cavallo e altrettanto sporco, altrettanto sinistro e altrettanto pronto con l'artiglieria.
Nessuno seguì Dunne; dunque, gli altri erano sparpagliati intorno a noi, nel buio.
Peery si sporse oltre la testa del cavallo per guardare Big 'Nacio che stava ancora steso a terra, senza fiato.
«Morto?»
«No, una palla attraverso la mano e la coscia. Ho un po' d'amici suoi sotto chiave, là dentro.» Il bagliore delle fiamme destò truci lampi negli occhi di Peery.
«Gli altri puoi tenerteli» disse, brusco. «Quest'hombre ci basta.»
Non lo fraintesi.
«Me li tengo tutti.»
«Non ho un briciolo di fiducia in te» mi ringhiò in faccia Peery.
«Voglio assicurarmi che l'incursione di Big 'Nacio finisce qua. Lo prendo io in consegna.»
«Niente da fare.»
«E come pensi d'impedirmelo?» mi rise in faccia. «Mica pensi che l'irlandese e io siamo soli, vero? Se non credi di essere sotto tiro, fa' una mossa.» Credevo, ma...
«La cosa non cambia. Se fossi un vaccaro o un topo del deserto o un qualunque tipo solitario senza conoscenze, sarebbe facile cancellarmi.
Ma non lo sono e tu lo sai. E io conto proprio su questo. Per prenderti Big 'Nacio devi ammazzarmi. Quest'è un fatto! Non credo che lo vuoi tanto da spingerti fino a questo punto.»
Rimase a fissarmi per un po', poi le sue ginocchia spinsero il cavallo verso il messicano. 'Nacio s'alzò a sedere e attaccò a implorare che lo salvassi.
Lentamente, portai la destra verso la fondina sotto l'ascella.
«Metti giù!» ordinò Peery, con le due pistole vicinissime al mio cranio.
Feci una smorfia di sorriso, tirai fuori la pistola lentamente e lentamente la puntai finché fu allo stesso livello delle sue due.
Rimanemmo in quella posizione il tempo necessario per una buona sudata; non fu certo un fatto distensivo.
Una strana luce gli lampeggiò negli occhi cerchiati di rosso. Non mi resi conto di quello che stava per succedere se non troppo tardi. La pistola che teneva nella sinistra s'allontanò da me - esplose.
Un foro comparve sulla fronte di Big 'Nacio. Il barbuto s'accasciò su un fianco.
Milk River, ch'era tutto un ghigno, abbatté Peery giù dalla sella.
Ero sotto la pistola di destra di Peery quando questa lampeggiò. Mi ritrovai a quattro zampe sotto le zampe posteriori del suo cavallo. Le pistole di Dunne tossirono.
«Dentro!» urlai a Milk River, e piantai due pallottole nel cavallo di Dunne.
Palle di fucili sibilarono da ogni parte, sopra, sotto, di lato.
Al di là della porta illuminata, Milk River s'appiattì a terra, sputando fuoco e piombo con tutt'e due le mani. Il cavallo di Dunne era a terra; l'irlandese s'alzò, si portò le mani al viso, cadde a terra accanto alla bestia.
Milk River tenne in piedi la sparatoria dandomi tutto il tempo per schizzar dentro casa, scavalcandolo.
Mentre io frantumavo il tubo della lampada e soffiavo sulla fiamma, lui sbatté la porta. Le pallottole tonfarono contro il legno e il muro.
«Ho fatto bene ad abbattere quel pidocchio?» chiese Milk River.
«Benissimo!» mentii io.
Non serviva stare a piangere sulle palle sparate, stava di fatto però che non volevo Peery morto. Anche l'ammazzamento di Dunne non era necessario. La parola è alle pistole dopo che i preliminari sono falliti, e io non ero ancora rimasto a corto d'argomenti quando quel pupo abbronzato aveva attaccato a dire e a sparare.
Le palle smisero di fare buchi nella porta.
«I ragazzi stanno tenendo consiglio» opinò Milk River. «Non devono essergli rimaste molte cartucce se stanno duellando col 'Nacio da stamattina presto.»
Trovai in tasca un fazzoletto bianco e presi a cacciarne un angolo nella bocca d'un fucile.
«Cosa fai?» chiese Milk River.
«Parlamento.» Mi avvicinai alla porta. «E tu tieni a freno le dita finché non ho finito.»
«Non ho mai visto un hombre capace di parlamentare» commentò lui.
Aprii cautamente la porta d'una sottile fessura. Non successe niente.
Feci passare il fucile nello spiraglio e lo agitai su e giù alla luce del fuoco che ancora bruciava. Non successe niente. Aprii la porta e uscii fuori.
«Mandate qualcuno a parlamentare!» gridai, rivolto dalla parte del buio.
Una voce che non riconobbi bestemmiò e attaccò a minacciare: «Ti sistemiamo...»
S'interruppe e ci fu silenzio.
Del metallo tintinnò poco lontano, di lato.
Buck Small, con gli occhi bovini cerchiati e un filo di sangue su una guancia, entrò nel raggio di luce.
«Cosa pensate di fare?» chiesi.
Mi guardò accigliato.
«Pensiamo di prendere quel tuo compagno, Milk River. Non abbiamo niente contro di te, tu fai quello per cui sei pagato. Ma Milk River non doveva ammazzare Peery!»
«No, voi ragazzi volete andare in galera, Buck. Sono finiti i tempi della sfrontatezza. Finora siete a posto: 'Nacio v'ha attaccati e voi avete fatto quel ch'era giusto fare quando gli avete massacrato il branco sparpagliandolo per tutto il deserto. Ma non avete diritto d'immischiarvi coi miei prigionieri. Peery non l'ha voluto capire e se non fosse stato sparato subito sarebbe stato appeso più tardi. Quanto a Milk River: lui non vi deve niente. Ha buttato giù Peery sotto le vostre canne... l'ha bucato ad armi pari! Voi stavate barando, Milk River ha colto un'occasione che né voi né io avremmo colto. Non avete di che lagnarvi. Lì dentro ho dieci prigionieri e un bel mucchio di fucili e di palle da metterci dentro. Se mi costringete, m'accordo con i prigionieri, gli consegno le armi e li faccio combattere. Preferisco perdere fino all'ultimo di quei maledetti così che farli prendere da voi. Da una battaglia simile voi ragazzi potete cavarne solo un bel po' di dispiaceri... che vinciate o perdiate. Questa parte della contea di Orilla è stata abbandonata a se stessa più a lungo di tutto il resto del Sud Ovest. Ma la pacchia è finita. Devono arrivare gente e soldi da fuori. Voi non potete impedirlo! Quelli che l'hanno tentato nel passato ci sono rimasti. Vuoi parlarne agli altri?»
«Sì-ì» e s'allontanò nel buio.
Io entrai dentro.
«Credo che saranno ragionevoli» dissi a Milk River «ma non si sa mai.
Perciò è meglio che annusi in giro e vedi se c'è un'apertura nel pavimento da qui al nostro pollaio in cantina, perché penso veramente di dare le armi ai prigionieri, come ho detto.»
Venti minuti dopo Buck Small era di ritorno.
«Hai vinto» annunciò. «Vogliamo portarci Peery e Dunne con noi.»
Niente mi aveva mai allettato tanto come, la sera dopo, mercoledì, il mio letto alla Ca¤on House. La sfaticata col cavallo giallo limone, la scazzottata con Chick Orr, la lunga cavalcata alla quale non ero abituato, tutto questo m'aveva riempito di più dolori di quanto la contea di Orilla fosse piena di sabbia.
I nostri dieci prigionieri stavano ammassati in un vecchio recinto isolato di proprietà di Adderly, guardati a vista da volontari scelti tra gli elementi migliori del paese da Milk River. Lì stavano al sicuro, pensavo, finché quelli dell'immigrazione, che avevo mandato ad avvisare, non fossero venuti a prenderseli. La maggioranza degli uomini di Big 'Nacio erano stati ammazzati in combattimento dai ragazzi del Circle H.A.R. e non pensavo che Bardell fosse in grado di raccogliere uomini in numero sufficiente per assaltare la prigione provvisoria.
I cavalieri del Circle H.A.R., pensavo, da allora innanzi si sarebbero comportati ragionevolmente bene; rimanevano ancora da sistemare due punti, ma il mio lavoro a Corkscrew era più o meno giunto alla fine.
Non ero dunque molto insoddisfatto di me stesso, mentre, tutto irrigidito, toglievo gli abiti di dosso e m'arrampicavo sul letto per il meritato sonno.
Forse che me lo godetti fino in fondo? Macché.
M'ero appena sistemato tutto comodo nel letto, quando qualcuno venne a picchiare alla porta.
Era quella macchietta del dottor Haley.
«Sono stato chiamato alla sua prigione provvisoria, qualche minuto fa, a dare un'occhiata a quel Rainey» m'annunciò. «Ha cercato di scappare e s'è rotto un braccio lottando contro uno dei guardiani. Non è grave, ma le sue condizioni lo sono. Bisognerebbe dargli un po' di cocaina.
Non credo che sia saggio tenerlo più a lungo senza droga.»
«É molto giù?»
«Sì.»
«Vado a parlargli» dissi, cominciando, con riluttanza, a rivestirmi.
«Gli ho dato qualche dose ogni tanto, sulla via del ritorno dal ranch... abbastanza per non farlo crollare. Ma adesso voglio ottenere un po' d'informazioni da lui, e, fin quando non parla, non avrà più niente.»
Sentimmo gli ululati di Rainey ancor prima di arrivare alla prigione.
Milk River stava parlando con uno dei guardiani.
«Ti caccerà nei guai, capo, se non gli dai una puntura» si rivolse a me Milk River. «L'ho fatto legare tutto quanto, così non si sfascia il braccio. É pazzo inferocito.»
Il dottore e io entrammo nel recinto e il guardiano sulla porta tenne alto una lampada per farci luce.
In un angolo, Gyp Rainey stava seduto sulla sedia alla quale Milk River lo aveva fatto legare. Colava bava dagli angoli della bocca ed era tutto un contorcimento.
«Per l'amordiddio, dammi una dose!» gemette vedendomi.
«Dammi una mano, dottore, lo portiamo fuori.»
Lo sollevammo, sedia e tutto, e lo portammo fuori.
«Ora piantala di abbaiare e stammi a sentire» ordinai. «Tu hai sparato Nisbet. Voglio la storia tutt'intera. La storia e avrai una dose.»
«Non l'ho ammazzato io!» strillò lui.
«É una balla! Tu hai rubato la corda di Peery mentre eravamo tutti nel locale di Bardell, lunedì mattina, a parlare della morte di Slim.
Hai fissato la corda là dove poteva dare l'idea che l'assassino si fosse calato nel ca¤on e poi ti sei appostato alla finestra. Quando Nisbet è entrato nella stanza sul retro l'hai bucato. Nessuno s'è calato giù con quella corda... altrimenti Milk River avrebbe trovato qualche traccia. Vuoi parlare?»
Non volle. Strillò e bestemmiò e implorò e sbraitò di non saper niente del delitto.
«Allora te ne torni dentro!» dissi.
Il dottor Haley mi mise una mano sul braccio.
«Non pensi che voglia interferire, però devo avvertirla che quello che sta facendo è pericoloso. É mio dovere avvertirla che, rifiutandogli la droga, lei mette in pericolo la vita di quest'uomo.»
«Lo so, Doc, ma devo rischiare. Non è ancora alle strette, altrimenti non mentirebbe. Quando il bisogno della droga lo pungerà come uno spillone, parlerà.»
Messo via di nuovo Gyp Rainey, tornai nella mia stanza. Ma non a letto.
Clio Landes mi stava aspettando là dentro - avevo lasciato la porta aperta - seduta davanti a una bottiglia di whisky. L'aveva già vuotata di tre quarti: un assalto di malinconia.
Era una ragazza povera, malata, sola, nostalgica del suo mondo lontano. Si curò con l'alcool, ricordando i genitori morti, qualche triste ritaglio della giovinezza e qualche fetta del suo sventurato passato, innaffiando il tutto con lacrime autentiche.
Erano quasi le quattro della mattina del giovedì quando finalmente il whisky ascoltò le mie preghiere e l'addormentò sulla mia spalla.
La sollevai e la trasportai nella sua stanza in fondo al corridoio.
Ero appena arrivato alla porta quando il grasso Bardell spuntò su dalle scale.
«Sempre al lavoro lo sceriffo» commentò, tutto gioviale, e passò oltre.
Il sole era alto e la stanza calda come un forno, quando mi svegliai al rumore familiare di chissà chi che bussava alla porta. Questa volta era uno dei guardiani volontari: il ragazzo tutto gambe che il lunedì sera aveva portato la notizia a Peery.
«Gyp vuole vederla.» Aveva la faccia sconvolta. «La vuole come non ho mai visto un uomo volere una cosa.»
Rainey era un rottame quando arrivai da lui.
«L'ho ammazzato! L'ho ammazzato io!» strillò. «Bardell sapeva che il Circle H.A.R. avrebbe vendicato la morte di Slim. Mi fece ammazzare Nisbet per fare pari e patta con Peery, così toccava a te a prendertela con quelli lì. Un'altra volta lui aveva tentato contro di loro e aveva avuto la peggio! Dammi una dose! É vero quant'è vero Dio! Ho rubato la corda, l'ho fissata e ho sparato Nisbet col fucile di Bardell quando Bardell lo ha mandato in quella stanza. Il fucile è sotto il bidone nel cortile di Adderly. Dammi la dose!»
Trovai il dottor Haley a casa sua. Un minuto dopo stava riempiendo la siringa.
Il Border Palace non apriva prima di mezzogiorno. La porta era chiusa.
Proseguii verso la Ca¤on House. Milk River venne fuori proprio mentre mettevo piede sul portico.
«Salve, recluta» lo salutai. «Sai qual è la stanza del tuo amico Bardell?»
Mi guardò come se non m'avesse mai visto.
«Perché non te la trovi da te? Io non sto più alle tue dipendenze.
Puoi trovarti un'altra balia, mister, o puoi andartene all'inferno!»
Insieme con le parole venne fuori anche odore di whisky, ma non era abbastanza ubriaco da essere questa la spiegazione.
«Che ti piglia?» chiesi.
«Mi piglia che mi son fatta la convinzione che sei un pidocchioso...»
Non lo lasciai continuare.
La destra gli scattò al fianco quando salii sul portico.
Lo sbattei tra il muro e il mio fianco prima che estraesse la pistola e gli piantai le mie due mani sui polsi.
«Tu sarai una volpe lesta con quel ferrovecchio» gli ringhiai in faccia, scuotendolo, molto più imbufalito che se fosse stato uno sconosciuto «ma se tenti uno solo dei tuoi trucchi da babbuino, ti sculaccio!»
Le dita sottili di Clio Landes m'affondarono nel braccio.
«Piantala! Piantala!» urlò. «Non sai controllarti?» Ce l'aveva con Milk River. Rivolta a me: «É ferito per quello che è successo stamani. Non sa quello che dice!».
Anch'io ero ferito.
«Lo so quel che dico» insisté lui.
Lo lasciai andare ed entrai. Varcata la porta, m'imbattei nel giallo Vickers.
«Che stanza ha Bardell?»
«La 214. Perché?»
Gli passai davanti e salii le scale.
Con la pistola in una mano, usai l'altra per picchiare alla porta di Bardell.
«Chi è?» rispose.
Glielo dissi.
«Cosa vuole?»
Dissi che volevo parlargli.
Mi fece aspettare un paio di minuti prima di aprire. Era mezzo svestito, ma dalla cintola in giù aveva tutto. Di sopra aveva una giacca sulla canottiera. Una delle mani era nella tasca della giacca.
Stralunò gli occhi quando mise a fuoco la pistola che avevo in mano.
«Lei è in arresto. Per l'assassinio di Nisbet!» lo informai. «Tolga la mano dalla tasca.»
Volle darmi a credere che pensava a uno scherzo.
«Per l'assassinio di Nisbet?»
«Già. Rainey ha chiacchierato. Tolga la mano dalla tasca.»
Staccò gli occhi dai miei per guardare alle mie spalle, con un lampo di trionfo nelle pupille.
Lo battei al primo colpo per un filo di capello, perché aveva perso tempo ad aspettare che cadessi nel vecchio trucco.
La sua pallottola mi sfiorò il collo.
La mia lo prese dove la canottiera aderiva all'adipe del petto.
Cadde, armeggiando nella tasca, cercando di cavare la pistola per un'altra sparata.
Potevo saltargli addosso, ma era destinato a morire in ogni caso: la prima pallottola gli aveva forato i polmoni. Gliene piantai un'altra dentro.
Il corridoio si riempì di gente.
«Chiamate il dottore!» dissi a tutti loro.
Ma Bardell non ne aveva bisogno, era già morto prima che avessi finito di dirlo.
Chick Orr si fece largo tra la folla ed entrò nella stanza.
Mi rialzai, ricacciando la pistola nella fondina.
«Contro di te non ho niente ancora, Chick» dissi lentamente. «Sai meglio di me se è il caso d'insistere; al tuo posto, me la svignerei da Corkscrew senza perdere troppo tempo a fare la valigia.»
L'ex pugile mi sbirciò, si grattò il mento e mandò uno schiocco con la lingua.
«Se dovessero chiedere di me, digli che sono partito per una gita» e si rifece largo tra la folla.
Quando il dottore arrivò, lo portai dall'altra parte del corridoio, nella mia stanza, dove mi rappezzò il collo. La ferita era una sciocchezza, ma mandava sangue a tutt' andare.
Dopo che ebbe finito, tirai dalla valigia un vestito pulito e mi spogliai; quando andai a lavarmi, scoprii però che il dottore m'aveva consumato tutta l'acqua. Infilati giacca, pantaloni e scarpe, andai a prenderne altra in cucina.
Il corridoio era vuoto quando tornai su, a parte la presenza di Clio Landes.
Mi passò davanti voltando la faccia dall'altra parte.
Mi lavai, mi vestii e mi affibbiai la pistola. Un altro punto ancora da chiarire e avrei finito. Giudicai di non aver più bisogno dei giocattoli da.32, così li misi via. Ero contento all'idea di sgombrare da Corkscrew; non mi piaceva il posto, non m'era piaciuto dal primo momento, e meno che mai mi piaceva ora, dopo il voltafaccia di Milk River.
Stavo pensando a lui quando misi piede fuori dall'albergo - e me lo vidi di fronte, dall'altra parte della strada.
Finsi di non vederlo e mi avviai dalla parte opposta.
Un passo. Una pallottola levò polvere ai miei piedi.
Mi fermai.
«Tieniti pronto, chiappone!» ragliò Milk River. «Tocca a te o a me!»
Mi girai lentamente verso di lui, cercando uno scampo: non ce n'era nessuno.
Aveva gli occhi del pazzo, stretti come due fessure, e la faccia ch'era una maschera d'ira selvaggia. Era fuori portata di ragionamento.
«A te o a me!» ripeté e piantò un'altra palla a terra, ai miei piedi.
Smisi di cercare lo scampo e misi mano alla pistola.
Mi diede tempo, senza vigliaccheria.
Le sue pistole mi puntarono addosso mentre la mia puntava su di lui.
Tirò i grilletti insieme.
Le fiammate m'investirono.
Crollai a terra, col fianco destro intorpidito.
Mi guardò - strabiliato. Io smisi di guardar lui e guardai invece la pistola: aveva solo cileccato quando avevo tirato il grilletto.
Quando rialzai gli occhi, stava venendo verso di me, a passo lento, la pistola abbandonata su un fianco.
«Sei andato sul sicuro, eh?» Alzai la pistola così che potesse vedere il cane limato. «Mi sta bene, per aver lasciato l'arma sul letto quando sono sceso a prendere l'acqua.»
Milk River lasciò andare la sua pistola e afferrò la mia.
Clio Landes arrivò di corsa dall'albergo, puntando su di lui.
«Non sei...?»
Milk River le scagliò la mia pistola in faccia. «Sei stata tu?»
«Avevo paura che lui ti...» cominciò a dire lei.
«Tu...!» La prese sulla bocca col dorso della mano.
Mi s'inginocchiò al fianco, con la faccia d'un bambino. Una lacrima calda mi cadde sulla mano. «Capo, io non...»
«Fa niente» lo rassicurai, ed ero sincero.
Se disse altro, lo persi: l'intorpidimento stava lasciando il mio fianco e la sensazione che ne stava prendendo il posto non era piacevole. Dentro di me era tutto confusione...
Quando rinvenni ero nel letto. Il dottor Haley mi stava facendo cose dolorose sul fianco. Alle sue spalle, Milk River reggeva una bacinella con mani tremanti.
«Milk River» bisbigliai, perché non avevo il fiato per fare di più.
Lui si portò una mano all'orecchio.
«Ferma il Rospo. Ha ucciso Vogel. Attento... ha la pistola addosso.
Parlagli di legittima difesa... magari confessa. Chiudilo con gli altri.»
Tornai al dolce sonno.
Notte. Quando riaprii gli occhi, nella stanza era accesa una lampada fioca. Clio Landes stava seduta di fianco al letto, lo sguardo nel vuoto, desolata.
«Buonasera» riuscii a dire.
Non l'avessi mai detto.
Mi scoppiò a piangere addosso e mi procurò un gran daffare a rassicurarla ch'era stata perdonata per lo scherzo della pistola. Non so quante volte la perdonai. Stava diventando una bella seccatura.
Dovetti richiudere gli occhi e fingere di svenire di nuovo per farla star zitta.
Ma dovetti anche dormire un altro po', perché, quando mi guardai di nuovo intorno, era già giorno e sulla sedia c'era seduto Milk River, adesso.
S'alzò, senza guardarmi, a capo chino.
«Ora che stai andando meglio, capo, io sgombro. Però voglio farti sapere che, se avessi saputo quello che... t'era stato fatto alla pistola, non avrei mai fatto fuoco.»
«Ma cosa t'era successo?» borbottai.
«Impazzito, immagino» farfugliò lui. «Avevo bevuto un paio di bicchieri, poi quel Bardell prese a rimpinzarmi di notizie su lei e te e sul fatto che mi stavi imbambolando. E... e sono impazzito, pare.»
«E ora, sei rinsavito?»
«Sì, capo, diamine!»
«E allora, che ne dici di piantarla con queste fessate e di sederti qui a ragionare un poco? Tu e la ragazza siete sempre in passione?»
Altro che passione: una passione pagana addirittura.
«Sei un minchione!» conclusi. «Lei è straniera qui e malata di nostalgia di New York. Io parlavo la sua lingua e conoscevo la sua gente. Non c'è stato altro che questo...»
«Ma non è questo il punto, capo! Una donna che fa una...»
«Balle! É stata una carognata, d'accordo. Ma una donna che fa una carognata del genere quando sei impasticciato vale un milione al grammo. Ora va' in cerca di quella Clio e portala qua!»
Si finse riluttante, ma sentii la sua voce quando bussò alla porta di lei - e mi lasciarono nel mio letto di dolore per un'ora intera prima che si ricordassero di me. Arrivarono tenendosi così stretti che inciampavano nei piedi l'uno dell'altro.
«E ora parliamo d'affari» grugnii. «Che giorno è oggi?»
«Lunedì.»
«Hai preso il Rospo?»
«L'ho preso, sì» rispose Milk River, buttandosi su una sedia, lui e la ragazza. «A quest'ora è già dallo sceriffo della contea... insieme con gli altri. Ha abboccato all'esca della legittima difesa e ha spifferato tutto. Ma come l'avevi capito, capo?»
«Capito cosa?»
«Che il Rospo aveva ucciso il vecchio Slim. Lui dice che Slim è andato da lui quella sera, lo ha svegliato, si è mangiato un dollaro e dieci cents di roba e poi ha rifiutato di pagare. Nella discussione che è seguita, Slim fa per mettere mano alla pistola e il Rospo, morto di paura, spara... dopodiché, per gratitudine, Slim se ne va a morire fuori. Ma tu come l'avevi capito?»
«Non dovrei rivelare i segreti del mio mestiere, ma per una volta vada. Il Rospo stava pulendo la baracca quando andai da lui a chiedergli se sapesse qualcosa della sparatoria, e aveva grattato il pavimento prima del soffitto. Se significava qualcosa, questo qualcosa era che certamente aveva dovuto pulire il pavimento e per coprirlo stava facendo, dopo, le pulizie generali. Evidentemente Slim ci aveva lasciato qualche goccia di sangue. Partendo da questo, il resto è venuto facilmente. Slim ha lasciato il Border Palace fuori di sé, asciutto dopo aver vinto, umiliato dal trionfo di Nisbet nel mettimano-alla-pistola, inasprito dal liquido bevuto durante tutto il giorno. Red Wheelan gli aveva ricordato quel pomeriggio della volta in cui il Rospo lo aveva seguito fino al ranch per raccogliere i suoi due quarti: niente di più probabile che sia andato a scaricare la sua rabbia nella baracca del Rospo, non trovi? Che Slim non fosse stato abbattuto con il fucile non significava niente. Non ho mai creduto in quel cannone, sin dal primo momento. Se il Rospo contava su quello per difendersi non lo avrebbe tenuto in mostra, e sotto uno scaffale da dove non era facile tirarlo fuori. Ho capito che quel fucile stava lì per scopi morali, e che aveva un'altra arma parcheggiata al coperto.
Un altro punto che a voi tutti è sfuggito è questo: che quel Nisbet aveva l'aria di dire una storia vera... non il tipo di storia che avrebbe raccontato se fosse stato colpevole. Bardell e Chick non erano brava gente, ma molto probabilmente credevano che Nisbet avesse ucciso Slim e cercavano di coprirlo.»
Milk River mi sorrise, e si tirò più vicina la ragazza.
«Non sei uno scemo, dopotutto» disse. «Clio m'aveva avvertito, quando ti vide la prima volta, di non prenderti sottogamba.»
Negli occhi cilestrini comparve uno sguardo staccato, lontano.
«Pensa a tutta la gente ch'è stata ammazzata, storpiata e imprigionata... e tutto per un dollaro e dieci cents. Meno male che Slim non si è mangiato cinque dollari di roba: avrebbe spopolato l'intero stato dell'Arizona.»