1. Le forme del falso e la rete

Al suo nascere, la rete Internet è stata salutata come l’emblema della libertà e della democrazia: infatti “in rete è tutto gratis”. Il corollario della gratuità è l’uguaglianza, perché “l’accesso è equo per tutti” e, parafrasando, si potrebbe giungere ad affermare che “siamo tutti uguali di fronte alla rete”.

Benché l’entusiasmo e le esagerate aspettative nei confronti delle tecnologie della rete siano calati (OCLC 2011, 30), non c’è dubbio che molte persone ritengono che la rete sia il modo più veloce e comodo per cercare e trovare informazioni.

‘Comodità’ è la parola d’ordine che orienta tutte le fasi della ricerca di informazioni – la selezione, l’accesso e l’uso delle risorse. La comodità è “un criterio situazionale nelle scelte e nel comportamento delle persone nel corso del processo di ricerca di informazioni. Il termine può comprendere la scelta di una fonte d’informazione, il grado di soddisfazione che deriva dalla fonte e dalla sua facilità d’uso e il fattore tempo nella ricerca di informazioni” (Connaway, Dickey e Radford 2011, 7). Sul questo piano, le biblioteche oggi perdono il confronto con le ricerche in rete, perché gli utenti le ritengono “scomode”, “difficili da usare” e quindi le considerano solo come “l’ultima spiaggia” (Connaway, Dickey e Radford 2011, 7).

Benché gli utenti siano consapevoli dei problemi connessi alla qualità dell’informazione disponibile in rete, la maggioranza (84% nel 2010) inizia una ricerca dai motori di ricerca, in ogni ambito dei propri bisogni informativi (materiali ricreativi, informazioni finanziarie, ricerca di lavoro, informazioni mediche, tutorial) (OCLC 2011, 33).

Il punto nodale tuttavia è se l’uso delle risorse disponibili in rete sia corretto; in altre parole, la questione è stabilire se come utenti (e bibliotecari), di fronte alla consapevolezza che in rete esistono informazioni false, ci chiediamo: “Quante sono? Come vengono prodotte? Perché ci sono? Come è possibile difendersi?”.

Il falso non è un portato della rete, ma in Internet assume molte forme, ricche di sfumature e implicazioni complesse, che rendono difficile tracciarne un quadro organico. Tuttavia, la distinzione tradizionale tra falso contraffatto e alterato (due forme del falso materiale) è poco funzionale nella prospettiva proposta, in cui l’analisi si concentra sul falso ideologico, ovvero sul contenuto informativo non veritiero presente in siti autentici. Perciò, per praticità si può adottare una classificazione del falso in base al tipo di errore riscontrabile nel contenuto: l’errore può essere linguistico-formale (per esempio grammaticale e lessicale), di metodo e di contenuto.

Nel primo caso si parla di falso erroneo, nel secondo di falso infondato (cioè non basato sul metodo scientifico), nel terzo di falso ingannevole o illusorio (in quanto si presenta come vero – pur non essendolo – perché formalmente corretto e apparentemente impostato sul metodo scientifico).

Quando il falso infondato o quello ingannevole sono commessi intenzionalmente, si ha anche un falso fraudolento: il dato apparentemente vero è “falsificato, cioè imitato o alterato intenzionalmente o a scopo disonesto” (Grafton 1996, 40).

Tutte queste tipologie di falso sono largamente presenti in rete, su ogni tipo di strumento e di contesto di comunicazione: dal sito web ai social media, dalle riviste online ai blog. Questo fenomeno è stato reso più semplice dal processo di disintermediazione che la rete ha messo in atto. Infatti Internet e il web, rendendo possibile la comunicazione diretta e reciproca tra autore e lettore, hanno progressivamente trasformato il modello tradizionale della comunicazione scientifica, letteraria e istituzionale.

Se si confronta il modello di diffusione delle informazioni in rete con il modello editoriale tradizionale descritto da Robert Darnton, si possono individuare con maggiore esattezza i meccanismi con i quali il falso nasce e si diffonde in rete. Secondo Darnton: “i libri a stampa seguono generalmente un ciclo di vita grosso modo identico. Lo potremmo descrivere come un circuito comunicativo che dall’autore va all’editore (ove questo ruolo non sia assunto dal libraio), al tipografo, allo spedizioniere, al libraio e infine al lettore. Il lettore completa il circuito, perché influenza l’autore sia prima che dopo l’atto di creazione del testo” (Darnton 2011, 211).

Ciò che viene meno con la disintermediazione creata dalla rete – rispetto al circuito di Darnton – sono i passaggi rappresentati dagli editori, dalla distribuzione e dalle biblioteche e librerie, cioè alcune fasi che contribuiscono in modo significativo alla selezione di qualità dei prodotti prima che arrivino al lettore e che riducono, nel complesso, il rumore informativo e la circolazione di informazioni false (perché esse sono contrarie agli obiettivi economici e culturali del sistema).

Chi vuole creare un falso in Internet ha la possibilità di confezionarlo e diffonderlo ignorando tutti i filtri e i controlli del sistema editoriale o dell’autorità pubblica che in passato garantivano autorevolezza e autenticità ai libri a stampa (per esempio la selezione editoriale o, sul versante scientifico, la peer review).

Le tecnologie disponibili in rete rendono possibile forme di comunicazione più diretta quindi, ma consentono anche di aggirare le forme di garanzia di qualità e di autenticità tipiche del processo di produzione delle risorse informative.

La presenza di informazioni false in rete è diffusa perché è stato reso più semplice falsificare ciascuno di questi tre processi: 1) produzione delle informazioni; 2) distribuzione delle informazioni; 3) ricezione delle informazioni.