Si umanizza, il nostro buon diavolaccio, e perderà, se non apre l&aocchio, se non fa attenzione, e con che cosa mai potrebbe fare attenzione, con che cosa mai potrebbe farsi una pallida idea della condizione in cui stanno per coinvolgerlo, con le loro orecchie, i loro occhi, le loro lagrime, e una specie di cranio in cui può capitare di tutto. È la sua forza, la sua unica forza, quella di non capire nulla, di non poter fare attenzione, di non capire quello che vogliono, di non sapere che sono lì, di non sentire niente, ah, ma attenzione, lui sente, soffre, i rumori lo fanno soffrire, e lui sa, sa che è una voce, e capisce alcune espressioni, certe intonazioni, tutto questo è brutto, brutto, ma non poi tanto, sono loro che lo dicono, non ne sanno nulla, lo dicono perché lo desiderano, può darsi che non sappia nulla, può darsi che non soffra affatto, e quell&occhio sia fantasia. Lui sente, è vero, sono sempre loro che lo dicono, ma bisogna convenirne, è meglio convenirne. Worm, questo è tutto ciò che importa, sente, mentre ci fu un tempo in cui non sentiva, loro dicono che è lo stesso, dunque è cambiato, è grave, gravido di conseguenze, fin dove può giungere, non importa, abbiamo fiducia in lui. Anche l&occhio, s&intende, è per metterlo in fuga, è perché lui si prenda paura, quanto basti per spezzare i suoi legami, loro li chiamano legami, lo vogliono liberare, ah, santa madonna, che cosa si deve mai sentire, forse sono lagrime d&ilarità. Ma insomma, arriviamo sino alla fine, dobbiamo quasi esserci, vediamo che cosa gli possono offrire, in materia di spauracchi. Gli possono, chi? Non parlate tutti insieme, anche questo non serve a nulla. Si risolverà tutto, di sera tardi, non ci sono più nessuno, si rifarà silenzio. Inutile cavillare, di qui ad allora, sui pronomi e altre parti dello sproloquio. Il soggetto importa poco, non ce n&è. Siccome Worm è al singolare, è venuto così, loro invece sono al plurale, per evitare che ci sia confusione, bisogna evitare la confusione, aspettando che tutto si confonda. E forse loro sono soltanto uno, uno solo basterebbe, ma potrebbe confondersi con la vittima, sarebbe abominevole, una vera masturbazione. Si va avanti, si va avanti. Come spettacolo sembra che lasci a desiderare. Ma come si può mai sapere, senza esserci, senza viverci, lo chiamano vivere, la scintilla vitale c&è, per loro, non deve far altro che sprizzare, e dopo non c&è che da farci una bella predica sopra, finirà in una torcia umana, urli compresi. Allora potranno tacere, senza dover temere un silenzio imbarazzante, un silenzio, come si suol dire, di morte, nel quale passano gli angeli, una vera geenna. Decisamente l&occhio si fa tirare le orecchie. I rumori viaggiano, attraversano i muri, ma si può dire altrettanto delle apparenze? Certamente no, in linea generale. Ma il caso è piuttosto singolare. Ma quali poi, bisogna cercar di sapere di che cosa si tratta, salvo a sbagliarsi. Questo grigio prima di tutto, che è ritenuto deprimente. Eppure c&è del giallo dentro, si direbbe persino del rosa, è un bel grigio, del genere di cui si dice che va con tutto, sfumante in color orina intenso. Ci si vede, l&occhio lo comprova, ma basta, niente particolari superflui, che sono destinati alla smentita. Un uomo si chiederebbe dove finisce il suo regno, il suo occhio cercherebbe di sondare le tenebre, pagherebbe caro per avere una pietra, un braccio, delle dita che sappiano prendere e scagliare, nel momento opportuno, una pietra, molte pietre, o per poter gridare e aspettare, contando i secondi, che il suo grido venga ripetuto, e certo soffrirebbe, di non avere voce, né altro missile, né membra che gli obbediscano, che si pieghino e si stendano a comando, e forse si rammaricherebbe d&essere un uomo, in queste condizioni, vale a dire una testa abbandonata alle sue uniche, vecchie risorse. Ma Worm soffre soltanto per il rumore che gli impedisce di essere com&era prima, sfumatura. Si è lo stesso, e loro ci tengono. E se non è lo stesso, non importa, lui soffre come ha sofferto sempre, del rumore che non impedisce niente, questo dev&essere lecito. Il grigio in ogni modo non deve aggravare per nulla la sua sofferenza, per questo l&a giorno sarebbe più indicato, visto che lui non può chiudere l&occhio. E non può nemmeno voltarlo, né abbassarlo, né sollevarlo, rimane sempre fisso sullo stesso piccolo orizzonte, escluso dai benefici dell&adattamento. Ma un giorno forse si farà luce, a poco a poco o rapidamente, o tutt&a un tratto, e allora non si riesce a vedere chiaro come farebbe Worm a rimanere, e neppure come potrebbe andar via. Ma le situazioni impossibili non possono prorogarsi indebitamente, e, cosa risaputa, o svaniscono, oppure si dimostrano dopo tutto attuabili, cosa volete mai, senza parlare delle altre possibilità. Sia fatta la luce dunque, non è detto che debba essere una catastrofe per forza. Oppure non sia mai fatta, se ne farà a meno. Ma quelle luci, plurime, che sorgono, si amplificano, s&innalzano, e poi si spengono sibilando, ricordando il serpente, forse è venuto il momento di buttarle sulla bilancia, perché, finalmente, penda. No, non è ancora venuto il momento di farlo. Ah. Non sono ammesse le speranze, qui, guasterebbero ogni cosa. Ci siano altri a sperare per lui, al fresco, al chiaro, se ne hanno voglia, o se non possono fare diversamente, o se sono pagati per questo, devono infatti essere pagati per questo, non sperano niente, sperano solo che duri, è roba che rende, hanno la mente altrove, uomini-topi, chiamando Giuda, sono delle preghiere, pregano per Worm, pregano Worm, perché abbia pietà, pietà di loro, pietà di Worm, loro la chiamano pietà, Signore benedetto, che cosa bisogna mai incassare, per fortuna che lui non ci capisce nulla. Brutta oscurità, ripostiglio, cuccia, sporco ciarlatano. Il grigio. Ma cosa c&è ancora. Calma, calma, dev&esserci qualcos&altro, per intonarsi con questo grigio, che va con tutto. Dev&esserci di tutto, qui, come in tutti i mondi, un po& di tutto. Pochissimo, si direbbe. D&altronde, non si tratta di questo. Chi viene a fare lo stupido, davanti a questo cristallino impotente, è tutto quello che si tratta d&immaginare. Un volto, come sarebbe incoraggiante, se potesse essere un volto, di tanto in tanto, sempre lo stesso, che cambi metodicamente di espressione, mostrando con sistema che cosa possa un vero volto, senza diventare irriconoscibile, dalla gioia integrale sino alla cupa fissità del marmo, passando per le più caratteristiche sfumature della delusione, come sarebbe piacevole. Sfondato il culo di porco d&Antonio. Passando a debita distanza, ad un livello normale, mettiamo una volta al mese, non sarebbe esorbitante, lentamente, di faccia e di profilo, come si fa coi criminali. Potrebbe anche fermarsi, aprire la bocca, esprimere allegria, stupore, ma guarda guarda un poco, balbettare, borbottare, urlare, gemere, e infine chiuderla, con le mascelle strette sino a rompersi o cascanti, per lasciar passare la schiuma. Sarebbe carino. Ma tanto tanto carino. Insomma, una presenza. Un visitatore, con il suo giorno stabilito, la sua ora, uno che non si ferma mai troppo, perché stancherebbe, né troppo poco, non sarebbe sufficiente, ma per l&appunto il tempo che occorre affinché possa nascere la speranza, aumentare, languire, morire, insomma mettiamo cinque minuti. Comincerebbe a filargli via al trotto la nozione del tempo, a Worm, in quel suo testone cigolante, davanti al puntuale rottame dell&immagine dell&eterno, e non ci sarebbe niente da ridirgli. E portandosi via quella dello spazio, com&è giusto, entrambe da qualche tempo, si danno il braccio, in taluni quartieri, è più sicuro. E la partita sarebbe vinta, perduta, sarebbe fra noi, fra i nostri convegni, non ci si saprebbe spiegare in qual modo, e si direbbe, Ma guarda un po& il vecchio Worm che aspetta la sua bella, e quei fiori, si direbbe che dorma, tu non sai, ma sì, andiamo, quel vecchio Worm che attende il suo amore, e con quelle margherite, non lo si direbbe morto? Sarebbe pur sempre qualcosa. Per fortuna è solamente un sogno. Perché qui non ci sono volti, niente di simile, niente che tradisca la gioia di vivere e surrogati, bisogna cercare dell&altro. Una cosa qualunque, una scatola, un pezzo di legno, che gli si verrebbe a collocare davanti, un momento, ogni anno, ogni due anni, una sfera, che graviti non si sa come, né attorno a che cosa, intorno a lui, una grossa pietra, che gli passi davanti, ogni due anni, ogni tre anni, questo non avrebbe importanza, nei primi tempi, senza fermarsi, non avrebbe bisogno di fermarsi, sarebbe meglio di niente, la sentirebbe venire, allontanarsi, sarebbe un avvenimento, forse imparerebbe a contare i minuti, le ore, a inquietarsi, a dominarsi, ad avere pazienza, a perder la pazienza, a voltar la testa, a rizzare le orecchie, a girare l&occhio, una grossa pietra, che non lo abbandonasse, sarebbe meglio di niente, aspettando cuori veri. Gli balzerebbe il cuore, è un valzer, sentirebbe il suo cuore danzare tra bum la la la, tra bum la la la, re mi re do pan pan, ma non ci sarebbe da formalizzarsi. Ma certo. Disgraziatamente bisogna attenersi ai fatti, a che cosa ci si deve attenere, quando tutto è sconvolto, se non ai fatti, quando ce ne sono, che vanno più in là, a portata del cuore, com&è carino, del cuore che grida, Ecco il fatto, ecco il fatto, e poi con maggior calma, una volta passato il pericolo, per il momento, quello che segue, vale a dire, quando è il caso, Ma qui non c&è alcun legno, non ci sono pietre, o, se ce ne sono, questo è il fatto, se ce ne sono, è come se non ce ne fossero, questo è il fatto, non ci sono vegetali, non minerali, non animali, soltanto Worm, che appartiene a un regno sconosciuto, c&è Worm, o è come se ci fosse, come se ci fosse. Ma non così in fretta, è troppo presto, per ritornare, dove mi trovo io, come un citrullo, in trionfo, dove io sto ad aspettarmi, tranquillo, o, per lo meno, discretamente, sapendo, credendo di sapere, che non m&è accaduto nulla, che non mi capiterà nulla, né di buono, né di cattivo, capace di perdermi. Sarebbe prematuro. Io mi vedo, vedo il mio posto, non c&è nulla che lo indichi, niente che lo distingua dagli altri posti, sono tutti quanti miei, se li voglio, ma voglio soltanto il mio, e non c&è niente per segnalarlo, ci sto talmente poco, lo vedo, lo sento intorno a me, mi stringe, mi copre, se questa voce potesse arrestarsi, almeno per un secondo, mi sembrerebbe lungo, un secondo di silenzio. Io ascolterei, saprei se essa riprende o meno, oppure se tace sul serio, in questo modo lo saprei, lo saprei. E continuerei ad ascoltare, per cercare di inoltrarmi sempre di più nelle loro buone grazie, di continuare ad avere la loro benevolenza, per essere pronto, quando giudicassero opportuno di assumermi di nuovo, o io non ascoltassi più, non ascoltassi più, ma è mai possibile che un giorno non ascoltassi più, senza dover temere il peggio, ossia, che so, che cosa ci può essere di peggio, una voce di donna forse, non ci avevo pensato, potrebbero scritturare un soprano. Ma non pensiamoci più, proviamo ancora, se almeno sapessi quello che vogliono, vogliono che io sia Worm, ma io lo sono stato, lo sono stato, cosa c&è che non va, lo sono stato male, così dev&essere, non può essere che questo, cosa volete mai che sia, se non questo, io non mi sono mica portato sino alla luce, sino a loro, per sentirli dire, Vedi, vivo che ignoravi di esserlo! Ho sopportato, dev&essere così, bisognava non sopportare, ma io non sento niente, sì, sì, questa voce, l&ho tollerata, non sono mica fuggito, bisognava fuggire, bisognava che Worm fuggisse, ma dove, ma come, se è saldato lì, bisognava che Worm si trascinasse, non si sa dove, ma verso di loro, verso l&azzurro, ma come si deve fare, non può muoversi, non è detto che siano per forza delle catene, non ce ne sono di catene qui, è come radicato, sono catene se si vuole, bisognerebbe che la terra tremasse, ma non è terra, non si sa cosa sia, è come del sargasso, no, è come della melassa, nemmeno, non importa, sarebbe necessaria una convulsione che lo vomitasse fuori. Ma che calma, discorso a parte, non un respiro, questo non vuol dir niente, è ambiguo, la calma che precede la vita, nondimeno, da tanto tanto tempo, è come della melma, come ci si sta bene, sarebbe bello, senza questo rumore, è la vita che vuol rientrare, che vuole che lui esca, oppure sono piccole bolle che scoppiano, tutto intorno, no, qui non c&è aria, l&aria c&è perché si soffochi, la luce è per chiudere gli occhi, è là dove lui deve andare, dove non è mai scuro, ma nemmeno qui è scuro, sì, sì, qui è scuro, questo grigio sono loro che lo fanno, con le loro lampade. Quando se ne andranno, quando taceranno, sarà scuro, non si sentirà il più lieve rumore, non si scorgerà il minimo bagliore, ma loro non se ne andranno mai, sì, forse taceranno, forse se ne andranno, un giorno, una sera, lentamente, con tristezza, in fila indiana, proiettando lunghe ombre, verso il loro maestro, che li punirà o li esenterà da punizioni, non c&è che questo, lassù, per coloro che perdono, la punizione, il perdono, l&uno o l&altro, sono loro che lo dicono. Che cosa avete fatto del vostro materiale? Lo abbiamo abbandonato. Ma se si intima di dire se abbiano o meno tappato i buchi, hanno tappato i buchi sì o no, diranno sì e no, alcuni diranno sì, altri no, contemporaneamente, perché non sanno quale sia la risposta che il maestro vuol sentire alla sua domanda. Ma le due risposte possono coesistere, perché hanno tappato i buchi, se si vuole, ma, se non si vuole, non li hanno tappati, perché non hanno saputo che cosa fare, andando via, se si dovevano tappare i buchi, o, viceversa, lasciarli tali. Allora vi hanno appeso le loro lampade, nei fori, le loro lunghe lampade, per impedire che si chiudessero da soli, è come argilla, vi hanno introdotto le loro potenti lampade, accese, puntate verso l&interno, perché lui li credesse sempre lì, nonostante il silenzio, o perché credesse autentico il grigio, o perché continuasse a soffrire, benché non ci fossero più loro, perché lui non soffre soltanto pel rumore, soffre anche per il grigio, per la luce, è necessario, è meglio così, o per poter ritornare, se così esige il maestro, senza che lui li sappia andati via, come se lui potesse saperlo, o senz&alcun altro motivo che quello dovuto alla loro ignoranza di quello ch&era necessario fare, se occorresse tappare quei fori o lasciare che si tappassero da soli, è come merda, ecco finalmente, eccola finalmente la parola giusta, basta cercare, basta sbagliarsi, si finisce per trovare, è una questione di eliminazione. Ma basta con questi buchi. Il grigio non vuol dire niente, il silenzio grigio non è per forza semplicemente un momento buono da passare, può essere quello buono, come quello cattivo. Ma le lampade senza serventi non brilleranno per sempre, a poco a poco si andranno spegnendo, senza che vi siano serventi per caricarle di nuovo, e infine saranno silenziose. Allora sarà il nero assoluto. Ma avviene per il nero come per il grigio, nemmeno il nero significa nulla quanto al valore del silenzio, che per così dire rende più denso. Perché loro possono tornare, parecchio tempo dopo l&estinzione delle luci, dopo aver discusso per anni davanti al maestro, senza riuscire a convincerlo che non c&è niente da fare, con Worm, per Worm. Allora si dovrà cominciare tutto da capo, è evidente. Di guisa che non si saprà mai, Worm non lo saprà mai se il silenzio sia nero o sia grigio, non si potrà mai sapere, sino a quando dura, se è quello buono, o se si tratta soltanto d&un momento buono da passare, se si può chiamare un buon momento, quando bisogna ascoltare, spiare i mormorii dei silenzi d&una volta, tenersi pronti per la prossima volta, a meno di non attirarsi fulmini supplementari. Ma non si deve confondere Worm con un altro. Benché questo non abbia importanza all&occorrenza. Perché chi ha dovuto ascoltare ascolterà sempre, sia che sappia di non sentire più niente, sia che lo ignori. In altre parole, a loro piace dire con altre parole, non c&è dubbio, fa guadagnare tempo, una volta rotto il silenzio non sarà mai completo. Ma non c&è speranza? Sicuramente no, andiamo, che idea. Sì, forse, un pochino, ma non servirà mai. Ma si dimentica. O se è uno solo che si recherà tutto da solo verso il suo padrone, e la sua lunga ombra lo seguirà attraverso il deserto, perché appunto del deserto si tratta, prima notizia, Worm vedrà la luce, nel deserto, il giorno del deserto, il giorno in cui lo acciufferanno, lo stesso giorno dappertutto, loro dicono di no, lo dicono in modo più puro, più chiaro, voi accennate a qualcosa di preciso, non è detto che sia Sahara, ce ne sono altri, è l&ozono che conta, ci sarà bisogno d&ozono nei primi tempi, eh sì, ma anche negli ultimi, serve a sterilizzare. Il padrone. Fossero x, e ci sarebbe bisogno d&un x e unesimo. Ma quell&occhio livido, in fin dei conti, a cosa gli serve? A vedere la luce, loro chiamano vedere, e va bene, giacché lui soffre, loro dicono soffrire, sanno che cosa significhi soffrire, sanno far soffrire, gliel&hanno detto, il padrone ha detto loro. Fate questo, fate quello, lo vedrete contorcersi, lo sentirete piangere. Piange, è un fatto, oh non è che una cosa transitoria, bisogna approfittarne in tempo. Ma per i contorcimenti, marameo. Però bisogna dire una cosa, che non è l&inizio, benché duri da tempo, loro non si scoraggeranno, forti della forte parola del gran taciturno, non vi porranno mai termine. È il loro lavoro, sono le loro attribuzioni, ad essi che cosa può importare, che dia un risultato o meno? Di loro abbiamo parlato abbastanza, non parlano che di loro, è obbligatorio, tutto è di loro spettanza, senza di essi non ci sarebbe niente, nemmeno Worm, è soltanto un&idea che hanno, soltanto una parola, parlando di loro, se ne è già parlato abbastanza. Ma quel grigio, quella luce, se potesse evitare quella luce, che lo fa soffrire, non è evidente che ad ogni passo ne soffrirebbe di più, da qualunque parte vada, dato che lui si trova al centro, e sarebbe costretto a far ritorno al centro, dopo quaranta o cinquanta vani tentativi? No, non è evidente. In quanto è evidente che la luce diminuirebbe ad ogni passo che lui facesse, verso di lei, loro ci starebbero attenti, affinché, credendosi sulla buona via, giungesse sino al recinto. Allora sarebbe l&abbagliamento, la cattura, il canto di vittoria. Poiché soffre c&è speranza, anche se non ne hanno bisogno, di farlo soffrire. Ma come fanno a sapere che soffre? Lo vedono? Dicono di sì. Ma è impossibile. Lo sentono? Certamente no. Non fa rumore. Ma forse ne fa, piangendo. Comunque sia, sono tranquilli, a torto o a ragione, lui soffre, e grazie a loro. Oh non ancora abbastanza, ma bisogna procedere con calma. Un eccesso di severità, a questo stadio, potrebbe annebbiargli l&intelletto per sempre. È un&altra cosa. Il problema è delicato. Che cosa se ne fanno loro, degli effetti dell&adattamento? Possono combatterli, alzando la voce, forzando la luce. Ma se, invece di soffrire di meno, man mano che il tempo passa, lui soffre altrettanto del primo giorno? Dev&essere possibile. Ma se, invece di soffrire meno, o lo stesso, del primo giorno, soffre di più, man mano che s&effettua il trapasso dall&avvenire che non cambia all&immutevole passato? È una cosa diversa, ma è sempre nello stesso ordine d&idee. Una faccenda spinosa. Una sofferenza stazionaria non è preferibile ad altra, di carattere fluttuante, che a tratti lasci ritenere che, dopo tutto, forse non durerà sempre? Ma questo deve dipendere dallo scopo che si vuol perseguire. Cioè? Un piccolo moto d&impazienza, da parte del paziente. Grazie. È lo scopo immediato. Dopo ce ne saranno altri. Dopo gli si insegnerà a star tranquillo. Per adesso almeno si agiti, si rotoli per terra, che diamine, dato che non c&è altro rimedio, non importa quale, per rompere la monotonia. Non hanno soggezione, buon Dio, gli arsi vivi, quando non sono attaccati fra loro, a precipitarsi in tutti i sensi, senza metodo, crepitando, alla ricerca d&un po& di frescura. Ce ne sono alcuni che spingono il sangue freddo sino a defenestrarsi. Non gli si chiede che arrivi a questo punto. Scopra da solo il conforto della fuga che gli si presenta di fronte, è tutto, non arriverà lontano, non avrà bisogno di andar lontano. Faccia solo assegnamento su se stesso per nascondere quello che è, senza che lui vi entri per niente. Faccia come l&ussaro, che sale su una sedia per sistemare meglio il pennacchio del suo colbacco, è il meno che possa fare. Non ha bisogno di ragionare, ma solo di soffrire, sempre allo stesso modo, mai di meno, mai di più, senza speranza di tregua, senza speranza di morire, non è poi tanto complicato. Non occorre ragionare, per non sperare. Vada dunque per la monotonia, e più stimolante. Ma come garantirla. Poco importa, poco importa, loro fanno quello che possono, con i loro poveri mezzi, una voce, un po& di luce, poveretti, è il loro lavoro, dicono, Non si abitua, non ha paura, noi non ne sappiamo nulla, non importa niente, è una buona media, non abbiamo da far altro che continuare, finirà per capire, finirà per trasalire, verrà un piccolo riflesso, un mutamento nell&occhio, ecco sorta, l&ondata, che lo rigetterà fra noi. Cercare con gli occhi senza trovar mai, attendere il lamento che non viene mai, nemmeno questa è una vita. Eppure è quella che loro conducono. È qui, dice il padrone, in qualche posto, fate come vi dico, portatemelo, manca ancora lui alla mia gloria. Ma su, un altro piccolo sforzo, ancora uno, sarà forse l&ultimo, bisogna fare ogni volta come se fosse l&ultimo, è il solo mezzo per non indietreggiare. Una grande tazza d&aria infetta e, avanti, hop, si torna immediatamente. Avanti. È facile a dirsi. Ma avanti dove? E per far che? Ah, banda di falsi maniaci, lo sanno pure che non ne so nulla, che a poco a poco io dimentico tutto. Quelle piccole pause, non sono poi una gran trovata. Quando essi tacciono, taccio anch&io. Un secondo dopo. Ho un secondo di ritardo su di loro, trattengo il secondo, pel tempo di un secondo, il tempo di restituirlo, quale mi fu dato, mentre ricevo quello successivo, di cui parimenti non debbo servirmi. Non un istante mio, e loro vogliono che io sappia dove sbatter la testa. Ah, lo so ben io, dove sbatter la testa, se mi obbedisse. Ridicano quello che sto facendo, dato che lo abbiano mai detto, se vogliono che abbia l&aria di occuparmene. Questo tono, questi termini, perché io li creda farina del mio sacco. Sempre gli stessi artifici, da quando si son messi in testa che la mia esistenza sia solo questione di tempo. Credo che ci siano delle lacune, sì, delle frasi intere saltate, no, non intere. Forse ho perso il senso ultimo della vicenda. Non lo avrei capito, ma lo avrei detto, non mi si richiede di più, ne avrebbero tenuto conto, in occasione del mio prossimo giudizio, ma sì, di tanto in tanto mi giudicano, sono persone serie. Saprò, e un giorno forse dirò quello che ho fatto di male. Ma, in sostanza, in quanti siamo? E chi parla in questo momento? E a chi? E di che cosa? Tutte queste domande non servono a niente. Mi mettano finalmente sulle labbra le parole con cui mi possa salvare, mi possa dannare, e non se ne parli più, non se ne parli più. Ma questa è la mia pena, è in base alla mia pena che mi giudicano, io, la espio male, come un porco, muto, senza capire, muto, senza usare altre parole all&infuori delle loro. È la cella più oscura, una segreta, è stata sempre la segreta, io sento tutto, tutto quello che dicono, è l&unico rumore, come se fossi io che parlassi, solo, ad alta voce, si finisce col non sapere più, con una voce che non ha mai tregua, da dove venga. Forse qui ci sono degli altri, con me, è scuro, come è naturale, non sono necessariamente delle celle speciali, oppure c&è un altro soltanto, forse ho un compagno di sventura, al quale piace parlare, o che deve parlare, così, per niente, di fronte a sé, senza tregua, ma non credo di avere un compagno di sventura, proprio così, sarei alquanto stupito che la loro animosità arrivasse sino a questo punto, dicono che la cosa mi stupirebbe. Io devo schiacciare un sonnellino di tanto in tanto, ad occhi aperti. Ciò nonostante tutto è continuo, io non parto, io non faccio ritorno. Non sarebbero per caso delle insonnie, delle mezze insonnie? Ma non c&è nulla che cambi, mai. Vale a dire che si dimentichi. Dei buchi, ce ne sono stati sempre, è la voce che si interrompe, è la voce che non giunge più, che cosa può essere, forse è importante, il risultato è il medesimo, ma forse, in via eccezionale, non conta. Beh, sono decisioni. Mi hanno rinchiuso qui dentro, adesso cercano di farmi uscire, per rinchiudermi altrove, o per scarcerarmi, sono capaci di mettermi fuori, tanto per vedere quello che farei. Addossati al cancello, con le braccia incrociate, con le gambe incrociate, mi starebbero a guardare. Oppure mi hanno semplicemente trovato qui, quando sono arrivato, o molto tempo dopo. Non sono io che li interesso, ma il posto, è il posto che vogliono, per uno dei loro. Cosa volete mai, bisogna speculare, speculare, sino a quando non ci si imbatta nella speculazione buona. Quando tutto sarà silenzioso, quando tutto si fermerà, sarà perché le parole saranno state dette, le parole ch&era necessario dire, non ci sarà bisogno di sapere quali, non si potrà neppure sapere quali, saranno lì, in qualche posto, nel mucchio, nella moltitudine, e non è prescritto debbano essere le ultime, bisogna che vengano avallate da chi di diritto, ma questo richiede tempo, è lontano, chi di diritto, è il padrone, gli portano il processo verbale, anzi i processi verbali, lui sa le parole che contano, è lui che le ha scelte, e frattanto la voce continua, mentre ci si avvia verso di lui, mentre cerca, mentre si torna verso di noi, con il verdetto, e le parole continuano, quelle cattive, quelle false, sino a quando giunge l&ordine, che tutto taccia o tutto prosegua, no, è inutile, continuerà da solo, sino a quando non giunga l&ordine che tutto si fermi. Forse sono racchiuse lì dentro, in qualche posto, in quello che hanno detto poco fa, le parole ch&era necessario dire, non è necessario che siano molte. E, parlando di loro, dicono «essi», di modo che io creda che sono io che parlo. Oppure io dico essi, parlando di non so chi, è per far credere a me stesso che non sono io a parlare. O piuttosto è il silenzio che si forma non appena partito il messaggero, sino a quando non farà ritorno, con l&ordine del padrone, per esempio, Continuate. Perché di tanto in tanto si formano lunghi silenzi, autentici armistizi, durante i quali li sento mormorare, gli uni forse mormorano. È finito, stavolta abbiamo colpito giusto, gli altri. Tutto è da ricominciare, in altre parole, o con le stesse parole, disposte in modo diverso. Dunque, riposo per tutti, se questo si può chiamare un riposo, mentre si aspetta di conoscere la propria sorte dicendo, Da dove vengono quelle parole che mi escono dalla bocca e che cosa significano; no, anzi, non dicendo niente, perché le parole non pervengono più, se questa si può chiamare un&attesa, nella quale non c&è alcuna ragione, si ascolta, è evidente, senza alcun motivo, come fu sin dall&inizio, perché un giorno ci si è messi ad ascoltare, perché non ci si può più fermare, non è un buon motivo, se questo lo si può chiamare un riposo. Ma cos&è mai questa storia di non poter morire, vivere, nascere, tutto ciò deve avere una sua funzione, questa storia di rimanere al posto in cui ci si trova, moribondo, vivo o sul punto di nascere, senza poter fare un passo avanti, né andare indietro, ignorando da dove si viene, a qual punto ci si trova, dove si va, e senza che sia possibile d&essere altrove, di esser fatti diversamente, senza supporre niente, senza chiedersi nulla, non si può, si è lì, non si sa chi, non si sa dove, la cosa rimane lì, non c&è niente che cambi, né in essa, né intorno ad essa, evidentemente, evidentemente. Bisogna aspettare la fine, bisogna che la fine venga, e nella fine sarà, nella fine finalmente sarà forse la stessa cosa di prima, la stessa cosa che durante il lungo periodo di tempo in cui bisognava andare verso di essa, o allontanarsene, o aspettarla tremando, ovvero allegramente, già sull&avviso, rassegnati, dopo aver fatto abbastanza, la stessa cosa, per chi non ha saputo far niente, essere niente. Se questa voce potesse arrestarsi, questa voce che non ha senso comune, che impedisce di essere alcunché, in alcun posto, l&impedisce male, appena quanto basta, appena quanto basta per tenere in vita la fiammella gialla che lievemente oscilla, sbandando da tutte le parti, ansimante, come tentasse di strapparsi al suo lucignolo, stranissima fiammella, non bisognava accenderla, oppure bisognava alimentarla, bisognava spegnerla, lasciare che si spegnesse. I rimpianti, sì, vi fanno progredire, vi avvicinano alla fine del mondo, i rimpianti di quello che è, di quello che fu, non sono gli stessi, sì, gli stessi, non si sa, non si sa quello che accade, quello che è accaduto, forse sono gli stessi rimpianti, questo vi conduce verso la fine dei rimpianti. Ma è il momento d&avere un po& di nerbo, un po& di energia, non servirà a niente, non si farà un passo avanti, non importa, non siamo mica dei droghieri, e cosa si può mai sapere, no. Mahood forse uscirà dalla sua urna e si dirigerà verso Pigalle, stando bocconi, e cantando. Vengo, vengo, cuore del mio cuore. Oppure Worm, quel buon vecchio Worm, forse non ne potrà più, di non poter far niente, di non poterne più, non bisognerebbe perder l&occasione. Io al loro posto gli manderei contro i topi, topi acquatici, topi di chiavica, sono i migliori, oh non troppi, una dozzina, una quindicina, forse con questo si deciderebbe ad andarsene, e che introduzione sarebbe ai suoi futuri attributi. No, sarebbe invano, un topo non ci vivrebbe nemmeno un secondo. Ma rivediamo un poco quell&occhio, è lì che si deve cercare. È diventato un poco roseo, il bianco, a forza di lagrimare, è un bagliore, ma non si osa dire d&intelligenza. A parte questo, sempre lo stesso. Forse è un tantino più sporgente, più parafimosicamente globulare. Ha l&aria di ascoltare. Si logora, naturalmente, si appanna, bisognerebbe offrirgli in fretta il modo di uscire francamente dalla sua orbita, fra dieci anni sarà troppo tardi. Il torto che hanno, è quello di parlare di Worm, come se esistesse davvero, in un posto determinato, mentre tutto ciò è per adesso soltanto allo stato di progetto. Ma adesso è troppo tardi per tornarci sopra. Prima giungano sino all&estremo limite del loro errore, e poi potranno riprendere la questione, evitando di compromettersi con l&uso irriflessivo di parole, se non di nozioni, accessibili all&intelligenza. E anche il caso Mahood non è stato studiato abbastanza. Si può provare il bisogno di tali creature, ammettendo che siano due, e anche presentirne la possibilità, senza cacciarsi a loro proposito in discorsi vuoti e malinconici. Un poco più di riflessione avrebbe dimostrato che l&ora di parlare, lungi dall&essere suonata, forse non suonerebbe mai. Ma sono costretti a parlare, hanno il divieto di fermarsi. Se parlassero d&altro, di qualcosa la cui esistenza in certo qual modo sia già ritenuta certa, sulla quale si possa discorrere senza dover arrossire ogni trenta o quarantamila parole dell&uso che si è costretti a fare di siffatte locuzioni, e che infine, garanzia suprema, abbia già mosso le lingue più lunghe di tutti i tempi, se parlassero d&altro, insomma, sarebbe meglio. È sempre la vecchia storia, vogliono distrarsi, pur facendo quel che devono, no, non distrarsi, rassegnarsi, no, nemmeno, consolarsi, meno ancora, non importa, di modo che non fanno né l&uno né l&altro, né quello che vogliono, senza sapere quello che è, né l&oscura fatica alla quale sono costretti, storia vecchia. Non si direbbero gli stessi di poco fa, non è vero? Cosa volete mai, nemmeno loro stessi sanno chi sono, dove sono, che cosa fanno, né perché le cose vadano così male, così vergognosamente male, dev&essere proprio così. Allora si mettono ad accavallare ipotesi che crollano le une sulle altre, è umano, un&aragosta non ne sarebbe capace. Noi siamo belli, tutti quanti, ci troviamo forse tutti nella stessa condizione, niente affatto, scacciamo un simile pensiero, siamo belli, ma ciascuno in un suo modo tutto speciale. Io stesso sono stato rinchiuso in modo scandaloso, devono cominciare a rendersene conto, io, da cui dipende tutto, meglio ancora, attorno a cui, anzi ancora meglio, attorno a cui, uomo-recipiente, gira tutto, a vuoto, ma sì, non protestate, gira tutto, è una testa, mi trovo una testa, che illuminazione, psssit, subito innaffiata. Ah questa voce persistente, e quegli istanti di respiro trattenuto in cui tutti sono in ascolto, e la voce che riprende a brancolare nel vuoto, senza neppure sapere quello che cerca, e di nuovo l&infimo silenzio, che guata non si sa cosa, un segno di vita, dev&essere proprio così, un segno di vita che per caso sfugga a qualcuno, che, se apparisse, verrebbe contestato, certamente è così, potesse finire tutto questo, sarebbe davvero la pace, no, non ci si crederebbe, e sempre si rimarrebbe in agguato, ancora della voce, di un segno di vita, di qualcuno che si tradisca o di qualcos&altro, qualunque cosa, ma che cosa d&altro si può essere oltre ai segni di vita, uno spillo che cade, una foglia che si muove, o il lievissimo lamento delle rane quando la falce le taglia in due, o quando le prendono, nell&acqua, con una lama, gli esempi si potrebbero moltiplicare, sarebbe anche un&idea eccellente, ma ecco, non si può. Forse si dovrebbe essere ciechi, quando si è ciechi si sente meglio, non sono le informazioni quelle che mancano, nei nostri bagagli abbiamo persino degli accordatori di pianoforti, danno il la e sentono il sol, due minuti dopo, in ogni modo non si vede niente, quest&occhio è uno sproposito. Ma non è Worm che parla. È nel vero, sino a questo momento, chi dice il contrario, sarebbe prematuro. Neppure io, se si va da quella parte. E Mahood, poi, è notoriamente afono. La questione non è quella, per il momento, non si sa dove si trovi, ma attualmente non è lì. Sì, è un motivo di distrazione, un occhio, questo piange per un sì o per un no, i sì lo fanno piangere, i no anche, ma soprattutto i forse, col risultato che le motivazioni di quelle stupefacenti sentenze non sempre sono accolte con l&attenzione che meritano. Mahood anche, io penso a Worm, Worm pure, no, Mahood pure è uno che piange molto, forse si è trascurato di farlo notare. La sua barba è sempre umida di lagrime, cosa questa assolutamente idiota, tanto più che non gli dà affatto la calma, ma di che cosa lo potrebbe mai calmare, è freddo come la canfora, il disgraziato, incapace persino di maledire il suo creatore, un fatto meccanico. Ma bisogna dimenticare Mahood, non se ne sarebbe mai dovuto parlare. Certamente. Ma è possibile dimenticarlo? È vero che si dimentica tutto. Tuttavia c&è da temere alquanto che Mahood non si lasci mai riassorbire, per niente. Worm sì, lui sparirà completamente, come se non fosse mai esistito, e questo d&altro canto è il caso, come se si potesse sparire senza prima essere esistiti. È facile a dirsi. Ma Mahood neppure. Non è chiaro, tss, tss, non è per nulla chiaro. Non importa, Mahood rimarrà lì dove l&hanno messo, conficcato sino al cranio nel suo vaso, di fronte al macello, supplicando i passanti, senza parole né gesti né sguardi della fisionomia (infatti la fisionomia non è animata), supplicando i passanti di scorgerlo direttamente, insieme con il piatto del giorno, oppure separatamente, ma non si capisce il perché, per potersi credere nel bagno, vale a dire ripromesso al pozzo nero, presto o tardi, dev&essere proprio così, si possono avere di queste idee, senza pensare. Io, per esempio, piango con estrema facilità, non volevo dirlo, al loro posto avrei omesso questo particolare, il fatto è che non dispongo di alcun condotto di spurgo, ma dico di nessuno, non di quello e neppure dei meno nobili, come si può star bene in queste condizioni e che cosa bisogna credere, ma non si tratta di credere in qualcosa, si tratta di capitar bene, niente altro, e loro dicono, se questo non è nero, certamente è bianco, confessate che è un procedimento piuttosto semplicistico, date le varie tinte intermedie, degne tutte quante di una scelta. E quanto tempo perdono a ripetere la stessa cosa, mentre devono ben sapere che non è quella giusta. Recriminazioni facili a essere confutate, se volessero fare questo piccolo sforzo, se ne avessero il tempo, il tempo di riflettere sulla loro inanità. Ma il modo di riflettere e di parlare nel contempo, di riflettere a quello che si è detto, si dice, si potrà dire, pur dicendo, qualsiasi cosa può essere materia di riflessione, si dice qualunque cosa, più o meno, più o meno, ci si fanno dei rimproveri senza fondamento, senza che vi si possa rispondere, si tratta subito d&altro, è per questo che loro ripetono sempre la stessa cosa, la stessa litania, quella che sanno a memoria, è per cercare di riflettere su altro, nel frattempo, in modo di dire qualcosa che non sia sempre la stessa cosa, sempre male, sempre la stessa brutta cosa, ma non trovano, non trovano altro da dire se non quello che impedisce loro di trovare, farebbero meglio a pensare a quello che stanno raccontando, per poterne almeno cambiare la presentazione, è la presentazione che conta, ma il mezzo di pensare e di parlare nello stesso tempo è speciale, come facoltà, il pensiero fantastica, la parola anche, l&uno lontano dall&altra, o per meglio dire, se non si vuole esagerare, l&uno accanto all&altra, come due cani di terracotta, è nel centro che bisognerebbe essere, dove si soffre, dove si esulta, di essere senza parola, di essere senza pensiero, dove non si sente nulla, dove non si capisce nulla, non si sa nulla, non si dice nulla, non si è nulla, è lì che si starebbe bene, dove ci si trova. Per fortuna ch&essi sono lì, lì nel senso, è ovvio, di un posto qualsiasi, per reggere la responsabilità di questo stato di cose, di cui non si conosce un gran che, ma almeno si sa questo, che non si vorrebbe averlo sulla coscienza, averlo sullo stomaco basta. Sì, per fortuna che li ho in mio potere, quei fantasmi parlanti, ma non li avrò sempre, lo sento, maledetti fantasmi, finiranno per farmi credere che ho ingannato. Il padrone in ogni caso, noi non commetteremo, già mettono dell&acqua nel loro vino, non commetteremo, salvo il caso di assoluta necessità, l&errore di occuparcene, si rivelerebbe essere un semplice funzionario altolocato, se si stesse a quel giuoco si finirebbe con l&aver bisogno di Dio, si ha un bell&essere bisognosi, ci sono bassezze che si preferisce evitare. Restiamo in famiglia, è più intimo, ci si conosce, non c&è da temere alcuna sorpresa, si è già visto il testamento, non c&è niente per nessuno. Quell&occhio, è strano come quell&occhio chiami lo sguardo, supplichi che ci si occupi di lui, che si faccia qualcosa per lui, che lo si aiuti, non si sa esattamente a che cosa, a non piangere più, a poter fissare, a potersi chiudere. Non si vede che lui in quel volto, è partendo da lui che si cerca un volto, a lui si fa ritorno dopo che non si è trovato nulla, niente che abbia il minimo valore, nient&altro che qualcosa come delle strisce di cenere, forse sono lunghi capelli grigiastri, che scendono addirittura più in basso della bocca, viscidi di vecchie lagrime, oppure le frange d&un mantello a brandelli che ondeggiano, oppure dita che si tengono distanti o si restringono sforzandosi di cancellare ogni cosa oppure tutto questo insieme, dita, capelli, cenci, mischiati in modo inestricabile. Supposizioni bislacche sia le une come le altre; basta enunciarle per desiderare di non aver detto niente, sì, sappiamo cosa sia, un altro passato, spesso è desiderabile, un altro diverso dal proprio, quando lo si conosca. È calvo, è nudo e le sue mani, completamente distese una volta per tutte sulle sue ginocchia, non corrono brutti rischi. E il volto, in questo caso, dov&è? Che razza di scempiaggini sono mai tutte queste, nemmeno all&occhio io ci credo, qui non c&è niente, niente da vedere, niente che veda, viene proprio a proposito quando si pensa a quel che sarebbe, un mondo senza babbei, e viceversa, brrr. Dunque, nessuno spettatore, né, quel che più conta, alcuno spettacolo, è già qualcosa di meno. Se questo rumore potesse cessare, non ci sarebbe più niente da dire. Mi chiedo su che cosa stia vertendo l&emissione in questo momento. È molto verosimile che si tratti di Worm. Mahood è già abbandonato. Io aspetto il mio turno. Sì, non dispero, tutto sommato, di attrarre la loro attenzione sul mio caso, un giorno o l&altro. Non già che esso presenti il minimo interesse, ma guarda, dev&esserci un errore, non che sia particolarmente interessante, è sottinteso, ho capito, ma è la mia volta, ho anch&io il diritto di essere riconosciuto impossibile, mi pare. Questo non finirà mai, è inutile farsi delle illusioni, sì, sì, essi verranno, dopo di me sarà finito, loro desisteranno, diranno, Ma tutto ciò non esiste, ci hanno raccontato delle storie, gli hanno raccontato delle storie, ma chi, gli? il padrone, chi non si sa, l&eterno terzo, è lui il responsabile di questo stato di cose, il padrone non c&entra per niente, loro nemmeno, io meno di qualsiasi altro, abbiamo avuto torto di prendercela a vicenda, il padrone con me, con loro, con se stesso, loro con me, col padrone, con loro stessi, io con loro, con il padrone, con me stesso, siamo tutti innocenti, punto e basta. Innocenti di che cosa poi, nessuno lo sa di preciso, di voler sapere, di voler potere, di tutto questo fragore, intorno a niente, per niente, della lunga offesa al silenzio nella quale ognuno è immerso, non si cerca più di saperlo, che cosa essa copra, quell&innocenza in cui siamo caduti, copre tutto, copre tutte le colpe, fra cui anche le domande, pone termine alle domande. Allora sarà tutto finito, grazie a me sarà finito, e loro se ne andranno, a uno a uno, oppure cadranno, si lasceranno cadere a terra, giusto lì dove si trovano, si lasceranno cadere a terra, giusto lì dove si trovano, e non si muoveranno più, grazie a me, che non avrò capito nulla, di tutto ciò che essi avevano creduto di dover dire, potuto far nulla, di tutto ciò che avevano creduto di volere che io facessi, e il silenzio ricadrà su tutti noi, si deporrà come sull&arena, dopo i massacri, la sabbia fine. Prospettiva quanto mai affascinante, cominciano a essere del mio parere, dopo tutto anch&io forse ne ho uno, mi fanno dire, Se almeno questo, se almeno quello, io lo dico, ma sono loro che lo pensano, no, nemmeno loro lo pensano. Quanto a me, ci sono forti probabilità che io sia incapace di desiderare o deplorare checchessia. Sembra difficile infatti che qualcuno, se devo osare di chiamarmi così, possa aspirare ad una situazione di cui, nonostante le entusiastiche descrizioni che gliene sono state prodigate, non possiede la minima nozione, o desiderare sul serio che ne cessi un&altra, non meno inintelligibile, che è la sola di cui abbia mai fruito. Quel silenzio che hanno sempre sulle labbra, da cui sarebbe sorto, e a cui farebbe ritorno, una volta, terminato il numero, lui non sa cosa sia, non più di quello che è tenuto a fare, per meritarlo. È quello ferrato sull&argomento, è lui che viene sempre chiamato alla riscossa quando le cose vanno male, lui parla continuamente di merito e di situazioni, ne ha salvato più d&una, parla anche di sofferenza, sa ravvivare il coraggio, fermare in tempo utile le sconfitte, solo gettando quella grossa parola sulla bilancia, salvo ad aggiungere, quando tutto è rientrato nell&ordine, Ma che sofferenza, dato che ha sofferto sempre, e questo raggela un&altra volta. Ma lui fa presto a riprendersi, aggiusta tutto un&altra volta, facendo intervenire i noti concetti di quantità, d&adattamento, di logorio, e in quel modo si cava d&imbarazzo, ciò che gli consente, nel successivo singulto, di dichiararli inapplicabili al caso di cui è investito, perché lui non sa cosa vuol dire perdere la bussola. Ma, vedi sopra, non si sono già curvati su di me, verso di me, sino al punto di averne male al collo, alle reni, che cosa dico mai, hanno forse mai fatto altro, da quando, non stiamo però soprattutto a fare precisazioni temporali, e, altra questione, che cosa c&entro io in queste storie di Mahood e di Worm, o piuttosto che cosa c&entrano loro nella mia, ecco tutta roba sciupata, che sta lì ad ammuffire. Lo so, lo so, attenzione, questa volta, si giuoca grosso, tutto questo è il solo e identico fervorino, senza altri contorni, lo stesso di sempre, ossia, Ma insomma, caro, ecco, ecco chi siete, guardate questa fotografia, qui c&è il cartellino, nessuna condanna, ve lo garantisco, fate uno sforzo, alla vostra età, essere senza identità, è una vergogna, ve lo garantisco, guardate questa foto, ma come, non vedete nulla, è vero, non importa, state attento guardate questo omaccione, vedrete, vi sentirete benissimo, non ci vorrà molto, ed ecco qui la pratica, oltraggio agli agenti, al pudore, al culto, ai magistrati, ai superiori, agli inferiori alla ragione, senza vie di fatto, non è niente, starete benissimo, vedrete, voi dite, se lavora, ma andiamo, è impossibile, guardate un po& qui il rapporto sanitario, tabe spasmodica, gomme indolori, sì, dico bene, indolori, tutto è indolore, rammollimenti multipli, sclerosi varie, insensibile alle percussioni, vista che va diminuendo, stitico, da alimentarsi con cautela, udito in diminuzione, pulsazioni del cuore irregolari, di umore eguale, odorato pure in diminuzione, dorme bene, non gli tira mai, e ne volete ancora, atto ai servizi sedentari, inoperabile, intrasportabile, ecco la testa, ma no no, dall&altra parte, ve lo garantisco, è un&occasione, come dite, prego? Se beve, ma certo che beve, è la sua passione, figurarsi, padre e madre morti entrambi, a sette mesi di distanza l&uno dall&altra, lui quando il figlio fu concepito, lei quando nacque, vi assicuro che non potreste trovare niente di meglio, alla vostra età, rimanere informi, fa pietà, guardate, ecco la foto, vedrete, starete bene, ma cos&è mai in queste condizioni, quel momento che si passa sulla terra, poi la pace, là sotto, è l&unico mezzo, credetemi, di venirne fuori, come dite, se non ho niente altro, ma certo, aspettate, anch&io, mi son chiesto, aspettate, se voi non siete invece, aspettate, ecco, quello là, ma io prima volevo, come, non capite, io neppure, non importa, non è il momento di scherzare, sì, avevo ragione, stavolta siete proprio voi, prendete, ecco la foto, osservate bene costui, non ne ha più per molto, bisogna che vi affrettiate, è una vera occasione, e qua e là, e su e giù, sino a quando io non mi lascerò tentare, no, non è vero, lo sanno bene, non ho capito, non mi sono mosso, tutto quello che ho detto, detto d&aver fatto, di essere stato, sono loro che lo hanno detto, io non ho detto niente, non sono uscito, non lo capiscono, non posso uscire, credono che io non voglia, che le loro condizioni non mi sembrino convenienti, che finiremo col metterci d&accordo su condizioni migliori, allora io uscirò, e mi avranno in loro potere, è così ch&io vedo la cosa, no, non vedo niente, loro non capiscono, non posso andare verso di loro, bisogna che siano loro a venire da me, se vogliono avermi in loro possesso, non sarà Mohood che mi farà uscire, e neppure Worm, facevano molto assegnamento su Worm per attirarmi fuori, lui non era come gli altri che facevano credere possibile la cosa, per me è tutto lo stesso, non capiscono, non mi posso muovere, sto bene qui, starei bene se mi ci volessero lasciare, vengano qui a cercarmi se vogliono avermi, non troveranno niente, potranno andar via, con la coscienza tranquilla. Oppure se si tratta d&uno solo, come me, potrà andarsene, senza tema di rimorsi, dopo aver perso la propria vita a far l&impossibile e ancor di più, oppure restare qui con me, potrebbe accadergli, sarebbe sempre uno mio simile, una cosa straordinaria, da far epoca, sapere che ho un mio simile, no, non saprei niente, non importa, sarebbe lo stesso un fatto straordinario, un proprio simile, un congenere, non dovrebbe necessariamente rassomigliare a me, ma per forza mi rassomiglierebbe, non avrebbe che da lasciarsi andare, potrebbe credere a tutto quanto gli piacesse, lì per lì, che non ne poteva più o che il posto gli piaceva, potrebbe persino esclamare, Non andrò oltre, avendo l&abitudine di annunciare le proprie decisioni, ad alta voce, per conoscerle meglio, potrebbe anche aggiungere, per ogni buon fine, Per il momento, sarebbe la sua ultima sciocchezza, non avrebbe che da lasciarsi andare, sparirebbe, non ne saprebbe nulla, saremmo lì entrambi, ognuno a propria insaputa e l&uno all&insaputa dell&altro, è un bel sogno quello che ho fatto, un sogno eccellente. E che non è neppure finito. Infatti eccone qui un altro che arriva, a sgridare il collega, a farlo uscire, ritornare a sé, ai suoi, con ogni sorta di minacce, di promesse, di storie di ogni genere, sul genere di questa, di far venir fuori il collega, o come quella del negretto e che finisce, una volta finita la vita, no ancor prima, beh insomma avete capito, eccoci in tre, è ancora più comodo, e non è neppure finito, è un sogno senza fine, si tratta soltanto di dormire, e non basta neanche, è come nella canzone, Venne un cane giù in cucina, portò via una salsiccia, venne un cuoco e l&afferrò e ne fece tanta ciccia, seconda strofa, Altri cani vider piangendo il fratello che stava morendo, presto presto scavaron la fossa all&ombra d&una croce in legno bianco, e il passante legger vi potea, terza strofa, come la prima, quarta strofa, come la seconda, quinta, come la terza, e ne volete ancora delle altre, a volontà, a volontà, eccoci in cento, in mille, c&è posto, c&è posto, avanti, avanti, sciagurati vivi, starete bene, vedrete, non nascerete mai più, ma cosa dico mai, non sarete neppure mai nati, e portate con voi i vostri bambini, i nostri supplizi a loro sembreranno dolci, dopo quello che gli avete fatto. Ma veniamo al sodo, non siamo già per caso una moltitudine, a che titolo mi dovrei illudere d&essere il primo, non sono l&ultimo, magari, nel tempo, s&intende, quante domande si possono fare, purché non venga loro in mente di rispondere. Del resto, cosa possono star tramando, a così tarda ora? Che si siano finalmente decisi ad abbordarmi francamente, di fronte? Si direbbe. In tal caso, sipario a breve scadenza. Udite, udite, io ero come loro, prima di essere come sono, accidenti, ecco una viltà da cui non mi rimetterò tanto presto, va bene, va bene, l&assalto è incominciato, in piedi il morto, al patibolo, spermatozoo. Io pure, stanco di discutere una causa incomprensibile, che è pagata un niente e richiede tanta dispersione, mi son lasciato cadere, fra i contumaci, bella quest&immagine, telescopando lo spazio, dev&essere il Premio Goncourt, cercano di addormentarmi a distanza, temono che io mi difenda, vogliono avermi vivo, per potermi uccidere, e così io sarei vissuto, mi credono vivo, saprebbe di esumazione se ci fosse un cadavere, e neppure in un ventre, non è ancor nata la sgualdrina che avrà la mia verginità, ecco qualcosa che dovrebbe restringere alquanto il campo delle ricerche, uno sperma che muore, di freddo, tra le lenzuola, agitandosi debolmente, ma forse sono uno sperma che asciuga, tra le lenzuola di un ragazzo, ci vuol del tempo, bisogna prospettarsi tutte le ipotesi, non bisogna temere di dire una bestialità, come si fa intanto a sapere se lo è o meno, prima d&averla detta, e lo è, adesso che è irrevocabile, per la buona ragione, stupida anch&essa o che sta per esserlo, a meno che non gli sfugga di mano, pensate un po&, è lì, la matassina di seta, e conta, come vita, come strage, è cosa risaputa, confessatelo, c&è gente che ha una bella fortuna, nati da un sogno lubrico, disponendo le cose per il meglio, morti prima dell&alba, senti, senti, è proprio l&ambiente, no, non è ancor venuto nessuno che voglia saperne di me, ma la cosa è reciproca, c&è ancora sentore di fregatura. Un altro giretto, dalla parte di Mahood, dalla parte di Worm, è l&ultima carta che abbiamo in mano, ma insomma si può sapere che cos&hanno nel cranio, non c&è più niente, e non c&è mai stato niente da ricavare da queste storie, io ho la mia, me la dicano, e vedranno che neanche di qui c&è niente da estrarre, vedranno che non ne ho altre, sarà finito quest&inferno di storie, si direbbe che sono io a insultarli, sempre lo stesso sistema, ah poveri diavoli forse finirò col farli disperare, e sapranno cosa vuol dire essere un argomento di conversazione, attribuirò loro pensieri che non si attribuirebbero a un cane, un orecchio, una bocca, con qualche rimasuglio d&intelletto nel bel mezzo, mi vendicherò, qualche pilloletta di comprendonio, vedranno cos&è, io ci caccerò dentro un occhio in qualche posto nel mucchio, così, a casaccio, e per il caso che qualcosa davanti potesse andare smarrito, io mi ci siederò sopra e sciorinerò storie, fotografie, incartamenti, luoghi, luci, dèi, gente qualunque, tutta la vita d&ogni giorno, sbraitando. Nascete, amici cari, nascete, ricacciatemi giù, vedrete se è bello contorcersi, non ci vorrà molto tempo, ho la sciolta. Vedranno di che cosa si tratta, non è comodo, è un gusto speciale, non è fatto per tutti, bisogna nascere vivi, non è una cosa che si possa acquistare, forse impareranno a lasciarmi stare in pace. Sì, ma non potrò, non lo potrò più, forse una volta l&ho potuto, all&epoca in cui mi sforzavo, conformemente alle mie istruzioni, a ricondurre all&ovile l&essere caro, m&avevano detto che era caro, che mi era caro, che gli ero caro, che ci eravamo cari a vicenda, per tutta la vita gli ho raccontato delle frottole, al caro scomparso, chiedendomi a che cosa potesse rassomigliare, dove avevamo potuto incontrarci, tutta la mia vita, insomma, quasi, non c&è nessun quasi, tutta la mia vita, prima di raggiungerlo, io sono loro caro, essi mi son cari, così va bene, a uno a uno ci raggiungeranno, peccato che siano innumerevoli, una moltitudine, qui è lo stesso, gentile carniere di transfughi che non si riempirà mai, decisamente tutto è caro stasera, non importa, gli altri non sentono nulla, è l&ultimo che conta, il mio scomparso, lì al mio fianco, per lui è finita, ma non al mio fianco sotto di me, noi siamo ammucchiati, no, neanche questo non va bene, non importa, è solo un particolare, per lui è finita, è il penultimo, anche per me sarà finita, sono l&ultimo, non sentirò più niente, non ho niente da fare, soltanto da aspettare, l&attesa è lunga, verrà a coricarsi su di me, accanto a me, il mio carnefice così devoto, patisca lui quello che mi ha fatto patire, io avrò la pace. Tutto s&accomoda, è con la pazienza che s&ottiene questo risultato, è il trascorrere del tempo, il ruotare della terra che giungono a questo, che fanno sì che la terra non giri più, il tempo non passi più, la sofferenza cessi, non c&è che aspettare, senza far niente, non serve a niente, senza capir niente, a cosa gioverebbe il capire, e tutto si sistema, niente si sistema, niente, niente, non finirà mai, questa voce non avrà mai fine, io sono solo qui, il primo e l&ultimo, io non ho fatto soffrire nessuno, non ho posto termine alle sofferenze di nessuno, non verrà nessuno a metter termine alle mie, non se ne andranno mai, io non mi muoverò mai, non otterrò mai la pace, loro neppure, ed invece ecco, non ci tengono, dicono che non ci tengono, dicono che non ci tengo neppur io, alla pace, dopo tutto è possibile, come fare a tenerci, che cos&è mai, e questa storia di sofferenze, che cos&è mai, dicono che soffro, è possibile, che starei meglio se facessi questo, se dicessi quello, se mi muovessi, se capissi, se tacessero, se se ne andassero, è possibile, cosa volete mai che io sappia, di quelle cose lì, cosa volete mai che io capisca di tutto quello che dicono, non mi muoverò mai, non capirò mai, non parlerò mai, essi non taceranno mai, non se ne andranno mai, non m&avranno mai nelle loro mani, non vi rinunceranno mai, punto e basta, sto a sentire. Questo mi piace di più, devo dire che questo mi piace di più, questo che cosa, beh voi sapete, voi chi, dev&essere il pubblico, ma senti questa, c&è un pubblico, è uno spettacolo, si paga l&ingresso e si aspetta, oppure deve essere gratuito, si aspetta che cominci, che cominci cosa, lo spettacolo, diamine, si aspetta che lo spettacolo cominci, lo spettacolo gratuito, forse è obbligatorio, uno spettacolo obbligatorio, si aspetta che cominci, lo spettacolo obbligatorio, com&è lunga l&attesa, si sente una voce, forse è una recitazione, è questo lo spettacolo, qualcuno che recita, dei brani scelti, già collaudati, sicuri, una diurna poetica, o qualcuno che improvvisa, appena lo si sente, è questo lo spettacolo, non si può andar via, si ha paura di andar via, altrove è forse ancor peggio, ci si aggiusta come si può, si fanno delle considerazioni, si è venuti troppo presto, occorrerebbe del latino, hanno appena cominciato, non hanno ancora cominciato, non è che il preludio, non fa che schiarirsi la voce, solo nel suo camerino, adesso si farà vedere, sta per cominciare, oppure è il regista, dà le istruzioni, le sur, ultime indicazioni, adesso tirano su il sipario, è questo lo spettacolo, aspettate lo spettacolo, accompagnati da un mormorio, si discute, dopo tutto è una voce, forse è l&aria, che sale, che scende, si distende, turbina, cerca una via di uscita, fra gli ostacoli, e gli altri dove sono, gli altri spettatori, non lo si era notato, nella morsa dell&attesa, che si è soli ad aspettare, è questo lo spettacolo, aspettare soli, nell&aria inquieta, che si cominci, che cominci qualcosa, che ci sia qualcosa oltre a se stessi, che si possa andarsene, che non si abbia più paura, si discute, forse si è ciechi, certamente sordi, lo spettacolo si è svolto, è finito tutto, ma dov&è la mano, la mano amica, o soltanto pia, o pagata per questo, quanto tempo impiega a venire, a prendere la vostra, per portarvi fuori, è questo lo spettacolo, non costa niente, aspettare soli, ciechi, sordi, non si sa dove, non si sa cosa, che venga una mano a portarvi via di lì, portarvi altrove, dove è forse peggio. Ecco per quanto concerne il voi, siamo edotti abbastanza, sul voi. E adesso eccoci al punto, che io preferisco, che debbo dire di preferire, ma che memoria, è una vera carta moschicida, non so, io non lo preferisco, è tutto quello che so, allora non vale la pena di occuparsene, una cosa che non si preferisce, non vi pare, occuparsi di questo, non sia mai, bisogna aspettare, scoprirsi una preferenza, sarà tempo di dedicarsi a un&inchiesta in regola. Del resto, colleghiamo, colleghiamo, non si sa mai, del resto il loro atteggiamento nei miei confronti non è mutato, io mi sono ingannato, loro si sono ingannati, mi hanno ingannato, hanno voluto ingannarmi, dicendo ch&era mutato il loro atteggiamento nei miei confronti, ma non mi hanno ingannato, non ho capito che cosa volessero fare, che cosa mi volessero fare, io dico quello che mi dicono di dire, punto e basta, e non basta, non so, non mi sento una bocca, non sento le parole urtarsi dentro la mia bocca, e quando si dice una lirica che ci piace, quando si ama la poesia, nella metropolitana o nel proprio letto, le parole son lì, da qualche parte, e non fanno il minimo rumore, neppure questo io sento, le parole che cadono, non si sa dove, non si sa di dove, gocce di silenzio attraverso il silenzio, non lo sento, non mi sento una bocca, non mi sento una testa, forse mi sento un orecchio, su, rispondete francamente, se mi sento un orecchio, ebbene no, tanto peggio, non mi sento nemmeno un orecchio, come va tutto male, cercate bene, qualcosa debbo sentire, sì, sento qualcosa, dicono che sento qualcosa, non so cosa sia, non so cosa sento, ditemi quello che sento, vi dirò chi sono, mi diranno chi sono, non capirò, ma almeno saranno cose dette, avranno detto chi sono, e io lo avrò sentito, anche senza l&orecchio l&avrò sentito, e l&avrò detto, anche senza bocca l&avrò detto, l&avrò sentito fuori di me, poi subito dopo dentro di me, forse è questo che sento, che c&è un fuori e un dentro e io nel mezzo, forse io sono questo, la cosa che divide il mondo in due, da una parte il difuori, dall&altra il didentro, può essere sottile come una lama, io non sono né da una parte né dall&altra, sono in mezzo, sono come un muro divisorio, ho due facce e non ho spessore, forse è questo che sento, io mi sento vibrare, io sono il timpano, da una parte c&è il cranio, dall&altra il mondo, io non sono né dell&uno né dell&altro, non è a me che si parla, non è a me che si pensa, no, non è questo, non provo nulla di tutto questo, cercate qualcos&altro, razza di maiali, dite qualcosa d&altro, e che io la capisca, non so come, e che io la ripeta, non so come, però che tangheri, dire sempre la stessa cosa, farmi sempre dire la stessa cosa, pur sapendo che non è quella giusta, no, neppure loro lo sanno, dimenticano, credono di cambiare mentre invece non cambiano mai, continueranno a dire la stessa cosa sino alla morte, allora si farà forse un piccolo silenzio, il tempo che occorre alla squadra successiva per essere pronta, ci sono io solo d&immortale, cosa volete, io non posso nascere, forse è quello il loro calcolo, dire sempre la stessa cosa, una generazione dopo l&altra, soverchiarmi sempre con la stessa cosa, sino a quando, uscito dai cardini, mi metta a urlare, allora diranno, Ha vagito, sta per rantolare, per forza, andiamocene via, inutile assistere a questo spettacolo, ci aspettano altri, lui è finito, le sue disgrazie sono finite, le sue disgrazie stanno per cominciare, le sue disgrazie stanno per finire, è salvo, l&abbiamo salvato noi, sono tutti uguali, si lasciano tutti salvare, si lasciano tutti nascere, è stata un&impresa difficile, farà una bella carriera, nella collera, nel rimorso, non si perdonerà mai, e così se ne andranno, conversando a questo modo, in fila indiana, o a due a due, lungo la spiaggia, è una spiaggia, sulla ghiaia, nella sabbia, nell&aria della sera, è sera, è tutto quello che si sa, la sera, le ombre, in qualsiasi luogo, sulla terra. Sì, però, dai miei cardini, non riuscirò a uscire, nemmeno la sera, non è certo, non è necessario, anche l&alba fa lunghe ombre, a tutto ciò ch&è ancora in piedi, è tutto quello che conta, solamente l&ombra conta, senza vita propria, senza forma né riposo, forse è l&alba, sera della notte, non si tratta di questo, se ne andranno, così se ne andranno verso i miei fratelli, no, niente di tutto questo, niente fratelli, proprio così, ritrattate, non lo sanno, se ne vanno, senza saper dove, verso il padrone, questo può darsi, fate bene attenzione, può darsi, perché li liberi, per loro è tutto finito, per me invece comincia, comincia la fine, si fermano, per ascoltare me che grido, non si fermeranno più, sì, si fermeranno, il mio gridare avrà termine, di tanto in tanto, io cesserò di gridare, per ascoltare, se nessuno mi risponde, per guardare, se non viene nessuno, poi andrò, chiuderò gli occhi, e me ne andrò, sempre gridando, a gridare altrove. Sì, ma eccola, la mia bocca, non l&aprirò, non potrò, ma se non ne ho, questa è bella davvero, me ne spunterà una, dapprima sarà un piccolo foro, poi sempre più largo, sempre più profondo, l&aria vi s&ingolferà dentro, l&aria tonificante, e subito ne uscirà fuori, sotto forma di urlo. Ma non è chiedere troppo, chiedere tanto, a così poco prezzo, è utile? E non basterebbe, senza che nulla sia mutato alla cosa in sé, qual è da sempre, senza che una bocca venga a prender forma lì dove nemmeno le rughe hanno saputo incidersi, non basterebbe, che cosa, si è perso il filo, tanto peggio, prendiamone un altro, un piccolo movimento, un particolare che venga meno, che dia maggior rilievo, sarebbe come un piccolo tocco, tutto l&insieme ne risentirebbe, sarebbe come la palla di neve, e presto sarebbe l&estendersi dell&agitazione, la locomozione stessa, viaggi propriamente detti, d&affari, di studio, viaggi di piacere, spostamenti liberamente consentiti, passeggiate sentimentali e solitarie, traccio soltanto le grandi linee, sport, notti bianche, esercizi per addestramento, atassia, spasimi, rigidità cadaverica, scioltezza dell&ossatura, dovrebbe bastare. E che si tratti di una questione di parole, di voci, non lo dobbiamo dimenticare, bisogna cercare di non dimenticarlo del tutto, si tratta di una cosa che dev&essere detta, da loro, da me, non è ben chiaro, c&è da chiedersi se tutto questo guazzabuglio di vita e di morte non sia loro perfettamente estraneo, quanto a me. Il fatto è che non sanno più a che punto si trovano, a che punto mi trovo io, io non l&ho mai saputo, sono al punto in cui son sempre stato, non so nemmeno dove si trovi, ignoro che cosa designi, un processo qualunque, nel quale mi trovo coinvolto, o che non avrei affrontato, io non mi trovo in nessun posto, è questo che li consuma, vogliono che in qualche posto mi trovi, non importa dove, se potessero interrompere il loro raziocinare, sul loro conto, sul mio, sullo scopo da raggiungere, e semplicemente continuare, giacché lo si deve, sino ad esaurimento, no, non ci siamo nemmeno stavolta, semplicemente continuare, senza l&illusione che un giorno si sia incominciato, e che un giorno si possa concludere, ma è difficile, troppo difficile, senza scopo, il non volere una fine, una ragion d&essere, un tempo in cui non si es
è anche difficile non dimenticare, nella propria brama di qualcosa da fare, per non doverlo più fare, per aver questo di meno da fare, che non c'è niente da fare, niente di speciale da fare, niente di fattibile da fare. Inutile, anche, nella sete, nella fame, no, non c'è bisogno di fame, la sete basta, nella sete, inutile lo starsi a raccontare delle storie, per passare il tempo, le storie non fanno passare il tempo, non c'è niente che lo faccia passare, non importa, è così, ci si racconta delle storie, poi ci si racconta qualsiasi cosa, dicendo. Queste non sono storie, mentre sono sempre delle storie, ma sempre delle cose qualsiasi, si sono sempre raccontate delle cose qualsiasi, a memoria d'uomo, no, da epoca anche più remota, non ci si ricorda niente, sempre cose qualsiasi, sempre la stessa cosa, per passare il tempo, poi, siccome il tempo non passa, per niente, nella sete, volendosi fermare e non potendolo, cercando perché, perché, questo bisogno di parlare, questo bisogno di fermarsi, questa impossibilità di fermarsi, trovando perché, non trovandolo più, ritrovando, non ritrovando più, non cercando più, cercando ancora, non trovando niente, e finalmente trovando, non trovando più, parlando sempre, e sempre assetati, cercando sempre e non cercando più, parlando sempre, cercando ancora, chiedendosi cosa, di cosa si tratta, cercando quello che si cerca, esclamando, Ah sì, sospirando, Ma no, gemendo, Basta, esclamando, Non ancora, cercando sempre, perdendo la bussola, cercando la bussola, raccontando sempre qualsiasi cosa, cercando ancora, qualsiasi cosa, assetati di non si sa più cosa, ah sì, di qualcosa da fare, ma no, non c'è più niente da fare, da quando, da sempre, e poi basta, a meno che, alle volte che, cerchiamo da quella parte, ancora uno sforzo, cerchiamo cosa, è vero, cerchiamo di sapere, prima di cercare quello che si cerca, prima di cercare di là, di dove, parlando sempre, cercando sempre, in sé, fuori di sé, non cercando più, perdendo la bussola, maledicendo Iddio, non maledicendolo più, non potendone più, potendo sempre, cercando sempre, nella natura, nell'intelletto, senza sapere cosa, senza sapere dove, dov'è la natura, dov'è l'intelletto, che cosa si cerca, chi è che cerca, cercando chi si è, ultimo smarrimento, dove si è, che cosa si fa, che cosa si è fatto loro, che cosa vi hanno fatto, parlando sempre, dove sono gli altri, chi è che parla, non sono io che parlo, ma dove sono, dove è, dove sono sempre stato, dove sono gli altri, sono gli altri che parlano, è a me che parlano, è di me che parlano, li sento, sono muto, ma che cosa hanno fatto a Dio, che cosa ci ha fatto Dio, non ci ha fatto niente, non gli abbiamo fatto niente, non possiamo fargli niente, lui non può farci nulla, noi siamo innocenti, è innocente, non è colpa di nessuno, ma che cosa non è colpa di nessuno, questo stato di cose, quale stato di cose, è così, così sia, sii tranquillo, sarà così, che cosa sarà così, come così, parlando sempre, assetati, perdendo la bussola, cercando sempre, non cercando più, cercando ancora, ma cosa vogliono, che io sia questo, che io sia quello, che io gridi, che mi muova, che esca di qui, che nasca, che muoia, che io ascolti, ascolto, e non basta, che capisca, mi provo, non possono, non provo, non posso provare, ne ho abbastanza, poveretto, e loro anche, dicano quello che vogliono, mi diano qualcosa da fare, qualcosa di fattibile, per me, poveretti, non possono, non sanno, mi assomigliano, sempre di più, non c'è più bisogno di loro, né di nessuno, nessuno ci può far nulla, sono io che parlo, è inutile raccontarsi delle storie, assetati, affamati, nel gelo, nel caldo della fornace, non si sente niente, è ben curioso, non si sente nemmeno una bocca, non si sente più la bocca, non c'è bisogno d'una bocca, le parole sono dappertutto, in me, fuori di me, ma come, sino a poco fa non avevo spessore, io li sento, non c'è bisogno di sentirli, non c'è bisogno di una testa, impossibile fermarli, impossibile fermarsi, io sono tutto parole, sono fatto di parole, di parole degli altri, gli altri, quali? Il posto anche, l'aria anche, i muri, il pavimento, il soffitto, parole, tutto l'universo è qui, con me, io sono l'aria, i muri, il murato, tutto cede, s'apre; va alla deriva, rifluisce, dei fiocchi, io sono tutti questi fiocchi, che s'incrociano, s'uniscono, si separano, dovunque io vada sempre mi ritrovo, mi abbandono, vado verso di me, vengo da me, sempre me, una particella di me, ripresa, perduta, mancata, parole, io sono tutte quelle parole, tutti quegli stranieri, quel pulviscolo di parole, senza il suolo su cui deporsi, senza cielo per dissolversi, incontrandosi per dire, sfuggendosi per dire, che io sono tutti loro, quelli che s'uniscono, quelli che si lasciano, quelli che s'ignorano, e non altro, sì, qualcosa di ben diverso, che sono qualcosa di ben diverso, una cosa muta, in un posto duro, vuoto, chiuso, asciutto, liscio, nero, dove nulla si muove, nessuno parla, e che ascolto, e comprendo, e cerco, come una bestia nata in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate e morte in gabbia nate e morte in gabbia da bestie nate in gabbia morte in gabbia nate e morte nate e morte in gabbia in gabbia nate e poi morte nate e poi morte, come una bestia dico, dicono, una certa bestia, che io cerco, come una certa bestia, con i miei poveri mezzi, una certa bestia, che della sua specie conserva soltanto la paura, nulla più di tutto ciò ch'era di sua pertinenza se non la paura, centuplicata, la paura dell'ombra, no, è cieca, è nata cieca, del rumore, se si vuole, è necessario, qualcosa è necessario, è peccato, e così, paura del rumore, paura dei rumori, rumori delle bestie, rumori degli uomini, rumori del giorno e della notte, questo basta, paura dei rumori, tutti i rumori, più o meno, più o meno paura, tutti i rumori, ce n'è uno solo, uno soltanto, continuo, giorno e notte, ma cos'è, sono passi che vanno e vengono, sono voci che parlano per un momento, sono corpi che si aprono una strada, è l'aria, sono le cose, è l'aria in mezzo alle cose, e basta, che cerco, come lei, no, non come lei, come me, a mio modo, che cosa dico, alla mia maniera, che cerco, ma cosa cerco adesso, quello che cerco, io cerco, che cos'è, dev'essere questo, non può essere che questo, che cos'è, che cosa può essere, cosa può essere mai, come, quello che cerco, no, quello che sento, mi torna in mente, tutto mi torna in mente, cerco, sento dire che cerco quello che può esser davvero, quello che sento, mi torna in mente e da dove può mai venire sino a me, perché qui tutto tace, e i muri sono spessi, e come faccio, senza sentirmi un orecchio, senza sentirmi una testa né un corpo, né un'anima, come faccio, per fare cosa, ma per non far nulla, come faccio, non è chiaro, voi dite che non è chiaro, manca qualcosa perché sia chiaro, cercherò, cercherò quello che manca, perché tutto sia chiaro, io sto sempre cercando qualcosa, è fastidioso, alla fin fine, e non siamo che al principio, come faccio, per far cosa, perché tutto sia chiaro, come faccio, in queste condizioni, per fare quello che faccio, ossia, quello che faccio, quello che faccio, bisogna trovare quello che faccio, ditemi quello che faccio, chiederò com'è possibile, io sento, voi dite che sento, e che cerco, non è vero, io non cerco niente, io non cerco niente, insomma, tiriamo via, non insistiamo, e che cerco, stanno per rinfrescarmi la memoria, e che cerco, primo, quello che è, secondo, da dove viene, e terzo, come faccio, qui ci siamo, come faccio. Per farlo, visto che questo, ritenuto che quello, dato non so più cosa, adesso è chiaro, come faccio, per sentire, e come faccio, per comprendere, non è vero, con che cosa potrei mai capire, è per questo che me lo chiedo, come faccio, per capire, oh non la metà, né il centesimo, né il cinquemillesimo, continuiamo a divedere per cinquanta, né il quarto di milionesimo, adesso basta, ma un pochino comunque, occorre, è meglio così, è peccato, è proprio così, un pochino comunque, il meno possibile, è apprezzabile, è sufficiente, il senso generale d'una espressione su mille, su diecimila, continuiamo a moltiplicare per dieci, nulla di più riposante del calcolo, su centomila, su un milione, è troppo, è troppo poco, ci siamo sbagliati, non importa, da un'espressione all'altra, qui le cose non cambiano, chi ne afferra una le afferra tutte, non è il mio caso, tutte, come andate in fretta, siete sempre per il tutto, il tutto ch'è tutto, il tutto che non è niente, spesso raramente, riassumiamo, dopo questa disgressione, ci mai nel giusto mezzo, mai, sempre, è troppo, è troppo poco, sono io, lo sento, sì, lo sento, sì, lo confesso, m'inchino, ci sono io, è necessario, così è meglio, non avrei detto, non lo dirò sempre, ne approfitto di dover dire, è un modo di parlare, che ci sono io, da una parte, e quel rumore dall'altra, di questo non ho mai dubitato, no, siamo logici, non è mai stato messo in dubbio, questo rumore dall'altra parte, e certo sarà quella la materia della nostra prossima deliberazione, intendo dire ch'è ora di trattare a fondo tale questione, a mente riposata, riassumo, adesso che sono qui sarò io a riassumere. Sono io che dirò e sono io che dirò quello che avrei detto, ah sarà comico, riassumo, io e quel rumore, pel momento non vedo niente altro, ma ho assunto soltanto adesso le mie funzioni, io e quel rumore, e quando fosse così, non m'interrompete, faccio del mio meglio, ripeto, io e quel rumore, due cose a proposito delle quali, rovesciando l'ordine naturale, sembra finalmente acquisito, fra le altre cose, quello che segue, vale a dire, da una parte, quanto al rumore, che sinora non è stato possibile determinare con certezza, e neppure con verosimiglianza, quello che è, come rumore, né come giunga sino a me, né da quale organo sia emesso, né da quale sia percepito, né da quale intelligenza sia colto, nelle sue grandi linee e, dall'altra parte, vale a dire quanto a me, le cose saranno più lunghe, quanto a me, sarà allegro, in quanto ancora non è stato dato di stabilire col minimo grado di precisione che cosa sono, dove sono, se sono parole fra altre parole, o se sono il silenzio nel silenzio, per non richiamare che due delle ipotesi formulate a questo proposito, benché a dire il vero il silenzio non si sia fatto molto notare sino adesso, ma non bisogna prestare attenzione alle apparenze, riprendo, non è stato assodato, fra le altre cose, quello che sono, no, questo è già stato segnalato, quello che faccio, come faccio per sentire, se sento, se sono io che sento, e chi ne può dubitare, non so, il dubbio, a questo proposito, è proprio là da qualche parte. Riprendo, come faccio per sentire, se sono io che sento e come faccio per capire, ellissi quando si può, come faccio per capire, la stessa riserva, e come avviene, se sono io che parlo, e si può anche pensarlo come si può anche dubitarne, se sono io che parlo, che parlo, in continuazione, che abbia voglia di fermarmi, che non mi possa fermare, indico le grandi linee, fa più sinossi, e riprendo, non è accertato, quanto a me, se sono io che cerco, che cosa cerco di preciso, trovo, perdo, ritrovo, getto via, cerco di nuovo, trovo ancora, e ancora butto via, no, non ho mai buttato via niente, mai buttato via niente di tutto quello che ho trovato, mai trovato niente che non abbia perduto, mai perduto niente che non potessi poi buttar via, se sono io che cerco, trovo, perdo, ritrovo, riperdo, cerco ancora, non trovo più, non cerco più, cerco ancora, trovo ancora, perdo ancora, non trovo più, se sono proprio io, e se non sono io chi è, con precisione, non vedo niente altro per il momento, sì sì, concludo, non è accertato, vista l'inutilità anche di raccontarsi qualsiasi cosa perché il tempo passi, perché lo faccio, se sono io che lo faccio, come se occorressero dei motivi per fare qualsiasi cosa, perché il tempo passi, non importa, ce lo si può chiedere, per ricordo, perché il tempo non passa, perché non vi lascia, perché viene ad ammucchiarsi intorno a voi, un istante dopo l'altro, da tutte le parti, sempre più alto, sempre più fitto, il tempo che appartiene a voi, quello degli altri, quello dei vecchi morti e dei morti che ancora debbono nascere, perché viene a sotterrarvi col contagocce, né morto né vivo senza che serbiate memoria di nulla, senza speranza di nulla, senza conoscenza di nulla, senza storia né avvenire, sepolto sotto i secondi, raccontando una cosa qualunque, con la bocca piena di sabbia, evidentemente, questo è un particolare di contorno, il tempo ed io fanno due, ma lo si può ben chiedere, perché il tempo non passa, così per memoria, ma di sfuggita, per passare il tempo, credo che sia tutto qui, per il momento, non vedo niente altro, per il momento. Non bisogna più che mi rivolga delle domande, se sono io, quei birboni che mi impediscono di ritrovarmi, a meno che non si tratti di un altro, di due altri, come diceva l'altro, non lo si deve più. Altre decisioni, cosa si deve mai fare, è così, coraggiosamente, altre decisioni. Fare uso abbondante del principio di parsimonia, come se mi fosse familiare, non è troppo tardi. E in particolar modo supporre d'ora in poi che la cosa detta e quella ascoltata abbiano la stessa provenienza, evitando di revocare in dubbio la possibilità di supporre checchessia. Collocare questa provenienza in me, senza specificare dove, senza ricercatezze, poiché tutto è preferibile alla coscienza di terze persone e, in un senso un poco più generale, di un mondo esterno. Spingere se del caso questa compressione sino a non guardare più se non un sordo eccezionalmente debole di mente, che non sente niente di quel che dice, né prima, né troppo tardi e non comprende, a rovescio, che lo stretto necessario. Ed evocare, nei momenti difficili, in cui lo scoraggiamento minaccia di farsi sentire, l'immagine d'una grande bocca idiota, rossa, dal labbro sporgente, bavosa, prigioniera, che si vuota continuamente, con un rumore di bucato e di schioccare di baci, delle parole che la occludono. Allontanare una volta per tutte, contemporaneamente all'analogia con la consueta dannazione, qualsiasi idea d'inizio e di fine. Superare, questo va da sé, la funesta tendenza all'espressione. Prendermi, senza scrupoli né preoccupazioni, per colui che esiste, in una qualsiasi maniera, non importa quale, bando alle ricercatezze, per colui del quale questa storia, per un momento, voleva essere la storia. Meglio, attribuirmi un corpo, arrogarmi una mente. Parlare d'un mondo mio, detto anche interiore, senza soffocare. Non dubitare più di niente. Non cercare più nulla. Approfittare dell'anima, dello spessore, nuovi fiammanti, per abbandonare, col solo abbandono possibile, dall'interno. Insomma, per dirla in breve, prese queste decisioni e altre ancora, continuare tranquillamente come in passato. Qualcosa di cambiato, comunque, c'è. Non una parola su Mahood, su Worm, da quando, ah sì, dimenticavo, parlare del tempo senza fiatare, e, ci penso, per una naturale associazione di idee, far uso dello spazio con la stessa disinvoltura, come se non fosse otturato, da tutte le parti, salvo qualche pollice, è già mica male, qualche pollice, ma per consentirmi un po' d'aria diamine, lo spazio per tirar fuori la lingua, averla tirata fuori, e farlo ancora. Quando ci penso, ossia, no, non ho detto niente, quando ci penso, al tempo che ho perso con tutti quei pacchetti di segatura, a cominciare da Murphy, che non era il primo, mentre avevo me stesso, a domicilio, sotto mano, mentre crollavo sotto le mie pelle ed ossa, autentici, crepavo di solitudine e di oblio, al punto che giungevo a dubitare della mia esistenza, e anche oggi non ci credo nemmeno un secondo, di modo che, quando parlo, debbo dire, Chi parla, e cercare, e quando cerco, Chi cerca, e cercare, e via discorrendo, e altrettanto deve dirsi per tutte le altre cose che mi capitano e alle quali bisogna trovare qualcuno, perché le cose che capitano hanno bisogno di qualcuno a cui capitino, bisogna che qualcuno le trattenga. Ma Murphy e gli altri, per finire con i nostri due omoni, non potevano trattenerle, le cose che capitavano a me, anche a loro non poteva capitar nulla, nulla di quello che accadeva a me, e nemmeno niente altro, non c'è niente altro, non saturiamoci più di parole, all'infuori delle cose che mi accadono, come sentire, parlare, cercare, che non possono capitarmi, che s'aggirano intorno a me, come corpi in pena, per la pena di non poter sostare, di non potersi fermare, no, come iene, che urlano e ridono, nemmeno questo, tanto peggio, io ho chiuso loro le porte, non c'entro per niente, le mie porte per loro sono chiuse, forse è lì il silenzio, lì è la pace, aprire le proprie porte e lasciarsi divorare, cesserebbero di latrare, si metterebbero a mangiare, ah, quelle gole che latrano, Aprite, aprite, starete bene, vedrete. Come fa bene, voltarsi indietro, si godono liberamente larghi giri di orizzonte, tra un tuffo e l'altro, è un piacere, parola d'onore, non potersi annegare, in queste condizioni. Sì, ma io sono lontano dalle mie porte, lontano dai miei muri, bisognerebbe svegliare il secondino, certamente ce n'è uno. Sono lontano anche dal mio argomento, facciamovi ritorno, non è più lì, lì dove avevo creduto di vederlo, è strano questo miscuglio di solido e di liquido, non è più lo stesso, oppure mi sono sbagliato di posto, sì, è lo stesso, sempre lì, nello stesso posto, è peccato, avrei voluto perderlo, avrei voluto perdermi, vorrei perdermi come una volta, nel tempo in cui avevo fantasia, chiudere gli occhi ed essere in un bosco, o in riva al mare, o in una città dove non conosco nessuno, è notte, sono tutti rincasati, cammino per le vie, le infilo una dopo l'altra, è la città della mia giovinezza, cerco mia madre, per ucciderla, bisognava pensarci prima, prima di nascere, piove, sto bene, cammino in mezzo alla strada, ogni tanto mi fermo di colpo, adesso è finito, ho gli occhi chiusi, ci vedo come se fossero aperti, o per meglio dire, aspettate, ora lo dirò o meglio cercherò di dirlo, sono curioso di sapere cosa può essere, quello che vedo, con gli occhi aperti, gli occhi chiusi, niente, non vedo più niente, diamine, che delusione, m'aspettavo qualcosa di meglio, è questo non potermi perdere, mi rivolgo una domanda, questo non potermi più perdere, non veder niente da qualsiasi parte io sbirci, né, cieco, quella piccola creatura dai molti travestimenti che va e viene, passa dall'ombra alla luce, facendo quel che può, cercando il mezzo di rimanere fra i vivi, di passare per traverso o, rinchiuso, guardando dalla finestra il cielo sempre mutevole, è così, non potermi più perdere, non so, cos'è, che vedevo una volta, quando mi arrischiavo a dare un'occhiata, non so, non mi ricordo. Eccomi comunque provvisto d'occhi che apro e che chiudo, due, forse azzurri, pur sapendo che questo è inutile, perché adesso ho anche una testa, dove si sanno cose di tutte le specie, è di me che parlo, è possibile, ma certamente no, ecco un'altra cosa che adesso so, parlerò di me quando non parlerò più. Del resto non si tratta di parlare di me, si tratta di parlare, si tratta di non parlare più, questa lieve confusione mi sembra di buon augurio, è necessario che trovi un nome a quest'ultimo surrogato, con la sua testa da cui si vanno sgretolando povere certezze e i suoi occhi di bambola, più tardi, più tardi, prima di tutto bisogna descriverlo più a lungo, vedere di che cosa sia capace, di dove esce, è una cosa importante, dove rientra, nella sua testa, si capisce, non ricadremo nel genere picaresco, dopo aver tastato Mahood e altri Worm. Adesso sono io che mi metto a chiacchierare, gli assedianti sono andati via, sono io il padrone a bordo, dopo i topi, non mi arrampico più tra i banchi, all'ombra dei randelli, è bizzarra questa mescolanza di solido e di liquido, adesso un po' d'aria e gli elementi saranno al completo, no, mi dimenticavo del fuoco, strano inferno però, forse è il paradiso, forse è la terra, forse sono le rive d'un lago sotto terra, si respira appena, però si respira, la cosa non è certa, non si vede niente, non si sente niente, si sente il lungo bacio dell'acqua stagnante e del fango, lassù a una ventina di braccia soltanto gli uomini vanno e vengono, ci si pensa, nel lungo sogno c'è posto per coloro che sono svegli, ci si chiede quale sia la fonte di queste informazioni, si vede persino l'erba, quella dell'alba, un poco glauca di rugiada, non sono poi fra i peggiori questi miei occhi, non sono i miei, i miei sono già spenti, non piangono neppure più, s'aprono e si chiudono per la forza dell'abitudine, un quarto d'ora d'apertura, un quarto d'ora di chiusura, come quelli del gufo nella grotta ad inferriate di Battersea Park, Battersea Park, questo mi dice qualcosa, ah sì, dei funerali, ma dunque non la finirò mai di pretendere un'esistenza. No, no, nemmeno la testa, soprattutto niente testa, neppure nell'interno della sua testa va in nessun posto, ho provato. Appeso al palo, con gli occhi bendati, imbavagliato sino alla gola, si prende il fresco sotto gli olmi, citandosi Shelley, insensibile alle frecce. Sì, una testa, ma intera, un osso intero, dove si sta nascosti, come un fossile nella roccia. Dopo tutto, forse sono io. In ogni caso non potrò continuare. Ma debbo continuare. E continuo.
Aria, aria, io cerco aria nel tempo, l'aria del tempo, nello spazio, nella mia testa, è in questo modo che potrò continuare. Fa lo stesso, la voce diminuisce, è la prima volta, no, so di cosa si tratta, spesso è giunta persino a tacere completamente, e andrà ancora a finire così, tacerò, in mancanza d'aria, poi l'aria ritornerà e io ricomincerò. La mia voce. La voce.
Sì, la sento meno bene. Conosco pure questo. Sta per cessare. Non la sentirò più. Sto per tacere. Non sentire più questa voce, è quello che chiamo tacere. Vale a dire che la sentirò ancora, prestando bene ascolto. Starò bene in ascolto. E stare bene in ascolto, è questo che chiamo tacere. Pur spezzata, flebile, la sentirò sempre, inintelligibile, ascoltando molto bene. Sentirla sempre, senza sentire che cosa dice, questo io chiamo tacere. Poi si dilaterà, come una fiamma che si ravvivi, come un fuoco che si spegne, Mahood me l'ha spiegato e, dal silenzio, emergerò. Sentire troppo male per poter parlare, è questo il mio silenzio. Vale a dire che io parlo sempre, ma qualche volta troppo basso, troppo lontano da me, troppo lontano in me, per sentire, no, io sento, voglio dire per capire. Non che io non capisca mai. Essa si allontana, rientra, dietro la porta, sto per tacere, si farà il silenzio, mi porrò ad ascoltare, è peggio di parlare, peggio come pena, no, non è peggio, è lo stesso. A meno che stavolta non sia il vero silenzio, quello che non dovrò più rompere, in cui non avrò più da ascoltare, in cui potrò lasciar colare la bava nel mio angolino, la testa fuori posto, la lingua morta, quello che ho cercato di raggiungere, che ho creduto di poter raggiungere. Non ci faccio assegnamento. Sto per arrestarmi, vale a dire che sto per averne l'aria, sarà come il resto. Come se mi guardassero! Come se fossi io! Sarà lo stesso silenzio di sempre, attraversato da tristi mormorii, da affanni, da incomprensibili lamenti, da confondersi con risate, da piccoli silenzi, come di uno sepolto troppo presto. Durerà quello che durerà. Poi ricomincerò, risusciterò. Ecco che cosa avrò guadagnato a darmi tanto da fare. A meno che stavolta non sia finalmente il vero silenzio. Forse ho detto quello che bisognava dire, quello che mi dà il diritto di tacere, di non ascoltare più, di non sentire più, senza saperlo. Sto già in ascolto, taccio già un poco. La prossima volta non mi prenderò tanto disturbo, racconterò una vecchia storia di Mahood, una qualsiasi, tanto son tutte uguali, senza stancarmi, non mi occuperò più di me, saprò che qualsiasi cosa iodica il risultato sarà lo stesso, che io non tacerò mai, la pace non la otterrò mai. A meno che non tenti ancora una volta, un'ultima volta, di dire quello che devo dire, su di me, sento che è su di me, forse è questa la mia colpa, per non avere più niente da dire, più niente da sentire, prima d'essere morto. Ritorna. Ne sono contento. Presto tenterò. Tentare cosa. Non so. Di continuare. Adesso non c'è nessuno. Ecco una buona continuazione. Più nessuno, mette in imbarazzo, se avessi memoria forse saprei che quello è il segno della fine, della pausa che può essere quella buona, l'ultima, non avere più nessuno, nessuno di cui parlare, nessun che vi parli, dover dire, Sono io che mi faccio questa vita, sono io che mi parlo di me. Allora manca il respiro, è la fine che comincia, si tace, è la fine, no, non lo è, si ricomincia, si è dimenticato, c'è qualcuno, qualcuno che vi parla, di voi, di lui, poi un secondo, poi un terzo, poi ancora il secondo, poi tutti e tre insieme, queste cifre sono dette a titolo indicativo, tutti insieme, che vi parlano, di voi, di loro, non devo far altro che ascoltare, poi se ne vanno, uno alla volta, tacciono, uno alla volta, e la voce continua, non è la loro, non sono mai stati lì, non c'è mai stato nessuno, nessuno all'infuori di voi, solo voi ci siete stati, voi che parlavate di voi, il respiro manca, è quasi la fine, il respiro cessa, è proprio la fine, no, non ancora, mi sento chiamare, tutto ricomincia, le cose devono sempre svolgersi così, se avessi memoria. E almeno ci fossero delle cose, una cosa da qualche parte, un frammento di natura, un tema del quale parlare, forse ci si farebbe una ragione, una ragione di non aver più nessuno, di essere colui che parla, se ci fosse una cosa da qualche parte, della quale parlare, anche senza vederla, anche senza sapere quello che è, soltanto sentirla lì, con sé, in qualche posto, forse si avrebbe il coraggio di non tacere, no, è per tacere che occorre coraggio, perché si sarà puniti, si sarà puniti di aver taciuto, e, comunque, non si può fare altrimenti che tacere, che di esser puniti per avere taciuto, che di esser puniti d'esser stati puniti, perché si ricomincia, manca il respiro, se almeno ci fosse una cosa, ma ecco, non ce ne sono, sono loro che, andandosene, hanno portato via le cose, hanno portato via la natura, non c'è mai stato nessuno, mai stato niente, nessuno all'infuori di me, niente all'infuori di me, che mi parlavo di me stesso, impossibile fermarmi, impossibile continuare, ma io debbo continuare, dunque continuerò, senza nessuno, senza niente, all'infuori di me, della mia voce, vale a dire che sto per fermarmi, sto per finire, anzi è già la fine, la fine che comincia, che comunque non lo sarà, ma che cos'è, un foro da niente, ci si discende, è il silenzio, peggio del rumore, si sta in ascolto, è peggio ancora che parlare, no, non è peggio, è lo stesso, si aspetta, con ansia, mi hanno dimenticato, sì, no, chiamano, mi chiamano, io vengo fuori, ma che cos'è, un foro da niente, nel deserto. È la fine che è il peggio, no, è l'inizio che è il peggio, poi la metà, poi la fine, alla fine è la fine che è il peggio, questa voce che, è ogni istante il peggio, si svolge nel tempo, passano i secondi, gli uni dopo gli altri, ritmati, ma non scorre, i secondi non passano, arrivano, pan, paf, pan, paf, vi rimettono dentro, scattano di nuovo, non si muovono più, quando non si sa più cosa dire si parla del tempo, dei secondi, alcuni li aggiungono gli uni agli altri per farne una vita, io non posso, ognuno di essi è il primo, no, è il secondo, o il terzo, io ho tre secondi, e nemmeno tutti i giorni. Sono stato altrove, ho fatto dell'altro, sono stato dentro a una buca, ne esco adesso, forse ho taciuto, no, Io dico tanto per dire qualcosa, per poter continuare ancora un poco, bisogna continuare ancora un poco, bisogna continuare ancora per molto tempo, bisogna continuare per sempre, se mi ricordassi di quello che avevo detto potrei ripeterlo, se potessi imparare qualcosa a memoria sarei salvo, devo dire sempre la stessa cosa e tutte le volte è uno sforzo, i secondi devono essere uguali e sono tutti brutti, ma adesso che cosa sto mai per dire, me lo sto appunto chiedendo. Eppure ho dei ricordi, mi ricordo Worm, cioè ne ho conservato il nome, e quell'altro, come si chiama, come si chiamava, quello ch'era nella giara, mi par di vederlo, lo vedo meglio di me, so come viveva, adesso mi ricordo, soltanto io lo vedevo, ma a me nessuno mi vede, nemmeno lui, non lo vedo più, Mahood, si chiamava Mahood, non lo vedo più, non so più come vivesse, non c'è più, non c'è mai stato, nella sua giara, io non l'ho mai visto, eppure me ne ricordo, per averne parlato, devo averne parlato, ritornano le stesse parole e sono i miei ricordi. Sono io che l'ho inventato, lui e tanti altri, e i posti per i quali passavano, e quelli dove sostavano, tanto per poter parlare, dato che bisognava parlare, ma senza parlare di me, io non potevo parlare di me, non mi avevano detto che bisognava parlare di me, ho inventato i miei ricordi, senza sapere quello che facevo, e non ce n'è neppure uno sul mio conto. Sono loro che mi hanno richiesto di parlar di loro, volevano sapere come erano, come vivevano, questo mi conveniva, credevo che mi convenisse, dato che non avevo niente da dire, dato che dovevo dire qualcosa. Mi credevo libero di dire qualsiasi cosa, dal momento che non tacevo. Poi mi dicevo che dopo tutto non era necessariamente qualsiasi cosa, quello che dicevo, che poteva benissimo essere la cosa che si pretendeva da me, dato che da me si pretendesse qualcosa. No, io non credevo, né mi dicevo niente, facevo quello che potevo, una cosa al disopra delle mie forze, e spesso non potendone più non la facevo più, e ciò nonostante continuava a farsi, la voce a farsi sentire, quella che non poteva essere la mia, perché io non avevo più voce, e che tuttavia doveva esserlo, perché io non potevo tacere, ed ero solo, fuori dalla portata di qualsiasi voce. Sì, nella mia vita, dato che così bisogna chiamarla, tre cose ci furono, l'impossibilità di parlare, l'impossibilità di tacere, e la solitudine, fisica, s'intende, con tutto ciò io me la sono cavata. Sì, adesso posso parlare della mia vita, sono troppo stanco per essere delicato, ma non so se sono stato in vita, non ho proprio alcuna opinione in proposito. Comunque sia, credo che presto tacerò completamente, nonostante il divieto che me ne è fatto. Allora, sì, in tal modo, proprio come un essere vivo, io sarò morto, presto sarò morto, e spero che questo mi cambierà. Avrei voluto tacere prima, a tratti credevo che sarebbe quella la mia ricompensa per avere parlato così strenuamente, di entrare nel silenzio ancora da vivo, per poterne godere, no, non so perché, per sentirmi tacere, insieme con quell'aria che io solo agito da sempre, no, non è vera aria, non posso dirlo, non posso dire perché, avrei voluto tacere prima d'essere morto, per essere finalmente un pochino quello che essendo sempre stato non son mai potuto essere, senza timore del peggio ancora tranquillamente lì dove essendo sempre stato non ho mai potuto riposare, no, non so, è più semplice, io volevo me stesso, volevo il mio paese, volevo me nel mio paese, un momento appena, non volevo morire come uno straniero, fra uno straniero, come uno straniero in casa mia, in mezzo ad invasori, no, io non so quello che volevo, non so quello che credevo, devo aver voluto tante cose, immaginare tante pazzie, pur parlando, senza sapere precisamente che cosa, sino a diventarne cieco, di desideri e di visioni, che si fondono gli uni nelle altre, avrei fatto meglio a porre attenzione a quello che dicevo. E poi tutto questo non si svolgeva in un modo qualunque, si svolgeva come si svolge in questo momento, ossia, non so, non bisogna credere in quello che dico, io non so quello che dico, faccio come ho sempre fatto, continuo come posso. Quanto a credere che io presto tacerò completamente, non lo credo in modo particolare, l'ho sempre creduto, come ho sempre creduto che non tacerò mai, non si può chiamare questo credere, sono i miei muri. Ma non c'è davvero niente di cambiato, da prima? Se, invece di dover parlare, avessi qualcosa da fare, con le mani, o coi piedi, per esempio un lavoro di scelta, o magari soltanto di sistemazione, dato che dovessi spostare qualcosa, saprei qualcosa di più, no, non necessariamente, lo vedo di qui, farebbero in modo che non potessi sospettare che i due recipienti, quello da vuotare e quello da riempire, siano in sostanza uno solo, sarebbe dell'acqua, dell'acqua, con il mio ditale andrei ad attingerla in un serbatoio e la verserei in un altro, ovvero ce ne sono quattro, o cento, una metà dei quali è da svuotare, l'altra metà da riempire, e sono numerati, quelli pari da svuotare, quelli dispari da riempire, no, sarebbe più complicato, sarebbe meno simmetrico, poco importa, da vuotare, da riempire, in un modo determinato, in un certo ordine, secondo determinate corrispondenze, perché io sia costretto a pensare, a serbatoi comunicanti, collegati mediante tubi nascosti sotto il pavimento, lo vedo di qui, che denunciano sempre lo stesso livello, no, le cose non procederebbero, non ci sarebbe speranza, loro farebbero in modo che potessi avere qualche impulso a sperare, sì, sì, speranza, non calma, ma io sono, stavo per dire che sono calmo, sì, loro farebbero in modo, con tubi e rubinetti, lo vedo bene di qui, perché pensassi a cose, di tanto in tanto, se dovessi far quello, invece di questo, il piccolo lavoro di travaso, sarebbe lo stesso vaso, lo farei bene, starei meglio di quanto non stia, no, non mi voglio lamentare, avrei un corpo, non avrei da dire niente, sentire i miei passi, quasi continuamente, e il rumore dell'acqua, e il gemito dell'aria presa fra i tubi, non capisco, avrei dei momenti di zelo, mi direi, Più farò in fretta e più presto sarà fatto, che cosa bisogna sentire, sarebbe quella la speranza, non sarebbe scuro, impossibile compiere un simile lavoro al buio, dipende, sì, veramente non vedo finestre, non di qui, mentre, di qui, questo non ha importanza, che io non veda finestre, non devo andare e venire, per fortuna, ne sarei incapace, e non saprei neppure essere accorto, perché l'acqua beninteso avrebbe un gran valore, e la minima goccia persa cammin facendo o nel momento di attingerla, o nel momento di berla, mi farebbe un gran torto, e come si fa nell'oscurità a sapere se una goccia, ma cos'è mai questa storia, è una storia, ed ecco che ho narrato un'altra storiella, su di me, sulla vita che avrebbe potuto essere la mia senza che ci fosse nulla di mutato, che forse lo fu, io forse sono passato di lì prima d'aver meritato di passare di qui, chissà verso quale alto destino io procedo, a meno che io ne faccia ritorno. Ma ancora una volta deve trattarsi d'un altro, lo vedo così bene, mentre va e viene fra le sue botti, impedendo alla sua mano di tremare, lasciando andare il suo ditale, ascoltandolo mentre rimbalza e scorre, facendo andare la gamba avanti e indietro, mettendosi in ginocchio, mettendosi bocconi, arrampicandosi, e qui finisce, devo essere stato io, ma io non mi sono mai visto, dunque non sono io, non ne so niente, come faccio a riconoscermi, dato che non mi sono mai incontrato, qui finisce, un punto e basta, non lo vedo più, non lo vedrò più, sì, adesso è lì, con gli altri, non li nominerò, si dice, questo, si dice tutto, gli uni fanno questo, gli altri fanno quello, lui fa come ho detto, non mi ricordo più, ritornerà, a tenermi compagnia, solamente i malvagi sono soli, lo rivedrò, sarà lui ad averlo voluto, ha voluto sapere come era, come viveva, oppure non ritornerà più, delle due l'una, non tutti ritornano, voglio dire che ce ne devono essere di quelli visti una volta sola, almeno sinora, giustissimo, non siamo che all'inizio, la fine la sento vicina e l'inizio anche, a ciascuno la propria orbita, la cosa è evidente. Ma, e qui torno alla carica, non c'è davvero niente di cambiato, con tutto il tempo ch'è trascorso, adesso parlo di me, sì d'ora in poi non parlerò più che di me, è stabilito, salvo a non riuscirci, non c'è alcuna ragione che io ci riesca, posso dunque mettermici. Niente di cambiato. Comunque devo invecchiare, bah, sono sempre stato vecchio, sempre sul punto d'invecchiare, e poi l'invecchiare non cambia niente, senza contare che non si tratta di me, accidenti, mi sono tagliato, non importa. Dal momento che non si sa di che cosa si parla e che non ci si può fermare per riflettervi, a testa riposata, per fortuna, per fortuna, certo farebbe piacere fermarsi, dal momento, dico, dal momento che, vediamo un poco, dal momento che sì, dal momento che lui, ah, lasciamo stare tutto questo, dal momento che questo, dal momento che quello, d'accordo, non parliamone più, ho dovuto desistere. A me, a me, se potessi descrivere questo posto, io che riesco così bene nelle descrizioni dei posti, dei muri, dei soffitti, dei pavimenti, me ne intendo io, delle porte, delle finestre, cosa mai son riuscito a immaginare come finestre in tanto tempo, ce n'erano che si aprivano sul mare, non si vedeva che mare e cielo, se mi potessi mettere in una stanza, sarebbe finita con la caccia alle parole, anche senza porta, anche senza finestra, solo le quattro pareti, o le sei pareti, se mi potessi rinchiudere, sarebbe una miniera, potrebbe essere scuro, io potrei essere fermo, me la caverei, per esplorarla, ascolterei l'eco, la conoscerei, me ne ricorderei, me l'immaginerei, sarei a casa mia, direi com'è, da me, invece di dire una cosa qualunque, com'è, quel posto, se potessi descriverlo, dipingerlo, ho tentato, non sento alcun posto, alcun posto intorno a me, non trovo alcun ostacolo, non so cosa sia, non è della carne, qualcosa che non trattiene, è come dell'aria, ci siamo, questa volta sono io, si dice così, ma non durerà, come del gas, che sciocchezze, il posto, il posto, dopo ci penseremo, il posto prima di tutto, dopo mi orienterò, m'introdurrò, ben solido, nel mezzo, o in un angolo, ben sostenuto su tre pareti, il posto, se almeno potessi sentirmi un posto, ho tentato, tenterò ancora, qui non è mai stato il mio, questo mare sotto la mia finestra, più in alto della mia finestra, e il canotto, non te lo ricordi il canotto, e il fiume, e la baia, lo sapevo che avevo dei ricordi, peccato che non li abbia qui con me, e le stelle, e i fanali, e le lampade delle boe, e la montagna in fiamme, era in nell'epoca in cui non mi rifiutavo niente, gli altri se ne approfittavano, morivano come mosche, o la foresta, io non ho essenzialmente bisogno d'un tetto, d'un interno, se mi potessi immaginare in una foresta, cacciato dentro un bosco, oppure girando intorno, sarebbero finite le mie tiritere, descriverei le foglie, ad una ad una, al momento in cui germogliano, al momento dell'ombra, al momento in cui cadono, al momento dell'humus, sono momenti buoni, per chi non deve dire, Ma non sono io, non sono io, dove sono, che cosa faccio, durante questo tempo, come se questo avesse importanza, ma ecco, fa venire un brivido di freddo, sentirsi così lontani, il cuore non c'è più, il cuore che c'era, in mezzo ai rovi, cullato dall'ombra, si prova il mare, si prova la città, ci si cerca in montagna ed in pianura, che cosa volete, si desidera, si desidera essere nel proprio angolo, non è l'amore, non è la curiosità, si è inquieti, è la stanchezza, ci si vuol fermare, non viaggiare più, non cercare più, non mentire più, non parlare più, chiudere gli occhi, ma i propri occhi, mettersi la mano sopra che cosa, e dopo le cose non si trascineranno più per le lunghe. Rilevo che gli altri sono completamente scomparsi. È una cosa ambigua. Del resto non osservo niente, continuo come posso, se questo assume un significato io non ne ho colpa, sono passato di qui, questo è passato davanti a me, migliaia di volte, è il suo turno, se ne andrà e sarà tutt'altra cosa, un altro istante del mio vecchio istante, eccolo, quell'antico significato che io mi attribuirò, che non potrò attribuirmi, c'è un dio per i dannati come nel primo giorno, è oggi il primo giorno, comincia, lo conosco bene, me ne ricorderò a poco a poco, io vi nascerò mentr'esso si va dipanando, nascite senza scopo, e giungerò a notte senz'essere stato. Guarda un poco quel rosa di Tunisi, è l'aurora. Se mi potessi rinchiudere, sto per andarmi a rinchiudere, non sarò io, farò presto un posto, ma non sarà il mio, è una ragione, forse?, non mi sento alcun posto, forse verrà, lo farò mio, mi ci metterò, ci metterò qualcuno, mi metterò nel suo interno e dirò che sono io, forse mi terrà, può anche darsi che il posto tenga tutti e due, l'uno dentro l'altro, lui tutto intorno, sarà finito, non avrò più da muovermi, chiuderò gli occhi, non avrò più che da parlare, sarà facile, avrò delle cose da dire, parlerò di me, della mia vita, riuscire a farla bella, saprò chi parla, su che cosa, saprò dove sono, forse potrò tacere, forse non aspettano che questo, eccolo di nuovo, che io giunga a casa mia, per graziarmi, è di mentire che non vogliono smettere, chiuderò gli occhi, chiuderò la bocca, finalmente starò bene, stamattina è così. Questo chiamo mattino, sì, si tratta di questo, tergiversa ancora un po', non dispongo di molte parole, non ho molta scelta, non scelgo, la parola è venuta, avrei dovuto evitare questa macchia chiara, è l'alba, ma tutto procede in fretta, lo conosco, questo chiamo alba, se la vedeste. Eccomi scatenato, non si direbbe, forse è l'ultima mia galoppata, ho sempre sentito la scuderia, sono io che sento la scuderia, non c'è altra scuderia all'infuori di me, per me. No, non lo farò — che cosa, non farò? — come se dipendesse da me, non cercherò più la mia dimora, non so che cosa farò sarebbe già occupata, vi sarebbe già qualcuno, qualcuno di molto giù, non vorrebbe saperne di me, lo capisco, lo disturberei, adesso che cosa potrò dire, sto per chiedermelo, mi farò delle domande, è un buon tappabuchi, non già che io corra il rischio di tacere, allora perché tante storie, proprio così, delle domande, ne conosco a milioni, debbo conoscerne, e poi ci sono i progetti, in mancanza di domande ci sono i progetti, dire quello che si sta per dire e quello che non si sta per dire, questo non impegna a niente e il brutto momento passa, cade morto stecchito, tutt'a un tratto lo si sente che sta parlando d'una cosa qualunque come se non avesse mai fatto altro, e infatti, mai parlato d'altro, si viene di lontano, è lì dove bisognerebbe essere, è lì dove si è, lontano di qui, lontano da tutto, se potessi andarci, se lo potessi descrivere, io, che riesco tanto bene nella topografia, è proprio così, delle aspirazioni, in mancanza di progetti ci sono le aspirazioni, è una malizia da adottare, bisogna parlare adagio, Se almeno io lo potessi, questo vi lascia del tempo, è proprio il diavolo se non v'instilla un'invidiuzza nella trachea, non resta che far mostra di volerla appagare, può condurre lontano, su strade battute a gradimento, ci si incontra spesso, se almeno lo si sapesse, proprio così, delle aspirazioni, ci si volge indietro, l'altro pure, lo si rimpiange, lui rimpiange voi, la cosa è profondamente tragica, ed è sempre meglio che non ridere. Ma c'è di più, giudizi, similitudini, sono sempre meglio che non ridere, tutto serve, non può che servire, a superare il momento critico, ma che cosa si deve mai sentire, quale momento critico, non sono io che parlo, sono io che sento, tiriamo avanti, facciamo come se fossi solo al mondo, mentre ne sono l'unico assente, oppure con altri, che cosa può mai cambiare, altri presenti, altri assenti, non sono costretti a farsi vedere, non c'è che errare e lasciare errare, di parola in parola, non c'è che essere quel lento turbine illimitato e ognuno dei suoi grani di polvere, è impossibile. Qualcuno parla, qualcuno sente, non c'è bisogno d'andare più lontano, non è lui, sono io, od un altro, oppure altri, che cosa importa, la causa è nota, non è lui, quello che io conosco, è l'unica cosa che so, quello che non posso neppure dire a me stesso, io non posso dir niente, ho provato, provo, lui non sa nulla, non conosce nulla, né quello che significa parlare, né quello che significa sentire, né di non saper nulla, non potere nulla, e di dover provare, non si prova più, non c'è bisogno di provare, le cose camminano da sole, tutto si trascina da solo, una parola dopo l'altra, gira tutto con sforzo, si è da qualche parte lì dentro, dappertutto, lui no, se io potessi dimenticarlo, avere un secondo, un secondo soltanto di quel rumore che mi porta via, senza dover dire, io non lo dico, non ne ho il tempo, non sono io, sono lui, in fondo, perché no, perché non dirlo, devo averlo detto, tanto vale questa come un'altra cosa, non sono io, non sono io, io non posso, è venuto così, viene sempre così, non sono io, se questo potesse parlare di lui, se potesse essergli attribuito, io lo sconfesserei, se ciò potesse giovare, se qualcuno mi potesse sentire, sono io, qui sono io, parlatemi di lui, lasciatemi parlare di lui, io non ho mai chiesto niente, fatemi parlare di lui, che razza di miscuglio, non c'è più nessuno, purché duri. Ecco dove va a finire la cosa alla sola sopravvivenza di ciò, poi le parole ritornano, qualcuno dice io, senza pensarlo. Se io potessi fare uno sforzo, uno sforzo d'attenzione, per cercar di sapere quello che succede, quello che mi capita, che cosa insomma, ho dimenticato l'apodosi, ma io non posso, non sento neppur più, io dormo, loro lo chiamano dormire, eccoli di nuovo, bisognerà ricominciare ad ucciderli, sento quell'orribile rumore, tornare indietro è lungo, non so di dove, c'ero quasi arrivato, ho quasi dormito, lo chiamo dormire, questo, non ci sono che io, non c'è mai stato nessun altro all'infuori di me, voglio dire qui, altrove non dico, altrove non sono stato mai, il mio solo altrove è qui, sono io che faccio questa cosa e sono io che la subisco, non è possibile altrimenti, non è possibile così, non è colpa mia, tutto quello che posso dire è che non è colpa mia, non è colpa di nessuno, dato che non c'è nessuno non può esser colpa di nessuno, dato che ci sono io solo non può esser colpa mia, talvolta si direbbe che io ragiono, certo che io lo voglio, devono avermi insegnato a ragionare, devono avere cominciato ad insegnarmelo, prima di abbandonarmi, quel periodo io non me lo ricordo, ma dev'essermene rimasto qualcosa, non mi rammento d'esser stato abbandonato, forse ho ricevuto un colpo. Strano, queste frasi che muoiono non si sa perché, strano, che cosa c'è di strano, tutto è strano quando ci si pensa, no, è il pensarci che è strano, devo ritenere che sono abituato, io non posso ritenere niente, devo solo continuare, ed è quello che faccio, lascio agli altri le ipotesi, devono esserci degli altri in altri altrove, ognuno nel suo piccolo altrove, questa parola che ritorna, ciascuno dicendosi, quando il momento viene, il momento di dirlo, Agli altri le ipotesi, e così di seguito, così di seguito, agli altri questo, agli altri quello, se ce n'è, ciò consente di continuare, checché si dica consente di continuare, serve a tirare avanti, io credo nel progresso, so anche credere, devono anche avermi insegnato a credere. No, nessuno m'ha insegnato nulla, io non ho mai imparato nulla, sono sempre stato qui, qui non c'è mai stato altri all'infuori di me, mai, sempre, io, nessuno, vecchio fango da rimescolare eternamente, adesso è fango, poco fa era polvere, deve essere piovuto. Colui che parla, ha dovuto viaggiare, ha dovuto vedere, uomini, cose, dev'esser stato lassù, sotto la luce, oppure gli hanno raccontato delle storie, viaggiatori lo hanno trovato, questo mi giustifica, chi dice, Questo mi giustifica, lui, è lui che lo dice, oppure sono loro che lo dicono, sì, loro, sono loro che ragionano, loro che credono, no, uno solo, quello che è vissuto, o che ha visto gente ch'è vissuta, è lui che parla di me, come se io fossi lui, come se non fossi lui, tutti e due, e come se fossi altri, uno dopo l'altro, è di lui che si tratta, io sono lontano, capite, lui dice che sono lontano, come se fossi lui, no, come se non fossi lui, perché lui non è lontano, lui è qui, è lui che parla, dice che sono io, poi dice di no, io sono lontano, voi lo sentite, mi cerca, non so perché, e lui, non si sa perché mi chiama, vuole che io esca, crede che possa uscire, vuole che sia lui, o un altro, siamo giusti, vuole che io salga, che salga dentro di lui, o dentro un altro, lui crede che la cosa sia già avvenuta, mi sente dentro di sé, allora dico io, come se io fossi lui, o dentro un altro, e allora dice Murphy, o Molloy, non so più, come se io fossi Malone, ma per gli altri è finita, non vuole più che se stesso, per me, crede che sia l'ultima sua possibilità, crede questo, gli hanno insegnato a credere, questo, quello, è sempre lui che parla, Mercier non ha mai parlato, Moran non ha mai parlato, io non ho mai parlato, ho l'aria di parlare, è perché lui dice io come se fosse me, ed io invece son lontano, non posso muovermi, non posso esser trovato, e lui nemmeno, non può che parlare, se pure, forse non è lui, forse è tutta una banda, uno dopo l'altro, com'è confuso tutto ciò, qualcuno parla di confusione, è forse una colpa, tutto qui è colpa, non si sa perché, non si sa di chi, non si sa verso chi, qualcuno dice «si», è colpa dei pronomi, non c'è nome per me, non c'è pronome per me, tutto deriva di lì, si dice così, è una specie di pronome, no, non è neanche questo, e neppure io sono questo, lasciamo stare, dimentichiamo tutto ciò, non è poi difficile, si tratta di qualcuno o si tratta di qualcosa, ecco finalmente, che non è lì, che è lontano, o che non è in nessun posto, o che è lì, qui, perché no, dopo tutto, si tratta di parlarne, è così, non si può, nessuno ne può parlare, si parla di sé, qualcuno parla di sé, è così, al singolare, uno solo, quello preposto, lui, io, poco importa, il preposto parla di sé, non è così, di altri, neppure, non ne sa nulla, come farebbe a saperlo, se ne ha parlato o meno, parlando degli altri, parlando delle cose, quali altri, quali cose, il preposto, parlando di sé, sono io, parlando di me, come si fa a pensare, io non posso sapere, se ho parlato di lui, debbo parlare di lui, non posso parlare che di me, neppure, io non posso parlare di niente eppure io parlo, forse è lui, non lo saprò mai, come farei a saperlo, chi lo potrebbe mai sapere, chi, sapendolo, me lo potrebbe dire, io non so di chi si tratti, è tutto quello che so, no, io devo sapere dell'altro, devono avermene insegnate di cose, si tratta di lui che non sa niente, non vuole niente, non può niente, se non volendo niente si può non poter niente, chi non può né parlare né sentire, chi sono io, chi non può esser me, di cui non posso parlare, di cui debbo parlare, tutte queste non sono che ipotesi, io non ho detto niente, qualcuno non ha detto niente, non si tratta di fare ipotesi, si tratta di continuare, e tutto ciò continua, le ipotesi sono come il resto, servono a continuare, come se ci fosse bisogno d'aiuto, è così, all'impersonale, come se ci fosse bisogno d'aiuto per continuare una cosa che non può fermarsi, eppure sì, si fermerà, la sentite, vero, la voce dice che un giorno tutto si fermerà, dice che non si fermerà mai e dice che si fermerà, io non ho opinioni in proposito, e con che cosa avrei un'opinione, con la mia bocca forse, se è la mia, io non mi sento una bocca, questo non significa nulla, se potessi sentirmi una bocca, se potessi sentirmi qualcosa, mi ci proverò, se posso, so che non sono io, è tutto quello che so, dice io pur sapendo che non sono io, io sono lontano, è tutto quello che so, lontano, che cosa vuol dire lontano, non c'è bisogno d'essere lontano, forse è qui tra le mie braccia, le mie braccia, io non mi sento le braccia, se potessi sentirmi qualcosa sarebbe un punto di partenza, un punto di partenza, ah, se sapessi ridere, lo so quello che è, devono avermi detto quello che è, ma io non lo so fare, non devono avermi mostrato come si fa, dev'essere una cosa che non s'impara. Il silenzio, una parola sul silenzio, sotto il silenzio, questo è il peggio, parlare del silenzio, poi rinchiudermi, rinchiudere qualcuno, vale a dire, cosa c'è da dire, calma, io sono calmo, io sono rinchiuso, sono dentro qualcosa, non sono io, è tutto quello che so, lasciamo stare, vale a dire, creare un posto, un piccolo mondo, creare un piccolo mondo, sarà rotondo, questa volta sarà rotondo, non è certo, col soffitto basso, con muri spessi, perché basso, perché spessi, non lo so, non è ancor certo, è ancor da vedere, tutto è ancora da vedere, un piccolo mondo, cercare com'è, cercare d'indovinare, metterci qualcuno, cercarvi qualcuno, e com'è, e come fa, non sarò io, non fa niente, forse sarò io, sarà forse il mio mondo, coincidenza possibile, non ci saranno finestre, le finestre son finite, il mare m'ha respinto, il cielo non mi ha visto, io non c'ero, e l'aria, l'estate, la sera, pesavano sulle palpebre, occorrono delle palpebre, sono necessari dei globi oculari, devono avermelo spiegato, qualcuno deve avermi spiegato, come è l'occhio, alla finestra, di fronte al mare, davanti alla terra, davanti al cielo, alla finestra, contro l'aria, l'estate, la sera, che si apre, si chiude, grigio, nero, grigio, nero, devo aver capito, devo aver voluto, voluto l'occhio, per me, devo aver provato, ho provato, tutte le cose che m'hanno raccontato, tutte le cose che ho tentato, mi servono ancora, ne passano ancora, quando ci penso, anche questo, bisogna pensare ancora, pensare ancora i vecchi pensieri, questo lo chiamano pensare, sono delle visioni, dei resti di visioni, non si vede che questo, alcune vecchie immagini, una finestra, che bisogno avevano di mostrarmi una finestra, dicendomi, non so, non mi rammento, questo non viene, una finestra, dicendomi, Ce ne sono altre, ce ne sono di più belle, e il resto, dei muri, del cielo, degli uomini, come Mahood, un poco di natura, è troppo lungo il ripetere, troppo dimenticato, troppo poco dimenticato, era poi necessario, ma tutto s'è svolto così, chi ha potuto venire qui, il diavolo forse, io non vedo che altri, è lui che m'ha mostrato tutto, qui, nell'oscurità, e in che modo parlare, e cosa dire, e un po' di natura, e alcuni nomi, e l'aspetto esteriore degli uomini, quelli a mia immagine, ai quali potevo rassomigliare, e il loro modo di vivere, in camere, in rimesse, in grotte, nei boschi, o andando e venendo, non so più, e chi m'ha lasciato, sapendomi tentato, sapendomi perduto, che io cedessi o meno, ho ceduto o non ho ceduto, non lo so, non sono più io, è tutto quello che so, da allora non sono più io, da allora non c'è più nessuno, ho dovuto soccombere. Tutte queste non sono che ipotesi, aiutano a progredire, io credo nel progresso, credo nel silenzio, ah sì, qualche parola sul silenzio, poi il piccolo mondo, e basterà, per l'eternità, si direbbe che sia io, io che parlo, io che sento, io che faccio dei progetti, per il momento, per l'eternità, mentre io sono lontano, o fra le mie braccia in qualche posto, o di fianco a qualche posto, dietro i muri, qualche parola sul silenzio, poi una sola cosa, un solo spazio e qualcuno dentro, qualcosa dentro, forse, sino alla fine, io ci credo, è già sera, questa la chiamo sera, ci credo stasera, ne hanno dato l'annuncio, si annuncia e poi si rinuncia, è così, serve per tirare avanti, fa venire la fine, le sere in cui c'è una fine, parlo della sera, qualcuno parla della sera, forse è ancora il mattino, forse è ancora notte, forse la notte non è finita, non ho opinioni in proposito. Si amano, si sposano, per amarsi meglio, più comodamente, lui va in guerra, muore in guerra, lei piange, di emozione, per averlo amato, per averlo perduto, hop, si risposa, per amare ancora, più comodamente ancora, si amano, si amano quante volte occorre, quante volte occorre per esser felici, lui torna, l'altro ritorna, non è morto in guerra, lei va in stazione, lui muore in treno, d'emozione, all'idea di rivederla, lei piange, piange ancora, e sempre per l'emozione, di averlo perduto un'altra volta, hop, ritorna in casa, è morto, l'altro è morto, la suocera lo stacca, lui s'era impiccato, per l'emozione, all'idea di perderla, lei piange, piange più forte, di emozione, per averlo amato, per averlo perduto, ecco una storia interessante, era perché io sapessi che cos'è l'emozione, questa si chiama emozione, che cosa può mai l'emozione, se concorrano circostanze favorevoli, che cosa può mai l'amore, allora è questa l'emozione, cosa sono mai i treni, il senso della marcia, i capitreni, le stazioni, le banchine, la guerra, l'amore, le grida strazianti, dev'essere la suocera, lei emette grida strazianti, mentre distacca suo figlio, o suo genero, non so bene, dev'essere suo figlio, giacché grida, e la porta, la porta di casa è chiusa, quando ritorna dalla stazione trova la porta chiusa, e chi l'ha chiusa, l'ha chiusa lui per meglio impiccarsi, o la suocera, per meglio distaccarlo, o per impedire alla nuora di rientrare in casa, bellissima storia anche questa, dev'essere la nuora, non sono il genero e la figlia, ma il figlio e la nuora, come ragiono bene stasera, era per insegnarmi a ragionare, era per indurmi ad andarci, lì dove si può finire, devo essere stato un buon allievo, sino a un certo punto, non ho potuto superare un certo punto, capisco che me ne abbiano serbato rancore, questa sera comincio a capire, non è brutto, non sono io, non ero io, la porta, è la porta che m'interessa, è di legno, chi ha chiuso la porta, e per quale motivo, non lo saprò mai, ancora un'altra storiella, ma le credevo tutte finite, tutte dimenticate, forse è nuova, recentissima, è il ritorno al mondo fiabesco, no, soltanto un richiamo, perché io rimpianga quello che ho perduto, perché voglia essere di nuovo in quel luogo dal quale sono stato bandito, disgraziatamente non mi rammento niente. Il silenzio, parlare del silenzio, prima di rientrarci, io ci son già stato, non so, tutti i momenti ci sono immerso, tutti i momenti ne esco, ecco che ne parlo, sapevo che sarebbe venuto il suo tempo, ne esco per parlare, ci son dentro pur parlandone, se sono io, che parlo, e se non sono io, faccio come se fossi io, faccio spesso come se fossi io, ma a lungo, ci sono stato lungamente, un lungo soggiorno, io non capisco niente in merito alla durata, non posso parlarne, ma ne parlo, dico mai e sempre, parlo delle stagioni e delle parti del giorno e della notte, la notte non ha parti, è perché si dorme, le stagioni devono assomigliarsi tutte, forse in questo momento è primavera, sono parole che mi hanno insegnato, senza farmene veder bene il senso, è in questo modo che ho imparato a ragionare, io le adopero tutte, tutte le parole che m'hanno mostrato, erano delle liste, ah che strano calore tutt'a un tratto, erano divise per liste, con immagini di fronte, devo averne dimenticate, devo averle mescolate insieme, quelle immagini senza nome che reco in me, quei nomi senza immagini, quelle finestre che forse farei meglio a chiamare porte, comunque in altro modo, e quella parola uomo che non è forse quella giusta per quello che vedo sentendolo, ma un istante, un'ora, e via di seguito, come rappresentarle, una vita, come riuscire a farmi veder questo, qui, nel nero, io lo chiamo nero, forse è azzurro, sono delle parole a caso, ma io me ne servo, vengono tutte da sole, tutte quelle che m'hanno fatto vedere, tutte quelle di cui mi ricordo, tutte m'occorrono, per poter continuare, non è vero, venti basterebbero, fedelissime, bene armonizzate, molto variate, la tavolozza ci sarebbe, le mescolerei, le disporrei con molta varietà, la gamma ci sarebbe, tutte le cose che farei, se potessi, se volessi, del resto tutto ciò succede a suo tempo, è così che finirà, con grida laceranti, mormorii inarticolati, da inventare, man mano, da improvvisare, pur continuando a gemere, io riderò, è così che le cose finiranno, con dei suoni così gluglu, ahi, ah, pah, comincio già ad esercitarmi, nyam, hu, prof, pss, è soltanto emozione, pan, paf, i colpi, na, toc, cosa c'è ancora, aah, ooh, questo è l'amore, basta, stanca, hi, hi, queste sono le costole, di Democrito, no, di quell'altro, in fine dei conti, è la fine, la fine del conto, è il silenzio, qualche gluglu sul silenzio, il vero silenzio, non quello in cui macero, sino alla bocca, sino all'orecchio, che mi ricopre, che mi scopre, che respira con me, come un gatto col topo, il vero, quello degli annegati, io mi sono annegato, parecchie volte, non ero io, io mi sono asfissiato, mi sono appiccato il fuoco, mi sono picchiato sulla testa con del legno e del ferro, non ero io, non c'era nessuna testa, non c'era del ferro, io non mi sono fatto nulla, io non ho fatto niente a nessuno, nessuno ha fatto niente a me, non c'è nessuno, non c'è neanche il legno, ho cercato, ci sono io soltanto, nemmeno, nemmeno io, ho cercato dappertutto, dev'esserci qualcuno, questa voce deve appartenere a qualcuno, desidero che sia proprio così, io desidero tutto quello che essa vuole, io sono lei, l'ho detto, essa lo dice, di tanto in tanto lo dice, poi dice di no, va bene anche questo, io voglio che taccia, lei vuole tacere, non può, tace per un momento, poi riprende, non è il vero silenzio, lei dice che non è il vero silenzio, che cosa dire del vero silenzio, io non so, che non lo conosco, che non ce n'è, che forse ce n'è, sì, che forse ce n'è, in qualche posto, non lo saprò mai. Ma quando s'affievolisce e quando si ferma, ma si affievolisce tutti i momenti, si ferma tutti i momenti, sì, ma quando si ferma un poco più a lungo, un buon momento, che cos'è un buon momento, ci sono dei mormorii, devono esserci dei mormorii, e si ascolta, c'è qualcuno che ascolta, non c'è bisogno d'un orecchio, non c'è bisogno d'una bocca, la voce che s'ascolta, come quando parla, che s'ascolta a far silenzio, questo fa un mormorio, questo fa una voce, una piccola voce, la stessa piccola voce, rimane in gola, ecco di nuovo la gola, ecco di nuovo la bocca, riempie l'orecchio, poi io vomito, qualcuno vomita, qualcuno riprende a vomitare, dev'essere proprio così, non ho nessuna spiegazione da dare, né da chiedere, la virgola verrà quando io mi annegherò sul serio, sarà il silenzio, io ci credo stasera, ancora sera, quanto dura, a me piace, forse è primavera, le violette, no questo è l'autunno, ogni cosa a suo tempo, le cose che passano, le cose che finiscono, non hanno saputo spiegarmi, le cose che si muovono, se ne vanno, ritornano, una luce che cambia, non hanno saputo farmela vedere, e con questo la morte, una voce che muore, è pur bella, e finalmente il silenzio, neppure un mormorio, aria niente, nessuno che ascolta, niente per la mia dannata faccia, va bene, andiamo avanti. Prigione enorme, come centomila cattedrali, mai più niente altro, d'ora in poi, e lì dentro, in qualche posto, forse, come saldato, infimo, il detenuto, come fare per trovarlo, come è finto questo spazio, c'è subito della finzione, volervi annodare dei rapporti, volerci mettere un essere, basterebbe una cella, se io abbandonassi, se potessi abbandonare, prima di cominciare, prima di ricominciare, che affanno, è così, delle esclamazioni, serve per proseguire, ritarda la scadenza, no, è il contrario invece, non so, ripartire, in questa immensità, in questa oscurità, fare i movimenti di uno che riparta, mentre non si può camminare, mentre non si è mai andati via, fare i movimenti, quali movimenti, non ci si può muovere, si fa sentire, alta, la voce, si perde fra le volte, volte le chiama, e forse è il firmamento, forse è l'abisso, sono parole, parla d'una prigione, dopo tutto mi piace, che sia grande abbastanza per tutto un popolo, per me soltanto, o chi mi aspetta, ora ci vado, voglio provare ad andarci, se non fossi solo, se ci fosse tutto un popolo, e questa voce la sua, che m'arriva così, tutta a frammenti, noi avremmo vissuto, saremmo stati liberi un momento, adesso noi ne parliamo, ognuno per sé, ognuno davanti a sé, e noi ascoltiamo, tutto un popolo, che parla ed ascolta, nello stesso tempo, no, io sono solo, forse il primo, o forse l'ultimo, solo a parlare, solo ad ascoltare, solo ad essere solo, gli altri sono andati via, sono come andati via, hanno taciuto, taciuto nel parlare, taciuto nell'ascoltare, l'uno dopo l'altro, man mano che seguivano gli arrivi verrà un altro, io non sarò più l'ultimo, io sarò con gli altri, sarò come andato via, nel silenzio, non sarò io, non sono io, non ci sono ancora, sto per andarci, tento di andarci, non vale la pena di tentare, aspetto il mio turno, il mio turno per andarci, il mio turno per parlarci, il mio turno di ascoltarvi, il mio turno di star lì per aspettare il mio turno di andar via, d'essere come andato via, è lungo, sarà lungo, andato dove, vattene di lì, ma dove, si deve andare altrove, aspettare altrove, aspettare il proprio turno di andare ancora via, e così di seguito, uno dopo l'altro, tutto un popolo, od io solo, non c'è bisogno d'altri, e così di seguito, io completamente solo, e tornare qui, e ricominciare, no, continuare; è un circuito, un lungo circuito, lo conosco bene, devo conoscerlo, non è vero, non posso muovermi, non mi sono mai mosso, lancio la mia voce, sento una voce, c'è soltanto qui, non ci sono due posti, non ci sono due prigioni, è il mio parlatorio, io non mi ci aspetto nulla, non so dov'è, non so com'è fatto, non me ne devo occupare, non so se è grande, o se è piccolo, se è chiuso, se è aperto, è così, ripeti, serve a continuare, aperto a che cosa, non c'è che lui, aperto al vuoto, aperto al nulla, mi piace così, sono solo parole, aperto al silenzio, che dà sul silenzio, in modo naturale, perché no, tutto questo tempo, sui limiti del silenzio, lo sapevo, su una roccia, legato su di una roccia, in mezzo al silenzio, e la sua grande ondata s'alza verso di me, ne sono tutto investito, è un'immagine, sono delle parole, è un corpo, non sono io, lo sapevo che non sarei io, non sono fuori, sono dentro, in qualche cosa, sono rinchiuso, il silenzio è fuori, fuori, dentro, e non c'è che qui, e il silenzio fuori, che questa voce, e il silenzio tutto intorno, non c'è bisogno di muri, sì, occorrono dei muri, me ne occorrono, molto spessi, mi occorre una prigione, avevo ragione, solamente per me, sto per andarci, sto per mettermici dentro, ci sono già, mi cercherò, sono già in qualche posto, non sarò io, non importa, dirò che sono io, forse sarò io, forse è quello che loro aspettano, eccoli di nuovo, per darmi quietanza, che io mi dica qualcuno, che io dica dove sono, per mettermi fuori, nel silenzio. Non ci vedo niente, è che non c'è niente, oppure non ho occhi, oppure tutt'e due le cose, e così sono tre possibilità, a scelta, ma io non ci scorgo nulla davvero, non è il momento di mentire, come si fa a non mentire, ecco un'idea curiosa, una simile voce, chi la può controllare, tenta tutto, è cieca, mi cerca, nell'oscurità, cerca una bocca dove mettersi, chi la può infirmare, è l'unica, occorrerebbe una testa, occorrerebbero delle cose, non so, io ho troppo l'aria di uno che sa, è la mia voce che fa questo, si fa saccente, perché anch'io mi creda bene informato, perché io la ritenga mia, gli occhi non la interessano, dice che non ne ho, o che non mi servono a niente, poi parla di lagrime, poi parla di bagliori, va davvero a tentoni, bagliori, sì, in lontananza, o vicini, le distanze, sapete, le misure, silenzio, bagliori, come all'alba, poi che muoiono, come di sera, o che si dilatano, questo accade, avvampano più bianchi della neve, un secondo, sì, è questione di un momento, poi si spengono, infatti, se si vuole, si dimentica, io dimentico, dico che non vedo niente, oppure dico che è nella mia testa, come se mi sentissi una testa, tutte queste non sono che ipotesi, sono menzogne, anche quei chiarori, dovevano salvarmi, dovevano divorarmi, non è accaduto nulla, non vedo niente, ossia solo questo, solo quello, e le immagini con cui m'hanno dissetato, come un cammello, prima del deserto, non so, delle altre menzogne, per vedere, già visto, tutto visto, delle menzogne, è presto detto, bisogna dire presto, è il regolamento. Il posto, lo creerò lo stesso, lo creerò nella mia mente, lo estrarrò dalla memoria, lo trarrò verso di me, mi farò una testa, mi farò una memoria, non ho che da ascoltare, la voce mi dirà tutto, tutto quello di cui ho bisogno, me l'ha già detto, me lo dirà ancora, tutto quello di cui ho bisogno, a briciole, ansando, è come una confessione, un'ultima confessione, la si crede finita, poi scatta di nuovo, ci sono stati tanti errori, la memoria è tanto cattiva, le parole non vengono più, le parole si fanno rare, il respiro si fa breve, no, è un'altra, cosa, è una requisitoria, una moribonda che accusa, è me che accusa, bisogna accusare qualcuno, bisogna trovare qualcuno, occorre un colpevole, parla dei miei misfatti, parla della mia testa, dice che m'appartiene, dice che io rimpiango, che voglio essere punito, più di quanto non lo sia, che voglio uscire, che voglio abbandonarmi, una vittima occorre, non ho che da ascoltare, lei indicherà il mio nascondiglio, me lo indicherà, dirà com'è fatto, dove si trova la porta, se c'è una porta, e dove sono io, e come sono i nostri rapporti, e che genere di terreno, se è il mare, o se è la montagna, e che strada bisogna seguire, perché io possa andarmene, fuggire, abbandonarmi interamente, giungere dove si abbatte la scure senz'altra forma di processo, su tutti quelli che vengono di qui, non sono il primo, non sarò il primo, mi avrà in suo potere, ne ha avuti altri, mi dirà come fare, per alzarmi, per muovermi, per fare come un corpo in preda alla disperazione, è così che ragiono, così che mi sento ragionare, tutte queste non sono che menzogne, non chiamano me, non è di me che si parla, non è ancora il mio turno, è il turno d'un altro, è per questo che non mi posso muovere, che non mi sento un corpo, non soffro ancora abbastanza, non è ancora il mio turno, non abbastanza per potermi muovere, per avere un corpo, con una testa, per poter capire, per avere degli occhi per illuminare la strada, io non faccio che sentire, senza capire, senza poter approfittare di quello che sento, per andarmene, per non aver più da sentire, io non sento tutto, dev'esser così, le cose importanti io non le sento, non è il mio turno, le indicazioni topografiche e anatomiche, in modo particolare, non giungono sino a me, sì, io sento tutto, ho dovuto sentir tutto, e questo che importanza può avere, dal momento che non è il mio turno, il mio turno di capire, il mio turno di vivere, il mio turno di vita, lei lo chiama vivere, lo spazio di strada di qui alla porta, tutto è lì, in quello che sento, in qualche posto, se tutto è detto, a partire da chissà quando, tutto dev'essere detto, ma non è il mio turno di sapere cosa, di sapere chi sono, dove sono, e come fare, per non esserlo più, per non esserci più, questo ha un senso, per essere un altro, no, lo stesso, non so, andarmene da vivo, fare la strada, trovare la porta, trovare la scure, forse è una corda, per il collo, per la gola, per le corde, o delle dita, avrò degli occhi, vedrò delle dita, sarà il silenzio, forse è una caduta, trovare la porta, aprire la porta, cadere, nel silenzio, non sarò io, io resterò qui, o là, piuttosto là, non sarò mai io, tutto ciò è stato fatto, detto e ridetto, la partenza, il corpo che si alza, la strada, a colori, l'arrivo, la porta che si apre, si richiude, questo non sono mai stato io, io non mi sono mai mosso, ho ascoltato, devo aver parlato, perché volere di no, dopo tutto, io non voglio niente, dico quello che sento, sento quello che dico, non so, l'uno o l'altro, o tutt'e due, e così sono tre possibilità, tutte queste storie di viaggiatori, queste storie di gente incuneata in un angolo, sono mie, debbo essere estremamente vecchio, o è la memoria ch'è cattiva, se sapessi se sono vissuto, se vivo, se vivrò, allora tutto sarebbe semplificato, impossibile il saperlo, è questa l'astuzia, io non mi sono mosso, è tutto quello che so, no, so dell'altro, non sono io, me ne dimentico sempre, riprendo, bisogna riprendere, non mi sono mosso di qui, non ho cessato di raccontarmi delle storie, ascoltandole appena, ascoltando altre cose, spiando altro, chiedendomi di tanto in tanto come ho fatto per impararle, sono stato forse tra i vivi, o loro sono venuti da me, e dove, dov'è che le tengo, nella mia testa, non mi sento una testa, e allora con che cosa le dico, con la mia bocca, uguale osservazione, e con che cosa le sento, e via di questo passo, non posso essere io, o è che io non faccio attenzione, ho talmente l'abitudine, faccio questo senza prestare attenzione, o essendo come altrove, eccomi lontano, eccomi l'assente, è il suo turno, colui che non parla, né ascolta, che non ha né corpo né anima, è altro che ha, deve avere qualcosa, dev'essere in qualche posto, è fatto di silenzio, ecco una graziosa analisi, è nel silenzio, è lui che bisogna cercare, lui che bisogna essere, di lui bisogna parlare, ma lui non può parlare, allora mi potrò fermare, sarò lui, sarò il silenzio, sarò nel silenzio, saremo riuniti, è la sua storia che bisogna raccontare, ma lui non ha storia, non è stato nella storia, la cosa non è certa, è nella sua storia personale, inimmaginabile, indicibile, non importa, bisogna provare, nelle mie vecchie storie venute non si sa di dove, di trovare la sua, dev'esserci, deve essere stata la mia, prima di essere la sua, la riconoscerò, finirò per riconoscerla, la storia del silenzio che lui non ha mai lasciato, che io non avrei mai dovuto abbandonare, che forse non ritroverò mai, che forse ritroverò, allora sarà lui, sarò io, sarà il posto, il silenzio, la fine, il principio, il riprincipiare, come dire, sono parole, io non ho che questo, e ancora!, si fanno rare, la voce si altera, oh, finalmente, conosco tutto ciò, devo conoscerlo, sarà il silenzio, in mancanza di parole, pieno di mormorii, di grida lontane, quello previsto, quello che si sta ad ascoltare, quello dell'attesa, l'attesa della voce, quelle grida si placano, come tutte, ossia tacciono, i mormorii cessano, o ammutoliscono, la voce riprende, si rimette a cercare, non bisogna aspettare che non ce ne sia più, più voce, che ne rimanga solo il nucleo di mormorii, di grida lontane, bisogna fare in fretta a cercare, con le parole che rimangono, cercare cosa, non so più, non importa, non l'ho mai saputo, cercare che mi portino nella mia storia, le parole che restano, la mia vecchia storia, che ho dimenticato, lontano di qui, attraverso il rumore, attraverso la porta, nel silenzio, dev'essere così, è troppo tardi, forse è troppo tardi, forse è già fatto, come si fa a saperlo, non lo saprò mai, nel silenzio non si sa, forse è la porta, forse io sono davanti alla porta, mi stupirebbe, forse sono io, questo è stato me, in qualche posto è stato me, posso andare, durante tutto questo tempo ho viaggiato, senza saperlo, sono io davanti alla porta, quale porta, non è più un altro, che viene a fare qui una porta, sono le ultime parole, proprio le ultime, oppure sono i mormorii, devono essere i mormorii, me ne intendo, ma neppure questo, si parla di mormorii, di grida lontane, sin che si può parlare, se ne parla prima, se ne parla dopo, sono menzogne, sarà il silenzio, ma che non dura, dove si sta in ascolto, dove si attende, che si rompa, che la voce lo rompa, è forse l'unico, non so, non vale niente, è tutto quello che so, non sono io, è tutto quello che so, non è il mio, è l'unico ch'io abbia avuto, non è vero, devo aver avuto l'altro, quello che dura, ma non ha durato, non capisco, io ci sono sempre, io mi sono abbandonato in lui, io so quello che mi aspetto, no, non ci si aspetta nulla, non si ascolta, non so, è un sogno, la cosa mi stupirebbe, mi risveglierò, nel silenzio, non addormentarmi più, sarò io, o sognare ancora, sognare un silenzio, un silenzio di sogno, colmo di mormorii, non so, sono parole, non svegliarmi mai, sono parole, non c'è che questo, bisogna continuare, è tutto quello che so, desisteranno, anche questo lo so, li sento che mi abbandonano, sarà il silenzio, un istante, un lungo istante, o sarà il mio, quello che dura, che non è durato, che dura sempre, sarò io, bisogna continuare, non posso continuare, bisogna continuare, e allora continuerò, bisogna dire delle parole, sin che ce ne sono, bisogna dirle, sino a quando esse mi trovino, sino a quando mi dicano, curiosa pena, curiosa colpa, bisogna continuare, forse è già fatto, forse mi hanno già detto, mi hanno forse portato sino alle soglie della mia storia, davanti alla porta che s'apre sulla mia storia, mi stupirebbe, se si aprisse, sarò io, sarà il silenzio, lì dove sono, non so, non lo saprò mai, nel silenzio non si sa, bisogna continuare, e io continuo.