La bella di Lodi
di Alberto Arbasino
Letteratura italiana Einaudi
Edizione di riferimento:
Einaudi, Torino 1972
Letteratura italiana Einaudi
Sommario
Capitolo primo
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Capitolo secondo
7
Capitolo terzo
36
Capitolo quarto
57
Capitolo quinto
68
Capitolo sesto
73
Capitolo settimo
81
Capitolo ottavo
93
Capitolo nono
113
Capitolo decimo
128
Capitolo undicesimo
133
Letteratura italiana Einaudi
Questo romanzo parte fra l’altro dal racconto omonimo da me pubblicato sul «Mondo» nel 1961, e dalla sce-neggiatura per il film omonimo eseguita nel 1962 con Mario Missiroli che poi lo diresse, e al quale rivolgo un ringraziamento vivissimo.
A. A
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO PRIMO
Le ragazze di Lodi, grandi, belle, con la loro pelle splendida e un appetito da uomo, quando son dritte possono essere molto piú forti di quelle di Milano. Quando son dritte, oltre ai bei denti e ai begli occhi e alla gamba lunga e al capello magnifico, chiaro, hanno tanta terra, almeno un paio di migliaia di pertiche (quindici pertiche fanno un ettaro); e anche se un anno il foraggio è scarso, un altro anno il prezzo del grano è fissato un po’ troppo basso, o il riso non rende, o se arrivano tutte insieme un bel po’ di cartelle d’imposte di successione arretrate, ma-le che vada si tratterà di rinunciare a cambiare l’Alfetta per l’estate, o di non prendersi un gattaccio nuovo per il prossimo St Moritz; ma l’attività delle centinaia di vacche e del caseificio annesso basta comunque a produrre un reddito ancora abbastanza soddisfacente. Il timbro della casa, tanto, continua a stamparsi tutti i giorni sui pani di burro e sulle formagge di crescenza o di grana; e non importa poi tanto se non si vedono mai nelle vetrine dei bei negozi in centro; non è necessario che siano proprio d’una gran marca, possono essere benissimo d’una qua-lità andante o scadente, ma cos’importa… tanto, burro e formaggio, la gente li comprerà sempre tutti i giorni. E
proprio male male che vada, si venderà il latte alla Centrale senza lavorarlo, come quando nelle annate di gran-dine in collina, qualche dieci chilometri piú sotto, si vende l’uva alla Cantina Sociale invece di pigiarla in casa, e si sta magari un anno senza far cantina. Ma del resto, ancora abbastanza spesso, i terreni agricoli sulle strade vicina-li asfaltate si possono vendere anche ottimamente come terreni da costruzione.
Di dove vengono i soldi? Per parecchie generazioni lo-ro sono stati affittuari di grossi fondi agricoli nel basso Milanese, per esempio di proprietà dell’Ospedale Mag-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi giore. Poi, verso la fine dell’Ottocento, ai figli maschi si cominciava a comprare, uno dopo l’altro, un fondo proprio, organizzato secondo la maestosa struttura quadrila-tera longobarda che si vede bene specialmente dall’aereo, il palazzetto dell’abitazione con le case dei contadini e le stalle e il rustico intorno al medesimo gran cortile pa-triarcale col concime e i rigagnoli (esterno invece il giardino circondato da un semplice muro), mentre le figlie venivano tacitate con una dote in denaro liquido che per-metteva ai loro mariti di avviarsi in una professione in città e di comprarsi anche una casa in campagna per l’estate da kulaki tipo Zio Vania e Tre Sorelle. Però anche per lunghi periodi hanno abitato per ragioni di figli a scuola o di nonne vecchie da curare anche a Milano, in case generalmente di proprietà, anche una villa con giardino a Porta Vittoria ai primi del secolo, rivendute poi con vantaggio, e tornando poi sempre sulla terra nelle fa-si di guerra o di depressione economica.
Questo insomma è il tipo di ragazza che vive una buona parte dell’anno in campagna, in questa grossa casa vicina alla strada, al centro d’uno dei fondi nel giro fra Lo-di, Sant’Angelo, da dove viene la Santa Cabrini, che era una tremenda, e infatti nella zona si usa ancora come mo-do di dire «cattivo come la Cabrini», Codogno, Piacenza, e Casale, cioè Casalpusterlengo, dove si va a fare il mercato due volte alla settimana, il lunedí e il giovedí.
A Milano ci ha abitato anche lei, per degli anni, ci ha anche fatto un po’ di scuole, piantate lí anche abbastanza in fretta, ma senza la superbia di certe compagne di scuola di certe vecchie famiglie di Monza, che guardano sempre dall’alto in basso tutto quello che è di Milano, perché loro si sentono piú antiche e piú solide. Anche a Roma, piú volte, per parecchie settimane, con uno zio e una zia che pas-savano sempre là tutto l’inverno in un appartamento d’albergo, per la salute e per il clima. Comunque tra la solita Montenapoleone e l’eterna Portofino lei conosce diversa Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi gente, e ha imparato quasi tutto; ma proprio in città non si è mai fermata poi tanto, e del resto prima ancora di Portofino non sono mica tanto lontani gli anni di Cavi di Lava-gna e Spotorno, quando le mamme dicevano ai bambini
«Mariarosa e Giancarlo, guai a voi se giocate ancora col Giampiero, che è un monellaccio, e anche la mamma del Gianluca e quella del Gianluigi e del Pierluigi non glie li lasciano piú giocare insieme». Poi sono venuti gli anni quando tutti i bambini si chiamavano Patrizia o Fabrizia o Tiziana o Graziano, si sa; e poi cambiarono spiaggia.
Ma Milano, adesso, la salta abbastanza via. Arriveranno giú certamente, per la giornata o anche magari per qualche giorno, le ragazze di Lodi, per andare da una loro gran sarta o a comprare degli arnesini meravigliosi e carissimi per la cucina americana in San Babila; o arriveranno giú insieme coi fratelli e gli amici e tutti la domenica pomeriggio per andare a San Siro, poi una gran bella mangiata in un buonissimo posto toscano dove si trova poi sempre anche qualche giocatore, e la sera magari al cinema. Però, Milano, da qualche anno tendono piuttosto a scavalcarla, anche se magari hanno ancora lí l’appartamento o l’abbo-namento alla sauna; e andare per andare, davvero tanto vale, quando ci si muove, passare qualche giorno a Parigi o in montagna in Svizzera, o magari (però molto piú di ra-do) passare qualche giorno a Roma. Ma con fastidio. Piú spesso di tutto partono per Londra: il loro corso d’inglese, e di tutto, è quasi sempre là che l’han fatto. Ed è naturalmente di là che parte tutto quel loro gusto per certi biscotti, certe argenterie, certi tè, certe librerie girevoli, e una certa marca di whisky, e una certa marca di sherry, oltre che ovviamente quella tale ondata di cashmere che ha finito per conquistare anche i padri piú fascisti, dopo aver ri-dimensionato qualsiasi madre o zia con quell’inverosimile doppio golfino chiamato twin set.
Le lingue straniere, una o due, col loro accento di Lo-di, le parlano bene e anche abbastanza in fretta; la mac-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi china, la guidano piuttosto disinvolta, da parecchi anni; i loro biglietti di teatro o d’aereo, con la loro prenotazione e tutto, sono abituate a prenderseli da sole, e lo stesso con quei ragazzi piú o meno grandi – «sti scemi!» – se non ci arrivano loro, sanno benissimo come fare a portarli da qualche parte subito, o a tenerli per dopo. Tanto, sti scemi, son sempre lí. Le case, han fatto presto a rinnovarle, coi loro camini e i loro bar e le loro scale nuove, con tanto marmo e tanto ottone ben lucido, e il suo mogano, e tutti i bagni che funzionano giusti; ma poi parecchie delle vecchie cose sbattute malamente in solaio fra i tananà e i ta-navèi han finito per ritornare da basso anche un po’ tallo-nando la panoplia degli stampi per budino di rame comprati carissimi lungo la strada fra Camogli e Santa Margherita. Qualche anno fa – erano piccole e non si ca-piva se il dopoguerra era già finito o no – hanno imparato tutte, ma proprio tutte, a parlare con tante sibilanti che cascavano giú come coltellate sulla torta, al posto dei c e dei g: si va al zinema, ho imparato il zarleston, ti piaze, ma cosa mi dizi, ah che bel viazzo che ho fatto a Montecarlo, però con un accento, un azzento, molto piú svizzero che non bologh-nese… Milanin Milanon, comunque, la guardano sempre oramai come una specie di pied-à-terre o di supermarket, considerandola un po’ dall’alto, quando si va giú a far shopping; ma poi basta; proprio nient’altro; abitarci tutto l’inverno? non val piú la pena; si va giú lí quando se ne ha bisogno, se se ne ha voglia… verso le undici o verso le quattro… ma tanto vale (si sta molto meglio) ronfare a casa nelle grosse stanze piene di divani, in compagnia di qualche amica del posto e di qualche ospite straniero o straniera fra Londra e St Moritz e Montecarlo, e una qualche zia che quando ha voglia di mettersi in cucina sa far da mangiare infinitamente meglio che qualunque Cordon Bleu toscano, e i ragazzi per casa, macché laurea adesso, a curare l’azienda. Nella contabilità son fortissime, di costi son fin troppo pratiche, a star dietro ai Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi lavori non ci vuol niente, perché li conoscono bene da quando son nate, ci son nate dentro: e coi famèi in stalla e coi mediatori in piazza sanno benissimo come trattare, all’occorrenza; e tante volte, proprio per la passione della terra e l’interesse del soldo, dopo sposate stan piú dietro loro all’azienda che non il marito.
La nostra amica non ha piú né il papà né la mamma da qualche anno, ma del resto quella è una generazione che ha sempre contato pochissimo. In casa chi comanda sono i nonni – piú energica lei, piú decorativo lui – che fanno andare avanti bene la terra: dopo tutto, hanno sempre comandato, sono loro i veri fondatori. Sarà per questo che lei è cosí attaccata al fratello, che ha quasi due anni meno; ma in sostanza sono alti quasi uguali, ve-staglie e impermeabili dell’uno vanno regolarmente be-ne anche all’altra. Anche quasi gli stessi capelli. Cresciuti sempre insieme, sono molto affiatati, alle spalle della nonna che ripete volentieri «in questa casa comando io!» e «finché sto al mondo io si fa come si è sempre fatto!», si raccontano anche le loro cose piú incredibili, anche se la nonna continua a ripetere «finché campo io, in questa casa non si cambia un bel niente!», e la mattina, se stanno a letto abbastanza tardi, han l’abitudine di dir-si tutto quello che han fatto la sera prima. La nostra amica, Roberta, lo chiama volentieri con tutti i nomi dei ragazzi fotografati su «Paris-Match» perché somiglia tantissimo a tutte le loro foto a colori: stessi capelli, stessi occhi, sorriso uguale (e lui, magari per via degli occhi, provava ugualmente a chiamarla con qualche nome d’at-trice, ma è una sciocchezza, lei non voleva, e ha smesso: non somiglia realmente a nessuna, poi). Ma le confiden-ze che loro due si fanno, sono veramente su tutto: tanto vero che nessuno dei due fa mai l’amore senza poi andar subito a riferir tutto all’altro, dicendo soldi ai soldi e cazzo al cazzo.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO SECONDO
È primavera presto, al mare. Acqua tranquilla, sabbia pulita, sapore di sale, mica tanta gente. Tante canzoni di Mina dalle radioline sparse, coi tormentoni sentimentali delle segretarie in vacanza e dei ragionieri con la «mini», però non ancora una Grande Estate Italiana davvero di massa. Sabbia non caldissima, solamente calda. C’è un carnevale volgare, in distanza, che potrebbe essere San-remo o Viareggio; ma tanto non si vede, quasi. E tiepi-do. C’è sole. Gran bella stagione. Si vede solo, tutt’al piú, la punta di qualche carro da sfilata ogni tanto sopra qualche cabina, o baracca, coi fantoccioni in maschera; e si sentono tutti i rumori, tutte le musiche, tutte chias-sose. Loro sono al mare abbastanza spesso, del resto, in questo inizio di stagione, con dei loro amici, quasi sempre gli stessi: quasi ogni domenica di bel tempo. E lei rimane sola dopo un po’, anche perché è stufa di camminare in mezzo alla folla. Fa qualche passo, chiama
«Sandro, Sandro», un paio di volte, ma è chiaro che lui non la sta sentendo. Ha già svoltato con gli altri, e devono essere ancora in mezzo alla confusione e alla gente, fra i suoni e i cattivi odori, col loro gelato in mano. Il pesce era proprio buono. Quasi nessuno fa il bagno. Tutta una digestione. Lei fa qualche passo ancora al sole; e poi cammina col suo foulard in mano lungo un tratto vasto di spiaggia (allora dev’essere veramente Viareggio), quasi tutto deserto (allora verso il Forte dei Marmi).
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Hanno fatto colazione fuori, al sole, nella rotonda d’uno stabilimento, davanti a pochissime persone sulla spiaggia o nell’acqua o uscendo dall’acqua, pochissimi ombrelloni nel paesaggio. Poi hanno cominciato a salire e a scendere dalla scaletta della rotonda e a entrare e uscire dalla cabina mentre alle loro spalle i camerieri stanno sparecchiando dopo la colazione, perdendo un po’ di tempo tra creme, foulards, costumi, cioccolatini, golfini. Quando gli altri lentamente risalgono la scaletta Sandro le è venuto vicino per un momento, si è chinato a parlare; ma lei rispondeva con pochi gesti svogliati e vaghi, sdraiata mezza addormentata fra ombra e sole.
Sandro torna dagli altri e si allontanano insieme per la strada, si avviano tra la folla e le palme.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Ha già fatto parecchia strada, sulla calda sabbia, e il carnevale ormai è talmente lontano che non si sente quasi piú. Si è tolta il golfino, ha rallentato, si è già tolta un paio di volte anche le scarpe, si è un po’ guardata intorno con gli occhi socchiusi dietro gli occhiali da sole; e cammina adagio, fra la sabbia umida e tiepida e i cespugli. Poi, l’ha visto, o non l’ha visto? In fondo è il tipo abbastanza convenzionale del ragazzaccio italiano brutto/bello dritto/stronzo coi capelli lunghi e le braccia grosse, vestito come viene viene, ma coi suoi jeans chiari e ben stretti da pifferaio, sdraiato al sole che dormicchia o finge di dormicchiare – chiaramente settentrionale, però mica tanto alto – ma insomma anche lei si va a sdraiare poco piú in là bene esposta al sole, su un tratto asciutto di sabbia, magari anche senza un’occhiata e senza occhiali, e poco dopo dorme, o magari finge di dormire, o (chissà) dorme davvero.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Quindi non sente (o forse finge di non sentire?) che magari lui le arriva strisciando vicino, e sta aprendole la borsetta? o addirittura glie la porta via? Comunque, in un chiarore diffuso, senza immagini, come quando si aprono lentamente gli occhi emergendo dal sonno pomeridiano alla luce dell’esterno giorno; e lí, due grosse mani solide e controluce, con tutte le loro dita che si muovono lentamente. E un torso maschile in maglietta giro-collo. Frugano proprio nella sua borsetta, le mani: è lí appoggiata sulla calda sabbia a una spanna dalla faccia. E lei si tira su con un po’ di scatto.
Ma lui fa in fretta a buttarla in ridere: – Cià mica lí una Malbòro, per caso? – E gli occhi scherzano sul serio: faccione di ventiquattro-venticinque anni, sorriso molto piú giovane, simpatico, attraente, largo di spalle: va bene, cosí averne.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei è capace di rimanere interdetta, fra il sonno e lo stupore e il fastidio di svegliarsi alla svelta? o questo sguardo ancora annebbiato non starà facendo delle va-lutazioni? Lui la vede lí biondissima, stupenda di figura: braccia, petto, ventre, gambe; faccia piuttosto simpatica ma con quel tanto di forza di carattere che potrebbe renderla magari dura; e il sorriso può diventare abbastanza misterioso, perché rispetto alla bellezza e allo chic di lei può anche avere un qualche cosa di impalpa-bilmente ordinario. Lei lo guarda sempre stupita, ma molto piú disinvolta, mentre sente la voce di lui che parla cordialmente a vanvera, dicendo delle cazzate come viene viene: – … appunto, perché pensavo che era im-possibile che non doveva averne… son qui che essendo appunto di passaggio… qui a Pietrasanta… essendo di domenica… con tutti i tabaccai che son chiusi… pensavo… appunto… ecco…
Roberta: – La vuoi sta sigaretta?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Adesso, è chiaro che lei capisce tutto. Lo guarda in faccia. Le si aggrotta leggermente la fronte, come a sua nonna, con un solchino fra le sopracciglia, ma non per il sole; e lo guarda fisso. Che fico…
Lui si prende in mano un calcagno, e glie lo fa vedere.
– Arda lí: è tutto catrame, non vuol mica venir via. Ci vorrebbe qui lo smeriglio, non ci fa mica niente la sabbia.
Poi guarda ancora verso la borsetta, la indica con una mano e col mento.
– Ce l’ha mica dietro un po’ d’acetone?
Lei tira su il fiato, con solo un accenno di sorriso. Piglia la borsetta.
– Ho qui le sigarette, e basta.
Glie la rovescia davanti, sulla sabbia, con un gesto ironico un po’ troppo ostentato. Dalla borsetta vengono fuori un pacchetto di Mercedes, una patente, un fazzo-letto, un rossetto, e nient’altro. Lui segue con gli occhi gli oggetti, abbastanza attento, raccoglie il pacchetto, lo apre, lo offre a lei, le chiede: – Ne vuol una?
– Ce li hai te i cerini? – domanda lei, mentre la prende. Lui scuote la testa; e lei si mette una mano dietro la schiena, sulla sabbia, dove prima appoggiava la testa, prende su un grosso portafoglio, tipo portadocumenti da uomo, nero. Lo apre, e si vede benissimo che ci sono parecchi soldi dentro, insieme a un accendino Dunhill d’oro preso in qualche aeroporto. Lei gli accende la sigaretta, si accende la sua, molto rilassata. Butta portafoglio e accendino nella borsetta, con un leggerissimo am-micco a lui, e la chiude di scatto. Se la mette sotto, si sdraia ancora. Lui ha un lievissimo accenno di stupore infantile, come interdetto per un attimo.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei fuma sdraiata, guardando per aria, senza incorag-giare.
– Saran già le quattro? – chiede lui.
– L’orologio non ce l’ho mai dietro in spiaggia, risponde lei.
– Ci sono quelli impermeabili che anche la sabbia non gli fa niente, – fa lui.
Lei lascia perdere.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Poi lui si toglie i calzoni, e riprende:
– … Sí perché poi, con tutto il tempo che ci vuole a cambiarsi… E di qui a Pietrasanta saran bene dieci o dodici chilometri…
Lei borbotta a mezza voce come sua nonna:
– Oeeeeeh, perché chissà cosa ci vorrà per cambiarsi…
Lui subito alza la voce:
– Non sa cos’è la domenica per me!
Roberta domanda perché. Lui s’alza tirandosi via un po’ di sabbia dagli slip e facendo degli «ehh».
Poi:
– Ma cosa crede, la domenica lavoro, io!
– Che lavoro fa?
Lui fa un segno circolare col dito.
– Eh, cosa vuol mai… Corro…
Lei lo guarda dal basso mentre si riveste.
– Si guadagna tanto?
Lui si guarda attorno per la spiaggia tirandosi la lampo della braghetta.
– Quelli che corron per le case sí stan bene. Ma a noi junior, cosa vuole… C’è… la trasferta… la trasferta… e il premio di gara… Ma io tanto corro con quello del mio negozio…
Lei non s’interessa tanto.
– Eh, allora, bene.
Lui si dà una doppia manata sulle gambe.
– Beh, allora, bongiorno.
Si volta, fa un passo, si volta ancora tutto verso di lei:
– Eh, non viene a vedermi correre? Ancora un po’
che sta lí, va giú il sole!
Lei rimane sdraiata.
– Ma se non so neanche con cosa corre!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Viene su, e vede… Tanto, per quel che fa lí… ancora un po’…
Lei s’appoggia su un gomito, poi anche sull’altro.
– Eh, sí, proprio una bella idea…
Anche leggermente sfottente.
Lui: – Tanto, alla domenica…
Lei: – Ma sí, che ci vengo!
Ma glie lo dice con quella cordialità non impegnativa di chi promette con l’intenzione di poi bidonare.
Lui già allontanandosi continua a voltarsi col dito puntato verso di lei, e glie lo agita davanti parecchie volte:
– Davvero, eh! Guardi che come corsa comincerebbe alle cinque, però la nostra non è di sicuro prima delle sei, sei e mezza. Resta, sa in quella strada che vien su dalla stazione…
Lei allegramente lo blocca:
– Sí, va ben, sarà mica Milano… è Pietrasanta.
Dopo che lui se ne è andato gira il braccialetto che ha al polso, e scopre il quadrantino dell’orologio: le quattro e mezza. Lo guarda rapidamente, lo chiude con uno scatto secco.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi La corsa è un circuito mica tanto bene organizzato fra gli alberi, con rapidi passaggi di go-karts che si vedono sí e no davanti a un pubblico scalcinato che passeggia fra i platani e le balle di paglia con delle cochecole e del pop-corn. Anche un po’ di gente seduta sulle panchine e all’osteria, e una certa quiete.
Le amiche di Roberta son già fin troppo abbronzate, però mica tanto fresche, con un gran traffico di foulards da automobile scoperta. E anche i suoi amici hanno tutti qualche anno piú di lei, e sono di genere disinvolto e vissuto: trentacinquenni biondi-rossi, prestanti, inizi di calvizie, occhi celesti, bei baffi curati. Parlano continuamente di Londra, e le stanno chiaramente molto dietro.
Poco movimento. Divertimento scarso, anche cercando di entrare nello spirito della cosa, contando che prima di sera qualche cosa succeda.
Sono gli stessi della colazione al mare, anche piú sparsi, nessuno troppo entusiasta. Uno compra del pop-corn da un carrettino, uno dice: – Eh, non può mica durar piú tanto… – Una ragazza si spazzola i capelli con ener-gia. E una, piú dimessa, guardando fissa in avanti: –
Non ho ancora capito cosa siam qui a fare.
Ma la Roberta, subito: – Taci, che è bellissimo! Arda lí i centoventicinque!
E allora uno di loro, pronto: – No, no, ma se ti piace stiamo pur qui volentieri… tanto… Guarda guarda… mi-ca poi male…
Però Sandro rimane ostentatamente sdraiato nella sua macchina – spider celeste – a gambe larghe e con un piede fuori dal finestrino; e si lamenta anche un po’ del rumore, piuttosto disinteressato, anche mezzo addormenta-to, forse un po’ troppo ben vestito: camicia coi bottoncini Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi sulle punte, giacca inglese fatta a Milano, cravatta reggi-mentale, fermacravatta.
Si è tirato giú il cappello sugli occhi: tipo spiritoso.
– Ma dov’è che continua a andare tua sorella, cos’è che ha oggi? – gli domanda una delle ragazze.
Si muove appena il cappello, guarda svogliatamente avanti: Roberta cammina almeno cinquanta metri piú in là degli altri che la seguono già stanchi.
– Senti un po’ che fracasso… Di’ te se è mai possibile …
Sandro mette addirittura in moto la macchina, e comincia a seguire il gruppetto, lentissimo.
Ma Roberta si gira e sta già tornando indietro, scuote appena la testa. Quella con la spazzola le va incontro con le braccia aperte e la spazzola sempre in mano.
– Insomma, è tutto il giorno che ci tiri dietro, di’!
Non ne hai ancora basta? Guarda che bel posto c’è lí, mettiti lí e guardatela, la tua corsa. Almeno ci si siederà.
E si siede.
Roberta non sembra neanche seccata.
– Già, e perché, in casa cosa si faceva, se no? Star lí a sentire le tue storie anche alla domenica… che tu almeno piangi, ma noi non ci divertiamo mica…
Sandro, sempre sdraiato, senza neanche tirarsi su il cappello dagli occhi, comincia a sbuffare.
– Ce n’è ancora, o abbiamo già visto tutto?
In un’altra macchina aperta c’è un’altra ragazza che si massaggia le braccia nude e si lamenta per il freddo.
– Senti te che freschino comincia a fare. Passando davanti alla mia pensione se mai faccio su un salto a prendere un golfino…
– Ma dài… su… un momentino… che si va giú tutti…
– Vi porto a mangiare sto pesce, no?
– Ah, se è per me… vai, vai, accompagnala… Siamo mica sposati… che dobbiamo star insieme tutto il giorno e poi tutta la sera… Se vi va bene di star qui, state qui…
Se no, prendete su la vostra macchinetta, che è lí… Mi Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi lasciate qua la mia … Andate giú alla pensione, andate a mangiare il pesce … Tu vieni giú… Vai su sulla sua, con loro… Il mio foulard me lo dai indietro… E poi ci vediamo addirittura a mangiare sto pesce, ma sí, ma sí, che va bene… bell’affare…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Roberta gira lentamente al volante della sua MG rossa, per i viali e le strade di Pietrasanta.
È già sera. Si accendono i lampioni.
Poco dopo, davanti a un caffè del Forte dei Marmi, sotto i platani, lei davvero non bada a Carlo Carrà e Giuseppe de Robertis e Roberto Longhi seduti lí a un tavolino: vede subito lui, sdraiato su tre sedie di ferro, fra qualche gruppo di clienti e parecchie altre seggiole vuote.
Gli stanno intorno una donnona sui quarant’anni passati da poco: nera, grande, grossa, romanica, bella di faccia e larga di sedere; con pelle bianca, unghie rossis-sime, soprattutto quelle dei piedi; zoccoli col tacco, blue jeans italiani, maglietta nera scollata senza maniche, pettinatura alla Nilla Pizzi. E il marito di lei, il «ca-po»: sui cinquanta, un nasone, secco, e un po’ amaro, ma sicuro di sé come un piccolo industriale. In due gli hanno tirato su una gamba dei pantaloni, e gli osserva-no il ginocchio, glie lo schiacciano. Lui tira anche qualche Madonna, e i due: – Sta lí fermo, Franco! – E il quadrettino che ne risulta pare talmente proletario e misero che Roberta rimane interdetta – in fondo, lui, prima, sulla spiaggia, in maglietta e jeans bianchi col suo costume sotto poteva essere quasi qualsiasi cosa – e quasi quasi fa finta di non vederlo.
Si capisce subito tutto: lui e lei sono i padroni di un negozio di moto in provincia di Pavia, e Franco evidentemente è un loro meccanico.
– Ma non sei ancor qui con l’acqua vegeto? – grida il donnone a un altro tipo Franco in tenuta piú o meno motociclistica che s’attarda fra totocalcio e tabaccheria.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Un momento, vedevo cos’ho fatto… – fa lui, venendo avanti con la schedina in una mano e una bottiglietta nell’altra. Franco l’ha già vista mentre rallentava la macchina per avvicinarsi al marciapiede, e tira su un braccio: – Bonasera! – molto gentile, allegro, sicuro di sé.
Sembra che in un attimo lei valuti l’intera scena con una certa apprensione: risponde con l’occhio inespressi-vo, abbozzando un salutino fra i denti, con l’aria di non volerci entrare. Ma lui insiste, con gesti di disappunto: –
Sono anche andato in terra!
Senza neanche aver fermato, Roberta innesta la prima e la macchina fa un balzo di un paio di metri: a momenti investe un camerierino di una decina d’anni che sbuca di corsa dagli oleandri del caffè, in giacca bianca e con vassoio di tazze, per attraversare la strada.
Roberta inchioda immediatamente la macchina, e immediatamente la Volkswagen di dietro tampona la MG: stridor di freni, e coro di «uhh!» maschili dal caffè.
Subito Roberta scende dalla macchina per vedere il danno, e anche dalla Volkswagen scende una signoraccia sui trentacinque, agitatissima e già infuriata. Si chi-nano tutt’e due a toccare i paraurti col dito borbottando, ma improvvisamente la signoraccia si ritira su, consolata e civile. Tutt’e due, insieme: – Beh, grazie a Dio è andata bene, siam state fortunate, ma no, che non è niente, di nuovo, di nuovo, tante cose –. La signoraccia rimette due figli piccoli in macchina e Roberta mentre le fa gli ultimi convenevoli di tipo auto-mobilistico dabbene vede che gestacci pecorecci le sta facendo il Franco. – Scusi ancora, ma prego, ma le pa-re, cosa vuoi mai, s’immaginí, per l’amor di Dio, Madonna mia, scusi ancora tanto, Sa, signora, un attimo, che qui le do fastidio, no stia, stia, ma le pare, ma sento ancora qui un momento una cosa, ma per carità, un metro di marcia indietro, cosa vuoi che sia mai… – E la signoraccia cortesissima si sporge un momentino dal fi-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi nestrino per vedere la strada, mentre Franco insiste a gesticolare: – Arda qua, a andar per terra! – Gran fracasso di macchine che si tamponano, con fragori di lat-ta: è la signoraccia che facendo la sua marcia indietro ha fatto un gran casino andando a ingorgare una colonna di cinquecento.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Naturalmente loro due stanno sorridendo insieme, e la Roberta si avvicina, mentre il capo guarda le macchine intruppate e scuote cupo la testa.
– Si vede che è proprio giornata! Con piú di quaranta corse che ho fatto, e piú di otto in prima, c’è mai stata una domenica come questa! – dice lui.
Si volta a un altro suo meccanico in piedi sopra un camioncino con la targa PV e la scritta «Casa della moto», e tre go-karts quasi da bambini montati su cavalletti, e gli fa: – Hai sentito dalla signora se ce l’abbiamo l’albero di ricambio in casa?
– Piú che altro, è calibrare lo sterzo, – fa la donnona, che sta stappando coi denti la bottiglia d’acqua vegeto-minerale, con delle bende sul braccio.
Le consegna addirittura alla Roberta: – Tenga un po’
qui, per favore… Scusi, sa, signorina.
Con un ultimo morso stappa la bottiglia, e la versa su una compressa di cotone che si fa ridare dalla Roberta. Intanto il Franco articola tutte le dita delle mani. Prova e riprova.
– Beh, queste qui ce la faccio a muoverle tutte. È piú che altro quel ginocchio lí…
Indica il ginocchio scoperto, tutto rosso. La donnona gli sbatte sopra la sua compressa bagnata già pronta.
– Tientela su ferma bene con la mano.
La Roberta un po’ imbarazzata si guarda intorno co-me se non sapesse cosa dire. Poi: – Ci sarà mica qualcosa di rotto?
Gli altri meccanici tirano in fuori le labbra, e soffiano.
La donnona si rivolge direttamente alla Roberta: – Cosa vuol mai, ce l’han nel sangue, sti ragazzi… – Il capo s’accende un toscano. – Al massimo potrebbe essere un ver-samento, ma quello si vede domani mattina: se è gonfio…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi La Roberta sembra sempre piú indecisa. Però: – E
provare a fare i raggi? Con tanti begli ambulatori che ci sono…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei e lui nella macchina di lei, sempre aperta, poco dopo, andando lentamente.
Lei sta dicendogli: – … perché dopo un po’… in questi posti qui… basta… ci si stufa anche…
Lui la interrompe, poggiandole una mano sul braccio.
– Arda che è lí la farmacia.
Dentro, davanti al banco, con un cerotto in mano, lei gli sta spiegando, nello stesso tono come usarlo: – …
perché questo qui, vedi… lo tieni su tutta la notte… e domani mattina non hai piú niente!
Lui rassegnato si dispone a pagare, con un cinquecento lire sul banco. Roberta sale e scende dalla bilancia, poi paga lei con gli spiccioli.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Ma che razza d’ambulatorio è che non c’è qui nessuno? … Va bè che è domenica, ma cosa vuol dire che è andato a mangiare?… Ci metterà mica tre ore!… Se quello lí fa il dottore, lo faccia!
– Ma fa niente, dài, lascia stare, cosa stai lí a discute-re… Andiamo via, dài, mi son già stufato… vuol dire che me li farò domani o dopo…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Davanti a un ristorante-dancing verso il Lido di Ca-maiore, lei sta già per scendere. – Andiamo dentro qui, va bene? Si mangia benissimo!
Lui non si muove neanche. – Sarà mica matta, in un poso dove si deve anche ballare… Con sta gamba qua, arda che roba… Posso mica starci su tanto, cosa crede…
A parte gli scherzi, andiamo un po’ a vedere i miei treni, che io domani mattina devo trovarmi lí presto.
– Ma se ci saranno piú di dieci chilometri, di qui alla stazione! Non hai fame? Lí nel posto dove si va a mangiare, ci facciam dare l’orario e si vede subito!
– Già, ma dov’è che si va a mangiare a quest’ora?
– Non lo sa che al mare si mangia tardi? Son tutti aperti!
Però all’inizio del molo c’è da fare qualche metro a piedi per arrivare dalla macchina al ristorante, e lui si rabbuia subito. – Ma qui c’è da camminare.
Lei, già avanti, non si volta quasi. – Cosa saran mai due passi, dài, cammina, che qua si mangia bene… Arda lí che bel cagnolino! – Gli indica una bestia qualunque, e lui alza le spalle. – Ce ne ho a casa mia uno eguale che ha tre mesi e m’ha già mangiato un paio di scarpe.
A tavola, con molte cose davanti, lei pare piuttosto contenta e lo guarda gentilmente avvicinando la faccia. –
Buono vero questo bianco qui gelato?… E poi oltre tutto qui servono in un momento!
Anche lui si dimostra molto carino: – Fa’ un po’ vedere l’etichetta della bottiglia!
Lei si alza un momentino, ma solo per andare a vedere i piatti del dolce insieme al cameriere. – Son di oggi o di ieri? Mi guardi bene in faccia, eh… che tanto dopo ca-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi pisco –. E intanto lui al tavolo chiama un altro cameriere: – Ancora un po’ che me la fa aspettare, la mia insalata mista, mi passa la voglia di mangiarla, siam già alla fi-ne! – Allora non la vuol piú? – Cosa c’entra, la voglio, solo che la voglio subito!
– Ah, certo che quando ho mangiato mi sento un altro…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Di nuovo in macchina, a velocità piuttosto forte, lui comincia a insistere: – Lasciami guidare un po’ a me, dài, che ti stanchi meno!
Ma lei fuma un po’ nervosa e guarda verso il mare.
– No, guarda, scusa! Già, io, quando guidano gli altri, sto sempre male… Figurati sulla mia!… È piú forte di me, guarda!
– Ehhh, ma neanche qui che è tutto un rettilineo…
Tanto per provarla come va…
Lei fa subito una curva in pineta. – L’unico caffè buono lo fanno appena qui dietro. – Qua in pineta? – Sí, vicino a casa mia. Lo so perché lo pigliamo lí tutte le mattine. – Dov’è che stai? Mi fai vedere? – Lei ferma la macchina davanti a un chiosco e apre i due sportelli agi-tandogli due dita davanti: – Caldo o freddo? Due espressi, va bene?
Di nuovo in macchina: – Dài, appena questo pezzetto qui di strada senza traffico… È tutto dritto…
– Neanche a mio fratello, guarda, t’assicuro! Quando si ha l’assicurazione sulla patente!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Sul lungomare, fermi a un semaforo.
– Ci viene tanta gente qui a Ferragosto?
– Basta stare in casa, quei giorni lí, non andare in giro…
– Ah già, che ciavete casa qui, voi…
Pausa. Fumano.
– Com’è che hai detto che ti chiami?
– Franco, perché?
– Niente, cosí… Erano tuo papà e tua mamma al bar prima?
– Eh, anche quella! Sono i padroni del negozio dove lavoro io.
Altro semaforo.
– Ma senza su niente come fai a non aver fresco te?
In pineta, in piedi, tra il chiaro e lo scuro, in mezzo agli alberi, però con ancora uno sfondo di case non lontane.
Lui zoppica leggermente e camminano adagio, senza parlare. Le tiene un braccio intorno alle spalle; lo tira giú tenen-dola per un gomito, con naturalezza; glie lo rimette sulle spalle. La sta sempre toccando, teneramente, con decisio-ne. Lei ha un’aria leggermente nervosa, di un nervosismo crescente, come se si sentisse pentita o seccata, o ci pensas-se su. Tutt’e due evidentemente non sanno cosa dire.
In un luogo piú ombroso, sempre camminando, ma piú lentamente, lui un po’ impaziente, la conduce tenen-dola sempre stretta per un braccio; e si guarda attorno esplorativo, come cercando il posto giusto dove appog-giarla. Intanto le dice due o tre cazzate senza guardarla, tipo: – Se ti piacciono i cani della razza di quello di prima, te lo porto la prima volta, che tanto ne ho due.
Lei viene fuori in fretta di dietro un grosso pino, co-me scappando. Lui la segue imbronciato. Poco dopo, Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi seduti tutt’e due a un tavolino di caffè, illuminatissimo, sotto un ombrellone misero. Non c’è quasi nessuno, si sente solo la voce di un cameriere: – … che poi è tardi…
– Neanche il juke-box.
Dentro la macchina, ancora aperta e ferma, lei seduta in un angolo, indietro, contro la portiera, tenendosi av-volta nel golfino, con mano sulla maniglia. Lui seduto di traverso, buttato in avanti, appoggiandosi tra spalliera e volante, tutto puntato su lei, con sguardo fisso e occhio fosco.
Lei si difende con disagio: – … e poi, al mare… che co-sa c’entra, al mare…
Lui tace a lungo, e la fissa, e ci pensa. Poi, con un gesto che significa un qualcosa di molto ovvio: – Beh, si sa… al mare …
Lei ha uno scatto risentito: – Ma mi faccia il piacere!
L’imbarazzo crescente di lei sarà dovuto al fatto che si sta accorgendo d’essersi sbilanciata un po’ troppo? di aver fatto troppo la spiritosa? d’avergli dato troppa corda? Tutta la sua disinvoltura, dal momento che lui comincia a andar giú pesante, si sdà in una paura femmini-le tradizionale di fronte a un attacco d’urto?…
complicata magari dalla sensazione che di questo qui non sia facile liberarsi sui due piedi, e addirittura dal ti-more che dopo tutto potrebbe non piacerle del tutto?…
La spaventa (per di piú) l’impressione di non riuscire comunque a buttarla sullo scherzo o a fargli capire quando é il momento di fare marcia indietro!!!
Sempre in macchina, fermi, ma in altro luogo della pineta. Lei tiene le due mani saldamente al volante. Lui stavolta è in un angolo, con occhi iniettati e grinta da duro. – Cosa credi? Che perché hai la MG di poter far la spiritosa, e far tutto quello che ti salta in testa?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei senza parlare gli offre il pacchetto delle Marlboro, e intanto schiaccia l’accendino della macchina.
Lui brontola a voce bassa, con gesti d’impazienza: –
Ma cosa credi? È dalle sei che mi tiri in giro!
Lei mette in moto senza dir niente. Ripartono.
Località poetica. Riva romantica, mare argentato, lu-na da cartolina.
Lei è scesa dalla macchina, indica qualche onda, e lo chiama: – Non ce la fai neanche a venir giú? Arda che bello, qui…
Lui non si muove. – M’è venuto un mal di testa! È
scivolato in fondo al sedile, e si tocca il cazzo.
Lei, dalla riva, si volta e lo richiama, scherzando, gaia-mente: – Ma non era la gamba che ti faceva male, oggi?
Lui si ripara gli occhi con le mani a visiera. – Tutt’e due!
Lei scoppia a ridere. Lui no. Rimane torvo.
In un’altra località fra gli alberi, tra sfondi oscuri, in-decifrabili, sono ancora dentro la macchina ferma, e chiusa, tutt’e due. Lei spettinata, disperata, anche stanca, con un’espressione da matta, attaccata al cambio con una mano. Lui le sta quasi sopra, col ginocchio sano sul sedile, sempre piú iroso in faccia.
Insomma, lei è scesa dalla macchina. Si sta pettinando e mettendo a posto gli abiti, che sono molto in disordine.
Lui di traverso sui due sedili le parla attraverso lo sportello aperto, con cattiveria: – Ma allora, cos’è che vuoi, stronza! – Lei replica mezza disperata, con poca voce: –
Ah, no, io vado a dormire, è tardi… son stufa di discute-re… – Si dà delle assestate al vestito e alle mutandine.
Lui esce dalla macchina, e le va addosso, la preme contro una rete metallica da pollaio, senza parlare. E lei, con voce veramente emozionata e impaurita, un po’ in-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi fantile, insiste per liberarsi, col pettine in mano, a strattoni: – No!… Piantala! … Adesso tu mi lasci stare! Hai capito? Che pesi!… – E lo ributta indietro con un soprassalto di rabbia. – Che pesi!… T’ho detto di piantarla lí!… Hai capito che basta?… – Quasi piange, rabbiosa-mente. – Son stanca, non ne posso piú…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Adesso non è il caso di star lí a far delle scene! Sempre la voce di Roberta, ma in tono molto mutato, dietro le spalle di Franco, che sta camminando lentamente per un viale illuminato, da solo. Lei è in piedi vicino alla portiera della macchina. Lui non si volta neanche, chiaramente arrabbiato e seccato, ormai.
– Ho detto che vado a piedi!
Lei subito ribatte: – Cosa vuoi andare a piedi, che fi-no alla stazione son dieci chilometri!… Una volta messe in chiaro le cose, basta, chiuso! T’accompagno alla tua stazione, ci vuol niente!
Lui le fa un paio di gesti di vaffanculo.
Lei diventa lievemente piú tenera. – Dài, cosa ci vuole? … Ti sarai mica offeso, adesso?…
Lui le rifà il gesto, brontolando, e si avvia, con le ma-ni in tasca. Lei gli va dietro a piedi. – Dài, smettila, che adesso mi fai rimaner male. In dieci minuti, cosa vuoi?…
Siam là, e pazienza.
Lui continua a marciare e non risponde.
Lei si ferma.
Un attimo come di sospensione.
Poi lei si volta e torna indietro come scappando.
Lui va, e Roberta con la MG quasi gli arriva addosso.
Apre di scatto la portiera, con tutt’altra faccia e tutt’altra voce: – Dài, lo faccio volentieri…
Loro due s’abbracciano impetuosamente per terra, in mezzo a una spianata a cespugli. Tanti tanti baci. Lei gli soffia nell’orecchio: – No, no, che qui c’è aghi dapper-tutto. Andiamo da me…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Verso mattina, anzi verso l’alba, la stanza di Roberta sembra anche piú giovanile: cosí sul semplice, piena d’abiti in disordine. E già una certa luce dalle finestre.
Lei dorme tranquillamente sotto le coperte (letto stretto, a una piazza sola), con espressione serena.
Lui in slip e calzette raccoglie la canottiera da terra e se la mette. Fa poi per prendere la camicia, davanti allo specchio; ma ecco un raggio di sole, un brillio da vetrina di Montenapoleone: l’orologio-braccialetto di lei lí sul comò, insieme all’accendino Dunhill e al portafoglio coi soldi.
Franco prende l’orologio e guarda l’ora; lo mette giú.
S’infila i pantaloni. S’accende una sigaretta col Dunhill, lo osserva un momento, e se lo mette in tasca. S’infila anche la camicia, se l’abbottona bene, prende su l’orologio e il portafoglio, e si mette in tasca anche quelli.
Si guarda in giro. Si guarda allo specchio, osserva la faccia. Vede lí sotto un anello in un portacenere, lo prende, scuote la cenere nel portacenere, lo intasca. Si guarda intorno, non c’è piú niente.
Lei continua a dormire placida. Lui scompare in punta di piedi.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Roberta si sveglia passato mezzogiorno, se ne accorge dopo un’ora, esce di corsa a vedere se c’è ancora la macchina, e c’è ancora su la radio, l’unica cosa che le sia rimasta. Fa un paio di corse cretine avanti e indietro, e quando torna alla villa trova gli altri che le ridono in faccia seduti a tavola, col loro prosciutto e melone e della birra fresca lí davanti; neanche il sollievo di sfogarsi prendendone a botte qualcuno. Servirebbe solo a farla pigliare in giro da tutti come una povera scema, con delle urla di «te l’han fatta finalmente!» (e a denunciare tutto il furto in questura non ci ha neanche pensato, perché tanto serve soltanto a finir nome e cognome nella cronaca di un qualche giornale, e poi in città c’è sempre qualcuno che vede la notizia e fa delle chiacchiere balor-de e pensano poi tutti chissà che cosa).
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO TERZO
Un bel sabato ai primi di settembre: qualche mese do-po, perfettamente abbronzati, a casa tutti. È una villa della metà Ottocento, col suo bel giardino e la vasca dei pesci con lo zampillo, muri alti intorno, lanterne sui pi-lastri del cancello vecchi alberi e pergolati, berceaux, sedili e statue di cemento; e ha struttura di palazzotto: piano rialzato e primo piano, parecchie sale e salotti divisi da arcate, porte a catenacci, portiere a coulisse, tendoni; tappeti, vetrate, parquets, camini e caminetti, trumeaux di parecchi stili diversi; piú di un salottino, o piccole stanze di passaggio con quadri ovali, vasi e mazzi di fiori, angoliere, e angolini per appartarsi; il biliardo; sportelli di montacarichi e portavivande; una scala abbastanza scenografica dalla hall del pianterreno a quella delle stanze da letto; e finestroni sul viale della tenuta, con pioppi abbastanza antichi. La periferia della città non è ormai piú tanto lontana, ma ci vuol sempre qualche chilometro per arrivare alle prime case e ai distributori di benzina. È una mattina presto.
Animazione, movimento di fornitori e di servitori, e un vivo trambusto. Sta per cominciare una giornata di festeggiamenti per le nozze d’oro dei nonni di Roberta e di Sandro. Saranno le otto, otto e mezza. Ai nonni loro hanno chiesto con insistenza di stare a letto, di non alzarsi fino alle nove, per non trovarseli già stanchi prima della cerimonia, che è fissata per le undici e mezza in Duomo; ma dalle loro stanze si sente che strepitano, trattano male tutti, vogliono alzarsi a ogni costo, venir giú a controllare i preparativi; e pretendono d’essere informati di tutto quello che succede. Il nonno è un vecchio pieno e pesante, piú alto di Sandro, smorto, piuttosto rumoroso, parla sempre forte anche negli ambienti piú piccoli, porta corti i capelli bianchissimi, e vestiti Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi scuri molto ben tagliati. La nonna è una finta timida, in-sinuante, un po’ balbuziente, anche bugiarda, coi suoi difetti di pronuncia, affetta di tirarsi indietro in ogni occasione, con ostentata finezza; ma in realtà è una ostina-tissima, piena di pretese, prepotente, non rinuncia a niente, ricca, gretta, non tace neanche a ammazzarla.
Mentre due o tre cameriere spostano i mobili, allungano un tavolo, trasportano piatti e bicchieri e argenterie (ed entrano uomini con pacchi, pasticceri con dolci, chierichetti con paramenti sacri, contadine a scuriosare, il giardiniere con le nuove rose, un mucchio di dipen-denti col pretesto di portare funghi o bottiglie), Roberta e il fratello, già mezzi vestiti, fanno passare la posta appena arrivata: addirittura pacchi di lettere, telegrammi, congratulazioni, auguri. Sandro, lei continua per scherzo a chiamarlo con nomi di calciatori e d’attori, ma in certi momenti sembra quasi piú vecchio di lei; pare piú alto, perché è cosí magro, molto elegante, vestito quasi sempre di scuro (perché gli sta meglio che non le cose sportive), tante volte col gilet, con dei tipi di giacche lunghe e molto avvitate, con gli spacchi, sempre le sue camicie coi bottoncini sulle punte del colletto, capelli li-sci, pettinati con la riga: tenero, forse fin troppo carino.
Le vuole molto bene.
Forse però le sta dietro anche troppo: sempre con le mani sulle spalle di lei, la prende per il braccio nudo, le parla all’orecchio sfiorandola, le tira i capelli per scherzo, la aiuta a vestirsi, togliendole di dosso piú frappe e gioielli che può: – Semplice, semplice, devi stare, se vuoi star bene, dà retta a me, via, via quei brutti colori, bisogna saper scegliere una volta per tutte fra il Saint-Tro-pez e il Luigi Quindici! – Sta sempre tentando di cam-biarle pettinatura, di farle bere dei cocktails degli Anni Trenta, di nasconderle certe scarpe. Ed è convinto di saper far da mangiare benissimo.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi La lettura della posta va avanti fra interruzioni conti-nue: ancora mezzi spogliati, in vestaglia, continuano a andare avanti e indietro dalle sale alla cucina, e su e giú per le scale; prendono una lettera e la lasciano, assaggia-no i diversi tipi di tartine, riprendono i telegrammi, un salto per tirar diritta una tovaglia storta, s’infilano una calza e non trovano l’altra, dànno disposizioni alle donne, mettono dei canditi in piú tra la frutta, cacciano via dei gattini e dei cani, prendono in giro i parenti prima ancora che arrivino, Roberta in vestaglia indiana di foulard col suo mazzo di chiavi in mano apre un armadio e dà una pila di tovaglioli a una cameriera vecchia, Sandro in camicia bianca e calzoni scuri, un pullover blu buttato sulle spalle, bellissime pantofole rosse ai piedi, si spinge fino alla loggia, scende un paio di gradini, dice qualche cosa ai garzoni dell’Alemagna che son lí fuori col loro camioncino, e stanno disponendo sul prato i cavalletti e le assi per la tavola del buffet freddo, e torna subito dentro quasi di corsa. Lo insegue una cameriera trafelata: – C’è già qui una zia che arriva!
La Roberta, davanti all’armadio aperto, si volta già ir-ritata fra le ante: – Oh, Madonna, sarà quella di Piacenza, già qui a quest’ora… Guarda un po’ te…
Ma lui non fa neanche in tempo a voltarsi, la zia di Piacenza è già dentro: sui cinquant’anni, la Giuseppina, vispissima, invadentissima, un po’ ordinaria, sempre un trionfo della seta imprimée, molto 1936. – Ho pensato di venir presto, perché ho pensato che se c’è da dare ma mano a quei due ragazzi là… son qui!… Lo zio vien piú tardi, perché è rimasto giú con l’altra Lancia, per via dei coltivatori diretti a Milano… E mia suocera, cari miei, non l’ho mica portata, perché alla sua età, e in quelle condizioni lí, cosa volete che vi dica, la responsabilità di muoverla per tutto un giorno, uno non se la sente!
Lo zio, niente, sarà anche stato brillante e gran lavo-ratore da giovane, il Cesare, ma ha fatto relativamente in Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi fretta a rincoglionire, e per di piú invece di ingrassare é dimagrito: niente, una di quelle figurette coi disturbi continui alla vescica e sempre le stesse barzellette mai spiritose, quando una classe sociale riesce a risolversi tutta intera in commedia dialettale. Gli piacerebbe la tranquillità, però ormai non gli va piú bene neanche Malagodi, per di piú lo fanno giocare a golf a Monza, e lui non ne avrebbe nessuna voglia perché non deve fargli neanche bene, ma ogni tanto si lascia trascinare dalla Giuseppina, ha la sua mezz’ora di agitazione inutile, stanca tutti gli altri, finché lo lasciano lí e lui ricasca nell’umore torpido solito. Lei è una di quelle zie anima-tissime e pessimiste sempre un po’ troppo ben vestite rispetto a qualunque occasione, e che poi parlano anche sempre a voce un po’ troppo alta: quindi che fastidio.
Ma finisce per occuparsi talmente tanto di se stessa (e dei suoi abiti, e come le stanno, e come ha dormito, e come ha digerito, e cosa si sentirebbe di mangiare, e co-sa le ha detto il ginecologo, e quello che farà l’estate ventura se la Borsa sta lí, e come metterà a posto il salotto giallo coi tavolini presi alle aste a Milano), che gli altri riescono quasi sfacciatamente a piantarla lí, che parla e discute col suo bicchierino in mano di Punt-e-Mes.
– E quei due vecchi là di sopra, cos’è che fanno? Son già su?
– Almeno per stamattina, gli abbiam detto per piacere di non farsi veder giú fino alle dieci, – fa la Roberta, contando i tovaglioli in mano alla cameriera.
Tirando giú il cappello, sfilandosi i guanti, e sventolan-dosi il petto, la zia bacia abbondantemente Roberta e anche un po’ Sandro. – Ma tua nonna, come fa a resistere, lei che è sempre su alle sei tutte le mattine estate e inverno?
Si toglie un bolero, e si dà da fare con la borsetta.
– Senti, – le fa Roberta; – in chiesa, tanto, fino alle undici e mezza non ci si va; e con tutto il movimento che ci sarà giú qui quest’oggi,..
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi La zia, seduta, alza i guanti e interroga: – Al regalo ci avete pensato, eh, fra tutti e due?… Io, per me, trattandosi di nozze d’oro ho fatto una cosina in oro… ce l’ho qui… speriamo che piaccia.
– Cosa vuoi fargli d’oro, che han già tutto? – sempre la Roberta. Ma chiude a chiave l’armadio e va nell’altra stanza. Sandro gira un po’ a vuoto intorno alle bottiglie del bar. – … Poi, tanto, alla nonna, sai bene che a lei non piace niente… Abbiam pagato noi due i contributi unifi-cati che come sberla quest’anno è stata mica male rispetto all’anno scorso… e cosí è contento anche il nonno…
tanto a lui piace sempre tutto…
Torna Roberta con una grande insalatiera vuota. –
Preferiscono anche loro, sai meglio di me come va la campagna in questi anni … – … C’è mica tanto da sbilan-ciarsi, – dicono insieme lei e Sandro. E lui: – … e anch’io per esempio che volevo pigliarmi la Porsche finisce che tutto quest’anno vado ancora avanti con la mia. – Bravo bravo, – fa la zia subito.
Roberta le arriva vicina. – Senti, piuttosto, tuo marito non va mica via subito dopo mangiato, eh, perché il primo momento di calma vorrei sentire un po’ di quella fornace… – Ma la zia la interrompe e si rivolge a Sandro: –
Perché poi, con quei tuoi amici là che avevano tanto in mente la plastica, non avete piú combinato?… No, perché… – Sandro e Roberta alzano le spalle, scuotono la testa, guardano per aria, ribattono che è questione di di-mensioni, e quella roba lí, se non son proprio complessi già in grande e già piazzati, non conviene. Ma lei: – Se è per noi, ci siamo già messi in società in tre, con mia suocera e sua sorella, e si vorrebbe tenerla tutta noi quella fornace là che ha rilevato il Cesare… Se va avanti cosí in quattro o cinque anni abbiam fatto il calcolo che ammor-tizziamo… – Roberta la interrompe: – Si, va bè, pazienza, quella lí è andata, però, scusa, vorrei sentire lo stesso…
Tuo marito, che quelli lí li conosce tutti… appena salta Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi fuori qualche cosa ancora… saperlo in tempo… perché per esempio a metterne su una nuova io non mi fiderei mica tanto, qui dalle nostre parti… Non può mica andare sempre avanti cosí col boom dei laterizi… No, piuttosto, senti, qui fra noi si pensava a un paio di cose piú mode-ste, anche per non investire tutto insieme… e che poi piú avanti si potrebbero anche allargare un po’… metti un garage, con l’elettrauto, magari con la carrozzeria…
Sandro è impaziente: – Già, e poi chi te lo fa andare avanti? Se non stai tu lí tutto il giorno… Bisogna stargli dietro troppo a quelle cose lí… altrimenti figurati se non me lo sarei già aperto il mio pub inglese a Milano, con sempre due o tre piatti caldi buonissimi per gli impiegati a mezzogiorno! Il fatto é che chi si fida a darlo in gestione?
Roberta ripiglia: – Sí, va bè … ma sai, anche per fra-zionare un po’… sapete bene anche voi, no? … per non avere proprio tutto impegnato nella campagna, con lí dei capitali immobilizzati che ti rendono meno dell’uno per cento… e la nonna che da quando è nata continua a prendersi delle scottate in Borsa e non ne ha mai basta…
Il trambusto aumenta. Si sentono dal piano di sopra improvvisi rumori di rubinetti, sciacqui, scambi di paro-le irose ad alta voce, oggetti che rotolano, fracasso di finestre o porte sbattute violentemente, anche un cane.
Entra dal cortile un contadino e si rivolge a Roberta con aria interrogativa. Prima ancora di dargli retta, lei fa segno a Sandro: – Va su tu un momentino, fammi il piacere, che quelli là son già due ore che si agitano, e chissà cosa stan combinando…
I fracassi di sopra infatti continuano, e la zia sembra costernata: – Ma è mai possibile, quell’uomo lí, anche stamattina s’è messo a far le correnti per le stanze!…
Il contadino insiste con Roberta: – Dice cosí se può far piacere a venir giú in stalla adesso!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Roberta si toglie la vestaglia e la butta a Sandro. –
Tè… te l’ho mica mangiata… mettitela via… – Lui la piglia abbastanza deluso e lei rimane in abito senza maniche. Esce seguendo il contadino. La zia prende Sandro sottobraccio e trascina fuori anche lui. – Fammi un po’
vedere come avete messo giú lí…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Roberta in stalla cammina col capostalla lungo una fi-la di vacche in piedi e coricate, piuttosto decisa e fretto-losa, e abbastanza di cattivo umore. – Appena vengono i camion, allora siamo d’accordo. Non è necessario che gli stia dietro anch’io, che stamattina non ho proprio tempo. Tanto, quelle che vanno via sono le tbc da questa qui a là in fondo..
Il capostalla fa un gesto di obiezione, fra dispiaciuto e seccato, ma lei non lo lascia neanche parlare. – No, guardi, Galbiati, io su questo discorso non ci torno piú su. tanto ormai lo sa che abbiamo parlato e tutti i conti li ho fatti… Da questa parte chiudiamo e non se ne parla piú, perché d’andare avanti in perdita son stufa… A far venire delle olandesi caso mai si fa sempre in tempo per l’anno venturo… Tanto non capita mica solo a noi, si guardi un po’ in giro nelle altre aziende… quindi è chiaro che ho ragione io…
Attraversa la hall della villa mentre dall’alto delle scale i boati aumentano; lei alza la voce verso il primo piano: – Subito non posso!
Prosegue diritta, arriva in cucina, lí trova Sandro abbastanza tranquillo in mezzo a pentole e coperchi sui fornelli, e le sorride calmo, con aria soddisfatta: – Cordon Bleu! Qui va bene… va bene… Guarda un po’ piuttosto come han messo giú la tavola di là… – Fa dei gesti di dubbio con le dita, poi le va dietro in sala da pranzo.
La tavola è quasi pronta, e molto carica. Una cameriera sta girando attorno disponendo delle saliere e delle mandorle, e alza quasi disperata la testa: – Il signor Eu-genio è su che vuole innaffiare anche oggi…
Ma Roberta sta controllando a bassa voce la disposizione dei posti. – Allora qui la nonna… lí il nonno… lí Don Giovanni… – E allora lí il commendatore, – suggerisce lui.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Insieme, attraverso un’infilata di porte, intravvedono la zia di Piacenza in un salottino che sta sfogliando un gran fascio di posta con aria attenta e curiosa, e Sandro si secca subito: – Arda, arda lí, la solita, che vuol saper sempre tutti gli interessi… No, no, quella lí non si può mica mai lasciarla sola un momentino…
La Roberta, a bassissima voce, gli fa: – Corri lí un secondo, portagliela via –. E poi, a voce altissima: – Sandro, ma cosa aspetti a andar di sopra, che chissà quante cose han bisogno!… – Addirittura urlando: – Ecco, va’, va’ anche tu, zia, che chissà come son contenti!
Sandro si è avvicinato alla zia e le prende di mano la posta. Lei si volta disinvoltissima con un sorriso. – …
No, perché appunto ero qui che ve le aprivo per metter-le tutte in ordine… Arda, quanti telegrammi… Anche quella povera ragazza là s’è ricordata. – Avete sentito, poi, con quel fibroma?… – E fa energicamente dei gesti negativi con le dita. Sandro prendendole anche quelle poche lettere che ha ancora in mano l’afferra per un braccio e la spinge. – Sí, sí, certo. brava, cara, grazie, hai fatto benissimo… Però, intanto, adesso, andiamo di sopra, ecco, guarda… – Lei non ancora convinta si guarda in giro un po’ inquieta, e poi dà un’occhiata improvvisa in giardino col dito puntato: – Ecco, ma per esempio tutta quella roba lí fuori, non c’è nessuno che ci sta dietro? – Lui senza mollarle il braccio passa le lettere alla Roberta, e intanto spiega: – No, grazie, guarda, ma a quella roba lí ci pensa tutto l’Alemagna, del resto lo fan tutti i giorni… – E Roberta interrompe con altri chiarimenti: – Tanto, lí fuori, è solo per i giovani, il buffet … I vecchi, li sediamo tutti bene qui dentro a tavola … che tanto, la nonna, sai che lei è convinta che come si fa da mangiare qui in casa non è capace nessuno…
Sandro sta accompagnando la zia spingendola su per le scale, ma appena fatti i primi gradini torna indietro. –
Scusa per un attimo, eh, va’ su tu adesso, che io vengo su-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi bito, diglielo… – E torna quasi di corsa dalla Roberta. –
Le ha mica già aperte tutte, quella là? C’è mica roba per me, hai visto? – Lei sta già sfogliando le buste e glie ne dà metà. E avanti ancora coi telegrammi, tra scoppi di fou ri-re quando ne capita qualcuno un po’ troppo ridicolo. Li posano, li prendono, li lasciano cadere, e intanto aprono il forno, controllano il ghiaccio secco dei gelati, tagliano il gambo ai garofani. Poi li ripigliano. – Vuoi sentire anche tu se il vino è giusto? – Ma a un certo punto si vede nel mucchio una lettera nettamente piú volgare di tutte le altre, come busta e come indirizzo. Quasi non si legge.
Lei senza neanche guardarla glie la dà. – Questa è di un altro dei tuoi amici simpatici –. E lui, subito: – Sarà del bello d’una delle cameriere –. Poi vede l’indirizzo e glie la tira indietro con due dita, e un «tzè» di dileggio.
E va avanti, mentre lei la prende con aria dubbiosa, esa-mina l’indirizzo, e l’apre, poco interessata. – Te, ancora un po’ che vai avanti a licenziare quelli dei caseificio, un giorno o l’altro uno ti fa la pelle…
Ma lei, dopo una lunga pausa, inaspettatamente, con voce tutta cambiata in grave gli fa: – Ma dài!… Piantala!…
Lui la guarda un po’ stupito. – Eeeeh… chissà cos’ho detto!…
S’avvicina, e fa per dare un’occhiata. Visto che allunga il collo, lei glie la dà da leggere.
Pausa.
Senza eccessivo stupore, ma con un fondo di serietà e d’interessamento, lui le domanda: – Ma con chi cazzo sei andata?
Lei ha fatto un paio di passi avanti e indietro, agitata, riflettendo. Risponde un po’ secca, a voce bassa:
– Ma niente… una stupidata al mare… chi andava a pensare…
Lui la guarda un’altra volta. La lettera è di Franco.
Dice che viene, e chiede con insistenza di vedere la Roberta; e il tono è cosí caldo che potrà anche sembrare in-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi genuo, tutto sommato, però a prima vista si può scam-biar facilmente per una faccenda ricattatoria.
Domanda ancora:
– Ma tu hai capito cosa vuole questo?
Lei rimane lí.
– Appunto… va a sapere, adesso…
Lui chiede stupito:
– Ma questo qui, perché?… Chi sarebbe?
Lei sbuffa, evasiva:
– Mah… non so… niente… una sera…
Lui insiste:
– Ma l’ho visto, io? Me l’hai fatto vedere?
Lei scuote la testa.
– No, no …
Lui non molla.
– No, ma… perché… secondo te… è uno che può far dei brutti scherzi?
Lei si stringe nelle spalle.
– Eh… beh… nel suo piccolo…
Due o tre automobili entrano in giardino, e cominciano a circolare davanti all’entrata, frenando sulla ghiaia.
Loro due s’interrompono bruscamente. – Oh, Madonna, che son già qui! – Cos’aspetti, te, a cambiarti? –
Andiam su subito, dài!
Mentre corrono su per le scale, entrano tanti di quegli invitati che sembra che sia arrivato un pullman.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Di sopra, un vento furioso nella hall fra le stanze e nei corridoi. Porte aperte, vetrate che sbattono, stanze ancora un po’ in disordine, tende e tovaglie che volano; scrosci d’acqua dai bagni; e in fondo, su un terrazzo, il nonno beato con canne e con brocche, e con le bretelle dello smoking.
Si volta verso di loro, squillante:
– Già lavato! Già vestito! Sempre pronto! Un momento, e ho finito anche con le piante! Mi raccomando, la mia caraffa verde in tavola anche oggi! Avete fatto gli auguri a vostra nonna?
Ma la zia esce sul terrazzo, pronta al rimprovero:
– Ma guarda con la tua acqua, intanto, che disastro!
Bagnato in tutta la casa!
Sandro gli si avvicina. – Son già giú che arrivan tutti…
– E intanto Roberta cominciando a slacciarsi l’abito passa rapidamente davanti per andare in camera sua a vestirsi. – Se avete bisogno di niente… giú tanto c’è pronto tutto…
Però il nonno guarda verso l’unico corridoio scuro, esclamando: – La mia Dulcinea!
Emerge dal buio scivolando in pantofole la nonna Fanny, come un topone nero, coi suoi occhiali rotondi, e un fascio di buoni del tesoro che sta tagliando con le forbicine da unghie. Non guarda in faccia nessuno.
Il nonno insiste, allegramente: – Dulcinea del Toboso!
Ma la nonna non dà segni di buon umore. Borbotta a bassa voce: – Aspetta… le cedole… dove l’hai messa la ceralacca? …
Entra in una camera, fruga su un comò, dentro una ribaltina, trova una lente, la prova guardando i suoi buoni, li chiude tutti a chiave nei vari cassettini, fa scattare un lucchetto sulla ribalta, ed esce.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Li ho chiusi nei tuoi cassettini, – dice al nonno, – e una chiave la tengo io nella borsetta, l’altra tienila te nel taschino destro del gilet, che col va e vieni che c’è oggi in casa….
Il nonno si avvicina e le domanda: – I biglietti da mille nuovi, me li hai messi da parte per le mance?
Lei, senza neanche guardarlo in faccia, borbotta: –
Nuovi o vecchi, sta sicuro che li prendono lo stesso, e poi non ti dicono neanche grazie.
Il nonno replica: – No, ma vedi, trattandosi di un do-no, è diverso. Lo sai che ci tengo che siano nuovissimi, non importerà agli altri, importa a me.
Lei, sempre a testa bassa: – Tanto non li guardano neanche, vanno subito a spenderli tutti… Io per me da-rei sempre i piú stracciati…
Vede lí Sandro e lo prende per un braccio. – C’è giú tua sorella? – E indica col dito verso il basso.
Lui risponde: – No, è lí in camera sua che si veste.
Immediatamente lei gli fa: – Allora mi fai il piacere, vai giú subito tu, oppure la mandi giú subito lei. Lo sai che ci deve esser sempre qualcuno a guardare. Quando uno è su, l’altro deve star giú.
Poi si volta alla zia, secca: – E te! Tuo marito! S’è mi-ca ricordato della mia assicurazione! Ciaveva solo quella cosa lí da pensare, ma io non ho ancora ricevuto niente!
Da un altro terrazzo, con alle spalle un formicaio d’invitati che invadono il giardino, il nonno lietamente annuncia: – La nebbia agli irti colli / piovigginando sale!
– Con la sua brocca in mano, dà una sventagliata d’acqua a un vasone di tropeoli. – Il mio brindisi l’ho mandato a memoria! Sentirete, tutti!
Ma la nonna ha afferrato la Roberta mezza svestita nella sua stanza e se l’è tirata dietro nel suo corridoio scuro. Entra decisa nel suo salottino: – … perché qui, con la scusa delle nozze, stamattina intanto non ci siamo neanche riunite… Telefona subito a Milano.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Va a sedersi al suo tavolino, col suo registro davanti, e comincia a battere con la sua stilografica.
Roberta protesta: – Lasciami vestire, dài, che è tardi.
Ma lei: – Spetta lí.
Roberta insiste: – Ma tanto la fornace è andata per aria, Insiste anche lei: – Quella, c’è tempo.
Prende «24 ore» e glie lo passa. – Guarda qua piuttosto. E telefona subito.
Roberta prende il giornale e prima ancora di guardarlo domanda: – Van giú?
La nonna sorride con orgoglio: – Van su!
Poi: – L’avevo detto. Telefona subito.
Roberta si porta il giornale nella sua stanza, e dopo un po’ Sandro la trova lí praticamente pronta ma ancora al telefono con Milano: – … col ragioniere, sí… allora che mi chiami lui subito appena torna… e intanto naturalmente di non vendere… sí, sí, non vendere… e chiamar-mi per favore subito, che poi esco… grazie.
Sandro le mette giú la cornetta.
– Ma non sei ancor pronta? Qui bisogna andar giú.
Lei meccanicamente si spazzola, e si sta mettendo i gioielli: leggermente troppi.
– Dài, che t’aiuto, fa’ in fretta! – le fa lui, e invece di mettergliene su glie ne tira via.
Lei già un po’ nervosa s’infastidisce.
– Ma cosa fai! Sta’ su!
Lui continua a ripetere i soliti consigli:
– Ma non hai ancora capito che tu stai bene solo sul semplice? Pochi colori, poco trucco in faccia, gioielli il meno possibile.
Roberta si stufa e diventa quasi cattiva.
– Dài!… che oggi non è la giornata!…
Lui insiste.
– … Anche perché cosí non li perdi… non li lasci in gi-ro… non torni senza…
Lei non ha neanche il tempo di reagire perché si sente Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi la voce d’una cameriera che urla dal pianterreno: – Signorina, telefono!
Roberta grida: – Passatemela qui di sopra!
Prende l’apparecchio. – Ah, è lei, ragioniere? Pronto?… Ah, scusi… Come?… – Ascolta cambiando bruscamente espressione. – Buongiorno… sí… sí… – La voce suona un po’ strangolata, mentre fa segno a Sandro che si tratta di quello della lettera. E Sandro rimane un po’
stupito, ma con una punta di divertimento, senza pren-dersela troppo a cuore: le fa segno d’arrangiarsi come può, ma di cavarsela possibilmente in fretta.
Lei sta rispondendo in maniera molto vaga e secca: –
Già… perché… io… direi… no… ho un daffare…
Entra bruscamente la zia, con gli occhi fuori dalla testa e un tono fin troppo confidenziale e villano: – Ma siete matti? Cosa fate lí ancora, che stanno andando tutti in chiesa!
Arrivano infatti di sopra urlando dalla gran festosità la zia Chiarina, la zia Rina, lo zio Luigi, la zia Piera, la zia Jole, lo zio Mario, la zia Marie, la zia Annie, lo zio Gino, lo zio Guido, lo zio Enrico, la zia Pinuccia con lo zio Giampiero, la zia Marisa con lo zio Carluccio, e la Tina, e la Lia, e la Mimí, e l’Annibale. Gli altri sono già tutti avanti in Duomo!
Roberta chiude la comunicazione il piú presto possibile, con una vocina soffocata: – … Sí … va bene … non so… va ben, ho capito… non credo … sí, forse …
Subito nella hall vengono risucchiati dalla nonna che s’infila i guanti e dal nonno che si mette a posto il fazzo-letto e dice a Sandro «tu dammi sempre retta, è molto meglio Vienna», e si precipitano tutti giú per le scale. Ru-morosi festeggiamenti con battimani in giardino, pieno di gente fra gli ombrelloni e i dondoli: i tacchi delle signore affondano malamente nella ghiaia, e una fila d’automobili di tutti i colori intasa il cancello, con parenti in abito festi-vo che salgono e molti vecchi coetanei dei nonni sistemati Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi faticosamente sulle macchine quasi tutte sportive e de-cappottate con dei nipoti giovani al volante.
Sandro la tira di corsa nella sua macchina, e partono senza parlare verso la chiesa, proprio neanche una parola perché sulla macchina han dovuto prender su due sceme che stanno attente a tutto. Però lei subito legge nelle sue occhiate una serie di domande chiarissime: ha fatto presto a arrivare, hai idea di cosa voglia? soldi com’è probabile, o far davvero l’amroe ancora come scrive, o magari farsi trovare un posto per lavorare? sarà mica stato malato?… Rimbombo assordante di campane e campanoni, in un sole accecante, nella piazza del Duomo, bianchissima, invasa dalle macchine di tutti i colori che stanno arrivando tutte insieme, con voltate disordi-nate e frenate brusche e le grida dei vecchi davanti al portone addobbato con paramenti festosi, appena appena agitati dal vento. E giú vecchini col cappello e coi baffi, vecchie coi capelli bianchi tagliati corti e un po’
blu, nonne di mezza età grosse e vistose in lungo, qualche magra disinvolta molto sul lucido, amici sportivi di Roberta e di Sandro, attillati e cotonate, cuginetti e bambinacce: escono formicolando festosamente dalla colonna di macchine fra strette di mano, scappellate, scappellotti, manate, robusti convenevoli dialettali: «Ui tí!» «Tel chí!» «Se ghè!»
Poco dopo, tutti già a posto nei banchi e fra le sedie, perfettamente schierati, tutti in piedi, immobili, silen-ziosi, composti. I nonni al centro, circondati da un re-cinto di calle. E la zia che lacrima ininterrottamente in una pagodina di felci, come una congiunta di Tarzan.
Boato d’organo. Tutti a sedere nello stesso tempo. Né bisbigli né ammicchi.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Subito dopo il Sanctus Roberta ancora un po’ agitata s’alza con una certa freddezza ed entra nella sacrestia.
Sandro poco dopo la segue, e negli occhi della zia di Piacenza tutti – chiaro come al cinema – leggono per un momento «è incinta, corre a abortire», o anche «è dro-gata, scappa a farsi l’iniezione». Invece siedono su una cassapanca a muro, in atteggiamento molto disinvolto, come in una sala d’aspetto, accaldati lui con le gambe accavallate, lei che si mette a posto i capelli, in questo ambiente scuro foderato d’antoni lucidi di legno cupo, con qualche quadro di santi, e un baluginar di paramenti sacri da qualche sportello socchiuso.
Stanno discutendo vivacemente, con aria piuttosto preoccupata.
– Ma almeno senti un po’ prima cosa vuole…
Lei si è tolta l’orologio e glie lo muove nervosamente sotto il naso.
– Cosa… cosa vuole?… Non vedi che son le dodici e un quarto e lui ha detto chiaro che è lí all’una?
Lui riflette, con una certa calma.
– Eh, ma però, pensaci… un momentino… perché andar là coi carabinieri mi sembra proprio una roba… un po’…
Lei diventa sempre piú inquieta.
– Un po’, cosa?… Eri lí anche te, hai sentito… no? Inca-strata lí al telefono, cos’è che dovevo dirgli, anch’io… alla sprovvista, che nessuno se l’aspettava… Mi fa, sono appena arrivato col camion, voleva qui addirittura alle dodici al caffè davanti al Duomo… già tanto se m’è venuto fuori di dirgli all’una al bar della stazione… vorrei veder te…
Lui fa un gesto scocciato, tipo «cosa devo dirti? e io cosa cazzo c’entro?»
Ma lei è là piú aggressiva:
– … O vuoi andarci te?… Io, per me…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lui si stupisce:
– Andarci io, perché? Non so neanche che faccia ha…
I pasticci sei te che li combini… E qui, con tutto sto daffare… son cose neanche da dire!
Però …
– Ma tu che lo conosci, di’… è uno che può essere pericoloso?…
E lei:
– Ah, se è per quello… non è certo uno che s’accontenta a metterlo lí con la sua fetta di torta… Se all’una non vede nessuno, capacissimo quello di venir lí in casa a disturbare…
Nuovi muggiti dell’organo. Di là, tutti compostamen-te a testa bassa. A un gesto del prete, su tutti in piedi, fra i pilastroni a fasce colorate.
– Cosa vuoi che sappia, anche il numero dei carabinieri? Almeno quello cercamelo te! – gli fa Roberta impaziente; e intanto piglia per la manica un chierichetto che sta passando: – Dov’è che ce l’avete qui il telefono?
Il chierichetto glie lo fa vedere su un tavolo, e Roberta fa il numero, mentre Sandro gli chiede: – Cosa man-cherà alla fine?
Il chierichetto va alla porta e si sporge verso la navata, allunga una mano indietro nel gesto di
«cosí cosí»: – Un dieci minuti, mica di piú.
Lei coprendo la cornetta con una mano gli sta dicendo a bassa voce: – Dice il brigadiere che devo andar lí anch’io, perché se non c’è la cosa della flagranza loro non posson far niente.
Sandro chiede: – Ma vengon lí loro, comunque?
– Sí, me ne mandan dietro due in borghese, dice che non può succeder niente, che qualsiasi cosa succede son lí loro.
Poi tira via la mano dalla cornetta e riparla forte: Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Sí, sí, allora grazie, di nuovo, tante cose… ci vediam lí davanti fra un quarto d’ora.
Tutti inginocchiati per la benedizione, e lei che passa vistosa, elegantissima, femminilissima, dirigendosi verso la porta.
Mentre sta uscendo s’alzano tutti di scatto, la messa è finita, la folla si volta tutta insieme verso la porta, in un tripudio di segni della croce con l’inchinetto e col bacio, e lei ce li ha dietro tutti in processione, tipo Giovanna d’Arco al cinema, con suoni d’organo fragorosissimi, in una uscita al sole fra protiro dipinto e bifore contro il cielo e monumento risorgimentale e facciata dell’ospe-dale e cartelli di sensi unici, e commozione, e tantissime espansioni affettuose, smodate. Non sono neanche piú nella stessa macchina, ma tanto Sandro glie l’ha detto chiaro: – Stamattina vedi bene che non posso far niente, devi proprio arrangiarti da sola –. E poco dopo, gran movimento con piatti e posate in mano tra il buffet freddo e le poltroncine e i tavolini, gran va-e-vieni intorno al tavolo dei vecchi, un po’ per ingozzarli con tanti auguri e un po’ per non lasciarli mangiar tranquilli ricordando le loro piú brutte malattie di famiglia. Vengono su dalla hall degli scoppi d’allegria quasi indecente, e Roberta oltre che guardar l’ora ancora una volta va stupidamente per un attimo anche davanti allo specchio (che cosa ci si guarda? gli occhi, le gengive, i capelli?); prende in fretta la macchina e attraversa la città. Non avrà forse un attimo di sollievo non vedendolo subito? Ma se lui manca stavolta, d’altra parte, non si risolve niente. Sembra che lo cerchi quasi con ansia…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Fra i platani del viale quasi deserto, all’ora che fan tutti colazione, vicino a un chiosco di bibite che ha fuori tre seggiole nichelate e per di piú rotte, Franco ridendo lascia lí la sua aranciata sul banco – «te la lí» – con lo stesso gesto da amico dell’altra volta.
– Arda, che ho qui una cosa per te…
Vuol dir cosa? Si china subito sulla motocicletta appoggiata a un platano e comincia a disfare un portapacchi tenuto da corde e da cinghie, imprecando un po’ coi nodi che non si sciolgono.
Lei rimane lí sospesa, e ha già dietro due figuri atten-tissimi in borghese, però identici ai gendarmi di Pinoc-chio. La si vede abbastanza indecisa e smarrita, non ha neanche risposto al saluto di lui. Invece quando i due le fanno un cenno interrogativo con la testa, fa segno meccanicamente di sí.
I due gli si avvicinano, sta ancora slacciando le cinghie, ma come gli mettono le mani addosso si tira su di colpo, con un soprassalto di collera e di paura, e ha in mano un cagnolino che ha tirato fuori dal portapacchi.
Gli allungano le mani sulle spalle, e gli vien subito un’espressione terrorizzata, ha uno scatto come per correr via. Ma i due lo tengono, e comincia a gridare: – Tieni qua un momento! – Le butta addosso il cane. – Giú le mani da dosso! – Si ribella urlando, con grandi strattoni, ma i due carabinieri, senza agitarsi e senza accenti dialettali, lo tengono fermo, gli dicono di star fermo, di non agitarsi, di fa-vorire in caserma, che quel che ha da dire lo dirà lí.
Però appena l’hanno domato uno dei carabinieri fa un lieve e goffo cenno di buongiorno militare a lei; e Franco vede; e la sua espressione cambia completamete, diventa interrogativa, infantile, drammatica.
– Ma sei stata te, sei matta! Cosa t’è venuto in mente a Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi chiamar le guardie? T’ho portato il cagnino, mi vuoi ro-vinare?
Lei rimane interdetta, stravolta, non sa cosa dire.
I carabinieri cominciano a portarlo via.
Lui agitatissimo continua a guardarla, gridando, di-battendosi.
– Ma cos’è che t’ho fatto, che ce l’hai sempre con me!
Poi, ai carabinieri:
– E la moto, che ce l’ho lí?
I due carabinieri si consultano con due occhiate.
Gli mettono le manette.
Poi, uno lo tiene mentre l’altro prende la moto e comincia a spingerla a mano.
I tre con la moto si avviano per il viale.
Lei rimane in mezzo alla strada, col cagnolino da mettere in macchina, e davvero non sa cosa fare.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO QUARTO
L’inverno è stato brutto, e ha fatto abbastanza freddo, con nebbia e parecchi incidenti sulle strade. Roberta in questi mesi non si è mossa neanche molto, non ha avuto occasioni frequenti di farsi accompagnare a Linate e poi tornare una settimana dopo con abiti o pettinature o mo-di di dire che continuavano a brillare a lungo prima di spegnersi nello smog. È stata invece quasi sempre in casa, parecchio tempo insieme agli amici; e sul suo giradischi andava sempre la sinfonia di Franck, quella cosí dolce.
La si vede ballare spesso con un ragazzo che somiglia abbastanza a suo fratello: alto come lui, magro, chic, con un bel taglio di capelli (vanno probabilmente dallo stesso parrucchiere e dallo stesso sarto). Giorgio parla come Sandro. Anche lui ha l’abitudine di parlare e di tenerle le mani addosso.
Sono tutti in abito da sera. È una festa del Lunedí di Pasqua, al Circolo. Come posto è grande, con sale e ve-rande e arcate; si vedono vetrinette in ombra, paralumi opachi, coni di luce pieni di fumo sopra i biliardi, lunghi corridoi con la passatoia rigata, e in fondo la sala da gio-co con gente seduta ai tavoli che non si cura del ballo; ma biblioteca piena di paltò ammucchiati col loro numerino sui divani di pelle e di gente accoppiata negli angoli fra gli scaffali dei libri della Medusa coperti di retina metallica. Nel salone da ballo i camerieri spazzano i residui di qualche festa di bambini, stelle filanti, berretti di carta, cocci della pentolaccia, mentre gli ultimi bambini vengono mandati a casa con delle uova di Pasqua e altri cotil-lons. Tutti spenti i termosifoni, ma un gran caldo. Parecchie tavole sono apparecchiate nelle salette, coi fiaschetti d’Orvieto su; e parecchia gente anziana cena fin troppo allegramente, tirandosi delle pallottoline e facendo un po’ di casino, come ombre vivaci sullo sfondo.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi I divani della veranda sono pieni di ragazze fin sui braccioli, ma non si vedono le loro facce; la luce bassa del salone arriva appena all’orlo bianco o rosa dei loro vestiti, o a illuminare qualche avanzo di salmone e di gin-and-tonic sui tavolini davanti. Roberta beve scotch in poltrona con questo suo amico Giorgio; escono anche molte volte insieme; e lui le sta piuttosto dietro. Ma anche Sandro è quasi sempre lí con loro. Fratello e sorella ballano anzi spesso insieme. Quando vanno al bar a be-re, ci vanno insieme Roberta e Sandro e Giorgio; e lei si volta continuamente dall’uno all’altro ( alti uguali, vestiti uguali, con gli stessi righini, lo stesso sorriso… ) Si vedono anzi parecchie volte Giorgio e Sandro stare insieme volentieri, parlarsi all’orecchio e ridere, anche senza di lei, nel vano d’una finestra o sopra un tavolino da gio-co, fumando e tenendosi per un braccio.
La festa si sta proprio afflosciando; e si vede che tra po-co frana nel tedio. Balla poca gente. L’orchestra fa una pausa lunghissima per andare a mangiare, e ci sono ancora degli spiritosi che ne approfittano per mettersi alla bat-teria; gli altri siedono tutti sui divani, quasi senza parlare e impazienti. Basta che qualcuno proponga di andare a finir la sera da un’altra parte, e parecchi escono subito.
Il gruppo può riempire un tre o quattro macchine.
Roberta con Sandro e Giorgio salgono sulla stessa, portando come tutti roba da mangiare e bottiglie.
La prima fermata è sotto la casa d’una ragazza che sta già andando a dormire cosí presto, Adriana. Lei si affaccia senza neanche scendere e dice che gli altri son stati lí fino a poco prima, però se ne sono andati poi tutti alla Roggera, una villa un po’ fuori in campagna, e lei si sta spogliando perché è stanca di andare in giro tutto il giorno. Roberta vuol farla rivestire e portarla con loro, e insiste; poi va su per cercar di convincerla. Attraversa con questa Adriana un paio di sale in grande disordine, con segni di un ricevimento appena finito dove si è anche Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi mangiato abbastanza, va con lei nella sua stanza, le fa un po’ di solletico, e siccome ha gli armadi pieni di cretinate le fa metter su i ciaffi piú sciocchi che riesce a trovare.
Sandro e Giorgio, rimasti in macchina col riscalda-mento e la radio accesa, fumano parlando di Roberta un po’ come se stessero parlando di una ex amante di tutt’e due. Sandro gli racconta che lei ha mandato Franco in prigione, e che gli hanno dato quasi un anno; ma glie lo racconta con una certa verve, magari involontaria, però calda; e a Giorgio tutta la storia piace molto, è chiaro che gli pepa.
Sono curiosi gli atteggiamenti di Sandro verso gli uomini della sorella, complessi, pieni d’insofferenze e di contraddizioni. Per Franco, un fondo di compatimento e di pena perché dopo tutto è andato dentro vittima di lei, è chiaro; però si sente anche una qualche punta d’anta-gonismo, come di gelosia; e anche una notevole curiosità
– si vede bene quando ne parla – all’idea che quello là sia piaciuto a Roberta, e le abbia fatto l’amore cosí bene insieme; e non importa niente che le abbia portato via tutto: è probabile che lei ci pensi ancora, qualche volta…
Con Giorgio, naturalmente, ci si capisce subito, al volo; si arriva perfino a qualche solidarietà alle spalle di lei; però si nota anche un certo nervosismo appena li vede star bene insieme, andar d’accordo; e allora, piccoli espe-dienti per separarli, bambinate, anche magari per pochi minuti. Ma il suo tono solito è abbastanza ironico…
Lei scende con Adriana e pare che si diverta molto a metterla in macchina a disturbare l’equilibrio fra loro tre. Sembra proprio che faccia apposta a buttarla addosso a Sandro, a infilarla in mezzo tra lui e Giorgio, e piú tardi a farla ballar sempre o con l’uno o con l’altro. Arrivano presto alla Roggera ma è buia e chiusa, chiaro che non c’è nessuno. Allora Adriana dice che sono di sicuro alla Cantarana – altri dieci minuti di strada – e infatti là Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi li trovano tutti: luci e rumori di festa già un mezzo chilometro prima.
Gli altri già arrivati stanno aprendo insieme ai padroni della villa le sale chiuse per l’inverno: spalancano mobili, tolgono le federe bianche alle poltrone e ai divani, accendono il camino e un paio di stufe a gas, mettono per prima cosa dei dischi sul radiogrammofono e aprono un bar enorme che gira sui cardini tutto lucido, con gli sgabelli.
Senza toccare i panneggi delle finestre, carichi di polve-re, si fa presto a mettere a posto tutto perché la festa va-da avanti bene. Parecchia gente va affaccendata su e giú per la scala che porta alle stanze da letto: chissà a cosa servono tutti quei piumini che vengono portati in giro.
In cucina preparano da mangiare; le bottiglie portate vengono aperte insieme alle altre appena prese in cantina. La cena improvvisata dev’essere per forza migliore di quella del Circolo con lo stesso menu tutti gli anni.
Ma non è una festa che stia svolgendosi intorno a un centro: girano per la casa irrequieti avanti e indietro sotto i ritratti delle bisnonne in cappello e bastone, sopra le consoles di stucco dorato scoprono delle curiosità o delle sciocchezze che si fanno vedere dietro le ante di legno dipinto in finto-legno; vanno volentieri di sopra, ma non si riesce a entrare nelle stanze da bagno perché c’è sempre dentro qualcuno. E si ha continuamente l’impressione che possano star succedendo crisi anche d’una qualche importanza per la maggior parte di questi qui – che si vedono e non si vedono, in giro senza fermarsi attraverso l’infilata delle camere, e su e giú per i vari livelli, ripeten-dosi volentieri «non entrare in crisi» o «riconosci i tuoi limiti» – ma in realtà non si capita mai su una scena espli-cita, aperta, rimane solo un’impressione. S’intravvede so-lo qualcuno che piange negli angoli, dietro un portavaso, si sentono arrivare delle parolacce incazzate non si capisce di chi, chissà dove, come un rumore di liti differenti, Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi si ha una sensazione come di rapporti che arrivano al lo-ro anti-climax, o seduzioni lasciate in sospeso da gente mezza ubriaca che dopo deve ancora guidare.
Roberta sembra quasi in trappola tra suo fratello e Giorgio – una fila di brevi incontri successivamente con l’uno o con l’altro girando sempre sola, su per la scala o davanti al camino, davanti ai fornelli della cucina dove cuoce il risotto, e Sandro pretende di fare il Carnacina, col berrettone bianco e tutto, e di fianco al risotto bolle già il caffè e sta scappando sul fornello – si ha l’impressione che durante questa festina lei veramente non veda e non tocchi altri se non Sandro e Giorgio, e se per un istante abbandona l’uno subito casca nelle braccia dell’altro. La si vede sempre meno serena e piú stanca.
Comincia a tagliare il formaggio, ma pianta lí subito.
Sandro, col suo berretto da cuoco in testa, si vede magari abbastanza spesso vicino all’Adriana, le parla, la lascia, le volta le spalle, le torna dietro, la piglia per le ma-ni, le dà da mangiare e da bere contro il muro, ma non riescono mai a sedersi. Roberta prende per mano Giorgio, salgono, provano diverse porte di stanze, ma sono tutte chiuse o occupate, piene di persone che entrano ed escono con i bicchieri in mano o un cuscino, o discuto-no ad alta voce dietro la porta chiusa. Giorgio le propo-ne di andar fuori insieme la domenica prossima. Val la pena? L’appuntamento è fissato; e sulla ghiaia del giardino stanno già voltando le automobili. Le ragazze si gettano addosso le pellicce, si aggiustano reciprocamen-te i foulards di dietro…
La prima domenica tiepida, in fine di pomeriggio, alla Roggera, in un gran soggiorno al pianterreno, con parecchie finestre neanche tutte aperte. Fuori si vede un giardino bagnato, e piú in là tennis, automobili, alberi.
Sullo sfondo, campagna e tramonto. Dentro, semplicemente divani comodi e scomodi, qualche mobile Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi dell’Ottocento massiccio, un tavolo grande, qualche poltroncina, un lampadario di Murano.
Giorgio finisce di aprire le persiane. Davanti al camino il padrone di casa sta accendendo la legna insieme a Sandro e a una ragazza che va sempre al mare con loro.
Entrano degli altri che evidentemente erano sparsi fra il giardino e il tennis, e adesso vengono dentro perché hanno freddo.
– Ma la legna piccola dov’è che la tenete?
– Ah, niente, con questo stoppone qui di pomice non c’è mica piú bisogno della fascina, guarda, è imbevuto di petrolio.
Infatti vien fuori grondante dal suo recipiente, col suo manico d’ottone.
– Ah, ma che bello!
– È un regalo!
– Brucia per tanto?
– Va avanti per delle ore, e va bene perché non ci si sporca.
Diminuisce la luce, entra anche Roberta, accendono qualche lampada.
– Hai visto lí che comodo?
– Sí, sí, fatti dire dove l’han preso…
Quelli che entrano dànno l’impressione che fuori faccia sempre piú freddo e umido: si sfregano le braccia, recupe-rano le loro giacche, domandano se ci sono in casa dei golf in piú. – Ciavete mica qui in giro dei plaid? – Vanno di sopra e chiedono per dove si passa. – Dov’è la luce qui? – Si buttano in poltrona, accendono le sigarette…
Un paio di ragazze pratiche della casa li accontentano come possono, scusandosi se mancano tante cose, dal momento che la casa è rimasta chiusa dal mese d’otto-bre, nessuno ci abita mai d’inverno, e da parecchi mesi non è piú stata riscaldata.
– Accendi un po’… lí vicino alla porta…
Cominciano a tirar fuori da bere. Sandro e le ragazze Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi prendono dal bar le bottiglie a due a due e i bicchieri a quattro a quattro ficcandoci dentro le dita, e li distribui-scono a quei due o tre che stanno piú vicini, fanno vedere le bottiglie in giro chiedendo a tutti cosa vogliono.
Il sifone è vuoto. – Senti, qui c’è della San Pellegrino, adoperiamola.
– Le salviette!… Di’… Piero!… Scusa, eh…
– Sta lí che vengo! – Salita e discesa delle scale, a turno, e piú gente che si muove intorno, rabbrividendo, che gente seduta; e ormai si cominciano a accendere le luci anche nelle altre stanze, segno che tutti stanno girando per la casa.
– Adriana, fammi il piacere, vacci te a pigliare il ghiaccio di là che oramai si sarà fatto.
Sono vestiti in modi vari, chi sportivo e chi con la cravatta, come se si fossero trovati insieme per caso, non per progetto. Certi si sono già un po’ cambiati; altri che giocavano a tennis tornano giú rivestiti piú o meno da città; e in genere si stanno mettendo su le cose piú pe-santi che hanno dietro, sdraiandosi uno dopo l’altro su poltrone e divani coi loro bicchieri in mano, sigarette, portacenere, e una radiolina portatile che trasmette i ri-sultati sportivi.
– … La solita roba che si tiene in tutte le case… Salami, formaggi, vino… Cosa ci vuole a portar su dalla cantina…
Perché, scusa, cosa ne diresti… Buona idea! Se ci pensate voi… Paola, fammi il piacere, il turacciolo a questa tiralo su te… Allora un bel risotto, per quanti siamo? …
In cucina, Sandro e Giorgio parlottano ridacchiando sopra i fornelli con delle pignatte in mano e acqua corrente che vien giú violentissima. Alle loro spelle, il padrone di casa e una delle ragazze affettano vigorosamen-te un salame.
Nel salone grande, selezione di dischi di successo, ma un gruppo di cinque o sei, tutti addossati e seduti a un angolo solo del tavolo con dei plaids sulle spalle, man-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi giano dei formaggi e parlano di formaggi, passandosi assaggi e tasselli sulle punte dei coltelli.
– Ecco, senti, questo è il tipo camembert che facciamo noi… Senti per piacere la differenza col vostro…
– Ma non ti va in briciole a te nel frigo, quando s’asciuga?…
– No, guarda, cambierà colore, stando lí, ma il mante-cato rimane sempre uguale…
– Beh, invece che col solito vino rosso, questo tipo di stilton qui, provarlo… avete mica provato, guarda, con porto, noci, uva passa… Lo presentiamo anche con una fascetta che lo dice…
Roberta con un pezzo di formaggio in mano arriva in cucina dove continua animata la cottura del risotto.
Giorgio e Sandro, senza giacca tutt’e due, si voltano dal fornello e aprono la bocca insieme. Lei divide il formaggio e mette i due pezzetti in bocca ai due, che non ado-perano le mani.
– Questo sarebbe l’olandese che fa il papà del Giovanni… Io glie l’ho già detto che va mica bene… Sentite un po’ voi…
Uscendo dalla cucina si scontra con l’Adriana che arriva con la bocca piena e un bicchiere pieno di vino.
– Questo qui è buono giovanissimo… con qualunque rosso!
Roberta la sbatte contro la porta e comincia a farle il solletico.
– Cosa, giovanissimo! … Cosa!… Cosa! … Porcona!…
L’altra starnazza sempre a bocca piena.
– Stupida… Dài… Sta’ su … che m’ingozzo… Finiscila, dài, che mi bagno tutta … che chiamo qui il Piero …
E scappa in un’altra sala finora chiusa e semibuia do-ve stanno volando le housses e si srotolano i plaids presi dalle automobili per star tutti piú comodi con piattini e grissini intorno a una forma di parmigiano-reggiano.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi In cucina Sandro assaggia il risotto allo champagne e quello al gorgonzola discorrendo con Giorgio.
– Ma cosa vuoi badarci, a quelle cose lí… che ha sempre fatto cosí anche con me … La Roberta ha quel carattere lí, ma son stupidaggini …
Giorgio esce dalla cucina rimettendosi la giacca, ma trova sulla porta la Roberta che gli butta addosso l’Adriana mezza avvinazzata: l’ha anche ingozzata di krek.
– Il prossimo ha detto che lo balli con lei.
– Ma non me ne sogno neanche, lo sai che con lei no …
– Dài, dài, che qui è pronto, su…
Sandro esce ridendo dalla cucina con le pentole alte e un gran fumo, insieme al padrone di casa che dà una gran sculacciata alla Adriana. Ormai è partita, e squittisce.
Nella sala, i piatti di risotto si spargono sulla tavola tra un formaggio e l’altro. La radio trasmette un notiziario.
– Guarda come devono essere le venature: ramificate, color prezzemolo… Hai mai visto le vostre, di che colore sono?…
– … Col tuo tipo brie, guarda… a fette sull’insalata va ancora bene… ma prova a fare un soufflé, e li vedi, i limiti…
Tutto attorno gli altri ascoltano e s’interessano, mangiano il loro risotto in piedi, passeggiano, si siedono in poltrona, si versano il vino.
Dentro un’altra porta la ragazza che era al mare è in-cantonata da due ragazzi, mangiano parlando quietamente tutt’e tre. Ogni tanto uno dei due la imbocca, sempre quietamente, e lei meccanicamente inghiotte. Lei non ha piatto, ha solo un bicchiere in mano. Si avvicina Sandro con altri bicchieri. Lei fa vedere che ne ha già uno.
– Ma questo è il dolce dalle parti di mio nonno, spu-mante…
Lei prende il bicchiere.
– Anche un pezzettino di grana, per favore… Se no ho ancora in bocca il sapore dell’altro…
Mastica e beve.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Una delle ragazze passa davanti con un enorme vassoio d’argento carico di tazze di caffè, e sale la scala te-nendolo alto, che fuma.
Al piano di sopra c’è sempre parecchia gente che va e viene, vociando; porte che s’aprono e chiudono; rumor d’acqua corrente.
Uno esce da una camera e fa per entrare in bagno, ma trova la porta chiusa, e dentro si sente uno che fischia.
Una ragazza con occhi accesi cerca invece di entrare in una stanza, ma trova anche lei la porta chiusa a chiave.
Prova la porta successiva, che s’apre per uno spiraglio, sufficiente a lasciar uscire un cuscino che le arriva in testa.
La ragazza col vassoio apre una porta col piede. Due braccia nude prendono il vassoio, e la porta si richiude di scatto, con la serratura.
Dal basso rumori di automobili che accelerano col motore sul piazzale.
Per il corridoio arrivano, dalla parte delle scale, Roberta e Sandro: lui appoggiato a lei, lei che praticamente lo sostiene, e sposta col piede i cuscini da letto per terra.
Dietro di loro s’apre una porta, e si vede una stanza da letto di tipo alberghiero, con appliques e perette, e due o tre ragazzi e ragazze che spolverano i comodini.
Per il corridoio, in senso inverso a prima, Roberta torna indietro abbracciata con Giorgio, e spostano coi piedi gli stessi cuscini.
Mentre s’avvicinano alla scala, un ragazzo si sta asciugando le lacrime, seduto sull’ultimo gradino.
Sulle scale, un gruppo di tre o quattro ragazzi e ragazze che salgono, e s’incrociano con altrettanti ragazzi e ragazze che scendono.
Roberta e Giorgio, ancora nel corridoio di sopra, s’incrociano venendo da direzioni opposte, e si scansano scusandosi come per strada su un marciapiede stretto.
Da basso, vicino al tavolo disertato e in disordine:
– Facciamo mica un ballo?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– No, no, non importa …
Di sopra, nel corridoio, Roberta seduta su una sedia, sola, si sventola con un numero di «Oggi» e fuma.
Nella stessa posizione, dopo, Sandro è seduto su un’altra sedia non lontana, e si sventola con lo stesso
«Oggi» di lei. Roberta gli accende ma sigaretta.
In un salottino al primo piano, Giorgio fuma da solo, seduto, leggendo «Gente». Si apre la porta, s’intravvede Roberta. Lui le fa segno di entrare, e lei entra. Lui s’alza di scatto, con un’aria un po’ ansiosa, e le va incontro.
– Allora domani siamo d’accordo?
– Sí, alle quattro, abbiam detto, no?
– Ci vieni, però, eh?
– Ma sí, ma perché non dovrei venire?
Si vedono luci di fari che sventagliano fuori della finestra. Rumori di motori e di ruote sulla ghiaia.
Su un pianerottolo della scala, Giorgio la ferma ancora mentre stanno scendendo:
– Vieni, eh?
– Ma sí, ma sí, che vengo…
Cosí continuano a scendere, mentre giú si stanno già buttando addosso pellicce e paltò, si mettono a posto i foulards prima d’uscire.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO QUINTO
Il giorno dopo, di primo pomeriggio, a casa: un do-po-colazione che non finisce piú. Saranno quasi le tre e mezza. Sandro e Roberta stanno tutto sommato an-noiandosi guardando tranquillamente un circuito di Montecarlo alla televisione. Lei avrebbe anche un cano-vaccio di gros-point per le mani, vittoriano, con tanti fili colorati. Comincia a far caldo. Tazzine da caffè ancora in giro, bicchierini, e anche bicchieroni. Il nonno ha fatto due o tre «ciflis!», poi se ne è andato.
Lei un po’ sta seduta, un po’ si alza con fastidio a cercare una ricevuta in tutti i cassetti, ma non la trova. Fruga con fastidio. – Uffa, quando le hai bisogno non si trovan mai… – Trova invece delle marche da bollo. – Arda lí quante che ce n’erano, l’avevo detto io … E pensare che le abbiam fatte comprare stamattina …
Ma parlano poco, lui non risponde; si sente solo lo speaker della corsa.
Lui le fa solo: – Voi, senti, se volete mangiate pure una cosa diversa tutti i giorni, ma a me, dato che si va verso il caldo, in queste sere fatemi pur sempre la mia insalata di riso, che la va benissimo…
Lei guarda l’ora.
– Guarda, i giornali tu oggi non prenderli, perché ci penso a tutti io uscendo.
Passa la nonna e borbotta senza fermarsi:
– Non andrete mica tutt’e due al cinema anche stasera …
Sul televisore continuano i rombi dei passaggi. Lei passa dietro la poltrona di Sandro.
– Vado a fare un giro con la macchina…
Lui sembra seccato.
– Va proprio cosí male?
– Malissimo! – Lei sbuffa, un po’ sfacciatamente; ma Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi come se in realtà avesse pochissima voglia d’andare o di stare.
– … Sto via mica tanto…
Va giú in garage, ha gli occhi molto ammaccati, prende la macchina e chiude la portiera con rabbia, parte ve-loce, e poco dopo già rallenta, si toglie il golfino di cam-mello che aveva su ancora.
Lungo la strada incrocia e sorpassa macchine, respi-rando forte. Passano i pioppi, e i fossi, e i filari di gelsi primaverili. Ferma a un bar, scende, ordina bruscamente un caffè lungo, lo beve caldo e in fretta, poi lascia un po’ troppo di mancia al garzone.
Esce dal caffè, si avvia alla macchina, vede lí davanti un meccanico in tuta sdraiato su tre seggiole accostate al sole, con un gran pacco fra le gambe, come anche Franco al Forte dei Marmi. Clic! Che intermittenza, che scatto della memoria, che colpo!
Questo poi non gli somiglia neanche molto, lei però si ferma un attimo, come interdetta; lo guarda rapidamente; risale in macchina, accelera decisa e va via.
Si passa la mano sulla faccia due o tre volte, sbuffa, respira ancora piú forte, fa marcia indietro, gira la macchina, torna indietro nella stessa direzione, s’arrabbia davanti a un senso unico, gira la macchina un’altra volta.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Fuori, sembra il castello del Trovatore. Dentro, pieno d’uffici del registro, il catasto, le mezze maniche, le pratiche, e le carceri. Scale e corridoi con tanti impiegati, da una stanza all’altra, lei col ticchettio dei ciondoli al braccio, e le richieste d’indicazioni, e i «ma è una parente, lei?» Finalmente da una porta aperta entra sparata Roberta facendosi precedere dal braccio teso coi ciondoli per dar la mano al direttore che sta seduto al suo tavolo, identico a un suo preside. Stessi divanini, stessi centrini, stessa tovaglietta con le frange, da parroco, sotto la sua radio di radica del Quaranta; e il fazzolettino bianco al taschino, con la cifra.
Il direttore si alza gentilmente e le dà la mano.
– … No, niente, perché, scusi tanto se mi son permessa d’insistere con tutti quelli lí fuori, ma si tratta di un momentino, solo per uno schiarimento, per sapere se Garbagnati Franco ce l’avete ancora qui voi come detenuto
– …Sa, cosa vuole, anche quelli lí fuori poveretti non hanno mica tutti i torti, perché deve sapere che qui sotto nell’archivio abbiam dentro i muratori e quindi abbiam dovuto tirar fuori tutto… Comunque mi scriva pure qui il nominativo che provvediamo subito. – perché sa, anche con questo caldo… ha sentito che caldo che fa?… e poi se intanto che aspettiamo gradisce un caffè… guardi, non ci vuol niente, lo portan su subito… tanto, è la mia ora… se si vuole accomodare lí, guardi, quella lí è la piú comoda…
– No, guardi, se lei adesso gentilmente chiama subito, io non mi siedo neanche, tanto son stata seduta fin adesso… cosí loro fan presto, io sto qui, guardo in giro, va benissimo… non si disturbi.
– Per cosa è qui?
– Furto aggravato di due lambrette e soldi: sei mesi.
Viene un impiegato e si sente solo «… controllare…
reperire…»
– Quanti è che ne avete qui dentro?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Mah, dipende… in questo momento sarà dai no-vanta ai cento…
– E come personale?
– Eh… fra cucine, uffici, e tutto… sui cinquanta e anche di piú …
– Mi pareva bene… Troppi! Scusi! Che proporzione c’è? Non c’è mica proporzione! Sarebbe come se io, in un’azienda… ma scusi, metta in questo caso, per roba come assunzioni eccetera, lei ha mano libera o glie li mandano?… Si, d’accordo che l’amministrazione dello Stato, è vero… però anche veder spesi cosí male i nostri soldi… Anche questi locali qui… sí, perché… Ah, però, mica male, come vista… bello alto… Non si direbbe, perché venendo su dal ballatoio non sembrava mica… Ci verrebbero dei bellissimi appartamenti, cosí in centro…
E siamo al secondo piano?… Ah, sfido, son alti doppi…
Vede infatti lí davanti, che a quest’altezza qui siamo già al terzo?… È monumento nazionale qui?… No? Ma allora cos’è che aspettate a buttarlo giú, che non è neanche bello?… Vi fate su un bel palazzo nuovo come tutti gli altri qui in giro… Come vincolo, vedo che sarà sui sei piani… Qui uno in piú arretrato ci sta sempre… e sia a farlo su voi in economia, sia a vendere l’area, vi conviene comunque… Con tutti i soldi che prendete vi fate su una bella prigione nuova un po’ fuori, che vi costa poi anche molto meno come manutenzione… Ah, ma io lo dicevo per voi, perché mi par proprio un peccato…
Rientra l’impiegato con un fascicolo.
– Eh, ma è già da un po’ che non c’è piú qui da noi!
– Ma come, li ha già fatti tutti i suoi sei mesi?
– No, ne ha fatti quattro.
– Per caso, voi non lo sapete mica dove lo si potrebbe pescare adesso?
– Se c’è scritto qui, glie lo posso dire anche subito…
Se no, come si fa?
– Eh… guardi lí!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Glie lo scrivo qui, l’indirizzo, su questa cartolina.
– Allora tante cose, grazie, grazie, molto gentile, è stato tutto proprio molto simpatico!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO SESTO
Scarica – fra le piú disastrose – di sberle: su e giú, su e giú, le mani di Franco pesantemente sulla faccia della Roberta.
Come sfondo, una nuovissima stazione di servizio appena inaugurata. Distributori Supercortemaggiore con pennoni gialli sventolanti e bandierine dure di plastica, cani a sei zampe da tutte le parti, neon lampeggiante Alemagna, camion arancione del soccorso stradale lí fermo, e automobile di lei con una portiera ancora aperta.
Evidentemente non ha fatto neanche in tempo a scendere, e l’ha tirata addirittura fuori lui, di peso.
Vaste prospettive d’Autostrada del Sole da tutte le parti con ponti, viadotti, Pavesini, raccordi, svincoli, cartelli di «coupons». Macchine che passano velocissime. Anche camion: tutto uno sfrecciare. Rimorchi, polizia stradale, famigliacce euforiche, lettori del «Giorno» e di «Tempo», turisti esteri in shorts. Figure in tuta sparse nel paesaggio, celesti, gialle, bianche, verdi, piuttosto agitate.
Franco è in tuta verde, con la scritta «Soccorso stradale ACI» e berrettino assortito. Un altro meccanico vestito come lui, sporgendosi dal camion del soccorso a cui è attaccata una carcassa di millecento, lo chiama vociando – «dài Franco, vieni su!» – e insiste specialmente sul non star lí a compromettersi.
Corre lí affannosamente un benzinaio anziano, fuori di sé, vernacolo, e dimenandosi urlando, per separarli. Due altri ragazzotti in tuta blu-cielo stanno invece sghignazzan-do, dandosi delle gran manate sulle spalle e sulle cosce.
Quasi addosso a Franco e a Roberta arriva sparata una gran Mercedes d’argento violento targata Parma, con su una bella donna elegante un po’ retour d’âge e al volante un aitante signore quarantenne, anche lui piú che chic, con tempie d’argento e bei guantini traforati.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Frenata bruschissima, assai stridente. Il signore salta giú, vestito color perla in flanella, e coi suoi guantini sempre su prende all’improvviso il Franco per la tuta, molleggiandosi, e prima che lui riesca a difendersi gli dà un grosso pugno in piena faccia che lo manda a sbattere contro una ruota dei camion.
Il Franco si fa male sul serio, e rimane lí per terra un po’ rincoglionito, con la testa in mano. Il suo socio si butta giú dalla cabina, e goffamente comincia a tirarlo su, cercando di portarlo sotto la pompa, un po’ piú in là.
Senza nessuna voglia di reagire, dato che veramente ha picchiato male la testa, Franco si lascia trascinare, sbuffando e borbottando delle stronzate che non si capiscono.
Vedendo che la Roberta è lí stravolta per le botte e sta ancora tremando, molto spettinata e strapazzata, il signore di Parma e la sua signora si prodigano in gentilez-ze e in vita vissuta:
– Qui, la prima cosa è andar via!
– Un cognac, un fernet, qualche cosa…
Roberta singhiozza e mugola dei no, farebbe anche segno di tornare verso la sua macchina.
La signora la trattiene:
– Ma non può mettersi al volante in quelle condizioni lí sull’autostrada… Guarda lí, Renzo, come trema ancora… digli un po’ tu…
E il signore:
– Va anche lei verso Bologna, no? Perché se va a Bologna, almeno fin lí possiamo portarla volentieri!
Roberta continua a indicare la sua macchina.
– Sí… ma tanto fa niente… vado lo stesso…
– Ma la lasci lí!… Ma dia retta a noi!… Senta… che con questa qui son pochi minuti… Glie la porta giú uno di questi… Lei sta in hôtel?
Roberta si lascia convincere, improvvisamente, e fa segno che le chiavi sono sulla macchina.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Sollecito il signore – che intanto ne approfittava per fare il pieno di benzina – mette un diecimila lire in mano al benzinaio anziano che gli sta controllando l’olio, e indica la macchina di Roberta nonché la direzione di Bologna, dando disposizoni precise:
– Il primo che finisce il turno allora siamo intesi!…
L’MG della signorina al Baglioni di Bologna prima di sera per gentilezza!… Grazie, addio!
Roberta ringraziando un po’ a caso è già salita in Mercedes con la signora, e stanno mettendosi a posto sui sedili e fra le borsette. Anche il signore risale e si siede; mette in moto immediatamente, premurosissimi tutt’e tre:
– Scusi, sa… mi spiace… è un po’ una noia…
– Cosa vuole, per carità… se non ci si dà una mano un po’ noi … fra spider…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Verso sera, mentre stanno appena accendendosi le vetrine, in via Indipendenza, a Bologna, arriva Franco sulla MG rossa di lei, in maglietta nera e jeans neri, con gli occhiali scuri, furibondo; glie la lascia lí davanti ai portici, dove chissà quante multe si prende in poche ore; va su sparato in camera di lei, e la scopa.
Tutt’e due buttati sul letto s’abbracciano e si rotolano violentemente: lei in gonna semislacciata, reggipetto, pantofole; lui in maglietta sportiva, mutande, calze e scarpe, e cazzo sporco. Il resto dei vestiti è sparso per tutta la stanza in disordine. Le lenzuola sono un disastro. E anche lei ormai gli sta facendo delle cose invero-simili.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Pomeriggio del giorno dopo, verso il tramonto: loro sono ancora lí.
I due comodini e il comò sono fioriti di bottigliette, vassoi, panini, marmellate, mortadelle, cartocci, tazze, piattini, cucchiai.
Sul letto devastato Franco e Roberta avvolti in lenzuola e trapunte si fanno delle carinerie e si trattano con tenerezza, dimessamente, per la prima volta: lei con su un camicino corto da principessina di Walt Disney si rigira sul letto per togliersi di sotto un cuscinetto di piú; si sporge a tirar su un viluppo di coperte finito quasi tutto sul pavimento. Lui fermo sotto un altro mucchio di lenzuola attorcigliate la segue con lo sguardo; e quando lei si rigira e non ce l’ha a portata di mani per infilarle un dito qui o là sporge in fuori le labbra con prepotenza.
Lei gattonando gli si avvicina, gli mette la lingua in bocca, gli prende in mano le palle, poi s’allunga verso il co-modino, tasta una bottiglietta di birra e rimane male.
– È calda anche questa… Aspetta che suono.
– Lascia a-stare… Se mai dopo… Ho mica sete adesso.
Lei sempre a quattro zampe e a bassa voce, indica le persiane.
– Vuoi dormire un po’? Tiriamo giú?
Lui mormora piano, affettuosamente:
– Cosa vuoi star lí a tirar giú? Se mi vien sonno, tanto… Ma poi, cosa vuoi, tanto, dormo stanotte… Mi comincia il turno all’una… Di notte, tanto, chiama mai nessuno… Poi comunque c’è lí anche l’altro…
– Com’è che ti trovi lí? Trattan bene?
Lui riflette un po’.
– Eh, insomma…
– Ma a dormire, per esempio… quando non siete in servizio… com’è che siete organizzati?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lui, sempre lentamente, parla quasi senza voce:
– Beh, metti, per esempio, noi che siamo lí in una stazione come la mia… c’è già la fortuna che siamo lí a due passi da Modena… approfittando di quando va giú il camioncino…
Fa un movimento con la testa, un po’ falso.
– Orca, mi fa ancor male qui da ieri sera…
Lei lo sbircia.
– Ma mi pare che a te ti fa sempre male un qualche cosa… Una volta è il ginocchio… adesso anche la testa…
Ma lui sorride.
– Cosa, tutte le volte? Son due in tutto!… E combina-zione sempre per causa tua… Sto benissimo, sai, di solito, cosa credi…
Son lí sdraiati vicini, con la testa appoggiata a un braccio, e allungando l’altro braccio in piccole carezze affettuose in faccia, sulle gambe, sul petto.
– Cos’è che t’è venuto sul labbro, è una febbre?
– Ma va’, che sarà una briciola, tirala via!
– E quel segno lí sul ginocchio, come hai fatto a fartelo?
– Ma niente, quand’ero un bambino, mi son tagliato su un muro con tutti i vetri sopra, a momenti muoio dis-sanguato. Sai che per poco non si tagliava anche il tendi-ne?
Lui le passa dolcemente le mani sui bordi dell’ab-bronzatura.
– Ma come fai a essere ancora cosí scura lí dall’anno scorso?
– Non mi va mai via neanche d’inverno, non ho neanche bisogno di far la lampada. Quasi quasi mi prendo una volta per tutte la tintarella totale, e sono a posto.
– Secondo me fai male. È molto piú sexy vedere il segno bianco del costume, qui dietro.
Ma quando lei prova a riprenderglielo in mano, lui si tira un po’ indietro.
– Fai piano, che è delicato!
Oppure:
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Lascialo a-stare, che è tutta la mia ricchezza!
Lei riflette un momento.
– Ma te, scusa, se per esempio stai via tutto un giorno, come oggi, non ti dicon niente?
Lui, sempre in tono sordo:
– Eh, ma apposta, ieri sera, prima di venir gíú, mi son fatto cambiare il turno… Han pur visto anche loro il ma-le che m’ero fatto…
La guarda da vicino.
– Ma te, di’… eri lí di passaggio, o cosa?…
Lei invece di rispondere tira fuori tutto un labbro e sbarra leggermente gli occhi evitando di guardarlo.
Lui si rimescola adagio.
Poi le chiede:
– Cos’è che fai st’estate? Andate ancora nel posto dell’anno scorso?
Lei si guarda attorno molto indecisa.
– Eh, insomma, dovrei aver già combinato, siam già avanti… Ma cosa vuoi… Vedrò un po’ … Finirò per andare in bassa Italia con mio fratello…
– Va bene da quelle parti lí?
– Eh, insomma… Perché no?… Sai, Procida, Positano, Panarea… per qualche giorno…
Lui si volta ancora un po’, si gratta una gamba, e comincia il gesto di tirarsi su a sedere.
– Eh, qui bisognerà che mi alzi, eh…
Lei rimane ferma e lo guarda.
– Ma quegli sgraffi lí ce li avevi già, ieri?
– Te, me li avrai fatti, chi vuoi che sia stato, il gatto?
– Ma se son senza unghie!
– Eh, me li sarò fatti io, allora…
Lei si guarda intorno come per cercare le sigarette.
Lui le chiede:
– Te, cosa fai? Stai lí?
Lei lo guarda, e aggrotta lievemente la fronte.
– Ma no, cosa vuoi… m’alzo anch’io… Tanto, t’accompagno un pezzo…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Buttano via le coperte, lui la scavalca. Lei glie lo piglia in bocca ancora un momentino, molle cosi com’è.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO SETTIMO
Ristorante Motta, a cavallo dell’autostrada. Trionfo di cristalli, riflessi, Topi Gigi, alluminio, finto mogano e palissandro, cellophane, pacchetti lussuosamente confe-zionati di krek e biscotti e zamponi ornati di emblemi di segnaletica stradale, molto abbondanti anche sulle porte d’entrata e d’uscita.
Poco dopo l’una e mezza.
Arriva uno dei soliti camioncini del soccorso stradale, con Franco al volante; ferma e scende, in tuta arancione da lavoro. Entra nel Motta passando fra numerosi cristalli e clienti con pizza, guarda al bar fra le aranciate a palette semoventi, sale una scala piena di musica leggera, va a pisciare, e raggiunge Roberta già seduta a tavola vestita tutta fresca in abiti interamente estivi, e già piú abbronzata di prima.
Parecchi altri tavoli sono occupati, da stranieri in calzoni corti e da milanesi in principe di Galles.
Franco le si avvicina mettendo avanti le mani sporche:
– A’ lí che mani! Vengo subito! Soave Bertani oppure Corvo bianco, eh!… C’era lí una macchina che non ce la facevamo a tirarla su…
– Fa niente, arda… sono appena arrivata anch’io… So-no andata dal parrucchiere!
Lui rientra nei cessi, e riesce cordiale, agitando le grosse dita.
– … che poi è neanche male come parrucchiere, – sta dicendo lei, indicandosi la testa alla Ornella Vanoni. –
Ma di’, dovevi sentire te, che caldo, che faceva in città stamattina…
Lui si siede al tavolo, e si versa il vino.
– M’hai già comandato anche per me?
– Sí, quella pizzaiola che ti piaceva ieri, no?
Passa una cameriera da Canzonissima, tutta a volants.
– Dài, – fa lui, – diglielo ancora, che non ciò voglia di parlare io!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Senta signorina, – fa lei, – allora è già pronta quella pizzaiola per due?… Me l’acceleri, eh…
Lui è molto soddisfatto.
– Certo che abbiamo trovato un bel posticino, eh?
Lei, anche piú felice:
– E poi, bel fresco… non caro… si mangia mica male…
non ti fanno aspettare…
Arriva una guardarobiera in satin nero e collettino, col suo numero di celluloide davanti.
– È lei che ha chiesto Lodi?
Roberta s’alza.
– Ah, sí, io, vengo!
Si precipita sul telefono, parla col fratello:
– Ciao Sandrino… sí, sí, bellissimo!… Fa tanto caldo lí da voi? … Ah, qui, un freschino delizioso, ho fin su il golfino … Al restaurant, sono! Dove vuoi che sia, che tra una storia e l’altra si fan sempre le due!… M’hai spedito, eh, grazie… Raccomandata espresso, avrai fatto, eh, be-ne!… Ah, senti, di’ alla nonna che se non capisce i mo-duli dell’ispettorato se li faccia spiegare dal ragioniere, che lui lo sa già, perché gli ho già detto tutto io… C’è tempo fino al 15, però è sempre meglio andar lí qualche giorno prima per evitare la ressa… Ma in quelle solite buste gialle grandi, nel mio primo tiretto!… È tutto pronto, c’è solo da metter la data e spedire… Ah, ecco, bravo, divertiti, sta bene, eh… Sí, si, salutameli anche tu… Ciao, ciao… faglielo anche tu un bel bacione!
Sull’autostrada, di notte, la MG rossa, con Roberta che guida e Franco in tuta. Si fermano a un casello dove lui deve prendere servizio. Lei lo bacia, con una spinta affettuosa. Lui scende con la sigaretta appena accesa, e si avvia al baracchino. Lei riparte, la macchina sparisce nel buio.
Non necessariamente la mattina dopo, però verso un’alba, un pompino fra i piú appassionati e ingordi, Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi dietro una siepe. Lei, in ginocchio per terra, ce la mette proprio tutta. Lui, appoggiato a una pianta, non fa che ripetere «dài, dài, dài», tenendole sulla testa le due ma-ni. Non passa nessuno sulla strada di campagna dov’è lasciata la macchina.
Mattinata sul Po, in un solenne e struggente paesaggio tutto grigio e argento, da quadro di Lancret: sponde boscose, ponte di barche, rive deserte, cabine di plastica, loro due in barca. Roberta rema in un bellissimo costume elastico di jantzen, Franco rimane sdraiato tutto rosso coi suoi slip neri, e coi segni della maglietta sulle braccia abbronzate.
Lei lo guarda un po’ inquieta.
– Ma sta’ attento, che tu ti scotti! Non ti brucia?
Guarda che se non stai attento tu ti scotti, eh!
Lui, a occhi chiusi, fa dei gesti stanchi di noncuranza.
Lei insiste.
– No, guarda, adesso magari non lo senti, ma vedrai stasera! Quando poi ti brucia, e sei lí che devi lavorare, allora te ne accorgi!
Lui rimane disteso.
– Non vuoi che ti metta su qualche cosa? Ho la botti-glina qua dietro!
– Ma dài, va … Sta’ un po’ tranquilla anche te… Sta’
un po’ lí ferma …
Lei continua a remare, e guarda l’ora. Si dirige verso una spiaggetta con ombrelloni nuovi e una Società Ca-nottieri fin-di-secolo fra le lingue sabbiose e i ciuffi di pioppi, con gasose in ghiaccio e juke-box.
Lui domanda:
– Ma si diventa neri prima con questa? Allora dovevi dirmelo subito!
E si vuota tutto il prodotto addosso spalmandoselo sulla pelle.
Brontola adagio:
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Eh, ma domani ho il turno di giorno, tanto… Si potrebbe star qui fino a stasera…
– Stacci te, se vuoi… Io ho da fare! E poi son stufa: tutto il giorno…
Interno di banca, marmoreo, ma con le cicale fuori: quasi vuoto.
Il custode sta già chiudendo i cancelli.
Entra correndo la Roberta, seguita con calma da Franco, e gridando: – Momento! Momento!
Attraversa l’atrio, si abbatte su uno sportello, parla all’impiegato:
– Son qui, uff, che corsa!
Tira su la borsa di rafia che aveva in barca, mentre l’impiegato le dà una penna.
– Solo un paio di firmette qui…
E dopo:
– Ha bisogno del libretto d’assegni subito oggi?… Intanto, se mi favorisce l’indirizzo… se poi si è sistemata …
Timbri, tampone, dieci battute, ricevuta.
– … Ecco… e qui ci sono anche insieme le norme per i nostri correntisti.
Franco rimane indietro, s’aggira vicino alla porta, guarda fuori.
Ma lei lo chiama:
– Franco! Scusa! Senti!
Lui s’avvicina. Lei è già lí pronta.
– Guarda, per favore, riempi tu la distinta, intanto che io faccio qui…
Gli indica le caselle con gesti precisi della penna.
– Ecco, questi numeri qui in fondo agli assegni li metti tutti in colonna lí…
In una trattoria di campagna: luogo festoso, modesto, affollato, anche se è quasi mezzanotte, in una sera feria-le. Lumi, zanzare; si mangia benissimo. Rane intorno nei Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi campi, e rane fritte come primo o secondo piatto: sec-chissime, leggerissime.
– Prendiamo un’altra bottiglia di lambrusco gelato!
– Beh, ma qui è buono proprio tutto!
– Ti piace come dolce la bavaroise, per finire? No?
Ma lo sai cos’è? L’hai mai mangiata?…
A un crocchio quasi periferico, fra una limonaia estense del Settecento e un condominio costruito un an-no fa dai geometri, arrivano loro due in macchina, con Franco che guida.
Al semaforo ferma, e la lascia giú.
Riparte, e s’allontana da solo, vestito anche bene. Lei si avvia a comprargli delle calze.
Di mattina, Franco ancora a letto nudo, nel motel do-ve abitano, e Roberta anche lei seminuda che gira per la stanza cantando.
Bussano. Franco si copre in fretta col lenzuolo fino al collo, e fa segno a lei di tirarsi via:
– Copriti o vai di là, dài, che c’è qui la colazione!
Ma Roberta continua a limarsi le unghie, senza co-prirsi il petto né scappare nel bagno.
Entra la cameriera, e posa il vassoio sul tavolino vicino a Franco. Lui fa dei gesti frenetici a Roberta, e finalmente le grida: – I calzoni! Dille i calzoni!
Roberta prende un paio di brutti calzoni chiari di lui, e li dà alla cameriera che sta uscendo.
– Guardi un po’, per favore. Ci sarebbero questi pantaloni qua da smacchiare in fondo… Un po’ presto, però, mi raccomando
La cameriera li piglia, le guarda il petto, e se ne va.
Franco è furioso.
– Ma cosa fai, sei matta? Lí, con la finestra aperta, che ti vedono tutti, anche… Star lí a parlare senza niente addosso…
– Perché? Cosa c’è?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– C’è anche bisogno di dirtelo?
Lei ridacchia. Lui si secca ancora di piú.
– Beh, mi fai il piacere, quando ci sono qui io, di fare come ti dico io… che non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo… orca!
S’è scottato con la teiera, e lascia cadere il coperchio per terra.
– Cosa ti sei fatto?
– … Scottato… – Lui sta asciugando il bagnato coi to-vagliolini di carta, e fa un po’ di casino.
Lei s’avvicina, gli porta via tutto il vassoio, e gli fa: –
Un’altra volta glie lo dici te, dei tuoi calzoni.
Lui rimane un po’ sorpreso. Ma risponde duro:
– Lo sai che a me non mi va di parlare.
Poi allunga un braccio. La tira sul letto, e la scopa.
Loro due sono a letto: saranno le tre, le quattro della mattina. Franco dorme tranquillamente.
Lei non riesce a dormire, e lo guarda con ansia, fumando una sigaretta senza far rumore. La sua espressione è piuttosto preoccupata.
– In fondo, ti voglio bene, sai?
– Non ce ne hai altri, di discorsi, da fare?
Franco e Roberta escono da un garage centrale e buio crollando la testa tutt’e due, e mormorano nello stesso momento: – No, no, guarda che questo qui non va bene.
Salgono in macchina, e lui guida. Ripartono.
– … perché, – fa lui, – avrai visto anche tu che di roba là dietro non ce ne sta, non è possibile…
– Sí, sí, è vero, – fa lei, convinta. – Non c’è sfogo, non c’è sfogo…
– Vieni qua che ti scopo.
Caffè in piazza, di fianco al Duomo di Modena. Gran sole, ma parecchia gente ai tavolini.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Roberta sta prendendo un gelato da sola. Arriva Franco in macchina e scende.
– Hai fatto prima tu, ma ho fatto prima anch’io, eh?
Me l’hai preso dietro il costume?
– Ma come hai fatto, anche oggi?
– Dài, su, Robertina, andiamo…
Le beve il bicchier d’acqua sul tavolino, butta lí due-cento lire, e la precede alla macchina, la fa sedere al posto di guida.
– Guida un po’ te, dài, Robertina…
Al ristorante, dopo avere acceso le sigarette e spento le candele:
– Ah, senti, io prendo anche stasera la bavaroise, che qui la fan benissimo, e te? anche te?
Lui risponde paziente ma un po’ risentito:
– Te non sai mai cosa mi piace e cosa non mi pace perché non stai mai a sentire una volta quando te lo dico. Co-me fai a non ricordarti che i dolci e la verdura e la frutta son proprio le cose che non mangio mai? Come quando continui a offrirmi i pomodori in insalata e i salatini col gin-and-tonic! Lo sai che quelle cose lí mi fan schifo!
– Ma cos’è che ti piace allora?
– La carne, ma se te l’ho sempre detto! Basta darmi un po’ di carne, e son contento e non dico piú niente!
Hai mica visto che denti da cane che ciò? Mangiatela te, la tua bavaroise!
– Vieni qua, dài, che ti scopo.
Ancora a bagno nel fiume. Roberta risale tutta goc-ciolante sulla barca dove lui ronfa sdraiato e tranquillo, con gli occhi chiusi. Subito si allunga armeggiando verso il pacchetto delle sigarette vicino alle mani di lui.
– Senti… te ne piglio una… Dov’è che sono i cerini? …
Ah, sí, son qui!
Franco non si muove e non parla.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei attivissima piglia e scuote il thermos.
Lui apre la bocca:
– Me ne dai un po’ anche a me? Io di star lí a versarlo non ciò voglia…
Roberta versa del tè freddo un po’ caldo in un bicchiere.
– Guarda, proprio due dita… cosí ne rimane un sorso qui anche per me… che con quest’acqua qui… mah… ti lascia sempre un sapore… sa d’anguilla…
Lui non alza neanche la testa.
– Ma se è buona, l’anguilla…
– Vieni qua che ti scopo, dài.
Scendendo dopo colazione lei lo trova giú dal portiere che scrive una cartolina e la sta firmando con un altro nome.
Non cerca neanche di nasconderla. Lei gli chiede immediatamente cosa fa.
– Ma niente… Cosí… Mandavo un saluto ai miei…
– E lo firmi come?
– Ah, sí, non te l’avevo mica detto che io mi sono cambiato nome perché quello che m’avevan messo non mi piaceva?
– Cos’era, perché?
– Ma niente… Era Italo… Però me lo sono cambiato che avevo quindici anni, neanche, cosí mi conoscono tutti come Franco che è molto meglio!
Franco improvvisamente attivissimo e attentissimo e pieno di idee e di iniziativa gira in mezzo agli impianti di un vecchio garage Lancia, coi padroni. Indica qui e là e domanda una quantità di schiarimenti, non la finisce mai di dire la sua:
– Com’è che vien su qui… E com’è che va giú là… Ah, sí, va bene, ciavete anche l’Enzensberger… Eh, ma un momento, perché per il lavaggio, da che parte…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Lei si limita a andar dietro al gruppetto, guardandosi in giro e toccando qualche copertone col piede. Sembra che ci sia sopra la muffa.
Però poi uno dei padroni la viene a cercare.
– Guardi un po’, scusi, perché lí alzare come dice il signore non si può mica, mi sembra una roba un po’… un po’… come dire… Lo dico anche a lei perché insomma …
Ma lei:
– Ah, guardi, parli con lui, che fa lui tutto… Franco!
Franco! Scusa, sai, senti qui il signore cosa dice, insomma …
– Come sono i tuoi? Vai d’accordo?
– Mah, cosa vuoi… hanno solo me… però a me piacciono mica tanto loro…
– Ma di amici non ne hai?
– Io no! Cosa vuoi che ciabbia!
– Cos’hai da lamentarti?
– Chi è che si lamenta, secondo te?
– Perché? Ti sei mica offeso?
– Ho detto qualcosa, io?
– No… ma mi pareva … Hai un po’ di luna?… un po’
di madonne? …
– E ancora!… Ma non sei capace di stare un po’ tranquilla? Ciò solo un po’ di mal di testa.
– Sarà mica per causa mia? Ce l’hai con me? Non ti tengo bene?
– Ma sí, ma sí, non mi lamento mica per quello … Mi tieni bene, mi tieni bene, ma sí… ma che palle …
In una giornata coperta, grigissima, Roberta seduta su una pila di copertoni vecchi ai margini dell’autodromo di Modena guarda i giri d’una Ferrari blu petrolio che corre velocissima sulla pista.
Dopo due o tre rallentamenti drammatici la macchina ferma lí vicino a lei; e vengono giú un rosso che si chiama Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Carlino, amico di lei e ovviamente di un genere borghese molto ricco e molto strafottente, piuttosto provinciale, insieme a Franco che ha un’espressione e un passo furi-bondi, e chiaramente lo odia, e dice subito che la velocità gli ha fatto venire una gran voglia di correre al cesso.
– Ti sembrava che andassimo troppo forte? – fa il Carlino alla Roberta, sfilandosi i mezziguanti di struzzo.
E lei, con un gesto che comprende tutt’e tre:
– Ci vuol altro…
Franco non s’avvicina, ha la faccia scurissima, e cerca il cesso con gli occhi.
Il Carlino, con la sua calma, accende la sigaretta alla Roberta.
– Domani, siete qui ancora? Perché vien su non so a che ora mia cognata coi bambini, li lasciamo giú alla mamma, e noi potremmo andar su tutto il giorno alla Braila a vedere i lavori nuovi sul tetto… sempre che ti vada, eh…
Roberta si volta tutta ridente dalla parte di Franco e lo vede che sta avviandosi. Si volta malumore, e le grida:
– Io vado, t’aspetto poi lí fuori al posteggio!
Roberta rimane male, non sa cosa fare.
Ma il Carlino va avanti con la sua vocina:
– Se no, invece, sta’ a sentire, si sta lí in casa, e andiamo invece su a Vignola verso sera… Tu fai cosí, dài un colpetto di telefono, eh?…
Roberta sta lavando le calze nel lavabo mentre dalla finestra aperta si sente la televisione che dice: lavoro, famiglia, società, miracolo economico.
Si volta verso la porta, e chiama:
– Franco, andiam giú a mangiare?
Non risponde.
Lei si asciuga le mani, dà un’occhiata in camera, esce in corridoio, scende la scala, eccolo lí seduto da solo davanti alla televisione, lei gli arriva alle spalle.
– Andiamo a mangiare, su! Te non hai fame?
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– No.
– Dài, che passa l’ora! …
Franco si volta.
– Allora, guarda, chiama uno dei tuoi amici simpatici, che il brodino di dadi e il gelato di lampone a loro piace… Parlate con comodo della mamma, della Maserati, della nonna morta… Vedrai che bello!
Lei gli appoggia subito una mano sulla fronte.
– Stai mica bene, te. Cos’è che hai?
Lui si tira via la mano di lei.
Lei gli afferra al volo il polso.
– Stai lí… fermo… fa sentire… Fresco, ciài niente, due o tre linee al massimo.
– E allora, se sto male, tu va a tavola, e ti fai portare una bavaroise bella grossa, e te la mangi tutta te, e io invece vado a veder passare i camion cosí poi sto bene.
Si alza di scatto, e va fuori sul piazzale.
– Dove vai, stupido?
Una straordinaria folla domenicale invade tutto un Pavesini battendo la testa contro i cristalli col segnale del senso vietato, e compra qualsiasi cosa – carrettate di pacchetti luccicanti con animali di pezza, borse di vimi-ni, caschi marziani e da go-kart, anfore etrusche, sec-chielli fosforescenti, orsetti col miagolio, coccodrilli da appendere al cruscotto e al lunotto, fiori di plastica per la festa dei cuginetti – sommergendo Roberta e Franco, vestiti semplicemente ma bene, che hanno appena finito di mangiare e di prendere il caffè e il nocino. Hanno ancora lí le tazzine e i bicchierini davanti, leggermente spostati da una parte.
La folla li circonda, vociante e festosa, ma loro non se ne curano. Con carte e penne stanno facendo dei calcoli sopra la tovaglia.
– No, scusa, – fa lei. – Dimmi il movimento medio di un garage, in un mese… Non di quello lí che abbiamo Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi appena visto … Uno avviato già da qualche anno… nor-male, medio …
Guarda i fogli, ma lui allunga un ditone.
– No… guarda che lí ci devi metter dentro anche la ri-generazione delle gomme…
– Sí, sí, va bene… ma comunque son sempre tanti…
anche calcolando tutto l’ammortizzamento che vuoi…
Sabato sera, in un dancing con lampadine, palloncini, canzoni, ombrelloni di plastica coloratissimi, ciliegi, pioppi, quattro juke-box, tre laghetti da giardini della stazione pieni d’anatre e con ponticello ka-buki, fra numerosi terrazzini lungo la discesa della collina, e parecchie coppie che ballano sparse, sciolte, neanche tanto diverse dalle immagini della vita di villeggiatura… tanti orsacchiotti romanici con basette di peluche che hanno passato la settimana a quattro zampe fra tacchini e oche nei cortili delle cascine, oppure sostenendo con una colonna sulla schiena il protiro di un duomo d’arenaria…
loro ballano insieme per tutta la sera, si siedono, s’alzano, camminano, bevono, sorridono, soprattutto parlano: allegramente, anche seriamente, in confidenza, con scioltezza, figurine in un paesaggio d’estate padana, co-lorata, abbastanza sudata, pianura verdissima con filari di viti e di pioppi, ville, prati architetture nobilissime, nuove fabbriche a centinaia, laterizi, maglierie, motori, tortellini alla panna, Wiligelmi sublimi, corse di motoci-clette, canzoni, zamponi, garages in tutti gli stili…
Un’alba lievemente beige. Roberta si sveglia e trova vuoto il letto dalla parte di Franco, c’è ancora lí la traccia fredda dei suo corpo.
Telefona giú, ma il portiere non risponde. Esce in fretta sul piazzale, e non c’è piú neanche la macchina.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO OTTAVO
La versione di Sandro, per taluni amici di casa:
… Nella sua esistenza leggiadramente popolata di so-gni e di favole, e di chimere, la mia deliziosa sorella rivive ogni volta e piú spesso che può l’incontro-scontro fra Electric Woman e Plastic Man! Che momenti! Che scopate! Dopo il cowboy di Roma, dopo lo Scott Fitzgerald di Firenze, perfino dopo l’Aga Khan di Brescia, poteva forse mancare la chimera del circo, il miraggio del teatro, l’illusione del palcoscenico? Avanti i clowns! Su la quarta parete! Giú la quarta dimensione! Pronta la ban-da? Andiamo! In costume da spiaggia, gli uomini sono tutti diversi!
– Cos’è che fai?
– Il saltimbanco qua vicino.
Lei dà sempre la sua occhiatina alla maglietta e ai calzoni.
– Allora su, andiamo, – le fa lui.
– Cosa, andiamo dove? – gli fa lei.
– Vieni, vieni, su; devo fare una cosa importante.
La tira su, vanno, la fa camminare per un pezzo fra i cespugli dietro la spiaggia, e la cosa importante è che deve dar da mangiare a quattro cagnini già abbastanza grandi, che gli hanno appena regalato, qualche giorno prima.
Abita proprio in una baracca con le ruote, ai margini della pineta. E sta davvero coi guitti! Continuano a ve-nirne fuori, intorno alla bella visitatrice sconosciuta, ma che noi invece conosciamo fin troppo, e dietro una bel-lona grossa e sospettosa, che dev’essere probabilmente la sua ragazza (si dice cosí?), appena lui comincia a cercare il biberon col latte per i cani.
E non sono poi dei peggiori, come attori! Né dei piú poveri! È fior d’un gruppo semistabile col suo tendone Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi e le sue due o tre baracche – quasi tutte donne, tutte ap-parentemente parenti fra loro – e girano per le spiagge e i paesi col solito repertorio tradizionale delle compagnie italiane: Le due orfanelle, I due sergenti, I tre moschettie-ri, Rita da Cascia, Caterina da Siena, Margherita da Cor-tona, Il padrone delle ferriere, La nemica, La bugiarda, L’Otello, Come le foglie, Morte di un commesso viaggia-tore (ci sono tutti i manifesti fuori del tendone).
Ma come fanno a recitare, se sono tutte donne, chiede la Roberta con un certo stupore, mentre questo Marcello la presenta a tutte, ma proprio come una vecchia co-noscenza, «Monica», e le pare veramente che ne venga-no fuori da tutte le parti, e ce n’è sempre qualcuna che somiglia tantissimo a qualche altra, specialmente fra le glorie: Rina, un donnino esile, con un gran fuoco d’arte e delle gran voci di dentro, pare proprio la Morelli; la Nora e la Lilla, due magre sempre svelte che cantano e si lamentano e raccontano tante storielle, ricordano mol-tissimo la Ricci e la Brignone; Tatiana, vecchia, enorme, nera, piena di ricordi, di proverbi e massime, un po’ rus-sa, somiglia abbastanza alla Pavlova; e suo marito Paolo, piú piccolo di lei, magro, cieco, con gli occhiali neri, pieno di sarcasmi stizzosi, un po’ rattrappito, scattante, sembra identico a Peppino de Filippo.
C’è anche un bambino, ma non si capisce bene di chi sia figlio, perché lo sgridano tutte. Recita qualche volta, malissimo, e fa magari parti di ragazzina giovane, per esempio Giulietta. E la grossa ragazza, Franca, bellissima di faccia e di pelle, col gran corpo pesante e le gambone grasse oramai quasi enormi, quella che era uscita per prima e che molto probabilmente è la ragazza di Marcello, o la deve essere stata, potrebbe essere una Franca Marzi di certi vecchi film di Totò. Marcello, però, o Maurizio, o Franco, o come si chiama, è chiaro che non fa parte del gruppo come gli altri, che ci stanno da sempre: tutto sommato dev’essere lí nella semistabile come ragazzo di Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi fatica piú che come attore, da qualche mese o qualche settimana. Si vede subito che è l’ultimo venuto.
– Ma chi è che fa i due sergenti, insomma? – domanda Roberta.
– Due delle dome, naturalmente, – le risponde lui. –
Come del resto le due orfanelle, i due Foscari, e le por-tatrici di pane. Non li hai mai visti questi spettacoli?
Non è mica raro che le donne facciano delle parti da uo-mo, o che delle vecchie si trucchino da giovanotti. Qui è tutta una famiglia. Rina e Lilla, per esempio, fanno certamente Romeo e Amleto meglio di me, e infatti li fanno quasi sempre loro, sia all’aperto che al chiuso; non stasera, perché stasera non possono, devono partecipare a un Premio; e a proposito, dato che recito io, perché mai non verresti a vedermi? È alle solite nove e mezza! E do-po facciamo i quiz!
– Ma certo che vengo! – risponde subito la Roberta.
– Fra tre ore, mi va benissimo! – aggiunge, tutta contenta.
– Vado via adesso, e torno per lo spettacolo! – annuncia.
Marcello la saluta, e continua a dar da mangiare ai suoi cagnini…
… Ma forse Franca non era sembrata molto accoglien-te? …
… O probabilmente lui non pensava che la Roberta si sarebbe rivista davvero?…
Comunque lei torna da Sandro fratello e da questi altri amichetti che se l’aspettano ormai tutte le volte con qualche clip o collana in meno, vanno a mangiare insieme in un bel posto in pineta, il solito, e verso le dieci e tre quarti – stavolta lei è arrivata in macchina! – e la vedono! – lui ha proprio la sorpresa di vederla in mezzo alla platea quasi tutta di bambini, e comincia subito a ridere dentro la barba: sta facendo, infatti, perché il pro-gramma è improvvisamente cambiato, il Doge nel Mer-Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi cante o forse nel Fornaretto di Venezia, con Tatiana che fa Shylock vestita da Cieca della Gioconda, Nora che fa Porzia, Porzia che fa Nora, e Paolo che fa Rossella, un discepolo saputello di Galileo, mentre come sempre il bambino deve fare piuttosto seccato una orrenda Gilda nel sacco.
Marcello recita male davvero, ma quando alla fine escono per andare a rimangiare non è che stiano a spar-lare troppo dello spettacolo. Franca in giro non c’è, e salgono in macchina. E lí, subito lui vuol guidare; e lei lo lascia: è chiaro che la macchina inglese lo appassiona e lo anima, si vede che gola gli fa, tocca tutto come un matto. Fanno parecchi chilometri sul lungomare; poi si fermano; e qui, invece di baciarsi cominciano a parlare, o invece di parlare non cominceranno a baciarsi?
Insomma, saranno andati avanti per un paio d’ore senza neanche allungare le mani? E poi, quando girano per tornare indietro, e stanno per separarsi senza aver fatto niente, per almeno due o tre volte sembra o non sembra che non riescano proprio a staccarsi?
Una volta sarà stato qui davanti al Villino Crudelia, mettiamo che lui stava già andando, lei entrava, ma si voltano tutt’e due, tornano vicini, dopo un po’ sono dietro il baraccone della semistabile come se non ci fosse altro posto dove incantonarsi senza incontrare i Mostri della Versilia, fanno piano, pianissimo, e sarà qui che lui le chiede se lei non vuole uno dei suoi cani-ricordo, quando saranno cresciuti naturalmente – questo per esempio, e glie ne sveglia uno per farglielo vedere – purché glie lo tratti sempre bene, grazie, e gli dia da mangiare sempre lei.
Il mangiadischi avrà pure suonato una canzone piú delle altre per tutta la sera: quella diventa subito La Loro Canzone; ma quale? Comunque quando tornano indietro ancora nelle vicinanze del Villino Crudelia lo abbas-sano, e lei se lo tira dietro, e qui andiamo sul notissimo Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi perché è la piú amena celia della stagione balneare, com-presa lei che torna di corsa al teatrino la mattina dopo per riprendersi i soldi, e lí naturalmente non c’è piú nessuno perché sono partiti, andati chissà dove… e compre-so il Kitsch di lui che viene a cercarla qualche mese dopo e le salta fuori da dietro una pianta ridendo come un matto con uno dei cani in mano! E naturalmente se la ve-de arrivare addosso come una furia radiocomandata da tutte le questure, accompagnata da pantere e gazzelle, e con una gran voglia di farla finita al piú presto.
Senza praticamente lasciarla parlare, invece, lui, la piglia per un braccio, e le mette lí il cane, che fra l’altro abbiamo ancora qui adesso in giardino e che si chiama Tiffany, e oltre tutto è femmina e l’abbiamo dovuta spo-sare al nostro vecchio Fabergé… e la tiene ferma… e lei che non vuole… non ci sta, si dibatte, gli mostra una faccia scura e molto ostile… ma lui le ripete piú d’una volta, quasi gridandoglielo in faccia, e confusamente, e facendo anche dei pasticci, che la voleva, la voleva vedere!
Assolutamente! Assolutamente!
E non vien mai fuori il perché! Vien fuori, semmai, tutta m’assurda storia di lui che dopo averle portato via i soldi, quella volta là, arriva in punta di piedi dietro la Franca, che sta contrattando delle carote e dei broccoli a un banchetto del mercato di Sarzana tirando sulle cinque e le dieci lire, e lui tutto felice le grida che le comprerà tutta la verdura, e anche la frutta, e tutti i fiori che vuole!… Vuoi una borsa da mare? le scarpe anni quaranta? un abito nuovo modello zingara? vuoi i dischi di Mireille Mathieu? e il mangiadischi a pile, e il mangianastri a transistor, e il maxi, e il mini? tutto… tutto…
… E la abbraccia, la stringe, un po’ tanto esaltato, corre a comprare con lei dei regali meravigliosi e assurdi per tutti, collane, stivali, portaritratti, panettoni… stelli-ne di marcassite per Rina, per Tatiana, per Nora, per Lilla, per Paolo… e prende almeno un paio di vestiti da Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi ometto per il bambino… – Non farai piú Ofelia! Non farai piú Ofelia! – Fa apposta a spendere in lamette Gillet-te fino all’ultimo soldo e prima di sera non ha piú un ghello, come prima, e volta bruscamente il sedere alla Franca, inquieta e sorpresa, carica di quegli stupidi do-ni, e si butta sul materasso con l’unica ricchezza che gli è rimasta, la foto di lei sul trampolino trovata in fondo alla borsetta, e grida almeno cento volte «Roberta… Roberta… Roberta …» prima d’addormentarsi, con la felicità irresponsabile (dice lui) e quel po’ di spavento che prova chi sente d’essersi innamorato per sempre!…
Grida che la doveva vedere!…
Roberta finge di calmarsi. Ma si vede che è ancora agitata. Manda giú saliva. Le colonne della polizia non sono ancora in vista. E cerca che lui parli. Si spieghi.
Come non si capiscono, stavolta…
Marcello, è ovvio, sbaglia tutto. Non basta sentire sentire sentire che l’unica l’unica l’unica realtà autentica per lui in questo momento è il fatto che le vuol bene, troppo bene, dove gli è rimasta? nel sangue! la rivuole!
lei d’altra parte è lí… e questa meravigliosa ragazza che si trova a portata di mano è l’unica cosa al mondo – al mon-do! – che ora gl’importi!
Ma come deve fare adesso a convincere lei della sin-cerità di questo amore scoppiato cosí improvvisamente, irrazionale, prepotentissimo, disperato, anche un po’
stupidino… ma come si fa a resistere? non si può!… tre o quattro mesi dopo averle fatto l’amore insieme e averle portato via i soldi?!?!?
Se scioccamente lui, sicuro di sé in ogni circostanza, prova ora a persuaderla imitando gli imbarazzi da buon mignottone che avrà visto fare chissà quante volte piú o meno bene al cinema, e poi probabilmente non li sta pro-vando, o poco, o male, allora sarà davvero il caso di dire
«cazzi suoi!», perché è naturale o no che fa un errore, anche se sembra persuaso che dopo tutto la forza di un Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi amore con un cazzo irresistibile basti da sola a vincere Tutti & Tutto? Infatti lei rimane indifferente e scostante.
Non ci crede, le si potrebbe dar torto? Ma il peggio è che lui è innamorato davvero. E questi son cazzi piú che du-ri, da cacare, scusate la finezza, è una citazione.
Rotte, confuse, incasinate, urlate piú che dette, di pa-role certo ne vengono fuori tante, fin troppe e per quanto l’inconveniente con lui sia che quando è piú sincero, allora si fa una fatica a credergli, adagio adagio (però) si può anche capire, e anche suo malgrado, che veramente questo povero scorreggione può anche aver passato dei mesi ossessionato dall’immagine di quella bambinaccia belloccia e chic, forte di carattere e svelta di coscia, decisa semplicemente a pigliarsi le cose che gli vanno; e in fondo deve esser rimasto colpito anche da piú di un flash di vita ricca, o per lo meno agiata, che lui non conosce, e magari non la invidia neanche co-scientemente, però in fondo ne avvertirà un certo fasci-no, chissà, in qualche sapore insolito della pelle della Roberta, di profumi e saponi che usa lei, di vestiti, di maniere di fare, chi lo sa… E alla fine viene anche fuori, evidentemente, che quest’assurdo desiderio di rivederla senza perdere un’ora, fare ancora l’amore con lei al piú presto, è scoppiato certo improvvisamente, senza un’idea di come fosse poi possibile realizzarlo in pratica, senza riflettere un attimo sulle reazioni negative di lei, e senza secondi fini assolutamente …
Cosí, prima chiusa, ostile, preoccupata, prima la Roberta si rifiuta addirittura di sentirlo parlar d’amori in quel momento lí: non le pare proprio il caso… Poi, anzi, lasciandolo parlare, tenta di sondarlo, in tono di finta scema, come farebbe la nonna, con quella certa freddezza, per vedere se si scoprono le ragioni vere della sua venuta. Se lo guarda, le piace sempre molto, è regolare; e gli andrebbe ancora insieme volentieri? sí… ma non è questo che le interessa soprattutto, in questo momento.
Letteratura italiana Einaudi
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Vorrebbe sentirsi piú sicura… e dopo un certo punto, con un notevole stupore, comincia a sospettare di lui che sia veramente sincero, dopo tutto. Dunque si rende conto che questo qui non è piú soltanto lo stesso bonazzo che l’attirava perché chi è che di solito non trova se-ducente la disinvoltura senza scrupoli? (e non pare addirittura una conseguenza secondaria se poi uno scopone cerca anche di guadagnarci sopra? … )
… Ma adesso che crede d’intendere il carattere vero di Franco-Marcello, un attimo dopo aver pensato «ma allora è uno grande-e-ciula, non è pericoloso», Roberta si sente turbata. A momenti sconvolta. Ma tanto lusinga-ta (con se stessa). E si spaventa profondamente. Certo!
Perfino il cagnolino, questo espediente vilissimo e ruf-fianissimo per intenerire la gente, per tutto quello che le ricorda (eppure lei ha sempre detestato cani gatti e bambini), riesce a commuoverla come una povera scema, ve-ra. Le viene quasi quasi veramente voglia di fargli ancora l’amore insieme presto. Si direbbe che ricominci a guardarlo con le occhiate della prima volta… Che psico-logia, che profondità!
Ma i carabinieri stanno per arrivare!
Ma per farlo scappare è troppo tardi!
Adesso la Roberta si sente in trappola – lei! – e il di-lemma le pare terribile!
Il suo cuore, ormai, è tutto dalla parte di Marcello-Franco, e si sta rendendo conto (troppo tardi!) che questo bonazzo sarà grande-e-ciula ma le vuol bene davvero, non era una bella, era una chance. E lei, cretina…
Ma come deve fare d’altra parte a dirgli che l’ha de-nunciato?
Franco le sta gridando che la vuole…
… che le darà indietro tutto…
… farà per lei qualunque cosa!…
Le grida di andar via con lui!
Di vivere insieme!
Letteratura italiana Einaudi 100
Alberto Arbasino - La bella di Lodi Partire!
Lavorare!
Scappare!
… Non sa neanche lui dove…
… E a lei non sembrano neanche stronzate, adesso…
Lei ha un moto improvviso,
come per voltarsi e scappar via per tirarsi via
da una situazione che diventa sempre piú assurda e d’altra parte è un pasticcio da cui non si vede una via d’uscita bisognerebbe proprio chiudere gli occhi istintivamente
come davanti a un pericolo…
Ma finalmente i carabinieri sono lí, si avvicinano a Marcello, in borghese, gli chiedono chi è,
cosa fa lí,
e domandano di vedere le sue carte.
… Le sue povere carte…
Lui non parla piú,
e pare sorpreso
– verrà poi fuori
che era ricercato, ma
per qualche sciocchezza da poco – però non ha ancora capito
che è stata LEI
la porca
a denunciarlo!
La guarda, improvvisamente zitto, neanche tanto spaventato,
e si direbbe
che non si aspetti
che possa capitargli
niente di male. Ma
i carabinieri lo arrestano, Letteratura italiana Einaudi 101
Alberto Arbasino - La bella di Lodi gli dicono d’andare in caserma con loro, e la Roberta
rimane lí,
immobile,
senza dire una parola.
Franco guarda il cane,
lo tira su da terra,
e dice a lei: – Lo avevo
portato per te, lo sai; –
e glie lo dà. Le dice
di tenerlo bene,
e di dargli da mangiare sempre, sempre…
Starebbe per dire
che passerà
una volta a vederlo, o a riprenderlo, ma vedendo che il maresciallo
s’avvicina a Roberta
a rapporto, solo adesso capisce che è stata LEI!
Che troia!
E subito ha un gesto di cattiveria.
La Roberta lo guarda
lo guarda
lo guarda
e non riesce proprio a fare altro. Franco secco
le ripete di curarsi del cane
e di dargli da mangiar bene
e poi d’andar pure affanculo;
poi va via con i carabinieri.
La Roberta prende il cane,
lo mette sulla macchina, lo guarda, non lo tocca neanche piú; mette in moto chiudendo gli occhi. Guida
fino a casa senza lasciarsi andare.
Alla villa, tutti seduti,
Letteratura italiana Einaudi 102
Alberto Arbasino - La bella di Lodi in casa e in giardino, e si sente una fila di brindisi
oltre che dei gran cha-cha-cha.
Lei rimane
sola, attraversa
la casa piena di gente;
guarda abbastanza lontano. E le sembra di cominciare solo adesso a
rendersi conto che
probabilmente
c’era uno
che le voleva
veramente
BENE
ma lei
ha fatto
di tutto
per
rovinarlo! Va su
per la scala, entra nella sua stanza; chiude la porta.
Va a dormire.
…
Cha-cha-cha!
…
… Ed ecco, signore e signori, la nostra Teresa Casati in Confalonieri in viaggio per lo Spielberg in MG!… Do-po un cammino gremito di tormenti, l’intrepida creatura arriva là in un crepuscolo dei piú struggenti, e su, e giú, coi suoi chili di gramaglie, e con che nervoso, la si guarda attorno per vedere il sito dove il suo ragazzaccio adorato ha sofferto e languito per colpa sua, brutta troia, e un po’ si sente addirittura l’infame che ha tradito l’uffi-zialetto di Senso, un po’, anche, forse, si vergognerà Letteratura italiana Einaudi 103
Alberto Arbasino - La bella di Lodi d’essere cosí stronza… Mah… intanto… le verrà pure un po’ di paura all’idea di andargli incontro, adesso, cosí: con che faccia gli si presenta? Ahimè, almeno gli avesse mandato un po’ d’aranci di tanto in tanto… o magari anche dei soldi… come le aveva suggerito piú d’una volta quell’assennato fratello… Ma il Sandrino non viene ascoltato, mai! e intanto, una sprovveduta che t’arriva lí a chiedere Perdono Perdonoo Perdonooo – a mani vuote! – non sa mai bene se poi gli scoppierà a ridere o a piangere davanti, e oltre tutto si rischia anche di prendere delle botte… E poi, sono tutte sciocchezze che anda-vano benissimo viste al cinema alla domenica pomeriggio con la zia Bice: trovarcisi dentro, mai! La poverina si torce le mani, e i piedi, comincia a aver caldo, e magari anche freddo, e buona parte della sua sicurezza sembra proprio svanita come alka-seltzer! Ah, come brucia dalla voglia di andargli vicino, e di toccarlo, proprio là, l’adorato, l’infelice Susan Hayward sta male all’idea che il suo agognato lui possa trovarsi a pochi metri di distanza, a portata di mano e di bocca, ma cosa mai gli dirà, piccola piccola Butterfly?
Quasi quasi è un sollievo, con tutta la sua ansia, quando il carceriere viene a dire alla sventurata Vivien Leigh che il suo ragazzo si trova invece alla Spezia a far mar-chette. E lí infatti lo trova l’indomita Elizabeth Barrett Browning, dopo una folle corsa alla Emily Brontë, in un bar con dei marinai e dei commendatori con cabinato a Lerici. Lui le dice naturalmente: – Ma che cosa cazzo sei venuta a fare? – Ma glie lo chiede nel modo che meno si sarebbe aspettata l’ingenua June Allyson, senza cattiveria, quasi ridendole in faccia, e cantando sotto la piog-gia. Comunque, dopo pochi minuti, e dopo averle detto che ha voglia di emigrare in Venezuela al piú presto, le compra un bel gelato di menta e pistacchio da cinquanta lire e la manda affanculo. La saluta cioè gentilmente ma facendole molto capire che non vuol piú che lei gli ven-Letteratura italiana Einaudi 104
Alberto Arbasino - La bella di Lodi ga a rompere le palle. E via, verso i suoi squallidi conve-gni, in un’allegra macchinata di zozzoni!
Ma la bambinaccia ha il suo libretto di chèques dietro e non ha mica paura di nessuno, ormai lo si sa. Non le erano piaciute niente le facce di quelli che gli stavano insieme. – Per cosí poco, sono ancora meglio io! – si dice la fantasiosa, per tenersi su. Due uova sbattute, e via anche lei: Eva Magni, Eva Braun, Evi Maltagliati, ed Evita Peròn! Fa un giro in macchina per la città, e dragando uno per uno tutti gli spiazzi della periferia non ci mette mica molto a trovare la baracca della semistabile, coi manifesti liberty del Romeo e Giulietta per quella sera alle ventuno e trenta.
Cosí luí, quando torna, qualche minuto prima della recita, per cambiarsi, ha la sorpresa di trovare il ragazzino che protesta e grida come al solito che la parte di Giulietta lui non la vuol fare mai piú. Tutte le donne, d’accordo, gli dànno ragione: tanto piú, dicono, ed è vero, ormai ha cambiato voce; e Roberta è lí che dice con finta sempli-cità: – Posso farla io, se volete, la parte di Giulietta, l’ho vista al cinema tante volte che volendo potrei fare anche Padre Lorenzo e la nutrice e Mercuzio; e se c’è qualche pezzo che non ricordo, posso sempre leggerlo: fanno co-sí anche al teatro romano di Ostia…
Tocca a lui far Romeo, in calzabraga un po’ pendula ma arrivano senza troppi casini alla fine, accompagnati dall’ Incompiuta di Schubert. Il vero urlo poi lo fa quando escono e vede l’altra macchina. – Ma come! Quand’è che l’hai presa la Jaguar? – La conosciamo, se la sarà fatta prestare, è capace di tutto…
Resta naturalmente inteso che Roberta rimane a recitare con loro, Shakespeare e il resto, vorrei anche vedere… È la fine di maggio, ma che caldo fa già, come son chiare le notti, che scopate… Franca è via per tutta la stagione, a Cesenatico per cantare in un casino, e un posto per dormire insieme in una delle baracche loro due Letteratura italiana Einaudi 105
Alberto Arbasino - La bella di Lodi ce l’hanno e lei lo trova favoloso! Sentono i dischi di Mi-na dalla mattina alla sera in tutti i caffè col juke-box, bevono Ramazzotti con ghiaccio e senza, e partono tutti felici per il giro dell’Emilia-Romagna con tutta la semistabile su due roulottes e un triciclo.
Che tournée! Quanta drammaturgia! Li porta in parecchi posticini della Bassa Padana, dove si fermano a dare spettacolo, montando il loro tendone e le loro ten-dine sempre nelle piazze di periferia; e son posti come Fidenza, Imola, Cremona, Guastalla, Nogara, Ferrara, Mantova, Ostiglia, Rovigo, Lugo, Cesena, Faenza, che presentano insieme il loro lato monumentale illustre e non trascurabili aspetti di Italia Minore e Guida del Ga-stronomo: insomma, un itinerario incantevole per le vacanze di «Grazia», e del resto ci ricordiamo tutti – no? –
la gioia e l’emozione della scoperta, quando hanno inau-gurato l’Autostrada del Sole e si è cominciato a andar su e giú sveltissimi senza gli intasi della Via Emilia, e la prima volta che si è messo piede in un Pavesini!
Beninteso, lei non interrompe neanche per un momento i rapporti con la famiglia come facevano quelle deficienti che finivano scacciate di casa senza la lira nei drammi lacrimevoli dell’Ottocento che loro stessi rappresentano sotto il tendone a Forlí, o peggio ancora se-guivano una loro vocazione di Rinnegate & Felici ab-bracciando una loro vita di Bohème o di Butterfly o di Tabarro, con la loro creaturina illegittima dentro un fa-gotto a pied-de-poule. Neanche una strada classica o classicheggiante, segue: né la prostituzione, né il conven-to, né la sinistra, né l’hashish, né la pittura astratta, né la musica concreta, la nostra Granduchessa Anastasia!
Molto piú semplicemente, lei si fa questo giro di vacanze estive dietro il carrozzone dei guitti e soprattutto dietro quel guitto là come un’altra si farebbe la sua villeggiatura a Positano o a Cortina. Ma il pan di bocca, non se lo toglie davvero; e neanche le boccole dalla cassetta di sicu-Letteratura italiana Einaudi 106
Alberto Arbasino - La bella di Lodi rezza. L’MG, tanto, ce l’ha sempre dietro, e magari serve per andare a fare la spesa al mercato, non so: ah, guarda, amore, che bei broccoli che ho trovato oggi! Ah, grazie, cara, ma che bel pensierino, ahm! ahm! I soldi, non mancano mai. E se c’è bel tempo, giurerei che si dorme nella baracca, che sarà senza dubbio «divina!», ma appena appena piove lo so come si fa in fretta a correre negli alberghi di prima categoria A e a protestare perché la lavasec-co non è espressa… Qualche volta magari lei recita, e naturalmente questo la divertirà fin troppo. I bagni? Ma i bagni si fanno nei fiumi, nei torrenti, nei ruscelli, fra tanti fiocchettini di schiuma che galleggiano… candeg-giano… E di parrucchieri checche, si sa, ce n’è in tutti i paesi, anche dove non è ancora arrivata la TV.
Quando telefona qua, è ancora capace di trovarmi un po’ sbalordito e un po’ scettico: perché le chiedo tutte le volte se non si è ancora stufata e quand’è che torna; già, perché è lei che mi trova un po’ sorpreso quando mi risponde che non è ancora il momento… ma insomma…
ma sai… cerca un po’ di capirmi… te sarai magari fin troppo camp e un po’ snob (proprio io!)… però in fin dei conti non son mai stata cosí bene come adesso… Né a casa né al Miramonti e neanche ospite all’estero negli appartamenti delle nostre amiche piú schifiltose e meglio organizzate lei avrebbe mai conosciuto una pienez-za di vivere cosí soddisfatta, e poi anche tanto ben riu-scita proprio su quel piano là mica tanto sul signorile e sul fine, che però insomma fa passare in secondo piano le grinte e i musi e i narcisismi e le spavalderie e le indo-lenze, e una certa paura, e i luoghi non propizi, e i disturbi psicosomatici, e le varie cazzate che si fanno e si dicono, una piú banale e preoccupante dell’altra…
E poi, insomma, per un’estate ogni tanto si può bene fare a meno di Portofino e di finte sofisticherie e di vere cineserie, no? Cazzo!… e i suoi rapporti attuali con questo Franco o Marcello o Maurizio o come si chiama, a Letteratura italiana Einaudi 107
Alberto Arbasino - La bella di Lodi parte l’intesa proprio di letto, che ovviamente deve fun-zionare in maniera splendida, altrimenti è chiaro che lei non ci starebbe… devon’essere tutti su un piano di scherzacci allegri, di trattorie, di balere, di pacche sul di-dietro, di rock’n’roll, di rhythm-and-blues, di gavettini d’acqua sopra le porte … pazienza signúr!
Gli spettacoli si fanno naturalmente quasi tutte le se-re, con quasi tutti i drammi di Shakespeare ridotti dai comici dell’Ottocento, e costumi della Belle Epoque già smandrappati, e dunque sublimi! Arrivano forse a qualche Figlia di Iorio o di Iefte, e una loro stagione di rap-presentazioni equivale come niente a un condensato di cinquant’anni di teatro italiano, splendori, miserie, e tutto… Lei e Marcello chissà come si divertiranno a so-stituire la coppia Nora-Lilla in alternanza nella France-sca da Rimini, l’unica cosa che sanno oltre al Giulietta e Romeo; Tatiana interpreta il cardinal Lambertini come protagonista, recitando in russo-bolognese, proprio splendida; e avrà la Rina come gentilumo al fianco, vestita poi da dama nella Sa cra Fiamma, e da giovanotto nella Nemica, che grida «babba! babba!» e «debíca!
debíca!» con pianti che strazierebbero l’anima a chic-chessia. Una sera Paolo si slancia perfino in un monolo-go di Cechov sul Tabacco al termine della Cieca di Sor-rento; e quando dànno l’Otello? Tatiana non può far altro che Iago, con una benda nera da pirata guercio. Ri-na si veste ancora da uomo – come quasi tutte, dei resto, e in casi come questi chiamano lí anche delle altre loro amiche di compagnie primarie – quando rappresentano il Giulio Cesare per le scuole a Rimini, e come lo fa bene il discorso di Marc’Antonio! Quasi benissimo! Tutto neogotico! Però la sera stessa ha finalmente un trionfo in vesti esclusivamente femminili, tutte trine e volants, come protagonista della Signora delle Camelie, una volta tanto non sotto il tendone, ma al Teatro Sociale di Lugo, quasi tutto esaurito nonostante il caldo.
Letteratura italiana Einaudi 108
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
… Perché fa un caldo, da quelle parti lí!… Però l’estate va avanti bellissima! e lei come la sente calma, incan-tata, irripetibile, tutta questa stagione… tanto che si rifiuta di pensare ad altro! deliberatamente!… D’altronde, non avrebbe neanche un minuto disponibile: mai un attimo di preoccupazioni o di noia, per le prime settimane… Anzi, si sente talmente vicina alla verità di quella vecchia stupida frase fatta, «realizzare finalmente se stessi, afferrandosi e strapazzandosi e maturandosi reci-procamente e involontariamente, arrivando perfino a capirsi!», che i primi banali banalissimi momenti un po’
oscuri di frizione arrivano a sembrarle quasi nientemeno che Presagi di Sventura; e si tratterà poi di sciocchezze quasi irrilevanti: per esempio, lei un paio di volte o forse anche di piú si sveglia di colpo con una certa ansia, magari con un po’ di freddo, e non si trova Marcello o Franco lí vicino …
Se le prende la macchina, poi, addio!… specialmente se non glie lo dice prima, se glie la gibolla anche poco poco in un posteggio, se va via cosí o anche cosà e ritorna dopo qualche ora e praticamente non si sa dove è andato, perché poi dice semplicemente che ha voluto fare un giro da solo… E se una qualche volta le capita di vederlo insieme a un paio di brutte facce, o magari anche a un paio di facce molto belle tipo capitaneria del porto alla Spezia, come la mettiamo? E se poi lui rico-mincia a rimenarla sempre piú spesso con quest’andata del cavolo in Venezuela? … Naturalmente, secondo lui, avrà pure il modo d’arrivarci spendendo quasi niente, avrà là tanti amici, e possibilità di lavoro, e di guadagnar bene, benissimo…
Tutti discorsi sul vago, però… e del resto non sarà mi-ca sempre possibile restar lí con le vecchie nel carrozzone a fare un cazzo, e non guadagnare neanche dei soldi…
O forse faceva l’amore anche con tutte le altre, in passato, e non solo con la Franca, e adesso son tutti un po’
Letteratura italiana Einaudi 109
Alberto Arbasino - La bella di Lodi stufi?… E se comincia a chiederle se non andrebbe in Venezuela anche lei, che naturalmente non se ne sogna neanche, come, come la mettiamo?… eh?…
Ma secondo, me lei si preoccupa specialmente per l’amore sfrenato di lui con la cilindrata: di fronte alla macchina si sente esclusa, si sente gelosa di questa sua passione, che è un po’ eccessiva ed exclusive, e da exe-cutive, andiamo! e non rimarrà inquieta e turbata quando lo vede correre e correre sui rettilinei umidi, e via di notte, e cercar di fare le massime velocità come un bambino viziato su Porsche d’altri?…
Poi s’avvicina l’autunno, maturano i sorpassi e i ral-lye, e ormai le mattine sono qualche volta nebbiose… Ed è allora che ricascano sempre qui tutti, al Villino Crudelia! Anzi, prima lei telefona, e lí potrei già descrivere tutta la scena come fa la Butterfly col suo fil di fumo: squil-lo; vado a rispondere; è lei: – son io! – ah, sí? – e lí come va? – ma si sta benissimo! – ah davvero? – E allora io: –
perché non passate al Forte una volta?
… Ah, allora, tornare insieme nei posti dove si son visti e fatti per la prima volta, cotti e mangiati! Non ci erano ripassati piú, insieme. Trovare il posto preciso… Ab-bracciarsi proprio dietro quel cespuglio là, e mica un altro… Poi arrivare fino a quel margine preciso della pineta dov’erano stati accampati col carrozzone allora… e dove lui glie l’aveva messo per la prima volta in mano… E finalmente risalire quei gradini che lui aveva disceso scappando con le tasche piene di bigiotteria e di diecimila …
Ma invece, stavolta, naturalmente, vino bianco al cassis, Benson & Hedges, mangianastri con Follies, salatini inglesi di Fortnum & Mason… E lei, tanto baciata e tanto presa per il culo da tutti: «adorata» di qua, «guittac-cia porca» di là, baciamano, Settecento, social kisses, toasts… e due o tre dei nostri che la tirano su in qualche Jaguar di prepotenza, e giú Moët & Chandon bel fresco, e non la lasciano andare anche se lei grida «Franco!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Franco!» o «Marcello! Marcello»… E allora lui, il dritto:
– Vi vengo dietro con l’MG! – E salta su, non chiede altro. E mette in moto. E lei: – Ma io vado con lui! – E gli altri: – Ma che rompicoglioni! – E giú Moét & Chandon. E lei, lí col suo presagio: – Da solo no! – Macché…
– Aspettami, vengo su anch’io con te!… – Macché! Col cazzo, quello…
Gli gridano il nome del posto dove si va a mangiare, e partiamo un po’ tutti, e subito si vede l’MG rossa con su quello stronzo che sorpassa tutti gli altri come se volesse far la corsa, proprio spiritoso, e allora subito lei inquie-tissima che si domanda cosa vuol cazzo fare e dove cazzo va per suo conto… e con una vera angoscia lo vede spari-re davanti a tutti, nel buio, quello stronzone, e non sente neanche tutte le cazzate che le raccontano gli altri…
… E infatti, dopo qualche chilometro, cos’è che non ti trovano? L’MG fuori strada contro un albero, e lui dentro con la testa spaccata: andato sul colpo! E lei che si vede già tornare a prendere le sue poche robine al carrozzone come un’Elettra in moderno… salutare le vecchie che le fanno intorno tutta una lunga cosa di commozione teatrale all’italiana e si rivelano tutto sommato tante cuor d’oro…e tornare indietro a casa a Lo-di… E lí naturalmente io, sulla porta di casa, con un bel completino scuro e cravatta a piccolissimi pois, e mi scappa magari detto «ciao guitta», genere finale di Otto e mezzo… però con un braccio intorno alle spalle e una lacrima uguale a una perlina, accompagnandola dentro in casa… dove c’è già lí pronta la nonna con la bozza dell’annuncio funebre, il nonno prontissimo con «l’albero a cui tendevi / la pargoletta mano «, il giardiniere coi primi crisantemi della serra, Don Giovanni sempre con quel suo commendatore insieme, ormai è quasi un’indecenza e alle ACLI lo dicono già forte, e il com-missario di P. S. col verbale che poi tocca da firmare a Sandrino fratello, si sa…
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi E invece no! Quello stronzo non s’è fatto un cazzo! La macchina sí, naturalmente è andata, e si spenderebbe forse di piú a farla rimettere insieme che non a comprare la mia Mercedes nuova col cambio automatico… lo dico e lo ripeto che le tedesche convengono molto piú delle inglesi… Lui, certo, si è spaventato tantissimo, e sarà facile che sembri mezzo morto per la gran paura, e non già per i pochi sgraffi che s’è fatto… Ma per un’ora buona, passato lo spavento, lei lo odia anche molto, perché sospetta che stia facendo tutta una sua scena d’agonia e di mortorio per prenderli tutti per il culo e impressionare specialmente lei, che gli ha sempre detto che come attore e come guidatore è un cane da pagliaio… Però quando rinviene lui ha un’impennata che nessuno proprio s’aspetterebbe, sapendo bene come a lui in quanto cane da pagliaio non importi proprio un cazzo né del Carro né di Tespi… – Ma, – fa, – e l’arte? e il teatro?
– Il teatro lo faremo in giardino, – fa la Roberta, voltando la macchina presa dall’Avis verso Lodi (e guida lei). – lo faremo una volta all’anno, per i nostri piccini!
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO NONO
La facciata barocca dei Palazzo Ducale, e la schiena marmorea di Ciro Menotti, illuminate dai riflessi del ristorante in piazza. Invece delle berline di gala estensi o da Rosenkavalier passa fra i vasi di ligustri il carrello dei bolliti, con meravigliose mostarde e salse padane al formaggio e al prezzemolo.
– Pistoni rotti, tutti, eh?… E i cilindri?…
Siedono al tavolo, molto ben messi, con la loro cande-la accesa davanti svolante, però non lietissimi.
Franco si versa da bere.
Ma lei insiste, ci dà dentro.
– E i cilindri?… Eh?… Tre o quattro?…
Pausa.
– Eh? …
– Quattro… Te l’ho già detto… Quattro…
Franco si versa ancora del lambrusco, tristissimo.
– A me, mai successo!
Va avanti, lei… va avanti…
– Insomma, sbiellare!
– Eh …
– Mi pare una cosa! Insomma, una cosa!
– E io, me l’andavo a immaginare?
– Se la lasciavi lí, capitava niente! Non toccarle, le co-se, c’è bisogno di farselo dire sempre? Non toccarle!
– Eh, sí… che bello! Sempre lascia lí e basta! Grazie al cazzo! Ma cos’è che te ne fai, te, allora?
Lui diventa cupo.
– Potrò aver voglia d’andare a casa mia, no?
– Poco male dirlo… Si lascia detto!
S’avvicina il cameriere, portando quattro tipi di paste, bianche rosse e verdi.
– Hanno già scelto per dopo, sí o no?
Ma lei va avanti.
Letteratura italiana Einaudi 113
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– E poi, cos’è?… Si può sapere?… Cosí all’improvviso? … Eh?
Franco non risponde, e prende su la lista, scuotendo il testone.
Borbotta da solo, con un mezzo sorriso:
– Faceva un caldo, giú di là… Molto piú che qui da noi…
Lei rimane ancora un po’ tesa.
– Arda poi lí, con che faccia, che sei tornato indietro… Me la conti mica giusta… Un vaccone appena mun-to, pari…
Lui brontola:
– Che maniere di parlare… E poi vieni a dire a me…
Mangia delle grosse forchettate di pasta, e la finisce.
Poi tira su la testa dal menu. Ripassa il cameriere.
Franco indica con un sorriso già pieno una tavolata vicina dove stanno preparando le crêpes alla fiamma.
– Come son fatte quelle lí?
Lo chiede al cameriere e alla Roberta assieme. E lei:
– Ah, sí, ecco! Fattele portare, quelle lí… guarda che son buone!
E dà i suoi ordini al cameriere:
– Allora senta! Dopo la chateaubriand per due lui prende quelle crêpes suzette lí e la frutta fresca! A me invece porti stracchino e quel dolce là di mandorle.
Al Franco:
– Cosí poi si fa metà di tutto.
Lui finisce di vuotare la bottiglia nei due bicchieri.
Poi si piega leggermente con la mano sotto il tavolo, va su con la mano lungo la coscia di lei, e le infila due dita, cominciando a muoverle.
La Roberta scoppia in un grande sorriso. Ai tavoli vicini se ne accorgono.
Un gran caldo, in un garage enorme come un capan-none dell’Alfa Romeo. Gente scamiciata, e intorno campi, con galline.
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Alberto Arbasino - La bella di Lodi Franco in doppiopetto di gabardine chiarissima, giacca coi due spacchi dietro; camicia bianca, cravatta di foulard; gemelli ai polsini; risvolti ai pantaloni; gesticola entusiasta:
– … Ah, qui, guarda, qui come ampiezza ci sta tutto quello che si vuole!… Ma il soffitto lí non ci può proprio stare!… Guarda, io lí scoperchio tutto, ci mettiamo un bel tetto scorrevole di vetro… in modo che quando c’è bisogno, la gru entra in un minuto!…
I proprietari, o concessionari, guardano in aria senza dir niente mentre lui fa segno in su e ai lati con la sigaretta in mano.
Roberta, vestita giusta, di lino, sta un po’ indietro, in mezzo ai proprietari, o ai concessionari, riservata come loro. Dopo gli si avvicina.
– Sí, ma, Franco, senti un po’… pensaci bene, qui mi sembra che siamo fuori un po’ tanto… prima che la città arrivi fin qui…
– Eh, ma l’importante è che tutto questo spazio, dove lo trovi tu da un’altra parte?… Poi, qui fuori, non l’hai visto tutto il movimento, con le trattorie, e con le fabbriche, quante macchine…
Franco mette una mano sulla spalla del padrone e vanno avanti cordialmente fino sulla soglia dell’altro lo-cale in costruzione.
Roberta li segue lentamente, abbastanza perplessa.
Quando si voltano per tornare si avvicina a Franco e gli prende in mano un pezzetto di giacca.
– Ecco… intanto ti sei macchiato. Appena comprato!
– Ma tu sai che ti voglio bene sul serio? se no, non si capirebbe piú niente, no?
– Lo so, lo so. Ma non è mica colpa mia…
Verso sera, fa già buio, loro si stanno vestendo insieme, girando per la stanza semispogliati. Lei mette un Letteratura italiana Einaudi 115
Alberto Arbasino - La bella di Lodi abito di seta a colori genere Emilio Pucci; lui, la giacca blu coi bottoni di metallo; e insiste:
– No, guarda, questo dovresti proprio vederlo anche tu … Finora è l’unico che mi convince in tutto… già at-trezzato fin da adesso per mettere a punto anche le macchine da Mille Miglia…
– Oggi lo sai che stavo mica bene, però domani c’è nessuno che ce l’impedisce… Sto già bene adesso…
Dammi una mano qui dietro per piacere…
Lui batte una ginocchiata sul letto.
– Ahia!… Prendi su uno scialle o un golfino, però, perché con questo, qui se no stasera hai freddo…
Lei gli tira fuori una cravatta.
– Questa qui di maglina di seta è quella che ti sta meglio… Allora sarà bene telefonare per combinare addirittura domani mattina… Però, intesi: macchine da corsa, noi, niente, e meno che meno correre te…
– Son già d’accordo, con loro, perché tanto devo andar lí a verificare un impianto…
– Ah, fammi il piacere, che mi si è fermato ancora l’orologio… Telefona giú al portiere e senti che ora è…
Lui chiama.
– Senta un po’… che ora é, per piacere?… Ah, beh…
grazie… Eh, senta… com’è il tempo, fuori?… Eh, beh, pazienza …
Riattacca. Poi:
– Brutto, però, senza orologio… Non si sa neanche l’ora!
Franco e Roberta girano per un luminoso garage teneramente abbracciati, come due sposini in un’esposi-zioni di mobili di Cantú,
– Lí adesso non guardare neanche, perché poi dovrebbe venire tutto diverso… Prova a immaginare: intanto, piastrelle tutte bianche, per terra mattonelle tipo cotto, di quelle rugose… L’officina dovrebbe cominciare Letteratura italiana Einaudi 116
Alberto Arbasino - La bella di Lodi lí, con da una parte, dopo l’angolo, il tapis roulant che gira per provare le sospensioni e i freni… Qui, pensa, tutta la convergenza… Poi di qui voltano, e lí ti trovi di fronte a tutta la zona elettrauto… Eh, cosa dici?… Anche col laboratorio delle radioline, che non ce l’hanno mica tanti, ben fatto… E poi ci terrei proprio ad attrezzarmi per la lucidatura e i colori… su tutte le riviste americane c’è che là se la sbrigano in cosí poco…
Nel garage non c’è quasi niente, se non i muri. Il tono di lui è tenero, appassionato, sincero. Lei dice continuamente di sí.
– Io con i miei non ci voglio stare. Voglio stare con te.
Tanto, la mia famiglia sei te.
– Ma, scusa, e loro cosa dicono?
– Mi raccomando solo di stare attento a non farmi prendere.
– Perché?
– Perché credono che sto via con la malavita.
La Roberta e la zia Giuseppina vanno attraverso i campi, chiacchierando intensamente e sollevando un gran polverone, sulla strada non asfaltata, su una Flavia piuttosto vecchia guidata da un ex carabiniere con un Borsalino in testa. E a ogni trattore che incontrano la zia fa rallenta-re o fermare, si sporge fuori, e grida ai conducenti:
– Dite al Luciano che non m’aspetti, che stamattina non vengo!
Oppure:
– Dite al Duilio che vengo subito, solo un minutino!
E ripartono svelte, ma arrivano presto alla Fornace Cavalli, e lí fermano e scendono.
Arriva subito incontro la signora Cavalli vestita da franco cacciatore, tutta di pelle e di nappa, con tante belle finizioni di metallo, gran sorriso, sigaretta, e fucile.
Lei e la zia si coprono di baci.
Letteratura italiana Einaudi 117
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Ciao, ciao, cara la mia Ines!
– Giuseppina carissima, credevo proprio non venissi piú!
E le guarda il vestito.
– Tutta elegante, guarda un po’ te…
La zia le presenta la Roberta.
– Mia nipote che è venuta al posto della sua nonna…
Diamo proprio un’occhiata e scappiamo!
La Cavalli comincia subito a far dei gran complimenti.
– Ma tèh…. che bella creatura… sembra proprio la mia Giulia!… Non la conosce la mia Giulia?…
La Roberta non la conosce.
– Ah, ma allora dovete diventare amiche…
Punta un po’ il fucile verso la campagna, e le guida a vedere gli impianti.
– Cara mia! Adesso è il loro momento!
Tossisce con un po’ di catarro perché il fumo le va di traverso, e dà una manata alla zia.
– Tèh, Pinuccia! Siam vecchie!
Ma finisce di tossire, riprende subito.
– Ah, io pianto lí tutto, cara te, ho deciso! L’ho detto anche al mio Alfonso: lavorato, ho lavorato; la mia Giulia, l’ho sposata… mi ritiro, dipingo, e faccio i miei paesaggi e le mie mostre!
Fanno tutt’e tre un gesto di meraviglia.
– Dovevi vedere la mia mostra di marine a San Gallo, tèh! Un successo, guarda, un successo!…
Mette dentro la testa in un ufficio, e chiama.
– Parini! Adesso vi metto in mano al Parini, poi vuol dire che mi telefoni, non domani che è martedí e vado a Salice… facciamo mercoledí!
Si guardano attorno fra apparecchi che girano e altri che fumano, e la zia afferra la Roberta per un braccio.
– Adesso, cosí, giusto per vederla se ci piace… Dopo, semmai, il primo momento di calma, quando torni a ca-sa, ne parliamo con tua nonna quando si mette lí appena mangiato.
Letteratura italiana Einaudi 118
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Lei ha sempre raccomandato, piú che altro, di stare attente agli impianti degli altri.
– Per quello, guarda… bella, è bella… I Cavalli li conosco, l’han sempre tenuta fra le meglio… In caso facciamo la perizia… lo dico a mio marito… Ma tuo fratello, poi, non doveva venir qui anche lui, oggi? Cos’è che m’hai detto, che gl’interessava la Casa del Motore di mia suocera?…
– Ecco, quella potrebbe essere un’altra soluzione, tanto per non tener tutto immobilizzato nella terra…
– Non ce l’avrà fatta a venire all’ultimo momento, per via di tua nonna, di sicuro!… Comunque, qui, guarda, se riusciamo a metterci d’accordo in tre, con mia suocera e con tua nonna, la teniamo tutta noi, che la Ines è pronta anche a fare delle agevolazioni…
– È da un pezzo che non la vedi?
– Chi? Tua nonna? Siamo andati là anche l’altra domenica!
– E come stanno?
– Li fa diventar matti tutti in casa, come al solito!
Qualche volta Franco non riesce a domire. Lei si sveglia, e lo trova lí fermo con gli occhi aperti nel buio.
– Al mondo non ciò nessuno e non ciò mai avuto nessuno, sto bene da solo e ogni tanto ho anche voglia di starmene da solo! Si può? O no?
In una piscina abbastanza G.I.L., piena di gente molto maleducata, son lí dentro nell’acqua tutt’e due. Lei, animatissima:
– Ma dài, Franco, per una volta, cos’è… Prova… Se poi non ti piace, facciamo presto a venir via… Se no, si sta lí… È una bella città, sai, Mantova!
Franco fa dei segni di no sott’acqua.
Ma lei insiste molto.
– Poi, senti, guarda, intanto non li ho mai visti nean-Letteratura italiana Einaudi 119
Alberto Arbasino - La bella di Lodi ch’io, ma i Son et Lumière, tutti quelli che li han visti, anche in Francia, han sempre detto che son bellissimi…
Li fanno nei castelli sulla Loira!… Io, son sicura che mi diverto… Se piace a tutti, scusa, perché non deve piacere anche a te?…
Franco rabbrividisce.
– Ahia, usciamo!… Tu non senti freddo?
Roberta ridacchia.
– Freddo dove?… Ma si può sapere dove?… Dov’è che senti freddo, bestiaccia?…
Scendono dalla macchina e camminano sulla ghiaia, davanti a una villa non imponente, però con un santua-rio al cancello del giardino e, un parco di vacche dietro, con centinaia di vacche olandesi all’aperto, tutte con pe-digree, e i treni merci della linea Milano-Genova che passano ininterrottamente sullo sfondo.
Esce dalla porta principale della villa un giovanotto militaresco molto bruno e abbronzato, il nobile Beccaria, e viene incontro ai due con estrema affabilità.
– Sono veramente molto contento di vederti qui, co-me sta tuo fratello? Il signore qui è un tuo amico?
Dà a Franco due o tre occhiate battagliere.
– Ma noi ci conosciamo! È mai stato in marina?
Franco fa: – No no –. Beccaria li conduce davanti a una grotta artificiale, dove c’è un salottino di ferro bat-tuto, con parecchie sedie molto distanti l’una dall’altra.
– Scusatemi se non vi faccio entrare in casa perché lo sai che papà ha avuto un’altra ricaduta? La terza!
Arriva da dietro una magnolia un’infermiera con un enorme vassoio di drinks, con recipienti molto fantasiosi per il ghiaccio.
Beccaria stappa, versa, mescola, porge i bicchieri. Poi si volta bruscamente a Roberta.
– Allora mi dicevi, cos’è che volevi al telefono? Garages? Garages? Ma come, garages?
Letteratura italiana Einaudi 120
Alberto Arbasino - La bella di Lodi Parla rapidissimo e perentorio, senza lasciar rispondere lei.
– Comunque, facciamo in fretta. Tre o quattro potrei averli sott’occhio, agli altri si fa presto a telefonare! Be-vete subito che andiamo, perché all’una devo essere indietro!
Roberta si guarda attorno.
– Ma adesso, voi state qui tutto l’anno?
– Molto meglio qui che fra il vostro smog e tutto il perspex! Tanto piú che qui per le collezioni rimanevano ancora parecchie pareti libere!
Sulla macchina di Beccaria, una vecchia Mercedes ne-ra appena revisionata a Baden-Baden, lui e Roberta siedono davanti parlando fittamente. Franco si accovaccia scomodissimo dietro, in una tana di antichi «Herald Tri-bune» insanguinati.
Lui non sta zitto un momento, continuando a puntar-le contro un profilo aggressivo da medaglia.
– … Tantissimi nella zona fanno cosí, coi motori… Anche a mio zio Amedeo appena prima di morire glie ne venivano a offrire tutti i giorni… Sai poi lui come ha fatto, eh?… Con lí sotto la porta sua moglie e il segretario che l’aspettavano in macchina per andare giú a Milano… Sai che credeva d’essere diventato poverissimo, ormai… Non andava neanche piú dal barbiere per la paura di non avere i soldi per pagarlo. È per quello, in fondo, che dopo s’è ammazzata anche la zia… Però, lei impicca-ta… Lí nella grotta di Lourdes dove siamo stati prima…
E pensare che poi invece hanno lasciato dieci miliardi…
Quello stupido dell’amministratore che diceva sempre di andar piano con le spese… È andato su in bagno a dare il bacio… Sempre, prima d’uscire, al ritratto della povera nonna … Cosí, quando s’è sparato, il bagno è dall’altra parte … Naturalmente il colpo non l’han sentito giú … Tre ore, l’hanno aspettato… C’era già lí pronto il suo elettroshock a Milano… Ne aveva già fatti trenta-Letteratura italiana Einaudi 121
Alberto Arbasino - La bella di Lodi cinque… Tu non l’hai mica conosciuto, non sembrava…
Ma tuo nonno e tua nonna, figurati…
Roberta gli chiede:
– Ma tu allora non lo fai mica piú l’otorino a Pavia?
– Macché, cosa vuoi?… Non posso mica piú muover-mi di qui!… Sai che devo badare io proprio a tutto? …
Fermano di scatto a un distributore di benzina fra le risaie. Beccaria scende rapidissimo, ordina il pieno, e dà delle occhiate tremende in giro.
Poi, improvvisamente, a loro:
– Perché qui, tra nebbia e mosche, l’unico vantaggio è che m’han messo questi distributori sui campi!… Sono tutti nostri, fin dove gira là in fondo… Almeno, la benzina gratis! Dopo, venendo via, ve lo fate fare anche voi il pieno, eh, che glie l’ho detto!
Risale. Ripartono. Corre come un pazzo per la campagna.
– … che scavando qua sotto sono poi andati a infilar-si col metano anche in quel passaggio sotterraneo che univa la Sinsozzola alla Repentita, quindici chilometri!
mai piú percé dal Settecento! … e quindi, con tutti i pompieri che andavan giú e tornavan su subito, figurati, pieni di serpenti…
Poco dopo, Roberta e Beccaria siedono molto mon-danamente su due brutte seggiole bisunte di paglia in un angolo di garage Fiat, mentre Franco va e viene in fondo col gestore e un paio di meccanici gesticolando.
Lei ormai parla identica a Beccaria, mentre lui fuma vertiginosamente un sigarillo.
– … Sai, lí che faceva lo spiritoso, con una slittina qualunque… E non ti si rovescia appena partita?… Guarda: rotto qui, qui, e qui… Una rabbia tremenda!… Con quel pezzo lí di terra che poi lo vendono o non lo vendono?
Non si capisce mai!… Tutti indietro, allora, però ormai con gli operai là in casa… E mio fratello che si mette in mente d’andare a Londra proprio sotto Natale… Capi-Letteratura italiana Einaudi 122
Alberto Arbasino - La bella di Lodi rai, per uno che vuol star lí tranquillo a studiare… Ma lí, secondo me, è il nonno che sbaglia… Tanto, le public relations, a noi, cosa servono? Con tutti lí avanti e indietro, con niente da fare… Insomma, morale…
Ma le arriva il Franco di dietro.
– No, no, guarda che questo non va mica bene… Ho visto, lí…
Lei è già pronta ad alzarsi.
– Va bene… andiamo, andiamo…
Beccaria la ferma.
– Ma va almeno a dare un’occhiata!
– Se lo dice lui, che bisogno c’è?… Guarda, in queste cose qui, è uno che sa tutto…
Franco insiste.
– Guarda, lí è proprio uno di quei posti dove non c’è sfogo!
Lei esce tranquillamente, tirandoseli dietro tutt’e due.
– Basta, chiuso, Franco, per l’amor di Dio, andiamo …
Si rivolge a Beccaria, osservandolo:
– … che sul lavoro, a questo qui, non gli si può parlare… Oh, ma come fumi, tu!
Beccaria sussulta.
– Io?… No!… Allora, se questo non gli piace, andiamo a vedere quell’altro, va bene!
Escono, c’è lí una venditrice ambulante, Beccaria compra tre banane, ne mangia due rapidamente, e consegna la terza a Roberta, intimandole di mangiarla. Poi:
– Scusa, non ho capito bene! Mi vuoi spiegare? Chi fa l’affare, qui? Te, o lui ? Te, insomma, vorresti fargli diri-gere per tuo conto un garage da reddito, senza pagarlo, con la scusa che siete amici e te lo scopi, no? O mi sbaglio? Dimmelo! Mi sbaglio?
– Quando ho trent’anni, io mi ammazzo, te l’ho già detto! Mi pare giusto, no? Tanto, cosa cazzo ci sto a fa-re, dopo?
Letteratura italiana Einaudi 123
Alberto Arbasino - La bella di Lodi Nella stanza del motel, all’ora di Radio Sera, s’affaccia alla porta un dottore, dandosi delle arie.
Sul letto il Franco geme avvolto da plaids scozzesi, mentre la Roberta scioglie dei prodotti effervescenti in un bicchier d’acqua, e il giradischi suona canzoni deso-late di Patty Pravo.
La Roberta si alza, fa dei cenni di saluto, e il medico si curva con degli stetoscopi sul petto del Franco, lo au-sculta e lo fa respirare.
– Respiri ancora… respiri ancora… respiri ancora…
ancora…
La Roberta gli si rivolge ansiosa.
– … Un colpo d’aria?
Il medico molto seccato mette via nella valigetta i suoi strumentini.
– Ma niente, signora! Niente, niente, ha capito?
Lui fa:
– Ma ho la febbre!
Il medico non si volta neanche.
– Ma cosa vuole che sia, son due o tre linee, van via da sole…
Si avvia deciso alla porta, seguito dalla Roberta.
– Allora, per stasera, che cosa gli devo dare da mangiare? In bianco?
– Ma niente, cosa vuol star lí… Quello che mangia tutti gli altri giorni. Cosa gli piace? La pastasciutta?
– E medicine, allora?
Sono già sulla porta. Il medico scuote la testa.
– Sarei io il primo a dirglielo… M’avete chiamato qui che sembrava che morisse…
– Quanto le devo, allora?
– Mmmmmila…
Lei tira fuori i soldi già preparati, glie li infila in mano sull’uscio, rientra, si spoglia in bagno.
Il Franco è sempre a letto arrabbiato.
Letteratura italiana Einaudi 124
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Che cosa devo dire, che sto bene, perché lo dice lui? E invece sto male!
Lei rientra nel bagno, e strapazza delle calze insapo-nate.
– Va bene, allora sta lí, e facciamo portar su da mangiare la bistecchina con gli spinaci!… Che qui non si sa mai poi dove appoggiare un piatto!…
Si sente lui seccatissimo:
– Lo appoggi qui!
Lei rientra offesa nella stanza, e lo vede che sta uscendo dal letto, in uno sventolio furioso di lenzuoli. Si veste rapido.
– Anzi, già che ci sei, chiami qui uno dei tuoi amici simpatici, che ce ne hai tanti, e se non lo sai te lo dico io che cosa dovete mangiare, e di che cosa vi piace parlare… te che stai lí tutta contenta con tutte le bernardate che ti dicono…
Le va vicino provocatorio con le mani in tasca, le dà anche un colpetto con la pancia.
– … E io, siccome tanto son senza Maserati, invece va-do a veder passare i camion sulla Via Emilia, cosí sono contento anch’io…
– Dove vai, stupido?
Il Franco prende m un impermeabile nuovo, bello, e fa per metterlo. Poi ci ripensa, lo appallottola e lo butta verso di lei sgarbatamente. Tira un calcio alla seggiola, esce.
Ancora in un altro garage, Roberta senza Franco, seduto alla scrivania, nel box della direzione, insieme al proprietario, con registri e scartafacci davanti, fa passare i diversi fascicoli con aria interrogativa: movimento… reddito… carichi fiscali… oneri per il personale … eh … beh …
– Lascialo a-stare, questo, che è la mia sola ricchezza!
Il suo respiro sembra regolare; ma è lei che non riesce a riaddormentarsi, nonostante il mogadon.
Letteratura italiana Einaudi 125
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Si può sapere dove sei andato senza dir niente a nessuno?
– Eh, adesso non si può piú neanche andare a cercare un alka-seltzer quando fa mal la testa… Dovevo star lí a svegliarti che eri lí che dormivi?…
Serata a un Grand Hôtel molto moresco di Salsomag-giore: sfilata di moda liberty maschile di due sarti di Ro-ma, con passaggi ed evoluzioni di parecchi indossatori in passerella. Pubblico abbastanza scadente, e loro due seduti a un tavolino coi due whisky davanti.
– Ma niente.. niente… Ho già preso due cibalgine ma non mi passa… Ma non importa… Stiamo qui, stiamo qui…
– Ma cos’è, secondo te? È il mangiare?
– Ma no… cosa vuoi che sia… sarà l’aria, l’umido, il tempo che cambia… l’aria condizionata…
Pausa. Indossatori. Poi lui le chiede:
– Ma l’anno scorso… per esempio… in questi giorni…
cos’è che facevi tu?
– Piú o meno le stesse cose, sai… come adesso qui…
– Al mare?
– Ma sí!… Uguale … Alzarmi, pressapoco alla stessa ora… Un po’ di sole … un po’ di bagni … poi mangiare…
dormire… Sí, andar dal parrucchiere … i soliti due passi per l’aperitivo… a mangiare… a ballare… al cinema…
proprio come qui… a dormire… tale e quale…
Lei prova anche a lasciare in giro un po’ di soldi. Mi-ca tanti, perché ha un po’ paura. Però lui non tocca e non prende piú niente.
– Va bene che si parla tanto per parlare, però qui de-vo fare tutto io, sempre io, tutto sulle mie spalle…
Letteratura italiana Einaudi 126
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– E io, cosa vuoi che faccia, se tanto fai già tutto te? Si vede che sei abituata, ti piace…
Si sveglia di soprassalto, saranno le tre di notte. Nel letto lui non c’è.
Letteratura italiana Einaudi 127
Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO DECIMO
Però, ci sono davvero parecchie differenze tra noi, osserva la Roberta.
Intanto, quand’è felice, fa dei versi che nelle nostre case non si sono mai sentiti fare.
Poi, ma queste sono piccolezze, mai che ricordi di spegnere una luce, o una radio, meno che meno di chiudere i rubinetti. Se ci sono lí in una stanza, radio, televisore, e giradischi, sempre attaccati tutt’e tre insieme, co-sí non si sente niente, e non si sente anche perché i rubinetti devono star sempre aperti al massimo.
– Mi piace sentire il rumore. E poi mi fa compagnia.
Ma come! Intanto, non si capisce niente delle cose trasmesse, e con l’acqua pazienza, anche se dà un po’ fastidio, perché tanto non costa. Ma la luce? Sempre tutte le lampadine accese? Chi è che la paga, poi?
Lo stesso, quando si è a tavola. Mangia e beve sempre molto volentieri, come gli piace mangiare e bere è una co-sa addirittura infantile, fa un gran piacere, però quando è pieno si ferma di colpo, e non si riesce a fargli finire quel che ha davanti. Rimane lí magari poco, due forchettate di riso, mezzo bicchiere di vino, magari anche buonissimo, però niente da fare. Ora, si sarà forse un po’ esagerati con l’abitudine di finir sempre tutto quello che si ha davanti, perfino l’acqua del rubinetto; e anche se qualcosa non piace; e naturalmente si sarebbe ridicoli a far come quelle zie e cugine che continuavano: – Mangia anche quelli lí, var-da, su, finisci quei risini che ti son rimasti nel piatto, sennò rimangono lí soli e son tristi… – E specialmente quando si aveva davanti della roba che non ci piaceva, e loro continuavano e facevano apposta, per abituarci. Però, adesso, Letteratura italiana Einaudi 128
Alberto Arbasino - La bella di Lodi piange proprio il cuore a veder sciupare la roba buona; e poi, a parte il fatto che ci son tanti che non han neanche da mangiare, bisognerebbe tirar giú o versarsi solo quello che si ha intenzione di mangiare e di bere, no?
Coi vestiti, poi! … Intanto, presta dei capi, anche di valore. A chi? Non si sa!
– Dov’è il tuo giubbotto di renna, che qui nell’armadio non c’è?
– Mah, niente, l’ho prestato per qualche giorno a dei miei amici.
– Ma quali amici, se dici sempre che non ne hai, e non se ne sono mai visti?
– Mah, niente, che cazzata, della gente che conosco, loro m’avevano prestato dei maglioni…
Poi magari il giubbotto ritorna, ma poteva anche non tornare, e comunque lui per qualche giorno è stato senza.
E se glie lo sciupavano? Non ha il senso della proprietà.
Poi, altra cosa che non sta né in cielo né in terra, metter via la roba pulita insieme alla sporca. Una camicia messa per tutta una sera, e quindi magari un po’ presto per darla in bucato, lui la piega con tutte le cure, e poi la rimette via con tutte le altre nel cassetto. Stessa cosa coi fazzoletti e con le calze. Via tutto insieme! E con le mutande, poi, mai visto un cassetto cosí pieno di tanti slip di tutti i colori, anche il leopardo adesso, tutti già messi qualche volta, e tutti rimessi lí dentro anche molto spor-chi, perché a darli a lavare c’è sempre tempo!
I calzoni, invece, sempre lí a bagnarli e a grattarli e a torcerli, piú son nuovi e appena comprati, perché pren-dano l’aspetto piú barbone possibile.
Al cinema non ci vuol mai andare.
– Bisogna proprio andarci?
– Perché proprio stasera?
– Farne a meno, non puoi?
Letteratura italiana Einaudi 129
Alberto Arbasino - La bella di Lodi
– Allora io piuttosto vado a dormire!
– M’è venuto un mal di testa!
Neanche a veder le cose che dovrebbero piacergli, ti-po i western. Cosí non ci si va piú.
E non può neanche soffrire i dischi dei vecchi musi-cals, che a noi piacevano cosí tanto. Neanche Barbra Streisand. Solo le canzoni di San Remo e di Canzonissima, e basta. Gianni Morandi, e (al massimo) Tom Jones.
Per il nonno e la nonna, certo, uomini e donne dovrebbero esser tutti cani da guardia full time; però adesso che son bestie che non si trovano piú in giro, che cosa sarà questo? Un gatto, che quando è in casa non lascia entrare nessun altro gatto? O un topo, che appena aperto un buchino si tira poi dietro tutti gli altri? O una gatta morta, come tutti quelli targati PV?
Come spensieratezza, fa tenerezza: se la gode come una vacanza, nei giorni che non lavora! Non sospetta nemmeno che c…osa ci si deve fare, per mandare avanti oggi una qualunque baracca …
Dargli in mano degli affari… Mah …
Metterlo al corrente degli interessi… Come si fa…
Da un lato, noi, sempre abituati a «mai trattarli troppo bene! alla lunga è un errore!» (ed è vero). Però, d’altra parte, lui fa proprio apposta a non dir mai un «grazie» neanche per sbaglio. Certo che…
Certo, osservando tutto bene da vicino, denti perfetti, capelli splendidi, occhi magnifici, una pelle che è una meraviglia, e un uccellone poi che dev’essere davvero fra i piú grandi in Italia… e dato che si abita in questo paese, certo, ragion di piú per non lasciarlo andare cosí alla leggera…
Letteratura italiana Einaudi 130
Alberto Arbasino - La bella di Lodi Però, in un domani, con in mano un’azienda anche piccola, come rendimento… Mah…
Non é che abbia meno energie di noi, ma si dà molto meno da fare. Tutto, sempre, con una gran calma; e se non gli va di fare una cosa, c’è poco da fare: non la fa. Il sabato e la domenica, poi, non si dà affatto da fare.
Migliorare? Non se ne sogna neanche! Mettere da parte? Non sa neanche da che parte si comincia!
C’è di buono che non fa complimenti. Quando a tavola ti offrono ancora qualcosa, o quando in una casa ti offrono qualcosa da bere, chissà perché viene cosí naturale prima dire due o tre volte di no, e poi finalmente si accetta… Si fa anche per non dar troppo disturbo.
Lui, invece, niente. Se non prende una cosa alla prima volta, è inutile offrirgliela una seconda o una terza. Capace di rispondere seccato: – T’ho già detto di no! Non insistere!
Non fa i complimenti. No, non fa i complimenti.
E le occasioni? Noi siamo stati tirati su con l’idea delle occasioni. Se si compra un capo nuovo, non lo si mette subito da tutti i giorni, si aspettano le occasioni. E se qualcuno regala una scatola di cioccolatini o una bottiglia di liquore importante, non si aprono mica subito: si aspetta la prima occasione.
Lui invece no. Apre tutto subito, comincia a mangiare e bere a qualunque ora, mette subito il capo nuovo appena comprato, magari per andare a lavorare: perché dice che tanto lui di occasioni non ne ha.
Prende invece, molto facilmente, le abitudini. Ogni cosa che gli è piaciuta una volta, ogni cosa che gli si inse-Letteratura italiana Einaudi 131
Alberto Arbasino - La bella di Lodi gna e che lui approva, diventa subito un’abitudine. E
non ne può piú fare a meno, anche se dice che se c’è c’è, e sennò chi se ne importa. Bisogna proprio approfittare di questa tendenza all’abitudine.
Ma senso della proprietà, mi pare proprio di no.
Invece, lo stimolo a nidificare, certamente per la prima volta, sí, molto. Si vede.
In fondo, ormai si tratta di un investimento, oltre che affettivo, anche economico, per tutt’e due.
«L’amore si presenta quale materia prima, mezzo di lavoro, prodotto, forza-lavoro messa in vendita come merce. Ma tutto dipende dalla funzione determinata nel processo lavorativo nel quale si esercita l’attività dei sin-goli, dalla posizione in esso occupata. Se cambia questa, cambiano le determinazioni. Infatti, la produzione di messaggi sessuali é una istituzione di rapporti di lavoro e di produzione, e questi rapporti sono anche segni: mezzi di scambio universale per qualsiasi comunicazione, co-me il denaro e il linguaggio, coi quali si scambiano come con tutte le altre merci; insieme di tecniche di specifica-zione sociale adoperate per comunicare; produzione di merce. Anche capitale costante di ogni lavorazione, comunicazione, espressione, piú capitale variabile costitui-to dalla capacità personale specifica: ossia, ciò che l’in-dividuo aggiunge specificamente con la propria abilità singolare di effettuare messaggi sessuali a un capitale sociale complessivo che è insieme patrimonio collettivo e modello di lavorazione sociale …»
Ma mi vorrà bene, poi, oppure sta facendo solo il suo interesse?
Eppure, senso della proprietà, parrebbe sempre di no …
Letteratura italiana Einaudi 132
Alberto Arbasino - La bella di Lodi CAPITOLO UNDICESIMO
Roberta sommariamente vestita.
Esce di corsa dalla stanza, scende in fretta le scale, si butta fuori, si guarda attorno con ansia sul piazzale dell’albergo.
Visibilmente preoccupata.
Guarda l’ora un paio di volte. Il colore e il clima sono autunnali, di prima mattina, con segatura e aspirapolve-re. Rientra.
Va direttamente alla cabinetta del telefono, e chiama subito il centralino:
– Il casello numero ventuno!
Aspetta, aspetta.
– Ah, pronto… Garbagnati Franco è mica lí?… È proprio sicuro che non è venuto?… Lo so, che non sarebbe la sua ora… ma non si sa mai… Sí, sí, va bene… Beh, grazie lo stesso!
Letteratura italiana Einaudi 133
Alberto Arbasino - La bella di Lodi Su un tratto dell’autostrada Milano-Venezia, con cartelli stradali di località già venete, tramonto rossiccio, ma già quasi notte: macchine ferme e piccola folla riuni-ta come per grave incidente, polizia stradale che devia il traffico, curiosi e commenti del cazzo, luci che girano, blu della polizia, gialle del soccorso stradale. Sirene.
Motociclette.
Su una vecchia Citroën spaventosa e nera arriva Roberta e scende di corsa con un’espressione stravolta, s’affaccia alla scarpata, vede la MG rossa fracassata contro un palo.
Apparentemente l’incidente è gravissimo. Altre sire-ne. Arriva un’ambulanza. Movimento generale per lasciarla passare.
Rapida discesa degli infermieri, con barella.
Letteratura italiana Einaudi 134
Alberto Arbasino - La bella di Lodi La nonna al telefono:
– …Cavarsela, se la cava, no?… E quell’altro che c’era su con lui, anche, eh? di’ un po’… Meno male! La macchina… beh, non pensiamoci piú , cosa vuoi farci ormai, ti salterà mica in mente di farla riparare, nevvero?… Dovete rendervi però conto anche voi, tu da una parte, e tuo fratello dall’altra, che state via per delle settimane senza far sapere a casa dove andate e con chi andate…
come se qui si fosse tutti degli interdetti… Avevo giusto urgenza di parlarti, perché qui, delle due l’una… Bisogna venire a una determinazione… Noi due vecchi… e poi, qui in mezzo, questi giorni, con tutta la roba dei patti colonici… No no… Non ti si son mai fatte delle os-servazioni quando ti saltava per la testa d’andare e venire a tuo piacimento… purché con un minimo di riguardo per le esigenze della casa… che non è mica un albergo!…
L’azienda, te lo sai benissimo, che c’è sempre bisogno di piú d’una persona che le stia dietro in continuazione…
Tuo nonno e tuo fratello, si sa che sono bravissime persone, non è colpa loro, ma insomma non hanno attitudi-ne… E guarda che io a far andar avanti tutto da sola co-mincio a non poterne piú, eh!… Insomma, quello lí, per piacerti, ti piace, eh? sí o no?… Se no, eh, perché continui a andargli dietro, si può sapere?… E allora, a questo punto, sai cosa ti dico? Te lo sposi, che io son stufa, e te lo porti qua subito! … Che di un uomo in casa oltre tutto nelle nostre condizioni ce ne abbiamo bisogno comunque! … Per svelto, svelto questo lo dovrebbe essere, mica vero?… Iniziativa, mi pare che abbia dimostrato di averne!… E te, di tempo, mi pare che ne hai buttato via già abbastanza!… Divertirti, ti sei divertita anche troppo, quel che volevi fare l’hai fatto, sí o no? adesso mi pa-re che sia il momento di tirare un po’ i remi in barca!…
Letteratura italiana Einaudi 135
Alberto Arbasino - La bella di Lodi E se ci rifletti un momentino, vedi subito che lo faccio anche e soprattutto per il tuo bene! pensaci e vedrai! …
Allora hai capito tutto bene, neh?… Da brava… Domani, al piú tardi dopodomani… e lo porti pure qui direttamente, che ci penso io!.. Intesi?… Allora tante cose affettuose! e ti fa un bel bacione anche tuo nonno, che è qui in ansia, poveretto!…
Letteratura italiana Einaudi 136
Alberto Arbasino - La bella di Lodi In una Venezia cartolinesca piena di sole e di turisti, al loro balcone d’albergo sul Canal Grande, Roberta e Franco affacciati guardano le gondole e i vaporetti. Lui in camicia a quadrettini ruggine, pullover beige di cashmere, pantaloni di cavalry twill nuovi con tagliata via una gamba, gamba totalmente ingessata con tremendi apparecchi e trazioni da ricco, lucidissimi bastoni d’ac-ciaio con supporto per il gomito e status symbol. Lei, invece, sul semplice: pulita, lavata, pettinata, ordinata, tranquilla.
Hanno già finito di firmare tutte le cartoline, lui pare un po’ titubante, cosí, leggermente inquieto. La guarda un paio di volte, guarda giú nel canale, e le chiede:
– Ma allora… per il garage… cos’han poi detto?…
niente?…
Lei, con un sorriso quasi radioso, ha appena acceso due Muratti, e glie ne infila una in bocca, molto naturale e spontanea.
Gli fa:
– Ah, ma se è per quello, lo facciamo su nuovo a casa nostra, a Lodi!
Lui, consolato, evidentemente si arrende.
– Ah… beh… allora… se è cosí.
E tutt’e due, sereni, si voltano sorridendo al fotografo per la cartolina-ricordo.
Letteratura italiana Einaudi 137