97.
Il circolo ermeneutico
Quando nessuna costruzione della totalità ha più valore, nessuna concezione del mondo è assoluta e nessuna dottrina chiusa delle categorie è più possibile, allora siamo rinviati sul piano della pura presenza, dove le aperture e le connessioni della ragione si compongono con l’acutezza della decisione dell’esistenza nel suo agire, che è imprescindibilmente storico.
K. JASPERS, Von der Wahrheit (1947), p. 161.
Compromessa la purezza della verità, non resta che la verità come via. In questo enunciato jaspersiano non si deve leggere l’espressione di una rassegnazione senescente e tardiva, come critici affrettati hanno voluto far credere, pur essendo debitori di quel pensiero, se non altro per avervi trovato l’avvio per un diverso filosofare. Se la verità totale perde forza per la compromissione del punto di partenza, il permanere della verità totale come meta tensionale (Spannung) evita di fare del punto di partenza il punto di arrivo in cui si estingue la ricerca.
Quel “continuare a pensare (immer-weiter-denken)”, che ritorna incalzante nelle pagine di Von der Wahrheit, se da un lato vieta l’assestamento definitivo del pensiero in una verità assoluta, dall’altro non concede la rassegnazione alla compromissione originaria. Se la verità totale vive e si alimenta della rimozione della compromissione, l’atteggiamento rassegnato spreca la compromissione nel più ingenuo dei relativismi. Da questi due possibili scadimenti, Jaspers mette in guardia là dove dice:
È molto difficile sottovalutare il taglio che viene ad assumere la nostra coscienza dell’essere con il capovolgimento (Umwendung) dal filosofare ontologico a quello periecontologico. Quando infatti nessuna costruzione della totalità ha più valore, nessuna concezione del mondo è assoluta e nessuna dottrina chiusa delle categorie è più possibile, allora siamo rinviati sul piano della pura presenza, dove le aperture e le connessioni della ragione si compongono con l’acutezza della decisione dell’esistenza nel suo agire, che è imprescindibilmente storico. Ma proprio qui dove si tocca la verità più profonda sono possibili anche i peggiori fraintendimenti che si verificano quando si scambia la profondità della manifestabilità (Tiefe der Offenbarkeit) con la nullità del momentaneo (Nichtigkeit des Momentanen), la pienezza esistenziale con la mera vitalità dell’esserci, e le decisioni scaturite dal presente storico con le decisioni oggettive di un intelletto che sceglie tra alternative calcolate. In questi casi l’apertura totale (Alloffenheit) cessa di essere un originario dischiudersi (ursprunglichen Sichangelassen) per divenire una comprensione totale (Allverstehen) solo apparentemente neutrale, mentre il filosofare cessa di essere chiarificazione per divenire una dottrina di costruzioni dipendenti l’una dall’altra. La sistematica diventa sistema e la chiarificazione dei modi dell’Umgreifende diventa una sequenza di insignificanti ontologie.1
Se non c’è purezza ontologica non ci deve essere neppure rassegnazione alla compromissione. Se l’Umgreifende che noi siamo non cessa di essere l’accadimento fondamentale e imprescindibile, esso è pur sempre un accadimento dell’Umgreifende che è l’essere stesso. Anzi proprio questo accadimento è per Jaspers il primum periecontologico, non però come principio esplicativo, ma come evento gratuito e infondato. Recita, infatti, la decima distinzione tra ontologia e periecontologia:
Nell’ontologia il Primum ontologico, ossia il principio di tutto l’essere, è oggettivato e tematizzato. Per la periecontologia il Primum periecontologico, ossia come noi ci troviamo nell’Umgreifende, rimane una questione filosoficamente imprescindibile.2
Di conseguenza, recita l’undicesima distinzione:
Per l’ontologia tutti gli enti sono derivati (abgeleitet) dal Principio. Per la periecontologia è impossibile concepire l’Umgreifende come ciò da cui noi possiamo derivare. Per noi il punto di partenza è il presente storico della nostra esperienza della realtà, delle nostre idee, del nostro amore. Da lì giungiamo alla comprensione di noi stessi attraverso un itinerario che la nostra coscienza filosofica illumina e rende possibile. Lungo il cammino occorre tener presente che l’essere non è quella costruzione che abbiamo edificato col nostro sapere, ma la presenza di ciò che appare qui e ora, nella sua profondità, fino al fondo originario (die Gegenwart des Hier und Jetzt in ihrer Tiefe bis zum Ursprung).3
Di nuovo l’origine (Ursprung) e la traccia (die Gegenwart des Hier und Jetzt), con la precisazione che la traccia è accadimento fondamentale, perché il suo accadere è ciò entro cui l’essere stesso si fa accadimento. La traccia, cioè, è quell’imprescindibile presenza storica, spazialmente e temporalmente determinata, dove l’origine dispiega la sua profondità (ihrer Tiefe).
Dispiegandosi nella compromissione, l’essere si nega a ogni tentativo di approccio ontologico che, nella sua pienezza, non vuol compromettersi con la contingenza dell’apertura storica. Dispiegando la sua profondità nella compromissione, l’essere si nega a quel relativismo storicistico che pretende di esaurire l’essere nell’eventualità dell’evento.
Diventa così più chiaro il concetto di trascendenza immanente che Jaspers aveva introdotto in Philosophie:
La trascendenza immanente è immanenza che subito torna a svanire; è trascendenza che nell’esserci diventa linguaggio come cifra (Die immanente Transzendenz ist Immanenz, die sogleich wieder verschwand; sie ist Transzendenz, die im Dasein Sprache als Chiffre wurde).4
L’esposizione del problema periecontologico diventa a questo punto un problema linguistico. Ma la qualità del problema lascia intendere che il modello dell’interpretare non può chiedere aiuto ai codici della linguistica e, più ampiamente, delle scienze formali, le cui facili vittorie vivono su grandi dimenticanze, prima fra tutte la compromissione della verità nella realtà temporale. Questa circolarità, a cui è impossibile sfuggire, resta lo sfondo del pensare jaspersiano, uno sfondo antico che già si era annunciato nella Psicopatologia generale con la distinzione tra spiegare (erklären) e comprendere (verstehen).5
Se ci siamo soffermati su questa apertura originaria che è l’Umgreifende che noi siamo, lo si è fatto non solo per indicare il luogo in cui l’accadimento ermeneutico, ossia la comprensione, si realizza, ma soprattutto per evidenziare il rapporto tra pre-comprensione e comprensione in cui si articola il circolo ermeneutico. Questo rapporto vieta di ipostatizzare la verità sia come dimensione chiara e posseduta, sia come mistero.
La verità in Jaspers è dunque sempre e-vocata e mai trattenuta. La proposta di una periecontologia, la decostruzione dell’ontologia, la proposizione della profondità dell’origine come dono e accadimento non attingono mai a un’entità separata, né a una definizione logica, ma a un rimando: un rimando immanente. E questo perché, scrive Jaspers:
L’assoluto per noi è nel tempo, e perciò dissolventesi; ciò che è solo atemporale è relativo, come mera universalità, mera esattezza, mera validità. L’assoluto diventa per noi decisivo quando, come manifestazione nel tempo, è esposto al pericolo. Per questo il filosofare è quel pensare che non conclude l’assoluto nella compiutezza di un sistema (System), ma che, mediante una sistematica (Systematik), può orientare, chiarire, manifestare in modo non univoco, per preparare a quella realizzazione che non si può anticipare, ma solo effettuare, partendo dalla possibilità esistenziale. Filosofare nel pericolo connesso all’esistere esprime di volta in volta la certezza di superare, e mai d’aver superato, come presupporrebbe la filosofia nel sistema compiuto.6
1 K. Jaspers, Von der Wahrheit, Piper, München 1947, p. 161.
2 Ibidem. Per quanto concerne le altre distinzioni, segnalate da Jaspers, tra ontologia e periecontologia si veda il capitolo 34: “Necessità del naufragio di ogni ontologia. Ontologia e periecontologia”.
3 Ibidem.
4 K. Jaspers, Philosophie (1932-1955): III Metaphysik; tr. it. Filosofia, Libro III: Metafisica, Utet, Torino 1978, p. 1077.
5 Id., Allgemeine Psychopathologie (1913-1959); tr. it. Psicopatologia generale, Il Pensiero Scientifico, Roma 2000. A p. 30 leggiamo: “A evitare ambiguità e oscurità impiegheremo sempre l’espressione ‘comprendere (verstehen)’ per la visione intuitiva dello spirito, dal di dentro. Non chiameremo mai comprendere, ma ‘spiegare (erklären)’ il conoscere i nessi causali oggettivi che sono sempre visti dal di fuori. Comprendere e spiegare hanno dunque un significato preciso e costante, in base al quale si può dire che è possibile spiegare qualcosa senza comprenderlo”. Su questo tema si veda U. Galimberti, Psichiatria e fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 176-186.
6 K. Jaspers, Philosophie (1932-1955): I Philosophische Weltorientierung, tr. it. Filosofia, Libro I: Orientazione filosofica nel mondo, cit., 1978, p. 398.