42.

Dalla concezione biblica del mondo alla sua dominazione scientifica e tecnica

In seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato di innocenza, e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze.

F. BACONE, La grande instaurazione, Parte seconda: Nuovo organo (1620), Libro II, § 52.

A partire dall’epoca moderna la scienza, come s’è visto, non è più l’aristotelica theoría, ma quel sapere operativo e pratico che si rivela più idoneo all’utilizzazione e al dominio tecnico della natura da parte dell’uomo. “Scientia et potentia in idem coincidunt” scrive Bacone.1 Strettamente legata al progresso, la scienza non si limita a trasformare il mondo, ma nel suo avanzare non risparmia nulla. La tradizione viene superata se non distrutta, la religione viene desacralizzata,2 il suo senso si raccoglie nel mito, a cui la religione si offre per ogni possibile demitizzazione.

La prima mossa in ordine cronologico fu attuata da Cartesio che fondò, contro il mitico mondo degli dèi, il dio dei filosofi raggiungibile con procedimenti matematici, l’ultima fu quella di Nietzsche che, annunciando la morte di Dio, liberò l’orizzonte per nuove possibilità di vita terrena. Dalle ceneri del tu devi nacque vigoroso un io voglio,3 che ripropose il senso della tentazione originaria: “Se mangerete il frutto diventerete come Dio, acquistando la conoscenza del bene e del male”.4

Al di là del bene e del male, l’uomo non si arresta neppure di fronte al senso insuperabile dell’essere. La parola ha perso il suo significato, s’è fatta vuota, priva di forza. È infatti la scienza a decidere che cosa deve o non deve essere. L’essere è così catturato dal sapere dell’uomo, il sapere dal suo potere, il potere dal volere che vuole dominare il mondo.

Il comando che l’uomo ha ricevuto da Dio oggi si rivolge contro Dio o si esplica in assenza di Dio. Eppure tutto ciò è profondamente biblico, perché biblica è l’offerta di dominare il mondo, e biblico è il significato della prevaricazione espressa dalla volontà di essere come Dio. In questo senso la dominazione scientifica e tecnica del mondo è di provenienza biblica,5 così come lo smarrimento del senso di Dio, prefigurato nella narrazione del peccato originale.

L’Occidente, generato dalla cultura biblica, permane nell’ambito di quelle categorie che le profezie non cessarono di richiamare nell’anticipare il senso della futura vicenda umana. Per quanti attendono nuovi profeti, altro non rimane che constatare la situazione del nostro tempo, molto simile a quella che risuona in un canto di Isaia nel periodo dell’esilio: “‘Sentinella durerà ancora la notte?’. E la sentinella rispose: ‘Verrà il mattino, ma la notte dura ancora. Se volete domandare tornate un’altra volta’”.6

La notte è l’assenza di senso. Il senso si sottrae perché nessuna domanda lo richiede. Il nostro tempo è tempo di risposte che rispondono a chi non domanda più nulla, perché più nulla stupisce. La scienza predetermina l’evento che sarà posto in essere, il suo evenire non è monstrum, ma risultato. I risultati si impongono per la loro utilità e per la loro efficienza, non per il senso del loro risultare.

Per i fondatori della scienza, la scienza della natura non era solo la via per la realizzazione del dominio sulla terra, ma, biblicamente, anche la via verso Dio, perché concorre alla redenzione. A questo proposito Bacone è chiarissimo:

In seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato di innocenza, e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze. In seguito alla maledizione divina, il creato non è diventato interamente e per sempre ribelle: in virtù di quella massima “guadagnerai il tuo pane con il sudore della tua fronte” (Genesi, 3, 19) attraverso molte fatiche (non certamente con le dispute o le oziose cerimonie della magia) finalmente è costretto a dare il pane all’uomo e cioè è costretto agli usi della vita umana.7

Dal canto loro, Copernico, Keplero, Galileo e Newton erano convinti che Dio avesse concepito il mondo matematicamente e che quindi, leggendo il libro della natura in analogia al libro della Bibbia, si potesse conoscere Dio. La prova fisico-teleologica dell’esistenza di Dio ha rappresentato, fino alla critica kantiana, una via che dalla scienza della natura conduceva a Dio. Oggi simili itinerari non sono più seguiti. A sollecitare la ricerca scientifica non è la speranza di trovare Dio, né quella di scorgere nella natura le orme del suo Creatore. Ciò che interessa è la conoscenza per se stessa, indipendentemente da ogni possibile utilizzazione filosofica o religiosa.

Ma proprio oggi, quando massima sembra essere la distanza tra la ricerca scientifica e l’attesa religiosa, sorge la domanda: perché la conoscenza della natura merita di essere realizzata? Perché le leggi che la presiedono meritano di essere conosciute? È in grado la scienza di fondare scientificamente le ragioni del suo essere? Alla scienza che tutto verifica quale campo si offre per verificare se stessa?

Se il campo è la storia, a fornirglielo è stata, come s’è visto, la visione biblica del mondo. Se invece è la volontà di dominare la natura in vista di un maggior benessere dell’uomo, ebbene il senso di questo dominio e la misura di questo benessere non sono scientificamente fondati, ma agiscono alle spalle della scienza, acriticamente, come presupposti consegnati all’uomo e da lui accolti come compiti imprescindibili da eseguire.

Anche il migliore êthos scientifico non è in grado di giustificare scientificamente se stesso. La caratteristica avalutativa propria del giudizio scientifico, che si sottrae a domande quali: la vita in ogni caso deve essere salvata?, le condizioni di vita in ogni caso devono essere migliorate?, in ogni caso si deve perseguire la conoscenza della scomposizione atomica della natura?, non riesce a isolare la scienza nella turris eburnea della pura scientificità, perché se questi non sono problemi da porre alla scienza, ciò è dovuto al fatto che già agiscono alle spalle di questa come presupposti indiscussi. La loro indiscutibilità risiede nell’impossibilità scientifica di verificarli. La scienza, infatti, con i mezzi a sua disposizione, è in grado di dire che cosa si può volere, ma che si debba volere ciò che si può questo la scienza, i cui metodi non esprimono giudizi di valore, non è in grado di dirlo. Essa esegue dei comandi che non ha formulato e che il suo carattere avalutativo dispensa dal valutare.

Se dunque ciò che si vuole trascende l’ambito scientifico che presiede ciò che si può, allora, come dice Jaspers, l’orientamento scientifico del mondo (wissenschaftliche Weltorientierung) che, promosso dall’Occidente, oggi va guadagnando tutta la terra, deve fare i conti ancora con l’orientamento filosofico (philosophische Weltorientierung), che non cerca i mezzi idonei agli scopi, ma il senso degli scopi e l’origine del loro insorgere.8

L’origine, come s’è visto, è biblica nelle premesse e nelle conclusioni, per quanto contrastanti queste ultime possano apparire. Infatti, il páthos che ha animato l’etica che ha condotto a liberarsi dal mondo dominandolo è lo stesso che, lungo il cammino, ha condotto chi l’ha percorso a liberarsi anche di Dio, creatore e signore del mondo. Nietzsche, per il quale l’oggi, religiosamente parlando, è “giorno finale” e la scienza che lo domina è “ateismo scientifico”, avverte che a questo esito si è giunti seguendo sempre quell’etica cristiana che, indirizzata fin dalle origini alla verità, alla sua conclusione non può fare a meno di vietarsi anche “la menzogna della fede in Dio”.9

In assenza di Dio ciò che rimane è la volontà di verità che non ha scopi né fini da realizzare nel mondo. La scienza, che ha liberato il mondo da incantesimi e magie, ce lo offre in tutta la sua freddezza e sobrietà, quindi nella condizione più idonea perché il pensiero ricominci a pensare senza illusioni, ivi comprese quelle che lo stesso spirito scientifico produce nei miti inebrianti del progresso illimitato o della perfetta razionalità.

Il compito ancora una volta è della filosofia, di quell’amore per il sapere che, tra miti e suggestioni, va inquieto alla ricerca di quanto oggi ancora è impensato, eppure resta sempre da pensare. A richiederlo nel nostro tempo è la scienza che, nata da una deriva teologica della tradizione biblica10 agli albori dell’età moderna, oggi si trova nell’incapacità di giustificare se stessa. La sua assenza di senso ripropone la domanda relativa al senso.

1 F. Bacone, Instauratio Magna, Pars secunda: Novum Organum (1620); tr. it. La grande instaurazione, Parte seconda: Nuovo organo, in Scritti filosofici, Utet, Torino 1986, I, 3, p. 552: “Scientia et potentia humana coincidunt, quia ignoratio causæ destituit effectum. Natura non nisi parendo vincitur, et quod in contemplatione instar causæ est, id in operatione instar regulæ est (La scienza e la potenza umana coincidono, perché l’ignoranza della causa fa mancare l’effetto. La natura infatti non si vince se non obbedendo a essa, e ciò che nella teoria ha valore di causa, nell’operazione ha valore di regola)”.

2 Si veda a questo proposito U. Galimberti, Orme del sacro. Il cristianesimo e la desacralizzazione del sacro, Feltrinelli, Milano 2000.

3 F. Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen (1883-1885); tr. it. Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, in Opere, Adelphi, Milano 1968, vol. VI, 1, p. 24: “‘Tu devi’ si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice ‘io voglio’”.

4 Genesi, 3, 4.

5 Questo tema trova il suo adeguato svolgimento in U. Galimberti, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica (1999), Feltrinelli, Milano 2002, capitolo 32: “Il mondo biblico e il primato della volontà”.

6 Isaia, 21, 11-12.

7 F. Bacone, La grande instaurazione, Parte seconda: Nuovo organo, cit., Libro II, § 52, p. 795.

8 K. Jaspers, Philosophie (1932-1955): I Philosophische Weltorientierung; tr. it. Filosofia, Libro I: Orientazione filosofica nel mondo, Utet, Torino 1978.

9 F. Nietzsche, Zur Genealogie der Moral. Eine Streitschrift (1887); tr. it. Genealogia della morale. Uno scritto polemico, in Opere, cit., 1968, vol. VI, 2, § 27, p. 364.

10 Si veda a questo proposito U. Galimberti, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, cit., capitolo 33: “L’epoca moderna e il primato della scienza e della tecnica come deriva teologica”.

Il tramonto dell'Occidente. Nella lettura di Heidegger e Jaspers
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