8) Il galletto al vino della signora Maigret
Toccava ai Maigret ricevere i loro amici Pardon in boulevard Richard-Lenoir e la signora Maigret cucinò per tutto il giorno in una sinfonia di rumori vari: infatti la stagione delle finestre spalancate era cominciata e la vita parigina penetrava negli appartamenti insieme alle correnti d'aria.
Alice non venne e questa volta era la madre a tenere d'occhio il telefono perché ci si aspettava da un momento all'altro che la ragazza si precipitasse in clinica per partorire.
Terminata la cena, sparecchiata la tavola, servito il caffè, Maigret offrì un sigaro al dottore, mentre le due donne cominciarono a bisbigliare in un angolo:
«Mi sono sempre chiesta come lo fa».
Si trattava del galletto servito a cena. La signora Pardon continuò:
«Ha un retrogusto discreto appena percettibile che lo rende piacevole e che riesco a identificare con difficoltà».
«Eppure è semplice... Immagino che lei aggiunga all'ultimo momento un bicchiere di cognac».
«Cognac o armagnac... Quello che ho sotto mano...»
«Ebbene, benché non sia molto ortodosso, io metto del liquore di prugnola d'Alsazia... Ecco il segreto...»
Maigret durante la cena, si era mostrato di umore vivace.
«Molto lavoro?» gli chiese Pardon.
«Molto».
Era vero, ma il lavoro era divertente.
«Sto vivendo in pieno circo!»
Da qualche tempo, venivano commessi dei furti in condizioni tali che l'autore non poteva essere altro che un acrobata professionista, probabilmente un uomo od una donna-serpente, cosicché Maigret e i suoi collaboratori vivevano dal mattino alla sera nel mondo del circo e dello spettacolo di varietà e al Quai des Orfèvres sfilavano i personaggi più inaspettati...
Avevano a che fare con un nuovo arrivato che lavorava con metodi diversi, cosa più rara di quanto non si credesse. Dovevano imparare di nuovo tutto e alla brigata criminale regnava un'eccitazione particolare.
«Il mese scorso non ha avuto il tempo di raccontarmi la fine del caso Josset» mormorò il dottor Pardon, una volta sistemato in poltrona, con un bicchiere di liquore a portata di mano.
Ne beveva sempre soltanto uno, ma lo assaporava a piccoli sorsi che lasciava a lungo sulla lingua per apprezzarne meglio l'aroma.
All'evocazione del delitto di rue Lopert, un'espressione diversa affiorò sul viso del commissario.
«Non so esattamente dov'ero rimasto... Fin dall'inizio avevo previsto che Coméliau non mi avrebbe più dato occasione di rivedere Josset ed è quello che si verificò... Se n'era appropriato a un punto tale da lasciar credere che ne fosse geloso...
«L'istruttoria si svolse tra le quattro mura del suo gabinetto, senza che al Quai des Orfèvres venissimo a sapere più di quanto pubblicavano i giornali.
«Per circa due mesi, dieci miei uomini, qualche volta di più, procedettero a verifiche deprimenti.
«Le nostre indagini si effettuavano contemporaneamente su molti piani. Innanzitutto il piano puramente tecnico, la ricostruzione degli spostamenti di ogni personaggio la notte del delitto, l'ispezione ricominciata venti volte della casa di rue Lopert dove speravamo sempre di scoprire un indizio che ci era sfuggito, compreso il famoso coltello da commando.
«Interrogai personalmente non so quante volte le due domestiche, i fornitori, i vicini. E quello che complicava ancor più il nostro compito era l'afflusso di lettere anonime o firmate, soprattutto anonime, che non potevamo trascurare.
«E' inevitabile quando un caso agita l'opinione pubblica.
«Matti, mezzi matti, chi ce l'ha con il vicino da anni o semplicemente chi crede di sapere qualcosa, si rivolge alla polizia che deve tenere conto del vero e del falso.
«Andai a Fontenay-le-Comte di nascosto, quasi di frodo, senza risultato, penso di averglielo detto.
«Vede, Pardon, quando viene commesso un delitto, nulla è semplice. Vita, morte e miracoli di dieci, di venti persone che sembravano normali qualche ora prima, si presentano di colpo sotto una luce più o meno equivoca.
«Tutto è possibile!
«Non ci sono ipotesi ridicole a priori. Non c'è neanche un metodo infallibile per essere sicuri della buonafede o della memoria dei testimoni.
«Il pubblico decide d'istinto, spinto da considerazioni sentimentali e da una logica elementare.
«Abbiamo il dovere di dubitare di tutto, di cercare altrove, di non trascurare nessuna ipotesi...
«Rue Lopert dunque da una parte; avenue Marceau dall'altra.
«Non sapevo niente delle case farmaceutiche e per agire bene, dovevo conoscere il meccanismo di questa che, con i suoi laboratori, dà lavoro a più di trecento persone.
«Come giudicare, in pochi colloqui, la mentalità di un signor Jules?
«Non c'era soltanto lui che svolgeva un ruolo importante in avenue Marceau. C'era Virieu, il figlio del fondatore della ditta, poi i vari capireparto, i consiglieri tecnici, medici, farmacisti, chimici...
«Tutto questo era diviso in due gruppi principali che potrebbero essere chiamati grosso modo gli antichi e i moderni, dal momento che gli uni ammettono soltanto i medicinali che si vendono su presentazione di ricetta medica, mentre gli altri preferiscono le specialità più redditizie lanciate dalle campagne pubblicitarie sui giornali e alla radio...»
Pardon mormorò:
«E' una questione che conosco un poco».
«Pare che Josset in fondo propendesse per i primi ma che si fosse lasciato coinvolgere per forza di cose nella seconda categoria.
«Tuttavia di tanto in tanto faceva resistenza...»
«E la moglie?»
«Alla testa dei moderni... Per suo volere, un direttore commerciale fu licenziato due mesi prima, un uomo di valore, che aveva in mano la clientela medica ed era nemico accanito dei farmaci che fanno bene a tutto...
«La cosa creò in avenue Marceau e a Saint-Mandé un clima d'intrighi, di sospetto, probabilmente di odi... Ma non mi portò a nulla...
«Non potevamo indagare a fondo su tutti i piani contemporaneamente. I casi di ordinaria amministrazione continuano a impegnare la maggior parte del personale, anche quando scoppia un caso sensazionale.
«Raramente ho sentito così tanto la nostra debolezza.
Proprio quando sarebbe stato necessario conoscere tutto della vita di una decina, se non addirittura di una trentina di individui di cui non si sapeva niente il giorno prima, disponevo soltanto di una manciata di uomini.
«Si chiedeva loro di entrare in ambienti non familiari e in un lasso di tempo ridicolmente breve, di farsi un'opinione.
«Ora, la risposta di un testimone, di una custode, di un taxista, di un vicino, di un uomo che passa per strada, in Corte d'Assise può avere più peso delle negazioni e dei giuramenti di un imputato.
«Per due mesi, vissi con la sensazione della mia impotenza, pur ostinandomi e sperando sempre in un miracolo.
«Adrien Josset continuava a negare nonostante presunzioni sempre più forti. Il suo avvocato continuò a fare alla stampa dichiarazioni imprudenti.
«Contai cinquantatré lettere anonime che ci portarono in tutti i quartieri di Parigi e della periferia e che ci costrinsero a mandare delle commissioni rogatorie in provincia.
«Alcuni avevano creduto di vedere Martin Duché a Auteuil durante la notte e vicino al ponte Mirabeau, una vagabonda sostenne persino che il padre di Annette, completamente ubriaco, le aveva fatto delle proposte.
«Altri ci segnalarono i giovani che sarebbero stati i protetti di Christine Josset.
«Seguimmo tutte le piste, comprese le più inverosimili e ogni sera mandavo un nuovo rapporto al giudice Coméliau che gli dava un'occhiata stringendosi nelle spalle.
«Tra la gente che ci veniva indicata così, ci fu un certo Popaul. La lettera anonima diceva:
Lo troverete al Bar de la Lune in rue de Charonne, dove lo conoscono tutti ma dove taceranno perché hanno tutti la coscienza sporca.
«L'autore forniva dei particolari, precisava che a Christine Josset piaceva frequentare gente dubbia e aveva incontrato più volte Popaul in un appartamento ammobiliato vicino al canale Saint-Martin.
«Gli ha regalato una 4CV, cosa che non ha impedito a Popaul di picchiarla più volte e di ricattarla...»
Maigret era andato personalmente in rue de Charonne e il caffè indicato era proprio un covo di poco di buono che si erano volatilizzati al suo arrivo. Aveva interrogato il padrone, la cameriera poi, nei giorni successivi, i frequentatori abituali che riusciva a raggiungere.
«Popaul? Chi è?»
Lo dicevano con aria troppo innocente. Secondo loro, nessuno aveva conosciuto Popaul e il commissario non avrebbe avuto più successo negli appartamenti ammobiliati nei dintorni del canale.
All'ufficio dei libretti di circolazione, a quello delle patenti, non avevano trovato nessuna indicazione utile.
Molti proprietari di 4CV recenti si chiamavano Paul. Ne avevano ritrovati alcuni ma quattro o cinque erano assenti da Parigi.
Quanto agli amici e alle amiche di Christine, mantenevano lo stesso mutismo educato. Christine era una donna affascinante, un amore, un tesoro, una creatura eccezionale...
La signora Maigret trascinò la signora Pardon in cucina per mostrarle chissà cosa, poi le due donne, per lasciare in pace gli uomini, si sistemarono nella sala da pranzo. Maigret, che si era tolto la giacca, fumava una pipa di schiuma che usava soltanto in casa.
«La sezione istruttoria si pronunciò e al Quai fummo definitivamente disarmati. Altri casi ci occuparono durante l'estate. I giornali annunciarono che Josset, in séguito a una depressione nervosa, era stato trasferito all'infermeria della Santé dove lo curavano per ulcera allo stomaco.
«Qualcuno sogghignò, perché per la gente di un certo ambiente è tradizione ammalarsi quando viene messa in prigione.
«Dopo l'estate, allorché fu visto in tribunale nella gabbia degli imputati, ci si rese conto che era dimagrito di venti chili e non era più lo stesso uomo. I vestiti gli ballavano attorno al corpo magro, gli occhi erano scuri nelle orbite e se il suo avvocato sfidava con lo sguardo il pubblico e i testimoni, lui sembrava indifferente a quello che gli accadeva intorno.
«Non udii il presidente interrogare l'imputato, né le deposizioni di Coméliau e del commissario di polizia di Auteuil che furono chiamati per primi alla sbarra, perché ero nell'aula dei testimoni. Tra l'altro, là mi trovai gomito a gomito con la custode di rue Caulaincourt che portava un cappello rosso, sicura di sé e soddisfatta, e con il signor Lalinde, l'ex-amministratore coloniale la cui testimonianza era la più schiacciante e che sembrava mal ridotto. Anch'egli mi parve dimagrito. Dava l'impressione di essere vittima di un'idea fissa e per un istante mi chiesi se non avrebbe modificato in pubblico la sua prima deposizione.
«Volente o nolente portai la mia pietra al sapiente edificio dell'accusa.
«Ero uno strumento. Dovevo dire soltanto quello che avevo visto, quello che avevo sentito e nessuno mi chiedeva la mia opinione.
«I due giorni successivi li trascorsi nell'aula e Lalinde non ritrattò, non cambiò una parola di quello che aveva già detto.
«Durante le pause, udivo nei corridoi le riflessioni del pubblico ed era evidente che per tutti la colpevolezza di Josset non lasciava dubbi.
«Anche Annette comparve alla sbarra e subito si percepì agitazione, file intere di persone si alzarono e il presidente minacciò di far evacuare l'aula.
«Le fecero domande precise, tendenziose nella forma, in particolare per quanto riguardava l'aborto.
«"E' stato Josset ad accompagnarla in rue Lepic dalla Malletier?"
«"Sì, signor presidente..."
«"Si volti verso i signori giurati..."
«Avrebbe voluto aggiungere qualcosa ma doveva rispondere a un'altra domanda...»
Più volte Maigret aveva avuto l'impressione che Annette tentasse di esprimere delle sfumature di cui nessuno si preoccupava. Non era lei per esempio che, confidando all'amante di essere incinta, gli chiedeva se conoscesse una donna che procurava aborti?
«Fu così per tutto il tempo» disse il commissario a Pardon.
Tra le file del pubblico, non riusciva a star fermo. In continuazione aveva voglia di alzare la mano, d'intervenire.
«In due giorni, in una decina di ore appena, compresa la lettura dell'atto d'accusa, la requisitoria e le arringhe, si pretendeva di riassumere per della gente che il giorno prima non sapeva niente, un'esistenza intera, di descrivere non uno ma molti caratteri, quello di Christine, poi di Annette, del padre, di altri personaggi secondari.
«Faceva caldo nell'aula perché quell'anno si godeva di una magnifica fine di stagione. Josset mi aveva individuato.
Più volte i miei occhi incontrarono i suoi ma soltanto alla fine della giornata parve riconoscermi e sorridermi lievemente.
«Capì che avevo dei dubbi, che quel caso mi lasciava a disagio, che ero scontento di me e degli altri e che a causa sua provavo disgusto per il mio mestiere?
«Non lo so. La maggior parte del tempo sprofondava in un'indifferenza che molti cronisti giudiziari interpretarono come disprezzo. Dal momento che si era vestito con una certa cura, si parlò della sua vanità di cui ci s'ingegnò a trovare le prove nella sua carriera e perfino nella sua infanzia e nella sua adolescenza.
«Anche il procuratore generale, che svolgeva personalmente la funzione di Pubblico Ministero, mise l'accento sulla vanità...
«Un debole vanitoso...»
«Le frecciate dell'avvocato Lenain non cambiarono niente nell'atmosfera dell'aula, anzi!
«Quando la giuria si ritirò, ero sicuro della risposta alla prima domanda: sì, probabilmente all'unanimità.
«Josset ha ucciso la moglie.
«Speravo in un no, per un pelo, alla seconda domanda che riguardava la premeditazione. Quanto alle circostanze attenuanti...
«La gente mangiava i panini, le donne si offrivano le caramelle, i cronisti avevano calcolato di avere il tempo di correre a bere un bicchiere alla buvette del Palazzo.
«Era tardi quando la parola fu data al presidente della giuria, un chincagliere della Sesta circoscrizione che teneva un pezzo di carta con mano tremante.
«Alla prima domanda: sì.
«Alla seconda domanda: sì.
«Alla terza domanda: no.
«Josset era riconosciuto colpevole di avere ucciso la moglie con premeditazione e gli si rifiutava il beneficio delle circostanze attenuanti.
«Lo vidi ricevere il colpo. Dapprima impallidì sorpreso, non credendo alle sue orecchie. Cominciò ad agitare le braccia, come per dibattersi, poi si calmò improvvisamente avvolgendo il pubblico con degli sguardi tra i più tragici che io abbia visto e pronunciò con voce ferma:
«"Sono innocente!"
«Ci furono degli schiamazzi. Una donna svenne. Le guardie invasero l'aula.
«In un attimo Josset venne sottratto e un mese dopo la stampa annunciò che il Presidente della Repubblica aveva respinto la grazia.
«Nessuno si preoccupò più di lui. Un altro caso appassionava l'opinione pubblica, uno scandalo di costume in cui ogni giorno si aggiungevano rivelazioni succose, cosicché l'esecuzione venne raccontata in poche righe sulla quinta pagina dei giornali».
Ci fu silenzio. Pardon schiacciò la punta del sigaro nel portacenere mentre il commissario caricava un'altra pipa e si udiva la voce delle donne nella stanza vicina.
«Crede che fosse innocente?»
«Vent'anni fa, quand'ero ancora giovane del mestiere, avrei risposto di sì senza esitare. Poi ho imparato che tutto è possibile, anche l'inverosimile.
«Due anni dopo il processo venne nel mio ufficio un poco di buono sospettato di fare la tratta delle bianche.
Non era la prima volta che aveva a che fare con noi. Apparteneva alla nostra clientela abituale.
«Sulla carta d'identità c'era scritto navigatore ed in effetti faceva traversate abbastanza frequenti verso l'America del sud e l'America centrale a bordo di navi da carico, trascorrendo tuttavia la maggior parte del tempo a Parigi.
«Con quella gente il tono è diverso, perché ci si trova su un terreno familiare.
«E qualche volta ci capita di negoziare dei compromessi.
«A un certo punto, mormorò guardandomi con la coda dell'occhio:
«"E se avessi qualcosa da venderle?"
«"Cosa per esempio?"
«"Un'informazione che le interesserebbe sicuramente..."
«"A che proposito?"
«"Il caso Josset..."
«"La sentenza è passata in giudicato tempo fa".
«"Forse non è una ragione..."
«In cambio, mi chiedeva di lasciare in pace la sua amica di cui sembrava sinceramente innamorato.
Promisi di trattare il caso con benevolenza.
«"Durante il mio ultimo viaggio in Venezuela ho incontrato un certo Popaul... Era uno che bazzicava un tempo i dintorni della Bastiglia..."
«"Rue de Charonne?"
«"Può darsi... Là non ha avuto molto successo e gli ho pagato da bere... Verso le tre o le quattro del mattino, dopo aver bevuto mezza bottiglia di tequila ed essersi ubriacato, si è messo a parlare...
«"I capi di qui non vogliono considerarmi un duro...
Ho un bel dire che ho sgozzato una donna a Parigi, non mi credono. A maggior ragione quando dico loro che era una donna di mondo e che era cotta di me... Eppure è la verità e rimpiangerò sempre di essere stato un idiota... Ma non ho mai potuto tollerare che mi trattassero in quel modo e lei ha avuto torto a esagerare... Non hai mai sentito parlare del caso Josset?"»
Maigret tacque, si tolse la pipa di bocca.
Dopo una pausa che parve molto lunga, aggiunse come a malincuore:
«Quel tipo non poté dirmi di più. Il Popaul, se esiste un Popaul perché quella gente ha l'immaginazione fertile, avrebbe continuato a bere e si sarebbe addormentato. L'indomani sosteneva di non ricordarsi niente...»
«Non si rivolse alla polizia venezuelana?»
«Ufficiosamente, perché c'era una sentenza passata in giudicato. Si contano laggiù un certo numero di francesi che hanno buone ragioni per non tornare in patria, compresi gli ex ergastolani. In risposta alla mia richiesta, ricevetti una lettera amministrativa in cui mi si pregava di fornire più particolari sulla sua identità.
«Popaul esiste? Ferito nel suo orgoglio di maschio e di malvivente, per essere stato trattato da Christine Josset come gli uomini trattano una ragazza raccolta dalla strada, si è vendicato di lei?
«Non ho alcun modo per saperlo.»
Si alzò e andò a mettersi davanti alla finestra, come per schiarirsi le idee.
Quando Pardon guardò automaticamente il telefono, Maigret gli chiese poco dopo:
«A proposito, cosa ne è stato della famiglia del giovane sarto polacco?»
Questa volta fu il dottore che si strinse nelle spalle.
«Tre giorni fa, sono stato chiamato in rue Popincourt perché uno dei bambini ha il morbillo e vi ho trovato un nordafricano con cui la donna si è già messa a vivere... E' sembrata un po' imbarazzata e mi ha detto:
«"A causa dei piccoli, capisce?"».
Noland, 3 Maggio 1959.