CAPITOLO 3

 

Le campane suonarono la mezzanotte. Il tempo passava, il tempo correva.

Il ministero! Il governo! L'imperatore doveva avere un governo. Si può regnare senza ministri e senza amici? I ministri ai quali si dà l'incarico di sorvegliare il prossimo devono essere sorvegliati a loro volta. Gli amici nei quali si confida diventano diffidenti e suscitano a loro volta diffidenza. Il popolo che esulta sotto le finestre e ora fa della notte giorno è volubile. Il dio nel quale si ha fiducia è ignoto e invisibile. Ma adesso l'imperatore ha il suo ministero: nomi, nomi!

Decrès è a capo della Marina e Caulaincourt del ministero degli Esteri; Mollien del Tesoro e Gaudin delle Finanze; Carnot diventerà, si spera, ministro dell'Interno; Cambacérès diventa Primo Cancelliere: nomi, nomi!

Dai campanili si sente il suono dell'ora, il tocco, le due, e presto sorgerà l'alba... Chi si assumerà la Polizia?

 

L'imperatore ha bisogno di una Polizia, un angelo custode non basta.

Egli ricorda il suo vecchio ministro della Polizia, Fouché si chiamava.

L'imperatore poteva comandare che si arrestasse quell'uomo odiato, perfino che lo si uccidesse. Fouché lo aveva tradito. Conosceva tutti i segreti del Paese, tutti gli amici, tutti i nemici dell'imperatore.

Poteva tradire e proteggere, e anche far l'uno e l'altro insieme.

Purtroppo, tutti gli amici di cui ancora era possibile fidarsi facevano il suo nome. Dicevano che era abile e fedele al potente. L'imperatore non era forse potente? C'era qualcuno che potesse dubitare del suo potere e a cui fosse concesso di vedere la sua angoscia? C'era nel Paese un solo uomo che l'imperatore potesse temere?

 

«Andate a chiamare Fouché!» ordinò l'imperatore. «E lasciatemi solo!».