CAPITOLO IX

La signora Williams arricciò il naso disgustata mentre guardava Chris Reynolds che si era elegantemente disteso sulla miglior poltrona di Henderson. Rimaneva in piedi con le mani sui fianchi e lo contemplava come chi stesse guardando da vicino un uovo marcio. Rilassato e in apparenza senza una preoccupazione al mondo, Chris si stava curando le unghie con una limetta. Offendeva la vista della signora Williams ed ella aveva una gran voglia di farglielo sapere.

In quegli ultimi tempi venivano certi visitatori per il professor Henderson che lasciavano molto preoccupata la signora Williams. Prima quella ragazza poco raccomandabile che era finita nel fiume, e adesso questo giovane, con la faccia di pancotto e con quella testa coperta di brillantina che aveva già lasciato una assai poco estetica macchia sulla poltrona, si era installato in casa con tutto suo comodo.

Disse brusca: «Il professor Henderson è arrivato in questo momento».

Chris Reynolds spinse indietro con ostinazione una pellicina ribelle prima di rispondere. Poi alzò gli occhi e ricambiò lo sguardo severo e scrutatore della signora Williams con un sorriso seducente.

«Glielo avevo detto che non ci avrebbe messo molto, ma’», disse.

«Ma lei è già qui da più di mezz’ora», ribatté la signora Williams, come se ogni secondo le avesse accorciato la vita.

Henderson entrò nella stanza e si fermò di botto quando vide Reynolds.

La signora Williams gli scoccò un’occhiata significativa. «C’è un signore per lei», disse con schiacciante disprezzo e veleggiò fuori dalla stanza.

Ogni passo testimoniava il suo feroce risentimento.

«E lei chi è?» domandò il professore.

«E lei è Henderson?»

«Sì, cosa vuole?»

Chris sorrise e tese la mano. «Piacere di conoscerla. Il mio nome è Reynolds. Chris Reynolds.»

Henderson non afferrò la mano tesa verso di lui. «E allora?» domandò.

Chris non si scompose per la scortesia di Henderson: «Il nome Reynolds non significa niente per lei? Sono Christopher Hubert Reynolds, compare.

Chris, per gli amici». Accese una sigaretta e inspirò con evidente piacere.

«La signorina Reynolds aveva qualcosa a che fare con lei?»

«Ma certo», rispose Chris, «era mia sorella».

«Scusi», disse Henderson. «Non l’avevo capito. Sono spiacentissimo di quanto ho saputo a proposito di sua sorella.»

Reynolds accolse le espressioni di simpatia con un gesto noncurante.

«Triste, vero?» disse. Poteva sembrare qualunque cosa meno che triste per quella ragione. «Molto, molto triste. Badi», continuò in tono giudizioso,

«le dicevo sempre: andrai a finire male. Non si può giocare con il fuoco senza scottarsi. È vero, professor Henderson?» Sorrise, ma non con gli occhi. «O si può?»

«Cosa vuole esattamente?» domandò Henderson.

Chris lasciò cadere la cenere sul tappeto e si passò una mano sulla criniera unta. «Volevo soltanto fare quattro chiacchiere amichevoli. Sapevo che lei era un amico di Billie e così…»

«Chi le ha detto che ero amico di sua sorella?» lo interruppe Henderson.

Sedette sul bracciolo del divano e osservò Chris attentamente.

«Billie, me l’ha detto», ribatté lui. «Diceva delle cose bellissime sul suo conto. Il professor Henderson è diverso, diceva, è un vero gentiluomo. Era un tipo molto incline alla scuola, mia sorella. Davvero buffo, tutto considerato.»

«Ci deve essere un errore», disse Henderson a voce bassa. «Ho visto sua sorella una sola volta, e questo è accaduto dodici mesi fa.»

«Oh, è così?» disse Reynolds in quello che pensava fosse un tono di marcato sarcasmo. «Forse la sua memoria non è più così buona. Ha dimenticato la volta che è venuta qui?»

«Quando è stato?» domandò Henderson cauto.

«E se me lo dicesse lei?» ribatté Chris con cordialità. Si alzò dalla poltrona e affrontò Henderson. Il sorriso era sempre al suo posto. «Bene, quando è stato, compare? Proprio una settimana fa?»

Henderson disse noncurante: «Sta per caso cercando di ricattarmi?»

L’orrore si dipinse sul viso di Chris a una simile insinuazione. «Cosa?

Ricattarla?» fece. «Ma che idea! Lei era un amico di Billie, professor Henderson, e chiunque sia stato amico di Billie è mio amico, chiaro?»

«Sto cominciando a capire», disse Henderson brusco.

«Se lo vuol sapere», continuò Chris espansivo, «mi sento molto amichevolmente verso di lei, molto amichevolmente».

«Sono lietissimo di sentirglielo dire», ribatté Henderson. Guardava Chris divertito e disgustato nello stesso tempo. «Ho già conosciuto tipi come lei.

Sta pensando a qualcosa. Mi piacerebbe sapere di cosa si tratta.»

«Gioca agli scacchi?» domandò Chris.

Henderson balzò attraverso la stanza e afferrò Reynolds per il bavero della giacca. Aveva le labbra contratte mentre teneva Chris in una stretta simile a una morsa.

Gli occhi di Chris si dilatarono per il terrore.

«Le ho chiesto che cosa sta meditando, Reynolds», disse minacciosamente calmo. «E adesso parli.»

Chris si liberò con uno scrollone dalla presa di Henderson e si riaggiustò la giacca. La sua maschera di durezza era tornata e il sorriso accattivante si era trasformato in un sogghigno: «Vuol sapere una cosa, compare? Mia sorella teneva un diario, vede, un prezioso, loquace diario quotidiano. Bene, si dà il caso che il sottoscritto abbia trovato questo diario». Chris fece una pausa drammatica per lasciare che le sue parole ottenessero l’effetto voluto. «L’ho trovato dietro un vecchio cassettone.» Puntò un dito verso Henderson. «Sa una cosa, compare? Lei è nel diario, come un dannato mucchio di altra gente.»

«Cosa?» disse Henderson.

«Adoperi la fantasia, professore», disse Chris con insolenza.

Henderson contemplò Reynolds per un momento riflettendo. Chris accese un’altra sigaretta con il più completo distacco.

Henderson chiese: «Dov’è questo diario?»

«Le piacerebbe saperlo?» disse Chris nel tono del più grande disprezzo.

«Mi crede un allocco? Crede che me lo porti appresso? Adoperi la testa, in nome di Dio.»

«Dico sul serio», disse Henderson calmo. «Dov’è?»

«Quanto?» lo canzonò Reynolds.

«Non riesco a capire cosa intenda con ‘quanto’», disse Henderson.

«Non me la dia a bere», ribatté Chris con cattiveria. «Lei sa maledettamente bene che cosa voglio dire. Questo diario vale un mucchio di soldi, compare, un prezioso malloppo. E allora, quanto?»

Henderson si strinse nelle spalle: «Come posso dirglielo quanto vale se non l’ho visto?»

Chris guardò Henderson attraverso le palpebre socchiuse. Dopo un momento disse: «OK, compare. Potrà vederlo questa sera. Venga a trovarmi alla casa galleggiante alle sette».

«Un momento», fece Henderson con voce conciliante, «lo ha visto qualcun altro questo diario? Lo ha mostrato ad altri?»

«Per chi mi piglia?»

«Bene», rispose Henderson inespressivo. «Verrò a trovarla alle sette».

Reynolds guardò Henderson con sospetto: «E niente trucchi. Intesi?»

«Non sia più imbecille di quanto Dio l’ha fatta, Reynolds», disse Henderson brusco.

Chris storse la bocca in un sogghigno. Adesso salterà fuori con qualcosa tipo Hollywood, pensò Henderson annoiato. Non fu deluso.

«Non lo faccia più un’altra volta professore», disse minaccioso.

«Cosa?»

Reynolds ingobbì le spalle in un gesto di disgusto. «Non mi tratti più come ha fatto. Non mi piace, compare. Sono sempre stato allergico a questa specie di cose.» Si mise all’improvviso una mano in tasca e ne estrasse un coltello. Fece scattare la lama con mano esperta. «Ha corso un rischio terribile, amico.»

Henderson giunse alla conclusione di essersi scocciato di Christopher Hubert Reynolds. Si mosse con grande rapidità. La sua mano destra si chiuse sul polso di Chris e strinse gradatamente. Chris Reynolds cercò di liberarsi e cominciò a sudare.

«Le dirò anch’io a cosa sono allergico», disse Henderson in tono più che discorsivo. «Sono allergico agli sciocchi ometti con i coltelli.» Allentò la presa. «E adesso metta via il temperino e non sia stupido.»

Chris valutò Henderson con un’occhiata circospetta ed esperta. Poi si rimise in tasca il coltello. Cercò dentro di sé una risposta schiacciante ma non riuscì a trovarne una abbastanza buona. Infine si decise per «OK, professore, OK…» Si spazzolò la giacca, raddrizzò le spalle, scoccò un ultimo velenoso sguardo a Henderson e uscì. Henderson rimase a guardarlo per un momento mentre se ne andava, poi si diresse in fretta verso il telefono.

Disse con una nota di urgenza nella voce: «Mi dia Westwood 9451…»