Scenata di donne.
A una cert'ora della mattina seguente, approdando alla spiaggetta dall'alto mare, ebbi idea di salire un istante a casa, non so se per cambiare un remo della barca o per altro simile motivo. E fin dal fondo dello spiazzo, fui sorpreso da fiere grida femminili che provenivano dalla cucina, mescolate al pianto di Carmine.
Giunto alla soglia della porta-finestra, mi trovai dinanzi a una scena inusitata. In cucina, oltre al fratellastro che piangeva disperatamente nella sua cesta, v'erano la matrigna e Assunta; la prima, stravolta di furore, gridava contro la seconda, come se volesse sbranarla.
Assuntina, che appariva tutta stupita e confusa, al mio entrare ruppe in lagrime, e mi chiamò a testimone della scena, dicendo che non ci capiva nulla. Spiegò di essere capitata là pocanzi, per dare un saluto a Nunziata, secondo il solito; e di aver preso su Carmine dalla sua cesta, per coccolarlo in braccio, come tante volte faceva. Senonché, la mia matrigna, in quel punto, le era sopravvenuta come una belva, strappandole Carmine dalle braccia; e poi (siccome, a quello strappo brutale, il guaglione aveva incominciato a piangere) ingiustamente s'era data a inveire contro di lei, Assunta: accusando proprio lei di questa colpa di aver fatto piangere il guaglione! E così seguitando a gridare le aveva ingiunto di guardarsi dal prenderlo in braccio d'ora in poi, perché lui, quella creatura, aveva in odio lei, Assunta, come il fumo dentro gli occhi, e solo a sentirsi toccare da lei, sentiva la volontà di piangere! Ecco, proprio qua ero arrivato io, concludeva Assunta fra le lagrime; e io, qua, potevo prendere atto, in fede, di questa sua testi-monianza giurata: che non era sua, la colpa, se il mio fratelluccio piangeva! Ora, essa non poteva capacitarsi d'esser trattata così malamente: quasi fosse diventato un delitto prendere una creatura in braccio!
Alle giustificazioni di Assunta, la matrigna, invece di placarsi, andava incendiandosi sempre peggio, finché, da un momento al l'altro, si trasfigurò in viso come una furia:
- Tu, - ruppe a gridare, subitaneamente, alla sua amica, -da me, in questa casa, non devi più fartici vedere!
Così gridando, squassava il capo, al modo atavico delle donne rissose nei bassi vicoli: - Io qua non ti ci voglio! In questa casa, sono io, la padrona! - seguitò, addirittura fuor di sé. E d'un tratto, fece per gettarsi addosso all'altra.
Io, però, fortunatamente, intervenni a tempo per impedirglielo; e serrandola ai polsi, la respinsi con forza contro il muro.
Là, inchiodata contro il muro, ella, per fierezza, non tentò neppure di dibattersi. Ma io sentivo, attraverso i suoi polsi, tutti i suoi muscoli fremere, sviluppando una ferocia disperata; e le sue pupille, in quel momento, somigliavano proprio ai fuochi di due stelle misere e sublimi, sperse nella bufera. Bianca, fra i boccoli scomposti e incollati sulla fronte dal sudore, ella torse il viso da me, tendendolo verso l'avversaria: - Vattene! - le gridò, quasi rapita dall'odio. E aggiunse: - Vattene, segnata da Dio!
Questa frase segnato da Dio è un motto d'indegna volgarità, usato nei nostri paesi da individui senza cuore per insultare gli storpi, gli sciancati e simili infelici. A un'allusione tanto malvagia, la povera Assunta scoppiò in singhiozzi, avviandosi col suo piccolo passo difettoso verso la porta. E io indignato, lasciando l'abbrutita matrigna, uscii assieme a lei, per accompagnarla un poco lungo la strada come mi parve il mio dovere.
Pur mostrandosi grata di questa mia premura cavalleresca, essa tuttavia appena fummo soli incominciò a rimproverarmi le mie imprudenze: - Se tu avessi usato la cautela che sempre ti raccomandavo, la matrigna tua non avrebbe mai sospettato di niente, perché non è maliziosa. E invece, adesso, ecco il risultato: che quella, secondo me, ha scoperto tutto! Difatti, seppure là davanti a lei io ho finto di credere a quel suo pretesto di Carminiello, non sono poi tanto ignorante da non capire che quello è stato solo un suo pretesto, per non dirmi in faccia la verità. Del resto, ora che ci ripenso, erano già diversi giorni che essa mi faceva il viso scuro! La verità è questa, se vuoi sentire Assunta: che essa, per causa tua che sei troppo spensierato, s'è accorta che noi due c'incontriamo. E secondo il suo pensiero questo che noi facciamo è un peccato malamente; e una femmina, come me, che lo fa, è una femmina senza onore e scostumata. Perciò lei, essendo onesta, si schifa della mia amicizia, e non vuole più saperne. E va bene: sia come lei vuole! Però il suo pensiero non è giusto: perché io non sono ragazza, sono vedova, e una vedova, seppure s'incontra con qualcuno, non fa tanto peccato come una ragazza: meno assai! Pazienza: lo sapevo già che essa è troppo bigotta... però non la sapevo tanto amara! Chi se l'aspettava mai che una femmina così dolce, che pareva una chioccia, potesse diventare questa brutta aquila feroce!