TALLEY
Talley legò i polsi a Manelli, bloccandoglieli dietro la schiena con le fascette e tirando bene le estremità libere. Allo stesso modo gli legò le caviglie, poi lo fece rotolare sulla schiena.
Lo schiaffeggiò in pieno volto.
«Svegliati.»
Lo colpì più forte.
«Svegliati, maledizione! Sei in arresto.»
Manelli sbatté le palpebre. Talley attese finché non gli sembrò che riuscisse a mettere a fuoco le immagini, poi gli premette la pistola contro il collo.
«Tu sai chi sono?»
«Talley.»
«In quale stanza si trovano?»
«Non sono più qui. Howell le ha fatte portare via.»
Talley imprecò sottovoce. Non si aspettava che Howell le avrebbe tenute con sé, ma lo aveva sperato.
«Va bene. Dove sono?»
«Non lo so. Le ha prese Clewes.»
Talley non aveva mai sentito prima quel nome, Clewes, ma non importava. Non aveva mai sentito nominare nessuno di loro.
«Dove le ha portate questo Clewes?»
«Non lo so. In macchina. Howell lo deve chiamare. Non so che intenzioni hanno. È una cosa tra loro due.»
Talley lanciò un’occhiata verso il motel, cercando di controllare il panico. I secondi che passavano gli pesavano sulle spalle come sacchi di sabbia. Stava sprecando tempo prezioso, e aveva bisogno di un piano. Si impose di pensare, ripetendosi il mantra della Swat: “Il panico uccide”. Se Jane e Amanda erano da qualche altra parte, avrebbe dovuto costringere Howell a riportarle indietro.
Si voltò nuovamente verso Manelli.
«Quanti uomini ha, Howell?»
«Cinque qui al motel, più Clewes.»
«Tolti tu e quello stronzo al camion, ne restano tre all’interno?»
«Esatto, più Clewes. Lui ha dell’altra gente, ma non so dove sono. Potrebbero arrivare qui da un momento all’altro.»
Talley rifletté. Tre nella stanza. Tre conto uno, con altra gente in arrivo.
Non importava. Non aveva altra scelta.
«Che stanza è?»
Manelli esitò.
Talley gli spinse la .45 nella bocca. Sudore e polvere gli scendevano dal viso, gocciolando su Manelli come una pioggia di fango.
«Che stanza è?»
Manelli sospirò.
«Centoventiquattro. Ti posso chiedere una cosa, Talley?»
Talley esitò. Non aveva tempo per le domande.
«Cosa?»
«Tu non sei un poliziotto di campagna, vero?»
«No. No, non lo sono.»
Talley coprì la bocca di Manelli con il nastro adesivo, poi attraversò veloce la strada e tornò al parcheggio, cercando la stanza centoventiquattro.
Trovò la Mustang verde nella parte più distante del motel, parcheggiata nel posto adiacente a quello davanti alla camera centoventiquattro. Un uomo con una maglietta blu era in piedi accanto alla macchina: stava fumando.
Questo significava due uomini all’interno. Talley vide un orologio color argento al braccio sinistro dell’uomo. Non era Glen Howell.
Talley si avvicinò il più possibile alla Mustang. L’uomo finì la sigaretta e si appoggiò all’auto. Si trovava a meno di quindici metri. Non era poi co-sì distante, rifletté Talley.
La porta della centoventiquattro si aprì e ne uscì un uomo molto abbronzato.
«Tieni gli occhi aperti. Dovrebbe essere già qui.»
Talley vide un Rolex d’oro al polso dell’uomo, e riconobbe la voce. Howell.
Tolse la sicura della pistola e si preparò ad agire.
L’uomo della Mustang prese a lamentarsi con Howell.
«È una cazzata. Quel vigliacco di merda non si farà vedere. Dovremmo andarcene da questo buco finché siamo ancora in tempo.»
«Verrà. Non ha scelta.»
Howell rientrò nella stanza, chiudendo la porta.
L’uomo della Mustang si accese un’altra sigaretta. Quando si voltò, dan-dogli la schiena, Talley si lanciò in avanti.
L’uomo trasalì sentendo rumore, ma era troppo tardi. Talley lo colpì violentemente alla tempia, usando la .45 come una mazza. L’uomo barcollò di lato. Talley lo afferrò da dietro serrandogli il collo in una presa di strango-lamento e lo spinse in aranti verso la porta. Non voleva che perdesse conoscenza, ne aveva bisogno come scudo.
Talley si mosse velocemente: sferrò un calcio alla porta vicino al pomel-lo, fracassando lo stipite, e spinse l’uomo oltre la soglia urlando: «Polizia!
Siete in arresto!».
Talley non pensava che gli avrebbero sparato fintanto che aveva lui i dischetti. Contava su questo.
Glen Howell estrasse una pistola acquattandosi, e lanciò un urlo a un uomo dalla testa grossa, seduto vicino alla finestra. Quest’ultimo rotolò a terra e si rialzò in ginocchio, impugnando una pistola con due mani.
«Non sparargli! Non sparare!» urlò Howell.
Talley teneva sotto mira ora l’uno ora l’altro, cercando di ripararsi il più possibile dietro l’uomo della Mustang. Insetti avidi di luce entravano vol-teggiando lenti.
«Dov’è la mia famiglia?» urlò Talley.
I loro respiri affannosi ricordavano il rumore dei grossi diesel che sfrec-ciavano sulla strada. Nessuno sparava, ma se qualcuno lo avesse fatto, tutti avrebbero aperto il fuoco. Ognuno aveva qualcosa che l’altro voleva. Talley lo sapeva. Anche Howell lo sapeva. Era l’unica cosa che li tratteneva.
All’improvviso Howell mollò la pistola, lasciandola ciondolare appesa al dito.
«Stiamo calmi. Calmi. Siamo qui per concludere un affare.»
«Loro dove sono?»
«Hai i dischetti?»
Talley puntò la pistola contro l’uomo dalla testa grossa. Gli parve di essere tornato in quell’asilo nido, tenuto in ostaggio da uomini armati.
«Sai bene che li ho, figlio di puttana. Dov’è la mia famiglia?»
Howell si alzò lentamente, tenendo le braccia larghe e lasciando penzolare la pistola.
«Stai calmo. Loro stanno bene. Posso prendere il telefono dalla tasca?»
«Avrebbero dovuto essere qui.»
«Lasciami prendere il telefono. Potrai parlare con loro e sentire che stanno bene.»
Talley puntò la pistola su Howell e poi di nuovo sull’uomo con la testa grossa. Howell prese dalla tasca un cellulare e digitò un numero. Dall’altra parte qualcuno rispose, e Howell gli disse di far venire la donna al telefono. Protese in avanti il cellulare.
«Tieni. Parlale. Sta bene.»
Talley premette con forza la pistola contro la guancia dell’uomo della Mustang, intimandogli di non muoversi. Howell gli porse il telefono, tenendolo con due dita come una tazzina di tè. Talley lo prese con la mano libera e Howell indietreggiò.
«Jane?»
«Jeff! Noi…»
La comunicazione si interruppe.
«MERDA!»
Howell si strinse nelle spalle. «Hai visto? Sono vive. Il fatto che conti-nuino a esserlo dipende da te.»
Talley lanciò il telefono a Howell, poi tirò fuori un solo dischetto. Quello era il momento in cui tutto poteva finire male. Il momento in cui correva il rischio più grosso e si giocava il tutto per tutto.
«Un dischetto. L’altro lo avrai quando io avrò le mie ragazze. Non al telefono, ma qui in carne e ossa. Se non ti va, pazienza. Se mi ammazzi, finiscono tutti in galera.»
Lanciò il dischetto sul letto.
Capì che Howell non era soddisfatto di averne uno solo, ma contava proprio su quello. Voleva che fosse disorientato, preoccupato. Era una trattativa. Talley sapeva che Howell avrebbe soppesato le alternative, proprio come stava facendo lui; si sarebbe chiesto se Talley avesse con sé anche il secondo dischetto, pensando che in questo caso poteva semplicemente sparargli e fine della storia. Ma Howell non poteva esserne certo. Se lo avesse ucciso e lui non avesse avuto con sé entrambi i dischetti, per Howell sarebbe stata la fine. Per questo non gli avrebbe sparato. Non ancora. Questo dava a Talley la possibilità di costringerlo a liberare Amanda e Jane.
La tensione era evidente sul volto di Howell. Talley non disse nulla.
Howell raccolse il dischetto.
«Devo controllare che sia autentico.»
«È autentico.»
«Devo esserne sicuro.»
Un ThinkPad IBM collegato a un drive per zip era posato sul comodino.
Howell sedette sul bordo del letto mentre leggeva il dischetto, poi grugnì, una volta verificato il contenuto.
«Va bene. Questo è uno. Dov’è l’altro?»
«Prima le mie ragazze. Quando vedo le mie ragazze, tu ti prendi l’altro dischetto. È così che funziona.»
Il sudore colava dai capelli di Talley, scendendogli lungo il collo. Pareva ricoperto da un esercito di formiche. Howell poteva decidere se correre il rischio. Nessuno dei due aveva altra scelta. Bisognava vedere chi sarebbe crollato per primo.
Era una rimessa in gioco. La partita poteva ricominciare.
Talley aspettò che Howell valutasse le alternative. Talley sapeva già co-sa avrebbe deciso. Non gli aveva lasciato scelta.
Howell prese il telefono.