61

Rollins

Rollins si incontrò con Eli e la sua banda nel parcheggio di un Pizza Hut, a tre isolati di distanza dal Safety Plus, un posto in culo al mondo, a migliaia di chilometri dalla civiltà. Eli era seduto a bordo della sua Camaro color bronzo del 1969 insieme a due dei suoi. Usare quella maledetta auto era come mettersi addosso un cartello con su scritto: GUARDAMI! SONO QUI!

Rollins aveva una regola. Mai attirare l’attenzione su di sé. Lui guidava una Camry bianca rubata. Le targhe erano quelle di una Camry identica che aveva trovato parcheggiata alla UCLA. Le Toyota e le Honda erano le auto più diffuse a Los Angeles. Grigio metallizzato e bianco erano i colori più comuni.

Rollins si appoggiò al finestrino di Eli. Eli era uno di quei tipi allampanati con una massa di riccioli neri.

«Le ho detto che auto guidi, in modo che la riconosca. Lei è su una Volvo beige. La vedrai, quando entri.»

«Tu non vieni con noi?»

«Sarò sulla mia auto, ma non partiamo subito. Aspetta che ti chiami io. Voglio perlustrare l’area per essere sicuro che sia tutto a posto.»

«Okay. Noi aspettiamo qui.»

«Se è tutto a posto prendiamo la roba e magari andiamo a darle una mano per il corpo.»

Eli si sporse dal finestrino per guardare in su verso di lui.

«Se tu vuoi aiutarla a portare via la spazzatura, fa’ pure. Io non sono uno spazzino. Facci ancora qualcuna delle tue polpette.»

I due idioti a bordo con lui scoppiarono a ridere.

Rollins si allontanò.

«Sì, ridete pure.»

Dieci minuti più tardi era sul tetto di una serra di fronte al Safety Plus, e osservava la Volvo con il binocolo. Al volante c’era una donna, ma con quella luce e il riflesso sul vetro non riusciva a vederla bene. La donna che aveva visto a Echo Park era piccola e rotondetta. Quella sulla Volvo sembrava bassa dietro il volante, il che significava o che era bassa oppure che era alta ma stava rannicchiata.

Rollins decise di andare a dare un’occhiata. Fece una telefonata a Eli.

«Ci stavamo addormentando, qui. Abbiamo ordinato delle pizze.»

Quei cretini ridacchiavano.

«Sembra tutto a posto. Andate pure. E ricordati, siete terroristi.»

«Tu dove sei?»

«Sto andando alla macchina. Sarò dietro di voi.»

Rollins chiamò il numero di Charles. Lei aveva risposto prima, e rispose anche adesso.

«Siamo qui. È lei, quella dentro?»

«Sì, sono qui. Sto aspettando» rispose Amy.

La donna a bordo della Volvo fece un cenno con la mano.

«Ottimo. Ci vediamo tra poco. Dieci secondi.»

Rollins mise via il telefono e rimase a guardare. Qualche secondo dopo arrivò Eli. Varcò l’ingresso e si fermò. Per una decina di secondi nessuna delle due auto si mosse finché Eli scese allargando le mani, come per dire “allora, ci muoviamo o no?”.

Poi Eli fece per risalire a bordo e si scatenò l’inferno. Rollins non rimase a vedere come andava a finire. Scese dal tetto, tornò alla sua auto anonima e recitò l’elenco delle regole per la fuga.

Vai piano.

Stai nella corsia di destra.

Frena per tempo.

Rollins seguì le regole e se la filò.

La promessa
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