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Scott James
Scott non era mai stato al decimo piano della sede amministrativa della polizia. Il capo della polizia stava al decimo. I tre assistenti capo e gli otto vicecapo stavano al decimo. Tra gli agenti e all’accademia il decimo piano era noto come il Paradiso, e lì regnava Dio: Padre, Figlio, Spirito Santo e gli otto apostoli.
I corridoi del decimo piano erano sorprendentemente spogli. La maggior parte delle porte aveva bisogno di una scheda magnetica o di un codice per essere aperta, ma Ignacio aveva una scheda e conosceva i codici, per cui non fu un problema.
Scott era rimasto sorpreso quando Ignacio l’aveva chiamato, quella mattina. Gli aveva ordinato di presentarsi alla Nave, in uniforme. Aveva chiamato alle sette e tre quarti, e non gli aveva fornito alcuna spiegazione.
Aveva fatto soltanto un commento: “Tu devi avere un angelo custode”.
Ignacio gli andò incontro nell’atrio, l’accompagnò su al decimo piano e lo presentò a uno degli apostoli. Poi se ne andò.
Il vicecapo Ed Waters si era laureato all’università di Notre Dame. Aveva un dottorato alla University of Southern California e vantava un elenco di successi e credenziali lungo diverse pagine. Waters aveva testimoniato più volte davanti al Senato e alla Camera, e probabilmente sarebbe subentrato all’attuale capo della polizia quando il suo mandato fosse scaduto.
Al momento Waters dirigeva l’unità Antiterrorismo e Operazioni Speciali, cosa che lo poneva a capo della Divisione Metropolitana. Poiché la Cinofila faceva parte della Divisione Metropolitana, Scott ricadeva sotto il comando di Waters.
Waters aveva lo sguardo intelligente, il volto rubizzo e un contegno severo. Chiese a Scott di accomodarsi e gli riferì una conversazione tra Hess e il capo. A sentire Hess, Scott aveva aiutato l’America a evitare un disastro nazionale, e si era preso tutta la responsabilità dei suoi misfatti.
«Il capo e l’agente speciale responsabile Hess devono lavorare insieme, quindi dimentichiamoci questa faccenda del reclamo. È acqua passata.»
Scott fu preso dall’imbarazzo, ma si sforzò di annuire. La maggior parte delle cose che Hess aveva detto al capo erano menzogne.
«Grazie.»
«Manderò i documenti al comandante della Metro e al comandante degli Affari Interni. Il suo capo verrà informato ufficialmente stamattina. Per quanto riguarda il reintegro in servizio, è una decisione che spetta a lui.»
Scott annuì di nuovo, ma si sentiva sempre più in imbarazzo. Si chiese se Waters credesse davvero a tutte quelle stronzate.
«È un’ottima notizia, signore. Grazie.»
Voleva passare a prendere Maggie il prima possibile. Voleva tornare in servizio, presentarsi all’appello, rimettersi al lavoro, ma Waters non aveva nessuna fretta di congedarlo.
Il vicecapo si sporse in avanti e intrecciò le dita.
«Hess ha fatto di tutto per salvarla. Suppongo sia consapevole di aver passato il limite e si senta in imbarazzo. Comunque sia, si è battuta per lei ed è riuscita nell’intento.»
Scott si sentì avvampare e desiderò tanto andar via, ma riuscì solo ad annuire ancora una volta.
«Tuttavia, io non so se l’avrei assecondata come ha fatto lei. Mi piace pensare che il mio giuramento sarebbe stato più importante, come il mio dovere nei confronti del dipartimento. Ma forse è solo una mia opinione.»
Waters si zittì e parve aspettare. Scott pensò che l’uomo lo stesse soppesando.
«Signore, tutto ciò di cui Carter mi ha accusato nel suo reclamo era vero. Ho disobbedito agli ordini del comandante Ignacio, e ho nascosto delle informazioni al detective Carter. Sono state scelte mie, e non dell’agente speciale Hess o di chiunque altro.»
L’espressione del vicecapo non cambiò di molto. Solo un tantino.
«Perché?»
«Perché un figlio di puttana stava cercando di uccidere me e il mio cane.»
Alla fine Waters si alzò e gli porse la mano.
«Bentornato, Scott.»