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Ci fermammo dietro la Jeep di Pike. Pike e Scott si precipitarono fuori, io scavalcai il sedile mentre Pike caricava giacca e sacchetti sulla Jeep.
Scott mi affrontò sul marciapiede. «Okay, qui non c’è. E ora cosa facciamo?»
Non lo sapevo neppure io. L’unica cosa che sapevo era che non potevamo abbandonare Amy.
«Continuiamo a cercare. Jon la sta seguendo. Oggi o al massimo domani sarà lei a portarci all’esplosivo.»
«Cole, pensiamoci bene. Questa povera donna non è in cerca di risposte. Lei vuole uccidere quella gente, e per farlo è disposta a suicidarsi. È una cinquanta-uno-cinquanta.»
Cinquanta-uno-cinquanta era il codice della polizia di Los Angeles per indicare settantadue ore di fermo psichiatrico.
«Questo si chiama aiutarla. Per il momento è al sicuro. Abbiamo ancora tempo per capire cosa sta facendo Hess, e prendere Charles e Colinski.»
«Forse non sarà necessario attendere. È una signora di mezza età della classe media che ha perso il figlio. Un attimo dopo che l’avremo arrestata ci consegnerà Charles e Colinski.»
«Non succederà» disse Pike.
«In che senso?»
Fui io a rispondere. «Nel senso che quella persona è morta tra qui e la Nigeria. Amy è in gamba, e più forte di quanto immaginiamo. Se chiede un avvocato, l’accordo salta e addio Colinski e Charles.»
Tirai fuori il telefono e chiamai Jon Stone.
«Cosa sta facendo?»
«Abbiamo fatto rifornimento, comprato da mangiare al drive-in di un In-N-Out, e comprato dei fiori. Ora siamo a Forest Lawn.»
«Il cimitero?»
«Jacob. È sulla sua tomba da venti minuti.»
Per dirgli addio. O per confessarsi.
Gli riferii cosa avevamo scoperto.
«Non ha mai avuto intenzione di vendere esplosivi a quella gente. Per questo ha tanto insistito per incontrare i compratori. Gli esplosivi sono un’esca per attirarli nella sua trappola e ucciderli.»
Jon rimase in silenzio mezzo secondo di troppo.
«La sta cucendo per qualcun altro.»
«È per lei. Assomiglia alla giacca che indossa ora, la stessa che indossava ieri sera. Identica. Probabilmente la indossa perché quelli si abituino a vederla.»
Jon fece un lungo sibilo.
«Dimmi che avete recuperato il plastico.»
«Venti chili e i detonatori. Il resto non è qui.»
«Sulla sua auto non c’è, fratello. Ho controllato quando lei è scesa a comprare i fiori.»
«Se torna al self-storage è finita. Se torna…»
Quando rispose, la sua voce era come uno schiocco di frusta. «So cosa fare.»
Misi via il telefono e mi voltai verso Scott.
«Sarà una pazza, sarà anche da ricovero coatto, ma questa donna ne ha passate troppe. Le hanno ucciso il figlio, il governo non sa darle risposte, e questa Hess, un pezzo grosso dei federali, cosa fa? Potrebbe anche essere un’operazione top secret, in incognito e ad altissimo livello, ma a me non interessa. A me interessa Amy. Io ho intenzione di prendermi cura di questa donna. Ho intenzione di scoprire cosa sta combinando Hess e, se non mi convince, la farò arrestare insieme a Charles e Colinski.»
Mi fermai di colpo, ancora infervorato, e vidi che mi fissavano.
«Quando attacca…» disse Pike.
«Allora come procediamo?»
«Domani dovrebbero trasferire i fondi. Quando Amy riceve la conferma, porterà Charles dove sono gli esplosivi e insieme consegneranno il materiale all’acquirente. Da come hanno parlato al telefono, Colinski sarà con i compratori.»
Scott annuì e guardò il suo cane.
«Ancora una notte.»
Scott tirò fuori un sacchetto di plastica dalla tasca dei pantaloni, ne fece uscire un cubetto oleoso e l’offrì al cane. Rimasi sorpreso dalla grazia di Maggie. Prese il boccone dalle sue dita con la stessa delicatezza con cui una ragazza toccherebbe una farfalla.
«Lui sa dove abito. La scorsa notte ha cercato di uccidere Maggie.»
Lì per lì non capii, ma poi mi fu chiaro.
«Colinski?»
«Abbiamo trovato un procione morto in giardino, e delle polpette avvelenate. Hamburger crudi imbottiti di veleno.»
Scott rimise il sacchetto in tasca.
«Immagino fosse perché non potevano avvicinarsi, con lei che abbaiava. Significa che ci stavano provando. Dobbiamo passare la notte in un altro posto.»
«Potreste venire a casa mia. Tutti e due. Siete i benvenuti.»
Scott rise. «Carter sarebbe felicissimo. Noi due che dormiamo sotto lo stesso tetto!»
«Carter non ha trovato del veleno nel suo giardino. Dico sul serio.»
«Starò dalla mia ragazza, o da uno dei conduttori.»
Fece qualche carezza al cane, e scosse la testa.
«Al-Qaeda. Non bastava un normalissimo killer americano.»
Mi chiesi se avesse paura. Io ero stato braccato da uomini pericolosi, e ogni volta avevo avuto paura.
«Se riusciamo a tenere in vita l’accordo, domani sarà tutto finito. Lei non dovrà più preoccuparsi di Colinski e io mi accerterò che Amy riceva l’aiuto di cui ha bisogno.»
«Terrò Carter fuori da questa faccenda, Cole. Le do la mia parola.»
Mi guardò per un attimo, come se avesse avuto un ripensamento.
«Ha intenzione di far intervenire la polizia o è una cosa strettamente fai da te?»
«Quando Amy sarà al sicuro, potrei anche decidere di chiamare Carter.»
Il telefono di Scott ronzò. Gli era arrivato un messaggio. Lui aggrottò la fronte e digitò rapidamente una risposta.
«Quando parli del diavolo… mi vogliono giù alla centrale. Foto segnaletiche.»
Gli tesi la mano.
«Grazie per l’aiuto, e per aver mantenuto fede alla parola data.»
Ci stringemmo la mano.
«Lei è un tipo strano, Cole. Non quanto Pike, ma strano.»
Scott salì in auto e si allontanò. Mi voltai a guardare Pike.
«Siamo strani?»
Pike andò alla sua Jeep senza rispondere e mi riaccompagnò alla macchina.