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Parcheggiammo accanto al pick-up fuori dal piccolo ufficio. Scott fece scendere Maggie, e i due entrarono.
«Spero che sappia quel che fa. Quella donna è una iena.»
«Mmh» fece Pike.
Cinque minuti dopo, Scott, Maggie e la iena uscirono. La donna sorrise a Pike e mi rivolse persino uno sguardo affabile.
«Perché non mi ha detto subito che era un poliziotto invece di fingere di essere un cliente?»
Scott parlò prima che io potessi rispondere. «I poliziotti in incognito fanno così, Hannah. È per questo che mi costringe a guidare questo rottame.»
Hannah.
«Ringrazia la signora, Maggie. Dalle la zampa.»
Hannah sorrise raggiante quando il cane sollevò la zampa.
«È così dolce, questa piccolina.»
Scott sorrise facendosi venire le fossette sul viso come un ragazzo copertina.
«Solo con i buoni, però.»
Hannah rise e tornò nel suo ufficio. Il cane saltò dentro accanto a me e Scott si mise al volante.
«Le ho chiesto se potevamo usare questo posto per un allenamento.»
«E lei ci ha creduto, così, come se niente fosse?»
Scott mi guardò nello specchietto retrovisore.
«Le persone adorano i cani.»
Varcammo il cancello e facemmo un rapido giro.
Il complesso del Safety Plus Self-Storage si sviluppava lungo un reticolo di vialetti, come un rettangolo tagliato a metà in un verso e nell’altro.
I vialetti erano fiancheggiati da capannoni polverosi divisi in unità di dimensioni diverse. Stava ai clienti dotarli di lucchetti per garantire la sicurezza.
Scott decise di seguire uno schema di ricerca in senso orario e parcheggiò vicino al cancello. Hannah osservava dalla porta dell’ufficio. Ci fece ciao con la mano. Scott e io rispondemmo al saluto, Pike no.
«Lascerò Maggie libera di muoversi senza guinzaglio» disse Scott. «Restate qualche passo dietro di noi. Se vi annusa o vi urta, non accarezzatela.»
«Aveva detto che non morde.»
«Quando lavoriamo prende le cose molto sul serio. Vero, Maggie? Dico bene, piccola?»
Scott si rivolgeva al cane con una vocetta da bambino, e qualcosa tra di loro cambiò. Lei abbassò il petto, sollevando il posteriore per aria, come se sapesse cosa stava per succedere e desiderasse disperatamente giocare.
Scott sganciò il guinzaglio e le indicò il capannone più vicino.
«Trovalo, piccola. Maggie, cerca!»
Lei girò su se stessa, rapidissima e leggera, e seguì il suo dito. L’angolo della bocca di Pike guizzò.
«Marine.»
Scott lasciò che il cane andasse avanti. Maggie annusò lungo la base di cinque o sei box, poi si spostò sul lato opposto. Pike e io li seguivamo senza contribuire in alcun modo.
Arrivati al primo angolo svoltammo. Sopra di noi svettava un palo con in cima un fascio di telecamere. Mi chiesi se Hannah ci stesse guardando. Il suo film doveva essere più interessante di tre uomini che seguivano un cane, ma il film non le aveva dato la zampa.
Arrivammo all’angolo in fondo, il più lontano, e svoltammo di nuovo. Il cane attraversò più volte il vialetto, da una parte all’altra, e si stava avvicinando alla sezione centrale quando tornò sui propri passi e cominciò ad agitarsi. Abbassò la testa sul terreno, ruotandola di qua e di là, e affrettò il passo. Tornò indietro, poi ripartì in direzione opposta, e si fermò di colpo davanti a una porta.
«Accidenti» disse Scott.
«L’ha trovato?»
«Si comporta come ha fatto davanti alla mia auto e nella casa. È il suo modo per segnalare.»
Il cane rivolse a Scott un sorriso bavoso da pastore tedesco e Scott la richiamò.
La telecamera più vicina ci osservava dall’angolo dietro di noi e un’altra dall’angolo opposto. La iena aveva una visuale indisturbata, ma noi dovevamo risultare piccoli nell’inquadratura, e lontani.
Pike si spostò per coprire la telecamera.
Il lucchetto era una brutta bestia, con l’arco in acciaio temperato, una piastrina antitrapano a protezione del barilotto, e un livello di sicurezza troppo alto per la mia pistola a grimaldello. Mentre tiravo fuori gli attrezzi, Scott cominciò ad agitarsi.
«Ehi, amico. Questo è un quattro-cinquantanove. Furto con scasso.»
«Tenga d’occhio l’ufficio. Se la donna esce ci avvisi.»
Scott non si mosse.
«E se non riuscite ad aprirla?»
«Lei faccia la guardia.»
Scott agganciò il cane al guinzaglio e si allontanò in fretta.
Inserii il tensore e mi misi all’opera con il grimaldello. Tre minuti dopo il lucchetto si aprì.
Il box di Amy aveva le dimensioni di una piccola stanza, con un tavolo al centro che fungeva da banco da lavoro: forbici, spolette di filo e un rotolo di tessuto nero, più due lampade alimentate a batteria. Alla parete dietro il tavolo erano addossate scaffalature da pochi soldi, piene di scatole, sacchetti e flaconi di plastica. In un angolo, un manichino per sarti con una giacca di pelle con le frange si rifletteva in uno specchio appoggiato contro il muro. Il box di Amy sembrava più una sartoria che un deposito di esplosivi.
Pike e io andammo agli scaffali. Gli esplosivi potevano essere in un’unica scatola oppure tagliati in pezzi.
In un sacchetto di plastica di un negozio di articoli per il fai da te della zona c’erano dei kit per costruire campanelli. Accanto al sacchetto erano posati dei flaconi di resina liquida e alcuni rotoli di plastica per alimenti. Tra i flaconi era infilato uno stampo da forno per pagnottelle. Kit da cucito in scatole di plastica erano impilati accanto a un taglierino e a così tanti piccoli attrezzi che Amy avrebbe potuto aprire un negozio di hobbistica.
Il sacchetto successivo conteneva un pesante contenitore per alimenti pieno di un materiale bianco simile a creta per modellare. Premetti il pollice sulla superficie e vi lasciai un avvallamento.
«Joe.»
Pike si voltò e mi lanciò un blocchetto bianco e liscio. Il materiale che avevo trovato io era pesante e malleabile, mentre questo era duro e leggero.
«Resina?» disse Pike.
La forma e le dimensioni mi fecero pensare allo stampo da forno. Aveva sei cavità profonde due centimetri e mezzo, larghe sette e lunghe diciotto. Il blocchetto di resina entrava perfettamente in quelle cavità.
«Sì. L’ha fatto lei.»
Mi tornò in mente un’istantanea che avevo visto a casa sua. Amy e Jacob con i suoi compagni di scuola, lei con un vassoio colmo di rettangoli scuri. I dolci potevano essere stati cotti in quello stesso stampo, e probabilmente era così. Forse Amy stava ancora facendo dolci per suo figlio, anche se con un intento meno gioioso.
Stavo di nuovo frugando sugli scaffali quando Scott arrivò di corsa.
«Hannah è uscita. L’avete trovato?»
«Qualche chilo. Stiamo ancora cercando.»
«Sbrigatevi. Se vede quello che stiamo facendo, siamo fregati.»
«Cerchi di guadagnare tempo. Ci dia cinque minuti.»
Scott corse via.
Lo scaffale successivo era pieno di altri rotoli di tessuto, bobine di cavi elettrici di diversi colori, e un kit contenente tutti gli attrezzi per la riparazione casalinga di elettrodomestici.
«Guarda» disse Pike.
Mi mostrò un altro blocchetto di resina, bianco e liscio. Sembrava identico al primo finché non lo girò.
Occhi di acciaio spuntavano dalla resina. Capii cos’erano ancora prima che Pike mi indicasse il sacchetto pieno di sfere da cuscinetto.
Le sfere erano state deposte a strati nello stampo prima che venisse versata la resina. Gli occhi di acciaio erano gelidi e crudeli come quelli di un granchio, ma ciò che mi spaventò di più fu il sacchetto che trovai sul ripiano più basso.
Era chiuso ermeticamente e pieno di cilindretti color argento. Erano grandi come una matita ma un po’ più corti, e da un’estremità usciva una coppia di cavi. Capii cos’erano perché li avevo visti quando ero nell’esercito, solo che in quelli i cavi erano più lunghi. Questi erano stati tagliati e spellati, ed erano pronti per l’uso. Guardai sotto il sacchetto e lo portai al tavolo.
«Detonatori elettrici e altro esplosivo.»
Sotto i detonatori erano impilati dei panetti di esplosivo al plastico ordinatamente avvolti nella plastica trasparente. Erano uguali per forma e dimensione al blocchetto di resina.
Pike si avvicinò.
«Quanto?»
«Quindici o venti chili. Più facile venti.»
Presi un blocchetto dal sacchetto e lo girai. Occhi. Ne controllai un altro. Occhi. Un terzo. Occhi. Pike e io ci scambiammo uno sguardo, e andammo al manichino.
La bella giacca di pelle con le frange era grande per Amy, ma identica a quella che lei indossava.
Scott arrivò di corsa con il cane accanto.
«Avete trovato il resto?»
Toccai la pelle. Era morbida e le frange leggere come l’aria.
«Solo quei due sacchetti. Vada a prendere la macchina» disse Pike.
Scott si avvicinò.
«Questi non sono duecento chili.»
«Vada a prendere la macchina.»
Scott si allontanò di corsa imprecando.
Aprii la giacca. Sotto le braccia e lungo la circonferenza erano state cucite file di tasche, ognuna unita all’altra da cavi dai colori vivaci fissati da punti precisi. Il blocchetto di resina con i suoi terribili occhi entrava perfettamente nelle tasche.
Sentii un ronzio nella testa, simile al rumore di una lampadina al neon che sta per saltare. Vidi Amy, passata e futura, quello che aveva intenzione di fare e quello che aveva fatto, come se il suo fantasma fosse accanto a me.
Amy aveva dato la forma al plastico mettendolo nello stampo. Aveva avvolto con cura ogni panetto, chiudendolo con il nastro adesivo come fosse un regalo di compleanno. Così confezionati, i blocchetti sarebbero stati più facili da maneggiare e da usare. Non persi tempo a contare i panetti e le tasche, ma il numero doveva essere lo stesso, e il peso di quella sorpresa speciale doveva essere intorno ai venti chili, più o meno il peso di un bambino di quattro anni. Probabilmente, quando Jacob aveva quattro anni, Amy lo faceva girare in cerchio. Sapeva di poter portare quel peso, e l’avrebbe portato di nuovo, con altrettanto amore.
Una volta che i panetti fossero stati sistemati dentro le tasche, lei avrebbe infilato un tubicino dentro ognuno di essi, collegandoli tra loro con i cavi dai colori vivaci, a formare un allegro festone. Questi cavi, intrecciati, avrebbero raggiunto un interruttore che lei stessa aveva costruito, e che doveva mandare un bacio elettrico a ogni cilindretto, in modo che tutto avvenisse così rapidamente da non avvertire la furiosa esplosione che scuoteva l’aria e straziava le persone intorno lei con l’urlo angosciato di una madre.
«Oh, Amy» dissi.
La Trans Am arrivò a tutta velocità e inchiodò. Scott corse alla porta. «Ditemi che l’avete trovato. Ditemi che avete la roba.»
«Solo quei sacchetti» rispose Pike.
Accarezzai la pelle morbida, e provai così tanto amore verso Amy che mi si spezzò il cuore. Tutto ciò che Charles, Janet Hess e io pensavamo di lei era sbagliato. Amy si era dimostrata più furba di tutti noi.
Scott si avvicinò. Il suo sguardo si spostò rabbioso da me alla giacca.
«Cos’è questa? Cosa ci fa qui?»
Pike allacciò la giacca e raccolse i sacchetti.
«Una giacca da attentatore suicida. Da donna.»
«Ha intenzione di indossarla, Scott» dissi.
Pike mi spinse verso la porta.
«Ora va’. Muoviti.»
Avrei voluto bruciare quel box. Avrei voluto bruciare quella bella giacca di pelle, e il cavo, le forbici, i fili, e oscurare il cielo con il fumo, ma non lo feci. Tolsi la giacca dal manichino, la piegai e me la misi sul braccio.
Richiudemmo il box di Amy e ci allontanammo in silenzio.