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Elvis Cole
La donna che non conoscevo voleva incontrarmi nel parcheggio di un supermercato a West Hollywood, sul Santa Monica Boulevard. Comprai due caffè mocha, arrivai trenta minuti prima dell’ora stabilita e parcheggiai dietro un carro attrezzi in una stazione di servizio sul lato opposto della strada. Chiamai Pike e Jon Stone e mi disposi ad aspettare.
Mystery Meryl arrivò con venti minuti di anticipo. Parcheggiò in mezzo a un gruppo di auto e pick-up e non fece niente di strano. Aspettava, apparentemente tranquilla, come una persona che pensa non possa accaderle niente di male.
Mi annotai il suo numero di targa e chiamai la mia amica alla Motorizzazione.
«Qui mi dà un SUV Lexus color argento immatricolato a nome di una certa Meryl Lawrence. Abbiamo già controllato ieri sera, no?»
«Ne hai trovate quattro. Tre su a nord e una a Pasadena. Sulla Bellefontaine.»
«Me lo ricordo. La Lexus mi dà lo stesso risultato.»
«La Lexus ti dà l’indirizzo sulla Bellefontaine?»
«Esatto.»
La donna che non era Meryl Lawrence guidava una Lexus intestata a una Meryl Lawrence che presumibilmente viveva all’indirizzo della vera Meryl Lawrence, solo che la vera Meryl Lawrence non possedeva una Lexus. Notevole.
«Ieri sera hai trovato una Cadillac e una Porsche intestate a nome di Meryl Lawrence. Non mi hai parlato di una Lexus.»
«Sì, me lo ricordo. È bizzarro.» Il suo tono si era fatto incerto.
Quando diceva “bizzarro” era un brutto segno.
«Se cerco sotto il suo nome, mi escono la Cadillac e la Porsche, ma non la Lexus. Se cerco la targa, mi esce la Lexus ma non la Cadillac e la Porsche.
«Bizzarro» ripetei.
«Dev’esserci un errore nel sistema. Ti richiamo.»
Guidare un veicolo intestato alla vera Meryl, quando la vera Meryl non risultava come proprietaria del veicolo, mi sembrava un po’ più di un errore. Mi chiesi come si potesse fare una cosa del genere.
Rimasi lì nascosto dietro il carro attrezzi finché non passarono dieci minuti dopo l’orario dell’appuntamento, e a quel punto uscii in retromarcia e feci il giro dell’isolato. Stavo entrando nel parcheggio quando chiamò Scott James. Avrei voluto rispondere ma lasciai che la telefonata venisse inoltrata alla segreteria. La mia attenzione era tutta per la finta Meryl Lawrence.
Parcheggiai e salii sulla sua auto.
«Mocha con latte scremato e senza panna, oppure caffellatte scremato. Scelga lei.»
La sua espressione rimase in bilico tra un sorriso e un’espressione corrucciata, quasi non sapesse cosa pensare del caffè. Alla fine scelse il caffellatte.
«Deve avere buone notizie.»
Sorseggiai il caffè. Freddo.
«Il fioraio si ricorda di Charles.»
Mi guardò al di sopra del bicchiere, in attesa.
«È l’uomo del suo identikit?»
«No. Non sono stati in grado di descrivermelo bene, ma non è l’uomo dell’identikit. Questo è certo.»
Non avrei saputo dire se per lei fosse una buona o una cattiva notizia.
«Ma si ricordano di lui?»
«Non le piace il caffè?»
«Non me ne frega un accidente del caffè. Cosa ricordano?»
«Sui quarantacinque, cinquant’anni, capelli e occhi castani, giacca e cravatta. Il classico uomo d’affari. Ha detto al fioraio che voleva far colpo con i fiori. Sembrerebbe proprio il genere di stronzo che descriveva lei. Uno che cerca di approfittarsene.»
Bevvi un altro sorso di caffè e la provocai con Lerner.
«La buona notizia è che sono più vicino a Lerner. Ho una pista per arrivare a due vecchi amici di Jacob. Loro devono conoscere Lerner per forza. E qualcuno saprà dove trovarlo.»
Le sue narici si dilatarono appena come se l’argomento la spazientisse.
«Torniamo a Charles. Ha parlato con i vicini di Amy?»
«Non sono tornato alla casa. Non troverò niente di nuovo, e chiedere di Charles ai vicini è solo una perdita di tempo.»
«La pago per il suo tempo. Magari uno dei vicini l’ha visto. Magari lei ha fatto qualche confidenza su di lui.»
Decisamente le interessava solo Charles.
«A questo proposito, volevo appunto parlarle di questo. Dobbiamo rivedere il nostro accordo.»
«Prego?»
«Le ho fatto un prezzo sulla base di quanto lei mi ha detto, che non comprendeva un omicidio e un’indagine della polizia. Ora la polizia mi sta addosso e io sto lavorando a tempo pieno perché lei ha fretta. Duemila dollari non bastano. Ne voglio altri tre.»
«Sta cercando di fregarmi.»
«Ci sono vicino, Meryl. Amy e Charles li ho nel mirino.»
«A me non sembra affatto che ci sia vicino. A me sembra che stia cercando di fregarmi.»
«I fiori non sono stati consegnati a casa di Amy. Charles li ha mandati a una casa di Silver Lake. Credo che lei viva lì, forse con Charles.»
«Dove?»
«Tremila.»
«Se lo sta inventando.»
«Lei mi ha ingaggiato perché sono bravo. Se vuole che la chiudiamo qui, per me va bene. Io ci sono vicino.»
Non parve arrabbiarsi come mi aspettavo. Aveva il respiro affannoso, ma anche un’espressione elettrizzata.
«Gliene darò altri mille.»
«Duemilacinquecento.»
«Mille domani e altri mille se la trova entro due giorni. Se la trova entro oggi, ne avrà duemila più un premio di cinquecento.»
«Mi sta bene.»
Lei gettò il caffellatte nel parcheggio.
«Farà meglio a trovarli, figlio di puttana. E ora scenda.»
Lo feci e andai alla mia auto. Lei uscì a razzo in retromarcia e puntò a tutta velocità verso l’uscita più vicina. Era arrabbiata, ma mi sembrava anche spaventata. Aspettai che si fosse allontanata e poi chiamai Pike.
«Ce l’ho» disse Pike.
La donna che avrebbe dovuto essere Meryl Lawrence aveva dei segreti, ma i miei segreti erano migliori.