10
Scott James
Scott fluttuava in un vuoto doloroso quando una voce di donna lo svegliò. Prima della terapia, prima che Maggie entrasse nella sua vita, Stephanie Anders tormentava i suoi sonni tre o quattro volte a notte.
«Agente James?»
Stephanie andava da lui, intrappolata per sempre nei suoi ultimi momenti di vita, dissanguandosi mentre una banda di rapinatori li crivellava di colpi di fucile automatico.
«Scott?»
Stephanie andava da lui, lo implorava di salvarla, di restare con lei, mentre i proiettili straziavano i loro corpi.
Sono qui, Steph.
Non me ne vado.
Non ti lascio.
«Scott? Sveglia!»
Scott si svegliò di colpo e vide Glory Stiles in piedi davanti a lui. Il volto della donna si aprì in un sorriso bellissimo e stupefacente, e poi Glory gli porse una tazza di caffè.
«Nero, due zollette di zucchero. Faccia attenzione, è bollente.»
Scott aveva lavorato con un disegnatore fin quasi alle tre, e si era addormentato su un divano in una delle sale riunioni. Si tirò su con una smorfia. I primi movimenti del mattino gli causavano sempre dolore, quasi che le cicatrici sul costato diventassero più sensibili con il sonno. Accettò il caffè e si mise lentamente in piedi tra uno scricchiolio e l’altro.
«Non c’è niente di peggio che dormire su questi divani, no?» disse Stiles. «Dio solo sa quante volte l’ho fatto.»
Mentre Scott si alzava, entrò Carter con un foglio di carta stretto tra i denti. Stava digitando un messaggio sul cellulare.
Scott sorseggiò il caffè e non disse nulla sulla vera ragione del suo indolenzimento. Guardò l’ora e rimase scioccato nel vedere che era già metà mattina. La notte prima, quando gli era stato ordinato di presentarsi alla Nave, Budress aveva portato Maggie al centro di addestramento della squadra Cinofila.
«Devo andare a vedere come sta il mio cane. Non le piace restare lontana da me.»
Stiles sfoderò il suo sorriso verso Carter.
«Sentito, Brad? Che carino. Vedi come li trattano, questi cani?»
Carter terminò il messaggio e porse a Scott il foglio. Era una copia dell’identikit finito.
«Cosa gliene pare? C’è qualcosa che vorrebbe cambiare?»
Scott rimase colpito dal lavoro del ritrattista. Il disegno fatto a mano libera non era una foto, ma era molto somigliante. Il disegno ritraeva un uomo dalla pelle chiara sulla cinquantina, con zigomi alti, naso lungo e capelli castani corti. Il disegnatore aveva colto alla perfezione l’espressione di scherno sulla bocca corrucciata dell’uomo.
«No, signore. Va bene. È l’uomo che ho visto.»
Stiles inarcò le sopracciglia.
«C’è qualcosa che potrebbe essersi dimenticato, prima? Una cicatrice, un tatuaggio? Qualcosa all’orecchio?»
Stiles si sfiorò l’orecchino.
«No, signora.»
Il telefono di Carter ronzò per segnalare l’arrivo di un messaggio. Lui lo lesse rapidamente, poi si voltò verso Scott e si sedette sul bordo del tavolo.
«Quindi possiamo partire con l’identikit?»
«Sì, signore.»
«Individueremo delle foto segnaletiche sulla base della sua descrizione. Dovrà guardarle, ma prima la lasceremo dormire qualche ora, okay?»
«Per me va bene. Posso andare?»
«Ancora un paio di domande e la lasciamo libero.»
Scott lanciò un’altra occhiata all’orologio e si augurò che facessero presto.
«Lei è stato il primo a entrare, giusto?» disse Carter.
Ne avevano parlato diffusamente la notte prima.
«Sì. Io e il sergente Budress.»
«Come ha fatto a entrare?»
«Dalla porta sul retro.»
Stiles fece un altro rapido sorriso.
«Intendeva dire come avete fatto ad aprire la porta.»
«Con un calcio. Era chiusa a chiave.»
Scott si interruppe e si corresse.
«Paulie le ha dato un calcio. Quando si è spalancata, ho mandato dentro Maggie e l’ho seguita, poi è entrato Paulie. Prima entra sempre l’unità cinofila.»
Stiles si appoggiò al tavolo e incrociò le braccia.
«Quindi la porta era chiusa a chiave, intatta, in buone condizioni prima che voi entraste?»
«Sì, signora.»
Scott si chiese se, inavvertitamente, avessero commesso una violazione del regolamento.
«Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato?»
«Oh, no. Certo che no. È tutto a posto.»
Stiles lanciò un’occhiata a Carter, compiaciuta, e lui annuì.
«Di primo acchito si è detto: c’è questo stronzo che cerca di scappare, vuole nascondersi e così fa irruzione in una casa. Solo che Etana non si è introdotto illegalmente. Non aveva una chiave quindi l’ha fatto entrare qualcuno, il che significa che questa persona lo conosceva, e sa cosa sto pensando?»
Stiles sorrise, come se quella fosse la normalità.
«Diccelo, Brad. Cosa stai pensando?»
«Sto pensando che l’uomo nella casa, il suo uomo…»
Carter indicò l’identikit.
«… era in affari con Etana, e magari lo stava aspettando. Ma quando si è reso conto che quel figlio di puttana si era trascinato dietro un esercito di poliziotti, l’ha ucciso.»
Stiles annuì.
«Sì, signore. Sembrerebbe avere senso.»
Carter lanciò un’occhiata a Stiles.
«Controlla gli affiliati alle gang. La Eme, in particolare. Membri dei cartelli, e gente con precedenti per traffico d’armi e munizioni. Roba militare come questa potrebbe essere diretta o essere arrivata dal Messico.»
Carter lo pronunciò “Me-hi-co”.
Scott si ricordò all’improvviso di quanto gli bruciassero gli occhi quando era entrato nella casa, e sentì di nuovo l’odore acre come se gli si fosse attaccato alla pelle.
«Quel posto puzzava di sostanze chimiche. C’erano delle armi chimiche o delle sostanze tossiche che potrebbero nuocere al mio cane?»
Carter e Stiles si scambiarono uno sguardo imbarazzato, e Carter si schiarì la voce.
«Gli artificieri e la Scientifica stanno controllando. Per quanto ne so, era fradicio di candeggina e ammoniaca. Ne abbiamo trovate in gran quantità.»
Scott guardò di nuovo l’orologio, ancor più preoccupato di prima. Budress o uno degli altri conduttori gli avrebbero mandato un messaggio se Maggie avesse mostrato qualche sintomo, ma lui voleva verificare di persona. Posò la tazza con il caffè.
«Abbiamo finito? Devo andare a vedere come sta il mio cane.»
«Ancora un secondo. Voglio essere sicuro di avere capito bene la sequenza temporale.»
Scott era seccato. Erano cose di cui avevano discusso a lungo soltanto qualche ora prima.
«Non so cos’altro potrei dirvi.»
«Prima di vedere Cole, lei era nel cortile con Budress e gli altri?»
«Evanski e Peters» precisò Stiles.
«Esatto.»
Scott guardò di nuovo l’orologio per manifestare il suo fastidio, ma Carter finse di non accorgersene.
«L’uomo in giacca sportiva, il nostro sospettato, era rientrato in casa. Lei ha visto Etana sul divano, il sangue, e ha capito che l’uomo se l’era svignata dalla porta sul davanti. Ed è stato allora che è corso in strada.»
«Sì. Come le ho detto questa notte.»
Stiles incrociò le braccia e lo fissò.
«Ha sentito qualcosa dal davanti, qualcosa che potrebbe averle fatto pensare che l’uomo stava scappando?»
Era una domanda nuova. Scott frugò nella memoria, e scosse la testa.
«No. Mi è venuto in mente e basta. Nessuno sorvegliava il davanti della casa.»
Carter annuì.
«Okay. E così è corso sul davanti e ha visto il signor Cole.»
«Sì. Non potevo non farlo. Era in mezzo alla strada.»
«L’ha visto scendere da un’auto?»
«Non ho visto da dove veniva. Ho guardato e ho visto questo tizio in strada con un poliziotto che lo inseguiva.»
Stiles inarcò di nuovo le sopracciglia.
«Stanotte ha affermato che stava tenendo d’occhio il sospettato.»
«Cole ha urlato. Può essere stato Alvin, ma sono quasi certo che sia stato Cole.»
Carter sporse le labbra in fuori, riflettendo.
«Mmh.»
«E così il signor Cole ha urlato, lei ha guardato e lui stava correndo verso di lei?»
«Non verso di me. Io non ero in strada, ma sì, stava correndo nella mia direzione.»
Il telefono di Carter emise un altro ronzio e lui aggrottò la fronte nel leggere il messaggio. Si voltò per rispondere, e Stiles piegò la testa di lato, curiosa.
«Perché non gli ha aizzato il cane contro?»
Scott sorrise. Liberare un cane della Cinofila era un’azione regolamentata dalle norme espresse nelle Direttive del dipartimento di polizia di Los Angeles, proprio come l’utilizzo delle armi da fuoco.
«Non è così semplice. Alvin era subito dietro di lui.»
«Non contro Cole. Contro il sospettato. Lei era il più vicino. L’ha visto correre giù per la strada.»
«Attraverso la strada e tra le case. Ho richiamato il cane.»
«Appunto. Era troppo lontano?»
Scott si chiese se lei stesse insinuando che c’era stata una mancanza da parte sua, ma decise che le sue domande erano inoffensive.
«Etana era ancora dentro. Altri agenti erano impegnati nell’inseguimento e così ho deciso di raggiungere i miei partner. Meglio che entri prima un cane che un uomo.»
Stiles annuì, apparentemente soddisfatta.
«L’ho vista parlare con il signor Cole. Cosa vi stavate dicendo?»
«Stanotte?»
«In corridoio. Quando l’abbiamo rilasciato.»
Scott era irritato che lei gli chiedesse di Cole, e guardò di nuovo l’orologio.
«Gli ho detto che era stato uno stupido a inseguire un sospettato. Per poco non gli ho sparato.»
Stiles rise.
«Già. E cosa ha risposto il signor Cole?»
«Mi ha ringraziato per non avergli sparato.»
«Tutto lì?»
«Sì, più o meno. È una di quelle persone che si credono spiritose.»
«Uno dei tanti.»
Carter finì di mandare il messaggio e all’improvviso gli tese la mano.
«È tutto per ora, Scott. Grazie per essere rimasto. Vada a dare un biscotto al suo cane.»
«Abbiamo finito?»
«Finché non avremo altre domande.»
Stiles indicò la porta.
«E noi abbiamo sempre altre domande. La chiamerò per le foto segnaletiche.»
Scott si avviò a spasso svelto all’ascensore. Era stanco, affamato e aveva bisogno di dormire, ma la sua preoccupazione per Maggie faceva passare tutto in secondo piano. Mentre scendeva, chiamò Budress per chiedere sue notizie.
«Sta bene. L’ho controllata e l’ha controllata anche Leland. Ti hanno lasciato andare?»
«Sì. Ascolta, i fumi nella casa erano di candeggina e ammoniaca. Per un paio di giorni ancora non sapremo se c’erano sostanze tossiche o agenti chimici.»
«Amico, Maggie sta bene. Rilassati.»
Budress faceva il conduttore nella Cinofila da sedici anni. Aveva una grande esperienza.
«Sicuro?»
«Sì. È tutto a posto. Vieni a vedere con i tuoi occhi.»
Dopo aver parlato con Budress, Scott si sentì meglio. Non pensò più a Stiles e alle sue domande finché arrivò alla sua macchina, e lì cominciò a preoccuparsi.