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Elvis Cole
La mattina seguente il cielo si stava schiarendo quando mi incontrai con Meryl Lawrence sulla sua Lexus. Il parcheggio si trovava all’angolo sudovest tra il Sunset e la Fairfax, nascosto dietro il negozio di una catena di farmacie e un diner famoso per le colazioni. Quando arrivò, Meryl Lawrence parve soddisfatta per la posizione defilata, però quando le raccontai cosa era successo si arrabbiò moltissimo.
«Ma è pazzo? Perché si è immischiato?»
«Sul momento mi è parsa una buona idea.»
«Non lo è. È stata una pessima idea.»
Tirò fuori il telefono dalla borsa. Rughe d’espressione profonde le segnavano il volto.
«È sui giornali? Non può non esserci.»
«Controlli sul sito web del “Times”. Se c’è, lo vedrà.»
Digitò con entrambi i pollici, con movimenti rapidi e frenetici, fissando lo schermo.
«Ha detto che l’ho assunta io? Cos’ha raccontato a proposito di Amy?»
«Niente. Non ho fatto parola né di lei, né di Amy, né della vostra azienda, okay? Si rilassi.»
Lei digitò ancora più veloce, con gli occhi spalancati e il petto che si sollevava e si abbassava visibilmente.
Le sfiorai il braccio.
«Abbiamo molte cose di cui parlare.»
Meryl Lawrence era sui quarantacinque anni, i capelli biondo rossicci e il fisico tonico di una donna che si prende cura di sé. Si passò la lingua sulle labbra continuando a guardare lo schermo, riflettendo, poi finalmente alzò gli occhi.
«Cosa gli ha detto?»
«Lei ne è fuori, ma ho dovuto dire loro di Lerner.»
Mi guardò in un modo strano, come se le parole arrivassero al rallentatore, poi tornò ad abbassare lo sguardo sul telefono.
«Eccolo qui. Oddio.»
«Ho dovuto farlo, Meryl. La polizia interrogherà tutti gli abitanti del quartiere. Scoprirà che avevo chiesto di Thomas Lerner. Meglio che lo venissero a sapere da me.»
Lesse per qualche secondo prima di alzare gli occhi.
«Vorranno che lui confermi la sua storia.»
«Sì. Non si fidano. Non hanno gradito che io fossi là, alla casa. Mi staranno addosso per smontare la mia versione dei fatti.»
Lei tornò a leggere, sfiorandosi il labbro inferiore come se stesse pregando.
«Incredibile. Un omicidio. Dovevano ammazzarlo proprio ieri notte, questo tizio?»
«Lerner non vive più lì da almeno tre anni, per cui potrei riuscire a trovarlo io per primo. Lo cercheranno anche loro, ma non è una priorità. Hanno parecchio da fare.»
All’improvviso Meryl Lawrence abbassò il telefono e mi porse una busta bianca.
«Lasci perdere Lerner. Non sprechi altro tempo con lui. Qui ci sono la chiave e il codice dell’allarme. Probabilmente in casa ci saranno un sacco di indizi sull’amico di Amy.»
Non presi la busta.
«Cosa fa Amy Breslyn nella vostra azienda?»
«Gliel’ho detto, è la nostra vicepresidente incaricata della produzione. Cosa c’entra con tutto questo?»
«Ieri sera ho letto il suo fascicolo. La vostra azienda produce combustibili, acceleranti e sistemi di sviluppo di energia da reazioni chimiche. Cos’è, un altro modo per dire “esplosivi”?»
Aggrottò la fronte come se si stesse arrabbiando e le rughe ricomparvero.
«Tutta la nostra produzione riguarda gli esplosivi. Cosa importa?»
Allungai la mano per leggere sul suo telefono. Il “Times” aveva postato il primo articolo alle 3.20 di quella mattina. Io l’avevo letto alle 4.15. La foto che lo illustrava ritraeva un veicolo della squadra Artificieri fermo davanti alla casa di Lerner. Un aggiornamento postato alle 3.34 descriveva le munizioni rimosse dalla casa.
«Questa è la casa di Lerner. Questa è la squadra Artificieri. Quando la polizia è entrata, ha trovato quattro testate per lanciagranate, una decina di granate da quaranta millimetri ed esplosivi al plastico.»
Osservai Meryl Lawrence mentre fissava la foto.
«Una bella coincidenza, il fatto che voi produciate esplosivi e che nella casa ci fosse tutta questa roba.»
Meryl scosse il capo e abbassò il telefono.
«Non saprei riconoscere un lanciagranate nemmeno se ci fossi seduta sopra, e neppure Amy.»
«Ho letto il fascicolo, Meryl. Il suo curriculum aziendale dà grande importanza alla sua esperienza. Combustibili compositi a doppia o tripla base. Propellenti liquidi, in gel e solidi. Acceleranti plasticizzati. Ho dovuto cercare su Google, per capire cosa fossero.»
«Noi non produciamo armi.»
«Voi producete quello che c’è dentro. Quello che esplode.»
«Non può pensare che Amy abbia qualcosa a che fare con queste assurdità.»
«Lei pensa che Amy abbia rubato all’azienda.»
Fece per dire qualcosa ma poi si bloccò. Le persone lo fanno spesso quando ingaggiano un investigatore privato. Cercano di dire quello che vogliono che io senta, e che non sempre è la verità.
Agitò la mano con cui stringeva il telefono come se tutto quello che dovevo sapere fosse contenuto nell’articolo.
«Non so cosa dire. Io non so niente di lanciagranate o di quest’uomo morto né del perché lei doveva proprio immischiarsi. Le ho dato l’indirizzo del ragazzo perché Amy gli era legata. Se è sparito, la pista è sparita con lui, e comunque non ha più importanza se lei scopre con chi si vede Amy. Prenda la chiave. Scopra chi è questo suo maledetto amico.»
Mi porse di nuovo la busta.
«Io voglio trovarla. Lei ha detto che l’avrebbe trovata.»
Eravamo tornati all’amico, solo che ora lei era più disperata che arrabbiata. Mi chiesi perché fosse disperata. Non presi la busta.
«C’è qualcosa che lei non mi dice.»
«Le ho detto tutto.»
«No. Non ancora.»
«Prenda questa dannata chiave. La trovi. Devo rimediare alla situazione.»
La busta tremava.
«Perché? Che responsabilità ha lei?»
Meryl fece un respiro profondo ed espirò, posandosi la busta in grembo. Fissò il diner dove le persone normali con una vita normale entravano per godersi waffle e omelette. Farfugliò a voce così bassa che la udii a malapena. «Sono stata io a spingerla a farlo.»
«Cosa?»
«L’ho assunta io, sa? Era così timida e riservata che c’è voluto un po’, ma era talmente dolce che non si poteva fare a meno di volerle bene. Una madre single che cresceva suo figlio da sola. Tutta la sua vita ruotava intorno a Jacob.»
«E il padre del ragazzo?»
Meryl Lawrence rispose con un grugnito di derisione.
«L’ha abbandonata prima che Jacob nascesse. Ha distrutto la sua autostima. Un vero pezzo di merda che ha abusato psicologicamente di lei.»
«L’ha detto Amy o lo dice lei?»
Mi lanciò un’occhiataccia, aggrottò la fronte, tornò a voltarsi verso il diner.
«Lo dico io.»
«Okay.»
«Comunque sia, non aveva nessuno, okay? In tutti questi quattordici anni io non credo che sia mai uscita con qualcuno. Non aveva una vita al di fuori del suo lavoro e di quel ragazzo, e, sinceramente, sembrava le andasse bene così. Adorava il suo lavoro. Adorava suo figlio. Poi ha perso Jacob…»
Rimase in silenzio per un po’, quindi si voltò lentamente verso di me.
«Era troppo sola, capisce? È stato doloroso. Le ho detto di provare con uno di quei siti di incontri online. Ho insistito. Le donne come Amy si lasciano…»
Cercò la parola giusta, ma non parve soddisfatta del risultato.
«… persuadere. Io l’ho convinta.»
«Pensa che sia colpa sua.»
«Perché, non è così? L’ho tormentata. Ha cominciato a scambiarsi email con qualcuno. È per questo che so che c’è un uomo. Io ero entusiasta e volevo sapere tutto di lui, ma lei non mi raccontava nulla. Non lo trova strano? Io lo trovo strano. Mi diceva che era interessante. Che le piaceva. E ora eccoci qui.»
«Magari è semplicemente un uomo normale. Magari non c’entra nulla con il fatto che lei è scomparsa o che ha preso il denaro.»
Meryl Lawrence fece un piccolo grugnito disgustato.
«Se riesce a trovarla glielo chiederò.»
Presi la busta.
Mi osservò mentre la mettevo via, ma non parve sollevata o meno scontenta di sé.
«Grazie.»
«Ho promesso.»
Mi rivolse un sorriso mesto.
«Se c’è qualcos’altro che vuole sapere, questo è il momento di chiederlo. Sto pensando di farla finita.»
«Mi lasci prima scendere dall’auto, okay?»
«Ah-ah.»
«Tutta questa ossessione per la segretezza ci sta facendo perdere tempo. Ieri sera mi ha detto che l’ufficio di Amy è off-limits. Se ha scritto delle email a qualcuno, potrebbero essere sul suo computer aziendale.»
«Non ci sono. Ho già guardato.»
«Potrei trovare qualcosa che a lei è sfuggito. Potrei trovare qualcos’altro, nel suo ufficio.»
«No. Non è semplice ostinazione da parte mia. La divisione sicurezza ha libero accesso ai nostri computer e ai nostri telefoni. Le nostre telefonate e l’utilizzo di Internet sono controllati e registrati. È per questo che le ho dato il numero del mio cellulare personale e non del mio ufficio. Non esiste privacy all’interno dell’azienda, e nessuno di noi utilizza il computer dell’ufficio per scopi personali.»
«Se monitorano ogni cosa, come ha fatto a leggere la posta di Amy?»
«Io sono a capo della divisione sicurezza.»
«Ah.»
Lanciò un’occhiata all’orologio.
«Casa sua è un’altra faccenda. Per quanto mi riguarda può anche fare a pezzi le pareti. Io voglio rimediare, ma non so per quanto tempo ancora riuscirò a coprirla.»
Provai pena per lei.
«Meryl.»
«Cosa c’è?»
«Non è colpa sua.»
Si adombrò quasi mi odiasse perché l’avevo detto e avviò il motore.
«Ora ha la chiave, il codice dell’allarme e l’indirizzo. Per favore vada e faccia qualcosa per guadagnarsi l’onorario.»
Scesi dall’auto. Mancavano dodici minuti alle otto. Non erano neppure dodici ore che cercavo Amy Breslyn. Meryl Lawrence si allontanò. Mi allontanai anch’io.
Il tempo passava per entrambi.