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Con ancora addosso il disagio che gli aveva procurato il confronto con Irving, Bosch si portò alla scrivania la seconda metà del fascicolo dell'omicidio e si sedette. Pensò che il miglior modo per dimenticare le minacce che gli aveva rivolto Irving fosse immergersi di nuovo nel caso. Nel dossier rimaneva una pila spessa di rapporti sussidiari e di aggiornamenti, quelle cose che gli investigatori ammassano sempre in fondo al fascicolo, i rapporti che Bosch amava definire "gli acrobati", perché sembravano disparati, ma se venivano osservati dal lato giusto e riordinati in un'unica trama, potevano rivelarsi fondamentali per la soluzione del caso.
Il primo era un referto di laboratorio in cui si affermava che i test non erano in grado di stabilire con esattezza quanto a lungo il frammento di pelle e il sangue fossero rimasti all'interno della pistola. Il rapporto diceva che l'esame di alcune cellule selezionate evidenziava che la decomposizione non era in stato avanzato. L'esperto che aveva redatto il referto non era in grado di dire se il sangue fosse già depositato sull'arma al momento dell'omicidio, nessuno avrebbe potuto dirlo. Ma sarebbe stato disposto a testimoniare che il sangue era rimasto nel caricatore «poco prima o contestualmente al delitto».
Bosch sapeva che questo era un rapporto chiave in prospettiva di un eventuale procedimento ai danni di Roland Mackey. Avrebbe permesso a Mackey di costruire la propria difesa sulla dichiarazione di essere stato in possesso della pistola prima dell'omicidio, ma non al momento del delitto. Sarebbe stata una mossa rischiosa quella di ammettere di essere stato in possesso dell'arma del delitto, ma la prova del DNA rendeva quell'opzione obbligatoria. Con la scienza incapace di individuare con esattezza quando il sangue e il tessuto si erano depositati sull'arma, Bosch vedeva un buco sempre più largo nel procedimento. La difesa avrebbe potuto approfittarne con facilità. Ancora una volta sentiva scivolare via le sicurezze che il cold hit sembrava offrire. La scienza dà e toglie allo stesso tempo. Avevano bisogno di molto di più.
Il documento successivo era un rapporto dell'Unità Armi da Fuoco, alla quale era stato assegnato il compito di rintracciare il proprietario dell'arma. Il numero di serie sulla Colt era stato limato, ma il laboratorio lo aveva recuperato con l'applicazione di un acido che accentuava le asperità sul metallo nel punto in cui i numeri erano stati impressi durante la fabbricazione. Il numero riconduceva a un'arma acquistata presso il fabbricante nel 1987 da un negozio di armi di Northridge. Era stata poi rivenduta quell'anno stesso a un uomo che viveva sulla Winnetka Avenue a Chatsworth. Il proprietario aveva denunciato il furto della pistola quando la sua casa era stata svaligiata, il 2 giugno del 1988: solo un mese prima che fosse utilizzata per l'omicidio di Rebecca Verloren.
Questo rapporto avrebbe aiutato il caso perché, a meno che Mackey non avesse legami con il proprietario originale dell'arma, la data del furto riduceva il periodo durante il quale poteva essere stato in possesso della pistola. Rendeva più plausibile che l'arma fosse in mano sua la notte in cui Becky Verloren era stata portata via da casa e uccisa.
La denuncia del furto era contenuta nel fascicolo. La vittima si chiamava Sam Weiss. Viveva da solo e lavorava come tecnico del suono per la Warner Bros, a Burbank. Bosch analizzò il rapporto e trovò solo un'altra nota degna di interesse. Nella sezione dedicata ai commenti degli agenti investigativi si affermava che la vittima del furto aveva comprato l'arma di recente per proteggersi in seguito ad alcune telefonate minatorie nelle quali l'interlocutore lo minacciava perché ebreo. La vittima aveva riferito che non sapeva come il suo numero, che non compariva sull'elenco telefonico, fosse finito nelle mani del molestatore e non sapeva cosa avesse causato tali minacce.
Bosch lesse rapidamente il rapporto dell'Unità Armi da Fuoco, nel quale era stato individuato il modello dell'arma stordente utilizzata per il rapimento. Il rapporto diceva che la distanza di 57 millimetri tra i due punti di contatto - evidenziata dai segni di bruciatura sulla pelle della vittima - era una caratteristica inequivocabile del modello Professional 100 prodotto da una società di Downey, la SafetyCharge. Il modello era venduto al banco o per corrispondenza e all'epoca dell'omicidio erano stati distribuiti più di dodicimila pezzi del Professional 100. Bosch sapeva che senza avere il congegno in mano era impossibile collegare i segni sul corpo di Becky Verloren con una pista che conducesse al proprietario. Quello era un vicolo cieco.
Andò avanti, sfogliò una serie di fotografie 12X15 scattate a casa dei Verloren dopo che era stato rinvenuto il cadavere. Bosch era consapevole che quel genere di foto serviva a pararsi il culo. Il caso era stato trattato - o maltrattato - come la normale fuga di una ragazzina. Il dipartimento aveva cominciato a occuparsene a pieno regime solo dopo che il cadavere era stato rinvenuto e che l'autopsia aveva stabilito che si trattava di omicidio. Cinque giorni dopo che era stata denunciata la scomparsa della ragazza, la polizia era tornata indietro e aveva trasformato la casa nella scena del crimine. La domanda era: cos'era andato perso in quei cinque giorni?
Le foto comprendevano scatti interni ed esterni di tutte e tre le porte d'accesso all'abitazione - davanti, retro, garage - e diversi primi piani dei serramenti delle finestre. C'erano anche numerosi scatti realizzati nella camera da letto di Becky Verloren. La prima cosa che Bosch notò fu che il letto era stato rifatto. Si domandò se fosse stato il rapitore a sistemarlo, per avvalorare la tesi del suicidio; oppure la madre di Becky aveva semplicemente rifatto il letto in uno dei giorni in cui sperava ancora e aspettava che la figlia tornasse a casa.
Era un letto a baldacchino con il copriletto bianco e rosa su cui erano disegnati dei gatti. Il copriletto, con le balze coordinate, ricordò a Bosch quello che aveva scelto per la cameretta della figlia. Gli sembrava adatto a una ragazzina molto più giovane di sedici anni e si domandò se Becky Verloren lo avesse tenuto per nostalgia o come una sorta di coperta di Linus. Le balze non arrivavano a terra in maniera uniforme. Erano troppo lunghe di almeno cinque centimetri, si ammonticchiavano sul pavimento e da una parte sporgevano in fuori, dall'altra sparivano sotto il letto.
C'erano foto della scrivania e del comodino. La stanza era ornata con animaletti di peluche che provenivano dagli anni dell'infanzia. Alle pareti c'erano poster di gruppi musicali che erano durati poco. C'era la locandina di un film di John Travolta vecchio di tre "resurrezioni". La stanza era molto pulita e ordinata, e ancora una volta Bosch si domandò se quello fosse lo stato in cui si trovava la mattina in cui Rebecca Verloren era scomparsa o se sua madre l'avesse rassettata mentre aspettava il ritorno della figlia.
Bosch sapeva che le foto avrebbero dovuto essere il primo passaggio del processo investigativo. Non si vedeva da nessuna parte né la polvere per rilevare le impronte digitali né alcuna traccia dello scompiglio che avrebbe lasciato l'intervento della Scientifica.
Nel fascicolo le foto erano seguite da una pila di appunti sugli interrogatori a cui i poliziotti avevano sottoposto numerosi studenti della Hillside Prep. Una lista all'inizio del mucchio indicava che tutti i compagni di classe di Becky Verloren erano stati ascoltati, oltre a tutti i ragazzi che frequentavano gli ultimi anni della scuola. C'erano anche i resoconti degli interrogatori a diversi insegnanti della vittima e al personale di segreteria della scuola.
Nella stessa sezione si trovava il resoconto di un colloquio telefonico con un ex ragazzo di Becky Verloren, che si era trasferito alle Hawaii con la famiglia l'anno prima dell'omicidio. Allegato al resoconto c'era la ratifica dell'alibi del ragazzo, nella quale si affermava che un superiore aveva confermato che il ragazzo aveva lavorato all'autolavaggio e nel negozio di accessori di un autonoleggio a Maui nei giorni immediatamente successivi al delitto, il che rendeva improbabile che potesse essere andato a Los Angeles per uccidere la ragazza.
C'era un dossier separato con i resoconti degli interrogatori ai dipendenti dell'Island House Grill, il ristorante di cui Robert Verloren era proprietario. La figlia aveva appena iniziato un lavoro estivo part-time al ristorante. Era aiutocameriera all'ora di pranzo. La sua mansione era quella di accompagnare gli ospiti al tavolo e portar loro i menu. Bosch sapeva che i ristoranti hanno sovente l'abitudine di assoldare derelitti per lavorare nelle cucine, ma Robert Verloren aveva evitato di assumere uomini con precedenti penali, preferendo attingere alla popolazione di surfisti e altri spiriti liberi che fioccavano sulle spiagge di Malibu. Questa gente doveva aver avuto contatti limitati con Rebecca, che lavorava nel salone, ma erano stati comunque tutti interrogati e a quanto pareva scartati dagli investigatori.
C'era anche una cronologia degli ultimi giorni della vittima nella quale gli investigatori tratteggiavano gli spostamenti di Rebecca Verloren nelle ore che avevano portato all'omicidio. Nel 1988 il 4 luglio cadeva di lunedì. Rebecca aveva trascorso gran parte del giorno di festa a casa, era solo andata a dormire con altre tre amiche a casa di una di loro la domenica sera. I resoconti degli interrogatori alle tre ragazze, allegati all'incartamento, erano molto estesi ma non contenevano alcuna informazione di rilievo.
Il lunedì, il giorno della festa, era rimasta a casa finché non era andata con i genitori al Balboa Park per guardare uno spettacolo di fuochi d'artificio. Robert Verloren aveva di rado la sera libera e aveva insistito perché la famiglia la trascorresse insieme. Dagli interrogatori risultava che Becky fosse molto dispiaciuta perché si era persa una festa nella zona di Porter Ranch.
Il martedì era ripresa la routine estiva, Rebecca si era recata al ristorante con il padre per il turno di mezzogiorno. Alle tre il padre l'aveva accompagnata a casa in auto. Era rimasto anche lui a casa per tutto il pomeriggio, quindi era tornato al ristorante per il turno serale, all'incirca alla stessa ora in cui Rebecca era uscita con l'auto della madre per andare in tintoria.
Bosch non vide nella cronologia niente che destasse in lui alcun sospetto, nulla che fosse sfuggito agli investigatori di allora.
Giunse quindi alla trascrizione di un interrogatorio formale con i genitori. Era stato effettuato alla Divisione Devonshire il 14 luglio, più di una settimana dopo la denuncia della scomparsa della ragazza. A quel punto gli investigatori avevano accumulato molte informazioni sul caso e avevano posto domande circostanziate. Bosch lesse con attenzione la trascrizione, non solo per le risposte, ma anche per farsi un'idea del punto di vista degli investigatori a quel punto delle indagini.
Caso numero 88-641
Verloren Rebecca (data del decesso: 06.07.88)
Responsabile dell'interrogatorio. A. Garcia: #993
14.07.88 - 14.15, Dipartimento Omicidi, Devonshire.
Garcia: Grazie di essere venuti. Spero che non vi dispiaccia, ma registreremo la nostra conversazione per redigere un verbale. Come state?
Robert Verloren: Come può immaginare. Siamo distrutti. Non sappiamo cosa fare.
Muriel Verloren: Continuiamo a pensare: cosa potevamo fare per evitare che capitasse una cosa del genere alla nostra bambina?
Green: Ci dispiace davvero molto, signora. Ma voi non avete alcuna colpa per quello che è accaduto. Per quanto ne sappiamo, non ha niente a che vedere con qualcosa che avreste potuto fare o non fare Non biasimate voi stessi. Biasimate la persona che ha fatto questo.
GARCIA: E lo prenderemo. Non dovete temere. Ora, ci sono alcune domande che dobbiamo farvi. Alcune potranno risultare dolorose ma ci servono le risposte se vogliamo arrivare a questo tizio.
Robert Verloren: Continuate a dire "tizio". Ci sono sospetti? Sapete che è stato un uomo?
Garcia: Non sappiamo nulla con sicurezza, signore. È una questione statistica. Ma la collina dietro casa vostra è molto ripida. Becky e stata senza dubbio trasportata sul pendio. Non era una ragazza robusta, ma siamo certi che deve essere stato un uomo.
Muriel Verloren: Ma avete detto che non è stata... che non ci sono tracce di violenza sessuale.
Garcia: È vero, signora. Ma questo non preclude l'ipotesi che il movente del delitto sia di carattere sessuale.
Robert Verloren: Cosa volete dire?
Garcia: Ci arriveremo, Signore. Se non vi dispiace, lasciateci porre le nostre domande, poi arriveremo alle vostre se lo desiderate.
Robert Verloren: Andate avanti, prego. Mi dispiace. È solo che non riusciamo a capire cosa sia accaduto. È come se fossimo sempre sott'acqua.
Garcia: È del tutto comprensibile. Come ho detto, avete la nostra totale comprensione. E anche quella di tutto il dipartimento. Stiamo impiegando al meglio tutti i mezzi a nostra disposizione per studiare il caso con grande cura.
Green: Per cominciare, vorremmo fare un passo indietro a prima della scomparsa. Magari a un mese prima. Vostra figlia era mai andata via durante quel periodo?
Robert Verloren: Cosa intende con "via"?
Garcia: Era stata fuori per qualche giorno?
Robert Verloren: No. Aveva sedici anni. Andava a scuola. Non andava via per conto proprio.
Green: Era andata qualche volta a dormire dalle amiche?
Muriel Verloren: No, non penso.
Robert Verloren: Dove volete arrivare?
Green: Si è mai sentita male nel mese prima della sua scomparsa?
Muriel Verloren: Sì, ha avuto l'influenza la prima settimana dopo la fine della scuola. Per questo rimandò l'inizio del lavoro da Bob.
Green: Rimase a letto melata?
Muriel Verloren: Per la maggior parte del tempo. Non capisco cosa c'entri questo...
Garcia: Signora Verloren, sua figlia si fece visitare da qualche dottore in quel periodo?
Muriel Verloren: No, diceva di avere solo bisogno di riposo. A dire la verità, noi pensammo che semplicemente non avesse voglia di andare a lavorare al ristorante. Non aveva né la febbre né il raffreddore. Pensavamo che fosse pigra.
Green: Allora non vi confidò di essere incinta?
Robert Verloren: Senta, detective, cosa ci sta dicendo?
Green: L'autopsia ha rivelato che Becky aveva subito un procedimento denominato dilatazione e raschiamento all'incirca un mese prima della sua morte. Un aborto. La nostra idea è che nel periodo in cui vi disse di avere l'influenza si stesse riposando e ristabilendo dall'operazione.
Garcia: Desiderate fare una pausa?
Green: Perché non facciamo una pausa? Usciamo e ci prendiamo tutti un po' d'acqua.
(Pausa)
Garcia: Okay, eccoci di nuovo qui. Spero che possiate capirci e perdonarci. Non abbiamo fatto la domanda o tentato di scioccarvi per ferirvi. Abbiamo bisogno di seguire un metodo che ci permetta di ottenere informazioni non influenzate da percezioni preconcette.
Robert Verloren: Comprendiamo quello che state facendo. Ormai fa parte della nostra vita. Di quello che ne rimane.
Muriel Verloren: State dicendo che nostra figlia era incinta e ha scelto di abortire?
Garcia: Sì, è così. E pensiamo che possa esistere un legame con quello che le è successo un mese dopo. Avete un'idea di dove possa essere andata per l'operazione?
Muriel Verloren: No, non sapevo nulla. Nessuno di noi sapeva nulla.
Green: E come già avete detto, non è mai rimasta fuori per la notte in quel periodo?
Muriel Verloren: No, è rimasta a casa tutte le sere.
Garcia: Con chi poteva avere la relazione? Avete un'idea? Nelle precedenti chiacchierate avete detto che all'epoca non aveva un fidanzato.
Muriel Verloren: Be', è evidente che ci sbagliavamo in proposito. Però no, non abbiamo idea di chi vedesse o chi possa aver... fatto questo.
Green: Qualcuno di voi due ha mai letto il diario che teneva vostra figlia?
Robert Verloren: No, finché voi non lo avete trovato nella sua stanza non sapevamo neppure che tenesse un diario.
Muriel Verloren: Mi piacerebbe riaverlo. Posso?
Green: Abbiamo bisogno di tenerlo per tutto il periodo delle indagini, ma alla fine ve lo restituiremo.
Garcia: Sul diario compare molto spesso un individuo denominato mtl. È una persona che vorremmo identificare e interrogare.
Muriel Verloren: Così su due piedi, non conosco nessuno con quelle iniziali.
Green: Abbiamo consultato l'annuario scolastico. C'è un ragazzo che si chiama Michael Lewis. Ma abbiamo controllato, il suo secondo nome è Charles. Pensiamo che le iniziali fossero un codice, un acronimo. My True Love. Il mio vero amore.
Muriel Verloren: Allora è evidente che ci fosse qualcuno di cui non sapevamo niente, che Becky ci teneva nascosto.
Robert Verloren: Non ci posso credere. Voi due ci state dicendo che non conoscevamo affatto la nostra bambina.
Garcia: Mi dispiace, Bob. Certe volte le ferite provocate da casi come questo vanno molto a fondo. Ma è nostro dovere seguire le indagini fino a dove ci conducono. Questo è il punto a cui siamo arrivati adesso.
Green: In poche parole, dobbiamo approfondire questo aspetto dell'indagine e scoprire chi è mtl. Il che significa che dobbiamo fare domande sugli amici e i conoscenti di vostra figlia. Temo che possa spargersi la voce della gravidanza.
Robert Verloren: Ne siamo consapevoli, detective. Affronteremo anche questo. Come abbiamo detto il giorno in cui ci siamo incontrati, fate ciò che dovete. Trovate la persona che ha fatto questo.
Garcia: Grazie, signore. Lo faremo.
(Fine dell'interrogatorio: 14.40)
Bosch lesse la trascrizione una seconda volta, questa volta prendendo appunti sul taccuino. Passò quindi alle altre tre trascrizioni formali di interrogatori. Erano state effettuate con le tre amiche più intime di Becky Verloren: Tara Wood, Bailey Koster e Grace Tanaka. Ma nessuna delle ragazze - ragazze a quel tempo - aveva detto di essere a conoscenza della gravidanza di Becky o della relazione segreta che l'aveva provocata. Dicevano tutte e tre di non averla vista durante la settimana dopo la fine della scuola, perché lei non rispondeva alle telefonate, e quando avevano chiamato il numero della famiglia Muriel Verloren aveva detto loro che la figlia era malata. Tara Wood, che si spartiva con Becky i turni come aiutocameriera all'Island House Grill, aggiungeva che l'amica era intrattabile e riservata nelle settimane precedenti l'omicidio, e aveva sempre respinto i tentativi della Wood di scoprire cosa non andasse.
L'ultima parte del fascicolo era la rassegna stampa. Lì, Garcia e Green avevano raccolto gli articoli di giornale che si erano accumulati nella prima fase delle indagini. Il crimine aveva maggior rilievo sul Daily News che sul Times. Era comprensibile, perché il News circolava principalmente nella San Fernando Valley, mentre il Times di norma trattava la Valley come un figliastro indesiderato, relegando le notizie che provenivano da quelle zone nelle pagine interne.
Non c'era alcuna copertura della scomparsa iniziale di Becky Verloren. Era evidente che i giornali avevano dato la stessa interpretazione della polizia. Ma dopo che era stato trovato il cadavere, ci furono numerosi articoli sulle indagini, sul funerale e sull'impatto che il decesso della ragazza aveva avuto sulla scuola. C'era persino un articolo molto ispirato che riguardava l'Island House Grill. Si trattava di un reportage del Times che, a quanto pare, era stato un tentativo di dare peso al caso per i lettori del Westside. Un ristorante a Malibu era un posto al quale gli abitanti del Westside potevano sentirsi legati.
Entrambe le testate collegavano l'arma del delitto a un furto avvenuto un mese prima dell'omicidio, ma nessuna delle due riportava l'aspetto antisemita. Nessun articolo riferiva neppure delle tracce di sangue rinvenute sulla pistola. Bosch immaginò che il ritrovamento del sangue e della pelle fosse l'asso nella manica degli investigatori, la prova che si tenevano stretta per utilizzarla nel momento in cui avrebbero identificato un sospetto di rilievo.
Alla fine, Bosch notò che i media non avevano intervistato i genitori in lutto. I Verloren a quanto pareva avevano scelto di non mettere in piazza il proprio dolore. Bosch li apprezzava per questo. Aveva l'impressione che la stampa e la televisione spingessero sempre di più le vittime di tragedie a portare in pubblico il cordoglio, davanti alla telecamera e sulle pagine dei giornali. I genitori di figli assassinati diventavano opinionisti che comparivano sull'etere come esperti quando un altro ragazzino veniva ucciso e un'altra coppia di genitori lo piangeva. Tutto questo non andava a genio a Bosch. A lui pareva che il modo migliore per onorare la memoria dei defunti fosse tenersi il loro ricordo stretto al cuore, non condividerlo con il mondo al di là dello schermo.
In fondo al fascicolo c'era una tasca che conteneva una busta commerciale con l'indirizzo e il logo a forma di aquila del Times in un angolo. Bosch tirò fuori la busta, l'aprì e ne estrasse una serie di foto a colori 12X15 scattate al funerale di Rebecca Verloren, una settimana dopo l'omicidio. A quanto pareva c'era stato un accordo: le foto in cambio della possibilità di partecipare alla cerimonia. Bosch si ricordava di aver stretto intese simili in passato, quando la tempistica o il budget limitato gli impedivano di mandare un fotografo della polizia alle esequie. Allora prometteva al reporter che seguiva la storia di concedergli un'esclusiva se il fotografo del giornale avesse accettato di scattare una serie di foto a tutti i partecipanti al servizio funebre. Non si sa mai quando il killer decide di presentarsi per godersi l'angoscia e il dolore che ha provocato. I reporter accettavano sempre il patto. Los Angeles era uno dei mercati più competitivi del mondo per i media e i reporter vivevano e morivano in base ai varchi che riuscivano ad aprirsi.
Bosch studiò le foto, ma era intralciato nella ricerca dal fatto di non sapere che aspetto avesse Roland Mackey nel 1988. Le foto che Kiz Rider aveva trovato tramite il computer risalivano all'ultimo arresto. Mostravano un uomo dalla calvizie incipiente, con la barbetta e gli occhi scuri. Sarebbe stato difficile rintracciare quel viso in mezzo ai volti dei teenager lì riuniti per seppellire una di loro.
Per un momento osservò i genitori di Becky Verloren in una delle immagini. Erano in piedi accanto alla tomba, appoggiati l'uno all'altra come se si sostenessero a vicenda per non cadere. Le lacrime rigavano i loro volti. Robert Verloren era nero e Muriel bianca. Bosch ora sapeva dove Becky aveva preso quella bellezza acerba. I figli di sangue misto sono spesso dotati di una grazia particolare, che travalica le difficoltà sociali che la mescolanza di razze talvolta comporta.
Bosch posò le foto e rifletté un istante. Nel fascicolo non compariva da nessuna parte l'ipotesi che i problemi razziali avessero giocato un qualche ruolo nell'omicidio. Ma il fatto che l'arma del delitto provenisse dal furto in casa di un uomo che era stato minacciato per motivi religiosi pareva dare corpo alla possibilità che ci fosse quantomeno un esile legame con l'omicidio di una ragazza di sangue misto.
Il fatto che questo non fosse menzionato nel fascicolo non significava nulla. Gli aspetti razziali erano sempre tenuti nascosti al Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Mettere per iscritto certe considerazioni voleva dire renderle note a tutto il dipartimento, poiché i rapporti investigativi venivano consultati lungo tutto l'iter delle indagini. Avrebbero potuto verificarsi fughe di notizie che avrebbero trasformato il caso in qualcos'altro, in un fatto politico. Perciò l'assenza di riferimenti razziali per Bosch non rappresentava una manchevolezza delle indagini. Non per ora, almeno.
Dovevano esserci più di trecento pagine di documenti e fotografie nel fascicolo, e da nessuna parte aveva scorto il nome di Roland Mackey.
Possibile che non fosse rientrato neppure in via marginale nelle indagini? In tal caso, era davvero plausibile che fosse lui l'assassino?
La domanda infastidiva Bosch. Cercava sempre di prestare fede al fascicolo di un delitto, il che significava che secondo lui le risposte si trovavano sempre all'interno di quelle copertine di plastica. Ma questa volta faceva fatica a seguire la strada indicata dal cold hit. Non che non credesse alla scienza. Non dubitava che il sangue di Mackey corrispondesse a quello trovato all'interno dell'arma del delitto. Ma credeva che ci fosse qualcosa di sbagliato. Che mancasse qualche elemento.
Abbassò lo sguardo sul taccuino. Aveva preso pochi appunti: solo una lista di persone con cui desiderava parlare.
- Green e Garcia
- madre/padre
- compagni di scuola/insegnanti
- ex ragazzo
- agente responsabile della libertà vigilata
- Mackey - scuola?
Sapeva che tutti gli appunti che aveva preso erano banali. Si rese conto di quanti pochi elementi disponessero a parte il confronto del DNA. Ancora una volta era a disagio nel dover ricostruire un caso senza nient'altro in mano.
Bosch guardava i suoi appunti quando Kiz Rider entrò nell'ufficio. Era a mani vuote, non sorrideva.
«Allora?» domandò Bosch.
«Cattive notizie. L'arma del delitto è andata. Non so se hai letto tutto il fascicolo, ma si parla di un diario. La ragazza teneva un diario. È andato anche quello. È andato tutto.»