30
Ci voleva molto tempo per prepararsi alla morte.
Millie aprì con un sospiro il costume e consentì a due servi di scena di fissarle sul corsetto matasse con sacchettini pieni di un tiepido sciroppo rosso scuro. Giurò che il successivo personaggio che avrebbe interpretato sarebbe vissuto fino alla fine della rappresentazione.
Mentre abbottonava il corpino, chinò la testa per farsi controllare l’acconciatura, poi sporse le labbra per un ritocco al rossetto. Cielo, faceva più caldo del solito. Si picchiettò la fronte con un fazzoletto.
— Per chi reciterete stasera? — le chiese Jane Grenn assumendo una posa truce. Quindi prese ad agitare il coltello che avrebbe usato per pugnalarla a morte nell’atto finale.
Millie riuscì solo a fare un mezzo sorriso. — Stasera non sceglierò nessuno. — Aveva già la persona alla quale dedicare le proprie battute: un uomo con gli occhi color ghiaccio e il cuore freddo. Ogni volta che doveva far sgorgare rabbia e lacrime, o divampare la tentazione, evocava il viso di Christopher.
— Strano — osservò Jane. — C’entra per caso il nostro delizioso regista?
Millie fece una smorfia. — Prima me la spassavo con Rynd e adesso con Bancroft? Accidenti, che progressi.
— Bene, allora se non vi interessa, posso provarci io?
— Non ho mire su Thomas Bancroft.
Né su nessun altro, del resto.
Dopo un mese e una settimana, si poteva pensare che il dolore per la perdita di Christopher si fosse un po’ attenuato, che lei non riempisse i giorni con il lavoro fingendo in questo modo di riuscire a tenere lontane le lacrime. Jakub l’aiutava ad andare avanti, ma era sempre più difficile nascondere la tristezza a un bambino tanto perspicace.
— Millie, tocca a voi. — Jane quasi dovette spingerla sul palcoscenico.
Lei recitò con la consueta naturalezza. Per il pubblico rapito era solo una donna in balia dei capricci del destino, che rifiutava di accettare la propria umile posizione, conquistava il cuore di un uomo già impegnato e si perdeva per lui. Gli spettatori l’adoravano, al punto da perdonarle di averlo trascinato nel peccato.
Era così che riusciva a strappare le lacrime. Così si vendevano i biglietti e si otteneva l’affetto del pubblico.
— Perché ve ne siete andato? — declamò nella sua solitaria infelicità, dopo essere stata abbandonata dall’insensibile amante fittizio.
“Christopher, perché te ne sei andato?”
— Perché il vostro cuore era impossibile da domare, o perché io non ne ero degna?
Jane, nel ruolo della moglie abbandonata, la vera vittima, tra poco sarebbe apparsa con il coltello e…
“Un momento, cosa ci fa lady Thurston dietro le quinte? E cos’ha in mano?”
La contessa uscì sul palcoscenico creando sconcerto fra gli spettatori. Alcuni parvero deliziati, ma gli aristocratici che conoscevano lady Thurston rimasero sconvolti. Una signora del ton attrice?
Nel retropalco non c’era quasi più nessuno degli attori o del personale.
La pistola lucente di lady Thurston, puntata contro Millie, rifletteva le luci di scena.
— Ti sei divertita, puttana? — chiese avanzando, con gli occhi luccicanti di cattiveria e follia. — Mio marito ti ha corteggiata? Sedotta? Oppure ti ha comprato come si fa con le puttane?
Il pubblico, inchiodato alla sedia, trasalì per tanta volgarità.
— Non so di che cosa state parlando. — Millie si bloccò, sbigottita. Perché nessuno faceva niente? Non vedevano che era in pericolo, che lady Thurston era completamente pazza?
— Mio marito rispettava le tradizioni: una moglie per la progenie e un’amante per l’amore. Tu pensavi di essere speciale? Credevi che lui non ne avesse cento come te? Che anche da loro non avesse avuto bastardi?
Millie cercò di darsi un contegno. — Non è come credete. Vostro marito era innamorato della mia…
— Silenzio! Non voglio sentire scuse dalla bocca di una puttana. Questa è la tua fine. — La contessa sollevò la pistola.
Millie sentì il sapore della disperazione. I suoi occhi cercarono frenetici nel buio del retropalco qualcuno, chiunque, in grado di accorrere in suo aiuto. Non individuando nessuno, si voltò verso il pubblico. Vedeva solo gli spettatori più vicini, e si rese conto con sconforto che pensavano facesse tutto parte della finzione.
Cielo, stava veramente per morire davanti a centinaia di spettatori? Che avrebbero anche applaudito mentre lei si dissanguava sul palcoscenico?
Tutto, adesso, le parve meschino e finto. La fama. Il denaro. All’improvviso le sembrò che tutto il dolore e la tristezza del mondo le cadessero addosso. Si chiese se la morte fosse meno penosa. Uno strazio profondo la travolse al pensiero di Jakub.
Avrebbe perduto due madri a un’età così giovane.
— Non fatelo — sussurrò. — Ho un bambino. — Nel momento in cui pronunciò quelle parole, si rese conto dell’errore commesso.
— Dovete esservi sentita molto compiaciuta, nel foyer, quando avete presentato a mio marito il figlio che pensava di aver perduto. — Lady Thurston le andò più vicino, il bianco degli occhi denudato dalla pazzia. — Io facevo quello che doveva fare ogni moglie: fingevo di non vedere le infedeltà che lui non aveva neppure la decenza di nascondermi. Conoscevo i nomi di tutte le sue puttane.
Mentre lei avanzava, Millie indietreggiava scuotendo la testa. — Vi sbagliate, io non sono mai…
— Ho detto silenzio! — Katherine Fenwick agitò la pistola.
Millie strinse le labbra: la paura le stava provocando un senso di nausea.
— Voleva divorziare da me quando nacque il tuo prezioso marmocchio. — La voce di lady Thurston sembrava adesso quella di un bambino piccolo, o di una persona commossa. — Voleva farmi cadere in disgrazia e costringere una contessa a vivere come una qualsiasi londinese del ceto medio con un reddito da fame, mentre lui legittimava il suo bastardo polacco. Diceva che era innamorato di un’attrice immigrata che gli aveva dato un figlio maschio, e l’avrebbe sposata per ritirarsi in campagna! — Si voltò verso il pubblico, la canna della pistola sempre puntata al cuore di Millie. — Capite?
Nessuno rispose, ma un brusio cominciò a serpeggiare nel teatro. Cosa stava succedendo? Faceva veramente parte del copione?
— E adesso salta fuori che io allora ordinai la morte dell’attrice polacca sbagliata. Ero convinta di essermi liberata di tutte le puttane di mio marito e di aver raccolto i loro bastardi. — Tirò indietro il cane della pistola, il respiro accelerato dall’eccitazione. — Con questa sera avrò completato l’opera. Avevo intenzione di scegliere uno di questi bambini per fargli dire che era mio figlio, ma in fin dei conti preferisco che la linea di successione di mio marito si esaurisca. Che il suo titolo non sia portato da un bastardo.
— Foste voi a… ordinare la morte di Agnes? — La rabbia esplose nelle vene di Millie e le sgombrò la gola da paura e lacrime. La rabbia era una sensazione positiva, le ricordava di essere ancora viva, le infondeva forza e coraggio. Agnes, la sua cara e dolce amica, avrebbe avuto giustizia, e al bambino che entrambe amavano più della vita sarebbero almeno rimasti i diritti di nascita.
— Ho la prova che vostro marito voleva Jakub come erede. È scritto qui. — Estrasse dal corpino la lettera di Thurston e la sventolò davanti a mille testimoni. — Lui ha riconosciuto ufficialmente Jakub. Quel che è fatto è fatto: nel momento in cui vostro marito è morto, mio figlio è diventato conte.
Katherine Fenwick emise un urlo, ma nessuno lo udì sopra il colpo di pistola. Dalla canna uscì uno sbuffo di fumo bianco e parecchie donne gridarono sconvolte. Poi calò un silenzio sinistro.
Millie sospirò di sollievo quando si spalancò la porta in fondo alla sala. Un uomo si era lanciato all’interno e stava attraversando il teatro su lunghe gambe poderose. Era seguito da alcune maschere e da una persona in abito scuro con i capelli color ebano. Gli spettatori si alzarono in piedi, ma Millie vedeva solo lui.
— Christopher? — Nel sussurrare quel nome, la rabbia svanì. La sua gola si riempì di lacrime e il cuore traditore fece un salto di gioia.
Le labbra di Christopher composero parole che Millie non poterono udire. Gli occhi, quei bellissimi occhi azzurri, si fermarono su di lei tuttavia non si sollevarono oltre il busto.
“Guardami. Guardami negli occhi.”
Christopher non la guardò. Le sue labbra si tesero invece in un ghigno cattivo, mentre la mano s’infilava nella giacca per estrarre la pistola.
Tirò il grilletto e Katherine Fenwick cadde a terra vicino a lei.
Solo in quel momento Millie avvertì un dolore al fianco, poi un bruciore. La mano corse rapida alla vita e venne via appiccicosa, provocandole un verso di stupore.
“Dio, ti ringrazio.”
— Non è mio — sussurrò sollevando verso di lui la mano sporca di rosso. — Il sangue è finto.
— Millie! No! — Il grido di Christopher esplose sopra tutti gli altri.
— Non è mio. — Lei avanzò con passo instabile. Aveva bisogno di dirglielo, ma aveva il viso rigido, la lingua spessa e pesante. Tastò i sacchettini sotto il vestito. Erano stati bucati, tutto qui. Il tiepido liquido appiccicoso non era altro che miele colorato.
Però, com’era possibile? Jane non era mai uscita dalle quinte con il coltello.
Christopher superò con un salto la buca dell’orchestra e raggiunse il palcoscenico.
Millie vacillò e fu cinta dalle sue braccia. Quelle braccia erano proprio come lei le ricordava: salde, forti. Quando si abbandonò contro di lui lo sentì solido come un muro di mattoni. Christopher l’adagiò sul pavimento e gridò che qualcuno chiamasse un dottore.
Lei non lo aveva mai visto così: il volto, freddo e brutale, adesso era una maschera di terrore e sofferenza.
— Voi non avete paura di niente.
— Sì, invece — ansimò Christopher. — Ho paura di perdervi.
Con il viso inondato di lacrime, Millie allungò una mano fredda e bianca. — Però mi avete allontanato da voi.
— No. — Christopher scosse la testa e la strinse con una disperazione di cui lei non lo avrebbe ritenuto capace. — Pensavo di poterlo fare, ma sbagliavo. Non potete lasciarmi, Millie. Perché io non vi lascerò mai andare.
La mano di Millie si afflosciò per scivolare sul pavimento in una pozza di liquido tiepido e appiccicoso.