18

Millie sentì un panno bagnato detergerle le cosce nude, e poi la gonna che le veniva abbassata. “Be’” pensò “tutto sommato non è andata tanto male.” Un bruciore, un senso di lacerazione, ma era stato più penoso strappare via barba e baffi finti quando avevano esagerato con l’adesivo.

La parte più dolorosa era finita in fretta. Per qualche ragione era sempre stata convinta che l’atto in sé durasse parecchio, e, a dire il vero, provava un fastidioso senso d’insoddisfazione.

Baciare Argent le aveva fatto fiorire tra le gambe una forte tensione, una dolce urgenza umida e pulsante che non si era ancora spenta. Quella sua smania le aveva provocato una forte reazione, del tutto inattesa.

Da quanto appreso dai mormorii di altre attrici e da alcune scene osé a teatro, si aspettava che l’amplesso culminasse in una qualche… estasi. Un crescendo ritmico con una grande esplosione alla fine. Aveva anche sentito che, per una donna, portare in fretta un uomo alla conclusione era motivo di orgoglio, in quanto attestava le sue capacità amatorie.

Millie decise dunque di inorgoglirsi. Aveva rispettato la propria parte dell’accordo, e suggellato il contratto con il suo corpo. Niente di che, in fin dei conti. Neppure ricordava come mai si fosse tanto preoccupata.

— Vi dispiace se… Posso alzarmi, adesso?

Lui non rispose. Se ne era andato? Quell’uomo si muoveva silenzioso come un fantasma, ed era possibile che fosse sgusciato via senza una parola.

Meglio per lui se non lo aveva fatto.

Nel voltarsi per sedere sul bordo del letto, si ritrovò faccia a faccia con la fiamma azzurra e rabbiosa che ardeva negli occhi di Argent.

Torreggiante come un titano e altrettanto pericoloso, apriva e chiudeva i pugni lungo i fianchi.

“Maledizione. Lo sapevo.”

— Potrei uccidervi — mormorò lui tra i denti.

Millie sbatté le palpebre, per poi regalargli un sorriso smagliante nel tentativo di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. — Chi fa un mestiere come il vostro non dovrebbe dire cose del genere, neppure per scherzo!

Lui mosse un passo avanti, premendo una gamba tra le pieghe della sua gonna, ma senza toccarla. — Credete che scherzi?

— Non capisco perché siete così…

— Il bambino non è figlio vostro. Mi avete mentito!

Millie strinse gli occhi, dimenticando ogni proposito seduttivo. — Jakub è mio figlio.

— Dovete credermi stupido, ignorante. Secondo voi non mi sarei accorto che eravate vergine? Non avrei visto il sangue?

— Non pensavo vi importasse.

Le fiamme azzurre negli occhi di Argent si spensero e il suo corpo divenne di pietra.

Millie si alzò e spinse il mento in avanti, per dimostrare che poteva essere ostinata quanto lui.

Con grande sorpresa lo vide avvicinarsi al portacatino, stringerlo con le mani e fissare l’acqua sporca, senza rendersi conto che lei stava scorgendo nello specchio indecisione e dubbio farsi strada su quella facciata di marmo.

Mosse un passo avanti. — Da cinque anni offro una casa a Jakub. Gli voglio bene. Ho passato notti a vegliarlo per fargli calare la febbre e lavargli il corpicino con lacrime di preoccupazione. Cerco di alleviargli le paure e applaudo i suoi successi. Quando c’era poco da mangiare, pativo la fame pur di assicurarmi che lui crescesse forte. Io vi ho dato il mio… — Si interruppe, con la gola stretta dall’emozione. — Quel bambino è mio figlio. — Puntò il dito verso la porta in direzione della camera in cui Jakub stava dormendo. — E io sono sua madre. E sia stramaledetto il bastardo che dice qualcosa di diverso.

Accidenti, quello che avevano appena fatto l’aveva lasciata dolorante, non nel corpo ma nel cuore. Si sentiva fragile come non mai, e senza ragione. Come osava quell’uomo offrire la sua protezione in cambio di sesso e poi punirla perché lei gli aveva dato ciò che lui voleva?

— Avreste dovuto dirmelo. — Argent sollevò la testa come se fosse pesantissima, e incrociò i suoi occhi nello specchio.

— Mi scuso se con voi non sono stata sincera al cento per cento fin dall’inizio, signor Bentley Drummle, ma finché non siete entrato nella mia vita, questo segreto ci ha protetto. E io ho fatto ciò che dovevo per tenere lui al sicuro, per risparmiargli la tremenda verità.

Perché anche la verità era orribile, violenta. E lei non voleva che Jakub crescesse pieno di paure.

— Non avete pensato che quella tremenda verità potesse essere la chiave di tutta questa situazione? — Argent si voltò e, appoggiandosi al massiccio portacatino, incrociò le possenti braccia sul petto, con le maniche della camicia ancora arrotolate sopra la fasciatura.

— Non ho quasi pensato ad altro. Però, di chi posso fidarmi a questo mondo? Di voi?

Questa volta fu lei a non riuscire a guardarlo negli occhi. Fissò le sue braccia, chiedendosi se le lentiggini fossero dovute alla lunga esposizione al sole quando lavorava alla ferrovia. Un ragazzino innocente condannato ai lavori forzati.

— Raccontatemi tutto — le ordinò Argent a voce bassa. — Vi ascolto.

Era più di quanto le avessero mai offerto. — Non so da dove cominciare — sospirò lei.

— Cominciate col raccontare chi ha partorito il bambino che sta dormendo in fondo al corridoio.

Millie annuì con il cuore in gola. — Mi chiamo Millicent Karolina Lapinski — disse, con gli occhi sempre puntati sulle braccia di lui. — Agnes, la madre naturale di Jakub, era la mia miglior amica. Si chiamava Agnes Mertenskya e viveva con me sul lato polacco di Ripen Street, a Whitechapel. Stranamente, eravamo cresciute con esperienze simili. Mio padre morì quando io ero piccola e il suo abbandonò la famiglia. Mia madre beveva fino a uccidersi, la sua fumava oppio. Avevamo entrambe una schiera di fratelli, ma lei aveva anche due sorelle. Lasciammo Whitechapel non appena possibile, e io la spinsi a entrare insieme a me in una compagnia teatrale, benché lei fosse timidissima. Cambiammo nome, e io ne scelsi uno che mi pareva sofisticato e parigino. Agnes scelse di chiamarsi Miller, il cognome del primo uomo di cui si era innamorata, e il primo di molti a spezzarle il cuore.

Millie guardò infine il viso enigmatico di Argent. Mai aveva provato quel desiderio di leggere nel cuore di un altro, tuttavia, come al solito, lui non lasciava trapelare nulla.

— Vedete, signor Argent, è qui che Agnes e io eravamo diverse. Tutto quello che lei voleva era l’amore di un uomo per bene, mentre io volevo l’amore di tutto l’Impero britannico. Non potevo concedermi delle libertà, una gravidanza, un matrimonio. Quindi rimasi irraggiungibile, nella certezza che questo avrebbe fatto di me una stella.

Una risata amara le sfuggì dalla gola.

— In confronto alla lotta per la vita di mio figlio, mi rendo conto di quanto adesso suoni banale tutto il resto. Però… Jakub ha cambiato ogni cosa. Agnes non mi rivelò mai chi era il padre del bambino. Diceva solo che lo amava ed era convinta di essere contraccambiata, ma c’erano problemi, di cui non voleva parlare, che li tenevano lontani. Sapevo quando andava a incontrarlo perché mi affidava Jakub per la serata, dopodiché rimaneva triste per giorni. Un pomeriggio, quando Jakub aveva quattro anni, Agnes mi consegnò una lettera. Mi chiese di non leggerla e di tenerla al sicuro. Disse che arrivava dal padre del bambino, che finalmente aveva deciso di lasciare la moglie, sterile, e riconoscere il piccolo. Baciò me e Jakub, e uscì. — La forte emozione le serrò la gola.

— E non fece più ritorno — concluse Argent al suo posto.

Millie nascose tra le mani il viso sconvolto. — Quel giorno ero arrabbiatissima con lei perché aveva preso i miei guanti preferiti. Me li restituì il capo ispettore Morley, coperti di… sangue. Su quei guanti c’erano le mie iniziali. Non trovarono mai il corpo, solo parti. Anzi, solo… una parte. L’utero. Il posto in cui lei aveva portato Jakub per tutti quei mesi preziosi. Allora compresi che il bambino era in pericolo. Cambiai compagnia teatrale e adottai Jakub. — Pensava di aver finito di piangere per Agnes, ma il dolore per la perdita dell’amica, e il peso di allevare per cinque anni un bambino senza avere la minima idea di come fare, le caddero addosso come un macigno. C’era poi la mancata aggressione a Jakub di quella sera, la stanchezza e il fatto di aver dato la propria verginità a un uomo. Infine, neanche tre secondi dopo, l’essere scoppiata in singhiozzi davanti a lui come una stupida.

— E se stasera gli avessero fatto del male? Se mi avessero ucciso e lui fosse stato portato chissà dove? Chi lo avrebbe protetto? Chi gli avrebbe voluto bene se io non ci fossi stata più?

Grandi mani le strinsero i gomiti per farla alzare in piedi. — Basta. — Un ordine freddo ma gentile. — Non… non mi piace vedervi soffrire. Voi e vostro figlio siete sopravvissuti stanotte, come avevo promesso. Il pericolo per voi finirà presto, lo giuro.

D’impulso Millie gli si avvicinò e lo cinse tra le braccia, bagnandogli il petto di lacrime. Fra le tante che versò, una o due erano di sollievo, di gratitudine, di stupore: l’uomo entrato nella vita sua e di Jakub per distruggerli, aveva finito per essere il loro salvatore.

Si aspettava che lui rimanesse freddo, immobile, o peggio, che la respingesse. Non le importava. Aveva bisogno di appoggiarsi a qualcosa, a qualcuno, più grande e più forte di lei. Anche se solo per un momento, aveva bisogno di mettere sulle spalle di un altro il peso che la stava schiacciando.

Dapprima Argent si irrigidì e allargò le braccia per la sorpresa, ma lei continuò a stringerlo, anche se i singhiozzi cominciavano a perdere di intensità. Contro la guancia umida e l’orecchio, Millie captò un movimento che divenne un rumore sordo e continuo, infine un battito a ritmo crescente che in qualche modo la rasserenò.

Poi lui fece una cosa straordinaria: le infilò le dita fra i capelli e se la tirò vicina, ancora più vicina, e premette la sua testa sul proprio cuore in tumulto. Quindi posò delicatamente l’altra mano sul velluto che le copriva la schiena. Fosse stato un altro, Millie avrebbe definito i suoi gesti esitanti, esplorativi, ma Christopher Argent non esitava mai, non temeva nulla, neppure la morte. Così aveva detto.

I suoi respiri erano profondi ma misurati, come se li controllasse, mentre lei sentiva i propri brevi e interrotti da singhiozzi.

Santo cielo, com’era solido, duro, un monolito di forza e potenza. Lei sapeva che anche se l’avesse colpito, insultato, spinto e maltrattato, lui sarebbe rimasto imperturbabile.

Argent stava lì in silenzio, lasciando che lei rimanesse aggrappata alla sua schiena muscolosa e gli bagnasse di lacrime la camicia. Non le disse trite parole di conforto, nessuna banalità o battuta per cercare di distrarla. Solo silenzio e respiro, e un’infinita pazienza che lei non aveva mai saputo potesse essere coltivata da un uomo.

Era totalmente diverso dalla bestia che dieci minuti prima si spingeva contro il suo corpo piegato sul letto. Qualcosa si era addolcito anche in lui, lei lo sentiva.

Sembrava… rilassato. Come un orso nella tana, che beveva il silenzio godendosi il buio.

Le aveva perdonato la bugia.

Millie non avrebbe saputo dire quanto a lungo rimasero così, ma alla fine il pianto si placò. La sorprese quanto si sentisse meglio e, malgrado un certo imbarazzo, non aveva voglia di lasciar andare quell’uomo.

— Perdonate la mia crisi isterica — azzardò. — Credo che gli eventi di questa sera mi abbiano sconvolta. Ogni volta che penso a quel poverino di Jakub solo con quell’uomo… doveva essere talmente spaventato! — Ricacciò indietro le lacrime che sentiva di nuovo salirle in gola.

— Per l’età che ha, vostro figlio si è rivelato molto coraggioso.

— Ah, sì? Non l’ho mai considerato coraggioso.

— Come mai?

— Be’, non è vivace come gli altri bambini. Lui è… paziente, tranquillo.

— Domando scusa: stiamo parlando dello stesso bambino?

Un sorriso le increspò le labbra. — Vi ammira molto. — Per alzare lo sguardo Millie premette la testa contro la mano posata sui suoi capelli. — Non sapete quanto capiti di rado. In genere è molto schivo, proprio come Agnes. — Emise un grande sospiro e gli sistemò un bottone della camicia. Quell’intimità le piaceva molto più di quanto avrebbe dovuto, al punto che era riluttante a scostarsi.

Neppure lui, comunque, la lasciava. Così continuarono a conversare stretti in un abbraccio.

— A volte mi preoccupo per lui — confessò Millie. — È così sensibile, delicato e intelligente. Malgrado la tenera età sa molte più cose di me. Legge più libri e ricorda tutto, ve l’assicuro. Io lo incoraggio a uscire a giocare, ma lui preferisce dipingere, fare di conto, esercitarsi al piano o assistere alle mie prove. — Terminato con il bottone, si mise ad armeggiare con il colletto di Argent, che grazie a Welton era perfettamente a posto. Peraltro Millie faceva due cose nei momenti di emotività o di ansia: parlava, e trafficava con qualcosa.

Argent non si era ancora mosso, e lei evitò di chiedersi se la stesse giudicando ridicola. Abituata a passare tutto il tempo a mostrarsi affascinante e ad ascoltare gli altri, nessuno aveva mai mostrato interesse verso ciò che lei pensava o che la spaventava dell’essere madre.

— È meraviglioso averlo sempre intorno — continuò. — Però comincio a temere di viziarlo troppo, di sbagliare qualcosa. Forse dovrei cercare di renderlo più forte, più duro, perché il mondo è difficile e crudele. Se faccio di lui un debole, come riuscirà a cavarsela?

Argent arrotolò un suo ricciolo intorno alle dita. — Ha una madre come voi a difenderlo. Più che sufficiente per il momento.

Quelle parole le accesero nel cuore un caldo bagliore, che sperò si irradiasse fino a lui. — Come potrei non difenderlo? Sapete cosa mi ha sempre rallegrato del fatto che non avesse un padre?

Mmm? — Argent le scostò i capelli dal collo e glieli sistemò sulla schiena, scoprendole una spalla. Questa volta lei non tremò di paura, anzi, non ci fece caso.

— Un padre, specialmente se aristocratico, vorrebbe fare di lui un cacciatore, un soldato, o qualcosa di altrettanto virile. Non comprenderebbe la sua vena artistica che, anzi, forse glielo farebbe detestare.

— Non tutti gli uomini la vedono così. — Qualcosa nella voce di Argent le rendeva impossibile guardarlo in viso.

— Immagino che non importi, tanto non ho mai scoperto chi è suo padre. Non so neppure se è lo stesso che ci sta alle calcagna.

— Questa è la ragione per cui avreste dovuto raccontarmi la verità fin dall’inizio. — Più che un rimprovero, era un’affermazione. — Penso infatti di sapere chi sia il padre di Jakub, e sono certo che è lui a volervi morta.

Millie si afflosciò. Quella rivelazione era assolutamente angosciante. Aveva paura di chiedere, di sapere. Tuttavia, ignorare era una tortura peggiore.

Mentre stava per fare una domanda, Argent la precedette: — Avete ancora quella lettera? Quella del padre di Jakub che vi fu consegnata da Agnes?

— Sì. — Incalzata da un crescente terrore, Millie infilò la mano nel corsetto, dove aveva cucito due tasche per riporre i due documenti che da anni erano per lei i più importanti. Le carte che attestavano la sua cittadinanza inglese, e la lettera di Agnes. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva dovuto produrre l’uno o l’altro documento, ma, averli sul cuore, in qualche modo la rassicurava.

Dopo cinque anni il foglio sottile era sbiadito e grinze scure coprivano la grafia maschile. Quando però lei premette i due lati del sigillo di cera, rivelando una fenice dormiente, qualcosa le tornò in mente.

Aprendo il foglio per studiarlo, come già aveva fatto innumerevoli volte, si girò verso Argent per permettergli di leggere insieme a lei:

Carissima Agnes,

per troppo tempo ho lasciato che convenzioni e dettami sociali ci tenessero separati. Ciò che sembrava tanto difficile negli ultimi anni ha perso ogni importanza in questi mesi passati senza di te. Ho finalmente compreso che il tempo fugge, e abbiamo soltanto una vita da vivere. Come posso finire il resto dei miei giorni senza avere vicini te e mio figlio? Proprio così, amore mio. Più di qualsiasi altra cosa voglio riconoscere Jakub e farne l’erede legittimo dei miei titoli, delle mie terre e di tutti i miei averi. Mi sono già procurato i documenti necessari presso la Corona.

Divorzio da mia moglie e le lascio le mie proprietà in città. Sono infelice con lei, male assortiti come siamo. Per la prima volta sono contento che non mi abbia dato figli, perché questo mi fornisce una buona scusa per lasciarla. Ti porterò nella mia tenuta nello Yorkshire, dove ci sposeremo. Là vivrai con me come mia lady e mia sposa, e al diavolo il resto.

Lei sta diventando sempre più sospettosa e, oserei dire, squilibrata, quindi dobbiamo muoverci con cautela finché non saremo fuori città. Per favore, incontriamoci nella piccola sala da tè vicino a St Augustine alle due e mezzo. Ti consegnerò un biglietto ferroviario e del denaro per portare avanti i nostri piani. Corriamo meno rischi se evitiamo di parlarne con chicchessia finché non sarà tutto concluso.

Questo è l’inizio del resto della nostra vita insieme, mia cara.

Con tutto il mio amore

D

— Dunque non vi rivelò mai chi era quest’uomo — osservò Argent.

— Promise di dirmelo al suo ritorno quella sera, ma… — Millie deglutì per il dolore che riaffiorava. — Sostenete forse di sapere chi è?

— Sostengo che voi avete incontrato lui e la sua famiglia questa sera. Credo che questa lettera sia stata scritta da lord David Albert Fenwick, conte Thurston.

— Oddìo. — La mano che reggeva la lettera prese a tremare. — “D” sta per David, allora.

— Sir Dashforth, che ha ingaggiato Dorshaw e… me… per uccidere voi e rapire Jakub, era l’avvocato della famiglia Fenwick. Lavorava anche per i St Vincent, la famiglia di sua moglie, ma l’uccello qui sul sigillo, la fenice dormiente, appare in bella evidenza nello stemma della famiglia Fenwick.

— Come fate a saperlo? — chiese Millie, sbalordita.

— Sapere è il mio lavoro.

— Il vostro lavoro… — Come se lei fosse diventata per lui un lavoro, adesso che il pagamento era stato effettuato. Nel guardare il letto, Millie piegò con calma la lettera e la rimise dentro il corsetto, incapace di incrociare il suo sguardo. — Cosa… cosa facciamo adesso? Non posso portare questa alla polizia, no? Non ho prove che sia stato lui a ingaggiare Dorshaw, e neppure che si sia rivolto a Dashforth per ingaggiare voi. E poi… potrebbero togliermi Jakub, se scoprono che non è figlio mio.

— Voi mi avete assunto proprio perché sistemassi le cose. Non dite niente alla polizia.

— Avete intenzione di… uccidere lord Thurston?

— Ha ucciso la vostra amica, commissionato la vostra morte e chissà che intenzioni ha verso il bambino. Domani sarà in Essex e io lo ucciderò il giorno dopo.

Programmava un omicidio come se fosse un appuntamento dal parrucchiere o un incontro per il tè. — E il capo ispettore Morley? Ha detto che ci sono state parecchie donne morte per mano dello stesso sicario, e alcuni bambini scomparsi… Non credete che siano tutti collegati a lord Thurston, vero?

— Credo siano stati vittime di Dorshaw. Secondo me, fu lui l’uomo ingaggiato anni fa per uccidere Agnes.

Millie sgranò gli occhi. — Cosa ve lo fa pensare?

— A Dorshaw piace fare a pezzi la gente e seminare in giro organi. Soprattutto femminili.

— Allora, forse dovreste dirlo a Morley, che sta indagando su quanto è accaduto a tutte quelle donne. Di sicuro sarebbe contento di sapere chi è stato a ordinare quegli omicidi, almeno per informare le famiglie della cattura di Dorshaw.

— Vorreste farmi consegnare Thurston alla polizia? Non è che in passato abbiano fatto un lavoro straordinario, quando si è trattato di incriminare un Pari del regno per la morte di qualche prostituta. Se volete tenere Jakub, tenerlo al sicuro, quali altre opzioni avete oltre a quella che vi offro io?

— Agnes non era una prostituta, ma un’attrice.

— Non è quello che diranno in tribunale, se mai ci si arrivasse. Sapete bene che la società fa poca distinzione tra le due vocazioni.

Millie si avvicinò alla finestra su gambe malferme. Cominciava a percepire gli strascichi dell’amplesso: un dolore sordo alle reni e una fitta al cuore. — Dovete proprio essere sempre così freddo? — La infastidiva che Argent avesse ragione.

— Io devo essere quello che sono — fu la sua criptica risposta.

“Così l’ha ridotto questo brutto mondo” pensò Millie, guardando fuori nella notte. La luminosa luna di fine inverno faceva brillare la brina sul selciato e nel giardino. Per Argent quell’ora tarda e quella parte della città erano un momento e un luogo perfetto. Tutto era silenzio, e il freddo pungente spingeva la gente a rinchiudersi in casa.

Per paura di trovare la morte.

Millie non aveva mai riflettuto sull’omicidio, tantomeno ne aveva ordinato uno. Dunque quella sera aveva fatto due cose del tutto nuove per lei. Due peccati mai commessi, perpetrati proprio in quella camera.

Anche lei doveva essere quello che era. E, prima di tutto, era una madre, e una madre proteggeva il proprio figlio anche a rischio di dannare la propria anima.

— Allora fate quello che dovete — mormorò trafitta da una stilettata di insicurezza. — È… sufficiente il prezzo che ho pagato?

— Sufficiente.

Lei si voltò a guardarlo, punta nell’orgoglio. — Sufficiente? — Maledizione a quel viso di pietra e a quel cuore di ghiaccio. “Sufficiente!” Ma insomma! Se avesse letto una recensione del genere, avrebbe stracciato il giornale e lo avrebbe gettato nel fuoco.

— È quello concordato, no? — Argent studiò il suo viso con espressione perplessa, come se non capisse cosa intendeva.

— Be’… sì… — “Tecnicamente sì” si disse lei. Perché allora si sentiva tanto insoddisfatta? Che cosa si aspettava da lui? “Sufficiente.”

L’aveva deluso? Lui sentiva qualcosa? Millie, in effetti, era poco più di un’emozione forte e pulsante chiusa in una bella confezione. Le era parso di vedere una crepa nel ghiacciaio, un poco di frenesia seguito da qualche momento di intimità. Non passione vera e propria, e neppure tenerezza, ma un brivido di… qualcosa. Una sorta di calore dietro quei suoi occhi vuoti. Lo aveva immaginato per la sola ragione che i suoi sentimenti verso quell’uomo, così strano e pericoloso, stavano diventando sempre più confusi?

“Sufficiente.” Annuì con un sospiro. In ogni modo, lui avrebbe fatto quanto promesso.

— Sono pronto a uccidere tutta la città, se vi lasciaste prendere di nuovo da me. — La fiamma azzurra era tornata nei suoi occhi. — Se voi… — Argent serrò la bocca e scosse la testa. — È stato sufficiente perché è quanto era stato concordato, ma non è stato abbastanza, maledizione. — Girò su di sé e uscì a passo spedito dalla camera, sbattendo la porta alle sue spalle. Millie si ritrovò sola nella fredda luce della luna.