22
Lyle era a letto a leggere il libro di Sigrid. John, Marian e Tony erano di sotto a giocare a carte, in biblioteca. Era stanco ma non voleva addormentarsi; voleva resistere fino all'arrivo di Tony, perché la parte della giornata che preferiva era quella: il momento prima di dormire, quando chiacchieravano a letto. Di lì a poco sentì John e Marian salire le scale e andarsene in camera loro all'altro capo del corridoio. Chissà, si chiese, se avrebbero riprovato a fare un figlio. Aspettò Tony, ma mentre aspettava si addormentò e quando si risvegliò era ancora solo. Non sapeva che ore fossero. Scese al piano di sotto dove era tutto buio. Immaginò che Tony fosse andato in città, alla fine, ma poi lo vide fuori, seduto al tavolo sotto l'albero di gelso, che fumava. Tony era stato un vero fumatore, e ormai fumava soltanto in certe occasioni, da solo, di notte.
Lyle lo raggiunse camminando sull'erba. Si sedette davanti a Tony. Lui spense la sigaretta.
«Puoi finirla» disse Lyle.
«Lo so, ma non voglio».
«Vieni a letto».
«Che ore sono?».
«Non lo so, è tardi. Ti aspettavo e mi sono addormentato».
«É stata una giornata bellissima,» disse Tony «una giornata perfetta. Sono contento di essere rimasto».
«Anch'io sono contento che tu sia rimasto».
«Non voglio che finisca».
«Vieni a dormire. É ora».
Rimasero senza parlare qualche momento.
«Hai finito il libro?» chiese Tony.
«Quasi. Dopo diventa proprio bello. Solo che all'inizio Sigrid si accanisce troppo a voler impostare tutto».
Seduti nel buio, poco dopo Tony fece: «L'ho detto a Marian».
«Che cosa?».
«Che sono positivo».
«Perché?» chiese Lyle. «Nel senso, perché adesso?».
«Non lo so. Non posso aspettare per sempre».
«No, immagino di no. L'hai detto a tutt'e due? Stasera?».
«No, soltanto a Marian, oggi pomeriggio, quando siamo andati a nuotare. Lo dirà lei a John, ne sono sicuro». «Sì».
«Sono contento di averglielo detto,» fece Tony «mi sento sollevato».
«Bene».
«Non voglio ammalarmi».
Lyle stette in silenzio.
«Ho più paura di ammalarmi che di morire. Non è strano? Di morire non ho paura davvero, forse perché è una cosa così astratta che non riesco a immaginarla, mi manca la fantasia. Ma con la malattia ci riesco. Non voglio ammalarmi».
«Naturale» rispose Lyle. «Neanch'io lo voglio per te».
«La sento arrivare, però» disse Tony.
«Cosa senti?».
«Una tale paura della malattia che capisco che è vicina. Da qualche parte mi sto già ammalando».
«A vederti stai bene. Non sei dimagrito ancora, vero?».
«No, forse un pochino. Non mi sono pesato ultimamente, non ci tengo proprio a saperlo».
«Secondo me dovresti cercare di non preoccuparti. Meno ti preoccupi, più ti mantieni sano».
«Facile dirlo».
«Hai ragione,» disse Lyle «ma è vero».
«Lo so». Tony tacque, poi continuò: «In un certo senso vorrei morire in questo momento».
«Perché?».
«Forse perché sono un vigliacco. Vorrei morire prima che diventi tutto allucinante. Pensavo che se morissi adesso, in una giornata bella come questa, la mia vita… non so. Credi che sia tutto relativo e che quando sarò malato non sarà così spaventoso come temo adesso? Che sarò felice di essere vivo? Malato, malridotto e vicino alla morte, ma vivo?».
«Non lo so» rispose Lyle. «Credo che tu debba aspettare e vedere».
«Forse è come una vacanza» disse Tony.
«Cosa?».
«La morte. No, parlo della vita. Forse la vita è come una vacanza. Hai presente che in vacanza fai sempre finta di divertirti, ma in fondo, soprattutto verso la fine, non vedi l'ora di tornare a casa? Non desideri altro che essere a casa e dormire nel tuo letto. Forse la vita è così, e te ne rendi conto alla fine. Vuoi solo tornare. Forse siamo in vacanza senza saperlo».
«Forse» fece Lyle.
Tacquero.
«Non piangere, Lyle» disse Tony. «Adesso non essere triste. Vieni a sederti qua».
Lyle gli si sedette vicino e Tony lo abbracciò. «Mi sento meglio ad avertene parlato» disse. «Tu no, lo so, ma io sì. Grazie».
Qualche secondo dopo aggiunse: «Ti amo».
Lyle non rispose.
«Lo sai qual è il tuo problema?» fece Tony.
«Quale?».
«Che nella tua vita l'amore è il sottotesto, non il testo. Non viene mai espresso direttamente. E sottinteso, non dichiarato».
«Lo sai» disse Lyle «che ti amo».
«Sì, però qualche volta mi piacerebbe non darmi tanto da fare per tirartelo fuori. Non dovrebbe essere una fatica».
«Mi dispiace. Ti amo».
«Lo so».
Ci fu un attimo di silenzio. «Prima,» disse Tony «prima che tu arrivassi, ho visto una volpe. Ha attraversato di corsa il prato. Le volpi le trovo eccezionali: sono metà cane e metà gatto. Mi piacerebbe essere una volpe». Si fermò. «Vuoi andare a fare una nuotata?».
«Fa troppo freddo» rispose Lyle.
«Sì, ma sarà una bella sensazione. Vieni a nuotare con me, Lyle, e poi ce ne andiamo a dormire».
«Va bene».
Scesero al fiume e nuotarono in silenzio, nel buio, poi corsero a casa e si infilarono a letto, dove a poco a poco, grazie all'abbraccio dei corpi, si scaldarono.