18
La suite matrimoniale della casa era molto lussuosa, con un grande bagno che dava su un balcone. Laura fumava una sigaretta nella vasca color acquamarina e guardava gli alberi e il cielo dalla portafinestra aperta. Da fuori, le arrivava il brusio delle voci di Nina e Anders. Dopo un po' aprì lo scarico e l'acqua cominciò a defluire, finché sotto le dita dei piedi si formò un ultimo risucchio. Uscì e si asciugò, si pettinò all'indietro i capelli bagnati, si cosparse di profumo e borotalco, indossò l'accappatoio e passò nella camera da letto. Guardò fuori dalla finestra. Nina e Anders erano in piscina: lui aveva la schiena poggiata contro il bordo, Nina gli cingeva il bacino con le gambe, le mani fuori dall'acqua, ai lati del collo.
Il sole era calato dietro gli alberi, ma sembrava che ci fosse ancora molta luce, benché i vividi colori di mezzogiorno si fossero ormai scuriti di grigi e di marroni. Degli uccelli volavano chiassosi dal tetto agli alberi e viceversa, quasi non sapessero dove passare la notte. Laura pensò alla distesa dei campi sotto la sua villa, ai corvi che a quell'ora si alzavano in volo e puntavano gracchiando verso i boschi. In qualsiasi posto del mondo uno si trovasse, c'erano delle costanti: il calare del sole e lo sbocciare della sera; e il modo in cui gli uccelli flirtano col crepuscolo.
Nina e Anders si stavano baciando. Erano dei baci lunghi; anzi, era un unico bacio continuo che si reinventava.
Laura si scostò dalla finestra. Sul letto erano stesi i suoi abiti: una gonna nera, una camicetta di seta bianca. Si vestì e si mise davanti allo specchio, si spazzolò di nuovo i capelli, indossò i gioielli. Alla fine dell'operazione, rimase a guardare dentro lo specchio la luce che si spegneva, i contorni della stanza che scomparivano e la sua figura che scompariva un po' più in fretta. Si sentì vuota e stordita. Aveva sperato che il bagno le avrebbe rinvigorito lo spirito, che l'avrebbe rinfrancata, ma niente. Avrebbe dovuto fare finta.
Scese in cucina, preparò un vassoio con una candela, una bottiglia di vino e tre bicchieri e li portò in piscina. Anders nuotava sferzando l'acqua; Nina versava la carbonella nell'hibachi.
«Mi sembrava l'ora di un aperitivo» disse Laura. Mise il vassoio sul tavolo, accese la candela e cominciò a stappare il vino.
«Non devi andare?» le chiese Nina.
«Tra qualche minuto. Sono italiana, devo essere in ritardo». Aspettò di essere contraddetta ma non accadde. Versò il vino in un bicchiere e poi ne sollevò un altro verso la figlia. «Vuoi?».
«Grazie».
Laura lo riempì e glielo passò. «Spero che quell'affare funzioni» disse indicando con la testa l'hibachi.
«Dovrebbe».
Anders nuotava sempre più piano. Le due donne sorseggiavano il vino e lo guardavano. «Sembra molto carino» disse Laura; accennando verso il corpo immerso nell'acqua aggiunse: «Anders», quasi intorno se ne potessero nascondere altri.
«Sì, è carino» rispose Nina. «E sposato». Lo disse in maniera inespressiva, e Laura non capì il senso della precisazione.
«Nella mia esperienza gli uomini più carini sono sempre sposati» decise Laura.
«Sì, ma questo non ti ha mai fermato».
«No. Se non fermava loro, no. La moglie è nei Paesi Bassi?».
«No, a Santa Monica».
«Be', è lontana lo stesso».
«Non è una questione di lontananza».
«No, suppongo di no». Laura era decisa a ignorare il risentimento della figlia, ma si chiedeva quanto sarebbe durato. Serbare rancore imbruttisce, stava quasi per dire, ma rifletté che nel caso di Nina era una falsità.
Nina accese un fiammifero e lo accostò al giornale che aveva infilato sotto la carbonella. Fece un passo indietro e lo guardò bruciare. Anders uscì dall'acqua. Col fiatone, grondava sul lastricato. Il costume incollato al corpo metteva in evidenza il pene. Vide che le due donne lo guardavano e strattonò un po' la stoffa.
Laura posò il bicchiere vuoto sul tavolo. «Bene,» disse «è meglio che vada. Spero che la vostra cena sia ottima. Non dovrei tornare molto tardi».
«Fa' con calma» rispose Nina.
«Buona serata» le augurò Anders.
«Uffa» esclamò Nina. Il fuoco s'era spento senza che la carbonella avesse preso. «Hai della diavolina liquida?».
«No» le rispose Laura.
«Ci penso io» fece Anders.
Laura non si mosse. Aveva la sensazione che finché il barbecue non si fosse acceso non se ne sarebbe dovuta andare. «Posso fare qualcosa?» chiese.
Inginocchiata vicino all'hibachi, Nina alzò gli occhi. «No» rispose. «Va'».
Mentre girava intorno alla casa diretta al vialetto, Laura la sentì ridere. Sta ridendo di me, pensò, e la cosa la intristì a tal punto che si fermò. Decise di non andare a cena e di restare con loro. Se per Nina era tanto importante, e ovviamente lo era, era giusto rimanere; anzi, le faceva tenerezza che se la fosse presa a quel modo. Avrebbe chiamato Marian Kerr dicendole che non stava bene, o che la macchina non partiva, una cosa così. Si girò e tornò verso la piscina. Anders e Nina erano in piedi sul prato che si baciavano. Lui si era tolto il costume, lei la camicetta; i vestiti erano buttati sull'erba e nell'hibachi ardeva la carta di giornale. Lei guardò le fiamme che aggredivano l'aria. Nel buio vorticavano pezzetti di giornale ricamati di scintille.