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Il supermercato più vicino non era granché, ma aveva un'aria autentica e accogliente che a Laura piaceva. Anche i carrelli della spesa sembravano di un'altra epoca; un'epoca migliore. Nina ne prese uno ed entrò nel primo corridoio, dove c'erano la frutta e la verdura.
«Fermiamoci al banchetto dell'azienda agricola al ritorno,» disse Laura «qua hanno della merce bruttissima».
Nina prese in mano un pomodoro anemico. «Sì» rispose.
«La carne però è ottima. Vuoi farla alla griglia?».
«Sì, perché no?».
«Allora compriamo la carbonella».
Svoltarono nel secondo corridoio. Nina cominciò a riempire il carrello di cose che potevano servire per la cena, anche se Laura era certa che non le avrebbe usate. Non si mise a discutere: avrebbe comprato tutto quello che voleva.
«Che bello vederti finalmente» le disse.
«Peccato che tu vada fuori a cena» le rispose Nina.
«Sì. Se avessi saputo che venivi…».
«Come?».
«Te l'ho detto, avrei chiesto che ti invitassero, ma dubitavo che saresti venuta questo weekend. Non sei venuta per sei volte di fila e mi sembrava sciocco aspettarselo».
«Però avresti potuto dire che forse venivo, che c'era questa possibilità».
«Veramente ci ho pensato, ma secondo me non sono il genere di persone che ti piacerebbero».
«Perché?».
«Sono molto convinti delle loro idee, e americani».
«Che significa, americani? Lo sei anche tu».
«Strettamente parlando sì, ma non in termini nazionalistici, di carattere».
Nina stava rovistando nel frigo dei gelati, un grosso bancone aperto, incrostato di ghiaccio fumante. «Come sei snob» disse.
«Mai sostenuto il contrario» le rispose Laura. «Siamo tutti snob, fa parte della natura umana».
«Non è una parte molto bella». Nina buttò nel carrello una confezione di gelato a forma di siluro.
«Mi pare che tu abbia una gran faccia tosta a venire a farmi le pulci. Quest'estate sono venuta fino a New York per starti vicino, ma hai mai passato un po' di tempo con me? No. Quindi perdonami se passo la serata in compagnia di sconosciuti».
«Non sei venuta fino a New York per starmi vicina» disse Nina con calma. Continuò a camminare lungo il corridoio.
«Eh?» fece Laura, conscia di alzare la voce. «No? E allora cosa sono venuta a fare?».
«Non lo so. Per sfuggire a qualcosa, a qualcuno, ma non per vedere me. O forse sì, ma non per starmi vicino, per passare del tempo insieme a me».
«Sei assurda, è l'unico motivo per cui sono venuta».
«Adesso però sono qui e tu te ne vai fuori a cena».
«Sì,» rispose Laura «vado fuori a cena, per quattro ore. Che delitto: quattro ore!».
Nina girò col carrello nel corridoio accanto e si mise a osservare i barattoli di caffè. «Non parliamone più» disse. Dallo scaffale ne prese due, uno normale e uno decaffeinato, e li mise nel carrello. «Non volevo farti arrabbiare».
«Non sono arrabbiata» rispose Laura. «É che non capisco perché sei venuta solo per essere ostile».
«Non voglio esserti ostile,» rispose Nina «ma essere sincera».
«Be', risparmiami la tua sincerità».
Nina guardò sua madre. «D'accordo. Lo farò».