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Si comprende che, per avanzare nella ricerca di una descrizione dei conflitti geo-sociali, non è possibile fare a meno delle scienze e nemmeno della razionalità, ma bisogna estendere e al tempo stesso limitare l’estensione delle scienze positive. Bisogna estenderle a tutti i processi di genesi per non limitare a priori l’agenticità (termine orribile ma comodo) degli esseri con i quali occorrerà trattare.
C’è tutto l’interesse a cercare di selezionare nelle scienze quelle che riguardano ciò che alcuni ricercatori chiamano la o le Zone Critiche.1
Infatti, sorprendentemente, di questo terzo attrattore, il Terrestre, quello che si tratta di conoscere si limita, visto dallo spazio, a una minuscola zona di pochi chilometri di spessore tra l’atmosfera e le rocce madri. Una pellicola, una vernice, una pelle, pochi strati ripiegati all’infinito.
Parlate finché volete della natura in generale, esaltatevi davanti all’immensità dell’universo, immergetevi con il pensiero fino al centro del pianeta, tremate davanti agli spazi infiniti, ciò non impedisce che tutto quello che vi riguarda stia in questa minuscola Zona Critica. È da lì che muovono, ma vi fanno anche ritorno, tutte le scienze che ci interessano.
Per questo conviene individuare, tra i saperi positivi, quelli che riguardano la Zona Critica in modo da non sobbarcarsi l’universo intero, ogni volta che si dovrà parlare di conflitti territoriali.
C’è anche una buona ragione di filosofia politica per attenersi a una simile distinzione: sebbene le scienze della natura-universo siano ben agganciate alla Terra, riguardano fenomeni lontani, conosciuti solo mediante strumenti, modelli e calcoli.
Non ha molto senso, almeno per i comuni mortali, pretendere di offrire delle alternative o contestare la qualità di tali ricerche. Di fronte ai loro risultati, ci troviamo tutti nella normale condizione di imparare ciò che gli scienziati hanno da dire – pur mantenendo il diritto di disinteressarcene…
La situazione è completamente diversa per le scienze della natura-processo che riguardano la Zona Critica. In questo caso, i ricercatori si trovano di fronte a saperi concorrenti che non hanno mai il potere di squalificare a priori.2 Devono affrontare i conflitti per ciascuno degli agenti che la popolano e che non hanno il diritto né la possibilità di disinteressarsene.
Pochi faranno una guerra per una visione alternativa dei buchi neri o dell’inversione magnetica, ma sappiamo per esperienza che sul suolo, i vaccini, i vermi, l’orso, il lupo, i neurotrasmettitori, i funghi, la circolazione dell’acqua o la composizione dell’aria, il minimo studio si troverà presto in pieno conflitto di interpretazioni. La Zona Critica non è un’aula scolastica; la relazione con i ricercatori non ha niente di unicamente pedagogico.
Se nutriamo ancora qualche dubbio su questo punto, la pseodo-controversia sul clima ce lo toglierà. Nessuna impresa avrebbe speso anche solo un dollaro per produrre dell’ignoranza sulla scoperta del bosone di Higgs. Ma per negare il cambiamento climatico è tutt’altra storia: i finanziamenti affluiscono. L’ignoranza del pubblico a questo proposito è un bene così prezioso da giustificare anche enormi investimenti di denaro!3
In altri termini, le scienze della natura-processo non possono avere la stessa epistemologia un po’ altera e disinteressata che hanno le scienze della natura-universo. La filosofia che proteggeva queste ultime non sarà di alcun aiuto alle altre. Senza sperare di sfuggire alle controversie, esse farebbero meglio a organizzarsi per resistere a tutti quelli, e sono tanti, che vi si interessano.
Il punto politico essenziale è che la reazione della Terra all’azione degli umani appare un’aberrazione agli occhi di coloro che credono in un mondo terrestre fatto di oggetti galileiani, mentre è un’evidenza per coloro che la considerano una concatenazione di agenti lovelockiani.
Se ammettiamo quanto detto, capiamo che il terzo attrattore non ha molto a che vedere con la “natura” (nel senso di una natura-universo), che la si immagini come Globo o come Globale.
Il Terrestre, attraverso cui occorre ormai comprendere l’azione congiunta degli agenti conosciuti dalle scienze della Zona Critica in lotta per la legittimità e l’autorità con numerose altre parti in causa, dagli interessi contraddittori ma tutte dotate di saperi positivi – il Terrestre delinea letteralmente un altro mondo, diverso tanto dalla “natura” quanto da quelli che si chiamavano il “mondo umano” o la “società”. Queste sono tre entità in parte politiche, ma non portano alla stessa occupazione del suolo, alla stessa “presa di terra”.
Si comprende anche che scoprire questo nuovo mondo richiede un altro equipaggiamento psicologico, una libido sciendi diversa da quella con cui ci si avventura nel Globale. Tendere all’emancipazione in assenza di gravità non richiede le stesse qualità di tendere a un’emancipazione da sotterramento. Innovare rompendo tutti i limiti e i codici non è come innovare approfittando di questi limiti. Celebrare la marcia del progresso non può avere lo stesso significato se ci dirigiamo verso il Globale anziché verso “passi avanti decisivi” nel tenere conto delle reazioni della Terra alle nostre azioni.
In entrambi i casi, si tratta di saperi positivi; non sono però le stesse imprese scientifiche, gli stessi laboratori, gli stessi strumenti, le stesse ricerche, e nemmeno gli stessi ricercatori a rivolgersi verso l’uno o l’altro di questi due attrattori.
Il vantaggio strategico di una simile distinzione è assicurare una certa continuità rispetto allo spirito di innovazione, di impresa e di scoperta che sembra indispensabile per non far perdere la speranza, se non a Billancourt, almeno agli ex Moderni che sono anche alleati potenziali. È diverso solo il punto di applicazione di questa mentalità.
Ciò che inizia è una nuova epoca di “grandi scoperte”, che non assomigliano però né alla conquista in estensione di un Nuovo Mondo svuotato dei suoi abitanti come accadde un tempo, né alla fuga in ordine sparso nella forma di una iper-neo-modernità, ma al sotterramento nella Terra dalle mille pieghe.
Una Terra, lo impariamo con un misto di entusiasmo e di terrore, che ha più di una freccia al suo arco e si insinua come terzo in tutte le nostre azioni. In entrambi i casi si tratta – per mantenere una delle istanze della tradizione moderna – di passare oltre, ma senza infrangere i soliti divieti o oltrepassare le solite colonne d’Ercole.
1. Termine usato da una rete di ricercatori in scienze geologiche per confrontare un gruppo di siti – per lo più bacini idrografici – mettendo insieme i risultati di discipline che finora avevano lavorato separatamente. Il termine al singolare, la Zona Critica, indica la sottile pellicola o la via per modificare l’atmosfera e la geologia – in opposizione sia allo spazio al di là sia alla geologia profonda al di qua.
2. Gran parte del lavoro di Isabelle Stengers consiste nell’opporsi a questa squalificazione, senza per questo sminuire l’importanza delle scienze: è ciò che lei definisce “civilizzare”. Si veda anche il suo ultimo lavoro: I. Stengers, Civiliser la modernité? Whitehead et les ruminations du sens commun, Les Presses du Réel, Dijon 2017.
3. E. Zaccai, F. Gemenne, J.-M. Decroly, Controverses climatiques, sciences et politiques, Presses de Sciences Po, Paris 2012. L’idea di produzione attiva di ignoranza è diventata popolare per il caso del tabacco grazie a R.N. Proctor, Golden Holocaust. Origins of the Cigarette Catastrophe and the Case for Abolition, University of California Press, Berkeley 2012.