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Dev’esserci comunque un modo per scuotere quel famoso emiciclo mentale che mette in fila l’estrema sinistra, la sinistra, il centro, la destra, per finire con l’estrema destra. Tutto questo perché, nel 1789, gli eletti hanno preso l’abitudine di disporsi così davanti al presidente dell’assemblea per votare su qualche oscura questione di veto da parte del re.

Eppure, per quanto rudimentale e contingente, questa gradazione organizza tutti i sondaggi, tutti gli interventi pubblici, tutte le classificazioni, serve alle elezioni come ai racconti storici e influenza le nostre reazioni, anche quelle più viscerali.1 Quanto peso c’è in questi termini “Destra” e “Sinistra”; che flusso di emozioni quando pronunciamo giudizi quali: “Ma è un tipo di estrema destra!”; “Attenzione, che è una di sinistra!”.

Non si vede, almeno per il momento, come superare una simile carica emotiva. L’azione pubblica deve essere orientata verso un fine accettabile. Per quanto discutibile sia il termine “progressista”, è poco probabile che si riuscirà a mobilitare qualcuno proponendogli di “regredire”. Con la “fine del progresso”, sarà duro che la prospettiva di vivere meno bene dei propri genitori, il progetto di imparare a ridursi un po’ per volta, entusiasmi le folle.2

Se vogliamo riorientarci in politica, è probabilmente saggio, al fine di assicurare la continuità fra le lotte passate e quelle a venire, non cercare qualcosa di più complicato di un’opposizione tra due estremi.3

Non più complicato, certo, ma diversamente orientato.

Considerando il triangolo, vediamo che è possibile conservare il principio di un vettore lungo il quale si potrebbero distinguere i “reazionari” dai “progressisti” (nel caso in cui si dovessero mantenere queste etichette), ma modificando il contenuto delle cause da difendere.

Dopo tutto, una bussola, non è altro che un ago calamitato e una massa magnetica. Ciò che si deve scoprire è l’angolo formato dall’ago e la composizione della massa.

La nostra ipotesi è che l’ago abbia ruotato di 90° per orientarsi verso quel potente attrattore la cui originalità oggi ci colpisce e che non ha, malgrado le apparenze, le stesse proprietà degli altri due tra i quali la politica si era posizionata all’inizio dell’epoca cosiddetta moderna.

La questione diventa quindi la seguente: possiamo mantenere il principio del conflitto proprio della vita pubblica, ma facendogli cambiare direzione?

Riorientandosi verso questo terzo attrattore, ci si potrà forse districare da ciò di cui Sinistra e Destra, durante il periodo moderno che si sta concludendo, erano state la sintesi, il contenitore e l’involucro.

Lo strappo prodotto dall’attrattore Terrestre obbliga ad aprire la confezione e riesaminare pezzo per pezzo ciò che ci si aspettava da ciascuno di essi – ciò che a poco a poco impareremo a chiamare “movimento”, “avanzata” e anche “progressione” – e ciò che va chiaramente nell’altro senso – che avremmo ormai il diritto di chiamare a tutti gli effetti “regressione”, “abbandono”, “tradimento” e “reazione”.

Ciò potrà complicare il gioco politico ma procurerà anche margini di manovra imprevisti.

Possiamo volgerci verso l’attrattore Terrestre dopo il sogno ormai finito di un accesso impossibile al Globale (il crinale 2-3 dello schema), ma anche dopo l’orizzonte, che sempre si allontana, del ritorno al Locale (lungo il crinale 1-3).

I due angoli consentono di contrassegnare le trattative, complesse, che bisognerà condurre per spostare gli interessi di quelli che continuano a fuggire verso il Globale e di coloro che continuano a rifugiarsi nel Locale, al fine di indurli a sentire il peso di questo nuovo attrattore (figura 6).4

Se si vuole una definizione – ancora eccessivamente astratta – della nuova politica, è a questa trattativa che occorre agganciarsi. Bisognerà trovare alleati in persone che, secondo la vecchia graduatoria, erano chiaramente “reazionarie”. E bisognerà inventarsi alleanze con persone che, sempre secondo i vecchi riferimenti, erano chiaramente “progressiste” e forse anche liberali, o persino neoliberali!

Per quale miracolo questa operazione di riorientamento dovrebbe funzionare laddove tutti gli sforzi per “uscire dall’opposizione Sinistra/Destra”, “superare la divisione” o “cercare una terza via” hanno fallito?

Per un motivo molto semplice legato alla nozione stessa di orientamento. Nonostante le apparenze, non sono gli atteggiamenti a contare in politica, ma la forma e il peso del mondo al quale questi atteggiamenti hanno la funzione di reagire.

La politica è sempre stata orientata verso oggetti, poste in gioco, situazioni, materie, corpi, paesaggi, luoghi. Quelli che si definiscono i valori da difendere sono sempre risposte alle sfide di un territorio che si deve poter descrivere.5 Questa è in effetti la scoperta decisiva dell’ecologia politica: è una politica oggetto-orientata.6 Cambiate i territori e cambierete anche gli atteggiamenti.

L’ago della bussola comincia a impazzire, gira in tutti i sensi, ma se alla fine si stabilizza è perché la massa magnetica ha esercitato su di esso la sua influenza.

L’unico elemento confortante della situazione attuale è che un altro vettore si fa sempre più reale. Il vettore Moderno/Terrestre (figura 6) potrebbe diventare un’alternativa credibile, vissuta, sensibile alla divisione Sinistra/Destra sempre così netta.

È facilissimo indicare quelli che si potrebbero ragionevolmente chiamare i nuovi nemici: tutti coloro che continuano a puntare la loro attenzione sugli attrattori 1, 2 e soprattutto 4. Si tratta di tre utopie, nel senso etimologico del termine, luoghi senza topos, senza terra e senza suolo: il Locale, il Globale e il Fuori-Suolo. Ma questi avversari sono anche gli unici alleati potenziali. Sono dunque loro che bisogna convincere a cambiare direzione.

La priorità è sapere come rivolgersi a quanti, a ragione, si sentono abbandonati dal tradimento storico delle classi dirigenti, e chiedono a gran voce che si offra loro la sicurezza di uno spazio protetto. Nella logica (assai fragile) dello schema, si tratta di convogliare verso il Terrestre le energie che andavano verso l’attrattore Locale.

È lo sradicamento a essere illegittimo, non l’appartenenza. Appartenere a un suolo, volere restarci, mantenere la cura di una terra, attaccarsi a essa è diventato “reazionario”, come abbiamo visto, solo per contrasto rispetto alla fuga in avanti imposta dalla modernizzazione. Una volta che si smetta di fuggire, che forma assume il desiderio di radicamento?

La negoziazione – la fraternizzazione? – tra i fautori del Locale e del Terrestre deve vertere sull’importanza, sulla legittimità e anche sulla necessità dell’appartenenza a un suolo, ma, e sta proprio qui la difficoltà, senza confonderla con quanto il Locale vi ha sovrapposto: l’omogeneità etnica, la patrimonializzazione, lo storicismo, la nostalgia, l’autenticità.

Al contrario, non c’è niente di più innovatore, niente di più presente, acuto, tecnico, artificiale (nell’accezione positiva del termine), niente di meno rustico e campagnolo, niente di più creativo, niente di più contemporaneo che negoziare l’atterraggio su un suolo.

Non bisogna confondere il ritorno della Terra con il “ritorno alla terra” di triste memoria. È questa la posta in gioco di quelle che sono chiamate le Zone da Difendere: la ripoliticizzazione dell’appartenenza a un suolo.

La distinzione tra il Locale e il suolo di nuova formazione è ancora più importante per il fatto che bisogna fare di tutti i pezzi di terra dei luoghi in cui i diversi tipi di migranti verranno ad abitare. Mentre il Locale è fatto per differenziarsi chiudendosi, il Terrestre si differenzia aprendosi.

Ed è qui che interviene l’altro lato della trattativa, quello che si rivolge a quanti bruciano le tappe verso il Globale. Come è necessario riuscire a incanalare il bisogno di protezione per riuscire a volgerlo verso il Terrestre, così bisogna mostrare a coloro che si precipitano verso la globalizzazione-univoca fino a che punto essa differisca dall’accesso al Globo e al mondo.

Il fatto è che il Terrestre dipende dalla terra e dal suolo ma è anche mondiale, nel senso che non si inquadra in alcuna frontiera, che va al di là di ogni identità.

In questo senso risolve il problema di spazio che abbiamo segnalato prima: non c’è Terra che corrisponda all’orizzonte infinito del Globale, ma, al tempo stesso, il Locale è eccessivamente ristretto, angusto, per contenere la molteplicità degli esseri del mondo terrestre. Per questo lo zoom che pretendeva di allineare Locale e Globale come due punti di vista in successione lungo uno stesso percorso non ha mai avuto senso.

Quali che siano le alleanze da stringere, di sicuro ne saremo incapaci se continueremo a parlare di atteggiamenti, affetti, passioni e posizioni politiche, mentre il mondo reale, sul quale la politica si è sempre orientata, è completamente cambiato.

In altri termini, abbiamo accumulato ritardo nel riequipaggiamento dei nostri sentimenti politici. Per questo occorre rilanciare l’operazione e mettere la nuova massa magnetica davanti alla bussola tradizionale: per vedere la direzione che indicherà e come, di conseguenza, le nostre emozioni si troveranno ridistribuite.

Non serve a niente nascondersi le difficoltà. La battaglia sarà dura. Il tempo perso nel continuare a misurare il vecchio vettore Destra/Sinistra ha ritardato le mobilitazioni e le negoziazioni necessarie.

È proprio questo ad aver rallentato l’affermazione dei partiti ecologisti: essi hanno voluto collocarsi tra la Destra e la Sinistra o cercare di “superare” la partizione Destra/Sinistra, ma senza mai precisare il luogo da cui si poteva immaginare un tale “superamento”. Invece di fare un passo di lato, si sono ritrovati ridotti ai minimi termini dai due attrattori, a loro volta progressivamente svuotati di realtà. Non stupisce che anche i partiti girino spesso a vuoto.

Non cominciamo forse a distinguere, ogni giorno in modo più preciso, le premesse di un nuovo sentire che darebbe un diverso e durevole orientamento alle forze in campo? Si comincerebbe a chiedersi: Siamo Moderni o Terrestri?

I teorici della politica diranno che non si inventa mai un nuovo orientamento su valori così fondamentali come quelli che vanno dalla Sinistra alla Destra; al che gli storici potrebbero rispondere: “C’era forse gente ‘di destra’ e gente ‘di sinistra’ prima del xvii secolo?”.

L’importante è poter uscire dall’impasse immaginando un insieme di nuove alleanze: “Non siete mai stati di sinistra? Non è grave, nemmeno io, ma come voi sono radicalmente Terrestre!”. Un insieme di posizioni che bisogna imparare a riconoscere, prima che i militanti del Moderno estremo distruggano completamente la scena…


1. È il senso che Gilles Deleuze dà spesso a questa differenza, che sarebbe di natura e non contingente.

2. È il problema delle passioni scatenate dal tema della decrescita. Nell’orizzonte moderno, non si può decrescere senza regredire. Oppure bisogna cambiare orizzonte. Di qui l’importanza di proporre altri termini, come può essere quello di prosperità suggerito da Maylis Dupont. Lungo il nuovo vettore, invece di progredire almeno si può sperare di prosperare.

3. Ringrazio Pierre Charbonnier per avere sottolineato l’importanza di questa continuità. Le parti che seguono sono debitrici del suo ultimo lavoro in corso. Si veda anche P. Charbonnier, B. Latour, B. Morizot, “Redécouvrir la terre”, in Tracés, 2017, pp. 227-252.

4. Anna Tsing propone uno schema migliore di quello che consiste nel prendere un obiettivo qualsiasi tirato di qua e di là tra i quattro attrattori. Sarebbe infatti più realistico ma anche più difficile da disegnare. Conferenza tenuta ad Aarhus, giugno 2016.

5. B. Latour, P. Weibel, Making Things Public: Atmospheres of Democracy, mit Press, Cambridge, ma, 2005.

6. N. Marres, Material Participation: Technology, the Environment and Everyday Publics, Palgrave, London 2012. È a Marres che si deve il bello slogan: “No issue, no politics”.