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- Le Cosmicomiche: puo’ spiegarci innanzitutto il titolo?
- Combinando in una sola parola i due aggettivi cosmico e comico ho cercato di mettere insieme varie cose che mi stanno a cuore. Nell’elemento cosmico per me non entra tanto il richiamo dell’attualita’ spaziale, quanto il tentativo di rimettermi in rapporto con qualcosa di molto piu’ antico. Nell’uomo primitivo e nei classici il senso comico era l’atteggiamento piu’ naturale; noi invece per affrontare le cose troppo grosse abbiamo bisogno d’uno schermo, d’un filtro, e questa e’ la funzione del comico.
- L’espressione ”comiche” va dunque intesa secondo le antiche classificazioni degli stili?
- Non credo, io pensavo piu’ semplicemente alle comiche del cinema muto, e soprattutto ai comics o storielle a vignette in cui un pupazzetto emblematico si trova di volta in volta in situazioni sempre diverse che pure seguono uno schema comune: cioe’ penso a degli esempi, forse ineguagliabili, di stilizzazione, di precisione formale.
(Tratto da un’intervista rilasciata da Calvino nel 1965, al momento della prima edizione delle Cosmicomiche).
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Sono le conferenze che Calvino preparò per l’Università di Harvard, che
non furono mai tenute perché la morte lo colse improvvisamente. Ne
erano previste sei, ma nel suo dattiloscritto, lasciato pronto sopra la
scrivania da mettere in valigia, ne furono trovate solamente cinque, la
sesta l’avrebbe scritta negli Stati Uniti, si sarebbe intitolata
“Consistency” e di essa Esther Calvino dice che avrebbe parlato di
Bartleby lo scrivano. In appendice vi è uno scritto, intitolato
“cominciare e finire”, ritrovato tra le carte dello scrittore, in cui
Calvino illustra, citando esempi illuminanti, l’importanza e la
significatività degli incipit del romanzo, di quel fatidico e
delicatissimo momento in cui si oltrepassa la soglia della molteplicità
del mondo vissuto per entrare in un mondo nuovo, quello della parola, a
partire dall’invocazione alle Muse di Omero fino a Proust e Musil,
concludendo che la storia della letteratura è ricca di incipit
memorabili, mentre i finali originali sono più rari, a dimostrazione di
quanto sia decisivo il collegamento tra la molteplicità dell’esistente e
la particolarità dell’opera letteraria, che è “una minima porzione in
cui l’universo si cristallizza in una forma, in cui acquista un senso,
non definitivo, ma vivente come un organismo”. Le lezioni
contengono un’esposizione articolata e illustrata con continui
riferimenti a opere letterarie classiche e moderne dei requisiti che,
secondo la concezione moderna che Calvino aveva, la letteratura del
nuovo millennio avrebbe dovuto salvare: leggerezza, rapidità, esattezza,
visibilità, molteplicità. Mi limito a dire che, nonostante l’apparente
autonomia degli argomenti trattati, ho rilevato una circolarità nelle
tematiche svolte da Calvino, in quelle che egli individua come le linee
guida per lo scrittore, ma anche per il lettore, tale per cui esse si
presentano come complementari o comunque interdipendenti
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In una notte invernale un viaggiatore si ferma nella piccola stazione ferroviaria di una cittadina di provincia, in un paese imprecisato. In mano ha una valigia dal contenuto misterioso che deve consegnare a una persona che non ha mai visto. Fin dalle prime pagine il romanzo di Calvino cattura l'attenzione del lettore trascinandolo in una avventura, anzi in dieci avventure completamente diverse. Un libro composto da dieci romanzi a incastro.<
L’invenzione di Morel è il romanzo più celebre di Adolfo Bioy Casares, uno dei narratori più originali della letteratura latinoamericana del Novecento. Pubblicato nel 1940, esce oggi in una nuova traduzione di Francesca Lazzarato, che ne ha curato anche la postfazione. Fortemente ispirato all’ Isola del dottor Moreau di H.G. Wells e ai racconti di E.A. Poe, questo romanzo visionario narra le avventure di un fuggiasco che, sbarcato su un’isola deserta per evitare la condanna all’ergastolo, scopre di non essere solo come credeva. In bilico tra il terrore di essere identificato e la frustrazione per il desiderio di essere riconosciuto, il protagonista si ritrova sospeso tra realtà e irrealtà e inizia a seguire, osservare e spiare gli altri isolani. Sarà infine il misterioso Morel a fornirgli le chiavi di lettura di un mondo allucinatorio costituito da pura forma. Un romanzo estremamente moderno e denso, che in poche pagine cattura il lettore invogliandolo ad addentrarsi nei labi- rinti della trama e a decifrarne gli enigmi.
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Sinossi
L’invenzione di Morel è il romanzo più celebre di Adolfo Bioy Casares, uno dei narratori più originali della letteratura latinoamericana del Novecento. Pubblicato nel 1940, esce oggi in una nuova traduzione di Francesca Lazzarato, che ne ha curato anche la postfazione. Fortemente ispirato all’ Isola del dottor Moreau di H.G. Wells e ai racconti di E.A. Poe, questo romanzo visionario narra le avventure di un fuggiasco che, sbarcato su un’isola deserta per evitare la condanna all’ergastolo, scopre di non essere solo come credeva. In bilico tra il terrore di essere identificato e la frustrazione per il desiderio di essere riconosciuto, il protagonista si ritrova sospeso tra realtà e irrealtà e inizia a seguire, osservare e spiare gli altri isolani. Sarà infine il misterioso Morel a fornirgli le chiavi di lettura di un mondo allucinatorio costituito da pura forma. Un romanzo estremamente moderno e denso, che in poche pagine cattura il lettore invogliandolo ad addentrarsi nei labi- rinti della trama e a decifrarne gli enigmi.
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In questo volume sono state raccolte le famose "Tragedie in due battute", scenette teatrali in due battute basate sul nonsense, sul paradosso. Il libro è corredato di una introduzione di Masolino d'Amico che racconta come e quando nacque questo originale genere teatrale frutto della fervida fantasia di Achille Campanile. Un libro che è un monumento alla brevità.
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Carlos Castaneda, un giovane antropologo dell'Università di California, registra in questo libro le esperienze fatte durante cinque anni di apprendistato presso don Juan, uno stregone indiano Yaqui. In una serie di singolari dialoghi, Castaneda espone la sua parziale iniziazione al tipo di percezione di don Juan e al suo dominio della “ realtà non ordinaria ”. Descrive come il peyote e altre piante sacre agli indiani del Messico siano usate come vie d'accesso ai misteri del “terribile”. Pur dovendo trattare di fenomeni fuori del comune, spesso di fatti di un ordine fantastico e terrificante, Castaneda scrive con semplicità e concretezza, lasciando che gli avvenimenti esprmano da soli il loro dramma. Dal resoconto emergono con vigore la nobiltà, profondità e autorità di don Juan e dei suoi insegnamenti. E' un libro senza precedenti, stranamente bello, che si è assicurato un posto nella letteratura dell'etnologia come un documento sempre valido e vivo di una manifestazione dello spirito umano. Taoismo, Yoga, Vedanta e Zen — le antiche “Vie di liberazione” — appartengono anima e corpo all'Asia. E' stato detto che l'Occidente non ha mai prodotto nessuna via di conoscenza spirituale paragonabile al grande sistema dell'Oriente, ed è per questo che il libro di Castaneda ha il valore di una vera e propria rivelazione.<
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