JAMES HADLEY CHASE

PIOMBO E TRITOLO

(Twelve Chinks And A Woman, 1940)

1

Fenner apri un occhio quando le eleganti curve di Paula Dolan e la sua vaporosa testolina fecero capolino dalla porta dell'ufficio. La contemplo con sguardo vago, e poi si sistemo meglio sulla sedia. Aveva appoggiato i suoi enormi piedi sull'immacolato sottomano della scrivania e la sedia girevole era pericolosamente inclinata all'indietro. Borbotto assonnato: «Fila via, Dizzy, giocheremo dopo. Adesso sto pensando.»

Le curve riempirono la porta semiaperta e Paula si avvicino alla scrivania. «Svegliati, Morfeo» disse. «Ti cercano.»

Fenner grugni. «Mandali via. Di' che abbiamo chiuso l'ufficio. Devo pur dormire anch'io, qualche volta, no?»

«Ma a che cosa ti serve il letto?» ribatte Paula, stizzita.

«Non fare certe domande» bofonchio Fenner, scivolando ancora di piu sulla sedia.

«Scuotiti, Dave» imploro la ragazza. «C'e una madonna addolorata di la, e pare che voglia dividere con te un grave peso.»

Di nuovo Fenner apri un occhio. «Cos'hai detto che e?» chiese. «Magari cerca l'elemosina.»

Paula si sedette sull'orlo della scrivania. «Ci sono volte in cui mi domando perche lasci quella targa fuori dalla porta. Non vuoi trovar lavoro?»

Fenner scosse il capo. «No, se appena posso» rispose. «Siamo al verde?

Be', pigliatela comoda.»

«Stai rinunciando a un bel bocconcino. Comunque, se la pensi cosi…»

Paula scivolo dalla scrivania.

«Ehi, un minuto» Fenner si drizzo sulla sedia e scosto il cappello dagli occhi. «E davvero una madonna addolorata?»

Paula annui. «Deve essersi cacciata in qualche imbroglio, Dave.»

«Va bene, va bene, falla entrare, falla entrare.»

Paula apri la porta. Disse: «Volete accomodarvi, prego?»

Una voce rispose: «Grazie» e una giovane donna entro. Passo davanti a Paula lentamente, guardando Fenner coi grandi occhioni azzurri sgranati per la curiosita.

Era un tantino piu alta della media, snella e flessuosa. Aveva gambe lunghe, mani e piedi piccoli, e il corpo molto eretto. I capelli, appuntati sotto il grazioso cappellino, erano neri come l'ebano. Portava un severo tailleur, e appariva molto giovane e molto spaventata.

Paula l'incoraggio con un sorriso e usci, chiudendosi gentilmente la porta alle spalle.

Fenner tolse i piedi dalla scrivania e si alzo. «Sedetevi» disse «e ditemi cosa posso fare per voi.» Le indico la poltrona accanto alla scrivania.

Lei scosse il capo. «Preferisco restare in piedi» mormoro senza fiato.

«Forse non potro fermarmi a lungo.»

Fenner si rimise a sedere. «Potete fare quello che vi pare» ribatte conciliante. «Tutti sono come a casa propria, qui.»

Rimasero a guardarsi l'un l'altra per un lungo minuto. Poi Fenner riprese:

«Sara meglio che vi sediate. Dovete raccontarmi tante cose e sembrate stanca.»

Vedeva che la donna non aveva paura di lui, era spaventata da qualcosa di cui non sapeva niente. Lei si guardava attorno come se fosse pronta a scappar fuori dalla porta.

Ancora una volta, la donna scosse il capo. «Dovete cercare mia sorella» disse, ansante. «Sono cosi preoccupata per mia sorella! Quanto costera?

Voglio dire, quali sono le vostre tariffe?»

Fenner lancio un'occhiata furtiva al calamaio che aveva a portata di mano. «Non preoccupatevi per le spese. Pensate soltanto a rilassarvi, e a raccontarmi tutto» rispose. «Ditemi chi siete, tanto per cominciare.»

Squillo il telefono, al suo fianco. La reazione della ragazza fu impressionante. Scatto indietro con una mossa aggraziata, mentre gli occhi le si dilatavano, appannandosi.

Fenner le sorrise. «Fa anche a me lo stesso effetto» osservo tranquillo, allungando la mano verso il ricevitore. «Quando mi addormento e squilla il telefono, e come se mi sparassero addosso.»

Lei rimase immobile, tesa, accanto alla porta, e lo guardava.

Fenner disse: «Scusatemi» mentre alzava il ricevitore. «Si?»

La linea era disturbata. Poi qualcuno chiese con un accento indefinibile:

«Parla Fenner?»

«Si.»

«C'e una ragazza che dovrebbe venire da un momento all'altro a trovarvi.

Non lasciatela scappare, finche non arrivo io. Vengo subito al vostro ufficio. D'accordo?»

Fenner lascio cadere gli occhi sulla ragazza, e le sorrise rassicurante.

«Non capisco» disse al telefono.

«Statemi a sentire, basta che capiate questo. Verra una ragazza da voi e vi raccontera qualcosa su una sorella che non si trova piu. Ebbene, tenetela li, per conto mio. Si e ammalata in seguito a delle delusioni. E scappata ieri da un manicomio, e so che sta venendo da voi. Trattenetela, e basta.»

Fenner abbasso il cappello fin sull'arco del naso. «Chi diavolo siete?» chiese.

Ci furono altri disturbi sulla linea. «Ve lo spieghero appena arrivo. Vengo subito. Sarete pagato profumatamente, se mi aiutate.»

Fenner rispose: «Va bene, vi aspetto.»

La ragazza chiese: «Vi ha detto che sono pazza?» La mano che non reggeva la borsetta tormentava la cucitura della gonna.

Fenner rimise a posto il ricevitore. Fece un breve cenno d'assenso.

La ragazza chiuse gli occhi per un secondo, poi le palpebre si sollevarono come quelle di una bambola messa a sedere. Disse, disperata: «E cosi difficile non credergli.» Poi appoggio la borsa sulla scrivania, si tolse i guanti e si strappo via la giacca. Fenner rimase perfettamente immobile, la mano sul telefono, guardandola. Lei sospiro e poi, con mani tremanti, comincio a slacciarsi la camicetta.

Fenner si mosse. «Non occorre niente del genere» disse, imbarazzato.

«Mi interessa il vostro caso senza alcuna dimostrazione.»

Ancora una volta lei prese fiato con un sospiro e poi gli volse le spalle.

Si tolse la camicetta. Fenner allungo la mano verso il campanello. Forse questa madamigella era pazza davvero e voleva incriminarlo per aggressione. Poi si irrigidi e ritiro la mano. Sulla schiena della ragazza c'erano dei lividi bluastri, molto evidenti, che spiccavano sulla pelle bianca. Alcuni di essi avevano la forma di impronte digitali. Lei si rimise la camicetta, l'abbottono, e poi infilo la giacca. Infine si volto e i suoi occhioni, piu grandi che mai, si spalancarono su Fenner.

«Adesso ci credete, che sono nei pasticci?» chiese.

Fenner scosse il capo. «Non c'era bisogno di farlo» rispose. «Siete venuta da me a cercare aiuto. Vi aiutero, perche preoccuparsi? Non dovete avere paura.»

Lei resto in piedi a torturarsi il labbro inferiore coi denti brillanti. Poi apri la borsetta e ne tolse un rotolo di biglietti di banca. Li depose sulla scrivania.

«Bastano per assicurarmi il vostro impegno?» disse.

Fenner tocco il rotolo con dita impacciate. Senza contarli non poteva esserne sicuro, ma era pronto a scommettere che c'erano almeno seimila cucuzze in quel rotolo. Scatto in piedi, prese il danaro e ando alla porta.

«Restate qui» disse, e usci.

Nella stanza accanto, Paula era seduta alla macchina da scrivere, le mani in grembo, gli occhi ansiosi.

«Metti il cappello e porta quella bambola al Baltimora Hotel» le ordino Fenner. «Trovale una stanza e dille di chiudersi dentro a chiave. Prendi anche questi, e quando l'hai sistemata, portali in banca. Cerca di sapere tutto quello che puoi sul suo conto. Dille che mi pigliero cura di lei. Falle il discorso del non-preoccuparti-sei-in-buone-mani. Un bel discorso, lungo, convincente. La ragazza ha i nervi a pezzi, e in una brutta situazione ed e ancora abbastanza giovane da aver bisogno di una madre.»

Ritorno nel suo ufficio. «Come vi chiamate?» chiese.

La ragazza giunse le mani. «Portatemi via da qui» prego.

Fenner le appoggio una mano sul braccio. «Vi faccio uscire assieme alla mia segretaria. Ci pensera lei a voi. C'e un tizio che vi cerca e sta venendo qui. Io pensero a lui. Come vi chiamate?»

«Marian Daley» rispose. Poi degluti ed aggiunse in fretta: «Dove devo andare?»

Entro Paula, infilandosi i guanti. Fenner fece un cenno. «Andate con la signorina Dolan» rispose. «Passate dall'uscita di servizio. Ora siete al sicuro. Non abbiate piu paura.»

Marian Daley gli offri un sorrisetto timido. «Sono contenta di essere venuta da voi» dichiaro. «Capite, me la sto vedendo brutta. E mia sorella, dopotutto. Che cosa c'entra lei con quei dodici cinesi?»

Fenner sbuffo. «Che ne so io?» rispose, accompagnandola alla porta.

«Magari le piacciono i cinesi. Capita. State tranquilla, ora, fino a che non verro da voi, stasera.»

Le fece uscire sul pianerottolo e le guardo entrare nell'ascensore. Quando la cabina scomparve al piano di sotto, rientro in ufficio. Chiuse la porta dolcemente dietro di se e ando alla scrivania. Apri il primo cassetto e ne tolse una rivoltella calibro 38, speciale per poliziotti; lavorava senza sapere niente. Infilo la pistola sotto la giacca e si sedette dietro la scrivania. Ci appoggio di nuovo i piedi e chiuse gli occhi.

Rimase cosi per una decina di minuti, la testa piena di congetture. Tre cose lo affascinavano: i seimila dollari, i lividi sulla schiena della ragazza, e quella dozzina di cinesi. Perche tutto quell'anticipo? Perche non gli aveva semplicemente detto che qualcuno l'aveva picchiata, invece di fare uno spogliarello? Perche parlare di dodici cinesi? Perche non dire soltanto:

"Che c'entra lei coi cinesi?". Perche proprio dodici? Si mosse sulla sedia. E poi, quel tizio al telefono. E se fosse vero che era fresca di manicomio? Ne dubitava. Era spaventata a morte, questo si, ma sembrava una ragazza normale. Apri gli occhi e diede un'occhiata al piccolo orologio cromato sopra la scrivania. Se n'era andata da dodici minuti. Quanto ci voleva, a quel tipo, per arrivare?

Mentre pensava, si rese conto che non era concentrato come avrebbe dovuto. Stava ascoltando qualcuno che zufolava nel corridoio. Si mosse irritato e riporto l'attenzione sugli ultimi eventi. Chi era Marian Daley? Ovviamente una ragazza ricca, dei quartieri alti. I vestiti che portava dovevano essere costati parecchio.

Perche quel ragazzo, la fuori, non la smetteva di fischiare? Che canzone era, a proposito? Tese l'orecchio. Poi, dolcemente, prese a canticchiare sottovoce il triste ritornello di Chloe in sintonia con lo zufolatore.

Il ritornello lo perseguitava: smise di canticchiare e ascolto il fischiettio, battendo il tempo con l'indice sul dorso della mano. Poi, improvvisamente, si senti raggelare. Chiunque fosse che fischiava, non si stava muovendo. Il suono, basso, penetrante, continuava sempre allo stesso volume, come se l'uomo stesse fuori dalla porta a fischiare per lui.

Fenner tolse i piedi dalla scrivania, e sposto indietro la sedia, pian piano.

Il lugubre ritornello continuava. Infilo la mano nella giacca e tocco il calcio della 38.

Nella sua stanza, c'era un'uscita secondaria che dava sulla scala di servizio. Era sempre chiusa a chiave. A Fenner pareva che il fischiettio venisse proprio di li.

Si accosto alla porta e giro con precauzione la chiave nella serratura, stando bene attento a non far cadere la propria ombra sul vetro smerigliato.

Mentre abbassava la maniglia e apriva la porta pian piano, il fischio cesso all'improvviso. Usci sul pianerottolo e guardo da una parte e dall'altra. Non c'era nessuno in giro. Con una mossa repentina, si affaccio sulla tromba delle scale e guardo in basso. Non c'era nessuno. Si volto, percorse tutto il corridoio e ando a guardare l'altra rampa di scale. Niente, nemmeno li.

Abbassandosi il cappello sul naso, si fermo tendendo l'orecchio. Sentiva vagamente il rumore del traffico che saliva dalla strada, il ronzio degli ascensori, e l'insistente ticchettio del grande orologio in alto. Rientro lentamente in ufficio e si fermo sulla soglia, coi nervi tesi. Mentre entrava e chiudeva la porta, l'altro riprese a fischiare.

Ando nella prima stanza con in mano la 38. Si fermo sulla porta e grugni. Un ometto con un abituccio nero stava rannicchiato su una delle poltrone imbottite riservate ai clienti. Aveva il cappello cosi calcato sugli occhi, che Fenner non gli vedeva la faccia. Solo a guardarlo, capi che era morto. Mise la pistola in tasca e si avvicino. Guardo le mani piccole, giallastre e ossute, abbandonate in grembo. Poi si chino e sposto il cappello.

Non era piacevole a vedersi. Era un cinese, si. Gli avevano tagliato la gola, cominciando dall'orecchio destro e finendo al sinistro a perfetto semicerchio. La ferita era stata ricucita per benino, ma restava pur sempre una visione da incubo.

Fenner si asciugo il viso col fazzoletto. «Che giornata!» impreco sottovoce.

Mentre se ne stava li, chiedendosi cosa cavolo potesse fare, il telefono comincio a squillare. Si avvicino all'apparecchio, inseri la spina e alzo il ricevitore.

Paula era eccitata. «Se l'e svignata, Dave» ansimo. «Siamo arrivate fino al Baltimora, e poi lei e sparita.»

Fenner diede una gran sbuffata. «Vuoi dire che qualcuno l'ha portata via?»

«No. Mi e semplicemente scappata da sotto gli occhi. Stavo chiedendo una stanza per lei all'albergo, ho girato la testa e l'ho vista infilare la porta di corsa; quando sono arrivata sulla strada, lei era sparita.»

«E il malloppo?» chiese Fenner. «Sparito anche quello?»

«Quello e al sicuro. L'ho appena messo in banca. Ma io che cosa faccio?

Devo tornare?»

Fenner guardo il cinese. «Resta nei paraggi del Baltimora e fa' colazione. Ti raggiungo appena ho finito. Proprio adesso ho un cliente per le mani.»

«Ma Dave, e la ragazza? Non sarebbe meglio che tu venissi subito?»

Fenner era un tipo impaziente per natura. «In questo ufficio, comando io» taglio corto. «Ogni minuto che passa, mi si raffredda il cliente, e non per cattiva volonta, te lo assicuro.» Abbasso il ricevitore e si drizzo sulla schiena. Guardo il cinese senza emozione. «Allora, bello mio» disse «che ne diresti di fare una passeggiata?»

Paula aspetto, seduta nell'ingresso del Baltimora Hotel, fino alle tre. Aveva ormai raggiunto un punto di tensione molto alto, quando, alle tre e un quarto, Fenner attraverso l'ingresso a grandi passi, le sopracciglia che quasi s'incontravano in un severo cipiglio, gli occhi duri e freddi. Disse, dopo aver raccolto la giacca di Paula dalla sedia: «Alzati, piccola, ti devo parlare.»

Paula lo segui nel bar, che era semivuoto. Fenner la condusse a un tavolo in fondo alla sala. Ebbe cura di spostare il tavolino in modo da sedersi di fronte alle porte girevoli.

«Che cosa usi, invece del profumo, la grappa?» domando Fenner alla ragazza, mentre si mettevano a sedere. «Questo ti sembra il luogo piu adatto per sbevazzare?»

«Che belle parole!» replico Paula. «Cos'altro puo fare una ragazza, in un posto come questo? Ho preso solo tre martini. Cosa ti salta in mente? Sono tre ore che sto incollata alla sedia.»

Fenner chiamo un cameriere e ordino due Scotch doppi con soda. Volse le spalle a Paula e stette a osservare il cameriere che eseguiva l'ordinazione e ritornava coi bicchieri e il resto. Quando il cameriere ebbe posato il tutto sul tavolino, Fenner prese uno dei bicchieri con lo Scotch, ne verso il contenuto nell'altro, riempi il bicchiere vuoto con la soda e lo passo a Paula.

«Devi curarti la pelle, Dizzy» spiego, e tracanno una meta dello Scotch, liscio.

Paula sospiro. «Bene. Avanti» disse con impazienza. «Vuota il sacco.

Mi sono tolta dalla circolazione per tre ore.»

Fenner accese una sigaretta e si appoggio allo schienale della sedia. «Sei proprio sicura che la Daley ti e scappata via di sua spontanea volonta?»

Paula annui. «E andata come ti ho detto. Ero al banco dell'albergo e ho chiesto una stanza. Lei era dietro di me. Mi sono tolta il guanto per firmare il libro e mi son sentita, come dire, sola. Ho girato la testa e ho visto la ragazza che stava infilando la porta. Era completamente sola e aveva una gran fretta. Quando sono finalmente riuscita a passare dalla porta girevole, lei era sparita. Non ti dico, Dave, e stato un brutto colpo. Cio che mi spaventava di piu era che avevo tutti quei soldi con me. Hai fatto una sciocchezza a darmeli.»

Fenner le ghigno in faccia con cattiveria. «Non sai ancora quanto io sia stato furbo, piccola» fece. «E stata un'idea geniale mandarti fuori con il malloppo. Comunque, continua.»

«Rientrata in albergo, ho chiesto una busta, ci ho infilato i soldi e l'ho consegnata al cassiere, in deposito. Poi mi sono precipitata in strada e ho dato nuovamente un'occhiata in giro; non ho scoperto niente di nuovo e cosi ti ho telefonato.»

Fenner annui. «Bene. Se sei sicura che nessuno l'ha costretta a scappare, lasciamo pure che se ne vada, per il momento.»

Paula dichiaro: «Sono sicurissima!»

«Adesso ti racconto io qualcosa. Non mi piace questa faccenda. Qualcuno ha depositato un cinese, gia cadavere, nella prima stanza del nostro ufficio dopo che tu te ne sei andata, e ha informato la polizia.»

Paula s'irrigidi. «Un cinese… morto?»

Fenner sorrise lugubre. «Gia. Aveva la gola tagliata ed era morto da un po'. In ogni caso, avrei dovuto spiegare perche era li. Appena l'ho visto, mi sono chiesto il perche. O avevano lasciato il morto come una minaccia, oppure era una trappola. Non avevo intenzione di perdere tempo; l'ho trascinato fuori e l'ho scaricato in un ufficio, vuoto, in fondo al corridoio. Ebbene, avevo visto giusto. Era una trappola. Non erano passati dieci minuti che tre poliziotti hanno fatto irruzione nell'ufficio. Cercavano il cinese e, credimi, c'e mancato poco che non scoppiassi a ridergli in faccia.»

«Ma perche?» chiese Paula, con gli occhi sgranati.

«Immaginati se l'avessero trovato. Sarei stato portato alla polizia e trattenuto. Ecco che cosa volevano. Togliermi di mezzo per un po', in modo che loro potessero riacciuffare la ragazza. I tre cani mastini si sono raddolciti parecchio, quando non hanno trovato niente da annusare, ma hanno buttato all'aria le due stanze. Tenevo le dita incrociate. Se avessero trovato quei seimila dollari, avrebbero certo voluto saperne la provenienza.»

«Ma che cosa significa tutto questo?» replico Paula.

«Lo chiedi a me? Lo trovo soltanto divertente; ma non significa ancora niente. Che cosa hai cavato dalla Daley?»

Paula scosse il capo. «Non parlava. Le ho rivolte le solite domande per i nostri registri, ma lei mi ha risposto che avrebbe parlato solo con te.»

Fenner fini lo Scotch e spense la sigaretta. «L'indagine pare arrivata a un punto morto» concluse. «Abbiamo seimila dollari al sicuro, e niente da fare.»

«Ma non vorrai star seduto a far niente?»

«Perche no? Me l'ha dato lei, il malloppo, non e vero? Poi, quando io la voglio sistemare in modo che lei possa parlare in tutta tranquillita, scompare. Perche dovrei preoccuparmene? Se vorra qualche consiglio, si fara viva.»

Un uomo anziano dalla faccia onesta, tutto mento e naso, entro nel bar e si sedette a pochi tavoli da loro. Paula lo guardo incuriosita. Dagli occhi, sembrava che avesse pianto. Si chiese perche. Fenner interruppe i suoi pensieri.

«Che cosa pensi della Daley?» chiese.

Paula sapeva cosa voleva Fenner. «Ha ricevuto una buona educazione.

Portava vestiti di classe che costano parecchio. E terrorizzata da qualcosa.

Potrei indovinare la sua eta, ma probabilmente farei uno sbaglio. Diciamo che ha ventiquattro anni. Ma potrebbe averne sei di meno, o sei di piu. Deve essere una brava ragazza, o e una gran brava attrice. Porta un trucco leggero e deve aver vissuto a lungo in posti assolati. E riservata…»

Fenner annuiva. «Mi aspettavo proprio questo. Certo, e un tipo riservato.

Allora, perche si e tolta la camicetta per mostrarmi i lividi?»

Paula abbasso il bicchiere e lo fisso. «Questa e nuova» esclamo.

«Oh, scopriro tutto, prima o poi.» Fenner agito il bicchiere verso il cameriere. «Tu non sai nemmeno del tizio che mi ha telefonato mentre stavo parlando con lei e mi ha detto che e pazza. E allora lei ha fatto lo spogliarello. E questo che non capisco. Non collima con il suo tipo. Si e semplicemente tolta la giacca e la camicetta ed e rimasta in piedi, in mezzo alla stanza, col reggiseno. Non tornano i conti.»

«L'avevano picchiata?»

«Altro che picchiata! I lividi che aveva sulla schiena sembravano dipinti, tanto erano neri.»

Paula ci penso su per un momento. «Forse aveva paura che tu la credessi davvero pazza e soltanto quei lividi potevano dimostrarti che si era cacciata in un imbroglio.»

Fenner annui. «Puo darsi che sia andata cosi, ma non mi piace.»

Mentre il cameriere portava un altro Scotch, Paula riprese a guardare l'uomo anziano. Disse a Fenner: «Non guardarlo adesso, ma c'e un uomo poco lontano che dimostra un grande interesse per te.»

«Ebbe'?» replico Fenner, sgarbato. «Gli piacera la mia faccia.»

«No, non questo. Forse crede che tu sia il tipo adatto per fare l'attore.»

L'uomo in questione si alzo bruscamente e si avvicino. Era incerto, e aveva un aspetto cosi triste che Paula lo incoraggio con un sorriso. Lui si rivolse a Fenner.

«Scusatemi» fece «ma siete voi il signor Fenner?»

«In persona» rispose Fenner senza entusiasmo.

«Mi chiamo Lindsay. Andrew Lindsay. Ho bisogno del vostro aiuto.»

Fenner si mosse, inquieto. «Piacere di conoscervi, signor Lindsay» rispose «ma non posso aiutarvi.»

Lindsay parve sconcertato. Vago con gli occhi verso Paula e poi ancora verso Fenner.

«Perche non vi sedete, signor Lindsay?» l'invito Paula.

Fenner la fulmino con un'occhiataccia, ma lei fece finta di niente.

Lindsay esito, e poi si mise a sedere.

Paula continuo, con una tale ostentazione di belle maniere, che quasi imbarazzarono Fenner. «Il signor Fenner e un uomo molto occupato, ma non l'ho mai visto chiudere la porta in faccia a nessuno che avesse bisogno di aiuto.»

Fenner penso tra se: "Devo dare una lezione a questa piccola impertinente, appena saremo soli". Annui a Lindsay perche v'era costretto. «Certo» confermo. «Che cosa vi angoscia?»

«Signor Fenner, ho letto sui giornali di come avete ritrovato la Blandish quando venne rapita. Io sono nelle stesse condizioni. La mia bambina e sparita ieri.» Due lacrime scivolarono lungo il viso affilato. Fenner distolse gli occhi. «Signor Fenner, vi sto chiedendo di aiutarmi a trovarla. Era tutto quello che avevo, e Dio solo sa che cosa le e successo.»

Fenner fini il whisky e appoggio il bicchiere sul tavolo con un rumore secco. «Avete avvertito la polizia?» chiese di punto in bianco.

Lindsay fece cenno di si.

«Rapire un bambino e contro la legge federale. Non posso fare meglio dell'F.B.I. Dovete essere paziente. Ve la troveranno.»

«Ma signor Fenner…»

Fenner scosse il capo. Si alzo in piedi. «Mi dispiace, ma non posso accettare.»

Il viso di Lindsay si corruccio come quello di un bambino deluso. Tese una mano e afferro la manica di Fenner.

«Signor Fenner, fatelo per me. Non ve ne pentirete. Potete chiedermi qualsiasi cifra. Voi potreste trovare la mia bambina prima di chiunque altro. Ne sono sicuro. Signor Fenner, vi prego, accettate.»

Gli occhi di Fenner erano dei pezzetti di ghiaccio. Stacco la mano di Lindsay dal suo braccio con gentilezza, ma deciso. «Statemi a sentire» disse. «Io lavoro per me stesso, e per nessun altro. Se voglio accettare un incarico, l'accetto. Altrimenti, lo rifiuto. Ne ho appena trovato uno che mi da parecchio da pensare. Mi dispiace per la vostra bambina, ma io non ci posso fare niente. L'F.B.I. e abbastanza potente per pensare a lei e ad altre centinaia di bambine. Mi dispiace, ma non accetto.»

Fece un cenno con il capo a Paula e usci dal bar. Lindsay lascio ricadere le mani, disperato, e comincio a piangere sommessamente. Paula gli strinse il braccio. Poi si alzo e usci. Fenner l'aspettava fuori. Le disse, furioso, mentre si avvicinava: «Cominci a seccarmi. Cosa credi, che dirigiamo un istituto di beneficenza?»

Paula lo guardo con cattiveria. «Quel pover'uomo ha perso la figlia; non ti fa pena?»

«Mi fa prudere il collo, ecco che cosa mi fa» replico Fenner. «Torniamo in ufficio. C'e da lavorare.»

«Ci sono volte in cui penso che tu sia un grand'uomo» disse Paula amaramente, mentre attraversavano l'ingresso dell'albergo. «Ma in questo momento mi sembra che un verme valga piu di te.»

Un giovanotto scese da uno sgabello del bar e raggiunse Fenner. «Sono Grosset, della polizia. Devo parlarvi.»

Fenner grugni. «Ho da fare adesso, amico» rispose. «Telefonami in ufficio domani, quando non ci sono.»

Come per scusarsi, Grosset indico un paio di poliziotti in borghese che aspettavano un po' discosti. «Preferite parlare qui o nel mio ufficio?» chiese garbatamente.

Fenner sogghigno. «In questo caso… Va bene, parliamo qui, ma sbrighiamoci.»

«Ho dimenticato una cosa. Torno subito» disse Paula. Li lascio e ritorno al bar. Lindsay era ancora la, seduto. Lei gli si sedette accanto. «Non dovete credere che il signor Fenner sia una persona sgarbata» disse con dolcezza. «Ha un caso per le mani che lo preoccupa. Fa sempre cosi. Non e cattivo.»

Lindsay alzo il capo e la guardo. «Non avrei dovuto chiederglielo» replico, disperato «ma ci tengo troppo alla mia bambina.»

Paula apri la borsetta e ne trasse un libretto di appunti.

«Ditemi i fatti» disse. «Non posso promettervi niente, ma cerchero di persuaderlo.»

Gli occhi incavati si accesero di un filo di speranza. «Si» fece l'uomo con ansia. «Che fatti volete?»

Intanto, nell'ingresso, Fenner aveva seguito Grosset in un angolo e si era seduto assieme a lui. Stava all'erta, sospettoso.

Grosset era gentile, troppo. Fece scattare un portasigarette d'oro, offri a Fenner e poi accese le due sigarette con un accendino pure d'oro.

«Vi trattano bene, a quel che vedo» constato Fenner.

«Non credo che ci siamo mai incontrati prima» replico Grosset e incrocio le gambe, mostrando i calzini a scacchi, bianchi e neri. «Ho dato uno sguardo alla vostra licenza. Voi siete quello che ha fatto un sacco di soldi con il rapimento della Blandish. Vi capito quando eravate ancora un pivellino, come investigatore. Avete avuto la fortuna di fare un buon colpo, avete lasciato il Kansas e vi siete sistemato qui. Dico giusto?»

Fenner emise una lunga boccata di fumo dalle narici. «Siete voi a raccontare la storia» rispose «per il momento, va bene.»

Grosset aveva l'espressione di chi la sa lunga. «Siete a New York da sei mesi. Non mi pare che abbiate fatto molto in tutto questo tempo.»

Fenner sbadiglio. «Raccolgo e scelgo» disse indifferente.

«Stamattina ci hanno soffiato qualcosa di piuttosto pesante sul vostro conto.»

Fenner gli ghigno in faccia divertito. «Davvero? Cosi pesante che avete mandato dei mastini ad abbaiarmi contro, dopodiche se ne sono andati via con la coda fra le gambe.»

Grosset sorrise. «In seguito, abbiamo perlustrato tutto l'edificio» disse.

«Abbiamo trovato un cinese assassinato in un ufficio vuoto, accanto al vostro.»

Fenner inarco le sopracciglia. «Di che cosa vi lamentate? Volete che vi trovi chi l'ha ucciso?»

«La soffiata di stamattina era per un cinese morto che dovevamo trovare nel vostro ufficio.»

«Che caso triste! Com'e successo? L'hanno depositato nell'ufficio sbagliato?»

Grosset fece cadere la cenere della sigaretta in un portacenere.

«Statemi a sentire, Fenner, voi ed io non dobbiamo litigare. Mettero le mie carte in tavola. Quel cinese e morto da trentasei ore. La soffiata era assurda, si capiva che era una trappola, ma dovevamo controllare. In conclusione, questo cinese ci interessa. Vogliamo vederci chiaro. Perche non ci dite il vostro punto di vista su questa storia?»

Fenner si gratto il naso.

«Fratello» rispose «sarei disposto a battere il tamburo dell'Esercito della Salvezza, dopo un simile fervorino. Se sapessi qualcosa, ve lo direi. Se quel cinese significava qualcosa per me, ve lo farei sapere subito, ma non e cosi. Non ho mai avuto quel cinese nel mio ufficio. Non ho mai messo gli occhi sul vostro cinese e prego Dio di non doverlo fare.»

Grosset lo guardo, pensoso. «Me l'avevano detto che eravate un tipo cosi» disse tristemente. «Preferite lavorare per conto vostro e poi buttarci tutto tra le braccia, appena avete la matassa bell'e sbrogliata. E va bene, se vi piace questo gioco, fate pure. Se potremo aiutarvi, lo faremo, ma se vi troverete nei guai, vi saremo addosso con tanta forza che crederete che l'Empire State Building vi stia crollando addosso.»

Fenner sogghigno e si alzo. «Tutto a posto?» chiese. «Se avete finito, ho del lavoro da sbrigare.»

Grosset annui. «Restate nei paraggi, Fenner. Ci rivedremo tra non molto.» Scrollo la testa verso i due cani da guardia, e poi i tre uscirono dall'albergo.

Paula apparve sulla soglia del bar e raggiunse Fenner che si dirigeva verso l'uscita. «Dove sei andata?» chiese.

«Stammi a sentire, Dave» rispose lei «ho parlato con il signor Lindsay.

Ho preso nota di quel che e successo a sua figlia. Perche non gli dai un'occhiata?»

Fenner la squadro con un'occhiata gelida. «Ce l'hai la corazza?»

«Che te ne importa?»

«Solo perche quando saremo tornati in ufficio te le suono, piccola, e ti giuro che non ti potrai sedere per due settimane, dopo la lezione che ti avro dato. E stammi a sentire, non un'altra parola su Lindsay e su sua figlia.

Non mi interessa, non mi ha mai interessato, e non mi interessera mai. Ho abbastanza grane per la testa da bastarmi per tutta la vita.»

«Con un cervello come il tuo, non c'e da stupirsene» replico Paula, freddamente, e lo segui in strada.

Tornato in ufficio, Fenner ando dritto alla sua scrivania e si sedette. Si accese una sigaretta e urlo a Paula: «Vieni qui, Dizzy.»

Paula scivolo attraverso la porta e si sedette al suo fianco, la penna sopra il libro degli appunti. Fenner scosse il capo. «Non voglio dettarti niente» disse. «Voglio che tu mi faccia compagnia.»

Paula incrocio le mani in grembo. «Bene» disse «ti faro da spalla.»

Fenner rimuginava. «Potrei scoprire qualcosa, se consegnassi quei quattrini alla polizia perche facciano delle ricerche. Ma in tal caso, dovrei permettere loro di ficcare il naso in questa faccenda. Il cinese preoccupa Grosset, che mi tiene d'occhio. Dovunque andro avro alle calcagna quell'intelligentone.»

«Perche no? Potrebbe trovarla lui, la ragazza, se gliene dai la possibilita.»

Fenner scosse il capo. «Sto ancora andando a naso» rispose. «Qualcosa mi dice che e meglio che la polizia resti fuori da questa storia.»

Paula getto un'occhiata all'orologio. Erano quasi le cinque. «Ho del lavoro da finire» disse. «Non puoi approdare a nulla, per ora.»

«Sta' qui, sta' qui. Sono sempre io che ti passo lo stipendio, no?»

Paula si mise piu comoda. Quando era di quell'umore, era meglio assecondarlo.

«Se quella ragazza non si mette in contatto con me, il caso si arena. Non ho una traccia su cui lavorare. Non so chi sia. Chissa da dove veniva. Tutto quello che so e che sua sorella ha a che fare con dodici cinesi. Se quello morto era uno, ora ne son rimasti undici. Perche darmi tutto quel malloppo e poi svignarsela cosi?»

«Metti che abbia visto qualcuno che conosceva, si sia spaventata, e abbia perso la testa» suggeri Paula, con dolcezza.

Fenner ci penso sopra. «Hai visto qualcuno che poteva spaventarla?»

Paula scosse il capo. «Sai benissimo com'e l'ingresso del Baltimora Hotel, a quell'ora.»

«Gia. Puo essere un'idea» Fenner si alzo in piedi e prese a camminare avanti e indietro sul tappeto dai vivaci colori. «Se e andata cosi, allora ci conviene stare attaccati al telefono ed aspettare che lei ci richiami. Magari non telefona, ma se lo facesse, preferirei saperlo subito.»

Paula gemette.

«Si. Ti conviene correre a casa, far la valigia e trasferirti qui. Puoi dormire sul divano» continuo Fenner.

Paula si alzo in piedi. «Mentre tu vai a casa e dormi nel tuo lettuccio caldo, vero?»

«Cio che faccio io non t'interessa. Ti faro sapere dove rintracciarmi.»

«Se il portinaio viene a sapere che dormo qui, chissa cosa pensera» disse Paula e indosso cappello e giacca.

«Lascia perdere. Sa che sono un tipo strano. Non ne fara uno scandalo.»

Paula infilo la porta e la richiuse dietro di se, con uno scatto deciso.

Fenner ebbe un mezzo sorriso e poi afferro il telefono. Compose un numero.

«La polizia? Datemi Grosset, per favore. Ditegli che lo vuole Fenner.»

Grosset si mise in linea dopo aver lasciato gracchiare il telefono per qualche istante. «Salve, Fenner. Avete cambiato idea e volete parlare?»

Fenner ghigno nel ricevitore.

«Non ancora, amico» rispose. «Voglio che parliate voi, invece. Di quel cinese che avete trovato. Scoperto niente di interessante su di lui?»

«Perdio, Fenner! Avete del fegato. Non vi aspetterete informazioni da me, spero?» scoppio a ridere Grosset.

«Statemi a sentire, Grosset» disse, serio, Fenner «questo caso non ha ancora avuto uno sbocco. Una specie di sesto senso mi dice che quando lo avra, ci sara chi ci lascera la pelle. Io intendo impedire che trovi uno sbocco.»

«Vi avverto Fenner, se mi tacete qualcosa, mal ve ne verra. Se succede qualcosa che io avrei potuto evitare, e scopro che voi lo sapevate, vi distruggero.»

Fenner si mosse sulla sedia.

«Lasciamo stare, capo» replico stizzito. «Sapete benissimo che e nel mio diritto coprire il cliente. Se vi va di essere gentile e darmi qualche informazione adesso, vi ricambiero con gli interessi appena cominciano le grane. Che ve ne pare?»

«Siete un bel tipo, voi» disse Grosset, dubbioso. «Comunque, quello che so io non vi aiutera molto. Non abbiamo scoperto niente.»

«Come l'hanno portato lassu?»

«Non e stato difficile. L'hanno messo in una cesta della biancheria, sono passati per l'entrata di servizio e l'hanno tirato fuori in un ufficio deserto, prima di scaraventarlo nel vostro.»

«Non scherziamo» replico Fenner. «Non l'hanno portato da me. L'hanno lasciato nell'ufficio vuoto.»

Grosset emise un suono simile allo strappo di una tela di cotone.

«Nessuno ha visto chi l'ha portato?»

«No.»

«Bene, grazie, amico. Vi rendero il favore un giorno. Nient'altro? Niente di strano?»

«Be', no, non credo. Gli hanno tagliato la gola e gliel'hanno ricucita… e abbastanza strano, mi pare.»

«Gia, capisco. Nient'altro, uhm?»

«Credo di no.»

Fenner riabbasso il ricevitore. Rimase a fissare l'apparecchio per parecchi minuti, un'espressione vuota sul viso e lo sguardo perplesso.

Quando Paula torno, un paio d'ore piu tardi, lo trovo sbracato sulla sedia, i piedi sulla scrivania, la cenere della sigaretta sparsa sulla giacca, e la stessa perplessita dipinta sul volto. Deposito una valigetta nell'ingresso e si tolse la giacca e il cappello. «Niente di nuovo?»

Fenner scosse il capo. «Se non fosse per quel cinese morto, chiuderei la partita. Non avrebbero corso il rischio di trascinare il cadavere fin quassu, se non fossero stati fin troppo ansiosi di togliermi di mezzo.»

Paula apri la valigetta e ne tolse un libro. «Io ho gia cenato» disse, sedendosi sulla poltrona accanto alla scrivania. «Sono a posto. Puoi anche andare.»

Fenner fece un cenno d'assenso. Si alzo e si spazzolo la giacca con la mano. «Bene. Torno tra poco. Se telefona, dille che ho assolutamente bisogno di vederla. Fatti dare il suo indirizzo e ripetile il solito discorsino.

Voglio metter le mani su quella damigella.»

«Lo sospettavo» mormoro Paula, ma Fenner si diresse alla porta senza darle retta. Sulla porta, trovo due uomini, spalla a spalla, vestiti di nero.

Sembravano messicani, ma non lo erano. Entrambi tenevano la mano destra nella tasca della giacca attillata. Erano vestiti nello stesso modo: abito nero, feltro nero, camicie bianche e cravatte sgargianti. Sembravano delle comparse di una commedia lacrimosa, solo guardandoli negli occhi si cominciava a pensare ai serpenti e ad altri esseri striscianti.

«Cercate me?» chiese Fenner. Senza che glielo dicessero, sapeva di avere due rivoltelle puntate contro il ventre. Non c'era da sbagliarsi, con quelle tasche gonfie.

«Si, pensavamo di farti una visitina» replico il piu basso dei due.

Fenner rientro in ufficio. Paula apri il cassetto della scrivania e mise la mano sulla 38 di Fenner. Il piu basso fece: «Ferma!» Parlava tra i denti, e dava un tono molto convincente a cio che diceva.

Paula si appoggio allo schienale e incrocio le mani in grembo.

Il piccoletto passo nella seconda stanza e si guardo in giro. Sembrava perplesso. Si avvicino al grande armadio dove Paula teneva le carte dell'ufficio e ci guardo dentro. Poi grugni.

«Se non vi dispiace aspettare, possiamo offrirvi la cena e un letto. Vorremmo che vi sentiste come a casa vostra» disse Fenner.

Il piccoletto raccolse un pesante portacenere che aveva a portata di mano, lo soppeso e, con quello, colpi violentemente Fenner al viso. L'investigatore tento di voltare la testa, ma non fu abbastanza svelto. Le punte sbalzate del portacenere lo presero di striscio al viso.

L'altro tolse dalla tasca un'automatica a canna corta e la pianto nel fianco di Paula. Lo fece con tanta violenza che la ragazza strillo.

«Una mossa, e ti facciamo correre le budella sul pavimento» fece il piccoletto.

Fenner si tolse il fazzoletto dal taschino e se lo passo sul viso. Cosi facendo, il sangue gli colo sulla mano e macchio il polsino della camicia.

«Ci rivedremo» disse tra i denti.

«Spalle al muro. Voglio frugare le stanze» replico il piccoletto. «Sbrigati, se non vuoi che te ne arrivi un altro.»

Improvvisamente, Fenner capi che erano cubani. Erano il tipo di persone che si incontra nell'ambiente del porto di una qualsiasi citta costiera, andando verso sud. Fenner si mise con le spalle al muro, le mani alzate. Era cosi furioso che avrebbe colto l'occasione per fargliela pagare a quei due, se non fosse stato per Paula. Si rendeva conto che erano un po' troppo violenti, per correre rischi.

Il cubano basso frugo Fenner. «Togliti la giacca e dammela» gli disse.

Fenner gliela getto. Il cubano si sedette sull'orlo della scrivania e frugo nella fodera molto attentamente. Tolse il libretto di appunti di Fenner e l'esamino. Poi butto la giacca per terra. Si accosto a Fenner e lo frugo ancora una volta. Fenner sentiva l'odore del cibo abbondantemente condito di spezie che quello doveva aver appena mangiato. Gli prudevano le mani dalla voglia di prenderlo per il collo.

Il cubano fece un passo indietro, grugnendo. Poi volse il capo. «Tu, vieni qui.»

Con la bocca tirata, Paula avanzo di un passo. «Non toccarmi con le tue sporche mani» disse con voce piana.

Il cubano parlo in spagnolo con il compare, che fece un cenno a Fenner.

«Vieni qui.»

Fenner attraverso la stanza e, mentre gli passava accanto, il cubano piu basso lo colpi alla nuca con il calcio della pistola. Fenner cadde sulle ginocchia, stordito, mettendo avanti le mani. Il cubano gli diede un calcio con la scarpa dalla punta quadra, colpendolo poco sopra il collo della camicia, sotto l'orecchio. Era un calcio molto violento e Fenner si rovescio sull'altro lato.

Paula apri la bocca per gridare, ma l'altro cubano le ficco la canna della rivoltella nello stomaco. Invece di gridare, lei trattenne il fiato dal dolore e si piego sulle ginocchia.

Il cubano la prese per le ascelle e la tenne dritta. Il piccoletto la frugo.

Non trovo cio che cercava, e in un accesso di rabbia, le picchio il viso con la mano aperta. L'altro la butto sul divano e poi si sedette sull'orlo del tavolo.

Il piccoletto perquisi l'ufficio. Non mise niente in disordine, si muoveva come se avesse fatto quel mestiere mille altre volte. Poi ando nell'altra stanza e frugo anche quella.

Fenner lo sentiva muoversi, ma non riusciva a muovere un muscolo.

Cerco di alzarsi, ma non riusci a muovere un dito, nonostante i suoi sforzi disperati. Una nebbia rossa, di rabbia e di dolore, gli copriva gli occhi.

Solo quando se ne furono andati, sbattendo la porta, riusci a tirarsi in piedi. Si appoggio alla scrivania con una mano e si guardo in giro, furioso.

Paula stava rannicchiata sul divano. Singhiozzava di rabbia. «Non guardarmi, maledizione!» esclamo. «Non guardarmi!»

Fenner barcollo verso l'altra stanza e ando nel gabinetto. Fece scorrere l'acqua fredda nel lavabo e si lavo il viso con cura. Quando ebbe finito, l'acqua era rossa. Con un passo leggermente piu sicuro, ando all'armadio e trovo una mezza bottiglia di Scotch e due bicchieri. Ne verso una buona dose. Gli doleva il capo maledettamente. Il whisky gli brucio le budella, ma lo rimise in sesto. Ne verso altre due dita nell'altro bicchiere e torno da Paula.

Questa si era raddrizzata. Stava ancora piangendo, sommessamente.

Fenner appoggio il bicchiere di whisky sull'orlo della scrivania, accanto a lei.

«Butta giu questo, piccola» disse. «Ne hai bisogno.»

Lei guardo lui, e poi lo Scotch. Allungo la mano e gli strappo il bicchiere. Aveva gli occhi che scintillavano, sul viso pallido. Gli butto il whisky in faccia.

Fenner non mosse un dito, si tolse il fazzoletto di tasca e si asciugo. Paula si prese il viso tra le mani e scoppio a piangere. Fenner si sedette dietro la scrivania.

Rimasero cosi per parecchi minuti, il silenzio rotto unicamente dagli amari singhiozzi di Paula. Fenner stava da cani. La nuca minacciava di aprirsi in due. Il viso gli doleva e la ferita pulsava. L'escoriazione bluastra sul collo bruciava per il whisky. Si prese una sigaretta dal pacchetto con dita che tremavano.

Paula smise di piangere. «Ti credi di essere un duro, eh» disse, senza staccare il viso dalle mani. «Credi di essere bravo? Tu lasci che due scagnozzi entrino e ci trattino a questo modo? Dio mio, Dave! Ti sei rammollito e hai paura. Mi sono messa con te perche pensavo che tu sapessi badare a te stesso e potessi badare a me, ma mi sbagliavo. Te ne stai seduto e ti rammollisci… mi senti? Hai paura e ti rammollisci! E poi che cosa hai fatto? Li hai lasciati uscire e ti sei attaccato alla bottiglia. Ebbene, Dave Fenner, ne ho avuto abbastanza.»

Picchio il cuscino coi pugni chiusi e ricomincio a singhiozzare. Poi disse:

«Oh, Dave, Dave… come hai potuto permettere che mi trattassero cosi?»

Mentre parlava, Fenner era rimasto seduto, impietrito. Gli occhi semichiusi sembravano schegge di ghiaccio. Quando lei ebbe finito, disse: «Hai ragione, Dizzy, sono rimasto seduto per troppo tempo.» Si alzo in piedi.

«Non corrermi dietro, ora. Pigliatela calma, per un giorno o due. Chiudi l'ufficio. Io ho da fare.» Spalanco il cassetto, afferro la rivoltella, la ficco nella cintola dei pantaloni e si aggiusto la giacca in modo da coprirne il calcio. Poi usci come una furia, chiudendosi la porta alle spalle.

Un'ora dopo, Fenner, ripulito e con un altro abito, fermo un tassi e diede un indirizzo del centro. Mentre il tassi sfrecciava veloce nell'intenso traffico della sera, Fenner teneva lo sguardo fisso davanti a se, cupo. Soltanto i pugni stretti sulle ginocchia tradivano la natura dei suoi sentimenti.

Il tassi lascio la Settima Strada e si ritrovo in una rumorosa viuzza secondaria. Un minuto dopo si fermo, e Fenner salto fuori. Getto un dollaro all'autista e attraverso il marciapiede, evitando il gruppo dei ragazzini che schiamazzavano li attorno.

Sali di corsa la lunga rampa di scale e suono il campanello. Poco dopo la porta si apri e una vecchia lo guardo strizzando gli occhi.

«C'e Ike?» chiese lui, secco.

«Chi lo vuole?»

«Ditegli Fenner.»

La vecchia fece scorrere la catena e apri la porta. «Fate attenzione a salire, giovanotto» disse. «Ike e cattivo, stasera.»

Fenner la scanso e sali le scale buie.

La puzza di cibo cotto, di stantio e di sporcizia gli fece arricciare il naso.

Al primo piano, busso a una porta. Udi un mormorio di voci, e poi un improvviso silenzio. La porta venne aperta lentamente e un ragazzo sottile e muscoloso, con il mento aguzzo come quello di un cane, lo squadro.

«Si?» disse.

«Di' ad Ike che gli voglio parlare. Sono Fenner.»

Il ragazzo richiuse la porta. Fenner lo senti dire qualcosa, poi riapri la porta e gli fece cenno col capo. «Entrate» disse.

Ike Bush era seduto a un tavolo con quattro altri: giocavano a poker.

Fenner entro e si fermo proprio dietro a Bush. Gli altri lo guardarono biecamente, ma continuarono a giocare. Bush studiava le carte, pensoso.

Era un omaccione con la faccia rossa e le sopracciglia folte. Nelle sue grasse dita le carte sembravano pedine da domino.

Fenner lo guardo giocare per qualche minuto. Poi si chino e sussurro all'orecchio di Bush: «E una mano sbagliata. Ci rimetterai.»

Bush continuo a studiare le carte, si schiari la gola, e sputo per terra.

Butto le carte sul tavolo con disgusto. Scosto la sedia, si alzo e porto Fenner in fondo alla stanza. «Cosa vuoi?» bofonchio.

«Due cubani» replico Fenner, tranquillo. «Entrambi vestiti di nero. Feltro nero, camicie bianche e cravatte fantasia. Scarpe nere con punta quadra. Tutti e due piccoletti. Tutte e due armati.»

Ike scosse il capo. «Non li conosco» disse «non sono di questa zona.»

Fenner lo guardo freddamente. «E allora scopri chi sono al piu presto.

Voglio ritrovarli subito.»

Ike alzo le spalle. «Cosa ti hanno fatto?» chiese. «Voglio continuare a giocare…»

Fenner piego leggermente il capo da una parte e mostro il taglio sullo zigomo. «Quei due scagnozzi sono saliti da me, mi hanno lasciato questo come ricordo… e poi sono spariti.»

Ike fece tanto d'occhi. «Aspetta» disse. Ando al telefono che stava sopra un tavolino, dall'altro lato della stanza. Dopo una lunga conversazione tutta sussurri, riappese e fece un cenno col capo a Fenner.

Fenner gli si accosto. «Trovati?»

«Si.» Ike si frego la faccia sudaticcia con il rovescio della mano. «Sono in citta da cinque giorni. Nessuno sa chi diavolo siano. Sono alloggiati sulla strada per Brooklyn. Questo e l'indirizzo. Pare che abbiano preso una casa ammobiliata. Sono due duri, ma nessuno sa per chi lavorano.»

Fenner tese la mano e prese il pezzo di carta dove Ike aveva scritto l'indirizzo.

Ike lo guardo. «Entri in azione?» domando per curiosita. «Vuoi un paio di ragazzi?»

Fenner gli mostro i denti in un sorriso senza simpatia. «Mi arrangio da solo» rispose secco.

Ike allungo una mano e afferro una bottiglia senza etichetta. Guardo Fenner con aria interrogativa. «Un bicchierino prima di andare?» chiese.

Fenner scosse il capo. Batte una mano sulla spalla di Ike e usci. Il tassi stava ancora aspettando. L'autista si sporse, quando Fenner scese gli scalini. «Non mi e parso che fosse casa vostra» disse con un sorriso «e sono rimasto nei paraggi. Dove vogliamo andare?»

Fenner spalanco la portiera. «Farete carriera» rispose. «Avete imparato il mestiere per corrispondenza?»

L'autista rispose, serio: «Le cose vanno male di questi tempi. Uno deve usare il cervello. Dove volete andare, signore?»

«Lasciatemi dopo il ponte di Brooklyn. Da li proseguiro a piedi.»

Il tassi si stacco dal marciapiede e si diresse verso le luci della Settima Strada.

«Vi hanno malmenato?» chiese il tassista, curioso.

«No» ruggi Fenner. «Ho una zietta che si diverte a far la punta ai denti.»

«Una zietta cattiva, eh?» replico il tassista, ma poi tacque.

Era quasi sera quando raggiunse il ponte di Brooklyn. Fenner pago il tassi e si diresse al bar piu vicino. Ordino un panino gigante e tre dita di whisky. Mentre divorava il panino, chiese alla cameriera dov'era la strada che cercava. Lei dovette cercarla sulla pianta. Fenner pago il conto e usci.

Camminando di buon passo, arrivo a destinazione in dieci minuti. Trovo la strada senza sbagliare e senza chiedere informazioni. La percorse, guardando attentamente ogni ombra. La casa che cercava era d'angolo. Era un piccolo edificio a due piani. Non c'erano luci accese alle finestre. Fenner spalanco il cancello e prese il sentiero, leggermente in salita. Con gli occhi scrutava le finestre scure, cercando un segno di vita. Non si fermo davanti all'ingresso principale, ma fece il giro della casa. Non c'erano luci accese nemmeno sul retro. Trovo una finestra che era abbassata di appena pochi centimetri e fece lampeggiare la torcia nella stanza. Era completamente vuota. Vedeva la polvere sul pavimento. In pochi minuti, apri del tutto la finestra ed entro. Stava attento a non fare alcun rumore e camminava sulle assi del pavimento con circospezione.

Silenziosamente provo la maniglia della porta, l'apri e si trovo in un piccolo ingresso. La luce della torcia illumino un tappeto e un grande armadio. Di fronte c'erano le scale. Fenner rimase in ascolto, ma non gli giunse alcun rumore, eccetto il vago ronzio del traffico della strada.

Sali le scale con la 38 in mano. Aveva la bocca tirata verso il basso, e i muscoli della faccia tesi. Sul corridoio si fermo un'altra volta, in ascolto.

C'era una strana puzza che gli era vagamente familiare. Arriccio il naso, chiedendosi cosa poteva essere.

Aveva tre porte di fronte. Scelse quella centrale. Giro la maniglia dolcemente e apri. La puzza era piu forte ora. Gli ricordava l'odore che c'e in una macelleria. Quando ebbe aperto la porta a meta, si fermo e tese l'orecchio, poi entro e si chiuse la porta alle spalle. Con la torcia, trovo l'interruttore e lo premette.

Guardo la camera da letto bene ammobiliata, con il dito che fremeva sul grilletto della pistola. Non c'era nessuno. Si volto e giro la chiave nella serratura. Non voleva correre rischi. Poi contemplo la stanza, pensoso.

Era la camera di una donna. Sulla toeletta, le solite cianfrusaglie. Il letto era piccolo, e un porta-camicia-da notte a forma di bambola dai capelli bianchi, giaceva sul cuscino.

Fenner ando al guardaroba e vi guardo dentro. C'era un solo abito appeso. Nient'altro: era l'abito che Marian Daley indossava quando era andata da lui.

Fenner lo tocco, assorto, mentre cercava di ricordare Marian Daley. Tolse l'abito dal guardaroba e lo butto sul letto. C'era piu slancio nelle sue gambe, mentre si accostava alla cassettiera. Nel primo cassetto c'era un grazioso cappellino. Butto anche quello sul letto. In un altro cassetto trovo un mucchietto di biancheria intima, un reggicalze, un paio di calze e un paio di scarpe. Butto tutto sul letto. Poi ando alla toeletta e apri il cassettino sotto lo specchio. Ficcata dentro, c'era la borsetta. La tiro fuori a fatica, e con quella in mano si porto in mezzo alla stanza. Si sedette sul letto, picchiando la borsetta contro il palmo della mano aperta e fissando il tappeto con rabbia. Non gli piaceva tutta questa storia.

Apri la borsetta e ne rovescio il contenuto sul letto. Le solite cose che porta con se una ragazza si rovesciarono in un piccolo, quasi patetico, mucchietto. Smosse il mucchietto con le dita, e poi guardo ancora nella borsetta. Non c'era nient'altro ma ficco ugualmente dentro due dita e strappo la fodera. Spiegazzato sul fondo, nascosto o magari soltanto scivolato attraverso la fodera, c'era un pezzo di carta. L'apri e lo lesse. Era un biglietto scritto con una grafia trasandata e larga.

"Key West

"Cara Marian, non preoccuparti. Noolen ha promesso di aiutarmi. Pio non sa ancora niente. Vedrai che tutto si aggiustera, ora."

Fenner piego il pezzo di carta con cura e l'infilo nel portasigarette. Si sedette sul letto, pensando. Key West era in Florida… i due erano cubani. I conti cominciavano a quadrare. Si rialzo e compi una perquisizione sistematica della stanza, ma non trovo altro. Poi fece scattare la serratura della porta, spense la luce e passo nel corridoio.

Ando verso l'uscio a sinistra: C'era una stanza da bagno, piuttosto grande. Assicuratosi che la tapparella della finestra fosse abbassata, cerco l'interruttore. La puzza che stagnava li dentro gli dava la nausea. Sapeva che cos'era, ma si fece forza e accese la luce.

La stanza sembrava un mattatoio dopo una giornata di pieno lavoro. La vasca accanto al muro era coperta di lenzuola bagnate di sangue. La parete aveva ovunque macchie rosse. Il pavimento, accanto alla vasca, era pure rosso. Si avvicino e sposto le lenzuola.

Fenner era un duro. Aveva lavorato nell'ambiente giornalistico per anni, e una morte violenta non lo impressionava molto. Si era abituato all'idea che la violenza significasse semplicemente una testata diversa del giornale, ma questa volta ne fu scosso. Ne fu scosso perche conosceva la vittima.

Era la sua cliente, e soltanto poche ore prima quella era stata una ragazza giovane, piena di vita.

Non c'era da sbagliarsi su quello che vedeva nella vasca. I segni bluastri ancora deturpavano il suo corpo.

Fenner fece ricadere il lenzuolo e usci dalla stanza. Chiuse la porta gentilmente e ci si appoggio. Avrebbe dato chissa che cosa per un whisky.

Rimase immobile, la mente vuota, finche la prima impressione non fu passata. Poi si asciugo il viso con un fazzoletto e si diresse verso le scale.

Grosset doveva essere avvertito subito. Bisognava metter le mani sui due cubani al piu presto. Si fermo, meditabondo. Il cadavere era stato fatto a pezzi. Mancavano le gambe e un braccio. Mancava anche la testa. Due uomini potevano portare i pezzi in una valigia senza destare sospetti. Ecco!

La stavano scaricando da qualche parte e presto sarebbero stati di ritorno a ritirare il resto del corpo.

Gli occhi di Fenner si rimpicciolirono. Tutto quello che gli restava da fare, era di aspettarli, e poi fargliela pagare.

Prima che avesse il tempo di decidere se era meglio cercare un telefono e mettersi in contatto con Grosset, o semplicemente aspettare e cavarsela da solo, senti che una macchina si accostava al marciapiede e si fermava; una portiera venne sbattuta.

Rientro silenziosamente nella camera da letto, mentre la rivoltella gli scivolava in mano. Lascio la porta aperta di pochi centimetri.

Udi la porta dell'ingresso principale che veniva aperta e poi richiusa.

Una luce venne accesa nell'ingresso. Usci dalla stanza e sbircio dalla ringhiera. Erano i due cubani. Stavano sul chi va la, in ascolto. Fenner resto dov'era, senza battere ciglio. Portavano entrambi una grossa valigia. Li vide scambiarsi un'occhiata. Poi il piu basso mormoro qualcosa all'altro, che appoggio la valigia per terra e infilo di corsa le scale. Sali cosi in fretta che Fenner non ebbe il tempo di tirarsi indietro.

Il cubano lo vide mentre passava da una rampa all'altra e infilo la mano nella giacca. Fenner scopri i denti in un sorriso crudele e gli sparo tre volte nel ventre. I colpi parevano tre esplosioni, nella casa silenziosa. Il cubano trattenne il fiato in un rantolo e si piego su se stesso, cadendo. Fenner balzo in avanti, lo tolse di mezzo, spostandolo, e si precipito giu per le scale come se stesse tuffandosi in una piscina.

Il cubano piu basso non ebbe il tempo di tagliare la corda. L'improvviso tuono della rivoltella lo aveva paralizzato sul posto, e sebbene la sua mano fosse inconsciamente scesa ai fianchi, non gli riusci di muovere un dito.

Gli ottantotto chili di Fenner gli piombarono addosso come una granata.

Caddero entrambi sul pavimento. Il cubano si era messo a urlare terrorizzato, vedendo qualche cosa precipitare su di lui, e poi si era trovato Fenner addosso.

Il volo sul pavimento fece girar la testa a Fenner, che per un istante rimase talmente intontito da restar immobile sopra il cubano. La rivoltella gli era sfuggita di mano e mentre lottava con le ginocchia, si rese vagamente conto di un acuto dolore al braccio.

Il cubano non si muoveva. Cautamente, Fenner si rialzo in piedi e lo mosse con il piede. La strana angolatura della testa del cubano gli rivelo cio che voleva sapere. Si era rotto l'osso del collo.

Si piego sulle ginocchia e gli frugo le tasche, ma non trovo niente.

Guardo dentro una valigia, ma era vuota. La puzza di sangue che impregnava la fodera confermo la sua ipotesi: stavano portando via il corpo a pezzi.

Raccolse la rivoltella e sali le scale con circospezione per dare un'occhiata all'altro cubano. Era morto stecchito anche lui. Stava raggomitolato in un angolo, la bocca tirata, i denti scoperti. Fenner penso che sembrava un cane rabbioso. Una frettolosa perquisizione non rivelo niente, e Fenner scese le scale di nuovo. Voleva squagliarsela al piu presto. Spense la luce nell'ingresso, apri la porta e usci nella notte.

Fuori, la macchina stava ancora aspettando. Non c'era nessuno dentro, ma Fenner la lascio li. Percorse la strada tenendosi in ombra, e solo quando ebbe raggiunto la folla di Fulton Street, si rilasso.

Un tassi lo riporto in ufficio. Durante la breve corsa, si decise per un piano d'azione. Prese l'ascensore fino al quarto piano e si affretto verso l'ufficio.

C'era la luce accesa, ed esito un attimo prima di entrare. Poi, tenendo la mano sulla rivoltella, giro la maniglia ed entro.

Paula era seduta sulla poltrona, davanti al telefono. Alzo la testa di scatto come se fosse stata svegliata.

«Perche non sei andata a casa?» chiese Fenner, asciutto.

Paula indico il telefono. «Poteva suonare» rispose tranquilla.

Fenner si sedette accanto a lei, stanco.

«Dave, mi dispiace per…» comincio Paula.

«Lascia perdere» l'interruppe Dave, battendole la mano. «Avevi ragione di esplodere. Qualcosa e successo. Quei due cubani hanno preso la ragazza, l'hanno uccisa e fatta a pezzi. Li ho presi mentre la stavano portando via. Sono morti, li ho uccisi io, tutti e due. Non interrompermi. Lascia che ti spieghi tutto subito. La polizia non ne deve sapere niente. Questa e una partita a due, tra me e chi l'ha iniziata. Quei due scagnozzi da pochi soldi erano solo delle pedine. Dai un'occhiata a questa.» Diede a Paula la lettera che aveva trovato nella borsetta di Marian.

Paula la lesse. Impallidi leggermente, ma per il resto era calma. «Key West?» chiese.

Il sorriso di Fenner era glaciale.

«Ti da da pensare?»

Paula era perplessa.

«Quella ragazza voleva trovare sua sorella. Ha affermato di non sapere dove si trovava. Perche non mi ha detto Key West? Vedi, piccola, sembra una trappola. C'e qualcosa di molto strano in questa faccenda.»

«Chi e Pio?» fece Paula, rileggendo la lettera. «E chi e Noolen?»

Fenner scosse il capo. C'era uno sguardo duro nei suoi occhi. «Non lo so, piccola, ma lo scopriro. Quella ragazza mi ha lasciato seimila dollari, e anche se dovessi impiegarli fino all'ultimo centesimo, lo scopriro.»

Ando al telefono e compose un numero. Mentre aspettava che rispondessero, disse tra se: «Ike si rifara del piatto che gli ho fatto perdere.» Domando, quando alzarono il ricevitore: «Ike?» Tacque, poi continuo: «Ditegli che sono Fenner. Ditegli che se non viene immediatamente al telefono, vengo io da lui e lo prendo a calci nelle gengive.» Aspetto ancora, con la scarpa destra che prendeva a calci la gamba della scrivania, nervosamente.

Il ruggito di Ike arrivo sul filo.

«Va bene, va bene» fece l'investigatore. «Al diavolo la partita. Questo e urgente. Voglio trovare qualcuno con cui mettermi in contatto a Key West.

Conosci qualcuno laggiu? Qualcuno che abbia confidenza con i pezzi grossi?»

«Key West?» bofonchio Ike. «Non conosco nessuno a Key West.»

Fenner mostro i denti. «Allora trova subito chi conosce qualcuno. Ritelefonami subito. Aspetto» butto giu il ricevitore.

«Vai laggiu?» domando Paula.

Fenner annui con un cenno. «E lontano, ma credo che la trovero il bandolo della matassa. Forse mi sbaglio, ma preferisco controllare.»

Paula si alzo in piedi. «Vengo con te?»

«Tu resti da queste parti, piccola. Se vedo che succede qualcosa, ti chiamo. In questo momento, sei piu d'aiuto qui. Bisogna badare a Grosset.

Digli che sono andato fuori citta per qualche giorno, ma che non sai dove.»

«Vado a casa tua a prepararti la valigia.»

Fenner annui. «Si» rispose «vai pure.»

Quando Paula fu uscita, apri un cassetto e controllo l'orario degli aerei della Pan-American. C'era un volo per la Florida alle 0.30. Guardo l'orologio. Erano le ventitre e cinque. Se Ike si sbrigava, avrebbe fatto appena in tempo.

Si sedette dietro la scrivania e accese una sigaretta. Dovette aspettare venti minuti prima che il telefono squillasse. Afferro il ricevitore.

«Il tuo uomo si chiama Usignolo» disse Ike. «Ha le mani in molte faccende, laggiu. Trattalo bene, ha un caratterino…»

«Ce l'ho anch'io» replico Fenner, piccato. «Fissagli un appuntamento con me, Ike. Digli che Dave Ross arrivera con il prossimo volo e vuole conoscerlo. Fammi una bella presentazione. Diro a Paula di mandarti un assegno di cinquecento dollari per il tuo disturbo.»

«Certo, certo» la voce di Ike era molto untuosa. «Gli chiedero un appuntamento» e tronco subito la comunicazione.

Fenner compose un altro numero. «Paula?» fece. «Sbrigati con quella valigia. Piglio il volo delle zero trenta. Ci troviamo all'aeroporto al piu presto possibile.»

Apri un cassetto, ne tolse un libretto degli assegni e ne firmo uno per cinquecento dollari. Infilo cappotto e cappello e diede un'occhiata all'ufficio, pensoso. Poi spense l'interruttore della luce e usci, sbattendo la porta alle spalle.

2

Fenner arrivo a Key West verso le nove del mattino. Prese alloggio in un albergo vicino all'aeroporto, fece un bagno freddo e ando a letto. Gli concilio il sonno il ronzio di un ventilatore elettrico, proprio sopra la testa.

Schiaccio un pisolino di un paio d'ore, poi gli diede la sveglia il telefono, come aveva chiesto. Fenner ordino succo d arancia, un toast e aggiunse che voleva anche una bottiglia di Scotch. Mentre aspettava, ando in bagno e si fece una doccia fredda.

Erano le undici e mezza quando lascio l'albergo. Percorse il Roosevelt Boulevard. Per tutto il tempo che cammino, non penso ad altro che al caldo. Penso che se doveva restare a lungo in quella citta, avrebbe certamente dovuto trovare un rimedio al caldo.

Fermo un vigile e gli chiese dov'era la casa di Usignolo.

Il vigile lo guardo a bocca aperta. «Sei nuovo di queste parti, eh?»

«No, sono il cittadino piu vecchio» replico Fenner. «Per questo sono venuto da te. Volevo vedere se sapevi rispondermi» e riprese a camminare, dicendo tra se e se che doveva stare attento. Il caldo gli stava gia combinando dei brutti scherzi.

Trovo la casa di Usignolo chiedendo a un tassista. Ebbe l'informazione ed anche una risposta cortese. Ringrazio il tassista, e poi lo premio non servendosi del suo tassi. Il tassista gli disse che gli avrebbe fatto fare il giro della citta per venticinque centesimi. Fenner rispose che preferiva camminare. Se ne ando, rifiutandosi di sentire cio che ribatteva l'altro. Faceva troppo caldo per prendersela.

Arrivato alla Flager Avenue, i piedi cominciavano a dolergli. Era come camminare su una stufa accesa. Sull'angolo tra la Flager e Thompson Avenue, si diede per vinto e prese un tassi. Mentre si accomodava sui sedili, si tolse le scarpe e diede refrigerio ai piedi. Si era appena tolto le scarpe che il tassi usci dalla fiumana del traffico e s'accosto al marciapiede di fronte a un negozietto.

L'autista volse il capo. «Eccoci arrivati, capo» disse.

Fenner caccio a forza i piedi dentro le scarpe e fatico a infilare la mano accaldata nella tasca dei pantaloni. Diede al tassista venticinque centesimi e scese. Il negozio era molto pulito e le vetrine scintillavano. Nella vetrina, sulla destra, c'era una piccola bara bianca. Lo sfondo era addobbato con pesanti tende nere. Affascinato, Fenner penso che la bara sembrava malinconica, cosi tutta sola. Lesse il cartello appoggiato per terra accanto alla bara.

"PENSIAMO NOI AI VOSTRI CARI

SE IL SIGNORE NON VE LI RISPARMIA"

Fenner giudico tutto di estremo buon gusto. Passo a guardare la vetrina seguente. Anche quella era tutta addobbata di nero; nel mezzo, sopra un piedestallo bianco, stava un'urna d'argento. Il cartello con la semplice scritta Dalla polvere nella polvere lo impressiono.

Indietreggio e lesse l'insegna sopra il negozio:

B. USIGNOLO – POMPE FUNEBRI.

«Bene, bene» disse. «Una bella sistemazione.»

Entro nel negozio. Mentre apriva la porta, il campanello elettrico suono; tacque, appena la porta fu richiusa. Dentro, il negozio era ancora piu impressionante. Un piccolo banco per le vendite divideva il locale in due parti esatte. Il banco era drappeggiato con velluto bianco e rosso. Parecchie poltrone di pelle nera spiccavano sul tappeto color porpora. A sinistra, c'era una Vetrinetta dove erano messe in mostra delle bare in miniatura costruite con ogni materiale possibile e immaginabile, dall'oro al legno di pino.

Sulla destra, un crocifisso alto due metri, sapientemente illuminato da luci nascoste. Il Cristo era talmente realistico, che Fenner trasali. Gli parve di essere capitato in una chiesa.

Lunghi drappeggi, bianchi, neri e rossi, erano appesi dietro il banco.

Fenner ando alla vetrinetta ed esamino le bare. Decise che come residenza fissa, quella d'oro andava a meraviglia.

Una donna usci silenziosa da dietro un drappeggio. Indossava un abito aderente di seta nera, con colletto e polsini bianchi. Era una bionda, con la grande bocca dipinta di rosso. Guardo Fenner e atteggio la bocca ad un sorriso. Fenner penso che era un bel pezzo di figliola.

Con una voce bassa, solenne, lei chiese: «In che cosa posso aiutarvi?»

Fenner si gratto il mento. «Vendete queste scatole?» chiese, indicando col pollice la vetrinetta.

Lei sbatte gli occhi. «Si, certo» rispose. «Sono soltanto dei modellini: ma e questo che desiderate?»

Fenner scosse il capo. «No» rispose «ero semplicemente curioso.»

Lei lo guardo, perplessa.

«C'e Usignolo?» riprese Fenner.

«Volete vederlo personalmente?»

«Per questo sono venuto, piccola. Digli che sono Ross.»

«Vado a vedere. In questo momento e molto occupato.»

Fenner la guardo scomparire dietro il drappeggio. Vista da dietro, non era niente male.

La ragazza ritorno poco dopo e disse: «Volete salire?»

La segui dietro il drappeggio e su per una breve rampa di scale. Gli piaceva il profumo che lei usava, e a mezza scala glielo disse. Lei lo guardo di spalle e sorrise. Aveva denti grossi, bianchissimi. «Che cosa dovrei fare?» replico. «Arrossire?»

Lui scosse il capo, serio. «Mi piace farlo sapere a una donna, quando e bella» rispose.

Lei indico una porta. «E li dentro» disse. Poi, dopo una breve pausa, aggiunse: «Mi piaci. Hai dei begli occhi» e scese le scale, accarezzandosi i riccioli biondi con le dita bianche e affusolate.

Fenner si tocco la cravatta. "Che fraschetta" penso, abbasso la maniglia ed entro.

La stanza era chiaramente un laboratorio. C'erano quattro bare in fila sopra dei cavalletti. Usignolo stava avvitando una targhetta di ottone sopra una di esse.

Sembrava un ometto qualsiasi con gli occhiali, dalle lenti spesse cerchiate di alluminio. Aveva la pelle bianchissima, e i grandi occhi incolori ammiccarono debolmente a Fenner da dietro le lenti.

Fenner si presento. «Sono Ross.»

Usignolo continuo ad avvitare la piastrina. «Si?» rispose. «Volevate vedermi?»

«Dave Ross» ripete Fenner, in piedi accanto alla porta. «Mi aspettavate, credo.»

Usignolo appoggio il cacciavite e lo guardo. «E vero» rispose, come se lo ricordasse in quel momento. «E vero, andiamo di sopra, a parlare.»

Fenner lo segui fuori dal laboratorio e per un'altra rampa di scale. Usignolo lo introdusse in una stanza grande e fresca. Due grandi finestre davano su un balconcino. Dalla finestra, si vedeva tutto il Golfo del Messico.

Usignolo disse: «Sedetevi, e toglietevi pure la giacca, se volete.»

Fenner si tolse la giacca e rimbocco le maniche della camicia. Si sedette accanto alla finestra.

«Qualcosa da bere?» chiese Usignolo.

«Certo.»

Quando il liquore fu versato, e Usignolo si fu accomodato a sua volta, Fenner si preparo a introdurre l'argomento. Sapeva che doveva stare molto attento con questo ometto. Non sapeva fino a che punto poteva fidarsi di lui, ed era perfettamente inutile destare in lui dei sospetti.

Infine disse: «Fino a che punto potete sostenermi?»

Usignolo tocco il bicchiere con le deboli dita. Parve sorpreso. «Fino in fondo» rispose. «E questo che volete, no?»

Fenner si protese in avanti. «Voglio entrare nel giro. A New York, fa troppo caldo per me.»

«Ti ci faro entrare» rispose Usignolo, semplicemente. «Crotti ha detto che sei un ragazzo in gamba e che devo aiutarti. Crotti mi ha fatto del bene; sono contento di poterlo ricambiare.»

Fenner immagino che Crotti fosse il tizio pescato da Ike.

«Forse cinque centoni sono un po' piu concreti dell'amore per Crotti» replico in tono asciutto.

Usignolo parve offeso. «Non voglio i tuoi soldi» rispose tranquillo.

«Crotti ha detto "aiuta quest'uomo", e tanto mi basta.»

Fenner si contorse sulla sedia; era davvero un colpo per lui vedere che quell'ometto era sincero.

«Accidenti!» gli scappo detto. «Non giudicarmi male. Da dove vengo, si vive con tutto un altro tipo di morale.»

«Posso introdurti nel giro. Che cosa vuoi esattamente?»

Fenner avrebbe voluto saperlo. Cerco di essere evasivo. «Vorrei rientrare nel giro dei soldi» disse. «Magari qualcuno di voi puo aver bisogno di me.»

«Crotti dice che ti sei fatto un nome lassu. Dice che hai la pistola proibita.»

Fenner fece la parte del modesto, mentre dentro di se malediceva la fantasia di Ike. «Mi arrangio» rispose con noncuranza.

«Forse Carlos potra darti del lavoro.»

Fenner butto il colpo a caso. «Credevo che Noolen potesse andar bene, per cominciare.»

Gli acquosi occhi di Usignolo ebbero un lampo improvviso. «Noolen.

Noolen e un cervello di gallina.»

«Be'?»

«Carlos fa ballare Noolen sulla corda quando vuole. Non potrai combinare mai niente con un fesso come Noolen.»

Fenner capi che Noolen era squalificato. Cerco di tastare il terreno un po' di piu.

«Mi sorprende. Mi avevano detto che Noolen era un pezzo grosso, da queste parti.»

«Storie!» Usignolo fece una smorfia di disprezzo. «E Pio che ti ci vuole.

Vedi, Pio puo far molto per te.»

Fenner ingollo un sorso di Scotch. «Si chiama cosi, Pio Carlos?»

Usignolo annui. «Ha in mano la citta, cosi.» Tese la sua mano piccola e tozza e chiuse le dita grassocce in un piccolo pugno. «Lo vedi, cosi!»

Fenner fece un cenno affermativo. «Bene» rispose. «Mi lascero guidare da te.»

Usignolo si alzo e appoggio il bicchiere sul tavolo. «Ho un lavoretto da sbrigare, poi scendiamo in citta e ti presento alla banda. Rimani pure qui.

Fa troppo caldo per andare in giro.»

Quando fu uscito, Fenner chiuse gli occhi e si mise a pensare. Le carte si stavano scoprendo piu presto di quanto pensasse. Doveva stare molto attento a quello che faceva.

Senti una corrente d'aria e apri gli occhi. Era entrata la bionda e stava chiudendo l'uscio gentilmente. Fenner la senti girare la chiave nella serratura. "Santo Dio" penso "questa mi salta addosso!"

Fece scivolare i piedi dalla poltrona dove si era seduto Usignolo e cerco di alzarsi.

«Stai comodo» disse lei, avvicinandosi. «Voglio parlarti.»

Fenner si rimise a sedere. «Come ti chiami, bella?» fece per guadagnare tempo.

«Robbins» rispose. «Da queste parti mi chiamano Ricciolina.»

«Bel nome, Ricciolina» disse Fenner. «Che cos'hai?»

Lei si sedette sulla poltrona di Usignolo. «Ascolta il mio consiglio» sussurro «e torna a casa. La merce d'importazione non dura mai molto in questa citta.»

Fenner inarco le sopracciglia. «Chi ti ha detto che ci voglia restare?»

«Non c'e bisogno che me lo dicessero. Sei sceso per dare fuoco alla citta, vero? Ebbene, non ci riuscirai. I capi, da queste parti, non amano la concorrenza. Diventerai carne da macello in pochi giorni, se resti nei paraggi.»

Fenner era veramente commosso. «Tu sei una ragazzina perbene» disse «ma temo che non serva a niente. Sono venuto qua per guadagnarmi da vivere, e ci restero.»

Lei sospiro. «Lo sapevo che l'avresti presa cosi» rispose, alzandosi. «Se tu sapessi quello che ti aspetta, prenderesti il primo treno. Comunque, stai attento. Io non mi fido di nessuno di loro. Non ti fidare di Usignolo. Sembra uno stupido, ma non lo e affatto. E un killer, percio stai attento.»

Fenner si alzo dalla poltrona. «D'accordo, piccola» disse. «Staro attento.

Adesso e meglio che te la squagli, prima che lui ti trovi qui.» L'accompagno alla porta.

«Ti dico queste cose» lei replico «perche sei un bel fusto. Detesto vedere un ragazzone come te in cerca di guai.»

Fenner ghigno e le diede un buffetto. «Non spremerti il cervellino per me.»

La ragazza si appoggio a lui, alzando il viso; cosi, siccome era molto bella, lui la bacio. Lei gli butto le braccia al collo e lo strinse a se. Rimasero cosi per parecchi minuti, poi Fenner la scosto, gentilmente.

La Robbins lo guardo immobile, col fiato grosso. «Temo di essere pazza» disse, mentre un'improvvisa ondata di rossore le saliva al viso.

Fenner si passo un dito nel collo della camicia. «Devo aver perso la testa anch'io» disse. «Scappa, piccola, prima che si passi alle vie di fatto. Fila!»

Lei sgattaiolo fuori e chiuse la porta. Fenner si tolse di tasca il fazzoletto e si asciugo, pensosamente. «Credo che mi piacera questo lavoro» disse a voce alta. «Si, puo presentare degli sviluppi molto gradevoli.» E torno a sedersi accanto alla finestra aperta.

Usignolo gli fece strada attraverso l'affollato ingresso del Flager Hotel.

«Questo ragazzo ci sa stare bene, al mondo» constato Fenner.

Usignolo si fermo davanti alle porte dell'ascensore e schiaccio il bottone.

«Certo» rispose «non te l'avevo detto? E con Pio che ti devi mettere.»

Fenner studio l'elaborata grata del cancello dell'ascensore. «Me l'hai detto» ribatte.

La cabina si fermo e loro entrarono. Usignolo schiaccio il bottone del quinto piano, e l'ascensore riparti.

«Per adesso parlo io» disse Usignolo, mentre l'ascensore si fermava al piano. «Forse non otterrai niente, ma val la pena di tentare.»

Fenner grugni e segui l'ometto per il corridoio. Questi si fermo davanti al numero 47 e busso tre volte forte e due piano.

«Anche i segnali segreti» commento Fenner con ammirazione.

La porta si apri e un cubano basso, vestito di nero, li squadro da capo a piedi. Fenner mosse le labbra come per fischiare, ma non ne usci alcun suono. Usignolo disse con la sua voce morbida: «E con me.»

Il cubano li fece entrare. Mentre richiudeva la porta, Fenner vide che teneva la rivoltella sotto la giacca. Si trovavano in una grande anticamera, e avevano di fronte tre porte.

«Non ci sono ancora i ragazzi?» chiese Usignolo.

Il cubano annui. Si sedette su una poltrona accanto alla porta d'ingresso e prese in mano un giornale. Per quel che lo riguardava, loro non esistevano.

Usignolo entro nella stanza di mezzo. C'erano quattro uomini che oziavano, nella stanza. Tutti in camicia a maniche corte e sigaretta accesa. Due leggevano il giornale, uno ascoltava la radio e il quarto puliva una pistola.

Tutti diedero un'occhiata a Usignolo, e poi fissarono gli sguardi vuoti su Fenner.

L'uomo con la rivoltella si alzo lentamente. «Chi e?» domando. Aveva uno strano modo di parlare, coi denti chiusi. Indossava un abito bianco con camicia nera e cravatta bianca. I capelli ispidi e neri erano tagliati a zero e gli occhi verdastri erano freddi e sospettosi.

«Questo e Ross» annuncio Usignolo. «Viene da New York. Crotti lo conosce. E in gamba.» Poi si volse a Fenner. «Ti presento Reiger.»

Fenner rivolse a Reiger un sorriso gelido. Non gli piaceva la sua faccia.

Reiger rispose con un cenno. «Piacere» disse. «Vi fermate molto?»

Fenner agito la mano. «Questi altri ragazzi sono amici vostri, o fanno da tappezzeria?»

Reiger spalanco gli occhi. «Ho detto, vi fermate molto?» ripete.

Fenner lo guardo. «Vi ho sentito. Non sono affari vostri, no?»

Usignolo mise una mano sul polso di Fenner. Non disse niente, ma era un gesto di ammonimento. Reiger cerco di sostenere lo sguardo di Fenner, non ci riusci e scrollo le spalle. Disse: «Kene, il pugile, vicino alla radio.

Borg, a destra. Miller, a sinistra.»

Gli altri tre fecero un cenno a Fenner. Nessuno di loro parve simpatizzare con lui.

Fenner si sentiva come a casa sua. «Lieto di conoscervi» disse. «Non vi chiedo se avete del whisky, ragazzi. Forse non ne tenete di quella robaccia.»

Reiger si volse a Usignolo. «Che storia e questa?» gli ringhio contro.

«Chi e questo bel damerino da far la voce grossa?»

Miller, un tipo grasso, untuoso, con la testa prematuramente calva, disse:

«Deve averlo trovato nella spazzatura.»

Fenner gli fu addosso in un secondo e lo schiaffeggio due volte, sulla bocca. Tra le mani di Usignolo comparve una rivoltella e lui disse: «State fermi, state fermi, per favore.»

Fenner si sorprese quando vide che i ragazzi davano retta a Usignolo.

Anzi, si erano tutti raggelati. Persino Reiger era impallidito.

«Allontanati da lui» ordino Usignolo a Fenner. La sua voce era minacciosa quel tanto da far rabbrividire anche Fenner. Ricciolina aveva ragione.

Quell'uomo era un killer. Fenner si scosto da Miller e si mise le mani in tasca.

Usignolo riprese: «Non lo tollero. Quando porto qui un amico, voglio che sia trattato bene. Altrimenti, dovro pigliare le misure a qualcuno di voi, bastardi, per una cassa da morto.»

Fenner scoppio a ridere. «Ma e poco gentile» esclamo. «Oppure voi fate servizio completo, li ammazzate e poi li seppellite?»

Usignolo ripose la pistola, e gli altri tirarono il fiato. Reiger disse, con un sorriso forzato: «Che scherzi fa questo caldo!» Si accosto a un armadio e si verso da bere.

Fenner si sedette vicino a Reiger. Costui doveva essere il piu duro della compagnia, decise, ed era bene lavorarselo subito. Replico, tranquillo:

«Questo caldo mi fa persino odiare me stesso.»

Reiger lo guardo con aria sospetta. «Lascia perdere» rispose. «Ora che sei qui, fa' come se fossi a casa tua.»

Fenner appoggio il naso sull'orlo del bicchiere. «C'e Carlos?» chiese.

Gli occhi di Reiger si allargarono. «Carlos non ha tempo per ricevere visite» rispose. «Gli diro che sei stato qui.»

Fenner vuoto il bicchiere e si alzo. Usignolo fece per alzarsi, ma Fenner lo fermo con un gesto. In piedi, guardo gli uomini uno ad uno, a turno.

«Bene, sono contento di essere venuto qui» disse. «Credevo di trovare della gente sveglia, ma mi sbagliavo. Voi ragazzi non mi servite. Credete di avere in mano questa citta, ma siete grassi e pigri. Credete di essere dei pezzi grossi, ma e qui che vi sbagliate. Andro a far una visita a Noolen.

Dicono che non valga niente. Be', tentero io di dargli la sveglia. Sara sempre piu divertente che ciondolare in giro con gente come voi.»

Reiger fece scivolare la mano nella tasca, ma Usignolo aveva gia in mano la sua rivoltella. «Fermo!» disse.

I quattro scagnozzi rimasero immobili; i loro visi furiosi fecero venire a Fenner voglia di ridere.

Usignolo disse: «Gli ho chiesto io di venire qua. Se non siamo di suo gusto, che se ne vada. Un amico di Crotti e amico mio.»

«Tornero da queste parti, un giorno o l'altro, a salutarvi» fece l'investigatore.

Usci dalla stanza, passo davanti al cubano, che lo ignoro, e prese l'ascensore.

Il fattorino sulla porta aveva una faccia intelligente. Fenner gli chiese se sapeva dove abitava Noolen. Il fattorino rispose che aveva un ufficio dalle parti di Duval Street, e gli chiamo un tassi. Fenner gli lascio la mancia.

Il fattorino l'aiuto a salire sul tassi come se fosse fatto di porcellana.

L'ufficio di Noolen era situato sopra un negozio. Fenner dovette salire una lunga rampa di scale, prima di individuare la porta di vetro smerigliato. Appena entrato, una donna dal seno piatto, sulla trentina, lo guardo diffidente dietro la macchina da scrivere.

«C'e Noolen?» chiese, sorridendole, perche pensava che lei avrebbe gradito un sorriso maschile.

«E occupato, in questo momento» disse lei. «Chi devo dire?»

«Io? Ditegli Ross. Dave Ross. Ditegli che non ho niente da vendere e che vorrei vederlo subito.»

Lei si alzo e si diresse verso la porta che aveva alle spalle. Fenner la lascio entrare, poi con due balzi la raggiunse ed entro nella stanza.

Noolen era un uomo di mezza eta, che stava mettendo pancia. Aveva il doppio mento e il naso aquilino, gli occhi aggrottati e cattivi. Guardo Fenner e poi la donna.

«Chi e?» ringhio.

La donna si volto di scatto, gli occhi sgranati. «Aspettate fuori» disse.

Fenner la scanso e si avvicino alla grande scrivania. Noto che l'abito di Noolen era pieno di macchie. Noto le unghie nere e le mani sporche. Usignolo aveva ragione. Noolen non valeva davvero niente.

«Mi chiamo Ross. Piacere» si presento.

Noolen fece cenno con la testa alla donna che usci, chiudendo la porta con uno scatto secco.

«Che volete?» chiese torvo.

Fenner appoggio le mani sulla scrivania e si chino in avanti. «Voglio un aggancio in questa citta. Sono andato da Carlos. Non mi va. Voi siete il secondo, nella mia lista, ed eccomi qua.»

«Da dove venite?»

«Mi manda Crotti.»

Noolen si studio le unghie nere. «Cosi Carlos non vi ha voluto? E perche mai?» la sua voce era ringhiosa.

«Carlos non mi ha visto. Ho conosciuto la sua mandria di scagnozzi e mi e bastata. Mi ha fatto venire il vomito e l'ho piantata.»

«Perche venire da me?»

Fenner sogghigno. «Loro dicono che siete un cervello di gallina. Ho pensato che potremmo sistemare questa faccenda.»

Un vago rossore copri il viso di Noolen. «Cosi dicono, eh?»

«Certo. Ma con me al fianco, vi potreste prendere qualche soddisfazione.»

«Vale a dire?»

Fenner afferro una sedia, li accanto, con un piede e si sedette. Allungo un braccio e si prese un sigaro sottile e verdastro da una scatola sulla scrivania. Prese tutto il tempo necessario per accenderlo. Noolen lo guardava, gli occhi intenti e lucidi.

«Guardate le cose da questo punto di vista» disse, allungandosi sulla sedia. «Il mio punto di vista. Mi manda Crotti. Come tutti voi, voglio avere la possibilita di far soldi in fretta e senza troppa fatica. Cretti mi ha detto, o Carlos o Noolen. La gente di Carlos si sente troppo in alto per occuparsi di me. Non sono nemmeno riuscito a vedere Carlos. Voi, invece, entro e vi trovo qui seduto con una ragazza dal seno piatto come unica guardia del corpo. Perche Cretti mi ha fatto il vostro nome? Forse una volta eravate qualcuno e Cretti non e aggiornato. Oppure siete veramente qualcuno, e questa e tutta una messinscena. Prendetela come volete, ma credo che insieme potremmo combinare qualcosa.»

Noolen diede una lieve scrollata di spalle. Scosse la testa. «Non subito» rispose. «Non conosco Crotti. Non ne ho mai sentito parlare, e non credo che vi mandi lui. Non siete altro che un pistolero qualunque che va in cerca di lavoro. Non vi voglio e spero di non aver mai bisogno di voi.»

Fenner si alzo e sbadiglio. «Magnifico» disse. «Ora posso concedermi un po' di riposo. Quando ci avrete riflettuto, potrete trovarmi al Haworth Hotel. Se conoscete Usignolo, consultatelo, lui ha un'altra opinione di me.»

Fece un cenno a Noolen e usci dall'ufficio. Scese le scale, chiamo un tassi e si fece portare all'albergo. Si fermo al ristorante e ordino una bistecca di tartaruga. Mentre stava mangiando, entro Usignolo e si sedette di fronte a lui.

«Finito di piantar chiodi nelle casse o vi vanno male gli affari?» chiese Fenner, con la bocca piena.

Usignolo era preoccupato. «Una bella idea davvero, andartene a quel modo!»

«Si? Me ne vado sempre a quel modo, quando mi fanno una pernacchia.

Perche no?»

«Stammi a sentire, Reiger non ha un bel carattere. Non si puo trattarlo a quel modo!»

«Davvero? Non dirmelo!»

Usignolo ordino pane di segale, formaggio e un bicchiere di latte. Tenne gli occhi fissi sulla tovaglia finche la cameriera non gli porto quanto aveva ordinato, e quando se ne fu andata, disse: «Questa e una complicazione per me.»

Fenner appoggio la forchetta e il coltello. «Mi piaci.» Sorrise a quell'ometto. «Tu sei l'unico che mi ha dato una mano finora. Se mi stai appresso, potrebbe venirtene del bene.»

Usignolo sbircio Fenner da sotto il cappello. Il sole, che entrava dalle veneziane, si rifletteva nei suoi occhiali. «Potrebbe venirmene anche del male» replico asciutto.

Fenner riprese a mangiare. «Diavolo!» esclamo. «Questa citta e un forno.»

Quando finirono di pranzare, Fenner scosto la sedia e si alzo. «D'accordo, amico» disse. «Ci teniamo in contatto.»

«Potremmo anche scambiare quattro chiacchiere, qualche volta» disse Usignolo, speranzoso.

Fenner si tolse il cappello e si passo le dita tra i capelli. «Non so» rispose in tono vago. «Non so.»

Saluto l'ometto con un cenno e usci. Il direttore dell'albergo era occupato dietro il banco. Alzo gli occhi mentre Fenner passava e gli fece un sorriso untuoso.

«Vado a dormire. Questa citta mi ammazza» disse l'investigatore.

Prima che il direttore potesse rispondere, sali le scale fino in camera sua.

Chiuse la porta a chiave, si tolse la giacca e il cappello e si butto sul letto.

Cadde subito addormentato, con un serafico sorriso sulle labbra.

Il telefono lo sveglio. Balzo a sedere di scatto, guardo l'orologio, vide che aveva dormito un paio d'ore e tese la mano verso l'apparecchio.

«Vieni immediatamente al Flager Hotel. Il capo ti vuole.»

Fenner strabuzzo gli occhi. «Di' al capo che sono venuto stamattina. Non vado due volte nello stesso posto» rispose e riattacco.

Si sdraio sul letto e chiuse gli occhi. Se ne stava cosi immobile, da un minuto o due, quando il telefono squillo ancora.

La stessa voce disse: «Farai meglio a venire. A Carlos non piace aspettare.»

«Di' a Carlos che se mi vuole sono qui, altrimenti puo andarsene a quel paese.» Depose il ricevitore con cura esagerata.

Non si prese nemmeno la briga di rispondere, quando il telefono squillo per la terza volta. Ando in bagno, si rinfresco il viso, si concesse una breve sorsata di Scotch, mise giacca e cappello, e scese.

La calura del pomeriggio era intollerabile. L'ingresso dell'albergo era deserto. Fenner lo attraverso e si sedette accanto all'entrata. Appoggio il cappello per terra, accanto a se, e fisso la strada. Non aveva intenzione di farla durare a lungo quella storia, se non pescava subito la sorella di Marian Daley. Si chiese se la polizia aveva trovato i due cubani e i miseri resti di Marian. Si chiese anche che cosa stesse facendo Paula. Da dove stava, teneva d'occhio la strada assolata e deserta. Una grossa automobile improvvisamente sbuco da dietro l'angolo di un edificio, punto verso l'albergo con un ruggito e si fermo.

Fenner si rilasso nella grande sedia a vimini e, allungando un braccio, raccatto il cappello e se lo mise.

C'erano quattro uomini in macchina. Ne uscirono tre, lasciando l'autista al volante.

Fenner riconobbe Reiger e Miller, ma non individuo il terzo. Salirono i pochi gradini con decisione e si guardarono in giro nella penombra. Reiger scorse Fenner quasi subito. Gli si avvicino.

Fenner alzo gli occhi verso di lui e rispose con un cenno. «Cercate qualcuno?» chiese con noncuranza. «L'impiegato sara di ritorno in un minuto.»

«Carlos ti vuole. Vieni» fece Reiger.

Fenner scosse il capo. «Fa troppo caldo. Ditegli che sara per un'altra volta.»

Gli altri due si avvicinarono, minacciosi. Reiger aggiunse, con voce dolce: «Vuoi venire con le tue zampe o ti dobbiamo portare noi?»

Fenner si alzo lentamente. «Quand'e cosi…» disse, e s'avvio con loro verso la macchina. Sapeva che Reiger aveva una gran voglia di sparargli addosso e sapeva che non sarebbe servito a niente far troppe storie. Voleva vedere Carlos, ma non dovevano pensare che gli premeva.

Arrivarono al Flager Hotel in silenzio. Fenner stava seduto fra Miller e Reiger, e l'altro uomo, che loro chiamavano Bugsey, stava davanti con l'autista.

Entrarono tutti nell'ascensore ed andarono al numero 47. Appena dentro, Fenner disse: «Potevate risparmiarvi questo viaggio se non facevate i furbi stamattina.»

Reiger non rispose. Attraverso la stanza, busso a un'altra porta ed entro.

Bugsey segui Fenner.

Carlos era sdraiato su un divano davanti a una grande finestra aperta. Indossava una vestaglia di seta color crema, con grandi fiori rossi. Vistosamente annodato al collo un fazzoletto di seta bianco, ai piedi nudi un paio di babbucce turche.

Fumava una sigaretta di marijuana, e attorno al polso abbronzato e peloso aveva un braccialetto d'oro.

Carlos era giovane. Poteva avere vent'anni, o forse ventiquattro. Il suo viso aveva il colore della pergamena vecchia, le labbra erano molto rosse.

Labbra sottili, come carta velina, e rosse come se fossero state tagliate col rasoio. Aveva il naso piccolo, con le narici grandi e le orecchie schiacciate contro la testa. Gli occhi grandi, con ciglia scure e ricurve, ma privi di espressione. Erano come pezzi di vetro nero e opaco. I capelli, sfuggenti alle tempie, neri, lucenti, e piuttosto ondulati. Con un'occhiata superficiale, si poteva pensare che Carlos fosse un bel ragazzo, ma a guardargli bene la bocca e le orecchie senza lobo non se n'era tanto sicuri. Dagli occhi, soprattutto, si capiva che era una carogna.

«Ecco Ross» disse Reiger e usci insieme a Bugsey.

Fenner fece un cenno di saluto a Carlos e si sedette, un po' lontano dal nauseante odore della sigaretta di marijuana.

Carlos lo guardo con gli occhi vuoti. «Che cosa c'e?» chiese. La sua voce era roca, senza timbro.

«Stamattina ero venuto a cercarti, ma i tuoi scagnozzi hanno detto che eri occupato o qualcosa del genere. Non sono abituato a essere trattato cosi, e me ne sono andato. Non sono sicuro di volerti parlare, adesso.»

Carlos lascio cadere le gambe dal divano sul pavimento. «Sono un uomo prudente» rispose. «Devo esserlo. Quando ho sentito che sei stato qui, ho chiamato Crotti al telefono. Volevo sapere qualcosa di piu sul tuo conto.

Mi pare ragionevole, no?»

«Certamente» rispose Fenner stringendo le palpebre.

«Crotti ha detto che sei in gamba.»

Fenner alzo le spalle. «E allora?»

«Potrei darti del lavoro. Ma devi dimostrarmi che sei il tipo che ci vuole per me.»

«Lascia che mi guardi in giro per un po'. Forse nemmeno tu sei il mio tipo.»

Carlos sorrise. Non c'era un briciolo di calore in quel sorriso. «Sei molto sicuro. E una buona cosa, nel suo genere.»

Fenner si alzo. «Mi arrangio» ribatte bruscamente. «Che cosa facciamo adesso?»

Carlos si alzo dal divano. «Vai a parlare coi ragazzi» rispose. «Poi scendiamo al porto. Devo fare un lavoretto. Molto interessante, vedrai.»

«Mi passi lo stipendio?» chiese Fenner.

«Diciamo cento sacchi finche non ci conosciamo meglio?»

«Dovremo sbrigarci a conoscerci meglio» disse Fenner, senza scherzare.

«Sono briciole, per me.»

Usci e chiuse la porta dietro di se.

Un'ora dopo, Fenner, Carlos, Reiger e Bugsey entrarono in un caffe. Il locale era pieno, e occhi curiosi li guardarono scomparire dietro una tenda oltre la quale c'era una porta.

Fenner scopri che Bugsey aveva intenzioni amichevoli. Era un tipo basso, tozzo, che tendeva a ingrassare, con un faccione rotondo chiazzato, occhi ridenti e le labbra come due salsicciotti.

Reiger odiava Fenner, e lo sapevano entrambi. Questi camminava a fianco di Carlos, Fenner e Bugsey stavano dietro. Percorsero un breve corridoio e poi una rampa di scale. C'era buio, e puzzo, e un silenzio assoluto.

In fondo alle scale, una porta. Carlos l'apri con la chiave ed entrarono. Si trovarono in uno stanzone e Fenner noto che Bugsey sudava per chiudere la porta. Era molto solida e si chiuse con tonfo.

Lo stanzone sarebbe stato completamente buio se non fosse stato per delle lampadine poste sull'altro lato, in fondo. Carlos e Reiger si diressero verso la luce. Fenner si fermo. Guardava Bugsey con aria interrogativa.

Bugsey contrasse le labbra. «E il suo ufficio» spiego, a bassa voce.

«Che cosa si fa? Aspettiamo in piedi?»

Bugsey annui.

Carlos si sedette dietro una tavolaccia sotto una lampadina.

«Portalo qui» ordino a Reiger.

Reiger scomparve nell'oscurita e Fenner l'udi aprire una porta con la chiave. Un minuto dopo era di ritorno, trascinando un uomo con se. Lo tirava per il bavero della giacca, come se fosse un sacco di carbone, senza guardarlo, come se non si rendesse conto che lo stava trascinando. Lo butto su una sedia accanto a quella di Carlos.

Fenner fece qualche passo avanti. Era un cinese. Portava un vestitaccio nero e stava rannicchiato sulla sedia, le mani sotto le ascelle e il corpo piegato in due.

Fenner guardo Bugsey, che di nuovo corruccio le labbra, ma questa volta non disse niente.

Reiger butto indietro la testa del cinese.

Fenner fece un leggero movimento in avanti, ma si fermo. Il viso del cinese luccicava sotto la luce cruda. Aveva la pelle cosi tirata che sembrava di vedere un teschio. Le labbra erano scivolate sui denti e soltanto due ombre scure indicavano dove erano gli occhi.

«Adesso, scriverai quella lettera?» disse Carlos.

Il cinese rimase immobile, silenzioso. Reiger gli diede uno strattone alla giacca, e la sua testa ciondolo avanti e indietro.

«E ostinato questo pezzente, vero, Reiger?» Carlos sorrise. Apri un cassetto e ne trasse qualcosa che depose sul tavolo. «Prendigli la mano e mettila sul tavolo.»

Reiger afferro il polso ossuto del cinese e tiro. Il cinese aveva stretto le mani sotto le ascelle e Fenner vedeva lo sforzo tremendo che compiva per tenervele. Ci fu un lungo silenzio, mentre Reiger lottava. Fenner vide la mano strappata centimetro per centimetro dal suo rifugio. Gocce di sudore imperlavano il viso del cinese e un lungo, lugubre suono gli usci tra i denti.

«Che diavolo stanno facendo?» chiese Fenner a Bugsey.

Bugsey agito una mano, in risposta, ma non disse niente. Teneva gli occhi fissi sul gruppo attorno al tavolo, come affascinato.

La mano scarna, grifagna venne lentamente alla luce e Reiger, con un ghigno duro, la stese sul tavolo. Da dove stava, Fenner vide che ciascun dito era bendato con stracci macchiati di sangue.

Carlos spinse verso il cinese un blocchetto di carta di poco prezzo, una bottiglietta d'inchiostro e una penna. «Scrivi» ordino.

Il cinese non disse niente. Non fece niente.

Carlos guardo verso Fenner. «Vieni qui» disse. «Voglio che tu veda questo.»

«Ci vedo anche da qui» rispose Fenner con voce piatta.

Carlos alzo le spalle. Raccolse l'oggetto che aveva preso dal cassetto e con disinvoltura lo conficco in una delle dita del cinese.

Fenner volse lentamente le spalle al gruppo e afferro il braccio di Bugsey.

«Se non mi dici cosa significa tutto questo, li faccio smettere» disse roco.

Bugsey aveva una faccia che sembrava gorgonzola.

«Il vecchio cinese ha tre figli a casa, nella sua citta natale» disse. «Carlos vuole che lui li mandi a chiamare, per farli lavorare nella sua organizzazione. Quei tre ragazzi valgono quattromila sacchi a testa, per Carlos.»

Dal fondo della sala giunse un'esclamazione improvvisa. Fenner volse il capo. Il cinese stava scrivendo. Carlos si alzo in piedi, gli occhi opachi scrutavano ogni movimento della penna. Quando la lettera fu finita, il cinese ricadde sulla sedia.

Carlos infilo una mano nella tasca e ne trasse una 25. Con una mossa veloce, si accosto al cinese, gli appoggio la canna della rivoltella alla nuca e premette il grilletto. Il colpo riecheggio con una forza incredibile nel silenzio dello scantinato.

Carlos ripose la rivoltella, raccolse la lettera dal tavolo, la piego con cura e l'infilo nel portafoglio.

«Che se ne occupi Usignolo» disse a Reiger, e poi ando verso Fenner. Si fermo e lo guardo con gli occhi socchiusi.

«Ora, ti piace la mia organizzazione?» chiese.

A Fenner prudevano le mani. Disse, con molta gentilezza: «Forse avevate un motivo per farlo, ma ora come ora mi e parso un metodo un po' troppo violento.»

Carlos rise. «Vieni su. Ti diro tutto.»

Il caffe aveva un'aria cosi viva e reale, dopo quello stanzone sottoterra, che aveva messo i brividi a Fenner. Si sedette a un tavolino in un angolo e aspiro a pieni polmoni l'aria calda. Carlos si sedette di fronte a lui. Bugsey e Reiger scomparvero nella strada.

Carlos esibi una borsa da tabacco e comincio ad arrotolarsi una sigaretta.

Il tabacco era fibroso e giallastro. Una mulatta con occhi enormi porto due tazze di caffe nero molto forte. Quando se ne fu andata, Carlos disse:

«Ci sei dentro, ormai. Se non ti piace il gioco, dillo, puoi ancora uscirne.

Se invece vuoi restare, ti diro come funziona. Una volta che sai come funziona, devi restare con noi per sempre. Afferrata l'idea?» fece un sorriso cattivo.

Fenner fece un cenno d'assenso. «Ci sto» rispose.

«Non correre» l'avverti Carlos. «Quando uno conosce troppe cose sui miei affari, rischia di andare incontro a grossi guai, se all'improvviso si tira indietro.»

«Di cosa ti preoccupi? Se non mi va, tanto peggio per me.»

Carlos sorseggio il caffe e guardo fuori dal locale, con un'espressione vuota. Poi, disse bruscamente: «C'e una grossa domanda sulla Costa Occidentale di manodopera cinese, a basso costo. Quando dico basso, intendo basso. Le autorita considerano i cinesi indesiderabili, e non li vogliono.

Ora, questo e un modo balordo di aggiustare le cose. La domanda c'e, ma i padroni che li vogliono non li trovano. Qui si inserisce la mia organizzazione. Io trovo i cinesi.»

«Vuoi dire che li fai entrare negli Stati Uniti di nascosto?»

«E facile. Ci sono centinaia di posti sulla costa dove posso farli sbarcare.

Le guardie costiere non mi danno fastidio. Qualche volta sono sfortunato, ma mi arrangio.»

Fenner si gratto la testa. «E fin qua, niente quattrini, no?»

Carlos mostro i denti.

«Non hai afferrato bene la prospettiva» disse. «Guarda la cosa in questo modo. Prima di tutto i cinesi farebbero pazzie per venire qui. Ho un ragazzo all'Avana che si tiene in contatto con loro. E loro pagano per poter passare di nascosto attraverso il Golfo. Questi cinesi sono talmente impazienti di arrivare qui che sono disposti a pagare da cinquecento a mille dollari a testa. Facciamo un carico di dodici cinesi alla volta. Una volta che sono saliti sulla nave e hanno versato il malloppo, diventano di mia proprieta. Li trasporto sulla Costa Occidentale, dove un buon cinese mi rende altri cinquecento dollari.»

Fenner aggrotto la fronte.

«Vuoi dire che i cinesi pagano per venire, e una volta arrivati, tu li vendi?»

Carlos annui.

«Infatti» rispose. «Sono pagato due volte. E un vero affare. Ho contrabbandato cinquanta cinesi questa settimana. Calcolando tutte le spese, fanno circa trentamila sacchi.»

Fenner era letteralmente trasecolato.

«E perche mai questi cinesi non si lamentano? Che ne e di loro?»

«Come possono lamentarsi? Non hanno alcun diritto, qui. Non possono andare dalla Polizia. Significherebbe la galera e poi il rimpatrio. Li mandiamo verso il nord, lungo la costa, dove si guadagnano da mangiare, e questo e tutto. Li puoi vedere lavorare dappertutto. Nei ristoranti, nelle lavanderie, ovunque.»

«Perche volevi che il vecchio scrivesse quella lettera?»

Carlos lo guardo. «Ti sto raccontando parecchie cose, vero?»

Fenner sostenne il suo sguardo. «Sii coerente. Non devi preoccuparti per quello che dici a me.»

«Quel vecchio ha tre figli in Cina. I cinesi cominciano a scarseggiare.

L'ho costretto a chiamare qui i suoi figli. La solita storia, sai, come se la spassa bene qui e quanti soldi sta facendo. Verranno di corsa. Questi cinesi sono avidi di denaro.»

Fenner spinse indietro la sedia. «Come c'entro io?» chiese.

«Magari ti mando a fare un viaggetto al di la del Golfo a prendere un carico per me. Tra un giorno o due, parte la nave.»

Fenner annui. «Certo, va bene» rispose. «Verro a trovarti tutti i giorni. Il tuo appartamento e troppo elegante per me. Mi intimidisce. Credo che mi fermero all'Haworth, per qualche tempo.»

Carlos alzo le spalle. «Come ti pare» rispose. «Bugsey si terra in contatto con te.»

Fenner accenno di si col capo e sposto la sedia. «Bene» disse, e usci sulla strada, lasciando Carlos al tavolino.

Bugsey apparve all'improvviso da chissa dove e si mise alle calcagna di Fenner, che volse il capo, lo vide e si fermo. Bugsey gli si accosto e proseguirono insieme.

«Una vera e propria organizzazione, la vostra, eh?»

Bugsey annui. «Va bene, se sei un pezzo grosso» disse, senza entusiasmo. «Io non riesco a farmi strada.»

Fenner lo guardo di traverso, pensoso. «Non ti pagano per questo lavoro?»

«Ma si, si» replico Bugsey. «Mica mi lamento.»

Passeggiarono lungo il porto. Fenner penso che quest'uomo era un semplicione. Gli venne un'idea. Gli chiese: «Quanto ti danno?»

«Cento sacchi.»

«Sono briciole.»

«Certo, ma e dura, di questi tempi.»

Fenner ne convenne.

Camminavano lungo il mare, guardando le navi, pigramente. Di punto in bianco, Fenner si arresto. Contemplava una lussuosa motolancia ancorata accanto al molo.

«Magnifica, quella barca» disse.

Bugsey strabuzzo gli occhi. «Eh, si» ribatte in tono d'ammirazione. «Mi piacerebbe una bagnarola come quella.»

Fenner lo guardo, incuriosito. «Ma che cosa diavolo ci faresti?» chiese.

Bugsey tiro un sospiro. «Io? Piglierei tante ragazze da farne un mazzo e le porterei su quella bagnarola. Ecco che cosa ci farei.»

Fenner non lo ascoltava piu, aveva gli occhi fissi su una ragazza che stava uscendo dalla cabina grande. Aveva i capelli color rame, una figurina snella, gambe lunghe e piedi lunghi e stretti. Portava pantaloni bianchi, sandali rossi e una maglietta a collo alto, pure rossa. Fenner provo una punta di emozione. Sapeva chi era. La somiglianza era perfetta. Era la sorella di Marian Daley.

Anche Bugsey la noto. Fischio, piano. «Che sventola!» esclamo.

«La conosci?» chiese Fenner.

«Io? Non farmi ridere. Ti pare che resterei qui con te, se la conoscessi?»

Bugsey la divorava con gli occhi.

Fenner non lo senti. Lesse il nome della barca, "Nancy W", e si avvicino. «Sei una palla al piede» disse. «Fossi stato solo, l'avrei gia conquistata.»

Bugsey sogghigno. «Ma va la, che non l'avresti spuntata! Una sventola come quella ha classe. Non ha tempo per gentaglia come noi.»

Fenner lo porto in un bar. «Cio nonostante, amico, voglio tentare» disse.

Quando venne il cameriere a prendere l'ordinazione, Fenner disse: «C'e una magnifica lancia, la fuori.»

Il cameriere guardo distratto attraverso la porta ed annui. «Che cosa vi porto?» chiese.

Fenner ordino due gin tonic. Quando il cameriere ritorno, ci riprovo.

«Sapete chi ne e il proprietario?»

Il cameriere si gratto la testa. «Che battello e?»

«La "Nancy W".»

«Ah, si, e una magnifica lancia. E di un certo Thayler. Ricco sfondato.»

Bugsey sospiro. «Devi essere ricco sfondato per avere una ragazza come quella.»

«Thayler. Che cosa fa?» riprese Fenner.

Il cameriere scrollo le spalle. «Passa il tempo a spendere soldi. Uno dei soliti play-boy, immagino.»

«Vive qua?»

«Uno non ha bisogno di vivere qua, quando possiede una barca come quella, non vi sembra?»

Fenner trangugio meta gin. «Sapete chi e la ragazza?»

Il barista ghigno. «Non riesco a tenere il passo con quelle» disse. «Thayler deve aver fatto un contratto con le autorita, per provarle tutte.»

«Questo e un bel mestiere! Magari gli serve un po' di aiuto» fece Bugsey.

«Dove lo posso incontrare un tipo come quello?» chiese Fenner.

«Incontrarlo? E sempre in giro. Lo si vede spesso al Casino di Noolen.»

«Cosi, Noolen ha un Casino eh?» fece Fenner, guardando Bugsey.

Bugsey sogghigno. «Noolen e un cervello di gallina.»

Fenner appoggio il bicchiere sul banco. «Comincio a crederlo» disse, e posandogli una mano sul braccio riporto fuori Bugsey, nella luce del giorno.

Il Casino di Noolen era vicino alla casa di Hemingway, sull'angolo tra Olivia e Whitehead Avenue.

Fenner fece fermare l'auto pubblica per dare un'occhiata alla casa dello scrittore. Poi prosegui.

Era una serata calda, piena di rumori e di odori che venivano dal fiume.

Il Casino si ergeva dietro un giardino con una pista semicircolare che portava le automobili davanti alla grande entrata. Porticati doppi e finestre ad arco con persiane gialle davano al grande edificio un'aria distinta.

Il viale era invaso di macchine, e altre ancora erano parcheggiate sulla strada.

Fenner pago il tassi e si avvio sulla lunga scalinata di pietra. In alto c'erano diverse porte, tutte spalancate, cosi, mentre saliva, pote scorgere il vestibolo vivacemente illuminato.

Due uomini, in piedi accanto a una porta, lo guardarono duramente. Capi che erano gli scagnozzi di Noolen. Dal vestibolo passo in una grande sala ove due tavoli erano in funzione. Gironzolo, tenendo gli occhi bene aperti e sperando di trovare la ragazza del battello.

Non era in sala da cinque minuti, quando un cubano, basso, in abito da sera, gli si accosto. «Il signor Ross?» chiese educatamente.

«E con cio?» replico Fenner.

«Volete salire in ufficio un momento?»

Fenner sorrise. «Sono qui per divertirmi» rispose. «Che ci faccio nel vostro ufficio?»

I due uomini di piantone alla porta improvvisamente si fecero strada in mezzo alla folla e si misero al fianco di Fenner, uno per parte. Gli sorrisero, ma il sorriso non arrivava agli occhi.

Il cubano disse piano: «Sara meglio che veniate, credo.»

Fenner alzo le spalle e lo segui. Attraversarono la sala, il vestibolo e poi infilarono una stanzetta sulla sinistra.

Noolen passeggiava su e giu, il capo chino, e un grosso sigaro stretto tra i denti. Alzo gli occhi su Fenner, appena entro.

Il cubano chiuse la porta, lasciando fuori i due piantoni.

Fenner vide che Noolen era piu in forma. Si era lavato e lo smoking gli stava bene.

«Che ci sei venuto a fare qui?» chiese Noolen.

«E un locale pubblico, no? Ti ha punto una vespa?»

«Non vogliamo nessuno della gente di Carlos, qui.»

Fenner scoppio in una risata. Attraverso la stanza e si accomodo su una grande poltrona di pelle. «Non fare il duro» rispose.

Noolen rimase immobile. «Sara meglio che te ne vada…»

Fenner alzo una mano. «Manda via il gorilla, voglio parlarti…»

Noolen esito, poi fece un cenno al cubano, che usci.

«Non ci caverai niente a fare il duro con Carlos» disse Fenner, allungando le sue lunghe gambe. «Perche non ragioni un po'?»

«Che gioco fai?» chiese Noolen. «Hai qualcosa che non mi piace.»

«Non lo so» rispose serio Fenner. «Ma stammi alle calcagna. Se mi va bene, capovolgero la citta da capo a piedi. In tal caso, potrei aver bisogno di te. Non mi piace Carlos e non mi piace il suo lavoro. Credo che lo eliminero.»

Fu Noolen a ridere, questa volta. «Sei pazzo. Carlos e abbastanza potente da distruggerti.»

Fenner annui. «Cosi sembra ora, ma non sara cosi che finira. Ti piacerebbe vedere quel ragazzo andare a gambe all'aria, vero?»

Noolen esito, poi fece un cenno d'assenso. «Certo» disse «ma crepero prima io di lui.»

Fenner si studio la punta delle scarpe. «Ce l'hai una banda, se ne avessi bisogno?»

Noolen si avvicino e si sedette. «Ce l'ho, la banda» ammise cautamente «ma non e della stessa classe. Avrebbero paura di muoversi.»

Fenner sogghigno. «Non quando Carlos comincera a scivolare. E a questo punto che la tua banda dovra intervenire.»

Noolen si strinse le mani. Ci fu un lungo silenzio, mentre rifletteva. Poi disse: «Fai un gioco pericoloso. E se io andassi a raccontare qualcosa a Carlos?»

Fenner alzo le spalle. «Perche dovresti? Hai tutto da guadagnare, standotene seduto in panciolle aspettando che io ripulisca la citta.»

«E va bene. Fai pure. Interverro quando vedro che stai combinando qualcosa. Non credere di soffiarmi la piazza, non ci riuscirai. Fai una cosa sola che non mi piaccia e ti schiaccero.»

Fenner si alzo in piedi. «Non preoccupiamoci di questo, per il momento» disse. «Ci sara tutto il tempo di pensarci, dopo.»

Noolen lo guardo, sospettoso. «Non mi fido di te, Ross. Sei troppo ambiguo.»

«Chi e Thayler?» chiese Fenner, bruscamente.

«Thayler? Che cos'e per te?» Gli occhi di Noolen si fecero d'improvviso rossi e intensi.

«Ho visto la sua barca 'sto pomeriggio. Magnifica, Ho sentito che e venuto qui. Voglio vederlo in faccia.»

Noolen si alzo e si avvicino. «E di la.»

Fenner lo segui nella sala piu grande. «Mostramelo» disse. «Voglio conoscerlo.»

Noolen si mescolo tra la folla, guardandosi a destra e a sinistra, poi disse: «Sta giocando al terzo tavolo. E seduto vicino alla bionda.»

Fenner vide la ragazza. Era molto bella, la seduta. La luce soffusa metteva in rilievo i suoi bei capelli ramati gli occhi erano due ombre profonde e le labbra rosse scintillavano. Portava un vestito nero fin troppo aderente.

«Che bambola! Chi e?» Fenner pose la domanda in tono molto noncurante.

«Glorie Leadler. Bella, eh?» Il sangue era salito al viso di Noolen, e gli occhi azzurri erano diventati acquosi. Fenner lo guardo, incuriosito. Noolen prosegui: «Devi aspettare, se vuoi conoscere Thayler. Non vuole essere disturbato mentre gioca.»

«Va bene. Questa Leadler, chi e?»

Noolen volse il capo e guardo Fenner. «Cos'e tutta questa curiosita?»

«E perche no? Non mi posso divertire, io?»

Noolen sogghigno. «Ti lascio solo per un po'. Ho delle faccende da sbrigare» disse, e si allontano.

Fenner lo segui con gli occhi, perplesso, poi ando al bar, in fondo alla sala. Ordino whisky e ginger e si appoggio al banco. Da li, riusciva a vedere soltanto la testa e le spalle di Glorie. Guardo Thayler e lo studio, un ragazzone molto abbronzato, capelli neri, ricciuti. Gli occhi azzurri e il naso lungo e sottile lo rendevano un bell'uomo.

Quando Fenner torno a posare gli occhi su Glorie, scopri che lei lo stava guardando. Fenner ricambio lo sguardo, pensoso, meravigliato di quella straordinaria somiglianza. Se quella donzella non era la sorella di Marian Daley, lui era un cavallo a tre zampe.

Thayler si chino da una parte e parlo alla ragazza; lei trasali. Fenner non ne era sicuro, ma gli era parso che gli avesse sorriso. Penso che poteva essere uno scherzo della luce, ma aveva avuto la netta sensazione che lei gli avesse ammiccato. La guardo ancora piu intensamente, ma lei non lo guardava piu. Fenner resto dov'era per parecchi minuti, poi la vide dire qualcosa a Thayler ed alzarsi. Thayler parve arrabbiarsi e la fermo prendendola per un braccio, ma lei scosse il capo, gli rise in faccia e si allontano dal tavolo. Thayler giro tutto il capo per guardarla, poi riprese a giocare.

La ragazza si avvicino al bar. C'erano due uomini in piedi, accanto a Fenner, e il cubano basso.

«Bere da soli e un peccato. Volete farmi compagnia?» l'invito Fenner.

Lei non lo guardo, ma apri la sua borsettina e ne trasse un biglietto da dieci dollari. «Mi piace peccare» disse piano, e ordino un gin. Se ne stava con le spalle per tre quarti voltate verso di lui. Fenner vedeva appena il lobo del suo orecchio e la linea decisa del mento.

Fenner ingollo il suo whisky e ginger e fece segno al barista di portarne un altro. Studio la schiena della ragazza, pensoso, perplesso. Appena il barista ebbe appoggiato la seconda ordinazione sul banco e se ne fu andato, disse: «Signorina Leadler, vorrei parlare con voi.»

Lei volse il capo. «Con me?»

«Si. Vi chiamate cosi, vero?»

«Si.» Lo sguardo della ragazza cominciava a metterlo in imbarazzo. Ebbe un'improvvisa, sgradevole sensazione, come se lei lo stesse vedendo in trasparenza. Nessuno gli aveva dato un'impressione simile. Ne rimase confuso.

«Mi chiamo Ross. Sono alloggiato all'Haworth. Vorrei…» s'interruppe.

Thayler si stava avvicinando. Il suo viso era alterato da un cupo cipiglio; raggiunse il banco con passi lunghi e decisi. Disse a Glorie: «Perdio, non puoi bere e basta?»

«Questo giovane e meraviglioso. E semplicemente, incredibilmente meraviglioso» disse Glorie e gli rise in faccia.

Thayler guardo Fenner, a disagio.

«Piantala, Glorie» sibilo a mezza voce.

«E l'uomo piu bello che abbia mai visto. Guardagli le braccia. Guarda com'e forte! Guarda che collo, come tiene diritta la testa» continuo lei.

Fenner si tolse il fazzoletto di tasca e si asciugo le mani. Vuoto il bicchiere. Il cubano lo stava guardando, un freddo, sprezzante sorriso sulle labbra.

Thayler disse, infuriato: «Smetti di delirare per le sue braccia e il suo collo.»

«Offrigli da bere. E un bel ragazzo. Sai che cosa mi ha detto? "Bere da soli e un peccato".» Glorie volse il capo e sorrise a Fenner.

«Vattene, sparisci, idiota» sibilo Thayler all'investigatore.

«Sii gentile. Lo metti in imbarazzo. Non e questo il modo di parlare con un uomo cosi bello» ridacchio Glorie.

«Attento a te, play-boy. Sei troppo pappamolla per fare lo sbruffone» rispose Fenner a Thayler.

Thayler fece una mossa, ma il direttore cubano s'intromise tra i due, sussurro qualcosa all'orecchio del giovanotto, che guardava Fenner da sopra la testa del cubano, il viso rosso di collera repressa; poi Thayler si volto, afferro Glorie per il polso e la trascino fuori dalla sala.

«Che bella ragazza» disse Fenner al cubano.

«Sara meglio che ve ne andiate, anche voi» rispose quello e si allontano.

Fenner resto un attimo soprappensiero, poi fece schioccare le dita e decise d'andarsene. Attraverso il vestibolo di corsa. Un'auto pubblica si accosto all'ingresso e l'autista spalanco la portiera. Fenner disse: «Al porto, presto» e sali in macchina.

Il tassi filava, ma Thayler era gia salito a bordo della "Nancy W" quando Fenner arrivo. Vide la luce accesa nella cabina, mentre pagava il tassista.

Diede una rapida occhiata da una parte e dall'altra della banchina deserta, poi fece di corsa l'imbarcadero e si arrampico sul battello. Raggiunse silenziosamente la cabina. Sdraiato, bocconi, poteva guardare giu, attraverso la finestrella che era semiaperta.

Glorie era in piedi, nel mezzo della cabina, si sfregava il polso e guardava Thayler, che era appoggiato alla porta. «E venuto il momento di buttare le carte in tavola» urlava lui. La sua voce giungeva perfettamente chiara a Fenner. «Ho fatto il fesso per troppo tempo.»

Glorie gli volse le spalle. «Una volta uscita da qui» disse, rabbiosa «non ti vorro piu vedere.»

Thayler si avvicino al mobile bar e si verso da bere. Gli tremavano talmente le mani che verso del liquore sulla superficie levigata del mobile.

«Ho venduto l'anima al diavolo per te» disse. «Ma siamo sempre da capo.

Lo so bene che sei pazza, ma non puoi almeno tentare? E questo che mi fa arrabbiare, nemmeno tenti.»

Glorie camminava per la cabina. Come una bestia chiusa in gabbia, penso Fenner.

«Ci soffro per te» disse Thayler.

Lei si volse di scatto. «Sei tu il pazzo. Cosa credi che mi importi se ci soffri?»

«Non ti e mai importato niente di nessuno. Tu non sai che cosa vuol dire avere dei sentimenti.»

«Invece lo so.»

«No, non quel tipo di sentimenti.»

Thayler stringeva con forza il bicchiere che aveva in mano. Fenner gli vedeva le nocche bianche. «D'ora in poi tutto e finito tra noi. Non sopportero un'altra serata come questa.»

Glorie scoppio in una risata. «Sono io che ti pianto, e non tu che pianti me. E sai il perche?»

«Sono stufo di sentirlo. Lo so gia da un pezzo.»

«No, che non lo sai» disse Glorie con rancore. «E perche tu non vali niente. Non sei mai valso niente. Sei un idiota. Non sai niente. Tu invece credi di sapere qualcosa.»

Thayler appoggio con cura il bicchiere sul tavolo. Si avvicino alla ragazza e le mise le mani sulle spalle. Era pallidissimo. «Sai bene che questa e una sporca bugia, vero?» disse.

Lei si libero della stretta di lui. «Mi sono stancata di dirti bugie, Harry» replico. «Non mi diverte piu. Una volta ti avrei aiutato a salvare il tuo stupido piccolo orgoglio. Ma ora, non me ne importa piu niente.»

Thayler la colpi in viso con uno schiaffo.

Fenner spinse indietro il cappello sulla fronte e si accosto un po' di piu.

«Ti uccidero» diceva Thayler con voce tremante.

Glorie si tocco la guancia. «Tu non hai il coraggio di uccidere una mosca» ribatte. «Non sei stanco di fare la parte dello scemo? Perche non ti fai furbo? Ne ho abbastanza di te. Ti do il benservito.»

Thayler impallidi ancora di piu. «E per quell'altro, vero?» disse. La sua mano tocco il bicchiere e lo strinse.

«Sta' attento alla pressione» lo scherni Glorie «o un giorno o l'altro scoppi.»

Mentre apriva la porta, Thayler le lancio dietro il bicchiere. Ando in mille pezzi contro il muro, a un metro dalla testa della ragazza.

Fenner si stacco dalla cabina e si alzo in piedi. "Lasciamoli litigare" penso, salto giu dal battello e si diresse verso l'albergo.

3

Fenner stava osservando Usignolo lucidare un cofano nel suo laboratorio, quando entro Reiger, che gli disse: «C'e del lavoro per te. Passero di qua a prenderti alle otto.»

Fenner si accese una sigaretta. «Di che lavoro si tratta?»

«Lo vedrai.»

«Stammi a sentire, Reiger. Non mi va questo tuo modo di fare. O si lavora insieme o niente. Di che lavoro si tratta?»

Reiger si gratto l'angolo della bocca con l'unghia del pollice. «C'e una consegna di cinesi. Li andiamo a prendere stanotte.»

«Bene, ci saro.»

Reiger usci.

«Simpatico, quello» disse Fenner a Usignolo. «Chissa perche, ma lui e io non riusciamo a essere molto amici.»

Usignolo era preoccupato. «Non devi trattarlo cosi» disse, scuotendo il capo. «E una carogna. Devi stare attento.»

Fenner tamburello sul coperchio del cofano con le dita. «Staro attento, non temere» rispose. Saluto Usignolo con un cenno e scese le scale. Ricciolina era seduta dietro la scrivania e scriveva sopra un libro mastro. Alzo gli occhi, speranzosa, vedendolo passare.

Fenner si fermo. «Si, piccola» le disse. «Stamattina hai proprio una bella faccia.»

Ricciolina spalanco gli occhioni. «Santo Dio» esclamo. «Non lo digerisco bene questo genere di complimenti.»

«Non importa. E sempre una sorpresa vederti.»

Ricciolina mordicchio la punta della penna. Lo guardo, seria. «Ci sei dentro, ora?» chiese.

Fenner annui.

«Hai visto Pio?»

«L'ho visto.»

Ricciolina tiro un sospiro. «Non ti pare un bel ragazzo?»

«Io non lo definirei cosi. Non dirmi che ti piace.»

Ricciolina rispose con amarezza: «Che ti importa di chi mi piace?»

A Fenner baleno un'idea. Si sedette sull'orlo della scrivania. «Un momento piccola, non prenderla cosi. Carlos e qualcosa per te?»

«Nessuno e qualcosa per me» rispose Ricciolina. «Ti spiace di non mettere il naso nei miei affari?» Ma i suoi occhi la tradivano e Fenner ci lesse dentro parecchio.

Si alzo in piedi e sorrise. «Certo, certo» disse. «Non fraintendermi. Credevo che ti piacesse appoggiare la tua bella testolina ricciuta sulla mia spalla e raccontarmi tutti i tuoi guai.»

«Ebbene, ti sei sbagliato» ribatte lei. «Non ho guai di nessun genere.»

Fenner sorrise di nuovo ed usci in strada. Cosi stavano le cose, penso.

Ricciolina aveva preso una cottarella per Carlos, ma lui la trascurava. Doveva essere duro soffrire per un verme come Carlos.

Gironzolo un po' per le viuzze, a volte tornando sui propri passi, fermandosi in qualche bar a bere, sempre attento a scoprire se qualcuno lo stesso pedinando. Quando si convinse che non c'era nessuno, torno verso il centro.

Quando ebbe raggiunto l'edificio della Polizia Federale, indugio fuori, guardando molto attentamente la strada; infine si decise a entrare e prese l'ascensore.

L'agente federale si chiamava Hosskiss. Si alzo in piedi da dietro la scrivania e tese una mano umidiccia.

Fenner la strinse e si lascio cadere pesantemente sulla poltrona di fronte.

Estrasse dalla tasca interna della giacca alcuni documenti e li tese al funzionario di polizia.

«Mi chiamo Fenner. Questa e la mia licenza di agente investigativo. Sono qui per conto di un cliente che abita in questa citta, e vorrei farvi sapere alcune cose.»

Hosskiss esamino le carte, si acciglio, poi chiese: «Fenner? Siete quello che ha risolto il caso Blandish?»

Fenner annui.

«Ah, bene, lieto di conoscervi.» Hosskiss sorrise. «Ero amico di Brennan. E stato lui a raccontarmi come ando quella faccenda. Ma certo, saro ben contento di potervi essere d'aiuto.»

«Non posso dirvi il nome del mio cliente. Comunque, sto cercando una ragazza. Non so in che modo, ma c'e implicato Carlos. Io sono stato introdotto da Carlos sotto falso nome e ingaggiato nella sua banda. Voglio che lo sappiate per evitare che uno dei vostri mi metta le mani addosso. Stanotte andro assieme a Reiger a ritirare un carico di cinesi. Partiremo verso le otto. Ho pensato che poteva farvi comodo saperlo.»

La sbuffata che Hosskiss diede in risposta era molto significativa.

«Accidenti!» esclamo. «Pare che non vi rendiate conto del vespaio in cui vi siete messo. Se Carlos dovesse subodorare qualcosa, sarete dato in pasto ai pescecani. Quell'individuo e il serpente piu pericoloso che ci sia sulla costa.»

Fenner fece spallucce. «Lo so» disse. «Sono stato attento. Credo che non mi abbia visto nessuno venire qua. Perche non avete ancora eliminato quella banda?»

«Non ci sono prove. Sappiamo che cosa fanno, ma non li abbiamo mai presi con le mani nel sacco. Ci sono aeroplani e lance di guardia appostate lungo tutta la costa, ma ci sfuggono costantemente. Una volta che siamo riusciti a beccarli, non avevano niente a bordo. Sono dei duri, quelli. Sono pronto a scommettere che hanno buttato a mare i cinesi, appena hanno visto che il nostro battello si avvicinava.»

Fenner si gratto la testa. «Se questa notte ci sorprendete, dovete fare in modo di non incriminarmi. Mi piacerebbe vedere Reiger messo in gattabuia, ma io devo essere libero di continuare le mie indagini.»

«Ci penso io a questo. Non volete dirmi di che cosa si tratta?»

Fenner scosse il capo. «Per il momento, no» rispose cautamente. «Forse avro bisogno del vostro aiuto per la ripulitura finale, ma per il momento tutto cio di cui ho bisogno e che mi lasciate libero, se per caso dovesse succedermi qualcosa.» Si alzo in piedi.

Hosskiss gli strinse la mano. «Sapete per caso da dove partite, e fin dove arrivate, stanotte?»

Fenner scosse il capo. «No» rispose «dovrete trovarci da soli.»

«Vi troveremo, vi troveremo. Il Golfo pullulera di barche, stanotte.»

Ridisceso in istrada, Fenner si diresse verso il porto per incontrarsi con Bugsey. Salirono insieme al Flager Hotel.

Carlos era solo quando entrarono nell'appartamento numero 47. Li saluto con un cenno. «Esci, e fatti un riposino» disse a Bugsey.

Questi parve sorpreso, ma usci. Carlos guardo in faccia Fenner. Poi chiese: «Che ci sei andato a fare nel locale di Noolen, ieri sera?»

«Lavoro con la tua gente, ma non sono obbligato a giocare con loro, no?»

Carlos replico: «Non hai giocato ieri sera. Sei salito nell'ufficio di Noolen. Perche?»

Fenner fece lavorare il cervello. Carlos rimase fermo, immobile, la mano infilata nella giacca.

«Ci ero andato per giocare, ma Noolen mi ha mandato a chiamare e mi ha detto di andarmene. Non vuole gente della tua banda nel suo locale» spiego Fenner.

Carlos continuo: «Hai cercato di parlare con la Leadler. Perche?»

«Perche no?» Fenner penso che si stava avventurando su un terreno pericoloso. «Chi non ci proverebbe con una ragazza come quella? Era sola, e ho pensato di attaccar discorso. Che cosa sai sul suo conto?»

Carlos si aggrotto. «E una cosa che non t'interessa. Non mi piace il tuo modo di fare, Ross. Queste due storielle che mi hai raccontato sono troppo facili. Ti terro d'occhio.»

Fenner alzo le spalle. «Ti stai rammollendo» disse, sdegnoso. «Hai forse paura di Noolen?»

Carlos gli fece un brusco cenno col capo. «Puoi andare» sibilo, e si accosto alla finestra.

Fenner usci dalla stanza, pensieroso. Quel farabutto non era cosi scemo come credeva. Doveva giocare le sue carte con molta attenzione. Disse a Bugsey: «Vengo subito da te. Devo telefonare all'albergo per avvertirli che non rientrero stanotte.»

Si chiuse in una cabina telefonica e chiamo Noolen. Bugsey resto fuori a gironzolare. Fenner disse, tenendo la voce bassa: «Noolen? Sono Ross.

Stammi a sentire, Carlos ha una spia nel tuo Casino. Ha saputo che abbiamo parlato insieme, e sa anche altre cose. Quel direttore cubano, ce l'hai da molto tempo?»

«Due mesi.» La voce di Noolen suonava preoccupata. «Lo terro d'occhio.»

«Si» replico Fenner. «Io lo licenzierei sui due piedi, fossi te» e riappese.

Usci dalla cabina e prese Bugsey per braccio. «Non bisogna prendersela» gli disse. «Pare che avro del lavoraccio da fare, stanotte.»

Bugsey gli cammino al fianco. Disse con un tono di voce basso, confidenziale: «Io invece ho un appuntamento con una ragazza» socchiuse gli occhi e sorrise.

Fenner comparve da Usignolo alle otto meno due minuti. Reiger e Miller erano gia arrivati. Miller stava lubrificando un fucile mitragliatore. Alzarono la testa entrambi, quando Fenner entro nel laboratorio.

«Ha l'aria di voler piovere» disse Fenner.

Reiger grugni, ma Miller disse, con un tono falsamente amichevole: «E proprio quello che vogliamo, un po' di pioggia.»

«Ce l'hai la rivoltella?» chiese Usignolo a Fenner, a bassa voce.

Fenner scosse il capo.

Usignolo si avvicino a un cassetto e ne trasse una grossa automatica.

Reiger alzo la testa di scatto. «Lui non vuole una rivoltella.»

Usignolo non gli fece caso. Consegno la rivoltella a Fenner. Reiger comincio ad agitarsi. «Ti ho detto che non vuole una rivoltella» ripete, alzandosi in piedi.

Fenner lo guardo. «Smettila» replico. «Mi sento piu sicuro con una rivoltella.»

Si guardarono fissi, poi Reiger alzo le spalle e si rimise a sedere.

Usignolo fece uno strano sorriso. «Non hai piu voglia di giocare col grilletto?» chiese a Fenner. «Mi hanno detto che sei peggio della dinamite, quando ti ci metti.»

Fenner soppeso l'automatica, assorto. «Mi arrangio» fu la sua risposta.

Miller guardo l'orologio che teneva al polso e che sembrava fuori posto su un omaccione come lui. «Andiamo» disse. Avvolse il fucile mitragliatore nell'impermeabile e raccolse il cappello.

Reiger si mosse verso la porta. Usignolo disse sottovoce a Fenner: «Attento, con quei due.»

C'era una grossa berlina parcheggiata fuori dal negozio. Reiger si mise al volante, Fenner e Miller salirono dietro. Fenner agito la mano verso Usignolo mentre l'automobile si scostava dal marciapiede. Intravvide Ricciolina seminascosta dietro Usignolo. Riusci a distinguere a malapena la linea del suo viso.

«Carlos non viene mai da queste parti?» chiese a Miller.

«Perche dovrebbe?» replico questi, seccamente.

Reiger diresse la macchina verso sud. «Stai sempre a far domande, tu, eh?» disse.

Percorsero il resto del tragitto in silenzio. Arrivati al porto, parcheggiarono la macchina, poi si diressero frettolosamente verso il molo per le piccole imbarcazioni. Un negro alto di statura e Bugsey li aspettavano accanto a un battello di sette od otto metri. Appena il negro li vide, salto sul battello e scomparve nel locale del motore. Bugsey rimase in piedi, pronto a slegare la cima.

«Non bisogna fare niente, finche non si sono avvicinati» disse Reiger, mentre Miller saliva a bordo. «Poi bisogna tenerli d'occhio, mentre salgono a bordo. Non un cinese deve avere addosso armi da fuoco. Il metodo migliore e di perquisirli, mentre salgono a bordo. Ci vuole tempo, ma e sicuro. Se ti pare che uno di loro abbia una rivoltella, strappagliela via. Se reagisce, suonagliele. Miller pigliera i cinesi che tu hai perquisito e li portera in cabina.»

«Va bene» rispose Fenner e segui Reiger sul battello. Bugsey slego la corda e la butto a Reiger. Agito la mano in segno di saluto all'indirizzo di Fenner.

«Buon viaggio» auguro.

Il negro avvio il motore e il battello comincio a tremare. Miller si era gia messo al timone.

«Bene, andiamo» disse Reiger e il battello si mosse.

Reiger si accuccio dietro il piccolo ma potente riflettore di prua e si accese una sigaretta. Stava di schiena, assorto, scontroso, e Fenner non si prese la briga di seguirlo. Scese nella cabina dove stava Miller e si mise comodo.

«A che ora arrivano i cinesi?» gli chiese.

«Verso le dieci, credo.»

Mentre il battello puntava verso l'alto mare, l'aria si fece all'improvviso piu fredda e comincio a cadere una pioggerellina gelida. Era una notte senza luna, con una visibilita pessima.

Fenner rabbrividi e accese una sigaretta.

«Ti abituerai a questi viaggi» disse Miller. «Se hai freddo, vai nel locale del motore. La, c'e piu caldo.»

Fenner si trattenne con Miller ancora per un po', poi ando nel locale del motore. Vide Reiger sempre seduto dietro il riflettore, immobile.

Il battello beccheggiava non poco per via del mare mosso, e Fenner perse all'improvviso la voglia di fumare. Il negro non parlava. Di tanto in tanto ruotava gli occhi su Fenner, ma non diceva una parola.

Dopo un po' Miller grido e Fenner lo raggiunse. Miller punto il dito. Si vedeva un punto luminoso, lontano, che si accendeva e si spegneva, a intermittenza. Miller aveva cambiato rotta e ora il battello correva verso la luce. «Dovrebbe essere il nostro uomo» disse.

All'improvviso, Reiger accese il suo riflettore, e lo spense quasi subito.

Vago e lontano, Fenner udi il ronzio di un aeroplano. Sorrise, nell'oscurita. Anche Miller l'aveva sentito.

«Sta arrivando un aereo» urlo a Reiger.

Reiger balzo in piedi e alzo gli occhi verso l'alto, a scrutare l'oscurita.

Poi, prontamente, spense le luci di prua. Il battello procedeva avvolto nel buio.

«Queste guardie costiere mi danno il mal di mare» esclamo Miller, infuriato.

L'aeroplano continuava a ronzare, ma dopo qualche minuto non si senti piu. Reiger fece lampeggiare il riflettore un'altra volta, forando l'oscurita, poi lo spense. L'altra luce continuava a segnalare. Si faceva sempre piu vicina.

Miller diede a Fenner una torcia. «Vai a prua» disse «ci siamo quasi.»

Fenner afferro la torcia e usci dalla cabina. Ora il battello rullava, Miller aveva ridotto la velocita.

Reiger, che era in piedi a prua, grido: «Spegni!» e con un ronzio il motore si zitti. Reiger si accosto a Fenner, camminando con precauzione mentre il battello sbatteva da ogni parte. «Tira fuori la rivoltella» ringhio «e tieni d'occhio i cinesi.» Lui imbracciava il fucile mitragliatore. «Te li passo io, uno ad uno, assicurati che non portino rivoltelle, poi passali a Miller.»

Entrambi puntarono gli occhi sul mare nero come la pece. All'improvviso, Reiger fece lampeggiare una piccola torcia elettrica. Aveva sentito lo sciacquio di un paio di remi.

Una barca di piccole dimensioni stava avvicinandosi. Fenner vi scorse quattro uomini accovacciati e due ai remi, poi Reiger spense la torcia.

«Tieni le orecchie tese, nel caso che torni quell'aereo» mormoro Reiger a Fenner. Poi, mentre la barca si affiancava dolcemente al battello, riaccese la torcia.

Un cinese minuto e scheletrico sali a bordo. «Ne ho quattro, qui» disse a Reiger. «Ti portero gli altri con i soliti viaggi.»

«E lo straordinario, non c'e?»

«Certo, certo. Te lo porto per ultimo.»

«Su, comincia» fece Reiger a Fenner.

Fenner fece un passo indietro e aspetto. I cinesi salirono a bordo uno a uno. Reiger li contava, ne lasciava passare uno per volta, aspettando che Fenner li passasse a Miller, che li portava poi in cabina. I cinesi erano vestiti tutti allo stesso modo, camicie attillate e calzoni a mezza gamba. Restavano immobili come pecore davanti a Fenner che li perquisiva e li spingeva verso Miller.

Ci furono altri due carichi, il tempo passava. Il cinese scheletrico, che se ne stava di fianco a Reiger, disse: «Bene, e con questi abbiamo finito. Ora vado a prendere il carico straordinario.»

«Li hai chiusi a chiave?» chiese Reiger a Miller. La sua voce suono tesa, innaturale a Fenner.

«Col lucchetto» assicuro Miller.

Fenner si chiedeva che cosa fosse lo straordinario. Percepi un'improvvisa tensione tra Miller e Reiger. Aspettarono insieme nell'oscurita, le orecchie tese in attesa che la barca tornasse. Finalmente si senti lo sciacquio dei remi. Reiger punto la torcia e, allungando il braccio, con un gancio fermo la barca.

Il cinese scheletrico sali a bordo, poi si chino verso la barca e uno dei rematori gli tese una minuscola personcina. Uno strappo, e il carico straordinario era a bordo.

«Di questo mi occupo io» disse Reiger a Fenner.

Fenner punto la torcia sullo straordinario. Impreco sottovoce. Era una ragazza. Se l'era quasi aspettato. Doveva avere tredici o quattordici anni, una cinesina. Era terrorizzata, morta di freddo. Anche lei portava una camicia attillata e i calzoni a mezza gamba.

Con una bestemmia, Reiger gli strappo la torcia di mano. «Sta' lontano» sibilo fra i denti. «Miller, portala sottocoperta.»

Reiger si volto verso il cinese, che gli consegno un pacchetto avvolto in carta oleata, e poi salto sulla barca che scomparve nella notte.

«Se ci pigliano, ce lo faranno pagare caro, questo tipo di commercio» disse Fenner tra i denti.

«Davvero? Ti stai rammollendo?» replico Reiger.

«Mi pare che avrei avuto il diritto di sapere che c'erano di mezzo anche delle donne. Non e una cosa su cui si passa sopra facilmente.»

«Che ti credi? Una ragazza vale dieci cinesi, se riesci ad arraffarla. Percio tieni la bocca chiusa.»

Fenner non disse nulla, lascio che Reiger se ne andasse in cabina. Rimase solo a riflettere. Era questa la soluzione del problema? Avevano caricato dodici cinesi e una ragazza. Era questo cui si riferiva la sorella di Marian?

O era solo una semplice coincidenza? Non lo sapeva.

«Torniamo indietro, Reiger. Ne ho avuto abbastanza» grido Miller.

«Certo, di' al negro di avviare il motore» rispose Reiger.

Il battello tremo, mentre il motore cominciava a girare. Fenner si sedette con la schiena verso la cabina e scruto l'oscurita. Sperava di udire il suono di un battello di pattuglia. Ma non udi, ne vide niente.

A un tratto, senti il grido di Reiger: «Ross, dove diavolo sei? Ehi, Ross.»

Fenner scese in cabina. «Che c'e?» chiese. «Hai paura del buio?»

«Stammi a sentire, spiritosone, perche non la smetti con questi scherzi?

Voglio che tu vada nella cabina dei cinesi e li leghi tutti alla catena. La catena e li.»

Fenner guardo il mucchio di manette legate insieme da una catena rugginosa. «Perche legarli?» chiese.

«Che ti credi? Dobbiamo essere prudenti, no? Se un battello della polizia ci scopre, buttiamo a mare quei vermi. Legati, vanno a fondo piu in fretta.»

«Le pensi tutte, tu.» L'investigatore strappo il timone dalle mani di Reiger. «Fallo da te. Quello non e mestiere per me.»

Reiger lo guardo nella fioca luce della lampada per la navigazione. «Non so perche, ma non mi pare che tu sia molto utile nella nostra organizzazione» disse, e, raccolte le manette, usci dalla cabina e scomparve.

Fenner fece una smorfia. Non poteva resistere a lungo in quella situazione. Ormai aveva avuto quasi tutte le informazioni che voleva. Tutto dipendeva da quello che Glorie Leadler aveva da dire. Se otteneva da lei quanto sperava, non gli restava altro che passare all'azione e ripulire la citta.

Il rumore soffocato di un colpo di rivoltella richiamo bruscamente la sua attenzione al battello. Tese l'orecchio, scrutando l'oscurita, ma non vide niente. Silenzio. Poco dopo, Reiger rientro in cabina.

Fenner lo guardo, mentre quegli riprendeva in mano il timone. Aveva il viso indurito, gelido. «Qualche fastidio?» chiese.

Reiger ghigno. «Non vogliono le catene. Ho dovuto sparare alle gambe di uno di loro per farli star quieti.»

Fenner si passo una mano nei capelli. Aveva smesso di piovere, ma sentiva ugualmente freddo e umido.

«Vai a dire a Miller di tener d'occhio la bimba» disse Reiger, inaspettatamente. «Sembrava tranquilla, ma se si mette a strillare, ci sara l'inferno su questa barca.»

Fenner si diresse verso la cabina piu piccola, dietro la cambusa. Si fermo sulla soglia. Miller stava lottando con la cinesina. Lei si difendeva in silenzio, col sangue che le colava dal naso e dalle labbra.

Fenner fece un passo avanti e agguanto Miller per il collo. Lo tiro, trascinandolo via dalla ragazza. Poi gli diede un calcio, con forza, mandandolo a gambe all'aria dall'altra parte della cabina.

Miller si levo a sedere lentamente. Il suo faccione bianco brillava sotto la luce della lampada. Fisso lo sguardo su Fenner, strizzando gli occhi.

«Vattene fuori di qui e lasciami solo» grugni.

Fenner taceva. Restava in piedi, le mani ciondoloni. Miller sposto gli occhi, vide la ragazza e arranco carponi verso di lei.

Pallido, le labbra strette, Fenner si tolse di tasca la rivoltella, tenendola per la canna. Trattenne il fiato e poi colpi Miller in testa. Miller si irrigidi, sussulto come se cercasse di riprendersi, infine cadde con la fronte sul pavimento con un tonfo sordo.

Fenner butto via la rivoltella, lo prese per un braccio e lo trascino fuori dalla cabina.

La testa di Reiger spunto dalla cabina di comando. «Cosa diavolo state combinando?» urlo.

Fenner non gli fece caso. Scarico Miller sull'ombrinale.

Miller si rialzo, reggendosi la testa. Sputo una serie di oscenita. Fenner non lo guardo, e rientro nella cabina di comando.

«Che cosa e stato?» chiese Reiger.

Fenner durava fatica a parlare con voce ferma. «Quel cane di Miller stava addosso alla ragazza. L'ho convinto a lasciarla stare.»

Reiger fece spallucce. «Ma guarda di cosa ti vai a preoccupare!»

Fenner non gli rispose. Stava guardando un piccolo punto luminoso che si muoveva dalla parte della terraferma. Distolse subito gli occhi prima che anche Reiger se ne accorgesse. Forse erano quelli della polizia.

Miller, che si era tirato in piedi, lo vide e grido per avvertire. Reiger giro subito il timone.

«Guardie costiere» disse «vediamo di non farci trovare.»

Il battello navigava senza luci, ma ora la luna aveva superato la coltre di nuvole e la grossa macchia bianca del battello si intravedeva molto facilmente.

Fenner tenne d'occhio il punto luminoso, vide che deviava leggermente, ma poi si portava diritto su di loro.

«Ci hanno gia visti» disse.

Reiger chiamo Miller, urlando. Diede tutto il gas possibile. Miller si avvicino barcollando. Diede un'occhiata omicida a Fenner, ma Reiger gli grido: «Prendi il timone. Io penso alla mitragliatrice. Forse quei maledetti sono piu veloci di noi.»

Miller prese il timone e Reiger scomparve. Fenner usci dalla cabina e segui Reiger. Il punto luminoso si avvicinava sempre di piu.

«Ci prenderanno» constato.

Reiger urlo qualcosa nella stanza del motore, e il negro gli porse un Thompson. Reiger lo passo a Fenner e ne prese un altro dal negro.

«Mettiti da quella parte» disse Reiger, buttandosi a terra. «E fuoco continuo.»

Fenner si accuccio. Sparo due raffiche, stando bene attento che le pallottole volassero sopra il battello. Quasi immediatamente, Reiger fece fuoco con il suo mitra. Persino da dove si trovava, Fenner vide una grandine di schegge volare in aria.

Fenner mise la testa al riparo quando quelli cominciarono a rispondere al fuoco. Vide le lunghe fiammate gialle e i colpi dei proiettili che colpivano il fianco del battello. Le guardie costiere tenevano un fuoco continuo e cosi pesante che per Reiger e Fenner fu assolutamente impossibile mettersi allo scoperto per tentare di rispondere.

Miller, che osservava tutta la scena protetto dalla cabina, strillo: «Fate qualcosa. Fra pochi secondi ci saranno addosso.»

Reiger sbircio dal nascondiglio, vide il battello della polizia a poco piu di un metro e si ritrasse, mentre una nuova mitragliata scheggiava il legno.

Fenner volto il capo. Reiger, completamente disteso per terra, gli grido:

«Attenzione alla testa!» e, sollevandosi sulle braccia, butto qualcosa di rotondo, simile a una palla, sul battello accanto. Ci fu un lampo accecante, una violenta esplosione e immediatamente la poppa del battello della polizia comincio a colare a picco.

«Dagli col motore» urlo Reiger a Miller, e si alzo a sedere per vedere l'altro battello ormai in preda alle fiamme. Arranco carponi verso Fenner.

«Che trovata! Questa e la prima volta che ce ne serviamo. Carlos e grande con le sue idee. Se non avessimo avuto quella bombetta a bordo, a quest'ora i cinesi sarebbero pasto per i pesci, e noi avremmo fatto un viaggio a vuoto.»

Fenner grugni. Non gli riusciva di staccare gli occhi dal battello in fiamme, che diventava una macchia luminosa sempre piu piccola nell'oscurita. Si rialzo lentamente in piedi. Reiger era gia nella cabina di comando, e segnava a dito una luce verde che brillava lontana. Miller devio leggermente il timone.

«Ecco l'uomo che deve ritirare il nostro carico» grido Reiger a Fenner.

«Per questa volta, ce l'abbiamo fatta.»

Fenner guardo immobile la luce verde che si avvicinava. Ormai capiva che era tempo di passare all'azione. Aveva giocato con Carlos fin troppo a lungo.

Erano appena passate le due di notte, quando Fenner rientro all'Haworth.

Ancora prima di accendere la luce nella stanza, capi che c'era qualcuno dentro. Non sentiva niente, ma sapeva di non essere solo. Fece un passo avanti, sentendosi maledettamente esposto sulla soglia, nella fioca luce del corridoio. C'era qualcosa nell'aria, un profumo. Infilo la mano sotto la giacca e afferro la pistola, poi cerco a tastoni l'interruttore e accese la luce.

Degli abiti da donna, buttati per terra, accanto al letto, attirarono la sua attenzione. Un vestito nero, una manciata di pizzi e di crespo di Cina, un paio di scarpe. Era Glorie Leadler, seduta sul letto. Le braccia bianche e scoperte stringevano saldamente il lenzuolo attorno al corpo. Quando vide chi era entrato, si lascio ricadere sul cuscino, tenendo fuori le braccia.

Fenner ripose la pistola. Riusciva a pensare soltanto che era molto stanco. Glorie gli sorrise, sonnacchiosa.

Fenner si accosto alla lampada da tavolino, l'accese e spense quella del soffitto. La luce era piu smorzata, ma illuminava bene il pavimento. Vide due macchie rosse sul tappeto, che prima non c'erano. Le guardo e poi guardo le scarpe di Glorie. Si avvicino un po' di piu. C'erano macchie rosse sulle scarpe, come se Glorie avesse camminato sopra qualcosa. Se non prendeva in mano le scarpe, non poteva esserne sicuro. Era chiaro che erano macchie di sangue, ma preferiva non far sapere alla ragazza di averle gia viste.

«Che ci sei venuta a fare, qui?» le chiese.

«Sei stato tu. Mi hai detto che stavi all'Haworth. Mi hai detto che volevi parlare con me. Sono venuta qui e ti ho aspettato. Quando mi sono stancata di aspettare, mi sono messa a letto. Credevo che non saresti piu tornato, stanotte.»

«Quando sei arrivata?»

«Cosa vuol dire, quando?» I suoi begli occhi si fecero gelidi.

«A che ora?»

«Alle nove. Ti ho aspettato fino alle undici e poi mi sono messa a letto perche ero stanca.»

«Nessuno ti ha visto entrare?»

Lei scosse il capo. A Fenner parve di vederla impallidire. Si mosse inquieta nel letto. Fenner vedeva la lunga linea delle sue gambe sotto le lenzuola. La ragazza aveva perso gran parte della sua spavalderia.

«Mi sembri uno di quei brutti poliziotti che fanno tante brutte domande» disse.

Fenner sorrise cattivo. «Questa e soltanto una prova, piccola» fece.

«Non credo che tu abbia un alibi di ferro, o mi sbaglio?»

Glorie balzo a sedere sul letto. «Cosa… cosa dici?»

«Copriti. Sei troppo grande per questo genere di cose, ora.»

La ragazza si copri col lenzuolo, ma non si sdraio. «Cosa vuoi dire, un alibi?»

Lui si chino e afferro una scarpa. L'esamino attentamente. La suola era sporca di sangue rappreso. Le butto la scarpa in grembo. Lei getto un gridolino soffocato e la ributto lontano da se. Poi si sdraio, si copri il viso con le mani e scoppio a piangere.

Fenner ando all'armadio, prese la bottiglia di Scotch e si concesse una sorsata.

Accese una sigaretta, si tolse il cappello e la giacca. Faceva caldo e c'era aria di chiuso nella stanza. Eppure c'era la finestra aperta; vi si avvicino e guardo la strada deserta.

«Su, dimmi tutto» disse.

«Non ne so niente, niente» rispose lei.

Fenner torno verso il letto e si sedette. «In questo caso, prima esci da questa stanza, e meglio e. Non ho intenzione di essere coinvolto in un omicidio.»

«L'ho trovato steso per terra. Gli avevano sparato addosso» disse lei, piangendo convulsamente.

Fenner si passo le dita tra i capelli. «Chi?» chiese con gentilezza.

«Harry… Thayler, l'uomo che era con me.»

Fenner riflette per un momento. «Dov'e?» chiese infine.

Glorie stacco le mani dal viso. Fenner rimase allibito. La ragazza non stava piangendo, soltanto fingeva.

«Sulla sua barca.»

«Quando l'hai trovato?»

«Poco prima di venire qui.»

Fenner si stropiccio gli occhi. Si alzo, si rimise la giacca e il cappello.

«Aspettami qui» decise. «Vado a dargli un'occhiata.»

«Vengo anch'io.»

Fenner scosse il capo. «Tu stai lontana da quel posto. Rimani qui. Quando ritorno, voglio parlare con te.»

Poi usci dalla stanza e ando al porto.

Individuo la "Nancy W" e sali a bordo. Scese nella cabina centrale. C'era buio e non gli riusciva di trovare l'interruttore. Si servi della torcia, ma non trovava Thayler. Perlustro tutto il battello, ma non trovo niente; accese la luce nella cabina con le cuccette, dopo aver chiuso l'oblo. Dai vestiti sparsi in giro, penso che Thayler doveva dormire li.

Passo in rivista i cassetti attentamente.

L'unica cosa che trovo di veramente sorprendente per lui, era un'istantanea di Ricciolina Robbins, presa parecchi anni addietro, da quello che poteva giudicare. Prese la fotografia e se l'infilo nel portafoglio. Poi chiuse il cassetto e spense la luce.

Ritorno nella cabina principale e ispeziono il tappeto. Solo guardandolo molto da vicino si accorse che in un punto era stato lavato molto di recente. Si rialzo, grattandosi la testa. Adesso era sicuro che Thayler non si trovava a bordo.

Era davvero morto, Thayler? Poteva fidarsi di quanto aveva detto Glorie? Se era stato ucciso, chi si era disfatto del cadavere, e aveva lavato il tappeto? Era stata Gloria ad ucciderlo? L'ultima volta che li aveva visti insieme, quei due, non erano in rapporti del tutto amichevoli.

Esasperato, esclamo: «Al diavolo!» e usci dalla cabina. Mentre metteva piede sul molo, intravvide una grossa berlina a luci spente, accostata sull'altro lato del porto. Gli basto un'occhiata e si butto subito a terra. In quello stesso istante, dalla macchina parti un colpo soffocato, qualcuno gli stava sparando addosso. Estrasse la rivoltella e rimase disteso. Senti che avviavano il motore, e poi lo stridio dei freni sulla strada ghiaiosa. Infine la macchina scomparve dietro l'angolo.

Fenner si alzo e si spolvero l'abito.

Le cose si complicavano.

Ritorno all'albergo, camminando nell'ombra e prendendo solo delle strade laterali.

Glorie stava esattamente dove l'aveva lasciata. Lo guardo con un viso tormentato, e cerco di sorridere ma le riusci solo una brutta smorfia.

Fenner prese una sedia e si sedette. «L'hai trovato nella cabina centrale?» chiese bruscamente.

«Si» rispose la ragazza.

«L'hanno portato via» continuo. «Non capisco perche l'abbiano fatto. Se volevano un capro espiatorio, tu andavi benissimo. O l'hai ucciso tu, e poi l'hai buttato in mare oppure, se non sei stata tu, l'assassino e tornato indietro per una ragione che non conosciamo e l'ha portato via. L'hai buttato tu in mare?»

Glorie mostro le sue lunghe braccia. «Credi che ci riuscirei? Era pesante.»

Fenner ripenso alla scala quasi perpendicolare che portava nella cabina e scosse il capo. «No» rispose «credo che tu abbia ragione.»

Riapparve un po' di colore sulle guance della ragazza, che non era piu cosi tesa.

«Se l'hanno nascosto, nessuno sapra che e morto, no?»

Fenner sbadiglio: «Si, e vero» rispose.

Lei si rannicchio nel letto, spingendo il cuscino contro la testata. «Ho le spalle al sicuro, non ti pare?» disse, con gli occhi che le brillavano, invitanti.

«Dov'e Marian, tua sorella?» le chiese Fenner a bruciapelo.

Lei sobbalzo lievemente, ma parve che avesse fatto un gran salto. Fenner le fu sopra e la costrinse a girarsi. Aveva gli occhi dilatati. «Dov'e tua sorella?» ripete.

«Cosa sai di lei? Come puoi saperlo?»

«Vi assomigliate come due gocce d'acqua» disse Fenner. «Non ho mai visto niente del genere.» Infilo la mano nella tasca e ne trasse la lettera che aveva trovato nella borsetta di Marian. «Leggi qua» disse.

Lei lesse con un'espressione vuota, poi scosse il capo. «Non capisco» fece. «Chi e Pio? Chi e Noolen?»

Fenner ando al tavolino, raccolse un foglio di carta e una matita e torno verso il letto. «Ricopia questa lettera per me» disse.

Mentre lei stava per alzarsi, lui la fermo. «Aspetta.» Dall'armadio tolse la giacca del suo pigiama e gliela butto. Poi ando in bagno e aspetto qualche secondo. Quando torno lei stava indossando la giacca e si stava arrotolando le maniche.

«Perche vuoi che la ricopi?» gli chiese.

«Fallo» aveva parlato con un tono molto secco.

Lei scribacchio sul foglio e glielo tese. Fenner confronto le due scritture.

Non avevano niente in comune. Butto il foglio sul tavolo e comincio a camminare avanti e indietro per la stanza, lentamente.

«Hai una sorella, vero?» chiese alla fine.

Lei esito, poi ammise: «Si, ma non ci vediamo da molto tempo.»

«Da quanto tempo? E perche?»

«Quattro o cinque anni, non mi ricordo bene. Marian e io non andiamo tanto d'accordo. Ha delle strambe idee su come io dovrei vivere. Non abbiamo litigato, ma lei aveva sempre quelle strane idee. Quando papa mori, ci siamo separate.»

«Tu menti. Non e vero che non vi siete viste per tutto quel tempo, perche e venuta da me tutta terrorizzata, dicendo che tu eri scomparsa.»

Due piccole macchie rosse brillavano sulle guance di Glorie. «Non sapevo che fosse venuta da te. Chi sei tu, comunque?»

«Poco importa chi sia io. Quando hai visto Marian l'ultima volta?»

Glorie s'incupi. «Ero a New York assieme ad Harry. Ci siamo incontrate per strada. E stato un paio di settimane fa. Io ero di passaggio. Marian voleva che andassi a trovarla nel suo albergo. Le ho detto di si, perche insisteva. C'era Harry con me. Era una situazione imbarazzante. Marian non ha mai sopportato Harry, cosi le ho fatto il bidone e sono tornata in Florida.»

Fenner si accosto e si sedette sul letto. «O mi stai raccontando un sacco di bugie, oppure c'e qualcosa che mi sfugge in tutto questo» disse.

Glorie giro il capo da una parte all'altra. «Non ti dico bugie» esclamo.

«Perche dovrei?»

«Stammi a sentire, hai parlato con tua sorella di dodici cinesi?»

«Dodici cinesi? E perche?»

«Smettila di chiedere perche» esclamo Fenner, furioso. «Mi confondi.»

Ora che aveva finalmente trovato la ragazza, non ne sapeva granche piu di prima. Penso, e poi chiese: «Perche Leadler, e non Daley?»

«Leadler e il mio nome da sposata» rispose Glorie. «Ho divorziato un anno fa.»

«Dov'e tuo marito?» grugni Fenner.

Lei scosse il capo. «Non lo so» rispose. «Perche?»

Fenner non rispose. Disse, invece: «Tua sorella e stata uccisa la settimana scorsa, in una casa di Brooklyn.»

Ci fu un lungo silenzio.

«Non ci credo» gli occhi di Glorie scrutavano il viso di Fenner, intensamente.

Fenner alzo le spalle. «Non sei obbligata a farlo» disse. «Comunque l'hanno veramente uccisa. Mi piaceva, quella ragazza. Era venuta da me in cerca di aiuto. Non mi piace che sia morta a quel modo e ho promesso a me stesso di farla pagare cara a quel porco che l'ha uccisa.»

Glorie lo afferro per la giacca. Tiro la giacca, scuotendolo. «Marian e morta?» disse. «Te ne stai li seduto e mi dici che e morta? Non hai pieta per me. Marian… Marian…»

Fenner la prese per il polso e strappo via la mano. «Piantala» esclamo.

«Non sai recitare. Non te ne importa niente di quello che e accaduto a Marian.»

Glorie lo guardo e poi ridacchio. Si mise una mano sulla bocca e gli occhi assunsero un'espressione spaventata.

«Non avrei dovuto farlo» disse. «Figurarsi, Marian che si fa ammazzare…» Rotolo sul letto e nascose la faccia nel cuscino. Comincio a ridere, scuotendosi tutta.

Fenner ebbe un'idea improvvisa. Mise una mano sulla testa della ragazza, schiacciandola contro il cuscino, mentre con l'altra mano strappava via il lenzuolo. Sempre tenendo ferma la ragazza, le alzo il pigiama fin sulle spalle e le guardo attentamente la schiena. Riabbasso il pigiama e la copri con il lenzuolo, poi fece un passo indietro.

Glorie si giro su se stessa, gli occhi scintillanti. «Perche… perche l'hai fatto?» grido.

«Lo sapevi che tua sorella aveva la schiena piena di lividi?» chiese Fenner.

«Tu sai tutto, eh?» Scoppio a piangere.

Quando Fenner vide le lacrime scivolare sul lenzuolo, si allontano, dirigendosi verso la finestra. Cominciava a sentirsi terribilmente stanco. Disse improvvisamente: «Parleremo meglio domani» e ando verso la porta. I singhiozzi della ragazza lo seguirono fin sulle scale. Penso: "Finiro per impazzire se non succede qualcosa, presto" e ando dal portiere a chiedere un'altra camera.

La viva luce del sole filtrava dalle tapparelle abbassate e disegnava delle sbarre sul letto di Fenner.

L'investigatore si mosse inquieto mentre un orologio dal pianterreno batteva le dieci. All'ottavo colpo, apri gli occhi e grugni. Si sentiva ancora stanco, gli doleva la testa. Vagamente conscio della luce del sole, richiuse gli occhi. Poi, mentre lottava contro il sonno, si rese conto di un peso ai piedi del letto e del profumo nell'aria. Mentre lui grugniva, Glorie ridacchio. La guardo con gli occhi socchiusi e i suoi sensi semisvegli gli dissero che quella ragazza era molto carina. Stava tutta rannicchiata, con la schiena appoggiata alla spalliera del letto, le lunghe gambe raccolte sotto il mento e le dita intrecciate sotto le ginocchia. Appoggio il mento sulle ginocchia e guardo Fenner con gli occhi che le brillavano.

«Quando dormi, sei bello e gentile» disse. «Non e una cosa meravigliosa?»

Fenner si alzo a sedere. Si passo le dita tra i capelli. Stava da cani.

«Ti dispiace andartene?» chiese pazientemente. «Quando ti vorro te lo faro sapere. Non voglio donne in camera mia, per principio. Sono un uomo all'antica e mi impressiono facilmente.»

Glorie ridacchio. «Sei bello» constato una volta di piu.

Fenner fece un altro grugnito. Ora che stava seduto, la testa gli doleva forte.

«Vattene» disse. «Togliti dai piedi. Sparisci.»

Glorie spalanco le braccia. I suoi occhi incredibilmente azzurri mandavano scintille. «Non ti piaccio? Non mi trovi meravigliosa?» chiese.

«Vuoi andartene?» replico lui poco cortesemente.

Glorie scivolo giu dal letto. Era buffa nel pigiama di Fenner. Le pendeva addosso come un sacco.

«Comunque, sembri uno di quegli stracci che i gatti si trascinano per casa» disse Fenner. «Perche non vai a vestirti, poi magari facciamo colazione insieme e continuiamo la chiacchierata?»

Glorie fece un'altra risatina e si avvio verso la porta a passo di danza.

Fenner penso che era il piu incantevole esempio di corruzione che avesse mai visto.

Lei gli rise in faccia: «Di' la verita, ti piaccio eh?» esclamo.

Fenner si appoggio su un gomito. «Va'» disse asciutto. «Non darmi noia proprio adesso.»

Lei s'imbroncio. «Dici sul serio?» Il dubbio le aveva velato gli occhi come una nuvola che passa lentamente sulla faccia della luna. Si accosto al letto e si sedette accanto a Dave Fenner.

Fenner le rispose annuendo. «Scaricati altrove, sorella» disse. «Ci vediamo piu tardi.»

Per un momento credette che lei volesse picchiarlo. Ma poi si alzo e usci dalla stanza lasciando la porta aperta. Fenner salto fuori dal letto, chiuse la porta con un calcio, e ando in bagno. Penso: "Bel modo di cominciare la mattinata".

Dopo la doccia si senti meglio e si fece mandare il caffe. Era gia vestito quando arrivo il cameriere con il caffe. Un paio di tazze lo rimisero in sesto; poi ando a trovare Glorie. Si era vestita anche lei. L'abito da sera nero appariva piuttosto stonato alla luce del sole. Era seduta accanto alla finestra e guardava giu nella strada.

Fenner entro e richiuse la porta dietro di se.

«Che cosa hai intenzione di fare, adesso?» le chiese.

Glorie si volto e gli sorrise; fu un vero colpo. Lo guardava con gli occhioni spalancati, innocenti e buoni. «Cosa posso fare, ora?»

Lui si appoggio al muro e la fisso, assorto.

«E difficile capirti» disse alla fine l'investigatore. «Credevo che mi avresti dato un sacco di noie, e invece mi sbagliavo.»

La ragazza si giro sulla sedia, la schiena rivolta alla finestra. «Io penso sempre che tu sia bello» disse. Poi aggiunse: «Mi piaci sempre di piu.»

Gli occhi di Fenner furono distratti da qualcosa dietro di lei, giu nella strada. C'era una berlina nera parcheggiata sotto. Aveva gia visto quella macchina. Prima di avere il tempo di fiatare, vide il braccio dell'uomo apparire dal finestrino con la tendina. Il sole scintillo sopra la rivoltella. Fenner ne resto abbagliato e fu proprio questo che gli paralizzo il movimento, che gli fece perdere dei secondi preziosi. Udi il colpo soffocato della rivoltella che evidentemente aveva il silenziatore e poi Glorie che gridava. Non un grido acuto, ma leggero, rauco. La vide piegarsi sulle ginocchia. Prima che Fenner potesse fare qualcosa, lei scivolo sul pavimento.

La berlina gia filava via veloce; tutto era accaduto cosi fulmineamente che nessuno per strada se n'era accorto. Fenner si sporse dalla finestra e vide la berlina girare l'angolo e sparire.

Si ritrasse e si chino per terra. Mentre girava Glorie, con la mano destra incontro qualcosa di umido sul suo fianco, proprio sopra l'anca. Lei era terribilmente pallida, ma respirava. Fenner allungo un braccio e prese il cuscino da una sedia accanto e glielo sistemo sotto la testa. Poi corse in bagno. Riempi un bicchiere d'acqua, afferro la valigetta del pronto soccorso che portava sempre con se e torno in camera da letto.

Lei lo guardava, terrorizzata. «Non sento niente. Sono ferita gravemente?» chiese.

Fenner s'inginocchio. «Stai calma» disse. «Ora vediamo.»

Apri la valigetta e ne trasse un bisturi. «Mi dispiace per il tuo vestito» disse tagliando la seta con cura.

«Per fortuna ci sei tu» replico Glorie e incomincio a piangere.

Fenner taglio il reggicalze. «Appoggiati al gomito» disse, lavorando febbrilmente. «Forse dovro farti male.» Esamino la ferita, poi ghigno. «Al diavolo! Ti hanno preso di striscio. E soltanto un graffio.»

«Ho avuto paura di morire.»

«L'ho temuto anch'io.» Fenner tocco la ferita con dita esperte. «In ogni caso, e stato un bel colpo. Quello doveva essere un tiratore scelto.»

«Mi fa male, ora» disse Glorie con una vocina sottile sottile.

«Certo, deve farti male.» Fenner si alzo in piedi dopo averla medicata sommariamente e la guardo. «Dovrai stare a letto per qualche giorno. Magari ti servira a star lontana dai guai. Ti porto a casa. Dove abiti?»

Lei distolse lo sguardo, mentre il suo viso assumeva improvvisamente un'espressione vuota, poi fece una risatina che fini in un rantolo di dolore.

«Non ho una casa» rispose, appoggiando una mano sul fianco.

«Dove abitavi prima di metterti con Thayler?»

Lei lo guardo duramente, poi distolse gli occhi un'altra volta. «Non mi sono messa con Harry…»

Fenner si inginocchio accanto a lei. «Sei una bugiarda» disse. «Stanotte mi hai detto che eri andata a fare un viaggio a New York assieme a Harry; ora sostieni che non ti eri messa con lui. Contamela giusta, una volta!»

«Tu sei un poliziotto» replico, furiosa.

Fenner sbuffo. «Stammi a sentire, bellezza, non puoi dire una bugia sull'altra tutto il giorno. Ti devo scaricare da qualche parte. O mi dici dove abiti, oppure chiamo un'ambulanza.»

«Voglio restare qui.»

Fenner rispose, sgarbatamente: «Non ho intenzione di far da balia a te.

Sono occupato.»

«Qui sono piu al sicuro» ribatte, caparbia.

Fenner tacque, riflette, e poi disse: «Capisco.»

Prese la ragazza tra le braccia con molta attenzione e la adagio su una poltrona. Poi afferro il bisturi e taglio completamente il vestito sui due lati.

Durante l'operazione, lei si succhiava il labbro.

«Che disastro!» constato ed era cosi pallida che sembrava che stesse per svenire.

«Aggrappati» disse lui, secco, e la fece alzare in piedi.

Glorie appoggio la guancia contro quella di lui. «Sei bello» disse ancora con quella vocina.

Lui ritrasse la testa di scatto. «Piantala!» E la porto verso il letto. Quando la copri col lenzuolo, tiro il fiato.

Lei se ne stava distesa, con la bella chioma rossa sparsa sul cuscino, gli occhi alzati su di lui. Tutt'a un tratto gli parve di avere di fronte una ragazzina giovane e indifesa.

«Voglio dirti una parolina» disse Glorie.

Fenner scosse il capo. «Inventane un'altra. Questa e vecchia.»

Lei tese le braccia verso di lui. «Per piacere.»

Fenner chino il capo e lei lo bacio. Le sue labbra erano morbide. Era proprio un bacio da ragazzina, e a lui piacque, pienamente. Si rialzo e le scompiglio i capelli. «Sta' buona» disse. «Sistemero tutto.» La copri col lenzuolo fino al mento, porto il vestito e il resto della roba in bagno, poi scese a pianterreno.

Il direttore dell'albergo lo guardava con una strana faccia. Fenner si senti un po' in imbarazzo.

«La mia amica ha avuto un piccolo incidente» gli disse. «Dovra restare a letto. Vorrei che le procuraste una camicia da notte e qualsiasi altra cosa di cui possa aver bisogno. Mettete tutto sul mio conto.»

Il direttore obietto, molto serio: «Mi sembra un po' irregolare…»

Fenner lo interruppe. «Certo che e irregolare» disse, in tono asciutto «ma non tanto irregolare da darvi le convulsioni, percio sbrigatevi.»

Ando al telefono e compose un numero. Gli rispose una voce roca.

«Bugsey?» chiese Fenner. «Stammi a sentire, Bugsey. Ho un lavoretto per te. Si, proprio il tipo di lavoro che piace a te. Raggiungimi all'albergo, e non dimenticarti la rivoltella.»

Ando al bar e ordino due dita di whisky. Aveva bisogno di bere un sorso, dopo tutte quelle sorprese. Mentre aspettava Bugsey, gli venne in mente qualcosa. Tolse di tasca il portafoglio, e mentre l'apriva, corruccio le sopracciglia. Esclamo: «Che strano, davvero strano.»

I soldi e i documenti erano tutti ammucchiati nella parte destra del portafoglio, mentre lui sapeva che ieri erano in parte a destra e in parte a sinistra. Controllo i documenti attentamente e conto i soldi. Non mancava niente. Poi disse: «Bene, bene» perche la foto di Ricciolina, invece, era sparita. Controllo meglio, un'altra volta, ma non c'era. Rimise in tasca il portafoglio, perplesso, e fini il whisky.

A meno che qualcuno non fosse entrato mentre stava dormendo, qualcuno che non fosse Glorie, sapeva che non occorreva cercarla troppo lontano, quella foto. Ormai, era finita con la falsa identita di Ross. La ragazza, o chi per lei, doveva aver visto la sua licenza di investigatore privato. Accese una sigaretta e aspetto Bugsey, Sapeva che era una perdita di tempo cercare di far parlare Glorie in quel momento. Avrebbe finto di star male, e non avrebbe ottenuto niente.

Bugsey entro nel bar con la faccia che ha un cane quando sa che c'e l'osso. Portava un vestito grigio, pieno di macchie, e un feltro leggero, unto.

All'occhiello un fiore rosso. Fenner si chiese se il fiore era cresciuto li.

Bugsey si puli la bocca con il dorso della mano e guardo la fila delle bottiglie con un sorriso d'attesa. Fenner gli offri una birra grande e lo porto in fondo alla sala. Quando si furono seduti, Fenner disse: «Stammi a sentire, ragazzo, che ne diresti di lavorare per me?»

Gli occhi da uva spina di Bugsey si spalancarono. «Non ti seguo» replico.

«Ho un lavoretto che ti piacerebbe. Niente di speciale, ma vale cinquanta sacchi. Se andiamo d'accordo, ti assumo al mio servizio, ma attento, significherebbe dare l'addio al caro Carlos.»

«Tu non lavori piu per Carlos?»

Fenner scosse il capo. «No, non mi piace il suo gioco. E troppo lurido.»

Bugsey si gratto la testa. «Carlos non ne sara contento» disse, a disagio.

«Lascia perdere Carlos» disse Fenner. «Se uno non vuole lavorare, non lavora.»

Bugsey ciondolava la testa. «Come li guadagno questi cinquanta sacchi?» chiese, ansioso.

«E un lavoretto delizioso, senza fatica e senza tante preoccupazioni. Te la ricordi quella bambola sulla "Nancy W"?»

Bugsey si lecco le labbra. «Ti pare che io possa dimenticarla?» disse.

«Che numeri, quella ragazza!»

«E di sopra, nel mio letto, in questo preciso momento.»

Bugsey s'ingozzo con la birra. Il suo faccione da luna piena era decisamente sorpreso.

«Nel tuo letto?» ripete.

Fenner annui. Bugsey era sopraffatto dall'ammirazione. «Dio, chissa quanto ti costa, tenercela.»

Fenner scosse il capo ancora una volta. «Il fatto, Bugsey, e che non riesco a mandarla via.»

Bugsey appoggio pesantemente il bicchiere sul tavolino. «Non scherzi, vero?» disse. «Non puoi mentire su queste cose.»

«No, e davvero in camera mia.»

Bugsey ci penso, poi disse in un sussurro rauco, confidenziale: «Me lo insegni come hai fatto? E una lezione che puo sempre servire.»

Fenner decise che era ora di pensare al lavoro.

«Lasciamo stare i particolari, figliolo» fece. «Qualcuno le ha puntato addosso una rivoltella e le ha strappato un pezzetto di carne. Questo qualcuno potrebbe tornare e tentare di fare un lavoro migliore. Voglio che tu le stia accanto e la protegga.»

«E tu mi daresti cinquanta sacchi per questo?»

Fenner parve sorpreso. «Ma non bastano?»

«Altroche. Lo farei per niente. Magari le piaccio.»

Fenner si alzo in piedi. «Su, vieni, te la presento. Solo, non metterti in testa delle cattive idee. Tu te ne stai seduto fuori dalla porta, capito? Una come quella non perde tempo con la gentaglia, cosi hai detto, te lo ricordi?»

Con la coda tra le gambe, Bugsey segui Fenner in ascensore. Giunti davanti alla porta, Fenner busso ed entro. Glorie stava a letto con un pigiamino di seta rosa, tutto nastri e fronzoli. Fece una risatina, quando Fenner si arresto, fissandola.

«Non e un sogno?» disse. «L'hai scelto tu?»

Fenner scosse il capo. «Ti ho trovato una guardia del corpo. Questo e Bugsey. Restera qua in giro per impedire che gli uomini cattivi ti possano eventualmente fare del male.»

Glorie guardo Bugsey, sorpresa. «Ma lui stesso ha l'aria di un uomo cattivo» esclamo. «Vieni qui, Bugsey, vieni a conoscere una bella signora.»

Bugsey stava sulla soglia imbambolato.

Fenner prese una sedia e la porto nel corridoio, fuori dalla porta. «Bugsey se ne stara seduto, qua fuori, a fare il suo lavoro» disse, scocciato.

«Lo pago per questo.»

Spinse Bugsey fuori dalla stanza e poi fece un cenno alla ragazza. «Ho un lavoretto da sbrigare ora, poi torno da te. Starai buona?» Poi, prima che lei potesse obiettare qualcosa, usci. «Datti da fare» disse a Bugsey «e stai fuori dalla porta. Non sei qui per divertirti. Capito?»

Bugsey scrollo la testa. «Non potrei fare niente con una signora come quella. Dio. Mi da le vertigini.»

Appena fuori dall'albergo, Fenner si chiuse in una cabina telefonica e chiamo la Polizia Federale. Aspetto un po', prima che gli passassero Hosskiss. Questi gli disse: «Siete stato voi a buttare una bomba a mano su uno dei miei battelli?» Era arrabbiato.

«Lasciate stare» rispose Fenner. «Se la sono cercata i vostri ragazzi. Sono un po' arretrati. Carlos invece si e aggiornato. Presto usera anche i gas velenosi.»

Hosskiss bofonchiava, ma Fenner l'interruppe: «Voglio che mi individuiate una grossa berlina nera con tre quattro e due sette nella targa. Potete farmi avere subito questa informazione?»

«E meglio che veniate da me» replico Hosskiss. «Devo parlarvi di un sacco di cose.»

Fenner si guardo alle spalle attraverso il vetro sporco della cabina. «Il gioco si sta facendo pesante per me» disse. «Preferisco non farmi piu vedere da voi. Potremmo fissare un posto dove incontrarci, ma fra un po' di tempo. E allora, per la berlina, cosa potete fare?»

«Restate in linea» rispose il poliziotto.

Fenner si appoggio alla parete della cabina e lesse gli scarabocchi fatti sul legno. Appena Hosskiss riprese la comunicazione, Fenner disse: «Questa citta ha bisogno di una ripulita. Non avete idea delle cose che i ragazzi scrivono in queste cabine…»

Hosskiss taglio corto. «Lasciate perdere. Ho trovato la vostra macchina.

Dovrebbe essere il triciclo di Harry Thayler, vi va?»

Fenner strabuzzo gli occhi. «Si» rispose. «Potrebbe essere.»

«Ce ne sono altri sulla lista, naturalmente, ma mi pare che Thayler sia il piu probabile.»

«Lasciamo stare gli altri. Questo mi basta, per il momento. Statemi a sentire, Hosskiss, se vi consegno Carlos e la sua gente su un piatto d'argento, voi potreste in cambio darmi una mano per il mio lavoro?»

Hosskiss rispose che era d'accordo.

«Voglio tutto quello che sapete su Thayler. E anche su una certa Glorie Leadler, e vedete di trovare anche tutto il possibile su sua sorella, Marian Daley. Poi c'e Noolen, datemi anche la storia della sua vita. Dovreste anche informarvi sul signor Leadler, il marito di Glorie. Poi, quando avrete trovato tutto questo, vorrei anche qualche notizia su Ricciolina Robbins, che lavora alle Pompe Funebri di Usignolo. Vorrei anche sapere come fa Thayler a conoscerla.»

Hosskiss si era scaldato. «Ehi!» esclamo. «E un sacco di lavoro. Prendere tutte quelle informazioni costera un occhio della testa.»

Fenner lo scherni. «A cosa serve la vostra organizzazione, se vi spaventano queste bazzecole? Datemi quanto vi ho chiesto ed io vi daro Carlos e magari regalero anche cinque centoni al vostro club preferito.»

«D'accordo. Me ne occupo io, ma ci vorra tempo» rispose Hosskiss.

«Certo che ci vorra tempo. Significa cominciare dai certificati di nascita e poi via via tutto il resto. Voglio tutto, non soltanto qualche notizia sparsa.»

«Bene, ma statemi a sentire, per questa storia della bomba a mano…» comincio Hosskiss accalorandosi, ma Fenner riappese. Usci dalla cabina, si asciugo le mani col fazzoletto e si avvio in direzione di Duval Street.

Mentre camminava, lavorava col cervello. Cosi era Thayler il padrone della berlina nera. Questo l'insospettiva.

C'era qualcosa di balordo in quella faccenda. Questa Glorie Leadler certo giocava con l'asso nella manica. Magari era in contatto con Carlos. Una bugia, gliel'aveva gia scoperta. Perche non un'altra? Sua sorella aveva detto: "Che ci fa con dodici cinesi?". Che ragione aveva di dirlo, se Glorie non gliene aveva parlato? Se Glorie non aveva scritto quella lettera, e certo non era stata lei, chi era stato allora a scriverla? Evidentemente la lettera doveva essere un trucco per dargli la chiave di tutta la faccenda. Ne veniva di conseguenza che chi l'aveva scritta aveva una gran voglia di farlo venire a Key West. Era la calligrafia di una donna. C'era soltanto un'altra donna, per il momento, implicata nella faccenda, ed era Ricciolina. L'aveva scritta Ricciolina, la lettera? Oppure – l'idea lo fece trasalire talmente che si fermo in mezzo alla strada – era stata Marian stessa a scriverla?

Un ciccione gli ando addosso, gli giro attorno e si allontano, voltando il capo per rimproverarlo. Fenner prese la strada per andare da Usignolo.

Squillo il campanello, mentre apriva la porta. Da dietro la tenda, improvvisamente, apparve Carlos. Un leggero, nauseante odore di marijuana esalava dai suoi abiti, e i suoi occhi sembravano pezzi di ghiaccio sul viso bianchiccio.

Fenner trasali leggermente. «Sei venuto a scegliere la cassa?» chiese garbatamente.

«Tu, che cosa vuoi?» gli chiese Carlos.

Fenner girello nel negozio. «Oh, volevo fare due chiacchiere con Usignolo» rispose con indifferenza. «E un bravo ragazzo, a conoscerlo bene.

Non ti si vede molto da queste parti. Sei venuto a far palpitare il cuore di Ricciolina?»

Carlos si appoggio al banco della cassa. L'atmosfera era tesa. «Miller mi ha detto che l'hai malmenato durante il viaggio» disse. «Non voglio che i miei ragazzi attacchino briga.»

Fenner inarco le sopracciglia. «Ah, no? Che peccato. Tutte le volte che Miller tentera di far la festa a una ragazza in mia presenza, dovra fare i conti con me. Sempre che la ragazza non ci stia.»

Carlos sbatte gli occhi. «Nemmeno Reiger era molto contento del tuo lavoro» continuo.

Fenner scosse il capo. «E un peccato, anche questo. Ma non mi sorprende. Reiger ed io non ci vogliamo molto bene.»

«Be', per una storia o per l'altra, forse e meglio se non lavori piu per me, per qualche tempo» Carlos si studiava le unghie.

Fenner gli si accosto. «Certo. Va bene anche per me.»

Carlos contorse le labbra. Era il suo modo di sorridere. «Forse anche tu vuoi scegliere la tua cassa da morto. E bello sapere che i propri desideri vengano esauditi, da morto.»

Oramai Fenner gli era vicinissimo. «Vuoi forse dire che una cosa simile potrebbe anche succedere? Una disgrazia, o roba del genere?»

Carlos alzo le spalle. «Tu sai troppe cose, no?» disse, con indifferenza.

«Non che possano servire ai poliziotti. Ho cambiato ufficio e tu non sai ne dove prendiamo ne dove scarichiamo i cinesi, ma cio nonostante, sai troppo.»

«Non mi converrebbe farlo. No, penso proprio che sarebbe una sciocchezza da parte mia.»

Carlos si aggiusto la cravatta. «Non me ne importa un accidente di cio che pensi» disse, e fece per andarsene. Fenner lo afferro per un braccio e con uno strattone lo costrinse a voltarsi,

«Tanto per farti sapere con chi hai a che fare, testone» e colpi Carlos con un pugno sullo zigomo. Non ci mise troppa forza, ma sufficiente per scaraventarlo a terra.

Carlos si appoggio sui gomiti, un livido era apparso sulle gote bianche e morbide. Comincio a sibilare tra i denti. A Fenner pareva di vedere un serpente.

«E adesso lo sai» disse l'investigatore. «Non permetto a nessuno di dire cialtronerie sulla mia morte. Mi rende nervoso. Se vuoi la guerra, ebbene sia, ma tieni a mente cio che ti dico: se non ti levi di torno, ti distruggero.

Ci vuole ben altro che la tua squadra di scagnozzi per fermarmi. Di loro, poco m'importa, e a te che daro la caccia, e quando ti avro preso, ti leghero a un palo e ti spezzero la schiena in due.»

Carlos si alzo lentamente in piedi. Mentre si portava una mano alla guancia, le sue dita tremavano come le ali di una farfalla.

«Vattene» disse Fenner. «Corri a casa e bevi un sorso di whisky. Ne hai bisogno.»

Senza dire una parola, Carlos usci dal negozio, chiudendo la porta.

«Ci vuol del fegato per fare una cosa simile» disse la voce di Usignolo.

Da quanto tempo fosse li, Fenner non lo sapeva. La luce che si rifletteva sui suoi occhiali gli impediva di veder gli occhi, ma noto che delle gocce di sudore gli imperlavano la faccia.

«Perche non hai aiutato quel cialtrone ad alzarsi da terra, se per te e tanto importante?» ribatte Fenner.

Usignolo mostro i denti bianchi, aguzzi. «Non e importante per me» rispose, con voce stridula. «Cio nonostante, ci vuole del fegato per…»

«Taglia corto» l'interruppe Fenner. «Era ora che qualcuno facesse abbassare la cresta a quel mucchio di lardo. Si crede di essere il re della citta.»

«Lo e.»

«Fino a che punto sei impegolato con lui?»

Usignolo fece un gesto significativo. Con la mano indico tutto il locale e alzo le spalle. «Tutto questo e suo. Io sono soltanto una facciata.»

Fenner grugni. «E tu gli stai alle calcagna, solo perche non hai nient'altro?»

«Certo, devo pur vivere.»

«E Ricciolina? Come c'entra lei, in tutto questo?»

Gli occhietti miopi scintillarono dietro le lenti. «Lei, la lasci stare.»

«Si e presa una scuffia per Carlos» disse Fenner.

Usignolo avanzo di un paio di passi, strascicando i piedi. Tiro a Fenner un sinistro dritto sul mento. Avrebbe dovuto essere un pugno da finire a terra stesi, ma Usignolo era un uomo senza muscoli. Fenner nemmeno vacillo.

«Sono troppo grosso per te. Lascia perdere» gli consiglio Fenner. Usignolo stava per colpirlo un'altra volta, ma poi preferi infilare una mano in tasca. Fenner gli affondo un pugno nello stomaco. Usignolo si accascio sulle ginocchia, rotolo su un fianco ed estrasse la pistola. Fenner fece un passo avanti e con un calcio lo colpi al polso. La pistola volo sul pavimento di legno e si fermo sulla passatoia. Fenner s'inginocchio e agguanto Usignolo per il bavero. «Ti ho detto, lascia perdere» lo scrollo. «Se non mi credi, allora dovrai credere a qualcun altro, prima o poi, ma io non ho intenzione di fare a pugni con te per nessuna donna.»

Usignolo lascio il labbro che stringeva tra i denti, fece per dire qualcosa, si fermo, sposto lo sguardo oltre Fenner, alle sue spalle. L'ira si muto in timore. Fenner si accorse di avere un uomo alle spalle, in piedi; ne vide la sagoma negli occhiali di Usignolo. Vide un braccio alzarsi e cerco di voltarsi. Senti come un'esplosione in testa e cadde in avanti. Si graffio il naso contro i bottoni della giacca di Usignolo.

4

Fenner comincio a riprendere coscienza sotto la cruda luce della lampadina che pendeva dal soffitto. Poi noto che la stanza era senza finestre.

Dopo di che, richiuse gli occhi e ascolto il pesante pulsare che aveva nel cranio. La luce gli bruciava gli occhi attraverso le ciglia, e cerco riparo girandosi. Quando si accorse che non poteva muoversi, alzo la testa e guardo. Quel movimento gli procuro una fitta lancinante in mezzo agli occhi, e dovette rimettersi a giacere, immobile. Poi, il dolore si affievoli, e ci riprovo.

Scopri che giaceva su un vecchio materasso, e aveva le mani legate alla testata in ferro battuto di un vecchio letto rugginoso. C'era soltanto quel letto nella stanza. Il pavimento era cosparso di cicche di sigaretta e di cenere. La polvere regnava sovrana. Sparse in giro, c'erano delle pagine di giornale, nel caminetto un mucchio di cenere nera, come se qualcuno avesse appena bruciato molta carta. Era una stanzaccia, che puzzava di umidita, di sudore e di vecchio.

Fenner si riposo. Non fece alcuno sforzo per liberarsi le mani. Giacque perfettamente immobile, gli occhi leggermente strizzati per la luce, respirando piano. Tese l'orecchio con un'intensita tale da cogliere qualsiasi sussurro. Standosene cosi immobile, riusci a cogliere dei suoni che dapprima non significavano niente per lui, ma che in seguito riconobbe come passi di uomo, mormorio di voci e il lontano frangersi dei marosi sulla spiaggia.

Infine si addormento perche sapeva che dormire era l'unica cosa saggia da fare in quel momento. Non se la sentiva proprio di tentare la fuga. Aveva perso il senso del tempo, e quando si risveglio seppe solo di aver fatto una bella dormita, perche si sentiva bene. Aveva ancora male alla testa, ma sopportabile in confronto delle fitte precedenti. Si sveglio, perche qualcuno si stava avvicinando alla stanza. Sentiva i suoi passi pesanti sulle piastrelle nude. Una chiave venne girata nella toppa e la porta fu spalancata con un calcio. Chiuse gli occhi. Era troppo presto per interessarsi alle visite.

Qualcuno gli si accosto, e la luce che aveva sugli occhi scomparve come se si fosse frapposto uno schermo. Ci fu un lungo silenzio, poi un grugnito e di nuovo la luce lo disturbo. I passi tornarono verso la porta. Fenner apri gli occhi e guardo. Le spalle tozze, incassate, e le gambe corte dell'uomo che stava per uscire non gli dissero niente, i capelli neri, grossi e untuosi, e la pelle scura gli fecero pensare a un cubano. L'uomo usci e richiuse a chiave la porta.

Fenner tiro un gran sospiro e comincio a trafficare con le mani. Le corde lo tenevano ben stretto, ma non eccessivamente. Sforzo e tiro, mordendosi un labbro. Lo sforzo lo estenuo e dovette fermarsi. Stette immobile, ansimando un poco. La poca aria che circolava in quel buco veniva da un finestrino sopra la porta. La stanza era calda e soffocante. Fenner senti il sudore bagnargli la camicia sulla schiena. Diede un leggero strappo ai polsi.

Penso: "Ho spostato le corde. Si, qualcosa ho fatto. Se solo non avessi questo dannato mal di testa, potrei combinare qualcosa. Su, ancora una volta".

Ricomincio a tirare, a dare strattoni. La mano destra, resa ormai scivolosa dal sudore, si sfilo pian piano dal bracciale di corda, ma la sinistra non si muoveva. Li, non c'era niente da fare. Lentamente, si alzo a sedere e si tocco il capo con delicatezza. La nuca era morbida, ma non c'erano ne bozzi ne escoriazioni. Fece un sorriso feroce. Poi si contorse sul fianco ed esamino le corde che stringevano la sinistra. Erano annodate sotto il letto in modo tale che sentiva il nodo, ma non lo vedeva. Per quanti sforzi facesse, non ci fu verso di allentarlo, e alla fine si rimise supino, imprecando tra i denti.

"Ho visto solo un'ombra in piedi, dietro di me" penso. "Chissa chi e stato a colpirmi? Carlos?" Forse era uscito e si era fermato a guardare dalla porta, ed era ritornato appena aveva visto Usignolo a terra. Oppure si trattava di qualcun altro? E dove si trovava, ora? E quel che piu importava, cosa gli avrebbero fatto?

Si sollevo un'altra volta e butto le gambe sul pavimento. Poi si alzo in piedi tremante, con la sinistra che gli impediva di stare completamente diritto. La testa gli doleva maledettamente, ma il dolore comincio a passare, mentre si accostava alla porta, trascinandosi dietro il letto. Si convinse che la porta era chiusa a chiave, e allora, spingendo nuovamente il letto contro il muro, si rimise a sedere.

"Devo liberare questa mano, in qualche modo" disse tra se. Si sdraio e comincio a dar strattoni al nodo, febbrilmente. Le dita umide scivolavano sulla corda, senza presa alcuna.

Un rumore di passi che si avvicinavano lo fece smettere, ed immediatamente si volto sulla schiena e infilo nuovamente il polso destro nel bracciale di corda. L'aveva appena fatto, che la porta si apri ed entro Carlos.

Reiger e Miller si fermarono sulla soglia. Carlos si avvicino e si fermo accanto al letto di Fenner, che apri gli occhi. I loro sguardi si incrociarono.

«Si e svegliato, il gradasso» disse Carlos.

Reiger e Miller entrarono nella stanza e Reiger chiuse la porta. Si avvicinarono al letto. Fenner li guardava in faccia, uno a uno, lentamente.

«Be', che cosa e successo?» chiese disinvolto.

Carlos tremava leggermente. Era pieno di droga fino alla cima dei capelli. Fenner lo vedeva dagli occhietti piccoli come la capocchia di uno spillo.

«Vogliamo far quattro chiacchiere.» Carlos colpi Fenner, con le nocche piccole e ossute, sotto il naso. Fenner aveva spostato la testa, vedendo arrivare il pugno, ma fu preso ugualmente, di striscio. Senti stridere i denti.

«Te lo dovevo, no?» disse Carlos.

Fenner non rispose. Odiava Carlos con tutte le sue forze, ma con la mano sinistra legata come poteva pensare di assalire quei tre?

«Cosi, sei un investigatore privato» riprese Carlos. Si tolse dalla tasca i documenti di Fenner e li sparse sul letto. «Sei stato piuttosto svelto a suonarmele, tu, eh?»

Ci fu un attimo di silenzio. Carlos si sedette sul letto. Fenner sapeva che avrebbe potuto agguantarlo, ora. Se gli altri due se ne fossero andati, avrebbe preso Carlos per il collo e l'avrebbe sistemato. Magari gli altri se ne sarebbero andati. Bisognava aspettare.

Carlos si chino in avanti e schiaffeggio Fenner sul viso. Lo picchio forte, due volte. Fenner sbatte le palpebre, ma non disse niente. Carlos si drizzo sulla schiena. Tremava tanto da far scuotere il letto. Sembrava quasi un pazzo, a guardarlo. Chiese: «Che ci sei venuto a fare quaggiu? Cosa vuoi scoprire?»

«Te l'avevo detto di lasciarmi stare» biascico Fenner a causa delle labbra gonfie. «Ora, perdio, te la faro pagar cara. Non avro pace finche non ti avro rotto la schiena in due.»

Miller esplose in una risata stridula. «E pazzo» disse «pazzo da legare.»

Carlos infilo le mani in tasca perche tremavano troppo. Disse: «Stammi a sentire. Ora ti lavoreremo. Voglio sapere perche sei venuto a Key West.

Dimmelo subito, o ti faro picchiare.»

Fenner ghigno. Comincio a far scivolare la mano fuori dalla corda. Esegui l'operazione con molta lentezza in modo che gli altri non se ne accorgessero.

«Accetta il mio consiglio, e lasciami andare» esclamo.

Carlos si alzo in piedi. Fece un cenno a Reiger. «Lavoratelo tu» ordino.

Reiger si accosto al letto, nello stesso istante in cui Fenner si era liberato la mano. Fenner parti con entrambi i piedi e colpi Reiger con un doppio calcio proprio alle ginocchia. Reiger ruzzolo a terra, e si prese le ginocchia tra le mani. Gli occhi dilatati dal dolore, comincio a bestemmiare.

Fenner si drizzo a sedere sul letto, mentre Miller gli saltava addosso.

Miller l'agguanto per i capelli e gli volto il viso, ma Fenner gli mollo un colpo piuttosto basso. Ci mise tutta la forza, in quel pugno.

Miller si accascio sul pavimento, tenendosi il ventre con le mani. Aveva il viso lucido di sudore, mentre si contorceva, cercando di tenere il fiato.

Carlos fu svelto a tirarsi indietro. Si era preso una bella paura. Fenner salto in piedi e fece per andargli addosso, trascinandosi dietro il letto. Reiger afferro la gamba del letto, facendosi trascinare. Fenner tirava, cercando di mettere le mani su Carlos, che in preda al panico si era ficcato in un angolo, lontano dalla porta. Il letto si sposto leggermente nella direzione voluta da Fenner, ma poi Reiger lo tiro indietro con uno strattone.

Carlos strillo con voce tremula: «Alzatevi, e dategli una lezione. Non restate sdraiati per terra, maledetti.» Estrasse una rivoltella e la punto contro Fenner. «Resta dove sei» grido con voce da allucinato «se ti muovi ti ammazzo.»

Fenner fece un altro passo avanti, trascinando il letto e Reiger assieme.

«Avanti, spara!» replico. «E l'unica via di salvezza che ti e rimasta.»

Miller si rialzo sulle ginocchia e si avvento su Fenner con un balzo. La mole del suo corpo scaravento Fenner sul letto. Fenner cadde con il braccio destro sotto la schiena e per qualche secondo Miller pote picchiarlo come voleva. Mollo un paio di pugni che non fecero certo bene a Fenner, ma poi questi alzo una gamba e lo scaravento giu dal letto. Miller si rialzo e Reiger attacco Fenner da dietro, prendendolo per la gola. Miller torno alla carica e diede tre o quattro pugni al corpo di Fenner. Miller era grasso, ma i suoi pugni si facevano sentire. Fenner, pero, sapeva che non doveva preoccuparsi di lui, Reiger era il vero pericolo. Reiger gli stringeva la gola col braccio come in una morsa d'acciaio e Fenner si senti girare la testa.

Puntando saldamente i piedi per terra, si irrigidi e si butto tutto all'indietro.

Lui, il letto e Reiger si capovolsero. Reiger mollo la presa, cercando di liberarsi.

Fenner era in una brutta posizione. Inginocchiato, con la sinistra contorta dietro la schiena e il letto addosso. L'unica cosa da fare per liberarsi da quella posizione, era di capovolgere il letto un'altra volta. Mentre si alzava in piedi, tenendo il letto sulle spalle, Reiger gli allungo un calcio. Lo prese dietro il ginocchio. Fenner cadde. I muscoli del braccio legato sembrava che volessero sprizzare scintille e, quasi impazzito dal dolore, Fenner butto il letto contro Reiger. La testata in ferro battuto prese Reiger sotto il mento e Fenner si butto sul letto con tutto il suo peso. Gli occhi di Reiger parvero schizzare fuori dalle orbite; comincio ad agitare le braccia violentemente.

Fenner continuava a spingere.

Miller lo assali e comincio a picchiarlo sulla testa, ma Fenner non mollo.

Se fosse riuscito a sistemare Reiger, forse ce l'avrebbe fatta a toglier di mezzo anche gli altri due. Reiger era diventato bluastro, le braccia si agitavano molto debolmente, ora. Carlos si avvicino e butto indietro il letto con una grande spinta. Reiger cadde sulle mani e sulle ginocchia, emettendo suoni strozzati come il rantolo di un cane.

Fenner aveva una ferita al sopracciglio sinistro e gli dava fastidio il sangue che aveva cominciato a colare. Brancolo in avanti con la mano libera.

Mollo un diretto nel ventre di Miller, e lo agguanto per la cintura. Miller emise un lungo gemito e cerco di liberarsi, ma Fenner lo tenne saldo.

Sempre tenendo Miller a quel modo, si tiro addosso il letto che piombo sulla testa dell'uno e dell'altro.

Carlos stava a guardarli attraverso la rete, ma non poteva afferrarli. Cerco di alzare il letto, ma Fenner lo teneva stretto con il braccio. Nel frattempo non mollava Miller, che comincio a gridare e a scalciare. Cerco di colpire Fenner in viso coi pugni, ma Fenner, col capo basso contro il petto, tenne duro.

Carlos corse fuori dalla stanza. Fenner lo udi urlare qualcosa in spagnolo. Miller si accascio improvvisamente. Era di un colore verdastro, e, immobile, guardava Fenner con occhi pieni di terrore.

Fenner cerco di sorridere, ma non ci riusci. Con un calcio, scanso Miller e capovolse il letto lentamente. Mise il braccio in una posizione piu naturale. Poi, lavorando febbrilmente, strappo la sbarra di ferro dagli infissi del letto. Anche cosi, con il braccio legato alla sbarra di ferro, era in una gran brutta posizione, ma non tanto brutta come prima. Si avvio verso la porta.

Passando accanto a Reiger, che se ne stava piegato in due con la schiena contro il muro, gli diede una mazzata con la sbarra. Reiger cadde su un fianco, coprendosi la testa con le mani.

Fenner mosse qualche altro passo e usci dalla stanza. Aveva l'impressione di camminare sulla colla. I suoi passi si fecero piu lenti mentre arrivava in fondo al corridoio, e, all'improvviso, cadde in ginocchio. La testa gli girava vorticosamente, e il petto gli doleva. Si reggeva con le mani, e aveva una gran voglia di stendersi per terra, ma sapeva che doveva andare avanti.

Si aggrappo al muro con una mano e si rialzo. Lascio una lunga striscia di sangue sulla tappezzeria giallastra. Penso: "Diavolo, non ce la faccio!" e cadde come un sacco.

Gli giungevano da pianterreno le urla, cerco di ritornare in camera. Li senti salire le scale di corsa. Penso: "Maledizione a questa sbarra!" e tento ancora una volta di liberarsi. La mano sembrava incorporata alla sbarra.

Fece uno sforzo per rialzarsi mentre due cubani inferociti lo assalirono contemporaneamente. Uno di loro lo afferro per la gola e l'altro per i piedi.

Questi scagnozzi erano forti.

Udi la voce di Carlos gridare: «Non troppo forte!» poi qualcosa gli scoppio in testa. Nell'oscurita, la sua mano incontro un viso e sferro in quella direzione un debole pugno, poi una luce violenta gli lampeggio davanti agli occhi e infine un'oscurita soffocante cancello ogni cosa.

Fenner penso: "Devo essere stato picchiato. Certo credono che non osero piu ribellarmi". Lo penso perche questa volta non si erano preoccupati di legarlo. Avevano portato via il letto e lo avevano lasciato nella stanza vuota, sul pavimento. Si concesse un minuto di riposo ma poi, quando cerco di muoversi, scopri che riusciva a malapena a girarsi.

Penso ancora: "Cosa diavolo mi succede?". Sapeva di non essere legato, perche non si sentiva nessuna corda addosso, ma non poteva muoversi. Poi si rese conto che la luce era sempre accesa, ma aveva gli occhi cosi gonfi che vedeva solo una macchia indistinta. Appena fece per muovere il capo, un dolore lancinante lo attraverso da capo a piedi e dovette restare immobile; poi cadde addormentato.

Si sveglio perche qualcuno lo prendeva a calci nelle costole. Non erano dati con violenza, ma egualmente tutto il suo corpo si contrasse dal dolore.

«Svegliati, gradasso» diceva Reiger, continuando a prenderlo a calci.

«Non fai piu il galletto, ora, eh?»

Fenner raccolse tutte le forze che aveva in corpo, rotolo in direzione della voce, e allungo le braccia a tentoni. Trovo le gambe di Reiger, le afferro e tiro. Reiger diede un grugnito strozzato, cerco di tenersi in equilibrio, e poi cadde all'indietro. Fece un tonfo tale che scosse la stanza. Fenner annaspo ferocemente verso di lui, ma Reiger lo respinse con un calcio e si drizzo in piedi.

Il suo volto era sconvolto da una fredda collera omicida. Si chino su Fenner, respinse con una manata le braccia alzate, poi l'agguanto per il bavero della camicia. Lo sollevo da terra e lo ributto giu, con violenza.

Entro Carlos. «Ti diverti?» chiese. C'era un leggero raschio nella sua voce.

Reiger si volse. «Stammi a sentire, Pio» disse tra i denti. «Costui ha la testa dura. Gliela sto rammollendo.»

Carlos si avvicino e abbasso gli occhi su Fenner. Lo mosse con il piede.

Poi guardo Reiger. «Non deve morire. Deve dirmi perche e venuto fin qui da New York e perche voleva entrare nella mia banda. Tutta questa faccenda mi suona falsa, e non mi piace.»

«Va bene. Devo cominciare subito a sciogliergli la lingua?»

Carlos abbasso lo sguardo su Fenner. «Non e in grado di essere strapazzato, per ora. Aspettiamo.»

Fenner riprese conoscenza un po' piu tardi. Gli pareva di avere un battaglio di ferro che gli martellasse in testa. Appena apri gli occhi, le pareti della stanza gli caddero in testa. Terrorizzato, chiuse gli occhi, cercando scampo nella ragione.

Rimase immobile per un poco, poi riapri gli occhi. Questa volta le pareti si muovevano, ma con lentezza, e non ne ebbe piu paura. Striscio carponi fino alla porta e provo la maniglia. Avevano chiuso a chiave. Aveva un solo pensiero fisso, ora: non avrebbe parlato, non voleva parlare. Lo avevano picchiato sulla testa cosi forte che aveva perso in parte l'uso della ragione, ma non sentiva piu il dolore che gli dilaniava il corpo.

"Devo scappare" penso. "Altrimenti continueranno a picchiarmi, fino alla morte." Si ricordo di cio che avevano fatto a quel povero cinese, e sudo freddo. "Non lo sopporterei" penso. Un lampo di furbizia gli illumino gli occhi e mise mano alla fibbia della cintura. La slaccio e la sfilo dai passanti dei pantaloni. Poi si alzo in piedi, vacillando. Dovette appoggiarsi con la mano al muro per reggersi.

Con cura esagerata fece passare la lunga cinghia di cuoio lungo la fibbia.

Aveva cosi formato un cappio, e se lo passo attorno al collo, tirando la cinghia ben stretta.

«Devo trovare un gancio, un chiodo, qualcosa. Devo fissare l'altra estremita da qualche parte» mormoro. Vago per la stanza, scrutando le pareti nude. Fece un giro completo e si fermo davanti alla porta, per la seconda volta.

«Allora, che faccio?»

Rimase cosi, con la testa ciondoloni, e la cinghia appesa al collo. Ripercorse la stanza ancora piu lentamente, ma le pareti erano nude. Non c'erano ne finestre, ne ganci, solo una lampadina in mezzo alla stanza. Si sedette sul pavimento e si mise a pensare. Il battaglio continuava a martellargli in testa, si strinse il capo tra le mani.

Poi vide la soluzione. «Non sono piu cosi sveglio, come una volta» disse a se stesso. Annaspo carponi fino alla porta e fisso la cinghia alla maniglia.

A testa in giu, avrebbe potuto impiccarsi benissimo. Ci voleva tempo, ma ci sarebbe riuscito.

Impiego un sacco di tempo a legare saldamente la cinghia alla maniglia.

Tenne la cinghia corta, in modo che il collo sarebbe stato a pochi centimetri dalla maniglia, poi alzo i piedi lentamente finche non si fu completamente capovolto, con tutto il peso appoggiato sulle mani.

Non pensava minimamente alla morte. L'unica sua preoccupazione era di farla in barba a Carlos. Rimase immobile per qualche secondo, poi stacco le mani, e il peso si trasferi tutto sulla cinghia. La fibbia lo colpi al collo e il cuoio gli sego la pelle.

"Funziona!" penso, trionfante. Il sangue gli scendeva alla testa. Lo spasimo dei polmoni era tale che stava per mettere le mani per terra, ma si astenne dal farlo. Davanti agli occhi, il buio completo. Poi, la maniglia della porta si spezzo e lui cadde sull'impiantito con un grande strepito.

Inebetito, respiro a pieni polmoni l'aria calda. Il morso della cinghia l'aveva ferito e colava sangue dal suo collo. Ma il senso di sconfitta era ben peggiore della sofferenza che martoriava il suo corpo stanco.

Sfilo la cinghia dal collo, e resto supino, fissando il soffitto sporco. Era talmente intontito che non riusciva a coordinare i pensieri, ma sapeva che se continuava a pensare, avrebbe trovato un'altra soluzione.

Rimase a lungo cosi, infine si alzo a sedere. Ancora una volta un lampo di furbizia brillo nei suoi occhi. Afferro la cinghia e ne esamino la fibbia.

C'era l'ardiglione, corto, aguzzo… Sulle vene del polso, penso. Bastava pungerle con l'ardiglione e sarebbe morto dissanguato.

«E una bella morte. Chissa perche non ci ho pensato prima» mormoro.

Freneticamente, cerco l'arteria. Quando credette di averla trovata, prese la fibbia e spinse l'ardiglione nella carne.

Apparve una macchiolina di sangue, spinse con piu forza. L'arteria comincio a pulsare violentemente. Poi all'improvviso l'ardiglione affondo nella carne e il sangue ne usci fluente. Fenner era cosi esausto che cadde riverso all'indietro. Batte la testa contro il muro e perse i sensi.

Un'ombra oscura si materializzo nella nebbia. Fenner guardo meglio e si chiese vagamente se fosse un angelo. No, non un angelo, bensi Ricciolina.

Si chino su di lui e gli disse qualcosa che lui non capi, ma rispose: «Ciao, bambola» sommessamente.

La stanza cominciava a prendere forma e la nebbia si diradava. Dietro a Ricciolina c'era un uomo in piedi, con una faccia che assomigliava a quella di una capra. Vago, come se fosse lontano, lontano, Fenner lo senti dire:

«Ora stara meglio. Basta che lo lasciate riposare. Se avrete ancora bisogno di me, tornero.»

«Dammi un bicchiere d'acqua» chiese Fenner e cadde addormentato.

Quando si risveglio, si sentiva meglio. Il battaglio in testa aveva smesso di martellare e la stanza non accennava a muoversi. Ricciolina era seduta su una sedia accanto a lui, gli occhi gonfi, come se non avesse dormito da molto tempo.

«Dio santo…» incomincio Fenner, ma Ricciolina salto in piedi e gli sistemo le lenzuola. «Non affaticarti» disse. «Ora stai bene. Rimettiti a dormire.»

Fenner chiuse gli occhi e cerco di far funzionare il cervello. Era inutile.

Il letto era buono e non aveva piu quel dolore per tutto il corpo. Riapri gli occhi.

Ricciolina gli porto un po' di acqua.

«Non posso prendere niente di piu forte?» chiese lui.

«Stammi a sentire, capoccione, tu sei malato.» Percio prendi quello che ti do «replico Ricciolina.»

«Dove sono, comunque?» chiese Fenner.

«A casa mia, in White Street.»

«Per favore, bambola, ti dispiace svelarmi il mistero e spiegarmi come ho fatto ad arrivare fin qui?»

«E tardi. Devi dormire. Te lo diro domani.»

Fenner si alzo sui gomiti. Gli girava la testa, ma non sentiva alcun dolore. Era debole, ma niente di piu. «Ho dormito troppo. Voglio sapere tutto, subito» disse.

Ricciolina sospiro. «Va bene, va bene. Voi, ragazzacci, me ne date di grattacapi!»

Fenner non apri bocca. Si rimise giu e aspetto.

Ricciolina corrugo la fronte. «Usignolo era furioso con te. Che cosa gli hai fatto?»

Fenner la guardo. «Non mi ricordo» rispose dopo un attimo d'esitazione.

Ricciolina fece una smorfia. «Mi disse che Carlos ti aveva tramortito e poi ti aveva portato al porto. Volevo sapere che cosa ti fosse successo.

Sbollita la rabbia, anche Usignolo comincio a inquietarsi. Diceva che significava abbandonare Crotti se non ti difendeva. Non c'e voluto molto per convincerlo a venire a cercarti. Quando ti ha portato qui, eri conciato maluccio. Mi ha detto di cercare un dottore e di farti curare.»

Fenner non ci credeva. «Quell'ometto mi ha portato via dalla casa di Carlos? Ma Carlos non ha detto niente?»

Ricciolina sbadiglio. «Lui non c'era. Erano tutti all'albergo.»

«Capisco» Fenner rimase immobile, pensieroso, infine chiese: «Che giorno e oggi?» Lei glielo disse. «Sempre di maggio?» insistette. La ragazza annui. L'investigatore fece un calcolo a fatica. Aveva lasciato Glorie, sola, per quattro giorni. Sembrava che fosse passato molto piu tempo.

Poi chiese: «Carlos si e gia accorto della mia scomparsa?»

Ricciolina torno a sbadigliare. «Uhm, uhm, ma non ha ancora cercato ne me ne Usignolo. Si fara vivo, prima o poi. Lui le pensa tutte.»

Fenner si mosse. Le passo le dita tra i capelli, gentilmente. La cute era molto tenera.

«Non ti vorra tanto bene, quando lo sapra.»

Ricciolina fece spallucce. «E vero» rispose, e sbadiglio un'altra volta.

«Questo letto e grande. Ti metto in imbarazzo se mi sdraio accanto a te?»

Fenner sorrise. «Vieni pure, se ti fa piacere. Ricciolina restitui il sorriso e usci dalla stanza. Poco dopo ritorno avvolta in una vestaglia di lana rosa.»

«Be', ti da un'aria casalinga» constato lui.

Lei si avvicino e si sedette dall'altra parte del letto. «Puo darsi, ma e calda» rispose. Si libero delle pantofole con un calcio e si tolse la vestaglia.

«Non ci crederai, ma ho sempre freddo, a letto» spiego. Portava un pigiama di flanella leggera.

Fenner la guardo salire sul letto, accanto a lui. «Anche quel pigiamino ha un'aria poco romantica, vero?» disse.

Lei abbandono la testolina bionda sul cuscino. «Ebbe'?» Sbadiglio e sbatte gli occhi. «Sono stanca» annuncio. «Badare a un ragazzaccio come te e una faticata.»

Fenner disse gentilmente: «Certo. Dormi. Vuoi che ti canti la ninna nanna?»

«Matto» brontolo Ricciolina mezza addormentata e piombo nel sonno.

Fenner giaceva nell'oscurita, ascoltando il respiro profondo della ragazza, e cercando di ragionare.

Si sentiva ancora intontito, con la mente intorpidita. Poco dopo, si addormento anche lui.

La luce del mattino lo sveglio. Apri gli occhi e si guardo in giro, conscio di avere la mente libera e il corpo senza piu dolori. Sebbene si sentisse un po' irrigidito muovendosi nel letto, gli parve di star bene.

Ricciolina si alzo a sedere lentamente e sbatte le palpebre.

«Ciao, come ti senti?» lo saluto.

Fenner le sorrise. Era un sorriso un po' contorto, ma gli illuminava anche gli occhi. «Sei stata buona con me» disse. «Chi te l'ha fatto fare, piccola?»

Ricciolina si volto dall'altra parte. «Non spremerti le meningi per questo» rispose. «Te l'ho detto fin dal primo momento che sei un bell'uomo» chiuse gli occhi.

«A che cosa pensi?» chiese Fenner, piano.

Lei gli passo una mano sul viso, con dolcezza. «Stavo solo pensando che e brutto incontrare un ragazzo come te quando e ormai troppo tardi.»

Fenner si scosto. «Non devi prenderla cosi» rispose serio.

Lei scoppio a ridere, all'improvviso, ma i suoi occhi erano seri. «Ti porto la colazione. In bagno troverai il rasoio.»

Quando ebbe finito di farsi la barba, trovo la colazione che l'aspettava sul tavolo. Si mise a sedere. «Che fame!» esclamo, guardando il cibo.

La vestaglia che aveva trovato nell'armadio doveva essere di Usignolo.

Gli arrivava alle ginocchia e lo stringeva alle spalle.

Ricciolina ridacchio nel vederlo. «Sei uno schianto.»

Fenner ingollo la colazione in quattro bocconi, e Ricciolina dovette friggergli altre due uova. Gli disse: «Fai presto a recuperare, tu.»

Fenner fece un cenno d'assenso. «Sono formidabile. Dimmi, piccola, che cos'e Usignolo per te?»

Lei gli verso del caffe. «E un'abitudine. Sto con lui da due anni. E gentile, e credo che lui sia pazzo di me» alzo le spalle. «Sai come capita. Non conosco nessuno che mi piaccia di piu, e cosi posso anche far felice lui.»

Fenner annui, si appoggio allo schienale e accese una sigaretta. «Che cos'e Thayler per te?»

Il viso di Ricciolina s'irrigidi. Il sorriso scomparve dai suoi occhi. «Il lupo cambia il pelo, ma non il vizio» disse con amarezza, alzandosi in piedi.

«Non vengo a spifferare le cose a te, poliziotto.»

«Allora, lo sai?»

Ricciolina comincio a sparecchiare. «Lo sappiamo tutti.»

«Anche Usignolo?»

«Certo.»

«Ma Usignolo mi ha tolto dai pasticci.»

«Deve a Crotti qualcosa.» Ricciolina porto via i piatti.

Fenner rimase seduto a pensare. Quando lei ritorno: «Non fare la cattiva, piccola» disse. «Tu ed io possiamo fare grandi cose, assieme.»

Ricciolina si chino sul tavolo. Il suo viso era indurito e sospettoso. «Non caverai mai niente da me, con questo tono, percio cambia registro.»

«Lo so, dimenticalo» rispose l'investigatore.

Appena si fu chiusa nella stanza da bagno, arrivo Usignolo. Guardo Fenner con occhi duri.

«Ti ringrazio, amico. Credo che tu mi abbia salvato la pelle» gli disse Fenner.

Usignolo non si mosse. Disse: «Ora che stai bene, farai meglio a squagliartela. Questo paese e troppo piccolo per due tipi come Carlos e te.»

«Ci puoi scommettere» rispose Fenner.

«Quale tipo di accordo avevi con Crotti, poliziotto?» domando Usignolo. «Che intenzioni hai?»

«Crotti non vuole avere Carlos tra i piedi. Io sono un pistolero di Crotti.

Il mio compito e di eliminarlo.»

Usignolo avanzo un po' di piu nella stanza. «Tu devi andartene da questa citta, subito» disse. «Se Carlos viene a sapere che ti ho aiutato, cosa credi che mi fara?»

Gli occhi di Fenner erano molto intensi, mentre guardava Usignolo. «Io faro la pelle a Carlos. E meglio che tu ti metta dalla parte di chi vince.»

«Appunto. Gia ci sto. Vattene, oppure li aiutero a farti scappare» Usignolo era molto serio e tranquillo.

Fenner capi che era inutile parlare con lui. «Fai come ti pare» disse.

Usignolo esito, poi tolse una 38 speciale dalla tasca, e l'appoggio sul tavolo.

«Questa e perche tu possa uscire dalla citta sano e salvo. Crotti ha fatto molto per me. Ma se stasera sei ancora qua, ti conviene sparare per primo appena mi vedi. Hai afferrato il concetto?»

Usci, chiudendosi la porta alle spalle.

Fenner raccolse la rivoltella e la soppeso in mano. «Bene, bene» disse.

Ricciolina usci dal bagno. Vide la rivoltella. «E venuto Usignolo?»

Fenner annui distrattamente.

«Com'era? Amichevole?»

«Pressappoco come te.»

Ricciolina grugni. «Sei pronto per uscire? Prendo la macchina. Ti lascio dove vuoi.»

«Certo» rispose lui. Stava pensando. Poi la guardo. «La carriera di Carlos sta per finire. Forse preferisci parlare ora?»

Ricciolina alzo il mento. «Va' al diavolo» disse. «I tuoi vestiti sono nell'armadio. Per arrivare all'albergo, ti basteranno.» Si accosto alla porta.

«Vado a prendere la macchina.»

Fenner si vesti piu in fretta che poteva. I suoi vestiti avevano l'aria di essere appena usciti da uno scontro automobilistico. Non se ne curo. Appena ebbe finito di vestirsi, apri la porta e usci nel corridoio. La sua intenzione era di trovare Ricciolina a pianterreno. Si incammino lentamente verso la rampa delle scale; si accorse di non essere forte come credeva. Camminare era una fatica, ma prosegui. In cima alle scale si fermo. Ricciolina giaceva sul pianerottolo sottostante.

Fenner rimase immobile e spalanco gli occhi. Poi si tolse la rivoltella di tasca e scese le scale cautamente. Non c'era nessuno in giro. Appena si fu avvicinato vide il manico di un coltello che sporgeva dalla schiena della ragazza. Si fermo e la giro. La testa ricadde all'indietro, ma era ancora viva.

Gli ci volle uno sforzo enorme per portarla al piano di sopra. Era pesante, e, quando finalmente l'adagio sul letto, tremava. Poi afferro il telefono.

Il numero di Usignolo era sul taccuino. Compose il numero, tenendo gli occhi fissi su Ricciolina.

«Pompe funebri» rispose Usignolo, compassato.

«Vieni qui subito. Hanno beccato Ricciolina.» Fenner riattacco e torno verso il letto.

Ricciolina apri gli occhi. Appena vide Fenner, gli tese una mano. «Mi sta bene, per avere aiutato un poliziotto» disse con voce fioca.

Fenner non osava toglierle il coltello. La prese fra le braccia in modo che il manico non le pesasse sulla schiena. Le disse: «Stai calma, piccola; ho chiamato il medico.»

Ricciolina si contorse. «Arrivera troppo tardi» fece, poi raggrinzi il viso e comincio a piangere.

«E stato Carlos?» chiese Fenner.

Ricciolina non disse niente.

«Dammi una traccia» insistette lui. «Non essere cosi stupida da fargliela passare liscia. Gliene importa proprio tanto di te, a Carlos.»

«E stato uno dei suoi cubani» disse Ricciolina. «Mi e saltato addosso prima che potessi aprir bocca.»

Fenner si accorse che lei impallidiva a vista d'occhio. Si affretto a domandare:

«Perche Thayler porta sempre con se la tua foto? Che cos'e per te?»

Ricciolina sussurro debolmente: «E mio marito.» Fenner vedeva che stava morendo. Le mise una mano dietro la schiena e le tolse il coltello.

La ragazza straluno gli occhi e diede un piccolo grido. «Cosi va molto meglio» disse infine.

L'adagio sul letto. «Non temere, Carlos la paghera cara.»

«E bravo!» sussurro lei. «Pareggia pure i conti con Carlos, se vuoi, ma a me non servira piu a niente.»

Fenner si ricordo di aver visto dello Scotch, si diresse verso l'armadio a muro e ne verso due dita. Glielo fece trangugiare.

Lei trattenne il fiato. «Ah! Tienimi viva finche non ti avro detto tutto» disse con amarezza.

Fenner le prese le mani. «Tu puoi sistemare un sacco di cose. Thayler e d'accordo con Carlos?»

Lei esito, poi mosse un poco la testa. «Ci va d'accordo fin troppo» disse in un soffio. «E stato un cattivo ragazzo, e io non gli devo niente.»

«In che posizione si trova?»

«Comanda il sindacato» chiuse gli occhi. Poi prego: «Non chiedermi piu niente, per favore. Ho paura.»

Fenner si senti maledettamente inutile. Il viso di lei era bianco come un foglio di carta. Solo un rosso gorgoglio alle labbra rivelava che era ancora viva.

Qualcuno prese a salire le scale di corsa. Fenner corse alla porta. Usignolo entro. Aveva il viso lucido di sudore. Scanso Fenner e corse verso il letto. Era arrivato troppo tardi. Ricciolina era morta poco prima che lui entrasse.

Fenner usci dalla stanza e chiuse la porta. Mentre infilava le scale, veloce, un lungo gemito gli giunse da dietro la porta. Era Usignolo.

Appena vide Fenner, il direttore dell'Haworth Hotel giro attorno al banco. «Che cos'e questa storia?» farfuglio con la voce che tremava di indignazione. «Dove credete di essere, in una locanda di malaffare?»

«E lo chiedete a me?» rispose Fenner, oltrepassandolo. «Se e quello che voi dite, dove sono le ragazze?»

Il direttore gli corse dietro. «Signor Ross, sono costretto a insistere. Non posso tollerare questi disordini.»

Fenner si fermo. «Di che cosa state blaterando?»

«I miei clienti hanno paura a salire al terzo piano. C'e una specie di cane bulldog seduto la fuori, che non lascia passare nessuno. Ho minacciato di chiamare la polizia, ma quello mi ha risposto che gliel'avete ordinato voi, di restare di guardia. Che cosa significa?»

«Preparatemi il conto. Me ne vado» disse Fenner. Sali le scale di corsa, lasciando il direttore solo a protestare. Non c'erano segni di Bugsey fuori dalla porta, che spalanco con un calcio.

Glorie era seduta sul letto e Bugsey accanto a lei. Stavano giocando a carte. Bugsey aveva addosso solo un paio di mutandine bianche e il cappello. Il sudore gli correva giu per la schiena.

Fenner rimase immobile. «Cosa sta succedendo qui?»

Glorie butto giu le carte. «Dove sei stato?» chiese. «Cosa ti e successo?»

Fenner entro e chiuse la porta. «Un sacco di cose» rispose. Poi rivolgendosi a Bugsey: «Che cosa fai, lo spogliarello?»

«Voleva vincermi la camicia da notte, ma io l'ho battuto» spiego Glorie.

Bugsey afferro i pantaloni. «Stai certo che sei arrivato al momento giusto» brontolo febbrilmente. «Questa ragazza e un diavolo con le carte.»

Fenner non aveva voglia di ridere. Disse: «Scendi subito, e procurati una macchina con le tende ai finestrini. Parcheggiala davanti all'entrata di servizio dell'albergo, tra un quarto d'ora.»

Bugsey lotto con i vestiti. «Ti hanno preso a pugni, mi pare.»

«Non ti preoccupare di me» rispose Fenner, freddamente. «Quanto ti ho detto e urgente.»

Bugsey usci infilandosi la giacca. Fenner chiese: «Te la senti di alzarti?»

Glorie butto via il lenzuolo e scivolo sul pavimento. «Sono rimasta a letto soltanto per sconvolgere un po' il povero Bugsey» spiego. «Che cosa e successo?»

Fenner cerco un nuovo abito e si cambio. «Non star li a bocca aperta» le grido. «Vestiti. Dobbiamo andarcene da qui al piu presto.»

Lei comincio a vestirsi. «Non puoi dirmi dove sei stato?»

Fenner era occupato a vuotare i cassetti dentro un paio di valigette.

«Sono stato assalito da una banda di scagnozzi. Me li sono scrollati di dosso.»

«Dove andiamo adesso?»

«Traslochiamo da Noolen» fece l'investigatore.

Glorie scosse il capo. «Io non vengo» disse.

Fenner fini di chiudere le valigette e poi alzo la testa. Attraverso la stanza con un paio di passi veloci, e poi afferro il polso della ragazza. «Tu fai quello che ti dico io» disse.

«Non da Noolen.»

«Ho detto da Noolen. Non ho intenzione di aspettare i tuoi comodi. O ci vieni con le tue gambe, o ti ci porto a forza.»

Si avvicino al telefono e chiese il conto. Mentre aspettava, passeggiava per la stanza, inquieto. Glorie si era seduta sul letto e lo guardava imbronciata.

«Hai in mente di fare qualcosa?» gli chiese.

Fenner alzo gli occhi. «Moltissime cose» rispose. «Questi banditi mi hanno pestato i piedi e adesso io li distruggero. Non mi fermero finche non avro risolto il mistero che c'e sotto tutta questa faccenda e finche non avro fatto una poltiglia di quel grasso maiale.»

Il fattorino porto il conto e Fenner pago. Poi afferro le due valigette con una mano e prese Glorie per il gomito con l'altra. «Andiamo» disse, e scesero insieme le scale.

Trovarono Bugsey al volante di un macchinone. Bugsey pareva perplesso, ma non disse niente. Fenner sali dietro con Glorie. «Da Noolen. Presto» comando.

Bugsey si giro per guardare Fenner. «Da Noolen? Stammi a sentire, non vorrai mica andare da quell'idiota!»

Fenner si chino in avanti. «Da Noolen» ripete, guardando Bugsey molto intensamente. «Se non ti va, scendi. Guido io.»

Bugsey sposto gli occhi su Glorie.

«Su sbrigati, cuor di leone, quest'uomo vuole essere obbedito quando da degli ordini» l'incoraggio lei.

«Oh, be'» fece Bugsey e avvio il motore.

Glorie stava seduta in un angolino, un'espressione cupa in viso. Fenner fissava la strada nascosto dietro le grosse spalle di Bugsey. Arrivarono da Noolen in silenzio. Quando infilarono il breve viale davanti al Casino, Glorie disse: «Non voglio entrarci.» Lo disse piu per protestare che nella speranza di essere ascoltata. Fenner apri la portiera e salto fuori.

«Scendete, tutt'e due.»

Erano le undici e mezza quando entrarono nel vestibolo deserto del Casino.

Nella sala principale trovarono un cubano in maniche di camicia che manovrava svogliatamente un aspirapolvere. Alzo gli occhi quando si avvicinarono e li guardo a bocca aperta. Punto lo sguardo su Glorie che gli fece gli occhiacci.

«C'e Noolen?» chiese Fenner.

Il cubano premette l'interruttore dell'aspirapolvere, spegnendolo quasi con tenerezza.

«Vado a vedere.»

Fenner gli fece cenno di no con la testa. «Tu resta dove sei» disse, secco.

Attraverso la sala diretto verso l'ufficio di Noolen. Il cubano si oppose debolmente: «Ehi!» ma non si mosse da dov'era.

Glorie e Bugsey si affrettarono a seguire Fenner, che spalanco la porta dell'ufficio e si fermo sulla soglia. Noolen era seduto alla scrivania. Stava contando un grosso rotolo di dollari. Appena vide Fenner, il suo viso divenne paonazzo e butto i dollari nel cassetto.

Fenner entro nello studio. «Non sono qui per una rapina» disse, asciutto «sono venuto per un consiglio di guerra.»

Volse il capo e disse a Glorie e a Bugsey, che si erano fermati sulla soglia: «Entrate, voi due, e chiudete la porta.»

Noolen se ne stava immobile dietro la scrivania. Quando Glorie entro, porto una mano al collo della camicia, come se gli desse fastidio. Glorie non guardava verso di lui. Si diresse verso una sedia, in un angolo, in fondo alla stanza, e si sedette. Bugsey chiuse la porta e ci si appoggio contro.

Nemmeno lui guardava Noolen. C'era una strana tensione nella stanza.

«Che diavolo succede?» riusci a dire Noolen.

Fenner prese uno dei sigari verdi di Noolen dalla scatola sulla scrivania, lo addento e accese un fiammifero con l'unghia del pollice. Spese un lungo minuto per accendere bene il sigaro, poi butto via il fiammifero e si sedette sull'orlo della scrivania.

«Hai una bella faccia tosta, Ross» disse Noolen. «Ti ho gia detto che non mi interessa la tua merce. Sono sempre dello stesso parere.»

«Non si chiama Ross» disse Glorie con voce piana. «E Fenner, un agente investigativo con tanto di licenza.»

Fenner volse il capo e la guardo, ma lei si stava aggiustando la gonna sulle ginocchia con un'espressione imbronciata e indifferente.

Bugsey si succhio un labbro. I suoi occhi da uva spina uscirono dalle orbite. Noolen, che stava allungando un braccio per prendere un sigaro, appena senti Glorie, si fermo. La sua mano bianca e grassoccia ondeggio sulla scatola dei sigari come un gabbiano in volo, poi la ritrasse, e l'appoggio sul sottomano.

«Se tu non fossi cosi addormentato, la notizia ti sarebbe giunta prima» fece l'investigatore.

Noolen giocherellava con la mano. «Esci da questa stanza» disse con voce roca. «Gli investigatori privati sono veleno, per me.»

«Abbiamo qualcosa da fare assieme, tu ed io» replico Fenner, guardandolo con intensita. «Non c'entra la legge in questa faccenda.»

«Esci» ripete Noolen con cattiveria.

Senza sforzarsi, Fenner lo colpi alla mascella. Noolen fece un balzo indietro; le sue grosse cosce puntate sotto la scrivania gli impedirono di andare a gambe all'aria.

Fenner scivolo dalla scrivania, si allontano di quattro passi e si volto per guardarli tutt'e tre.

La mano di Bugsey frugava nella tasca della giacca. Gli si leggeva sul viso l'indecisione che lo tormentava.

«Stai fermo. Se ti azzardi a muovere un dito, ti stacco le orecchie» gli ordino Fenner.

Bugsey tolse la mano di tasca e la porto alla testa. Si gratto la zucca vigorosamente. «Io taglio la corda» disse.

«Tu rimani, se vuoi fare una cosa sensata» rispose Fenner, calmo. «Ti immagini come sara contento Carlos di sapere che hai scarrozzato in giro un investigatore privato.»

Bugsey divento verdastro. «Non lo sapevo» replico cupamente.

Fenner lo beffeggio. «Dillo a Carlos. Non occorre che tu lo dica a me.»

Bugsey esito, poi si accascio contro il muro.

Fenner lancio un'occhiata a Noolen, afflosciato sulla sedia. Tutta la sua animosita era scomparsa. «Bene» disse. «Forse ora si potra parlare seriamente. Tu ed io dobbiamo cacciar fuori Carlos e i suoi scagnozzi da questa citta. Bugsey puo stare dalla nostra parte, o tornare da Carlos. Me ne infischio di quello che fa. Se torna indietro, dovra faticare a farsi capire da quella gente; se resta si guadagna cinquecento cucuzze alla settimana finche il lavoro non sara portato a termine.»

Gli occhi di Bugsey si illuminarono. «Ci sto, a queste condizioni» rispose.

Fenner apri il portafoglio, ne tolse alcune banconote, ne fece una palla, poi la butto a Bugsey. «Per cominciare» disse.

Noolen osservo tutta la scena in silenzio. Fenner gli si avvicino e si sedette un'altra volta sulla scrivania. «Ti piacerebbe diventare il padrone di questa citta?» gli chiese. «E lo diventerai, se collabori con me.»

«Come?» Noolen parlava con voce rauca.

«Mettiamo insieme la tua piccola banda, me e Bugsey, e facciamo diventare questa citta un inferno per Carlos. Affondiamo i suoi battelli, sabotiamo la sua organizzazione, e diamo la caccia a lui.»

Noolen scosse il capo. «No, non lo faro» rispose.

«Tu, pezzo di lardo, hai ancora paura?»

«Non ho mai lavorato con i piedipiatti, e non comincero adesso.»

«Non capisci. Quattro giorni fa, Carlos mi ha preso e mi ha portato nella sua tana, al porto. Me la son vista brutta, ma me la sono cavata. Ormai e diventata una faccenda personale. Non ho intenzione di chiamare in causa la polizia.»

Noolen scosse il capo. «Non ci sto.»

Fenner rise. «E va bene, ti costringero.» Si alzo in piedi. «Tu sei con me, allora?» chiese a Bugsey.

Bugsey annui. «Resto a tua disposizione» rispose.

Fenner fece un cenno a Glorie. «Andiamo, piccola» disse. «Tu, io e Bugsey lavoreremo insieme, finche questo verme non si decidera a combattere.»

Glorie si alzo. «Non mi voglio immischiare, nemmeno io.»

Fenner le mostro i denti. «Che peccato» rispose, avvicinandosi e prendendola per un braccio. «Ma tu non sei Noolen; tu devi fare quello che ti dicono.»

«Lasciala stare» intervenne Noolen.

Fenner non gli fece caso. «Andiamo» disse e uscirono dalla stanza; Glorie gli camminava accanto, impettita.

Una volta in strada, Fenner si fermo. «Andiamo a casa tua» disse a Glorie.

Glorie scosse il capo. «Ti ho gia detto che non ho una casa.»

Fenner sorrise. «Andiamo dove tieni i vestiti. Questo abito da sera e un po' fuori posto, a quest'ora.»

Glorie esito, poi disse: «Stammi a sentire, io non voglio avere a che fare con Carlos, davvero. Ti dispiace fare a meno di me?»

Fenner la spinse in macchina. «Troppo tardi, bimba» rispose, con malagrazia. «Non posso permettere che ti sparino addosso tutte le volte che vogliono. Dovrai stare appiccicata a me per un po' di tempo.»

Lei tiro un sospiro. «E va bene. Ho un appartamentino a Sponge Pier.»

Fenner fece un cenno a Bugsey. «Sponge Pier, a tutto gas» ordino.

Bugsey salto in macchina e Fenner lo segui. Si sedette accanto a Glorie, tenendo le valigette sulle ginocchia. «Ci sara da divertirsi, tra poco, in questa citta» disse. «Forse vincero, o forse no, ma qualunque cosa capiti a me, sara Carlos il primo a rivedere il Creatore.»

«Lo odi a morte, vero?» gli chiese Glorie.

Fenner guardo fisso dinanzi a se. I suoi occhi erano molto freddi. «Puoi dirlo» rispose, cupo.

Circa a mezzo miglio da Sponge Pier, seminascosta da un folto gruppo di palme, c'era una villetta; Bugsey entro con la macchina nel piccolo giardino e la parcheggio di fronte alla porta. Una larga veranda protetta da tapparelle verdi correva attorno alla casa, tutte le finestre avevano le persiane verdi.

Fenner scese dalla macchina e Glorie lo segui, dicendo a Bugsey: «Il garage e dietro.»

«Hai una macchina?» le chiese Fenner.

«Si. Ti dispiace?»

Fenner guardo Bugsey. «Riporta indietro questa. Useremo la sua. Dobbiamo fare economia.»

«Non chiedermi il permesso» replico, sarcastica, Glorie.

«Hai dei domestici?» chiese lui.

«C'e una donna che dirige la casa.»

«Benissimo. Bugsey l'aiutera.» Ancora una volta Fenner si volse a Bugsey. «Riporta la macchina, e poi torna subito qui. La signorina Leadler avvertira la sua governante del tuo arrivo. Poi ti renderai utile, finche non avro bisogno di te. Capito?»

«Sei tu che paghi lo stipendio» rispose Bugsey e porto via la macchina.

Fenner entro con Glorie nella villetta. Era una bella casa. Una donnetta spagnola sbuco da chissa dove, e Glorie agito una mano. «Questo e il signor Fenner. Sara mio ospite per qualche giorno. Preparate il pranzo, per favore.»

La donna lancio a Fenner una rapida occhiata. A lui non piacque per niente la stupida sorridente espressione della donna; poi lei scomparve.

Glorie apri una porta a sinistra dell'ingresso. «Accomodati. Intanto io mi cambio.»

Fenner disse: «Certo» e girello per la stanza. Era molto comoda: cuscini, divani e poi ancora cuscini. Le finestre davano sulla veranda, e la stanza era in penombra.

Entro la spagnola e preparo un tavolo sulla veranda, per il pranzo. Fenner si sedette su un divano e si mise a fumare. «Quando avete finito, preparatemi qualcosa da bere» disse. Lei non diede risposta, e Fenner non si preoccupo di ripetere. Rimase seduto, tranquillo.

Poco dopo arrivo Glorie. Si era messa un abito di seta bianca lungo fino alle caviglie, e un paio di sandali bianchi. I capelli color rame erano raccolti dietro le orecchie da un nastro rosso. La sua bocca era molto rossa e i suoi occhi scintillavano.

«Ti piaccio?» chiese e piroetto lentamente davanti a lui.

«Si» disse Fenner, alzandosi. «Stai bene.»

La ragazza gli fece una smorfietta, quindi preparo gli aperitivi.

Il cocktail ghiacciato era ottimo. Quando si sedettero a tavola, Fenner si sentiva bene. Consumarono il pranzo quasi senza parlare. Fenner sentiva su di se gli occhi di Glorie. Continuava a guardarlo, e appena lui alzava la testa, lei spostava subito gli occhi. Parlarono della villetta e della governante spagnola e di cose che non importavano.

Dopo che la donna ebbe sparecchiato, Fenner si sdraio sul divano. Glorie si moveva inquieta per la stanza. Fenner la seguiva con gli occhi, perche gli piaceva guardarla. A un certo punto, lei sbotto: «Non startene li, sdraiato, a far niente!»

«Cosa vuoi che faccia?»

Lei si accosto alla finestra e guardo fuori. Fenner continuava a guardarla con interesse.

«Vieni, ti mostro la casa» decise Glorie.

Fenner si alzo dal divano, la segui nell'ingresso e poi in un'altra stanza, molto grande. Era quasi vuota. Pavimento lucidato a cera, qualche tappeto, e un grande divano letto, quello era tutto l'arredamento. Sulla destra c'erano uno spogliatoio e un bagno. La ragazza lascio passare Fenner, poi chiuse la porta.

Fenner ispeziono lo spogliatoio e il bagno, mentre lei aspettava. «Bello» disse. Sentiva il respiro della ragazza anche da li. Non la guardava. Continuo a muoversi per la stanza, mentre lei aspettava. Poi disse, all'improvviso: «Parliamo.»

Lei si sedette fiaccamente sul letto. Porto le dita intrecciate dietro la nuca. Fenner la guardo. Il suo viso era senza espressione.

«Thayler e l'uomo che dirige il sindacato per conto di Carlos. Era sposato con una certa Ricciolina Robbins, la segretaria di Usignolo. Carlos l'ha uccisa poco fa. Tu te l'intendevi con Thayler. Sapevi che lavoro faceva?»

«Siediti, e ti diro tutto.»

Fenner le si sedette accanto. «Ebbene?»

«Dammi la mano.»

Mise la mano nelle sue. «Lo sapevi?» ripete.

Lei la strinse forte. «Si, lo sapevo» rispose.

Fenner rimase immobile. «Sapevi che era sposato con Ricciolina?»

Lei si sdraio con gli occhi chiusi, mordendosi un labbro. «No.»

«Sapevi tutto anche di Carlos?»

«Si, sapevo tutto di lui.» Si rialzo. Gli avvolse le braccia attorno al collo, attirandolo verso di se. Prima che le labbra riuscissero a raggiungere la sua bocca, Fenner la respinse. «Piantala» disse bruscamente, alzandosi in piedi. «Non combinerai mai nulla con me.»

Usci dalla stanza, aprendo la porta che era chiusa a chiave e lasciandola spalancata. Passo accanto a Bugsey che era appena entrato. Non disse niente, e usci in giardino.

5

Verso sera, Fenner ritorno alla villetta. Trovo Bugsey seduto sui gradini dell'ingresso, che faceva dei disegni sulla ghiaia con un pezzo di legno. Gli chiese, mentre gli passava accanto:

«Stai sempre sognando?»

Bugsey spalanco gli occhi, ma prima che potesse aprir bocca, Fenner era gia entrato in casa. Ando diritto nella stanza di Glorie.

Glorie era seduta alla finestra, indossava una tunica verde pallido. Stava guardando fuori e volse il capo di scatto, sentendo entrare Fenner. «Chiudi» gli disse, brusca.

Fenner chiuse la porta. «Ho qualcosa da raccontarti. La polizia federale ha indagato sul tuo passato, e ho appena finito di esaminare tutti i documenti. Ho fatto delle scoperte interessanti, non c'e che dire.»

Glorie non mosse ciglio. «Che cosa vuoi dire?» chiese.

Fenner si sedette sul letto. «Te lo spiego subito» rispose lui con voce piana. «In parte sono intuizioni, in parte sono fatti veri, ma nell'insieme costituisce una bella storia. Tutto comincia in una cittadina dell'Illinois.

L'uomo che governa la citta decide di pigliar moglie. E fin qui tutto bene, solo che la mogliettina ha le idee in grande. Comincia a spendere piu di quanto il marito guadagni. Quest'uomo si chiama Leadler, ed e un politicante di bassa lega. L'hai sposato perche ti togliesse dalla compagnia di varieta con cui lavoravi. Infatti, ti ci ha tolto. Leadler, per darti la vita che volevi, s'impossesso di una discreta somma di denaro che apparteneva alla citta. Quindi avete preso il volo insieme per la Florida.»

Glorie incrocio le mani sul grembo. «Non puoi farmi niente» disse.

Fenner scosse il capo. «Al diavolo! Non e questo che voglio» esclamo.

«Non voglio far niente a te. Lasciami continuare. Tu e Leadler tagliate la corda. Non so perche, ma quando Thayler appare all'orizzonte, pare che tu gli preferisca quest'uomo piu giovane e piu ricco. E va bene, perdi di vista Leadler, e parti in crociera con Thayler. Thayler era sposato con Ricciolina Robbins. E Thayler che assorbe i cinesi contrabbandati da Carlos negli Stati Uniti. Paga a Carlos un tanto a persona e poi rivende i cinesi lungo la costa, dove manca la manodopera. Ricciolina sapeva tutto questo, ed era pericoloso abbandonarla senza che nessuno la tenesse d'occhio. Thayler le trova un lavoro da Usignolo, che e in strani rapporti con Carlos. Lei guadagna bene, senza faticare troppo, e Usignolo la tiene d'occhio. Tu vuoi divorziare da Leadler per poter sposare Thayler. Thayler non ti ha mai detto di essere sposato, e tu non riesci a trovare Leadler. Poi un giorno il vostro battello approda a Key West e, alla sera, per divertirti, vai al Casino locale. E riconosci in Noolen il caro marito da lungo tempo perduto. Una bella sorpresa, vero?»

Glorie si succhio il labbro. «Credi di essere furbo, eh?» rispose arrabbiata.

«Noolen, o Leadler, se preferisci, non campa tanto bene con il suo Casino, e cosi sarebbe ben contento di concederti il divorzio, purche tu lo pagassi. Tu vuoi il malloppo, ma Thayler non ci sente. Per il momento la situazione non ha vie d'uscita. Poco t'importa di Thayler, sono i quattrini che vuoi. Quel ragazzo deve nuotare nell'oro. Tu vuoi essere sicura di avere sempre dei soldi in tasca, e l'unico modo e di sposarlo. La polizia ha delle prove sicure che dimostrano che te l'intendevi anche con un cinese, mentre stavi con Thayler. Avete tenuta nascosta la tresca, ma non abbastanza.

Questo cinese lavorava per Carlos, ed e scomparso un paio di mesi fa. Forse Thayler ha scoperto la tresca e ha avvertito Carlos. Non so come sia andata, fatto e che e scomparso. Che cosa gli e successo, piccola?»

Glorie comincio a piangere.

Fenner continuo: «Lasciamo perdere. Forse non ha importanza. A questo punto salta fuori la tua misteriosa sorella. Viene a trovarmi. E strano, ma la polizia non ha saputo dirmi niente su di lei. Non riesco a indagare nel tuo passato piu in la della compagnia di varieta. Sembrerebbe che tua sorella fosse migliore di te, e si sia tenuta lontana dai pasticci. Perche venne da me, e perche sapeva tutto sui cinesi, su Carlos e Noolen, non riesco a spiegarlo. Prima o poi lo scopriro. Per cio che mi riguarda, e stata tua sorella a farmi venire qui. E trovo la situazione in questi termini:

«Noolen ha paura di Thayler e di Carlos. E posso capirlo. Non vuole che si sappia che si chiama Leadler, e ci scommetto che tu l'hai detto a Thayler, oppure se non gliel'hai detto, Noolen crede che tu l'abbia fatto. Tu e Thayler non andate d'accordo. Litigate spesso. Poi, forse, hai scoperto che era sposato, e l'hai ucciso. Spaventata, sei corsa da me. Ti piacevo e cercavi qualcun altro cui attaccarti, e cosi, dopo aver sparato a Thayler, sei venuta nel mio albergo. Invece non hai ucciso Thayler, come credevi. Lui aspetta sul molo, dentro a una macchina parcheggiata. Per poco non ammazza me, e piu tardi, cerca di ammazzare anche te. Ora, perche lo fa?

Perche sa che tu hai preso qualcosa dal battello, dopo avergli sparato. E vero?»

Glorie smise di piangere. «Questo e tutto quello che sai?» chiese.

Fenner alzo le spalle. «E abbastanza, non ti pare?»

Glorie non rispose.

«Thayler e una partita perduta per quello che ti riguarda. Lo cercheremo insieme. Ho intenzione di distruggere Carlos e la sua banda, e posso far fuori anche Thayler, gia che ci sono. Che te ne pare?»

«Ci devo pensare. Esci, ora. Devo riflettere» rispose Glorie.

Fenner si alzo in piedi. «Aspetto nell'altra stanza. Vedi di sbrigarti» disse. Si diresse verso la porta, ma poi si fermo. «Che cos'era tua sorella per te?» chiese bruscamente.

Glorie distolse gli occhi. «Niente» rispose. «La odiavo. Era cattiva, meschina e vendicativa.»

Fenner alzo le sopracciglia. «Non credo molto a quello che dici» rispose.

«Ma puo essere vero. Ti dispiace che abbia fatto una brutta fine?»

«E perche mai dovrebbe dispiacermi?» obietto lei, con durezza. «Ha avuto quello che si meritava.»

Fenner era in piedi, accanto alla porta. Disse lentamente: «Questo mi da un'idea. Tu e Thayler eravate insieme a New York quando fu uccisa. Vi assomigliavate come gemelle. Supponiamo che Thayler si sia innamorato di lei. Supponiamo che tu li abbia scoperti insieme, e ingelosita, abbia ucciso tua sorella. Supponiamo che Thayler si sia procurato quei cubani perche la facessero a pezzi e la facessero sparire. Quei due scagnozzi lavoravano per lui?»

«Oh, vattene. Finirai per pensare che io sia peggiore di cio che sono!» grido Glorie, esasperata.

Fenner era affascinato da questa nuova idea. Rientro nella stanza. «Cosi andarono le cose?» disse. «Suvvia, dimmi, l'hai uccisa tu Marian Daley?»

Glorie gli rise in faccia. «Sei pazzo» disse. «Non l'ho certo uccisa io.»

Fenner si gratto la testa. Disse: «No, non credo che le cose siano andate esattamente cosi. Non si spiegherebbe l'uomo che ha telefonato dicendo che lei era pazza, e non si spiegherebbe quel cinese nel mio ufficio. Eppure, puo essere un'idea.»

La guardo per qualche minuto, poi lascio la stanza. Glorie aveva incominciato a pulirsi le unghie.

Fenner ando in salotto. Si sentiva eccitato, aveva la sensazione di essere molto vicino alla soluzione. Ando al buffet e si servi da bere. Entro Bugsey. «Ce n'e anche per me?» chiese, speranzoso.

Fenner fece un gesto con la testa. «Serviti» disse, buttandosi sul divano.

Bugsey si servi generosamente, poi guardo il bicchiere, sbattendo gli occhi. Bevve una lunga sorsata e fece schioccare le labbra.

Fenner gli lancio un'occhiata, ma non apri bocca.

Bugsey strizzo gli occhi, poi disse, cautamente: «A me non piace, e a te?»

«Chi?» Fenner pensava a tutt'altro.

«La padrona di casa.» Bugsey fece segno con la testa. «Ha qualcosa che non mi va, non so che cosa.»

«Che cos'e questa storia?» Fenner avrebbe voluto che lui se ne andasse.

«Oh, niente» rispose Bugsey e scolo il bicchiere. Guardo Fenner con aria furtiva, poi se ne servi un altro. «La prossima volta che te ne vai, potresti portarmi con te» disse Bugsey. «Non so perche, ma non mi sento sicuro a star solo con lei.»

Fenner gli lancio un'occhiataccia. «Stammi a sentire, figliolo» esclamo.

«Perche non vai a fare quattro passi? Ho un sacco di cose cui pensare.»

Bugsey fini di bere. «Certo, certo» rispose in tono di scusa. «Andro a schiacciare un pisolino.» Usci, ciabattando.

Fenner rimase sdraiato sul divano, col bicchiere di Scotch in mano, e gli occhi fissi fuori dalla finestra. Rimase cosi a lungo. Hosskiss, l'agente federale, gli era stato molto utile. Gli aveva procurato tutte quelle informazioni e aveva promesso di fare altre indagini nei prossimi giorni. Sperava persino di trovare qualcosa su Marian Daley, anche se per il momento non aveva potuto mettere le mani su niente. Noolen, finche restava in Florida, era al sicuro, perche non potevano processarlo. Fenner comincio a chiedersi fino a che punto fosse furbo quell'uomo, e se sarebbe stato possibile ingannarlo. Decise di tentare, e poi stare a vedere come la pigliava.

Era sempre li quando entro Glorie, verso il tramonto. Gli si sedette accanto.

«Ebbene, ci hai pensato?» le chiese.

«Si.»

Ci fu un lungo silenzio.

«Sei in pena per il tuo futuro, eh?» riprese Fenner. «Se Thayler sparisce, dovrai ricominciare a darti da fare per cercare un uomo che ti mantenga.»

Gli occhi di Glorie si indurirono. «Tu pensi a tutto, vero?» rispose.

«Non prendertela calda. Anch'io ho pensato a te. Ti aspetta un brutto periodo, ma non c'e altra via d'uscita. Thayler sta colando a picco, e prima ti stacchi da lui, meglio e. Non ti devi preoccupare. Dai un'occhiata allo specchio. Una ragazza come te non muore di fame.»

Glorie ridacchio. «Sei bello» disse. «Vorrei odiarti, ma sei troppo bello.

Non ci vai mai con le ragazze, tu?»

«Stiamo parlando di lavoro. Infischiatene di quello che faccio io. Ora sto lavorando, e quando lavoro non mi prendo svaghi.»

«Credo che sia un peccato» sospiro Glorie.

Fenner si stava stancando. «Torniamo a Thayler. Non gli hai preso niente?»

Glorie fece una smorfia civettuola: «Avrei dovuto farlo?,»

«E un'intuizione. Perche mai vuole ammazzarti? Per vendetta? Troppo rischioso. Sapeva che stavi con me. Per impedirti di parlare? Si, questo ha senso.»

Glorie ando al buffet e apri una scatola di biscotti. Torno verso il divano con un piccolo portafoglio di pelle in mano. Lo lancio a Fenner. «Gli ho preso questo» disse in tono di sfida.

Fenner trovo un certo numero di documenti nel portafoglio. Si accese una sigaretta e li esamino attentamente. Dapprima Glorie rimase seduta accanto a lui, guardandolo; poi, notando quanto fosse assorto, si alzo e ando sulla veranda. Passeggio per una decina di minuti. Quanto rientro, Fenner disse, senza alzare gli occhi dalle carte: «Dammi qualcosa da mangiare, piccola. Questa sara una lunga notte, per me.»

Lei se ne ando. Quando, piu tardi, rientro, lo trovo seduto nella stessa posizione, con una sigaretta in mano. Il portafoglio e i documenti erano spariti.

«Ebbene?» fece.

Fenner la guardo. I suoi occhi erano duri. «C'e qualcuno della banda che sa di questo posto?»

Lei scosse il capo. «Nessuno.»

Fenner aggrotto le ciglia. «Non mi dirai che ti sei fatta questa casa tutta da sola.»

Non era sicuro se la ragazza era impallidita o se era solo un riflesso della luce.

«Volevo una casa dove rifugiarmi nei momenti brutti» rispose lei con voce piana. «Cosi ho fatto dei risparmi, ho comprato questo posto e nessuno ne sa niente.»

Fenner grugni. «Sai cosa c'e nel portafoglio?»

«Be', ci avevo guardato. Non e roba importante per me.»

«Ah no? Be', e molto importante per Thayler invece. Ci sono quattro ricevute per dei soldi che Carlos gli ha dato. Ci sono due assegni firmati da Noolen per una grossa somma di denaro, e cinque localita, ben specificate, dove vengono sbarcati i cinesi.»

Glorie alzo le spalle. «Non me li cambiano in banca» disse con indifferenza.

Fenner ghigno. «A me, invece, si» replico, alzandosi in piedi. «Dammi una grossa busta, piccola, ce l'hai?»

Lei indico una scrivania accanto alla finestra. «Sono la.»

Fenner infilo il portafoglio in una busta, scarabocchio quattro righe e spedi la busta alla signorina Paula Dolan, Stanza 1156, Roosevelt Building, New York City.

Glorie, che l'aveva sbirciato da sopra le spalle, chiese: «Chi e questa ragazza?» con un tono sospettoso.

Fenner tamburello sulla busta con il dito medio. «E la mia segretaria.»

«Perche lo spedisci a lei?»

«Stammi a sentire, piccola, conduco questo gioco a modo mio. Se volessi, potrei spedire questa busta a Hosskiss, l'agente federale, e aspettare che lui metta le manette a questi due bellimbusti. Gli basterebbe aprire un'indagine. Ma Carlos mi ha pestato i piedi, e io gli rendero la pariglia. Potrei anche avere la peggio, ma in questo caso il portafoglio finirebbe poi in mano alla polizia. Afferrata l'idea?»

Glorie fece spallucce. «Gli uomini non sanno fare che due cose: o correre dietro alle ragazze, o mettersi nei pasticci per orgoglio» disse. «Mi piace un uomo che vuole distruggere tutta una banda da solo. E come al cinema.»

Fenner si rialzo. «Ah, si?» esclamo. «Chi ha detto che saro solo?» Usci sulla veranda. «Vado a imbucare questa. Torno subito, e poi ceniamo.»

Mentre ritornava, passo davanti a un ufficio postale. Si fermo, pondero, poi entro. Scrisse un telegramma e lo consegno allo sportello.

L'impiegato lo lesse e fece gli occhiacci a Fenner. C'era scritto:

"Dolan. Stanza 1156 Roosevelt Building. New York City.

Mandami ultimi sviluppi di Grosset su omicidio Daley. Urgente.

D.F."

Fenner pago, saluto con un cenno e usci. Torno alla villetta, camminando di buona lena.

Glorie lo aspettava con gli aperitivi.

«Ho premura. Beviamo e mangiamo contemporaneamente» disse Fenner.

Glorie suono il campanello. «Dove vuoi andare?» chiese.

Fenner sorrise. «Vado a trovare tuo marito» rispose con gentilezza. «E ora che lui lasci da parte la timidezza e cominci il gioco pesante.»

Glorie alzo le spalle. «Non ti serve un uomo come lui» disse.

Mentre mangiavano, Fenner rimase silenzioso. Dopo cena, si alzo.

«Stammi a sentire, piccola, parlo sul serio. Finche non ho ripulito la citta, tu devi restare qui. Per nessuna ragione devi lasciare questa casa. Sai troppe cose e hai messo Thayler in pericolo. Se solo uno scagnozzo della loro banda ti vedesse, ti taglierebbe la gola. Percio non ti muovere.»

Glorie stava per ribattere, ma Fenner gliel'impedi. «Sii ragionevole» disse pazientemente. «Non ci vorra molto, e ti avro salvata per succhiare quattrini a qualche altro imbecille.»

Glorie ribatte: «Ah, quand'e cosi!» e si sposto su un altro divano. Fenner usci e ando in cucina.

Bugsey aveva appena finito di cenare e stava facendo gli occhi dolci alla cameriera spagnola, che lo ignorava.

«Esco. Puo darsi che rientri stanotte, e puo darsi di no» disse Fenner.

Bugsey si levo in piedi. «Devo prendere la rivoltella?»

Fenner scosse il capo. «Tu rimani qui» disse. «Il tuo compito e di proteggere la signorina Leadler. Tieniti sveglio e stai all'erta. Potrebbero venire a cercarla.»

«Ma, capo, per tutti i santi…» comincio Bugsey.

«Tu rimani qui» ribatte Fenner, seccato.

Bugsey mosse i piedi, inquieto. «Quella ragazza non ha bisogno di protezione. Caso mai, io ho bisogno di protezione.»

«Cosa stai blaterando? Mi hai detto che hai sempre desiderato avere un harem. Quella ragazza vale almeno venti ragazze, non ti pare?» gli chiese Fenner, e prima che l'altro potesse rispondergli, se n'era gia andato.

«Credevo di averti detto di star lontano da me» esclamo Noolen.

Fenner butto due pezzi di carta sulla scrivania. «Dagli un'occhiata» disse.

Noolen raccolse le carte, le guardo, e s'irrigidi. Getto un'occhiataccia a Fenner, e poi ancora alle carte.

«Farai meglio a bruciarle» disse Fenner.

Noolen stava gia prendendo un fiammifero.

Osservarono in silenzio l'operazione finche la cenere non volo sul pavimento.

«Questo ti ha salvato almeno in parte, vero, Leadler?» osservo Fenner.

Noolen impallidi mortalmente. «Non chiamarmi cosi, maledizione.»

«Perche dovevi diecimila cucuzze a Thayler?» incalzo Fenner.

«Come ti sei impossessato di quelle carte?»

«Oh, le ho trovate. Ho pensato che saresti stato piu disposto a muover guerra, senza quel debito con Thayler.»

Noolen strizzo gli occhi, nervoso. «Glorie ha parlato» disse. C'era qualcosa di cattivo, di stridente nella sua voce.

Fenner scosse il capo. «Me l'ha detto la polizia. Stammi a sentire, fratellino, e venuto il momento di decidersi. Se non ti metti in combutta con me, ti riporto nell'Illinois. Saranno contenti di rivederti.»

Noolen si sedette. «Certo» rispose. «Perche non cominci dal principio?»

Fenner si studio le unghie. «Voglio un po' di guerriglia, tanto per cominciare» disse. «Prima di tutto, bisogna eliminare la banda di Carlos. Poi bisogna sabotare i suoi battelli, e alla fine voglio la testa di Carlos su un piatto. Dopo di che, potremo cominciare a dar la caccia a Thayler.»

Noolen ci penso. «Quella e gente con la pelle dura» disse. «Non sara facile.»

«Assalto di sorpresa, fratellino» rispose Fenner con un ghigno. «Li faremo correre attorno al tavolo. Hai qualcuno che possa affrontare Carlos?

Qualche maciste?»

Noolen fece un cenno d'assenso. «Conosco una piccola banda che lo farebbe per una bella sommetta.»

«Bene, sta a te dargli quanto vogliono. Ti ho fatto risparmiare diecimila dollari, ora tocca a te spendere. Perche dovevi a Thayler tutti quei quattrini?»

Noolen sposto gli occhi. Fenner si chino in avanti. «Stammi a sentire, sorcio, se non giochi a carte scoperte con me, ti daro in pasto ai lupi. Dio!

Sei cosi giallo che ti mancano solo un paio d'ali. Sputa, canarino!»

Noolen spinse indietro la sedia. «Thayler non voleva che io divorziassi da Glorie» disse cupamente. «Mi diede diecimila dollari, per questo, ma poi li rivolle indietro.»

Fenner lo beffeggio. «Siete tutti una razza…» esclamo, alzandosi in piedi. «Presentami ai tuoi scagnozzi.»

Noolen rispose: «Non ho detto che l'avrei fatto.»

«Ti spacco il muso tra un po', se continui su questo tono» invei Fenner.

«Dimentica che ho qualcosa a che fare con la polizia. Questa citta non significa niente per me. Voglio che Carlos e la sua banda siano spazzati via di qui, e mi sto togliendo il gusto di farlo io personalmente. Poi me ne andro. Dipendera da te farti valere e diventare il padrone, quando loro saranno eliminati.»

Noolen si alzo. «Io credo che sia un'impresa troppo grande, ma se e questo che vuoi, staro a vedere.»

Uscirono insieme. Quattro minuti di automobile e arrivarono in un bar di Duval Street. Noolen entro, seguito da Fenner. Il barista accenno un gesto di saluto a Noolen, che prosegui verso il retro del negozio.

In uno stanzone, con un tavolo da biliardo e due lampade con la luce verde, c'erano cinque uomini che appestavano l'atmosfera con il fumo delle sigarette.

Alzarono la testa di scatto, quando Noolen e Fenner entrarono. Uno di loro infilo la stecca nel porta-stecche e usci.

«Voglio parlare con voi» disse Noolen.

Gli si avvicinarono, muovendosi nell'atmosfera fumosa, coi volti privi di espressione e gli occhi freddi, inquieti. Noolen agito il pollice verso Fenner.

«Questo e Fenner. Si e fatto delle idee sulla banda di Carlos. Dice che e ora di buttarla fuori dalla citta.»

Guardarono tutti Fenner. Poi un tipo alto, sottile, con il mento sfuggente e gli occhi acquosi, cattivi, disse: «Ah si? Bene, e una magnifica idea. Vorra dire che ci faranno un funerale collettivo.»

«Presentami questi ragazzi» intervenne Fenner, tranquillo.

Noolen comincio: «Schaife» indicando l'uomo che aveva parlato. «Scalfoni con la camicia verde. Kemerinski con la stecca in mano, e Mick Alex, lo strabico.»

Fenner penso che erano una bella collezione di topi di fogna. Saluto con un cenno.

«Facciamo amicizia» disse, avvicinandosi ai lunghi sedili imbottiti, fatti apposta per controllare il tavolo da biliardo dall'alto. «Perche non beviamo qualcosa?»

«Chi e costui, capo?» chiese Schaife a Noolen.

Noolen ebbe un sorriso acido. «E quello che si dice un bravo ragazzo» rispose. «Non vi troverete male con lui.»

Si sedettero tutti sulla panca e aspettarono che il barista portasse da bere.

Fenner attacco: «Si beve in mio onore. Ma chi paga e Noolen.»

«Ho un appuntamento con una ragazza, tra poco. Perche non veniamo al sodo?» chiese Scalfoni, un italiano basso e rinsecchito.

Gli altri grugnirono.

«Carlos ha fatto da padrone in questa citta per troppo tempo. Gli renderemo la vita cosi difficile, che sara costretto a battersela. Voglio che vi mettiate con me in questa impresa. Non si tratta di andare a fare una passeggiata, significa guerra aperta.»

«Quanto pagate?» chiese Schaife.

Fenner lancio un'occhiata a Noolen. «Tocca a te, ora.»

Noolen ci penso sopra, poi decise: «Duemila cucuzze a testa e un lavoro sicuro quando saro io il capo.»

Kemerinski si gratto il naso, pensieroso. «Vuoi dirigere tu l'organizzazione di Carlos?» chiese a Noolen.

Noolen scosse il capo. «Ho un'organizzazione che vale cento volte di piu. A questo ci penso io.»

Kemerinski guardo Schaife. «Duemila cucuzze non sono poi tante, ma mi piacerebbe suonargliele, a quelli, a patto di non lasciarci la pelle.»

«Facciamo tremila» propose Schaife.

Noolen scosse il capo. «No» rispose secco. «Duemila e gia tanto.»

Ci fu un attimo di silenzio, poi lo strabico Alex decise: «Per me va bene.» Gli altri esitarono, poi accettarono. Fenner tiro il fiato. "Fin qui, tutto bene" penso.

«Avremo bisogno di un battello» disse. «Nessuno di voi ha un motoscafo?»

Kemerinski disse che ne aveva uno.

Fenner annui. «C'e un posto a nord di Key Largo, che si chiama Black Caesar's Rock. E li che Carlos tiene la sua flotta. E li che Thayler compra i cinesi e poi decide la loro sistemazione finale. Possiamo andare a darci un'occhiata.»

Scalfoni apri le sue gambe corte. «Io ho proprio quello che ci vuole per quella gente» disse, con un sorriso gelido. «Vi andrebbe l'idea di una scorta di bombe a mano?»

Fenner getto un'occhiata vaga per la stanza. «Bombe?» ripete. «Certo, portate le bombe.» Uno sguardo gelido apparve nei suoi occhi. «Certo» disse ancora una volta. «E una buona idea.»

«La polizia ci piantera un sacco di grane per queste bombe» osservo Noolen, inquieto.

Fenner scosse il capo. «La polizia se ne infischia di Carlos. Fara festa quando quella canaglia morira.»

Scalfoni si alzo. «Quando si comincia?» chiese. C'era un tono decisamente ansioso nella sua voce.

«Si comincia subito. Partiamo appena la barca e pronta e appena voi ragazzi avrete raccolto un po' di munizioni.»

Scalfoni esito, poi alzo le spalle. «Avevo un appuntamento, ma aspettera. Mi pare che qui ci sia piu da divertirsi.»

«Dov'e la barca?» domando Fenner a Kemerinski.

«Nel porto, di fronte all'albergo San Francisco.»

«Bene. Ci troviamo li tra un'ora, d'accordo?»

Erano tutti d'accordo, e Fenner usci con Noolen. Propose gentilmente, mentre uscivano in strada: «Se fossi in te, correrei dalla polizia a cercare protezione. Se a Carlos viene il sospetto che tu sia coinvolto in questa storia, chissa che cosa potrebbe combinarti al Casino. Non mettere fuori il naso fino a quando non e tutto finito. Chiedi alla polizia che ti mandi qualche uomo, come protezione.»

Noolen era inquieto, rispose che l'avrebbe fatto, e spari nell'oscurita.

Passando per i vicoli meno frequentati, Fenner s'incammino verso il porto. Andava di buon passo, con il cappello abbassato sulla fronte, e gli occhi che scrutavano l'oscurita. Non aveva alcuna intenzione di imbattersi nella banda di Carlos, per il momento. Sapeva che Carlos lo stava cercando.

Penso tra se che le prossime ventiquattro ore sarebbero state ancora piu interessanti della giornata trascorsa.

Avvicinandosi al porto, passando per la Negro Beach, vide davanti a se una macchina, ferma sotto un lampione, e dentro vi era qualcuno. Guardo attentamente e prosegui, rallentando il passo senza sapere veramente perche lo facesse. Quella macchina, ferma nella strada deserta, sembrava un po' troppo isolata, troppo in attesa di qualcosa. D'improvviso, Fenner s'infilo in un portone, perche si era accorto che le tendine della macchina erano state scostate. Non c'era vento, ed ebbe la sgradevole impressione che qualcuno l'avesse osservato.

Il rumore del motore messo in moto gli giunse nel silenzio, poi la macchina avanzo lentamente. Fenner rimase nascosto dentro il portone finche le luci rosse dei fanali posteriori scomparvero dietro l'angolo. Si gratto il mento, pensoso, poi ritorno sul marciapiede.

Non prosegui il cammino, ma rimase immobile, tendendo le orecchie.

Percepi il ronzio di un motore, e un freddo sorriso si disegno sulla sua bocca. La macchina non si era allontanata. Stava tornando indietro.

Attraverso la strada di corsa ed entro in un altro portone. Appiattendosi contro il muro, cerco la rivoltella e la tolse dalla fondina sotto l'ascella.

Tolse la sicurezza e impugno il calcio.

La macchina apparve sull'angolo. Stava guadagnando velocita. Avanzava a fari spenti, e, mentre passava, da un finestrino parti una sventagliata di mitra.

Fenner udi il crepitio dei proiettili che si abbattevano contro il muro, dall'altra parte della strada, dove si era nascosto prima. Sparo tre volte alla macchina mentre gli passava davanti. Udi il fragore del vetro di un finestrino che si infrangeva, la macchina sbando paurosamente, sali sopra il marciapiede e ando a sbattere contro la vetrina di un negozio. Uscendo di corsa dal suo portone, Fenner percorse un tratto di strada, passando davanti alla macchina, e s'infilo in un vicolo buio. Si chino su un ginocchio e sbircio la strada, nascosto dietro l'angolo.

Tre uomini saltarono fuori. "Uno di loro" penso Fenner "e Reiger". Corsero a cercare rifugio. Fenner prese di mira l'uomo in mezzo e premette il grilletto. Quello barcollo, cerco di mantenere l'equilibrio, poi cadde in avanti. Nel frattempo gli altri due si erano infilati nei portoni. Cominciarono a sparare verso il vicolo dove stava Fenner, uno con una pistola e l'altro con un Thompson. Fenner se ne infischiava dell'uomo con la rivoltella, ma il Thompson gli dava parecchio fastidio. I proiettili scheggiavano il muro e dovette retrocedere perche le schegge di cemento erano pericolose.

Memore della notte sul battello, Fenner retrocedette ancora di piu. Non voleva correre il rischio di essere sfracellato da una bomba.

«Vieni qui, a ripararti» gli grido qualcuno.

Vide una porta aperta alla sua sinistra e una sagoma sulla soglia. «Chiudi la porta e mettiti al riparo» grido. «Quelli non scherzano.»

Era una donna che aveva parlato. Chiese, senza la minima eccitazione:

«Devo chiamare la polizia?»

Fenner le si avvicino. «Scappa, sorellina» rispose. «Questa e una faccenda privata. Stai dentro; puoi farti male a mettere fuori il naso.» Proprio mentre stava parlando un lampo accecante e una violenta esplosione scaraventarono Fenner in avanti, e lui e la donna furono sbattuti dentro lo stretto corridoio.

Fenner chiuse la porta con un calcio. «Accidenti! Quelli hanno le bombe» esclamo.

La donna aveva la voce che tremava, ora. «Questa casa non reggera un altro colpo come quello. Crollera.»

Fenner si alzo in piedi, malsicuro. «Dov'e la stanza che da sulla strada?» chiese. Si mosse nell'oscurita dirigendosi dove pensava di trovare la stanza, e inciampo nella donna, che era ancora seduta per terra. Lei l'afferro alle gambe e disse: «Lascia perdere. Se spari dalla finestra, ti butteranno un'altra bomba.»

«E allora lasciami uscire» rispose Fenner, inferocito.

Lontano giunse il suono di una sirena che si avvicinava di gran carriera.

«La polizia» disse la donna. Lascio andare Fenner e si rialzo in piedi.

«Hai un fiammifero?»

Fenner lo accese e la donna prese la fiammella tremula dalle sue dita. Si avvicino a un fornello a gas e lo accese. Era una donna grassa, bassa di statura, di mezza eta, con il mento quadrato e gli occhi decisi.

«Credo di doverti la vita» disse l'investigatore. «Se fossi rimasto fuori, quando e scoppiata la bomba, ora sarei appiccicato al muro. Be', sara meglio che me la squagli prima che la polizia si faccia viva.»

La sirena s'avvicino ululando, poi si spense in un ronzio, mentre i freni stridevano sull'asfalto.

«Resta qui. E troppo tardi per uscire» gli consiglio la donna.

Fenner esito, guardo l'orologio, vide che mancavano ancora quaranta minuti all'appuntamento e annui. «Non so perche» disse «ma tu mi ricordi la ragazza migliore che ho avuto. Mi tirava sempre fuori dai pasticci.»

La donna scosse il capo. Un lampo di simpatia brillo nei suoi occhi.

«Si?» fece. «E tu mi ricordi il mio vecchio quando aveva la tua eta. Era svelto, forte, deciso. Era un brav'uomo.»

Fenner si mosse.

«Attraversa il corridoio e vai in cucina» riprese la donna. «La polizia sara qui fra un minuto. Conosco i poliziotti di questa zona, ci penso io a loro.»

«Bene» rispose lui, ando in cucina e accese la grande lampada a olio.

Chiuse la porta e si sedette su una sedia a dondolo. La stanza era misera, ma pulita. Il tappeto per terra era vecchio e logoro. Sulla parete c'erano tre quadretti di immagini sacre, accanto al caminetto due grossi gusci di tartaruga, uno per parte. Dalla strada, gli giunse un gran parlare, ma non riusciva a cogliere il senso delle parole. Per capirle, avrebbe dovuto aprire la porta, ma potevano vedere la luce accesa. Cosi si dondolo dolcemente sulla sedia e ripenso a Reiger.

Quella era gente col pelo sullo stomaco. Ancora gli rintronava la testa, tanto era stata forte l'esplosione. Poi mise una mano in tasca, ne tolse il portafoglio e sfilo cinque biglietti da dieci dollari. Si alzo e mise le banconote sotto il piatto della credenza. Probabilmente la donna non avrebbe accettato dei soldi da lui, ma ne aveva certo bisogno, a giudicare dalla casa.

Pochi minuti dopo, lei entro. Gli fece un cenno. «Se ne sono andati» disse.

Fenner si alzo dalla sedia. «Sei stata molto buona. Ora dovro andare.»

«Aspetta un minuto, straniero» disse la donna. «Era la gente di Carlos, quella?»

Fenner la guardo pensoso. «Che ne sai di loro?» chiese.

Gli occhi della donna s'indurirono. «Ne so fin troppo. Se non fosse stato per loro, il mio Tim sarebbe ancora qui.»

Fenner rispose: «Si, erano loro. Che cosa successe a Tim?»

Lei stava in piedi, immobile, come una statua di granito. «Tim era un brav'uomo» spiego guardando dritto negli occhi di Fenner. «Non era ricco, ma tirava avanti. Aveva una barca e portava fuori i pescatori, al largo del Golfo. Poi questo Carlos gli ordino di portare i cinesi sulla sua barca. Gli offri del denaro ma Tim non accetto. Era fatto cosi, lui. Era forte e deciso, e disse di no a Carlos.

«Carlos non ottenne quello che voleva e cosi uccise il mio Tim. Chi e ucciso non soffre. Chi rimane, soffre. Tim mori subito; si spense come una luce. Ma io non dimentico. Credo che quando saro morta e sepolta, trovero le cose piu facili, ma in questo momento ammazzerei volentieri quel Carlos.»

Fenner si alzo in piedi. Disse gentilmente: «Sta' tranquilla. Carlos paghera anche per questo. Non ti servirebbe a niente, ucciderlo. Lascia a me Carlos. Ho un conto aperto con lui.»

La donna non rispose. Si porto d'improvviso il grembiule alla bocca e il viso le si contrasse in una smorfia di dolore. Fece segno a Fenner di andarsene, e mentre lui usciva, lei cadde sulle ginocchia, accanto alla sedia a dondolo.

Quando Fenner arrivo al porto, Schaife lo aspettava fuori dall'albergo San Francisco. Entrarono nell'albergo e bevvero un bicchiere di corsa, poi Fenner lo segui sul molo.

«Ho due Thompson e molti proiettili» disse Schaife. «Scalfoni ha portato una borsa piena di bombe. Dio sa se funzionano. Le ha fatte lui, con le sue mani. Quel ragazzo muore dalla voglia di buttarle addosso a qualcuno fin da quando gli e venuta l'idea di prepararle.»

«Stanotte sara l'occasione buona» disse Fenner.

La barca di Kemerinski era piuttosto grande. Alex e Scalfoni stavano fumando, nell'attesa. Fenner salto a bordo mentre Kemerinski spuntava dal locale del motore. Fece un ghigno a Fenner. «Tutto a posto» disse. «Possiamo partire quando volete.»

«Bene. Che cosa aspettiamo? Avvia il motore.»

Gli altri tre saltarono a bordo, e Kemerinski scomparve nel locale del motore, che comincio a ronzare. La barca rollo e Schaife la diresse con la prua verso il mare aperto.

«Sbarcheremo dalla parte del paese» decise Fenner «e raggiungeremo a piedi la loro tana. Forse avremo fretta nel venire via.»

Kemerinski grugni. «Questa vecchia ciabatta non e troppo veloce» disse, mentre destreggiava la barca tra le luci.

Scalfoni si accosto e si arrampico nella cabina. La sua pelle untuosa scintillava nella luce fioca. «Ho portato le bombe» disse. «Dio santo! Come mi divertiro a sentirle esplodere.»

Fenner si tolse il cappello e si gratto la testa. «Anche loro hanno le bombe» l'avverti. «Me ne hanno tirata una, un'ora fa.»

Scalfoni rimase a bocca aperta. «E scoppiata?» chiese.

Fenner lo guardo e annui. «Certo, ha quasi distrutto una casa. Spero che tu abbia fatto un buon lavoro con le tue bombette. Ne avremo bisogno.»

«Madonna mia!» fece Scalfoni e se ne ando a dare un'altra occhiata alla sua borsa.

Circa un quarto d'ora dopo, Fenner individuo delle luci in lontananza. Le indico a Kemerinski.

«Black Caesar.»

Fenner si arrampico fuori dalla cabina. Si avvicino agli altri tre, che stavano guardando le luci.

«Mettiamoci d'accordo» disse. «Siamo venuti qui per affondare le barche di Carlos. Dobbiamo agire il piu in fretta possibile, e senza troppe complicazioni. Scalfoni, tu porti le bombe. Schaife e io terremo i Thompson, Alex ci coprira le spalle con la rivoltella. Kemerinski restera sulla barca, d'accordo?»

Assentirono.

Mentre la barca entrava nel piccolo porto naturale, Schaife prese i due Thompson e ne passo uno a Fenner. Scalfoni usci dalla cabina, con una grossa borsa nera in mano.

«Non statemi attorno» disse. «Questi giocattoli sono molto sensibili.»

Risero tutti.

«Qualcuno ci mettera una pallottola in quella borsa, stai sicuro» fece Alex. «Ti risparmi il funerale, in ogni caso.»

La barca giro in semicerchio e si accosto al molo, mentre Kemerinski interrompeva i contatti. Il motore si spense con un ronzio.

Schaife salto sul molo e Alex gli lancio la cima. Kemerinski allungo la borsa delle bombe a Scalfoni, teneramente.

«Stai all'erta» gli raccomando Fenner. «Appena senti il rumore delle bombe, avvia il motore. Dovremo venir via subito.»

«Certo, d'accordo. In bocca al lupo, ragazzi» disse Kemerinski.

Attraversarono il paese. La strada che portava al porto era brutta e stretta. Grosse pietre spuntavano qua e la, e Scalfoni ci inciampo, una volta.

Gli altri imprecarono, nervosi.

«Sta' attento, idiota» disse Alex «sta' attento a dove cammini!»

«Sto attento. Da come vi comportate, sembra che crediate che queste bombette siano pericolose. Magari non esplodono nemmeno.»

«Prendiamo i vicoli laterali» decise Fenner. «Voi due per primi, Scalfoni e io vi seguiamo a una certa distanza. Non dobbiamo attirare l'attenzione.»

La notte era calda, e c'era una luna splendida. Fenner e Schaife portavano i Thompson avvolti in un vecchio sacco di tela. Costeggiarono il paese e attraversarono l'isola, passando per una serie di piazzette e di vicoli oscuri. I pochi pescatori che incontrarono, li guardavano incuriositi.

Dopo una ripida salita, si ritrovarono di nuovo sul mare, che scintillava a parecchie centinaia di metri sotto di loro.

«Ci siamo, credo» disse l'investigatore.

In fondo alla scarpata, si vedeva una baracca di legno, un lungo molo in cemento armato, e sei barche a motore ancorate. Dalle due finestre della baracca si vedeva la luce accesa; la porta, semiaperta, gettava un fascio di luce sull'acqua tranquilla.

In silenzio, guardarono giu.

«Preparate le bombe» ordino Fenner. «Prendetene due ciascuno. Prima dobbiamo attaccare la baracca. Quando tutto vi sembrera abbastanza sicuro, si potra cominciare con le barche. Bisogna affondarle tutte.»

Scalfoni apri la borsa e ne tolse due bombe. Le passo a Fenner. Le bombe erano fatte con due pezzi di tubi, corti. Fenner aspetto finche Scalfoni non ebbe dato a ognuno un paio di quei gingilli, poi riprese: «Schaife ed io penseremo alla baracca. Tu, Scalfoni, alle barche. Alex, rimani qui e scendi ad aiutarci solo se ci vedi nei guai.»

Scalfoni apri la camicia e vi infilo le bombe.

«Se caschi adesso, ti dissolvi in aria» gli disse Fenner, con un ghigno.

Scalfoni annui. «Gia» rispose «ho paura persino a respirare.»

Fenner teneva due bombe nella sinistra e il Thompson nella destra. «Bene» disse «andiamo.»

Muovendosi lentamente, Schaife e Fenner cominciarono a scendere la scarpata. Fenner disse: «Tu vai a destra, io vado a sinistra. Non voglio nessuno sparo, a meno che non sia necessario.»

Il viso affilato di Schaife sogghigno. «Sara necessario, non temere» rispose.

A meta scarpata si fermarono. Dalla baracca era uscito un uomo e camminava lungo il muro.

«Questo complica le cose» osservo l'investigatore.

L'uomo stava in piedi sul molo, guardando il mare aperto. «Resta dove sei per un attimo» disse sottovoce a Schaife. «Potrebbe sentirci, tutt'e due insieme.»

Fenner continuo la discesa lentamente. L'uomo era sempre in piedi, con la schiena voltata, immobile. Fenner arrivo in fondo alla scarpata e si alzo in piedi. Infilo le bombe nella camicia. Era talmente concentrato al pensiero di quell'uomo, che non avverti nemmeno il contatto gelido del metallo contro la pelle. Col Thompson imbracciato, s'incammino lungo il molo, in punta di piedi. Era giunto a una ventina di metri dall'uomo, quando inciampo in un sasso che rotolo in acqua, con un tonfo. Fenner si senti gelare. Fermandosi, immobile, mise il dito sul grilletto.

L'uomo si guardo alle spalle, vide Fenner e si volto di scatto.

«Non ti muovere» gli grido Fenner agitando il Thompson.

Sotto il chiarore della luna, l'investigatore riconobbe nell'uomo un cubano. Gli vedeva i bulbi bianchi degli occhi che sembravano voler uscire dall'orbita. Il cubano trasali dalla sorpresa, poi cadde sulle ginocchia, con la mano che scivolava dentro la giacca. Fenner lo maledi sottovoce e premette il grilletto. Sparo un colpo solo, secco. Il cubano cadde all'indietro, stringendo le mani al petto; poi rotolo in mare.

Fenner si mosse fulmineo. C'erano due grossi bidoni di benzina accanto e si acquatto dietro di essi. Si nascose un secondo prima che un mitra cominciasse a sputare dalla baracca. Un forte odore di benzina gli disse che il bidone era stato bucato.

Il mitra continuo il suo rosario, c'era una tale grandine di pallottole che Fenner non poteva fare altro che starsene immobile, disteso a terra, il viso schiacciato nella sabbia, aspettandosi da un secondo all'altro di essere lacerato da qualche proiettile. Infilo la mano nella camicia e tolse le due bombe. Ne soppeso una in mano e la lancio al di sopra del bidone, contro la baracca. La senti urtare contro qualcosa e poi cadere a terra.

"Ecco cosa valgono i lavori casalinghi di Scalfoni!" penso, irritato.

Il mitra si era zittito, e il silenzio che ne segui era altrettanto pauroso.

Sbircio da dietro il bidone, cautamente. La luce della baracca era stata spenta e la porta chiusa. Afferro l'altra bomba, e la getto contro la porta.

Mentre alzava la mano, il mitra riprese vita, e si ritrasse appena in tempo.

La bomba colpi la porta e una vampata di fuoco divampo nell'oscurita, seguita da un rumore assordante. Pezzi di cemento e schegge di legno gli passarono fischiando sopra il capo, e il colpo era stato cosi forte da fargli rintronare la testa. Dovette rettificare la sua opinione sulle bombe di Scalfoni. Il mitra tacque. Sbirciando un'altra volta da dietro il bidone, Fenner vide che la porta era stata scardinata. Le pareti di legno erano annerite dal fumo e scheggiate. Proprio mentre guardava, ci furono due violente esplosioni dietro la baracca. Schaife faceva la sua parte.

Appoggiando il Thompson sopra il bidone, sparo una lunga sventagliata di mitra all'interno della baracca, poi si accuccio un'altra volta. Qualcuno rispose dalla baracca semidistrutta con qualche colpo isolato. Fenner scarico meta del suo mitra. Poi ci fu un lungo silenzio.

Alzando gli occhi, distinse Scalfoni nell'oscurita che strisciava giu lungo la scarpata, tenendo una mano contro il petto. Era molto esposto, ma Fenner si immaginava il suo ghigno trionfante. Evidentemente lo individuarono, perche gli spararono addosso con un fucile automatico. Scalfoni non perse la testa. Infilo la mano nella camicia, ne trasse una bomba e la lancio contro la baracca. Fenner segui il volo della bomba, poi si appiatti sulla sabbia. Aveva l'orribile sensazione che la bomba stesse per cadergli in testa.

La bomba colpi la baracca ed esplose con un suono lacerante. Un grosso bagliore illumino il cielo e poi il tetto della baracca prese fuoco. Scalfoni prosegui la discesa, tranquillo. Piegato in due, passo di corsa davanti alla baracca e raggiunse Fenner dietro i bidoni.

«Madonna!» esclamo eccitato. «Non scherzano mica. Che nottata! Non mi sarei perso lo spettacolo per tutte le ragazze del mondo.»

«Sta' attento. Stanno uscendo» l'avverti Fenner.

«Se permetti, gliene faccio assaggiare un'altra. Ancora una, una sola.»

«Fa' pure, divertiti» sorrise Fenner. Scalfoni lancio la bomba dentro la baracca. L'esplosione che ne segui fu cosi violenta che sebbene fossero riparati dai bidoni, risentirono il colpo.

Un momento dopo, qualcuno strillo: «Sono finito. Vengo fuori. Smettete… smettete!»

Fenner non si mosse: «Esci, con le mani in alto.»

Un uomo usci barcollando dalla baracca in fiamme. Aveva il viso e le mani devastati dalle schegge di vetro, e gli abiti a brandelli. Si fermo, incerto, nella tremula luce delle fiamme, e Fenner riconobbe Miller. Usci da dietro il bidone, con le labbra tirate sui denti.

Schaife venne avanti correndo, tutto eccitato. «Non c'e nessun altro?» chiese. Miller rispose: «Gli altri sono tutti morti… non toccatemi, vi prego.»

Fenner allungo un braccio e l'afferro per la camicia. «Credevo d'aver gia regolato i conti con te, qualche tempo fa» disse villanamente.

Miller si butto in ginocchio, appena riconobbe Fenner. «Non farmi del male» imploro.

Fenner lo percosse con la mano libera. «Chi altri c'e la dentro?» chiese.

«Avanti, canarino, canta.»

Miller era tutto tremebondo. «Non c'e piu nessuno» si lamento. «Sono tutti morti.»

Alex scese correndo. Fenner gli disse: «Tienilo d'occhio. Trattalo bene.

Ha avuto un brutto colpo.»

«Davvero?» e con un pugno Alex butto a terra Miller, poi lo prese a calci.

«Ehi, non eccitarti. Ci voglio parlare, con lui» intervenne l'investigatore.

«Va bene. Te lo consegnero nelle migliori condizioni per parlare» e continuo a prenderlo a calci.

Fenner li lascio e si allontano lungo il molo verso le barche. Scalfoni attendeva.

«Affondale» ordino Fenner. «Tienine una. Torniamo da Kemerinski in barca. Ci risparmiamo il cammino.»

Torno da Miller, che si era tirato in piedi e implorava Alex di lasciarlo stare. Fenner disse ad Alex di andare ad aiutare Scalfoni.

«Glielo avevo pur detto a quel verme del tuo capo» urlo Fenner a Miller «che cosa lo aspettava. Questo e solo l'inizio. Dov'e Thayler?»

Miller non diede risposta. Aveva il capo affondato nel petto e mugolo un suono strozzato.

Fenner gli pianto il Thompson nelle costole. «Dov'e Thayler?» ripete.

«Parla, canaglia, o ti riduco un colabrodo.»

«Lui non viene mai qua. Non so dove sia» rispose Miller.

Fenner mostro i denti. «Ce la vedremo» disse.

Scalfoni arrivo correndo «Stanno riempiendosi d'acqua» disse. «Se le finissi con un paio di bombe, per essere piu sicuro, cosa ne diresti?»

«Perche no?» rispose Fenner.

Qualche minuto dopo, l'assordante boato delle bombe che esplodevano riempi il silenzioso porticciolo e il fumo sali dalle barche.

«Su, canaglia» invei Fenner «andiamo a fare una passeggiata.» Dovette spingere Miller davanti a se con la canna del Thompson. Miller era talmente terrorizzato che non poteva camminare. Continuava a mormorare:

«Non spararmi. Non voglio morire. Non voglio morire…»

Gli altri erano gia saliti sulla barca e li aspettavano. Schaife avvio il motore.

«Accidenti» esclamo. «Questo e il lavoro piu fantastico che abbia mai fatto. Non avrei mai pensato che ce l'avremmo fatta.»

Fenner cerco una sigaretta e l'accese. «Il bello comincera appena Carlos lo verra a sapere» osservo. «Avevo detto che l'assalto di sorpresa riesce sempre, ma ora Carlos sa con chi ha a che fare; il resto non sara cosi facile.»

Girarono attorno all'isola con la barca e fecero un segnale a Kemerinski, che avvio il motore e li raggiunse appena fuori dal porto. Trasbordarono tutti sulla barca di Kemerinski; Alex trascinava Miller. Scalfoni fu l'ultimo ad andarsene, e prima di farlo, punto il mitra e foro il fianco della barca.

Mentre saliva a bordo, Kemerinski disse: «Mi pare un peccato affondare tutte queste barche. Una mi avrebbe fatto comodo.»

«Ci ho pensato» rispose Fenner «ma Carlos ha ancora una banda piuttosto numerosa, e avrebbe potuto recuperarle. Non c'era altro da fare.»

Mentre Kemerinski dirigeva la barca in alto mare, volle sapere che cosa era successo.

«Ho sentito tutto il fracasso» disse. «Il paese era sconvolto. Si immaginavano che cosa stesse accadendo, ma nessuno di loro aveva il coraggio di andare a godersi lo spettacolo da vicino.»

«Porta quella canaglia in cabina» disse Fenner ad Alex. «Voglio parlargli.»

«Certo» e Alex trascino Miller nella cabina illuminata.

Miller rabbrividi, guardando Fenner con gli occhi iniettati di sangue.

«Questa» dichiaro Fenner «e la tua ultima occasione, canarino. Se parli, sopravvivi. Dove posso trovare Thayler?»

Miller scosse il capo. «Non lo so» borbotto. «Giuro che non lo so.»

Fenner guardo Alex. «Dice che non lo sa» fece.

Alex mollo un pugno in pieno viso a Miller. Fenner ripete, freddamente:

«Dov'e Thayler?»

Miller singhiozzo e borbotto qualcosa.

«Bene, lascia fare a me» decise Fenner. Mise una mano in tasca e ne tolse la rivoltella. Si avvicino a Miller e si chino su di lui. «Alzati» gli ordino, aspramente. «Non voglio fare un macello qui dentro. Esci sul ponte.»

Miller guardo la canna della rivoltella, con gli occhi sbarrati, quindi disse con una voce bassa, piatta, svuotata dal terrore: «E andato a casa di quella ragazza, la Leadler.»

Fenner rimase immobile. «Come lo sapeva, della casa?» chiese infine.

Miller appoggio la testa contro il muro. Il sangue gli colava dal naso, non staccava gli occhi dalla rivoltella. «Bugsey gli ha telefonato» sussurro.

«Bugsey?»

«Si.»

Fenner inspiro lentamente. «Come lo sai tu, tutto questo?»

La paura aveva sfinito Miller completamente, e gli aveva lasciato solo la calma della morte. Disse, come se fosse molto stanco: «Stavo per uscire quando sei arrivato tu. Thayler mi ha telefonato. Bugsey lo ha trovato per telefono e gli ha detto dove si nascondeva la Leadler. Thayler mi ha detto di raggiungerlo. Lui intanto passava a prendere Usignolo.»

Fenner drizzo la schiena e usci dalla cabina di corsa. «Dagli col motore» grido a Kemerinski. «Dobbiamo tornare subito.»

«Non va piu di cosi. Altrimenti scoppia» rispose Kemerinski.

«Allora, fallo scoppiare» disse Fenner. «Voglio andare piu in fretta.»

Quando la barca infilo il porto di Key West, Fenner disse: «Alex, porta Miller da Noolen. Digli di tenerlo nascosto finche non arrivo io, poi lo consegneremo alla polizia.»

«Diavolo! Perche non gli dai uno spintone e lo buttiamo di sotto?»

Fenner fece gli occhiacci. «Fai come ti ho detto.»

Schaife stava accostando al molo. Saltarono tutti a terra. Poi Fenner vide la berlina parcheggiata nell'ombra. Grido: «Giu… buttatevi giu!» e si butto a terra per primo.

Dal finestrino della macchina comincio a crepitare il fuoco. Fenner impugno la rivoltella e sparo tre volte. Gli altri si erano appiattiti per terra, tranne Miller che sembrava troppo sconvolto per fare qualsiasi cosa. Un nugolo di proiettili lo colpi al petto e lui stramazzo al suolo senza un gemito.

All'improvviso, Scalfoni si alzo in piedi, prese la rincorsa verso la macchina, e lancio la sua ultima bomba. Proprio mentre la scagliava, si porto l'altra mano alla gola e cadde in avanti pesantemente. La bomba, avendo il tiro raccorciato, esplose violentemente e rovescio la macchina su un fianco.

Fenner si alzo in piedi, gridando come un pazzo, correndo verso la strada e sparando. Tre uomini sgusciarono da sotto la macchina. Uno di loro trafficava con un Thompson. Sembravano tutti intontiti dall'esplosione.

Fenner sparo all'uomo con il Thompson, che cadde in avanti. Schaife avanzava correndo, assali uno dei due uomini rimasti e lo butto a terra mentre lo picchiava in testa con il calcio della rivoltella.

Il terzo uomo si volse di scatto e punto la rivoltella su Fenner, che quasi non si accorse del filo di sangue che gli scorreva sulla guancia. Lo raggiunse con un calcio nelle gambe e con un pugno sul polso gli fece volare la pistola, poi si chino su di lui, tramortendolo con il calcio della pistola.

Mentre si rialzava, un'altra macchina spunto dall'angolo della strada. Cominciarono a mitragliare dal finestrino.

"Questa volta, e la fine" penso Fenner. Movendosi a zig zag, si nascose dietro la berlina rovesciata. Le pallottole scheggiavano il selciato ai suoi piedi. Schaife, mentre cercava di mettersi al riparo, lancio un urlo e comincio a rotolare su se stesso. Un'altra mitragliata dalla macchina, e cadde a terra.

Nascosto dietro la berlina, Fenner sparo quattro colpi, poi alzo gli occhi per vedere chi era rimasto. Alex e Kemerinski erano rimasti sulla barca.

Vide Kemerinski aprire il fuoco con il mitra. La notte si rianimava di spari e di esplosioni.

L'investigatore decise che era tempo di andarsene. Alex e Kemerinski, dalla loro posizione, potevano affrontare un qualsiasi numero di scagnozzi.

Voleva tornare alla villetta. Aspetto il momento piu propizio, poi, sempre utilizzando la macchina rovesciata come schermo contro il fuoco, indietreggio e s'infilo nel vicolo piu vicino. Da lontano gli giunsero i fischi dei poliziotti, e si affretto a infilare un altro vicolo. C'erano troppe cose da fare ora, per rischiare di incappare nella polizia.

Un tassi gli sfreccio accanto, mentre Fenner svoltava sul corso principale. Correndogli accanto, Fenner fece segno all'autista, che freno. Fenner spalanco la portiera, dando l'indirizzo della villetta. «Fai presto, amico» disse. «Voglio dire, molto presto.»

Il tassista schiaccio a fondo l'acceleratore e il tassi parti rombando. «Che cosa sta succedendo al porto?» chiese tenendo gli occhi fissi sulla strada.

«Pare che si sia scatenato l'inferno.»

«Certo» rispose Fenner, appoggiandosi allo schienale. «Inferno e la parola giusta.»

Il tassista sporse la testa dal finestrino e sputo. «Sono contento di andare nella direzione opposta. E pericoloso restare da quelle parti.»

Fenner non lascio che il tassista lo portasse proprio davanti alla villetta.

Lo fece fermare all'angolo della via e percorse di corsa il pezzo di strada che gli restava. C'erano le luci accese, e mentre risaliva il vialetto circolare, vide qualcuno che si allontanava dalla soglia. Infilo una mano dentro la giacca e sfilo la rivoltella dalla fondina.

Un ragazzo con un cappello a visiera si fermo al suono della voce di Fenner, e lo raggiunse. Era un fattorino. «Siete voi il signor Fenner?» chiese.

«Certo. Hai un telegramma per me?»

Il ragazzo gli consegno una busta. Mentre Fenner scarabocchiava una firma, il ragazzo disse: «Ho suonato per un pezzo. Ci sono le luci accese, ma non c'e in casa nessuno.»

Fenner gli diede la mancia. «E cosi che la facciamo in barba ai ladri, figliolo» gli spiego, e si diresse verso la casa. Infilo il telegramma in tasca, apri la porta d'ingresso, ed entro.

Nel salotto c'era Bugsey, steso a terra, in una pozza di sangue scuro.

Fenner lo guardo. Non c'era niente da fare, Bugsey era morto stecchito. Estrasse la rivoltella e si diresse in punta di piedi verso la stanza da letto.

C'era Thayler seduto su una sedia in tubolare, con un'espressione di sorpresa dipinta sul viso. Un filo di sangue rappreso gli correva dalla bocca alla camicia. Gli occhi erano vuoti e fissi.

«Bene, bene» disse Fenner a voce alta e guardo la stanza. Era facile capire cosa era successo. Thayler era seduto, con la faccia alla porta. Probabilmente stava parlando con Glorie. Poi doveva essere entrato qualcuno che Thayler conosceva. Thayler, dopo aver alzato gli occhi, visto chi era, s'era rassicurato, ma questo qualcuno doveva avergli sparato al petto. Fenner gli si avvicino e gli tocco la mano. Stava diventando fredda, ma conservava ancora una traccia di tepore.

Una sedia scricchiolo, come se qualcuno l'avesse spostata. Il rumore veniva dalla cucina. Fenner rimase immobile, tendendo l'orecchio. La sedia scricchiolo ancora. Fenner si accosto alla porta e guardo fuori. Poi, movendosi con molta cautela, entro in cucina, la rivoltella in mano.

Era Usignolo, che si reggeva in piedi, aggrappato allo schienale di una sedia. Aveva in mano un'automatica dalla canna corta ma appena riconobbe Fenner lascio cadere la mano su un fianco.

«Ferito?» chiese Fenner. C'era qualcosa nell'atteggiamento di Usignolo, che si aggrappava alla sedia, che gli fece fare quella domanda.

«Mi ha preso al ventre» rispose Usignolo lentamente. Cerco di girare attorno alla sedia, e come Fenner si avvicino per aiutarlo, replico febbrilmente: «Non toccarmi.»

Fenner si ritrasse e lo guardo mentre si sedeva faticosamente sulla sedia.

Quando si fu sistemato, il sudore gli rigava la fronte.

«Stai calmo» disse l'investigatore. «Chiamo un dottore.»

Usignolo scosse il capo. «Devo parlare» disse. «Nessun dottore mi puo piu aiutare.» Si piego lentamente in avanti, premendo l'avambraccio contro lo stomaco.

«Che e successo?»

«Ho sparato a Thayler, e quel cane di Bugsey ha preso me. Credevo di potermi fidare di lui. Mi ha sparato cinque colpi, prima che io potessi aprir bocca. Poi l'ho sistemato.»

«Perche uccidere Thayler?» domando Fenner.

Usignolo fisso cupamente il pavimento. Quando parlo, la sua voce era molto cupa. «Hanno ucciso Ricciolina. Cosi siamo pari. Volevo ammazzare anche Carlos, ma credo che ormai non ce la faro.»

«L'hanno uccisa perche tu e lei mi avete liberato.»

«Si, ma Thayler ha sempre voluto liberarsene. Sapeva troppe cose. Sia io che lei sapevamo troppe cose. Sapevamo anche di te. Glorie era alla base di tutto. Lei, e quel suo cinese.»

«Che cinese?» chiese Fenner, a bassa voce.

«Chang. Quello che ti hanno depositato in ufficio.»

«Sapevi anche quello?»

Usignolo chiuse gli occhi. Premette ancora di piu le braccia contro il ventre. Solo facendo cosi, e chinandosi su se stesso riusciva a non cadere da una parte. Infine disse, con una voce debolissima, strangolata: «Si, sapevo anche quello. Carlos ha scoperto la storia col cinese. Glorie amoreggiava con lui. Quando Thayler la porto a New York per una vacanza, ci ando anche Chang, con loro. Quel cinese lavorava per Carlos. Carlos sospettava che lui se l'intendesse con Glorie, e cosi spedi a New York anche un paio di scagnozzi per tenerlo d'occhio. Hanno scoperto la tresca e l'hanno ucciso. Poi Thayler te l'ha portato in ufficio.»

Fenner non muoveva ciglio, e intanto rifletteva: «Perche? Perche lo hanno portato da me, per amor del cielo?»

Usignolo scosse il capo. «Non lo so. Per qualche suo oscuro gioco.» Parlava molto lentamente, soffrendo ancora di piu per pronunciare le parole chiaramente. «Qualcosa deve aver funzionato male nel viaggio a New York. Qualcosa che ha dato inizio a tutto questo.»

«Chang? Glorie ne era innamorata?» Fenner credeva di essere arrivato alla soluzione di tutto.

Usignolo rabbrividi, ma non volle cedere. Il dolore lo devastava, e la morte gli si avvicinava a grandi passi, ma fingeva di non soffrire. Voleva dimostrare a Fenner che sapeva incassare bene, senza un gemito.

«Era pazza di lui» disse e comincio a vacillare sulla sedia.

«Dov'e ora?»

«Ha tagliato la corda, appena e cominciata la sparatoria. Comunque, Thayler gliel'avrebbe fatta pagare cara, se non fossi intervenuto. Era meglio… se… aspettavo, prima di sparargli.»

Fenner non fece in tempo ad afferrarlo. Crollo dalla sedia sul pavimento.

Fenner si inginocchio e gli sollevo il capo. «Crotti e un bravo ragazzo» disse Usignolo con un filo di voce. «Diglielo che ti ho aiutato. Cosi… siamo pari.» Guardo Fenner da dietro le lenti spesse, cerco di dire qualcosa, e non ci riusci.

«Glielo diro» assicuro Fenner. «Sei stato leale con me.»

Usignolo sussurro: «Dai la caccia a… Carlos. Ha una taverna… dietro al Whiskey Joe…» Fece un mezzo sorriso a Fenner, poi il viso s'irrigidi, e spiro.

Fenner gli adagio il capo gentilmente per terra e si rialzo. Si asciugo le mani col fazzoletto, fissando il muro di fronte con un'espressione vuota.

Mi rimane Carlos, ora, penso, e poi questa storia sara finita. Mentre riponeva il fazzoletto, trovo il telegramma. Lo tolse di tasca e straccio la busta.

Diceva:

"Ragazza morta ritenuta Marian risulta da impronte digitali figlia rapita di Andrew Lindsay. Marian non sembrerebbe tutto cio che sembrava. Paula".

Fenner accartoccio lentamente il telegramma. «Cosi stanno le cose» disse. «Ora credo di poter concludere tutto.»

Getto un'ultima occhiata a Usignolo, poi si allontano dalla villetta.

Dov'era Glorie? Ora che Thayler era morto, era di nuovo libera di squagliarsela. Fenner penso che poteva trovarla da Noolen. Poteva essere andata da qualsiasi altra parte, ma valeva la pena di tentare da Noolen. Quando una ragazza vede tre uomini ammazzarsi in una sparatoria, e per un pelo non rischia di fare la stessa fine, difficilmente riesce a escogitare un piano intelligente. Era terrorizzata, e doveva essere andata dall'unica persona rimasta che conosceva bene. Conosceva bene Noolen, concluse Fenner. Era si o no suo marito?

Torno sul corso principale, prese un tassi, e si fece portare al Casino.

Due poliziotti erano in piedi, accanto all'entrata, ed entrambi gli lanciarono una brutta occhiata, mentre saliva le scale di corsa. Fenner sogghigno vedendo questa prova della cautela di Noolen. Attraverso la grande sala, che stava per essere chiusa. C'era una luce accesa e, a parte i due cubani in maniche di camicia che coprivano i tavoli con delle tele cerate, la sala era vuota. Alzarono gli occhi, vedendo entrare Fenner.

«Noolen e sempre in ufficio?» chiese, camminando diritto in quella direzione.

«E occupato, per il momento» rispose un cubano, cercando di fermarlo.

Fenner arrivo per primo alla porta, la spalanco ed entro.

Noolen, Kemerinski e Alex erano seduti attorno alla scrivania. C'era una bottiglia nera, senza etichetta e dei bicchieri sulla scrivania e tutti quanti fumavano. Alzarono gli occhi, le loro facce trasalirono, poi, vedendo Fenner, tirarono il fiato. Noolen lo guardo male: «Che storia e questa?» disse amaramente. «Schaife e Scalfoni morti, e loro due, ci mancava poco. E cosi che tu vorresti distruggere Carlos?»

Fenner non era dell'umore adatto per dar retta a Noolen. Appoggio la mano piatta sulla scrivania e guardo Noolen dritto in faccia. «Calmati, tu.

Quando t'e venuto il mal di pancia? Schaife e Scalfoni sono morti? E con questo? Credi forse di poter combattere una guerra senza avere perdite? E non ci pensi a cio che hanno perso quelli dall'altra parte? Gli abbiamo distrutto tutte le barche. Abbiamo bruciato la loro base. Thayler e morto, Usignolo e morto, Miller e morto, Bugsey e morto, insieme ad altri sei o sette della banda. Tutto questo non vale i tuoi soldi?»

Noolen lo guardava fisso. «Thayler?» La sua voce era poco piu che un sussurro.

Fenner annui. «Rimangono Carlos e Reiger. E questi ultimi due ci terrei particolarmente a farli fuori da solo. Poi, tutta la banda sara stata eliminata.»

«Quest'uomo sa quello che dice» disse Kemerinski. «Io continuo a lavorare per lui.» Alex fece un cenno d'assenso e grugni.

«Va bene. Che cosa aspettiamo? Dov'e il locale di Whiskey Joe?» chiese Fenner.

«Vicino alla Negro Beach.»

Fenner si volse a Noolen. «Vado a sistemare Carlos. Quando ritornero, avro qualcosa da dirti. Aspettami qui.»

Si volse agli altri due: «Prendete un paio di Thompson. Andiamo al Whiskey Joe. Carlos e la.»

Alex si allontano. Kemerinski chiese: «Solo noi tre?» Era piuttosto preoccupato.

Fenner scosse il capo. «Ci vado io, da solo. Voi due entrate dopo, e raccogliete i cocci.»

Fenner usci assieme a Kemerinski. Alex aspettava in macchina, coi due Thompson in braccio.

«I mitra li pigliate voi due. Aspettate fuori finche non sentite sparare» ordino Fenner «poi entrate e fate fuoco su tutto quello che vedete. Non smettete di sparare finche non e rimasto piu nulla da prendere di mira, intesi?»

«Che notte, ragazzi!» commento Alex.

Il macchinone percorse Duval Street a forte velocita. Era tardi e non incontrarono nessuna macchina. Kemerinski guidava con impazienza. Ridusse la velocita appena raggiunsero South Street e svolto a destra. In fondo a South Street, si accosto al marciapiede e spense il motore. «Il locale e laggiu, all'angolo con Negro Beach.»

Fenner scese dalla macchina e s'incammino lungo la strada. Gli altri due lo seguirono, nascondendo i Thompson sotto la giacca.

«Ha una casa dietro quel locale» disse Fenner. «La conoscete?»

«C'e un magazzino dietro» rispose Alex «forse e quello.»

«Andiamo a vedere.»

Il locale di Whiskey Joe aveva gia chiuso per quella notte. Nell'oscurita sembrava soltanto una pila di assi nere e marce.

«Per questo vicolo» disse Alex sottovoce.

«Restate qua» suggeri Fenner. «Vado a dare un'occhiata.»

Si allontano giu per il vicolo, che era completamente buio e puzzolente.

Camminava con molta attenzione, senza acquattarsi contro il muro, ma anche senza far rumore. In fondo al vicolo c'era una piazzetta. Voltando a destra e girando attorno al locale di Whiskey Joe, si trovo davanti a un grosso edificio quadrato, con il tetto piatto. Anche questo, era solo una nera sagoma contro il cielo trapunto di stelle. Si avvicino, trovo una porta, provo cautamente ad aprirla. Era chiusa a chiave. Avanzo di qualche passo, cercando una finestra, giro l'angolo e prosegui lungo il lato sud. Niente finestre. Sull'altro angolo c'era una scala di ferro che si arrampicava su per il muro. Doveva portare al tetto.

Ritorno sui suoi passi verso gli altri due, che lo aspettavano in fondo al vicolo.

«Credo di averli trovati» disse. «C'e soltanto una porta. Tutto quello che dovete fare voi due, e di appostarvi la fuori e di accoglierli con una nutrita scarica di mitra appena escono. Non fatevi vedere, riparatevi e aprite il fuoco, ecco tutto.»

Vedeva i denti di Kemerinski mentre sghignazzava. «Io vado sul tetto e ve li mando fuori» continuo Fenner. «Non fate sciocchezze, e quando avete finito il lavoro, tagliate la corda. Io so badare a me stesso.»

I due grugnirono per dimostrare che avevano capito, poi Fenner ritorno verso l'edificio. Si arrampico per la scaletta di ferro, assicurandosi della solidita di ciascun piolo prima di appoggiarvi il proprio peso. Conto quaranta pioli prima di raggiungere il tetto. Quando sporse il capo dalla balaustra, vide che in mezzo al tetto c'era un lucernario quadrato, con la luce, dentro, ancora accesa.

Fenner sapeva che doveva stare molto attento nell'attraversarlo. Il minimo rumore avrebbe richiamato l'attenzione di quelli che stavano di sotto.

Prima di salire sul tetto, cammino lungo la balaustra e guardo giu. Individuo Alex e Kemerinski nascosti in una fossa proprio di fronte alla porta del magazzino. Lo videro e agitarono una mano. Fenner rispose al saluto, poi scavalco la balaustra e salto sul tetto.

Tenendo la rivoltella nella destra, percorse in punta di piedi, lentamente, lo spazio che lo divideva dal lucernario. Gli ci vollero parecchi minuti, ma non fece alcun rumore. Buttando indietro il cappello, guardo nella stanza sottostante. C'era Carlos. C'era Reiger, e un altro che non conosceva. Erano a un paio di metri da lui. La stanza era molto bassa, come una soffitta, e Fenner ne fu talmente sorpreso che si trasse indietro con uno scatto.

Carlos fumava disteso sul letto. Reiger si dondolava su una sedia, con il capo appoggiato al muro; dormiva. L'altro tipo sonnecchiava sul pavimento.

Fenner esamino i listelli che reggevano i vetri del lucernario; ne provo la consistenza con il pollice. Erano poco consistenti. Allora si alzo in piedi e, allungando il piede destro, lo punto dove i listelli si incrociavano. Tiro un gran respiro e poi si butto giu con tutto il suo peso.

I listelli cedettero scricchiolando, e lui e le schegge di vetro piombarono nella stanza di sotto. Cadde in piedi, barcollo e strinse la rivoltella.

Carlos rimase perfettamente immobile sul letto, con la sigaretta che gli tremava in bocca. L'uomo per terra cerco istintivamente la rivoltella. Era cosi intontito che l'istinto lo porto incontro alla morte. Se non fosse stato cosi addormentato, niente al mondo l'avrebbe convinto a cercare di prendere la rivoltella. Fenner gli sparo in mezzo agli occhi.

Reiger e Carlos erano come due statue di ghiaccio. Guardavano Fenner con occhi fissi, impietriti.

«Ti voglio» disse Fenner a Carlos.

La cenere della sigaretta cadde sul petto di Carlos, che getto una disperata occhiata a Reiger e poi ancora a Fenner. «Dammi una tregua» prego con voce roca.

«Tieni la bocca chiusa» replico Fenner. «Ho passato un paio di giorni a letto per colpa vostra. Ora avrete quello che vi spetta. Non lo faro io. Potete farlo da voi. Risolvete la questione in un duello. Chi vince potra uscire da qui. Io non lo tocchero. Forse avrete sentito dire che io sono un uomo di parola. Se vi va bene e cosi, oppure vi ammazzo subito, tutt'e due.»

Reiger parve tirare il fiato. Disse: «Se lo uccido, tu non mi toccherai?»

Era incredulo.

Carlos si rannicchio contro il muro. «Reiger» grido. «Tu non lo farai.

Sono io che comando, mi senti? Tu non lo farai.»

Reiger si alzo lentamente dalla sedia; aveva un sorriso ambiguo sul viso.

«Un minuto» ordino Fenner. «Alza le zampe e mettiti faccia al muro.»

Reiger brontolo, ma Fenner gli punto la rivoltella nel fianco. Quello alzo le mani e si volto. Fenner gli tolse la rivoltella dalla tasca e indietreggio.

«Resta dove sei e non ti muovere.» Si accosto a Carlos, l'afferro per il bavero e lo trascino giu dal letto. Una breve occhiata lo convinse che Carlos non aveva armi.

Fenner si ritiro in un angolo della stanza accanto alla porta e si appoggio alla parete.

«Che aspettate? Nessuno di voi due vuol rivedere la famiglia?»

Carlos comincio a strillare contro Reiger, ma l'espressione degli occhi di Reiger lo convinse che avrebbe fatto meglio a difendersi. Reiger, le mani basse, un'espressione animalesca sul viso, comincio ad avanzare verso Carlos, che giro attorno alla stanza, col sudore che gli correva giu per il viso. La stanza era troppo piccola perche quel gioco durasse a lungo. Reiger scatto all'improvviso, afferrando Carlos alla vita. Questi urlo di terrore, picchio Reiger in testa con i pugni chiusi, e cerco di divincolarsi. Reiger picchiava Carlos alle costole. Si dibattevano per la stanza, picchiandosi l'un l'altro e mugolando, poi il tacco di Carlos si incastro tra le mattonelle dell'impiantito e cadde a terra, con Reiger sopra. Reiger gli sbatteva la testa contro il pavimento. Volse il capo e con un ghigno disse a Fenner: «Ora te lo ammazzo questo cane» ansimo. «Te lo ammazzo.»

Carlos allungo una mano e ficco due dita negli occhi di Reiger. Un orribile grido usci dal petto di Reiger, e termino in un lungo ululato. Si stacco da Carlos. Tenendosi una mano sugli occhi e picchiando l'aria con l'altra, comincio a vacillare per la stanza. Carlos si rialzo, scosse il capo e aspetto che Reiger gli passasse davanti. Quando quello passo, allungo un piede e mando Reiger bocconi per terra. Reiger cadde sulla faccia e rimase per terra, lamentandosi e scalciando.

Carlos si era dimenticato della presenza di Fenner. Vedeva soltanto Reiger. Si butto su di lui, lo inchiodo al pavimento con le ginocchia, e lo afferro alla gola. Reiger cerco debolmente di staccare le mani di Carlos, poi si affloscio. Carlos lo lascio andare e si alzo in piedi, tremante.

Fenner era rimasto appoggiato alla parete, e teneva Carlos sotto la mira della rivoltella.

«Sei stato fortunato» disse. «Sparisci prima che io cambi idea. Via, taglia la corda, corri.»

Carlos raggiunse la porta vacillando e la spalanco. Fenner lo udi scendere le scale all'impazzata, e trafficare con la serratura. Rimase immobile, con la testa piegata da una parte, in ascolto. Poi, nel silenzio della notte, esplosero le sventagliate dei due Thompson, durarono qualche attimo, infine, di nuovo, il silenzio.

Fenner ripose la rivoltella lentamente e cerco una sigaretta. "Credo di averne avuto abbastanza di questa citta. Tornero a casa e portero a spasso Paula, tanto per cambiare" mormoro tra se. Si arrampico sul lucernario e scese per la scaletta di ferro. Udi il suono di una macchina che avviava il motore. Erano Alex e Kemerinski che si congratulavano per la bella giornata.

Giro l'angolo e guardo Carlos. Fenner era un uomo scrupoloso. Non aveva alcun dubbio che quei due sapevano fare un buon lavoro, ma voleva accertarsene. Non c'era bisogno di preoccuparsi. Avevano fatto un buon lavoro.

Si spazzolo l'abito con la mano, concentrando i suoi pensieri, poi s'incammino verso il locale di Noolen.

Noolen si alzo dalla sedia vedendo Fenner entrare. «Che e successo?» chiese.

Fenner lo guardo. «Cosa pensi che sia successo? Sono carne da macello, tutt'e due. Dov'e Glorie?»

Noolen si asciugo il viso con il fazzoletto. «Morti? Tutt'e due?» Non ci poteva credere.

«Dov'e Glorie?» ripete Fenner, scocciato.

Noolen appoggio le mani tremanti sulla scrivania. «Perche?»

«Dov'e, maledizione?» Gli occhi di Fenner erano molto intensi e gelidi.

Noolen fece un gesto. «E di sopra. Lasciala perdere, Fenner. Ci pensero io a lei, d'ora in poi.»

Fenner sogghigno. «Ma davvero? Non crederai mica che sia pentita?»

Il viso di Noolen si fece vagamente rosso. «Non intendo sopportare le tue sporche insinuazioni» disse. «Dopo tutto, e mia moglie.»

Fenner butto indietro la sedia. «Perdio!» esclamo, alzandosi in piedi «sei piu scemo di un vecchio scemo. E va bene, se le cose stanno cosi…» Scrollo le spalle. «E proprio in gamba, questa Glorie. Col gruzzolo del vecchio amore defunto, scappa a consolarsi tra le braccia del nuovo amore. Non e cosi forse?»

Noolen rimase immobile, gli occhi aggrottati e fissi, la bocca leggermente contorta.

«Taglia corto con queste allusioni, Fenner. Non mi piacciono» ribatte.

Fenner si volse verso la porta. «Devo vedere quella ragazza» disse.

«Dove la trovo?»

Noolen scosse il capo. «Non la vedrai» rispose. «Attento a come ti comporti qui, o te ne pentirai.»

«Davvero? E va bene, non la vedro; ma sai che cosa faro? Tra un'ora ritornero qui, accompagnato dalla polizia, e con un mandato di arresto per quella ragazza.»

Noolen sogghigno. «Non hai nessuna prova contro di lei» ribatte.

«Certo, non ne ho. Soltanto un'accusa di omicidio. Ma gia, cosa vuoi che sia un'accusa di omicidio? Ben poca roba, nel vostro ambiente.»

Le dita grassocce di Noolen si contorsero, e il suo roseo faccione prese un colore verdastro. «Di che cosa stai parlando?» disse, a denti stretti.

Fenner si mosse verso la porta. «Lo vedrai. Non ho tempo per discutere con te. O la vedo subito, oppure la vedro in prigione. Per me, non fa nessuna differenza.»

Il viso di Noolen scintillava sotto la luce della lampada. Si decise: «Ultima stanza a destra, primo piano.»

«Non mi ci vorra molto, tu resta dove sei.» Fenner usci e chiuse la porta dietro di se.

Quando arrivo davanti all'ultima porta a destra del primo piano, giro la maniglia ed entro. Glorie fece un balzo sulla sedia, bianca in viso, la bocca aperta per la sorpresa.

Fenner chiuse la porta e ci si appoggio. «Stai comoda» disse lentamente.

«Voglio solo far quattro chiacchiere con te.»

Lei si lascio ricadere sulla sedia. «Non ora» rispose, con la voce tirata.

«E tardi, voglio andare a letto… sono stanca… glielo avevo detto di non lasciar salire nessuno.»

Fenner scelse una sedia di fronte alla ragazza e si sedette. Butto il cappello sulla nuca e frugo in tasca in cerca del pacchetto di sigarette. Ne offri una a Glorie.

«Vattene! Vattene! Non voglio…» incomincio lei.

Fenner prese una sigaretta e rimise il pacchetto in tasca. Disse: «Sta' zitta.» Poi si accese la sigaretta e soffio una nuvoletta di fumo verso il soffitto. «Tu e io dobbiamo far quattro chiacchiere. Prima parlo io, poi tu.»

Lei si alzo dalla sedia e fece per andare alla porta, ma Fenner allungo una mano, la prese per il polso, e la tiro indietro. Lei cerco di graffiarlo con le lunghe unghie ricurve. Fenner le prese anche l'altra mano, le imprigiono entrambi i polsi con una mano sola, poi con la mano libera la colpi al viso con uno schiaffo. Quattro segni rossi apparvero sulla guancia della ragazza, che esclamo: «Oh!»

Lui le lascio andare i polsi e la spinse indietro con rabbia. «Siediti, e sta' zitta.»

Lei si sedette, toccandosi la guancia.

«Te ne pentirai» sibilo tra i denti.

Fenner si sistemo sulla sedia, facendola scricchiolare. «Questo e quello che tu credi» rispose, sbadigliando. «Aspetta che ti racconti un'altra storiella. Ti distruggera.»

Lei strinse i pugni e se li picchio sulle ginocchia. «Basta. Lo so che cosa mi vuoi dire. Non voglio ascoltare.»

«Per te non esisteva altro che Chang» disse, imperterrito, Fenner.

«Quando Carlos lo uccise, la vita non ebbe piu senso per te. Tutto cio che ti rimaneva da fare era di regolare i conti con Carlos, che ti aveva distrutto l'unica cosa per cui valesse la pena di vivere la tua sporca vita. Giusto, fin qui?»

Lei si porto le mani al viso, rabbrividi e rispose: «Si.»

«Thayler volle andare a New York per una gita e ti porto con se. Ma tu non ti rassegnavi a star lontana da Chang nemmeno per qualche giorno, cosi Chang ti raggiunse e vi vedeste, mentre Thayler era occupato altrove.

Ma Carlos vi aveva fatti pedinare da un paio dei suoi cubani che vi scoprirono e uccisero il cinese. Giusto anche questo?»

«Entrarono in camera, quella notte che rimasi con lui» rispose lei. La sua voce era priva di espressione. «Uno di loro mi teneva mentre l'altro gli tagliava la gola. Ero presente, quando lo uccisero. Dissero che avrebbero ammazzato anche me, se lui avesse opposto resistenza, e cosi lui rimase disteso sul letto e lascio che quell'orribile cubano gli tagliasse la gola. Oh, se tu fossi stato presente! Se tu l'avessi visto sul letto con quel cubano chino su di lui. Il terrore che apparve nei suoi occhi, quando mori. Non potevo far niente, ma giurai a me stessa che Carlos l'avrebbe pagata cara, gli avrei distrutto tutto quello che aveva costruito.»

Ancora una volta, Fenner sbadiglio. Si sentiva stanco. «Non sei una brava ragazza» disse. «Non posso provare pieta per te, perche hai sempre pensato soltanto a te stessa. Se tu fossi una vera ragazza, avresti compiuto la tua vendetta a qualsiasi costo, anche a costo di perderti, ma tu non avevi il coraggio di perdere quello che gia possedevi, e cosi hai dovuto progettare un piano per tenere Thayler e buttare Carlos in pasto ai lupi.»

Glorie comincio a piangere.

«Mentre succedeva tutto questo, Thayler si era trovato un altro giocattolo» riprese Fenner. «Anche Thayler era un poco di buono. C'era una ragazza che si chiamava Lindsay. Magari la conobbe a una festa. Gli piacque, e in un modo o nell'altro riusci a trascinarla in camera sua. Sapeva che tu non c'eri e la convinse a salire. Mi immagino quello che accadde. Lui cerco di sedurla, ma lei si ribello. E fu cosi che ebbe la schiena piena di lividi, no?»

Glorie continuava a piangere.

«Be', Thayler picchio troppo forte, e la ragazza mori. Quando tornasti in albergo, dopo che Chang era stato ucciso, trovasti Thayler che passeggiava per la stanza, con un cadavere tra i piedi. Fu cosi che andarono le cose, non e vero?»

«Si.» Lei si porto il fazzoletto agli occhi e comincio a dondolarsi avanti e indietro.

«Trovasti la Lindsay bell'e morta, col corpo ricoperto di lividi. Ora, piccola, tocca a te. Parla. Che cosa facesti?»

«Lo sai benissimo. Perche me lo chiedi?» rispose Glorie.

«Ma perche venire da me?»

«Avevo sentito parlare di te. Credevo di aver trovato l'occasione buona per salvare Harry e mettere il bastone tra le ruote a Carlos. Avevo sentito dire che eri un duro e che non ti fermavi davanti a niente. Mi misi una parrucca nera, comprai un abito semplice e venni da te. Credevo che…»

«Venisti da me e ti presentasti come Marian Daley. Mi raccontasti di aver perso tua sorella. Credevi che, se io avessi accettato di cercare tua sorella, avrei finito per distruggere Carlos. Mi fornisti le tracce necessarie.

Parlasti di dodici cinesi, perche contrabbandano sempre dodici cinesi alla volta, da Cuba, e io sarei stato abbastanza intelligente da scoprire che si trattava dell'organizzazione di Carlos. Progettasti con Thayler di depositare il corpo della Lindsay, senza braccia, e senza testa, da qualche parte dove io potessi trovarla e credere che si trattava del corpo di Marian Daley. Dal momento che Marian non esisteva, Thayler non poteva essere processato per aver ucciso una ragazza inesistente. Allora cercasti di stabilire un'identita tra Marian e il cadavere. Per farlo, convincesti Thayler a disegnarti qualche livido sulla schiena, e quando venisti da me, lui telefono per darti una scusa per spogliarti. Io vidi i lividi, e mi fecero la dovuta impressione.

Era un piano fasullo, e in una corte di giustizia non avrebbe retto, ma avresti anche potuto salvare la faccia, se aveste giocato bene le vostre carte. Invece Thayler commise degli sbagli.

«Volle che il cadavere fosse fatto a pezzi e portato via dalla sua stanza.

Bisognava convincermi che il cadavere era quello di tua sorella al piu presto, altrimenti i dottori avrebbero rilevato lo scarto di tempo tra il momento in cui la ragazza era deceduta e il momento in cui venisti da me. Prima di tutto, tu dovevi farti subito vedere da me, poi io avrei dovuto essere trattenuto per qualche giorno, in modo che Thayler avesse il tempo necessario per preparare la scena come voleva. Ordino ai due cubani di prendere Chang e di lasciarlo nel mio ufficio, sperando che la polizia l'avrebbe scoperto li e che mi avrebbe trattenuto per interrogarmi. Tu questo non lo sapevi. Ma io fui piu svelto di lui, scoprii dove alloggiavano i due cubani, li aspettai in casa e li uccisi prima che riuscissero a disfarsi di un braccio e di una mano della Lindsay. Essendosi fatto intrappolare a questo modo, tutto il progetto andava a gambe all'aria. Fu cosi che andarono le cose, vero?»

Glorie sedeva immobile sulla sedia. Rispose: «Si, e cosi. Era un'idea pazzesca. Ma Thayler era talmente terrorizzato che avrebbe fatto qualunque cosa gli dicessi. Non avevo molto tempo per perfezionare il piano, ma mi pareva una buona occasione per distruggere Carlos. Scucii ad Harry diecimila sacchi. Ne diedi seimila a te, perche sapevo che poi tu saresti andato fino in fondo. Formulai la lettera, in modo da fornirti la chiave necessaria, e poi, quando la tua segretaria mi porto in albergo, aspettai il momento migliore e scappai. Cosi finiva Marian Daley. Tornai a Key West con Harry e aspettai che tu ti facessi vivo. Thayler aveva detto ai cubani di abbandonare il cadavere e i vestiti al Grand Central, in un baule. Ti avremmo lasciato un'indicazione in modo che tu li avresti trovati. Questa parte del progetto doveva portarla a termine Harry, ma lui fece un gran pasticcio.»

Fenner si appoggio allo schienale e fisso il soffitto. «Tutto inutile» disse.

«Sarebbe bastato che tu venissi a parlarmi di Carlos. Gli avrei dato la caccia comunque. Quando uno tratta la gente come faceva lui, merita d'essere schiacciato come un verme.»

Glorie si impetti con uno scatto. «Parli come se fosse morto» disse.

Fenner la guardo. «E morto stecchito. Sei fortunata. Sembra che tu riesca sempre a trovare il gonzo che sbrogli le tue sporche faccende. Comunque, e stato un piacere farlo ammazzare.»

Glorie tiro un lungo respiro, rabbrividendo. Fece per parlare, ma Fenner la interruppe.

«L'uomo che uccise la Lindsay e morto. Tu sei pur sempre una mia cliente. Spetta alla polizia far indagini per la morte della Lindsay. Magari scopriranno che e stato Thayler. Magari scopriranno anche che tu ci hai messo lo zampino, ma non saro io a dirglielo. Per quello che mi riguarda, io ho finito. Puoi far lega con Noolen e scappare con lui al piu presto. Non mi piaci, bambola, e non mi piace Noolen. Io torno a casa. Qualunque cosa ti succeda, me ne infischio. Stai certa che qualcosa ti succedera. Una come te non puo durare a lungo. Io ti lascio a questo punto.»

Si alzo, ando verso la porta, senza voltarsi a guardarla, e usci dalla stanza.

Noolen era in piedi, in mezzo alla sala, e guardava in su, mentre Fenner scendeva le scale. Se ne infischio anche di Noolen, e non lo guardo. Appena fuori, in strada, tiro un profondo respiro, fece una smorfia, pensoso, poi si avvio, a passi decisi, verso l'aeroporto della Pan-American.

FINE