Tre Metri sopra il cieloFederico MocciaFederico Moccia - Tre metri sopra il cielo.lit

FEDERICO MOCCIA

TRE METRI SOPRA IL CIELO

I personaggi che appaiono in questo romanzo sono di pura fantasia. Ogni

riferimento a persone e ad avvenimenti reali è puramente casuale.

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Libri in uscita, interviste, reading,

commenti e percorsi di lettura

Aggiornamenti quotidiani

A mio padre, un grande amico,

che mi ha insegnato molto

A mia madre, bellissima,

che mi ha insegnato a ridere.

"Cathia ha il più bel culo d'Europa." Il rosso graffito splen-

de in tutta la sua sfacciataggine su una colonna del ponte di

corso Francia.

Vicino, un'aquila reale, scolpita tanto tempo fa, ha sicura-

mente visto il colpevole, ma non parlerà mai. Poco più sotto,

come un piccolo aquilotto protetto dai rapaci artigli di mar-

mo, c'è seduto lui.

Capelli corti, quasi a spazzola, sfumatura dietro il collo al-

ta come quella di un marine, un giubbotto Levi's scuro.

Il colletto tirato su, una Marlboro in bocca, i Ray-Ban agli

occhi. Ha un'aria da duro, anche se non ne ha bisogno. Un sor-

riso bellissimo, ma sono pochi quelli che hanno avuto la for-

tuna di apprezzarlo.

Alcune macchine in fondo al cavalcavia si sono fermate mi-

nacciose al semaforo. Eccole lì, in riga come in una gara, se

non fosse per la loro diversità. Una Cinquecento, una New Bea-

tle, una Micra, una macchina americana non meglio identifi-

cata, una vecchia Punto.

In una Mercedes 200, un esile dito dalle piccole unghie man-

giucchiate da una lieve spinta a un ed. Dalle casse Pioneer la-

terali la voce di un gruppo rock prende improvvisamente vita.

La macchina riparte seguendo il flusso. Lei vorrebbe sape-

re "Where is thè love...". Ma esiste davvero? Di una cosa è si-

cura, farebbe volentieri a meno di sua sorella che da dietro con-

tinua insistente a ripetere: "Metti Eros, dai, voglio sentire Eros".

La Mercedes passa proprio mentre quella sigaretta, ormai

finita, cade a terra, spinta da una schicchera precisa e aiutata

da un po' di vento. Lui scende dai gradini di marmo, si siste-

ma i suoi 501 e poi sale sull'Honda blu VF 750 Custom. Come

per incanto si ritrova fra le macchine. La sua Adidas destra

cambia le marce, richiama o lascia andare il motore, che, po-

tente, lo spinge come un'onda nel traffico.

Il sole sta salendo, è una bella mattinata. Lei sta andando

a scuola, lui non è ancora andato a dormire dalla notte prima.

Un giorno come un altro. Ma al semaforo si trovano uno ac-

canto all'altra. E allora quello non sarà un giorno come tutti

gli altri.

Rosso.

Lui la guarda. Il finestrino è abbassato. Una ciocca di capelli

biondo cenere scopre a tratti il suo collo morbido. Un profilo

leggero ma deciso, gli occhi azzurri, dolci e sereni, ascoltano so-

gnanti e socchiusi quella canzone. Tanta calma lo colpisce.

"Ehi!"

Lei si volta verso di lui, sorpresa. Lui sorride, fermo vicino

a lei, su quella moto, le spalle larghe, le mani già troppo pre-

sto abbronzate per quella metà di aprile.

"Ti va di venire a fare un giro con me?"

"No, sto andando a scuola."

"E non ci andare, fai finta, no? Ti vengo a prendere lì da-

vanti."

"Scusami." Lei fa un sorriso forzato e falso: "Ho sbagliato

risposta, non mi va di venire a fare un giro con te".

"Guarda che con me ti diverti..."

"Ne dubito."

"Risolverei tutti i tuoi problemi."

"Non ho problemi."

"Questa volta sono io a dubitarne."

Verde.

La Mercedes 200 scatta in avanti lasciando spegnersi il

riso sicuro di lui. Il padre si gira verso di lei: "Ma chi era

quello? Un tuo amico?". "No, papa, solo un cretino..."

Qualche secondo dopo l'Honda affianca di nuovo. Lui at-

tacca la mano al finestrino e con la destra da un filo di gas, tan-

to per non fare troppo sforzo, anche se con quel quaranta di

braccio non avrebbe poi tanti problemi.

L'unico che sembra avere qualche problema è il padre.

"Ma che fa questo incosciente? Perché viene così vicino?"

"Stai tranquillo papa, me ne occupo io..."

Si volta decisa verso di lui.

"Senti, ma non hai proprio niente di meglio da fare?"

"No."

"Be', trovatelo."

"Ho già trovato qualcosa che mi piace."

"E cioè?"

"Andare a fare un giro con te. Dai, ti porto sull'Olimpica,

corriamo forte con la moto, poi ti offro la colazione e ti ripor-

to per l'uscita di scuola. Te lo giuro."

"Credo che i tuoi giuramenti valgano ben poco."

"Vero," sorride, "vedi, già conosci tante cose di me, di' la

verità, già ti piaccio, eh?"

Lei ride e scuote la testa.

"Be', ora basta," e apre un libro che tira fuori dalla sua bor-

sa Nike in pelle, "devo pensare al mio vero e unico problema.

"Cioè?"

"L'interrogazione di latino."

"Credevo fosse il sesso."

Lei si gira scocciata. Questa volta non sorride più, nean-

che per finta.

"Leva la mano dal finestrino."

"E dove vuoi che la metta?"

Lei preme un pulsante. "Non posso dirtelo, c'è mio padre."

Il finestrino elettrico comincia a salire. Lui aspetta fino al-

l'ultimo istante, poi toglie la mano.

"Ci vediamo."

Non fa in tempo a sentire il suo secco "No". Piega legger-

mente verso destra. Imbocca la curva, scala e acquista poten-

za scomparendo veloce tra le macchine. La Mercedes continua

il suo viaggio, ora più tranquillo, verso la scuola.

"Ma lo sai chi è quello?" La testa della sorella spunta im-

provvisamente tra i due sedili. "Lo chiamano 10 e lode."

"Per me è solo un idiota."

Poi apre il libro di latino e comincia a ripassare l'ablativo

assoluto. A un tratto smette di leggere e guarda fuori. È vera-

mente quello il suo unico problema? Certo, non quello che di-

ce quel tipo. E comunque non l'avrebbe rivisto mai più. Ri-

prende a leggere decisa. La macchina svolta a sinistra, verso

la Falconieri.

"Sì, io non ho problemi e non lo rivedrò mai più."

Non sa, in realtà, di quanto si stia sbagliando. Su tutte e

due le cose.

2.

La luna è alta e pallida fra gli ultimi rami di un albero fron-

duto. I rumori stranamente lontani. Da una finestra arrivano

alcune note di una musica lenta e piacevole. Poco più sotto, le

linee bianche del campo da tennis risplendono dritte sotto il

pallore lunare e il fondo della piscina vuota aspetta triste l'e-

state. A un primo piano del comprensorio una ragazza bion-

da, non molto alta, con gli occhi azzurri e la pelle vellutata, si

guarda indecisa allo specchio.

"Ti serve la maglietta nera, elasticizzata della Onyx?"

"Non lo so."

"E i pantaloni blu?" urla più forte Babi dalla sua came-

ra.

"Non lo so."

"E i fuseaux, te li metti?"

Daniela ora è ferma sulla porta, guarda Babi con i casset-

ti del letto aperti e la roba sparsa un po' ovunque.

"Allora prendo questo..."

Daniela avanza fra alcune Superga di vari colori sparse per

terra, tutte trentasette.

"No! Quello non te lo metti perché ci tengo."

"Io me lo prendo lo stesso."

Babi si tira su di scatto con le mani sui fianchi: "Scusa, ma

non me lo sono mai messo...".

"Potevi mettertelo prima. E poi me lo slarghi tutto."

Daniela guarda ironica la sorella.

"Cosa? Stai scherzando? Guarda che sei tu che ti sei mes-

sa la mia gonna blu elasticizzata l'altro giorno e ora per vede-

re le mie belle curve devi essere un indovino."

"Che c'entra? Quella l'ha slargata Chicco Brandelli."

"Cosa? Chicco ci ha provato e tu non mi hai detto nulla?"

"C'è poco da raccontare."

"Non credo, a giudicare dalla mia gonna."

"È solo apparenza. Che ne dici di questa giacca blu con sot-

to la camicia rosa pesca?"

"Non cambiare discorso. Dimmi com'è andata."

"Oh, lo sai come vanno queste cose."

"No."

Babi guarda la sorella più piccola. È vero, non lo sa. An-

cora non può saperlo. È troppo rotonda e non c'è niente di ab-

bastanza bello in lei per convincere qualcuno a slargarle una

gonna.

"Niente. Ti ricordi che l'altro pomeriggio avevo detto a mam-

ma che andavo a studiare da Pallina?"

"Sì, e allora?"

"E allora sono andata al cinema con Chicco Brandelli."

"Be'?"

"Il film non era niente di che, e guardandolo meglio, nean-

che lui."

"Sì, ma arriviamo al punto. Com'è che s'è slargata la gon-

na?"

"Be', il film era iniziato da dieci minuti e lui si agitava con-

tinuamente sulla sedia. Ho pensato: è vero che questo cinema

è proprio scomodo, ma secondo me Chicco ci vuole provare.

E infatti dopo poco, ecco che si sposta un po' laterale e passa

il braccio dietro la mia spalliera. Senti, che ne dici se mi met-

to il completo, quello verde con i bottoncini davanti?"

"Continua!"

"Insomma, dalla spalliera è sceso, piano piano, sulla spal-

la."

"E tu?"

"Io... niente. Fingevo quasi di non essermi accorta di lui.

Guardavo il film, come presissima. E poi mi ha tirata a sé e mi

ha baciata."

"Ti ha baciata Chicco Brandelli? Uau!"

"Perché ti scaldi tanto?"

"Be', è un bel ragazzo."

"Sì, ma ci crede troppo... Sta sempre a controllarsi, a spec-

chiarsi.. . Be', insomma, al secondo tempo ha riconquistato qua-

si subito la sua posizione. Mi ha comprato un cornetto Algida.

Il film era nettamente migliorato, forse anche un po' per me-

rito della parte sopra del cornetto, quella con le noccioline. Era

favolosa. Così mi sono distratta e l'ho ritrovato con le mani un

po' troppo in basso per i miei gusti. Ho tentato di allontanar-

lo e lui niente, si è aggrappato alla tua gonna blu. È lì che si è

slargata."

"Che porco!"

"Già, pensa che non voleva saperne di mollare. E poi sai

che ha fatto?"

"No, che ha fatto?"

"Si è slacciato i pantaloni, mi ha preso la mano e me la

spingeva in basso. Sì, insomma, verso il suo coso..."

"No! Allora è veramente un porco! E poi?"

"Allora io per calmarlo ho dovuto sacrificare il mio cor-

netto. L'ho preso e gliel'ho infilato nei pantaloni aperti. Vedes-

si che salto ha fatto!"

"Brava sorella! Altro che cuore di panna..."

Scoppiano a ridere. Poi Daniela, approfittando dell'allegria

che si è creata, si allontana con il completo verde della sorella.

Poco più in là, nello studio, su un morbido divano a dise-

gni cachemire, Claudio si prepara la pipa. Lo diverte quel gran

da fare con il tabacco, ma in realtà è solo un compromesso.

A casa non gli permettono più di fumare le sue Marlboro. La

moglie, accanita giocatrice di tennis, e le figlie, fin troppo sa-

lutiste, lo riprendono a ogni sigaretta accesa, così è passato

alla pipa. "Ti da più classe, ti fa sembrare più riflessivo!" ave-

va detto Raffaella. E infatti lui c'ha riflettuto bene. Meglio te-

nersi quel pezzo di legno fra le labbra e un pacchetto di Marl-

boro nascosto nella tasca della giacca piuttosto che discutere

con lei.

Da un tiro alla pipa mentre fa una panoramica dei canali

televisivi. Sa già dove fermarsi. Alcune ragazze scendono da

una scala laterale canticchiando una stupida canzoncina e mo-

strando i loro sodissimi seni.

"Claudio, sei pronto?"

Cambia subito canale. "Certo tesoro."

Raffaella lo guarda. Claudio rimane seduto sul divano, per-

dendo un po' della sua sicurezza.

"Tieni, cambiati cravatta, mettiti questa bordeaux."

Raffaella lascia la stanza senza possibilità di discussione.

Claudio si scioglie il nodo della sua cravatta preferita. Poi pre-

me sul telecomando il tasto numero cinque. Ma al posto di

quelle belle ragazze si deve accontentare di una povera casa-

linga che, incorniciata dentro un alfabeto, tenta di diventare

ricca. Claudio si mette al collo la cravatta bordeaux e dedica

al nuovo nodo tutta la sua attenzione.

Nel piccolo bagno che separa le camere delle due sorelle,

Daniela sta esagerando con l'eye liner.

Babi compare vicino a lei.

"Che te ne sembra?"

Indossa un vestito a fiori, rosato e leggero. La stringe deli-

catamente in vita, lasciando il resto libero di scendere, come

meglio crede, sui suoi fianchi morbidi.

"Allora, come sto?"

"Bene."

"Ma non benissimo?"

"Molto bene."

"Sì, ma perché non dici benissimo?"

Daniela continua a cercare di fare dritta la linea che do-

vrebbe allungarle un po' gli occhi.

"Be', a me non piace il colore."

"Sì, ma a parte il colore..."

"Non mi piacciono molto le spalline così grosse."

"Sì, ma a parte le spalline..."

"Be', tu lo sai, a me non piacciono i fiori."

"No, ma tu non li considerare."

"Allora sì, stai benissimo."

Babi, per niente soddisfatta e senza sapere neanche lei co-

sa avrebbe voluto sentirsi dire, prende la boccetta di Caronne

comprata con i suoi a un duty-free di ritorno dalle Maldive.

Uscendo urta Daniela.

"Ehi, stai attenta!"

"Stai attenta tu! Ci metto molto meno io a farti un occhio

nero. Guarda come ti stai truccando!"

"Lo faccio per Andrea."

"Andrea chi?"

"Palombi. L'ho conosciuto fuori dalla Falconieri. Stava par-

lando con Mara e Francesca, quelle del quarto. Quando se ne

sono andate, gli ho detto che anch'io stavo in classe loro. Truc-

cata così, quanti anni mi daresti?"

"Be', sì, sembri più grande. Almeno quindici."

"Ma io ho quindici anni!"

"Sfuma un po' qui..." Babi si mette l'indice in bocca ba-

gnandoselo, e poi lo porta sulle palpebre della sorella massag-

giandole.

"Ecco fatto!"

"E ora?"

Babi guarda la sorella alzando il sopracciglio.

"Stai per farne sedici."

"Ancora troppo poco."

"Ragazze, siete pronte?"

Raffaella, sulla porta di casa, inserisce l'allarme. Claudio

e Daniela passano veloci davanti a lei, per ultima arriva Babi.

Entrano tutti nell'ascensore. La serata sta per iniziare. Clau-

dio si sistema meglio il nodo della cravatta. Raffaella si pas-

sa veloce più volte la mano destra sotto i capelli. Babi si si-

stema la giacca scura dalle ampie spalle. Daniela si guarda

semplicemente allo specchio, già sapendo di incontrare lo

sguardo della madre.

"Non sarai troppo truccata, tu?"

Daniela prova a rispondere.

"Lascia perdere, siamo in ritardo come al solito." E questa

volta Raffaella incrocia allo specchio lo sguardo di Claudio.

"Ma io stavo aspettando voi, ero pronto dalle otto!"

Passano in silenzio attraverso gli ultimi piani. Nell'ascen-

sore entra l'odore dello stufato della moglie del portiere. Quel

sapore di Sicilia si mischia per un attimo con quella strana

compagnia francese di Caronne, Drakkar e Opium. Claudio

sorride. "È la signora Terranova. Fa uno spezzatino favoloso."

"Ci mette troppa cipolla" è il giudizio sicuro di Raffaella,

che da un po' di tempo ha optato per la cucina francese, con

la sincera preoccupazione di tutti e la disperazione della ca-

meriera sarda.

La Mercedes si ferma davanti al portone.

Raffaella, con un rumore dorato di gioie, segno di ricor-

renze e Natali più o meno felici, quasi sempre molto costosi,

sale davanti, le due figlie dietro.

"Si può sapere perché non accostate di più la Vespa al

muro?"

"Ancora più incollata al muro? Papa, ma sei negato..."

"Daniela, non ti permettere di parlare così a tuo padre."

"Senti mamma, domani possiamo andare in Vespa a

scuola?"

"No, Babi, fa ancora troppo freddo."

"Ma abbiamo il parabrezza."

"Daniela..."

"Ma mamma, tutte le nostre amiche..."

"Le devo ancora vedere tutte queste vostre amiche con la

Vespa."

"Se è per questo, a Daniela le hanno fatto il Peugeot nuo-

vo che tra l'altro, visto che ti preoccupi tanto, corre anche di

più."

Fiore, il portiere, alza la sbarra. La Mercedes aspetta, co-

me ogni sera, il lento salire di quel lungo ferro a strisce rosse.

Claudio accenna a un saluto. Raffaella si preoccupa solo di

chiudere la discussione.

"Se la prossima settimana farà più caldo, vedremo."

La Mercedes parte con un briciolo di speranza in più tra i

sedili posteriori, e un graffio sullo specchietto laterale destro.

Il portiere riprende a guardare la sua piccola tivù.

"Allora, non mi hai detto come sto vestita così."

Daniela guarda la sorella. Ha le spalline un po' troppo lar-

ghe e per i suoi gusti è un po' troppo seriosa.

"Benissimo." Ha capito perfettamente come prenderla.

"Non è vero, ho le spalline troppo larghe e sono troppo per-

fettina, come dici tu. Sei una bugiarda, e sai che ti dico? Per

questo sarai punita. Andrea neanche ti guarderà in faccia. An-

zi, lo farà, ma con tutto quell'eye liner non ti riconoscerà e se

ne andrà con Giulia."

Daniela prova a rispondere, soprattutto riguardo a Giu-

lia, la sua peggiore amica. Ma Raffaella mette la questione a

tacere.

"Ragazze, smettetela, sennò vi riporto a casa."

"Giro?" Claudio sorride alla moglie, facendo finta di muo-

vere il volante. Ma gli basta uno sguardo per capire che non è

aria.

3.

Agile e veloce, scuro come la notte. Luce e riflessi vanno e

vengono nei piccoli specchietti della sua moto. Arriva alla piaz-

za, rallenta appena per vedere che da destra non arrivi nessu-

no, poi imbocca via di Vigna Stelluti a tutta velocità.

"Ho una voglia di vederlo, sono due giorni che non ci sen-

tiamo."

Una bella ragazza mora, dagli occhi verdi e un bel sedere

imprigionato in crudeli Miss Sixty, sorride all'amica, una bion-

dina alta come lei ma un po' più tonda.

"A Madda', sai com'è fatto, anche se c'è stato mica vuoi di'

che ora avete una storia."

Sedute sui loro motorini, fumano sigarette troppo forti,

cercando di darsi un tono e qualche anno in più.

"Che c'entra, i suoi amici mi hanno detto che lui non chia-

ma mai di solito."

"Perché, a te ti ha chiamata?"

"Sì!"

"Be', magari ha sbagliato numero."

"Due volte?"

Sorride, felice di aver messo a tacere l'amica dalla battuta

facile, che comunque non si perde d'animo.

"Degli amici non ti puoi mai fidare. Hai visto che facce?"

Vicino a loro, con le moto potenti come i loro muscoli, Pol-

lo, Lucone, Hook, il Siciliano, Bunny, Schello e tanti altri an-

cora. Nomi improbabili dalle storie difficili. Non hanno un la-

voro fisso. Alcuni neanche troppi soldi in tasca, ma si diverto-

no e sono amici. Questo basta. In più amano litigare, e quello

non manca mai. Fermi lì, a piazza Jacini, seduti sulle loro Har-

ley, su vecchie 350 Four dalle quattro marmitte originali, o con

la classica quattro in uno, dal rumore più potente. Sognate, so-

spirate e infine ottenute, grazie a estenuanti preghiere, dai lo-

ro genitori. Oppure con il sacrificio delle tasche sfortunate di

un giovane farlocco che ha lasciato il portafoglio nel cassetti-

nò di qualche Scarabeo o nella tasca interna di un Henri Lloyd

fin troppo facile da ripulire durante la ricreazione.

Statuali e sorridenti, la battuta facile, le mani tozze con

qualche segno, ricordo di una rissa. John Milius sarebbe an-

dato pazzo per loro.

Le ragazze, più silenziose, sorridono, quasi tutte scappa-

te da casa, inventando un dormire tranquillo da un'amica,

che invece siede lì vicino a loro, figlia della stessa bugia.

Gloria, una ragazza con i fuseaux blu e la maglietta dello

stesso colore con piccoli cuoricini celesti, mostra uno splen-

dido sorriso.

"Ieri mi sono divertita un mondo con Dario. Abbiamo fe-

steggiato sei mesi che stiamo insieme."

Sei mesi, pensa Maddalena. A me ne basterebbe uno solo...

Madda sospira, poi riprende a sognare nelle parole dell'a-

mica.

"Siamo stati a mangiare una pizza da Baffetto."

"Ma dai, ci sono andata pure io."

"A che ora?"

"Mah... saranno state le undici."

Odia quell'amica che interrompe il racconto. C'è sempre

qualcuno o qualcosa che disturba i tuoi sogni.

"Ah, no, eravamo già andati via."

"Insomma, volete stare a sentire?"

Un unico "sì" esce da quelle bocche dagli strani sapori di

lucidalabbra alla frutta o rossetti rubati a commessi distratti,

a bagni materni più ricchi di tante piccole profumerie.

"A un certo punto arriva il cameriere e mi porta un maz-

zo di rose rosse enorme. Dario sorride, mentre tutte le ra-

gazze lì in pizzeria mi guardano commosse e anche un po'

invidiose."

Quasi si pente di quella frase, accorgendosi di rivedere in-

torno a lei quegli stessi sguardi.

"Mica per Dario... Per le rose!"

Una sciocca risata le unisce di nuovo tutte.

"Poi mi ha dato un bacio sulle labbra, mi ha preso la ma-

no e mi ha infilato questo."

Mostra alle amiche un sottile anello con una piccola pie-

tra celeste, dai riflessi allegri quasi come quelli dei suoi occhi

innamorati. Versi di stupore e un "Bellissimo!" accolgono quel

semplice anello.

"Poi siamo andati a casa mia e siamo stati insieme. I miei

non c'erano, è stato favoloso. Ha messo il cd di Cremonini, mi

fa impazzire. Poi ci siamo stesi in terrazzo sotto il piumone a

guardare le stelle."

"Ce n'erano tante?" Maddalena è senz'altro la più roman-

tica del gruppo.

"Tantissime!"

Poco più in là, una diversa versione.

"Hei, ma ieri sera eri sempre staccato..."

Hook. Una benda sull'occhio, fissa. I capelli boccoluti e lun-

ghi, leggermente sbionditi in punta, gli danno un'aria da an-

gioletto, se non fosse per la sua fama, roba da inferno.

"Allora, si può sapere cosa hai fatto ieri sera?"

"Ma niente. Sono andato a mangiare da Baffetto con Glo-

ria e poi, siccome non c'erano i suoi, siamo andati a casa sua

e abbiamo fatto roba. Al solito, niente di speciale... Piuttosto

avete visto come hanno rifatto il Panda?"

Bario cerca di cambiare discorso. Ma Hook non molla.

"Ogni tre, quattro anni li rifanno tutti i locali... Piuttosto,

come mai non ci avete chiamato?"

"Siamo usciti senza pensarci, così, all'improvviso."

"Che strano, tu non fai quasi mai nulla così all'improvviso."

Il tono non promette niente di buono. Gli altri se ne ac-

corgono. Pollo e Lucone smettono di giocare a calcio con una

lattina acciaccata. Si avvicinano sorridenti. Schello da un tiro

più lungo alla sigaretta, e fa il suo solito ghigno.

"Sapete ragazzi, ieri Gloria e Bario facevano sei mesi e lui

ha voluto festeggiare da solo."

"Non è vero."

"Come no? Ti hanno visto a mangiare la pizzetta. Ma è ve-

ro che vuoi metterti in proprio?"

"Sì, dicono che vuoi fare il fioraio."

"Uau!" Tutti cominciano a dargli pacche e botte sulla schie-

na, mentre Hook lo prende con il braccio intorno al collo e con

il pugno chiuso gli friziona forte la testa.

"Tenerone lui..."

"Ahia! Lasciatemi..."

E tutti gli altri addosso, ridendo come matti, soffocandolo

quasi con i loro muscoli anabolizzati. Poi Bunny, mostrando i

due grossi denti davanti che gli hanno regalato quel sopran-

nome, grida senza smentirsi: "Prendiamo Gloria".

Le Ali Star celesti, con la piccola stella rossa che centra il

rotondo di gomma sulla caviglia, scendono dalla Vespa e toc-

cano agilmente terra. Gloria fa solo due passi di corsa, ma vie-

ne subito sollevata dalla presa del Siciliano. I capelli biondi di

lei fanno uno strano contrasto con l'occhio scuro del Sicilia-

no, con il suo sopracciglio cucito malamente, con quel naso

schiacciato e morbido, privato del fragile osso da un bel di*

retto, qualche mese prima, nella cantina della Fiermonti.

"Lasciami, dai, smettila."

Subito Schello, Pollo e Bunny gli sono intorno e fingono

di aiutarlo a lanciare in aria quei cinquantacinque chili ben di-

stribuiti, stando attenti a mettere le mani nei posti giusti.

"Smettetela, dai."

Anche le altre ragazze si avvicinano al gruppo.

"Lasciatela stare."

"Hanno fatto gli infamoni, invece di festeggiare con noi?

Be', li festeggiamo adesso, a modo nostro."

Lanciano Gloria di nuovo in alto, ridendo e scherzando.

Dario, anche se è un po' più piccolo degli altri e regala ro-

se, si fa largo a spintoni. Prende per mano Gloria proprio men-

tre ridiscende, portandosela dietro le spalle.

"Adesso basta, piantatela."

"Perché sennò?"

Il Siciliano sorride e si piazza davanti a lui allargando le

gambe. I jeans leggermente più chiari sui grossi quadricipiti si

tendono. Gloria, appoggiata alla spalla di Dario, spunta per

metà. Fino a quel momento ha trattenuto le lacrime, ora trat-

tiene anche il fiato.

"Sennò che fai?"

Dario guarda il Siciliano negli occhi.

"Levati, che cazzo vuoi, stai sempre a fare il coglione."

Dalle labbra del Siciliano scompare il sorriso.

"Che hai detto?"

La rabbia gli fa muovere i pettorali. Dario stringe i pugni.

Un dito nascosto fra gli altri scrocchia con un rumore sordo.

Gloria socchiude gli occhi, Schello rimane con la sigaretta pen-

zolante nella bocca aperta. Silenzio. Improvvisamente un rug-

gito rompe l'aria. La moto di Step arriva rumorosa. Piega in

fondo alla curva e si tira su veloce, frenando poco dopo in mez-

zo al gruppo.

"Be', che si fa di bello?"

Gloria finalmente sospira. Il Siciliano guarda Dario.

Un leggero sorriso sposta ad altro tempo la questione.

"Niente, Step, si chiacchiera troppo e non si fa mai un po'

di movimento."

"Hai voglia di sgranchirti un po'?"

II cavalletto scatta come un coltello a serramanico e si pian-

ta in terra. Step salta giù e si sfila il giubbotto.

"Si accettano concorrenti."

Passa vicino a Schello e, abbracciandolo, gli toglie di ma-

no la Heineken che ha appena aperto.

"Ciao, Sche'."

"Ciao."

Schello sorride, felice di essere suo amico, un po' meno di

non avere più la birra.

Quando il viso di Step torna giù da un lungo sorso, i suoi

occhi incontrano Maddalena.

"Ciao."

Le morbide labbra di lei, leggermente rosate e pallide, si

muovono appena, pronunciando quel saluto a bassa voce. I

piccoli denti bianchi, tutti pari, si illuminano, mentre gli oc-

chi verdi, bellissimi, cercano di trasmettere tutto il suo amo-

re, inutilmente. È troppo. Step le si avvicina, guardandola

negli occhi. Maddalena lo fissa, incapace di abbassare lo

sguardo, di muoversi, di fare qualunque cosa, di fermare quel

piccolo cuore, che, come impazzito, suona un "a solo" alla

Clapton.

"Tienimi questo."

Si sfila il Daytona con il cinturino d'acciaio e lo lascia nel-

le sue mani. Maddalena lo guarda allontanarsi, poi stringe l'o-

rologio portandoselo vicino all'orecchio. Sente quel leggero

ronzio, lo stesso che ha ascoltato qualche giorno prima sotto

il suo cuscino, mentre lui dormiva e lei ha vissuto, passando

minuti in silenzio, a fissarlo. Allora però, il tempo era sembrato

fermarsi.

Step si arrampica agilmente sulla tettoia sopra Lazzareschi

passando sul cancello del cinema Odeon.

"Allora, chi viene? Che, vi ci vogliono gli inviti scritti?"

Il Siciliano, Lucone e Pollo non si fanno pregare. Uno do-

po l'altro, come scimmie con al posto del pelo giubbotti Avi-

rex, scalano con facilità il cancello. Arrivano tutti sulla tettoia,

per ultimo Schello, già piegato in due per riprendere fiato.

"Oh, io sono già distrutto, faccio l'arbitro" e da un sorso al-

la Heineken che è miracolosamente riuscito a non rovesciare

nella faticosa salita, per gli altri un gioco da ragazzi, per lui

un'impresa alla Messner.

Le sagome si stagliano nella penembra della notte.

"Pronti?" Schello urla alzando la mano veloce. Uno schiz-

zo di birra raggiunge lì sotto Valentina, una bella brunetta con

la coda alta, che si è messa da poco con Gianlu, un tipo basso

figlio di un ricco cravattaio.

"Cazzo!" le esce, creando un buffo controsenso con il suo

viso elegante. "Stai attento,no?"

Le altre ridono, asciugandosi gli spruzzi che le hanno rag-

giunte.

Quasi tutti insieme, una decina di corpi muscolosi e alle-

nati si preparano sulla tettoia. Le mani avanti e parallele, le

facce tese, i petti gonfi.

"Via! Uno!" urla Schello, e tutte le braccia si piegano, sen-

za fatica. Silenziosi e ancora freschi, raggiungono il freddo

marmo, non fanno in tempo a tornare su. "Due!" Giù di nuo-

vo, più veloci e decisi. "Tre!"

Ancora, come prima, più forte di prima. "Quattro!" Le lo-

ro facce, smorfie quasi surreali, i loro nasi, con delle piccole

grinze, vanno giù contemporaneamente. Scendono veloci, con

facilità, raggiungono quasi terra e poi di nuovo su. "Cinque!"

urla Schello dando un ultimo sorso alla lattina e lanciandola

in aria. "Sei!" Con una sforbiciata precisa la colpisce. "Sette!"

La lattina vola in alto. Poi, come lenta palomba, prende in pie-

no la Vespa di Valentina.

"Cazzo, ma allora sei proprio stronzo, io me ne vado." Le

amiche scoppiano a ridere.

Gianluca, il suo ragazzo, smette di fare le flessioni e salta

giù dalla tettoia.

"No, dai Vale, non fare così."

La prende fra le braccia e cerca di fermarla, riuscendoci

con un bacio morbido che interrompe le sue parole.

"Va bene, però digli qualcosa a quello."

"Otto!" Schello balla sulla tettoia muovendo allegro le mani.

"Ragazzi, già uno, con la scusa che la donna s'è incazzata,

ha mollato. Ma la gara continua."

"Nove!" Tutti ridono e, leggermente più accaldati, scendo-

no. Gianluca guarda Valentina.

"Che vuoi dirgli a uno così?" Le prende la faccia fra le ma-

ni. "Tesoruccio, perdonalo, non sa quello che fa." Mostrando

una discreta conoscenza religiosa ma una pessima pratica, vi-

sto che appoggiato alla Vespa di Valentina comincia a pacca-

re con lei, davanti alle altre ragazze.

La voce grossa del Siciliano con quell'accento particolare

del suo paese che gli ha dato, oltre alla pelle olivastra, anche il

soprannome, echeggia nella piazza.

"A Sche', aumenta un po', mi sto addormentando."

"Dieci!"

Step scende facilmente. La corta maglietta azzurra gli sco-

pre le braccia. I muscoli sono gonfi. Nelle vene il cuore pulsa

potente, ma ancora lento e tranquillo. Non come allora. Quel

giorno il suo giovane cuore aveva cominciato a battere veloce,

come impazzito.

4.

Due anni prima. Zona Fleming.

Un pomeriggio qualsiasi, se non per la sua Vespa nuova di

zecca, in rodaggio, non ancora truccata. Step la sta provando,

passa davanti al Caffè Fleming quando si sente chiamare:

"Stefano, ciao!".

Annalisa, una bella biondina che ha conosciuto al Piper, gli

viene incontro. Stefano si ferma.

"Che fai da queste parti?"

"Niente, sono andato a studiare da un mio amico e ora sto

tornando a casa."

È un attimo. Qualcuno alle sue spalle gli sfila il cappello.

"Ti do dieci secondi per andartene di qui."

Un certo Poppy, un tipo grosso più grande di lui, gli sta da-

vanti. Ha il suo cappello fra le mani. È di moda quel cappello.

A Villa Flaminia ce l'hanno tutti. Colorato, fatto a mano, dai

ferri di qualche ragazza. Quello lì gliel'ha regalato sua madre,

prendendo il posto di quella ragazza che ancora non ha.

"Hai sentito? Vattene."

Annalisa si guarda intorno e, capendo, si allontana. Stefa-

no scende dalla Vespa. Il gruppo di amici gli si avvicina. Si pas-

sano il cappello ridendo, fino a quando finisce in mano a Poppy.

"Ridammelo!"

"Avete sentito? È un duro. Ridammelo!" lo imita facendo

ridere tutti. "Sennò che fai eh? Mi dai una stecca? Dai, dam-

mela eh? Su dai."

Poppy si avvicina con le mani basse, portando la testa al-

l'indietro. Con la mano senza cappello gli indica il suo mento.

"Dai, colpiscimi qui."

Stefano lo guarda. Per la rabbia non vede più niente. Fa

per colpirlo, ma appena muove il braccio viene bloccato da die-

tro. Poppy passa al volo il cappello a uno lì vicino e gli sferra

un pugno sull'occhio destro aprendogli il sopracciglio. Poi quel

bastardo che lo ha bloccato da dietro lo spinge avanti, verso la

saracinesca del Caffè Fleming che, visto l'andazzo, ha chiuso

prima del previsto. Stefano sbatte con il petto contro la ser-

randa, facendo un gran botto. Gli arriva subito una scarica di

pugni sulla schiena, poi qualcuno lo gira. Si ritrova intontito

contro la serranda. Prova a coprirsi, ma non ci riesce. Poppy

gli mette le mani dietro al collo e reggendosi ai tubi di ferro

della saracinesca lo tiene fermo. Comincia a dargli delle ca-

pocciate. Stefano cerca di ripararsi come può, ma quelle ma-

ni lo bloccano, non riesce a levarselo di dosso. Sente il sangue

scendere dal naso e una voce femminile che grida:

"Basta, basta, smettetela, così l'ammazzate!".

Dev'essere Annalisa, pensa. Stefano prova a scalciare, ma

le gambe non riescono a muoversi. Sente solo il rumore dei

colpi. Non fanno quasi più male. Poi arrivano degli adulti, al-

cuni passanti, la proprietaria del bar. "Via, andate via." Allon-

tanano quei ragazzi strattonandoli, tirandoli per le magliette,

per i giubbotti, levandoglieli di dosso. Stefano si accascia len-

tamente, poggia la schiena contro la serranda, finisce seduto

sul gradino. La sua Vespa è lì davanti, a terra come lui. Forse

il cofanetto laterale si è ammaccato. Peccato! Ci stava sempre

attento, quando usciva dal portone.

"Stai male, ragazzo?" Una bella signora si avvicina al suo

viso. Stefano fa segno di no con la testa. Il cappello di sua ma-

dre è lì per terra. Annalisa è andata via con gli altri. Mamma,

però il tuo cappelletto ce l'ho ancora.

"Tieni, bevi." Qualcuno arriva con un bicchiere d'acqua,

"Mandalo giù lentamente. Che disgraziati, gentaccia di strada,

ma io lo so chi è stato, sono sempre gli stessi. Quei perditem-

po che stanno ogni giorno qui al bar."

Stefano beve l'ultimo sorso, ringrazia sorridendo un signore

lì vicino che si riprende il bicchiere vuoto. Sconosciuti. Prova

ad alzarsi, ma le gambe per un attimo sembrano cedergli. Qual-

cuno se ne accorge e si butta subito in avanti per sorreggerlo.

"Ragazzo, sei sicuro di sentirti bene?"

"Sto bene, grazie. Veramente."

Stefano si batte sui calzoni. Della polvere vola via dalle gam-

be. Si asciuga il naso con il maglione ormai sbrindellato e fa

un lungo respiro. Si rimette il cappello e accende la Vespa.

Un fumo bianco e denso esce con grande rumore dalla mar-

mitta. È ingolfata. Lo sportelletto laterale destro vibra più del

solito. È ammaccato. Poi mette la prima e mentre gli ultimi si-

gnori si allontanano lascia lentamente la frizione. Senza vol-

tarsi va giù per la discesa.

Ricordi.

Poco più tardi, a casa. Stefano apre piano la porta e prova

a raggiungere la sua camera senza farsi sentire, passando per

il salotto. Ma il parquet è traditore: scricchiola.

"Sei tu, Stefano?"

La sagoma di sua madre compare sulla porta dello studio.

"Sì mamma, vado a letto."

La madre avanza un poco. "Sei sicuro di sentirti bene?"

"Ma sì mamma, sto benissimo."

Stefano cerca di raggiungere il corridoio, ma la madre è

più veloce di lui. L'interruttore del salotto scatta, illuminan-

dolo. Stefano si ferma, come immortalato da una fotografia.

"Dio mio! Giorgio, presto, vieni qui!" Il padre accorre, men-

tre la mano della madre si avvicina timorosa all'occhio di Ste-

fano.

"Che ti è successo?"

"Ma niente, sono caduto dalla Vespa."

Stefano si ritrae. "Ahi, mamma, mi fai male."

Il padre guarda le altre ferite sulle braccia, i vestiti strap-

pati, il cappello sporco.

"Di' la verità, ti hanno picchiato?"

Suo padre è sempre stato un tipo attento ai particolari. Ste-

fano racconta più o meno come si sono svolti i fatti e natural-

mente la madre, senza capire che a sedici anni ci possono es-

sere già delle regole: "Ma perché non gli hai dato il cappello?

Te ne avrei fatto un altro...".

Mentre il padre abbandona i particolari per passare a qual-

cosa di più grosso: "Stefano, di' la verità, la politica non c'en-

tra, vero?".

È stato chiamato il medico di famiglia, il quale gli ha dato

la classica aspirina e lo ha mandato a dormire. Prima di ad-

dormentarsi, Stefano decide: nessuno gli metterà mai più le

mani addosso. Mai più senza uscirne malconcio.

Al bancone della segreteria c'è una donna con i capelli di

un rosso carico, il naso un po' lungo e gli occhi sporgenti. Non

è certo una bellezza.

"Ciao, ti devi iscrivere?"

"Sì."

"Be', sì, ti può far comodo" dice accennando al suo occhio

ancora un po' pesto e prende una scheda da sotto il tavolo. Non

è neanche simpatica.

"Nome?"

"Stefano Mancini."

"Età?"

"Diciassette, a luglio, il 21."

"Via?"

"Francesco Benziacci, 39." Poi aggiunge: "3.2.9.27.14", pre-

cedendo così la domanda successiva. La donna alza il viso.

"Il telefono, no? Solo per la scheda..."

"Non certo per andare a giocare a videopoker."

Gli occhi sporgenti lo fissano per un attimo, poi finiscono

di compilare la scheda.

"Sono centoquarantacinque euro, cento per l'iscrizione e

quarantacinque ogni mese."

Stefano mette i soldi sul bancone.

La donna li infila in una sacchetta con la zip che richiude

nel primo cassetto, poi, dopo aver poggiato un timbro su una

spugnetta imbevuta di inchiostro, da un colpo deciso alla tes-

sera. Budokan.

"Si paga all'inizio di ogni mese. Lo spogliatoio è al piano

di sotto. Chiudiamo la sera alle nove."

Stefano si rimette il portafoglio in tasca, con la nuova tes-

sera nello scomparto laterale e centoquarantacinque euro in

meno.

"Tocca, tocca qua, è ferro. Ma che dico, acciaio!" Lucone,

un tipo tozzo e basso dalla faccia simpatica, mostra un bicipi-

te grosso ma poco definito.

"Ancora parli? Roba che se ti buco con uno spillo ti faccio

sparire."

Pollo si batte sulla spalla, facendo rumore. "Questa è roba

vera: sudore, fatica, bistecche, quella che hai addosso tu è tut-

ta acqua."

"Ma se sei un bambino, sei minuscolo."

"Intanto di panca ho appena staccato con centoventi! Quan-

do cazzo li fai tu?"

"Subito. Ma che, stai scherzando? Ne faccio due come nien-

te, stai a guardare, eh?"

Lucone si infila sotto il bilanciere. Allarga le braccia, im-

pugna la lunga asta e la tira su, deciso. Scende lentamente e,

guardando il bilanciere a pochi centimetri dal mento, da una

grande spinta, sforzando i pettorali. "Uno!" Poi, sempre con-

trollandolo, scende con il bilanciere, lo poggia sul petto e spin-

ge di nuovo su. "Due! E se voglio lo posso fare anche con più

peso."

Pollo non se lo fa ripetere due volte: "Davvero? Allora pro-

va con questa".

Prima che Lucone possa posare il bilanciere sui cavalietti,

infila una piccola pizza laterale da due chili e mezzo. Il bilan-

ciere comincia a piegarsi verso destra. "Ehi, che cazzo fai? Sei

scemo...?"

Lucone cerca di trattenerlo, ma piano piano il bilanciere

comincia a scendere. I muscoli lo abbandonano. Il bilanciere

di botto gli cade sul petto, pesantemente.

"Cazzo, levamelo di dosso, sto soffocando."

Pollo ride come un pazzo: "Che ci vuole, posso farlo anche

con due pizze in più. Allora? Te n'ho messa una sola e già stai

così? Stai proprio a pezzi, eh? Spingi, dai, spingi..." gli urla

quasi in faccia... "E spingi!" E giù risate.

"Me lo vuoi togliere di dosso, dai!" Lucone è diventato com-

pletamente paonazzo, un po' per la rabbia, un po' perché sta

davvero soffocando.

Due ragazzi più piccoli, alle prese con una macchina lì vi-

cino, si guardano, indecisi sul da farsi. Vedendo che Lucone

comincia a tossire e che facendo sforzi bestiali non riesce a le-

varsi quel bilanciere di dosso, decidono di aiutarlo.

Pollo è disteso per terra, a pancia sotto. Ride come un paz-

zo, battendo le mani sul legno del pavimento. A un tratto si gi-

ra di nuovo verso Lucone, con le lacrime agli occhi, ma lo vede

lì, in piedi davanti a lui. I due ragazzi lo hanno liberato.

"Oh! Come cazzo hai fatto?"

Pollo si da subito alla fuga, ancora ridendo e inciampando

su un bilanciere. Lucone, tossendo, lo insegue.

"Fermo, ti sfondo, ti ammazzo. Ti do una pizza in testa e

ti faccio diventare ancora più nano di quello che sei."

Si inseguono furiosamente per tutta la palestra. Girando

intorno alle macchine, fermandosi dietro colonne, ripartendo

improvvisamente. Pollo, nel tentativo di fermare l'amico, gli ti-

ra addosso alcuni manubri. Delle pizze di gomma rimbalzano

pesantemente a terra, schivate da Lucone che non si ferma di

fronte a nulla. Pollo imbocca la scala che porta allo spoglia-

toio femminile. Passando di corsa urta una ragazza che fini-

sce contro la porta, aprendola. Tutte le altre, nude, che si stan-

no cambiando per la lezione di aerobica, iniziano a gridare co-

me pazze. Lucone si ferma sugli ultimi scalini, estasiato di fron-

te a quel panorama di morbide colline, umane e rosate. Subi-

to Pollo torna indietro.

"Cazzo, non ci credo, questo è il paradiso..."

"Andate all'inferno!"

Una ragazza leggermente più coperta delle altre corre ver-

so la porta sbattendogliela in faccia. I due amici rimangono

per un attimo in silenzio.

"Hai visto quella in fondo a destra, che tette che aveva?"

"Perché la prima a sinistra... Il culo di quella lo butti via?"

Pollo prende l'amico sottobraccio, scuotendo la testa. "Ro-

ba da non crederci, eh? No che non lo butto via... Mica sono

frocio come te!"

Così, dopo quella breve pausa erotica, riprendono a rin-

corrersi.

Stefano apre il foglio della sua scheda, gliel'ha data Fran-

co, l'istruttore della palestra.

"Comincia con quattro serie di aperture, su quella panca.

Prendi dei pesi da cinque chili, ti devi allargare e aprire un po'

ragazzo. Più metti delle basi grosse e più ci potrai costruire so-

pra." Stefano non se lo fa ripetere.

Si distende sulla panca arcuata e comincia. Le spalle gli

fanno male, quei pesi sembrano enormi; fa degli esercizi late-

rali, scende fino a toccare terra, e di nuovo su. Poi dietro la te-

sta. Di nuovo. Quattro serie da dieci, ogni giorno, ogni setti-

mana. Dopo le prime settimane, già sta meglio, le spalle non

gli fanno più male, le braccia si sono leggermente ingrossate.

Comincia a crescergli il petto, anche le gambe si sono rinfor-

zate. Cambia alimentazione. La mattina un frullato con pro-

teine in polvere, un uovo, latte, fegato di merluzzo. A pranzo

poca pasta, una bistecca al sangue, lievito di birra e germe di

grano. La sera in palestra. Sempre. Alternando gli esercizi, la-

vorando un giorno alla parte di sopra e un altro a quella di sot-

to. I muscoli sembrano impazziti. Riposano, da buoni cristia-

ni, solo la domenica. Il lunedì si riprende. Qualche chilo in

più, settimana dopo settimana, passo dopo passo, per questo

è stato soprannominato Step. È diventato amico di Pollo e Lu-

cone e di tutti gli altri della palestra.

Un giorno, sono passati due mesi, entra il Siciliano.

"Be', chi se le fa un po' di flessioni con me?"

Il Siciliano è uno dei primi soci del Budokan. È grosso e

potente, nessuno vuole gareggiare con lui.

"Cazzo, mica vi ho invitati a fare una rapina, ho detto so-

lo facciamo un po' di flessioni."

Pollo e Lucone hanno continuato ad allenarsi in silenzio.

Con il Siciliano finisci sempre per litigare. Se perdi ti sfotte al-

l'infinito, se vinci, be', non si sa cosa ti potrebbe succedere. A

nessuno è mai capitato di battere il Siciliano.

"Allora, non c'è nessuno in questa palestra di merda che

vuoi fare qualche flessione con me?"

Il Siciliano si guarda intorno.

"Ci sono io."

Si gira. Step è davanti a lui, il Siciliano lo guarda dalla te-

sta ai piedi.

"Okay, andiamo di là."

Entrano in una piccola stanza. Il Siciliano si toglie la fel-

pa sfoderando pettorali enormi e braccia ben proporzionate.

"Allora, sei pronto?"

"Quando vuoi."

Il Siciliano si mette giù. Step di fronte a lui. Cominciano a

fare flessioni. Step resiste quanto può. Alla fine, distrutto, crol-

la a terra. Il Siciliano ne fa altre cinque veloci, poi si tira su, da

una pacca a Step.

"Bravo, ragazzo, non vai male. Le ultime le hai fatte tutte

con questa" e gli da amichevolmente un frontino. Step sorri-

de, non l'ha sfottuto. Tutti tornano ai loro esercizi. Step si mas-

saggia i muscoli indolenziti delle braccia. Non c'è stata storia:

il Siciliano è molto più forte di lui, è ancora troppo presto.

5.

Quel giorno. Solo otto mesi dopo.

Poppy e i suoi amici sono davanti al Caffè Fleming, ridono

e scherzano bevendo birra. Qualcuno mangia della pizza rossa,

ancora fumante, leccandone gli angoli laterali per bloccare il

pomodoro che cola. Qualcun altro fuma una sigaretta. Alcune

ragazze ascoltano divertite il racconto di un tipo che gesticola

troppo, parlando della lite con il suo principale: è stato licen-

ziato, ma finalmente s'è tolto una soddisfazione. Gli ha rotto

tutte le bottiglie del locale, la prima poi in modo particolare.

"Sapete che ho fatto? Mi aveva talmente rotto i coglioni che

invece del preavviso gli ho dato una bottigliata in testa."

Anche Annalisa è lì. La sera della rissa non ha chiamato

Stefano, non l'ha più cercato. Ma non importa. Step non è ti-

po da soffrire di solitudine. Da allora non ha avuto più notizie

di nessuno di loro. Quindi, un po' preoccupato, quel giorno, è

andato lui a cercarli.

"Poppy, amico mio, come stai?"

Poppy guarda quel tipo sconosciuto che gli viene incontro.

Ha qualcosa di familiare, quegli occhi, il colore dei capelli, i trat-

ti del viso, ma proprio non si ricorda. È ben piazzato, ha brac-

cia grosse e un bel torace. Step, vedendo il suo sguardo interro-

gativo, gli sorride, cercando di metterlo a suo agio.

"È un sacco di tempo che non ci vediamo, eh? Come ti va?"

Step passa il braccio dietro le spalle di Poppy, amichevol-

mente.

Il Siciliano, Pollo e Lucone, felicissimi di accompagnarlo,

si mettono in mezzo al gruppo. Annalisa sta ancora sorriden-

do, quando incontra lo sguardo di Step. È l'unica a ricono-

scerlo. Il sorriso piano piano le scompare dalle labbra. Step

smette di guardarla e si dedica totalmente al suo amico Poppy,

che continua a fissarlo perplesso.

"Scusa, ma in questo momento proprio non mi ricordo."

"Ma come!" Step gli sorride tenendolo sempre abbracciato,

come due vecchi amici che non si vedono da troppo tempo. "Mi

fai rimanere male. Aspetta. Forse ti ricordi di questo." Tira fuo-

ri dalla tasca dei jeans il cappello. Poppy guarda quel vecchio

copricapo di lana, poi la faccia sorridente di quel tipo tozzo che

lo tiene abbracciato. I suoi occhi, quei capelli. Ma certo. È quel

pischello che lui ha menato un sacco di tempo prima.

"Cazzo!" Poppy prova a sfilarsi da sotto il braccio di Step,

ma la mano di lui lo prende fulminea per i capelli, bloccan-

dolo.

"Memoria corta, eh? Ciao Poppy." E tirandolo a sé gli da

una capocciata bestiale che gli spacca il naso. Poppy si china

in avanti, portandosi il viso fra le mani. Step gli da un calcio

in faccia, con tutta la sua forza. Poppy salta quasi all'indietro,

finisce contro la serranda con un rumore di ferro.

Subito Step gli è sopra, prima che ricada lo blocca con una

mano alla gola. Con il destro gli sferra una serie di pugni, col-

pendolo dall'alto verso il basso, sulla fronte, aprendogli il so-

pracciglio, spaccandogli il labbro.

Fa un passo indietro e gli molla un calcio dritto per dritto

in piena pancia levandogli il respiro.

Qualcuno degli amici di Poppy prova a intervenire, ma il

Siciliano lo blocca subito. "Buono, calma, stai buono al tuo po-

sto eh?"

Poppy è per terra, Step lo riempie di calci sul petto, in pan-

cia. Poppy prova a chiudersi a riccio, coprendosi la faccia, ma

Step è inesorabile. Colpisce dovunque trovi uno spazio, poi co-

mincia a pestarlo da sopra. Alza la gamba e sferra un calcio

con il tacco. Secco, con forza, sull'orecchio, che si taglia subi-

to, sui muscoli delle gambe, sui fianchi, quasi saltandoci so-

pra, con tutto il suo peso. Poppy, strisciando a ogni colpo, muo-

vendosi a scatti, pronuncia un pietoso: "Basta, basta, ti pre-

go!", quasi tossendo per il sangue che dal naso gli scorre di-

rettamente in gola e sputacchiando quel po' di saliva che gli

cola dal labbro ormai completamente aperto e sanguinante.

Step si ferma. Recupera il fiato saltellando sulle gambe, guar-

dando il suo nemico a terra, fermo, finito. Poi si gira di scatto

e si avventa su un biondino alle sue spalle. È quello che otto

mesi prima lo aveva bloccato da dietro. Lo colpisce con il go-

mito in piena bocca, andandogli addosso con tutto il peso del

corpo. Al tipo saltano tre denti. I due finiscono a terra. Step gli

punta le ginocchia sulle spalle. Bloccandolo, comincia a tem-

pestargli la faccia di pugni. Poi lo prende per i capelli sbat-

tendogli la testa per terra, con violenza. All'improvviso due

braccia forti lo bloccano. È Pollo. Da sotto le ascelle lo tira su:

"Dai Step, basta, andiamo, lo stai massacrando".

Anche il Siciliano e Lucone gli vanno vicino. Il Siciliano ha

già avuto qualche problema più degli altri.

"Sì, andiamo, è meglio. Magari qualche stronzo ha chia-

mato la pula."

Step riprende a respirare normalmente, fa un mezzo giro

davanti agli amici di Poppy che lo guardano in silenzio. "Pez-

zi di merda!" E sputa su uno che sta lì vicino con un bicchie-

re di Coca-Cola in mano, colpendolo in piena faccia. Passa da-

vanti ad Annalisa e le sorride. Lei cerca di ricambiare, un po'

impaurita, senza capire bene cosa fare. Muove appena il lab-

bro superiore e ne esce fuori una strana smorfia. Step e gli al-

tri montano sui loro Vesponi e si allontanano. Lucone guida

come un pazzo, con dietro il Siciliano, urlano tutti e due, pie-

gando su e giù, padroni della strada. Poi affiancano Pollo, con

dietro Step.

"Cazzo, quella biondina te la potevi fare... Quella ci stava."

"Come sei esagerato, Lucone. Devi sempre fare tutto in-

sieme. Con calma, no? Bisogna saper aspettare. C'è un tempo

per tutto."

Quella sera Step va a casa di Annalisa e segue il consiglio

di Lucone. Più volte. Lei rimpiange di non averlo chiamato pri-

ma, giura che le dispiace, che avrebbe voluto farlo, ma che ha

avuto un sacco di cose da fare. Nei giorni seguenti Annalisa lo

chiama spesso. Step è così occupato che non riesce a trovare

il tempo neanche per rispondere al telefono.

6.

Una ragazza che abita lì vicino accende una radio portati-

le, il classico "bambino". "Centonove!"

Schello, ormai ubriaco, saltella sulla tettoia e ballando nel-

le sue Clark di pelle, sudate e senza lacci, fa un tentativo di break.

Va male. "Yahooo!" batte le mani con forza. "Centodieci."

"Attenzione, diamo la graduatoria dei più sudati. Al nu-

mero uno troviamo il Siciliano. Vistose macchie sotto le ascel-

le e sulla schiena, sembra una fontana. Centoundici."

Step, Hook e il Siciliano fanno uno sforzo incredibile. Ar-

rivano tutti e tre su, stremati, rossi e ansimanti.

"Nella nostra Hit Sudate al numero due c'è Hook. Come

potete ben vedere, la splendida maglietta Ralph Lauren ha cam-

biato colore. Ora direi che è di un verde scolorito, o meglio,

verde fradicio."

Schello, agitando i pugni vicino al petto, segue con la testa

il nuovo pezzo che il dj alla radio ha annunciato come succes-

so dell'anno: Sere nere. Fa una giravolta e continua:

"Centododici! E naturalmente l'ultimo è Step... Quasi per-

fetto, capello leggermente spettinato, anche se è talmente cor-

to che non si vede...". Schello si china per guardarlo meglio,

poi si tira su di scatto portandosi le mani al volto.

"Incredibile, ho visto una goccia di sudore, ma vi assicuro,

era una sola! Centotredici!"

Step va giù, sente gli occhi bruciargli. Alcune gocce di su-

dore gli scivolano lungo le tempie e si spezzano fra le ciglia,

spargendosi come un collirio fastidioso. Chiude gli occhi, sen-

te le spalle indolenzite, le braccia gonfie, le vene pulsanti,

spinge in avanti e lentamente sale di nuovo. "Sìììì! !" Step guar-

da lateralmente. Anche il Siciliano ce la sta facendo. Disten-

de completamente le braccia raggiungendolo. Manca solo

Hook.

Step e il Siciliano guardano il loro amico-nemico salire tre-

34

mando e sbuffando, centimetro dopo centimetr», attimo

attimo, mentre le urla da sotto aumentano: "I

"Hook, Hook, Hook...!".

Hook, come paralizzato, all'improvviso si ferma, poi tre-

mante scuote la testa: "No, non ce la faccio più". Rimane per

un attimo immobile, e quello è il suo ultimo pensiero. Cade giù

di botto, facendo appena in tempo a voltare la testa. Sbatte con

tutto il peso il petto sul marmo.

"Centoquattordici!"

Step e il Siciliano vanno giù, veloci, rallentando solo alla

fine della flessione, poi tornano su rapidi, come se avessero ri-

trovato nuova forza, nuove energie. L'essere soli al traguardo.

O primi o niente.

"Centoquindici!" Tornano giù.

Il ritmo aumenta. Come se avesse capito, Schello si azzit-

tisce.

"Centosedici!" Uno dopo l'altro pronuncia solo i numeri.

Veloce. Aspettando che arrivino su per dargli il successivo.

"Centodiciassette!" E di nuovo giù.

"Centodiciotto!" Step aumenta ancora, sbuffando.

"Centodiciannove!" Va giù e di nuovo su, subito dopo. Il Si-

ciliano lo segue, sforzandosi, gemendo, diventando sempre più

rosso.

"Centoventi, centoventuno. Incredibile, ragazzi!" Nessuno

parla più. Sotto regna il silenzio dei grandi momenti.

"Centoventidue." Solo la musica di sottofondo. "Cento-

ventitré..."

Poi il Siciliano si ferma a metà, inizia a urlare, come se

qualcosa dentro di lui lo dilaniasse.

Step, dall'alto della sua flessione, lo guarda. Il Siciliano è

come bloccato. Trema e ansima urlando, ma le sue braccia non

lo vogliono sentire, non lo ascoltano più. Allora fa un ultimo

grido, come una bestia ferita cui venga strappato un pezzo di

carne. Il suo primato. E inesorabilmente, piano piano, comincia

a scendere. Ha perso. Da sotto si alza un grido. Qualcuno apre

una birra: "Sììì, eccolo qua, il nuovo vincitore è Step!".

Schello gli si avvicina festante, ma Step scuote la testa.

Come a comando di quel gesto, nella piazza torna il silen-

zio. Da sotto, alla radio, quasi un segno del destino: un pezzo

di Springsteen, l'm going down. Step sorride dentro di sé, por-

ta la mano sinistra dietro la schiena e poi si abbassa, su una

mano sola, gridando.

Sfiora il marmo, lo guarda con gli occhi sbarrati e poi di

nuovo su, tremando e spingendo solo sulla destra, con tutta la

35

sua forza, con tutta la sua rabbia. Un urlo di liberazione esce

dalla sua gola:

"Sìììì!". Dove non è arrivata la forza, arriva la sua volontà.

Rimane immobile così, steso in avanti, con la fronte alta ver-

so il cielo, come una statua urlante, contro il buio della notte,

la bellezza delle stelle.

"Yahooo!" Schello urla come un pazzo. Nella piazza tutti

esplodono seguendo quel grido, accendono le moto e le Vespe,

suonando i clacson, urlando. Pollo inizia a prendere a calci la

serranda del giornalaio.

Lucone tira una bottiglia di birra contro una vetrina. Le fi-

nestre dei palazzi intorno si aprono. Un allarme lontano co-

mincia a suonare. Vecchie in camicia da notte escono sui bal-

coni, gridano preoccupate: "Che succede?". Qualcuno urla di

fare silenzio. Una signora minaccia di chiamare la polizia. Co-

me per incanto, tutte le moto si muovono. Pollo, Lucone e gli

altri montano in corsa, saltando sui sellini, mentre le marmit-

te fanno fumo bianco. Qualche lattina continua a fare rumo-

re rotolando, le ragazze vanno tutte a casa. Maddalena è an-

cora più innamorata.

Hook affianca Step. "Cazzo, bella sfida, eh?"

"Niente male."

Anche le altre moto si affiancano, occupano tutta la stra-

da, fregandosene di qualche macchina che suona passandogli

accanto veloce. Schello si mette in piedi sul suo Vespone scal-

cagnato. "Ho saputo che c'è una festa sulla Cassia. Al 1130. È

un comprensorio."

"Ma ci faranno entrare?"

Schello li assicura: "Conosco una che sta là".

"E chi è?"

"Francesca."

"Ma che, c'hai avuto una storia?"

"Sì."

"Allora non ci faranno entrare."

Ridendo, scalano quasi tutti insieme. Frenando e sgom-

mando girano a sinistra. Qualcuno pinnando, tutti fregando-

sene del rosso. Poi prendono la Cassia a tutta velocità.

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36

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* V- f/ì »? "*J" e -M J'afojWi fi.ll fff1- .* ,Ì ''f'«" '''

Un caldo appartamento, grandi vetrate dalle quali si vede

l'Olimpica. Bei quadri alle pareti, di certo un Fantuzzi. Quat-

tro casse agli angoli del salotto diffondono un ed ben mixato.

La musica avvolge dei ragazzi che, parlando, battono quasi tut-

ti il tempo.

"Dani, ehi, quasi non ti riconoscevo."

"Non ti ci mettere pure tu, eh?"

"Parlavo del vestito, stai benissimo, sul serio..."

Daniela si guarda la gonna, Giulia già la conosce, c'è ca-

scata per un attimo.

"A Giuli!"

"Be', che ti arrabbi? Sembri la Bonopane, quella bora del-

la terza B che la mattina viene tutta infardata..."

"Come fai a essere sempre così simpatica, eh?"

"È per questo che siamo amiche." *

"Mai detto di essere tua amica!"

Giulia si sporge in avanti.

"Bacino, facciamo pace?"

Daniela sorride. Fa per andare verso di lei quando alle sue

spalle vede Palombi.

"Andrea!"

Lascia perdere la guancia di Giulia, sperando, prima o poi,

di centrare la bocca di lui.

"Come stai?"

Andrea rimane per un attimo incerto. '

"Bene, e tu?" *

"Benissimo."

Si scambiano un bacio frettoloso. Poi lui passa avanti a

salutare qualche amico. Giulia la raggiunge e sorride al suo

fianco.

"Non ti preoccupare, fa il classico public."

Rimangono a guardarlo per un po'. Andrea parla con al-

37

cuni ragazzi, poi si volta verso di lei, la guarda di nuovo e alla

fine sorride. Finalmente ha realizzato.

"Cavoli! E sì che hai esagerato... Non ti aveva proprio ri-

conosciuto."

Babi attraversa il salotto. Alcune ragazze ballano fra loro.

In un angolo, un approssimativo dj, pseudoemulo di dj Fran-

cesco, tenta un rap di scarso successo. Una ragazza balla sca-

tenata, lanciando le braccia in alto.

Babi scuote la testa sorridendo.

"Pallina!"

Un viso leggermente tondo, incorniciato dai lunghi capel-

li castani e uno strano ciuffo laterale, si gira.

"Babi, uauuu!" Corre verso di lei e l'abbraccia baciandola,

sollevandola quasi. "Come stai?"

"Benissimo. Mi avevi detto che non venivi!"

"Sì, lo so, siamo stati a una festa all'Olgiata, ma non sai che

rottura! Stavo con Dema ma siamo scappati subito via. Ecco-

ci qua; perché, non sei felice?"

"Scherzi, felicissima. Hai preparato la lezione di latino?

Guarda che quella domani ti interroga, manchi solo tu per fi-

nire il giro."

"Sì, lo so, ho studiato tutto il pomeriggio, poi sono dovuta

uscire con mia madre, sono andata in centro. Guarda, ho pre-

so questa, ti piace?" E facendo una strana piroetta, più da bal-

lerina che da indossatrice, fa prendere aria a una divertente

tuta di raso blu.

"Molto..."

"Dema mi ha detto che ci sto benissimo..."

"Figurati. Tu sai la mia teoria, no?"

"Ancora? Ma se siamo amici da una vita!"

"E tu lasciami la mia teoria."

"Ciao Babi." Un ragazzo dall'aria simpatica, con dei ricciqti

bruni e la carnagione chiara, si avvicina.

"Ciao Dema, come stai?"

"Benissimo. Hai visto che carina la tuta di Pallina?"

"Sì. A prescindere dalla mia teoria, le sta molto bene." Ba-

bi le sorride. "Vado a salutare Roberta, che ancora non le ho

fatto gli auguri." Si allontana. Dema rimane a guardarla.

"Che voleva dire con quella storia della teoria?"

"Oh, niente, lo sai com'è fatta... È la donna dalle mille teo-

rie e nessuna pratica, o quasi."

Pallina ride, poi guarda meglio Dema. I loro sguardi si in-

contrano per un attimo. Speriamo che questa volta non abbia

proprio ragione.

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"Dai, vieni a ballare..." Pallinaka|s-ende per mano e tò'tra-

scina nel gruppo.

"Ciao Roby, tanti auguri!" -i'c f .< '* » ,"

"Oh, Babi, ciao!" Si scambiano due baci sinceri. *?

"Ti è piaciuto il regalo?"

"Bellissimo, sul serio. Proprio quello di cui avevo bisogno."

"Lo sapevamo... È stata una mia idea. Dopotutto continuavi

a saltare sempre le prime ore e poi non è che abiti molto lon-

tano, tu."

Alle loro spalle arriva Chicco Brandelli.

"Che le avete fatto?"

Babi si gira sorridente, ma vedendolo cambia espressione.

"Ciao Chicco."

"Mi hanno regalato una bellissima radiosveglia." '-

"Ah, molto carino, sul serio." i

"Sai, anche lui mi ha fatto un regalo bellissimo." «*

"Ah sì? E cosa?"

"Un cuscino tutto di pizzo. L'ho già messo sul letto."

"Stai attenta, sicuramente ti chiederà di collaudarlo" e fa-

cendo un sorriso forzato a Brandelli si allontana verso la ter-

razza. Roberta la guarda.

"A me il cuscino è piaciuto moltissimo. Sul serio..."

In realtà le piacerebbe anche collaudarlo con lui.

Chicco le sorride. "Ti credo, scusami."

"Ma... fra poco servono la pasta..." gli grida dietro Rober-

ta cercando in qualche modo di fermarlo.

Sulla terrazza, delle morbide poltrone, con cuscini chiari

ricamati a fiori, un pergolato dalle luci soffuse ben nascoste

dietro ciuffi di piante. Un gelsomino si arrampica lungo lo stec-

cato. Babi passeggia sul pavimento di cotto. Il vento fresco del-

la sera le agita i capelli, le accarezza la pelle portandole via un

po' di profumo e lasciando solo qualche lieve brivido.

"Cosa devo fare per farmi perdonare?"

Babi sorridendo fra sé si chiude la giacca, coprendosi.

"Cosa non avresti dovuto fare, per non farmi arrabbiare."

Chicco le si avvicina.

"È una notte così bella... è sciocco sprecarla per litigare."

"A me piace moltissimo litigare."

"Me ne sono accorto."

"Ma poi mi piace anche fare la pace... Anzi mi piace so-

prattutto quello. Invece con te, non so com'è, ma non riesco a

perdonarti."

"È perché sei combattuta. Un po' ti andava di stare con me,

un po' no. Classico! È una cosa tipica di tutte le donne."

39

"Ecco, è quel 'tutte' che è la tua rovini? »j86si ;'4

"Mi arrendo..." -1"

"Ti è piaciuto il film l'altra sera?" "

"Se solo me lo avessero fatto vedere!"

"Ho detto che mi arrendo. Be', vorrà dire che ti manderò

la cassetta a casa. Così te lo vedi tranquilla, da sola, senza nes-

suno che ti disturba. A proposito, lo sai cosa mi hanno detto?"

"Cosa?" vr

"Che c'è molto più gusto quando sa di panna." u> J

Babi ridendo prova a colpirlo. ->'!*

"Porco!"

Chicco le ferma il braccio in alto. 'i

"Alt! Scherzavo. Pace?"

I loro visi sono vicini. Babi guarda i suoi occhi: sono mol-

to belli, quasi come il suo sorriso.

"Pace." Si arrende.

Chicco le si avvicina e le da un lieve bacio sulle labbra. Sta

per diventare qualcosa di più profondo quando Babi si stacca

e torna a guardare fuori.

"Che splendida notte, guarda che luna!"

Chicco sospirando alza gli occhi al ciclo.

Alcune nuvole leggere navigano lentamente nel blu del ciclo.

Accarezzano la luna, coprendosi di luce, schiarendosi a tratti.

"È bella, vero?"

Chicco risponde semplicemente "Sì", senza apprezzare ve-

ramente tutta la bellezza di quella notte. Babi guarda lontano.

Le case, i tetti, i prati ai bordi della città, le file di alti pini, una

lunga strada, le luci di una macchina, i rumori lontani. Se so-

lo potesse vedere meglio, si accorgerebbe di quei ragazzi che

si sorpassano, ridendo e suonando il clacson. Forse ricono-

scerebbe anche quel tipo sulla moto. È lo stesso che l'ha af-

fiancata una mattina mentre andava a scuola. E che si sta av-

vicinando.

Chicco l'abbraccia e le tocca i capelli.

"Sei bellissima stasera."

"Stasera?"

"Sempre."

"Così va meglio."

Babi si lascia baciare.

fi) >"

40

*>*tu:.

Molto più lontano, nella stessa città.

In perfetta divisa bianca, con pochi capelli in testa e suda-

ticcio, un cameriere cicciotto passa tra gli invitati con un vas-

soio d'argento. Ogni tanto una mano spunta da un gruppetto

di persone e s'impadronisce di un cocktail leggero con dentro

qualche pezzo di frutta galleggiante. Un'altra, più veloce, po-

sa un bicchiere vuoto. Sul bordo, tracce di rossetto. Si può ve-

dere perfettamente dove la donna ha bevuto e che tipo di lab-

bra ha. Il cameriere pensa che sarebbe divertente riconoscere

le donne dai singoli bicchieri. Erotiche impronte digitali. Con

questo pensiero stuzzicante rientra in cucina, dove dimentica

ben presto quelle fantasie alla Holmes. La cuoca infatti lo sgri-

da ricordandogli di portare i vassoi con i fritti.

"Cara, stai benissimo."

Nel salotto, una donna dai capelli troppo colorati si gira

verso l'amica e le sorride, stando al gioco.

"Ma hai fatto qualcosa?"

"Sì, mi sono trovata un amante." f*

"Ah, sì? E che fa?" ?

"Il chirurgo plastico." f"

Ridono tutte e due. Poi, prendendo un carciofo fritto chft

si trova a passare di là, lei confessa il suo segreto. 1

"Mi sono iscritta alla palestra di Barbara Bouchet." ^

"Ah, sì? E com'è?" «

"Favolosa! Dovresti venire."

"Lo farò sicuramente."

E, pur volendo chiederle quanto costa al mese, pensa che

lo scoprirà a sue spese, nel vero senso della parola. Poi si im-

possessa di una mozzarella fritta e la manda giù serena, tanto

l'avrebbe smaltita presto.

Claudio tira fuori il pacchetto di Marlboro e si accende una

sigaretta. Manda giù il fumo, assaporandolo fino in fondo.

41

"Ehi, hai una cravatta bellissima."

"Grazie."

"Ti sta veramente bene, sul serio." Claudio mostra orgo-

glioso la sua cravatta bordeaux poi, d'istinto, nasconde in bas-

so la sigaretta e cerca Raffaella. Guarda in giro, incrocia alcu-

ni visi appena arrivati, li saluta sorridendo poi, non trovando-

la, da un altro tiro più tranquillo.

"Molto bella, vero? È un regalo di Raffaella."

Un basso tavolino d'avorio, con sopra olive e pistacchi rac-

colti in piccole ciotole d'argento. Una mano affusolata dalle

unghie ben curate lascia cadere le bucce simmetriche di un pi-

stacchio.

"Sono preoccupata per mia figlia."

"Perché?"

Raffaella riesce a mostrarsi abbastanza interessata, quel

tanto da far continuare la confidenza di Marina.

"Frequenta un poco di buono, un nullafacente, uno che sta

sempre per strada."

"E da quant'è che si vedono?"

"Ieri hanno festeggiato sei mesi. L'ho saputo da mio figlio.

Sai cosa ha fatto lui, eh, sai cosa ha fatto?"

Raffaella lascia perdere un pistacchio troppo chiuso. Ora

è sinceramente interessata.

"No, dimmi."

"L'ha portata in pizzeria. Ma ti rendi conto? In una pizze-

ria in corso Vittorio."

"Be', ma questi ragazzi ancora non guadagnano, magari i

genitori..."

"Sì, ma chissà da chi nasce... Le ha portato dodici rose stri-

minzite, brutte, piccole, di quelle che appena arrivano a casa

perdono tutti i petali. Le avrà sicuramente comperate al se-

maforo. Stamattina in cucina allora le ho chiesto: 'Gloria, co-

s'è questo orrore?'. 'Mamma, non ti azzardare a buttarle eh?'

Figurati! Ma quando è tornata da scuola non c'erano più. Io le

ho detto che è stata Ziua, la nostra filippina, allora lei si è mes-

sa a urlare e se n'è andata sbattendo la porta."

"Su queste storie non devi assolutamente ostacolarla, se no

è peggio, che poi Gloria si ostina. Lasciali fare, vedrai che fi-

nirà per conto suo. Se c'è questa differenza... E poi è tornata?"

"No, ha telefonato che andava a dormire dalla Piristi, quel-

la bella ragazza biondina un po' tonda, la figlia di Giovanna.

Lui è l'amministratore della Serfim, lei si è rifatta tutta. Giu-

stamente, se lo può permettere."

"Sul serio? Ma non si vede niente..." wtv

42

"Usano questa nuova tecnica, ti tirano da dietro le orec-

chie. È perfettamente invisibile. Allora può uscire con Babi?

Mi farebbe tanto piacere."

"Ma certo, scherzi? Le dirò di chiamarla."

Finalmente Raffaella si concede un pistacchio. È più aper-

to degli altri. Lascia la sua buccia per la sua bocca, e per lui

non è uno scambio conveniente.

"Filippo? Raffaella ha detto che convincerà Babi a portare

Gloria con il suo gruppo."

"Ah, benissimo, ti ringrazio."

Filippo, un uomo giovane, dal viso riposato, pare interes-

sarsi anche lui più ai pistacchi che alle vicende di sua figlia. Si

piega in avanti, impossessandosi di quello che Raffaella aveva

già scelto come sua futura vittima. Lei lo guarda sospettosa

dietro le orecchie, cercando anche in lui il segno di quella ina-

spettata giovinezza.

"Ciao Claudio."

"Sei bellissima."

Un sorriso perfetto dice "Grazie", e sfiorandolo si allon-

tana con un henne da almeno centocinquanta euro. Lo ha fat-

to apposta? Nel suo pensiero lentamente quel vestito lungo

scivola via e immagina che completo porti sotto; ma poi gli

viene un dubbio: ci sarà qualcosa da immaginare? Proprio in

quel momento vede arrivare Raffaella. Claudio da un ultimo

tiro alla sigaretta e la spegne veloce nel portacenere.

"Fra poco cominciamo a giocare. Mi raccomando, non fa-

re come al solito. Quando non ti arriva la carta, dopo un po'

che non fai gin, batti."

"E se mi fa under?"

"Batti quando stai basso."

Claudio sorride composto. "Sì cara, come vuoi." La siga-

retta è passata inosservata.

"A proposito, ti avevo detto di non fumare."

Sbagliato.

"Ma una sola, non mi fa male..."

"Una o dieci... È l'odore che mi da fastidio."

Raffaella se ne va verso il tavolo verde. Anche gli altri in-

vitati prendono posto. Non c'è niente da fare, non le sfugge nul-

la. Sedendosi Raffaella squadra con sufficienza la donna dal-

l'henne da centocinquanta euro. Per un attimo Claudio ha pau-

ra che legga anche nel pensiero.

43

ili v<;.f , .

Roberta, euforica per i suoi diciott'anni, per la festa che

procede a perfezione, corre al citofono.

"Rispondo io" precedendo un tipo che passa per di là con

un piattino pieno di pizzette.

"Ciao. C'è Francesca vero?"

"Francesca chi?"

"Giacomini, quella bionda."

"Ah, sì, che devo dire?"

"Niente, se mi apri. Sono suo fratello, le devo lasciare le

chiavi."

Roberta preme una volta il pulsante del citofono poi, per es-

sere più sicura di aver aperto, lo schiaccia di nuovo. Va in cuci-

na, prende due grosse Coca-Cola dal freezer e si dirige verso il

salotto. Incontra una ragazza bionda che sta parlando con un

ragazzo con i capelli gellati indietro.

"Francesca, sta salendo tuo fratello..."

"Ah..." è l'unica cosa che Francesca riesce a dire. "Grazie."

E dopo averlo pronunciato rimane a bocca aperta. Il ragazzo

impomatato perde un po' della sua staticità e si concede un

leggero stupore.

'Trance', c'è qualcosa che non va?"

"No, non c'è niente che non va, a parte il fatto che io sono

figlia unica."

"Eccolo, è qui." Il Siciliano e Hook leggono per primi la tar-

ghetta sul campanello del quarto piano. "Micchi, no?"

Schello suona il campanello.

La porta si apre quasi subito.

Roberta rimane sulla porta, guarda quel gruppo di ragaz-

zi muscolosi e spettinati. Sono vestiti un po' casual, è così buo-

na da pensare.

"Posso fare qualcosa?"

Schello si fa avanti: "Cercavo Francesca, sono suo fratello".

44

Come per incanto, Francesca compare sulla porta, accom-

pagnata dall'impomatato.

"Ah, ecco, c'è tuo fratello."

Roberta si allontana. Francesca guarda preoccupata il

gruppo.

"E chi sarebbe mio fratello?"

"Io!" Lucone alza la mano.

Anche Pollo alza la mano. "Anch'io, siamo gemelli, come

il film con Schwarzenegger. Lui è quello scemo." Tutti ridono.

"Anche noi siamo fratelli." Uno dopo l'altro tirano su la ma-

no. "Sì, vogliamoci bene."

Il tipo impomatato non sta capendo molto. Opta per un'e-

spressione che lega bene con i suoi capelli.

Francesca prende Schello da parte.

"Ma come ti è saltato in mente di venire con tutta questa

gente, eh?"

Pollo sorride, sistemandosi il giubbotto: il risultato è sem-

pre pessimo.

"Questa festa mi sembra un mortorio, almeno la vivaciz-

ziamo un po', dai France', non t'incazzare."

"E chi s'incazza? Basta che ve ne andiate."

"A Sche', io mi so' rotto, permesso?" Il Siciliano, senza aspet-

tare che Francesca si sposti dalla porta, entra.

L'impomatato improvvisamente realizza tutto: imbucati. E

con uno sprazzo di intelligenza si dilegua raggiungendo i veri

invitati nel salotto. Francesca cerca di fermarli.

"No Schello, dai, non potete entrare."

"Scusate, permesso, scusate..."

Inesorabilmente, uno dopo l'altro, passano tutti: Hook, Lu-

cone, Pollo, Bunny, Step e gli altri.

"Dai, France', non fare così, vedrai che non succede niente."

Schello la prende sottobraccio.

"Al limite poi tu che c'entri? È colpa di tuo fratello che s'è

portato dietro tutta questa gente..." Poi, come se fosse preoc-

cupato che qualcuno si imbuchi, chiude la porta.

Il Siciliano e Hook si avventano letteralmente sul buffet,

divorano panini al salame, morbidi, con il burro spalmato sul-

la parte superiore, quella tonda, ma non li gustano, li ingoia-

no direttamente senza masticarli. È diventata quasi una gara.

E giù pizzette, tramezzini mischiati a pasticcini e cioccolatini.

Alla fine il Siciliano si strozza. Hook gli da pacche sempre più

forti sulla schiena, l'ultima così forte che il Siciliano comincia

a tossire, sputando pezzi di cibo sul buffet rimasto. La mag-

gior parte degli invitati lì vicino si mette immediatamente a

45

dieta. Schello comincia a ridere come un pazzo, Francesca a

preoccuparsi seriamente.

Bunny gira per il salotto. Sembra un attento antiquario:

prende dei piccoli oggetti, li porta vicino agli occhi, controlla

il numero stampato e se sono d'argento se li mette in tasca.

Ben presto i fumatori sono costretti a buttare la cenere nelle

piante.

Pollo, da bravo professionista, cerca subito la camera da

letto della madre. La trova. È stata saggiamente chiusa a chia-

ve. Due mandate, ma la chiave l'hanno lasciata infilata nella

toppa. Ingenui. Pollo apre la porta. Le borse delle ragazze so-

no state tutte posate lì sul letto, ordinatamente. Comincia ad

aprirle, una dopo l'altra, senza neanche troppa fretta.

I portafogli sono quasi tutti pieni, è proprio una bella festa:

gente di classe, niente da dire. Nel corridoio Hook infastidisce

un'amica di Pallina con apprezzamenti pesanti. Un ragazzo, un

po' meno impomatato degli altri, prova a fargli presente un sep-

pur vago concetto di educazione. Si lancia in una discussione

verbale. Rimedia al volo un "cinquino" forse anche più pesante

degli apprezzamenti che sono toccati alla sua ragazza. Hook non

sopporta le prediche. Suo padre è avvocato, ama le parole al-

meno quanto suo figlio odia l'idea di studiare legge.

Pallina, forse per l'emozione, si accorge di avere anche lei

qualche problema e mente, scusandosi con gli altri:

"Mi ha sbavato il rimmel, vado in bagno a rifarmi il truc-

co". Cosa che servirebbe molto di più al tipo, che si allontana

in silenzio, con la sua ragazza per mano e le cinque dita di

Hook stampate sulla faccia.

Pollo butta l'ultima borsa sul letto.

"Cavoli, che rabbina... Hai una borsa del genere, vai a una

festa così, e ti porti dietro solo dieci euro. Ma allora sei pro-

prio una poveraccia!"

Sta per andarsene quando si accorge che sulla sedia lì vi-

cino, appesa a un bracciolo, nascosta da una giacca coloniale,

c'è una borsa. La prende. È una bella borsa elegante e pesan-

te, con la tracolla lavorata e due filetti di cuoio per chiuderla.

Deve essere ben fornita, se la proprietaria si è tanto preoccu-

pata di nasconderla. Pollo comincia ad aprire il nodo dei due

filetti di cuoio, maledicendo il suo vizio di mangiarsi sempre

le unghie. Uno può soffrire di mancanza d'affetto, d'accordo,

oppure di mancanza di soldi. Ma non di tutti e due insieme. Fi-

nalmente scioglie il nodo. Proprio in quel momento si apre la

porta. Pollo nasconde la borsa dietro la schiena. Una ragazza

bruna, sorridente, entra tranquilla. Quando lo vede si ferma.

46

"Chiudi la porta."

Pallina ubbidisce. Pollo tira fuori la borsa da dietro e co-

mincia a frugarci dentro. Pallina assume un'espressione scoc-

ciata. Pollo vede che lo fissa.

"Allora, si può sapere che vuoi?"

"La mia borsa." "i

"Be', che aspetti? Prenditela, no?" l*

Pollo indica il letto pieno di borse già svuotate. '

"Non posso."

"Perché?"

"Un tipo idiota ce l'ha in mano."

"Ah." Pollo sorride. Guarda meglio la ragazza. È molto ca-

rina coi capelli neri e un ciuffo laterale e la smorfia della boc-

ca leggermente scocciata. Naturalmente ha una gonna colo-

niale. Pollo trova il portafoglio, lo prende.

"Tieni..." le lancia la borsa. "Basta chiedere..."

Pallina afferra la borsa al volo. E comincia anche lei a cer-

carci qualcosa dentro.

"Lo sai che non si fruga nelle borse delle signorine, non te

l'ha detto la mamma?"

"Mai parlato con mia madre. Ehi, piuttosto, tu dovresti far-

ti una chiacchierata con la tua."

"Perché?"

"Be', non esiste che ti manda in giro solo con cinquanta

euro."

"È la mia settimana."

Pollo se li mette in tasca.

"Era."

"Vorrà dire che starò a dieta."

"Allora ti ho fatto un piacere."

"Cretino!"

Pallina trova quello che cercava, quindi posa la borsa.

"Poi quando hai finito rimettimi dentro il portafoglio.

Grazie."

"Senti, visto che cominci a stare a dieta, magari domani ti

invito a mangiare una pizza."

"No grazie, quando pago io voglio essere almeno libera di

decidere con chi vado." Fa per andarsene.

"Ehi, aspetta un attimo."

Pollo la raggiunge.

"Cos'hai preso?"

Pallina porta la mano dietro alla schiena. "Niente che ti

debba interessare." ..»

Pollo le blocca le braccia..;* «<tom oqiJ nu ,|b U

"Ehi, giudico io, fa' vedere."

"No, lasciami andare. I soldi li hai presi, no? Che vuoi an-

cora?"

"Quello che hai in mano."

Pollo prova a prendergliela. Pallina poggia il petto contro di

lui, allontanando il più possibile la sua piccola mano chiusa.

"Lasciami stare, guarda che mi metto a urlare."

"E io ti prendo a sculacciate."

Pollo finalmente raggiunge il polso e lo tira a sé. Le porta

il braccio con il piccolo pugno chiuso, deciso, davanti.

"Guarda, se me lo apri, ti giuro che non ti parlerò mai più..."

"Capirai, non ci siamo parlati fino a oggi, non morirò mi-

ca..."

Pollo prende la piccola mano morbida della ragazza e co-

mincia a spingerle con il palmo le dita all'indietro. Pallina cer-

ca di resistere. Inutilmente. Con le lacrime agli occhi, portan-

do il peso indietro per dare più forza alle sue piccole dita.

"Ti prego, lasciami." Pollo continua senza darle retta. Alla

fine, una dopo l'altra, le dita si piegano, vinte, svelando il loro

segreto.

Nella mano di Pallina compare la spiegazione di quei pun-

tini sul viso e del seno ingrossato. Il motivo di quel nervosismo

che, una volta al mese, prende prima o poi ogni giovane ra-

gazza e che quando non arriva le rende ancora più nervose o

le fa diventare mamme. Pallina rimane lì, davanti a lui, in si-

lenzio, mortificata. È stata umiliata. Pollo, sedendosi sul let-

to, scoppia in una risata fragorosa.

"Allora domani no, che non ti invito a cena. Sennò poi che

facciamo? Ci raccontiamo le barzellette?!"

"Ah, no, quello no, non ne conosco di così zozze da farti ri-

dere! E le altre sono sicura che non le capiresti."

"Ehi, pizzica la bambina!" Pollo rimane colpito.

"Comunque sono sicura di averti già divertito abbastanza."

"Perché?"

Pallina si massaggia le dita. Pollo se ne accorge. "Mi hai

fatto male, non era quello che volevi?"

"Capirai, si sono appena arrossate, non fare l'esagerata, fra

un po' ti passa."

"Non parlavo della mia mano." Ed esce prima di mettersi

a piangere.

Pollo rimane lì, senza sapere bene cosa fare. Tutto quello

che gli viene in mente è di rimettere a posto il portafoglio e sfo-

gliare la sua agenda. Certo, non di restituirle i cinquanta euro.

Il dj, un tipo musicale, con i capelli leggermente più lunghi

48

degli altri, a sottolineare il suo aspetto artistico, si agita sceche-

randosi a tempo. Le sue mani muovono avanti e indietro dei di-

schi su due piatti, mentre una cuffia spugnosa sulle orecchie gli

da la possibilità di un preascolto e di evitare una figuracela per

un'entrata sbagliata.

Step gironzola per la festa, si guarda intorno, ascolta di-

stratto stupidi discorsi di ragazze diciottenni: vestiti costosi vi-

sti in vetrine, motorini non comprati dai genitori, impossibili

fidanzamenti, corna assicurate, aspirazioni frustrate.

Dalla finestra in fondo al salotto, quella che da sulla ter-

razza, entra un po' di vento. Le tende si gonfiano leggermente

poi, mentre calano, due figure prendono forma sotto di esse.

Si vedono delle mani che le spingono cercando di aprirle. Un

bel ragazzo elegante ha presto la meglio, trovando lo spacco

giusto. Poco dopo al suo fianco compare una ragazza. Ride di-

vertita da quella piccola difficoltà. La luce della luna, da die-

tro, illumina leggermente il suo vestito rendendolo per un at-

timo trasparente.

Step rimane a fissarla. La ragazza muove i capelli, sorride

al tipo. Mostra denti bianchi e bellissimi. Anche da lontano si

può sentire l'intensità del suo sguardo. Gli occhi azzurri, profon-

di e puliti. Step si ricorda di lei, il loro incontro, si sono già vi-

sti. O forse è più giusto parlare di scontro. I due si dicono qual-

cosa. La ragazza annuisce e segue il ragazzo verso il tavolo del-

le bibite. Improvvisamente anche Step ha voglia di bere.

Chicco Brandelli guida Babi attraverso gli invitati. Le sfio-

ra appena la schiena con il palmo della mano, gustando a ogni

passo un po' del suo profumo leggero. Babi saluta alcuni ami-

ci che sono arrivati mentre lei era in terrazza. Raggiungono il

tavolo con la roba da bere. Improvvisamente un tipo si mette

di fronte a Babi. È Step.

"Be', vedo che mi hai dato retta, stai cercando di risolvere

i tuoi problemi" dice indicando con la testa Brandelli. "Capi-

sco che è solo un primo tentativo. Ma può andare. D'altronde,

se non hai trovato di meglio..."

Babi lo guarda, incerta. Lo conosce, ma non le è simpati-

co. Oppure sì? Cos'è successo con quel tipo?

Step le rinfresca la memoria.

"Ti ho accompagnato a scuola una mattina, un po' di gior-

ni fa."

"Impossibile, io a scuola ci vado sempre con mio padre."

"Hai ragione, diciamo che ti ho scortato. Ero attaccato al-

la tua macchina."

Babi realizzando lo guarda scocciata. .

49

< "Vedo che finalmente ti ricordi."

"Certo, eri quel tipo che diceva un sacco di cretinate. Non

sei cambiato, eh?"

"Perché dovrei, sono perfetto." Step allarga le braccia mo-

strando il suo fisico.

Babi pensa che almeno da quel punto di vista ha ragione.

È tutto il resto che non va. A cominciare dall'abbigliamento,

finendo col suo modo di comportarsi.

"Vedi, non hai detto di no."

"Neanche ti rispondo."

"Babi, ti sta dando fastidio?" Brandelli ha la malaugurata

idea di intromettersi. Step neanche lo guarda.

"No, Chicco, grazie."

"Allora, se non ti sto dando fastidio, ti sto facendo piacere..."

"Mi sei completamente indifferente, anzi direi che mi an-

noi leggermente, per essere precisa."

Chicco cerca di troncare quella discussione rivolgendosi a

Babi.

"Vuoi qualcosa da bere?"

Step risponde per lei.

"Sì, grazie, versami una Coca-Cola, va'."

Chicco non raccoglie. "Babi vuoi qualcosa?"

Step per la prima volta lo guarda. "Sì, una Coca, te l'ho già

detto, sbrigati."

Chicco rimane a guardarlo con un bicchiere in mano.

"Sbrigati. Che non ci senti, verme?"

"Lascia stare." Babi interviene togliendo il bicchiere dalla

mano di Chicco. "Faccio io."

"Vedi, quando sei gentile sei molto più carina."

Babi prende la bottiglia.

"Tieni, e sta' attento a non rovesciarla." Poi scaraventa

il bicchiere pieno di Coca-Cola in faccia a Step bagnandolo

tutto.

"Ti avevo detto di stare attento, sei proprio un bambino eh?

Non sai neanche bere."

Chicco comincia a ridere. Step gli da una spinta così forte

che lo fa volare su un tavolino basso, rovesciando tutto quello

che c'è sopra. Poi prende per i bordi la tovaglietta sulla quale

c'è la roba da bere. Tira forte, tentando di fare come alcuni pre-

stigiatori, ma il numero non gli riesce. Una decina di bottiglie

si rovesciano volando sui divani vicini e sugli invitati. Alcuni

bicchieri si rompono. Step si asciuga il viso.

Babi lo guarda schifata.

"Sei proprio una bestia." **^**?> fr*

50

"Hai ragione, ho bisogno di una bella doccia, sono tutto

appiccicoso. È colpa tua, quindi la farai con me."

Step si piega veloce prendendole le gambe e caricandose-

la sulle spalle. Babi si dimena furiosamente.

"Lasciami stare, mettimi giù! Aiutatemi!"

Nessuno degli invitati interviene. Brandelli si rialza e pro-

va a fermarlo. Step gli da un calcio in pancia che lo fa finire

contro un gruppo di invitati. Schello ride come un pazzo, bal-

la con Lucone dando schiaffi in testa a quelli che passano. Qual-

cuno reagisce. Vicino al dj scoppia una rissa. Roberta, preoc-

cupata, si ferma sulla porta, guardando esterrefatta il suo sa-

lotto devastato.

"Scusa, dov'è il bagno?"

Roberta, senza neanche stupirsi di quel tipo con una ra-

gazza sulle spalle, glielo indica.

"Di là."

Step ringrazia e segue l'indicazione. Arrivano il Siciliano e

Hook, carichi di uova e pomodori. Cominciano a centrare qua-

dri, pareti e invitati, senza fare alcuna distinzione, tirando con

violenza, a far male. Brandelli raggiunge Roberta.

"Dov e il telefono?"

"Di là." Roberta indica una direzione opposta al bagno. Le

sembra di essere un vigile che cerca di dirigere quel traffico, o

meglio quel caos terribile che è scoppiato proprio nel suo sa-

lotto. Purtroppo non ha l'autorità per fare la multa a tutti e cac-

ciarli. Qualcuno, più saggio o più vigliacco degli altri, si avvi-

cina baciandola.

"Ciao Roberta, tanti auguri. Ci dispiace, ma noi ce ne an-

diamo, eh?"

"Di là." Ormai nel pallone, indica la porta di casa dalla qua-

le, se non fosse sua, vorrebbe fuggire.

"Smettila, ti ho detto di mettermi giù. Te la farò pagare..."

"E chi mi punirà? Quella specie di stampella elegante che

aspira a fare il cameriere?"

Step entra nel bagno e apre la porta scorrevole, zigrinata,

della doccia. Babi si attacca con le mani agli infissi, cercando

di fermarlo.

"No! Aiuto! Aiutatemi!"

Step torna indietro, le prende le mani liberandole facil-

mente.

Babi decide di cambiare tattica. Cerca di fare la carina.

"Dai, va bene, va bene scusami. Adesso mettimi giù, per

favore." «*u..si.« ,.,w..j«,, .!<*£.>. . .......i» *" .*,,;, *. ... , , KJ.

51

"Che vuoi dire per favore? Mi hai tirato la Coca-Cola in fac-

cia e ora mi dici per favore?" J * s

"E va bene, ho sbagliato a tirartela." <

"E lo so che hai sbagliato."

Step entra nella doccia, si abbassa finendo sotto la cipol-

la. "Ma ormai il danno è fatto. A questo punto mi devo fare per

forza la doccia, sennò poi dici che sono pure appiccicoso."

"Ma no, che c'entra." Un getto d'acqua la colpisce in pieno

viso, affogandole quasi le parole in bocca. "Cretino!" Babi si

agita cercando di sfuggire all'acqua, ma Step la tiene ferma fa-

cendola girare per bagnarla tutta. "Lasciami, deficiente, fam-

mi scendere."

"È troppo calda?" Step, senza aspettare risposta, gira il va-

riatore di temperatura che sta proprio davanti al suo viso. Lo

porta tutto sull'azzurro. L'acqua diventa subito fredda. Babi

urla.

"Ecco quello che ci vuole, una bella doccia gelata per cal-

marti un po'. Lo sai che fa benissimo fare delle docce gelate e

poi bollenti?" E riporta il termometro sul rosso. L'acqua co-

mincia a fumare. Babi urla ancora più forte.

"Ahi, brucia! Chiudila, chiudila!"

"Guarda che fa bene veramente, allarga i pori, facilita la

circolazione, al cervello arriva più sangue, così si ragiona me-

glio e uno capisce che bisogna comportarsi bene con la gen-

te... Essere carini e magari versare una Coca-Cola, non tirar-

gliela in faccia."

Schello entra in quel momento.

"Presto Step, andiamo. Uno ha chiamato la polizia."

"Che ne sai?"

"L'ho sentito. Lucone m'ha centrato con un uovo in fronte,

io ero andato di là a pulirmi e l'ho beccato al telefono. L'ho sen-

tito io con le mie orecchie."

Step chiude la doccia, poi posa Babi per terra. Schello in-

tanto apre dei cassettini intorno alla specchiera. Trova alcuni

anelli e delle catenine, tutta roba di poco conto, ma se la met-

te in tasca lo stesso. Babi, con i capelli sul viso, completamente

bagnati, sta appoggiata al muro della doccia cercando di ri-

prendersi. Step si toglie la maglietta. Prende un asciugamano

e comincia ad asciugarsi. Addominali perfetti compaiono tra

le pieghe del tessuto di spugna. La sua pelle, liscia e tirata, sci-

vola tesa lungo gli scalini dei suoi muscoli.

Step la guarda sorridendo,

i "Ti conviene asciugarti, sennò ti prendi un raffreddore."

Babi solleva con la mano i lunghi capelli bagnati che le co-

,52

prono il viso. Scopre i suoi occhi. Sono arrabbiati e decisi. Step

finge di averne paura.

"Ohi, ohi, come non detto." Continua a frizionarsi i capel-

li. Babi rimane seduta per terra. Il vestito bagnato è diventato

trasparente. Sotto il tessuto a fiori lillà si scorgono i pizzi di

un reggisene chiaro, forse intonato alle mutandine. Step se ne

accorge.

"Allora, lo vuoi o no un asciugamano?"

"Vaffanculo."

"Che parolone! Ma come, una brava bambina come te di-

ce queste cose? Ricordami che la prossima volta che facciamo

la doccia insieme ti devo lavare la bocca con il sapone. Chia-

ro? Ricordamelo, eh?"

Strizza la maglietta e legandosela in vita esce dal bagno.

Babi lo guarda allontanarsi. Sulla sua schiena ancora bagna-

ta, alcune goccioline d'acqua scivolano tra nervi e fasci di mu-

scoli scattanti e ben delineati. Babi prende uno shampoo che

trova lì per terra e glielo tira dietro. Sentendo il rumore, Step

si abbassa istintivamente.

"Ehi, ho capito perché sei così arrabbiata, ho dimenticato

di farti lo shampoo. Va bene, adesso torno, eh?"

"Vattene! Non ci provare..."

Babi chiude veloce la porta trasparente della doccia. Step

guarda le sue piccole mani attaccate al vetro.

"Tieni!" Le lancia lo shampoo da sopra, attraverso il vetro

aperto in alto della doccia.

"Mi sa che preferisci fartelo da sola... Come tante altre co-

se... del resto!" Poi con una risata sguaiata esce dal bagno.

Alla parola polizia, nel salotto c'è un fuggifuggi generale.

La rissa finisce subito. Lucone, il Siciliano e Hook, dal passa-

to più burrascoso, sono i primi a raggiungere la porta. Alcuni

invitati rimangono a terra sanguinanti. Roberta, in un angolo,

piange. Altri ragazzi vedono degli energumeni uscire con ad-

dosso i loro piumini, gli Henri Lloyd, qualche Fay e giacche

costose. Bunny, con uno strano rumore d'argenteria, si allon-

tana più pesante del solito. Corrono giù per le scale, veloci, fa-

cendo tremare la ringhiera dove si attaccano per aiutarsi in

curva. Rovesciano i vasi costosi degli eleganti pianerottoli.

Sfondano le buche delle lettere con dei cazzotti precisi, dritti

per dritti, urlando e, dopo aver rubato qualche sella di moto-

rino, si dileguano nella notte.

5$

-ti

"ff

"Big." Raffaella posa decisa le carte sul panno verde, guar-

dando soddisfatta la sua avversaria. Una donna dagli occhiali

spessi almeno quanto la sua lentezza.

"Mettile giù, mia cara..."

Quasi le cadono dalle mani. Raffaella se ne impadronisce

velocemente.

"Questa l'attacchi qui, questa così e quest'ultima qua. Que-

ste le paghi tutte."

Fa un conto mentale veloce, poi segna il risultato parziale

su un foglio. Si alza e si mette dietro le spalle di Claudio im-

padronendosi anche del suo gioco, e dopo qualche scarto si-

curo lo convince a battere. Pure il loro compagno fa gin. Raf-

faella segna felice i punti. Se non fosse per l'under che si è fat-

to fare Claudio, li avrebbero blizzati anche in seconda. Pren-

de le carte e comincia a mischiarle, veloce. La donna dagli oc-

chiali spessi gira la vela. Anche in quello non è da meno. E len-

tissima. Raffaella non sopporterebbe di perdere, non tanto per

il punteggio, è abbastanza avanti, quanto perché le carte toc-

cherebbero a lei. Nei tavoli vicini, una linea perdente ormai da

troppo decide di cambiarsi dando la colpa così di tutte quelle

cocotte negative alla sfortuna. Qualcun altro rimette il porta-

cenere appena svuotato dalla padrona di casa dov'era prima,

alla sua destra. Un avvocato si versa un whisky, esattamente fi-

no alla fine dei disegni sul vetro. La misura giusta per vincere

rimanendo più o meno sobri. Alcune coppie all'apparenza più

innamorate di altre si scambiano un saluto affettuoso prima

di riprendere le carte in mano. In realtà, è più una specie di ri-

tuale magico che un disinteressato volersi bene. Qualche cop-

pia se ne va, giustificandosi con un'alzataccia dell'indomani

mattina o con i figli che non sono ancora rientrati. In realtà, o

lui è stato poco bene ultimamente, o lei si è annoiata quella se-

ra. Fra queste ci sono anche Marina e Filippo. Salutano tutti,

54

ringraziando la padrona di casa, mentendo sulla splendida se-

rata. Marina bacia Raffaella poi, con un sorriso più lungo del

solito, ricorda la loro segreta promessa circa le fìglie.

Dal portone 1130 della Cassia esce un gruppo di invitati.

Commentano l'accaduto. Un ragazzo sembra avere più cose da

dire di tutti. Sicuramente ha ragione, a giudicare dal suo lab-

bro gonfio. Dopo diverse, stupide, inutili domande, la polizia

è andata via da casa di Roberta. L'unica che sapeva qualcosa,

una certa Francesca, vedendo che la festa stava degenerando

si è allontanata in fretta, portando via con sé la sua borsa svuo-

tata e i nomi dei colpevoli.

Nel caos generale, Palombi e Daniela, insieme ad altri in-

vitati, sono fuggiti. Babi, completamente bagnata, ha perso sua

sorella. In compenso Roberta le ha trovato un paio di panta-

loncini che le vanno benissimo e la felpa di suo fratello più

grande nella quale ci sta quasi due volte.

"Dovresti andare più spesso vestita alle feste così, sei affa-

scinante."

"Chicco, ancora hai voglia di scherzare?" I due escono dal

portone. "Mi sono persa mia sorella e ho rovinato il vestito di

Valentino."

Mostra un'elegante busta di plastica con sopra un nome di-

verso da quello del vestito bagnato ma ugualmente famoso.

"E come se non bastasse, se mia madre mi becca che tor-

no a casa con i capelli bagnati, sono guai." Le maniche della

felpa le coprono le piccole mani. Babi se le rimbocca, tiran-

dosele su fino al gomito. Dopo appena un passo tornano giù

dispettose.

"Eccolo, è lui." Da dietro i cassonetti della spazzatura Schei-

Io indica deciso Chicco Brandelli. Step lo guarda.

"Sei sicuro?"

"Sicurissimo. L'ho sentito con le mie orecchie."

Step riconosce la ragazza che sta con quell'infame, anche

se il suo travestimento è perfetto. Non ci si dimentica facil-

mente di una donna che insiste tanto per fare la doccia con te.

"Andiamo ad avvisare gli altri."

Babi e Chicco svoltano in una stradina.

"Piuttosto, tu perché non sei intervenuto quando quel de-

ficiente mi ha messo sotto la doccia?"

"Che ne sapevo io, in quel momento ero andato di là a chia-

mare la polizia."

"Ah, sei stato tu?"

"Sì, la situazione stava degenerando, tutti che si mena-

55

vano... Hai visto ad Andrea' Mannelli che labbro gli hanno

fatto?" <r> !'~

"Sì, poveraccio." <P*'

"Poveraccio? Quello ci va a nozze, figurati. Chissà che rac-

conterà adesso. Da solo contro tutti, l'eroe della serata. Lo co-

nosco come le mie tasche. Eccola, è questa."

Si fermano davanti a una macchina. Le frecce lampeggia-

no mentre le sicure salgono insieme. È un tipo di allarme ab-

bastanza comune, a differenza della BMW: ultimo modello, nuo-

vissimo. Chicco le apre la portiera. Babi guarda gli interni per-

fetti, in legno scuro, i sedili in pelle.

"Ti piace?"

"Molto."

"L'ho presa per te. Sapevo che ti avrei riaccompagnato a

casa stasera."

"Sul serio?"

"Certo! In realtà era tutto studiato. Quel gruppo di defi-

cienti l'ho chiamato io. Pensa, tutto quel casino è stato fatto

perché io potessi rimanere solo con te."

"Be', allora la storia della doccia te la potevi risparmiare,

almeno anche i vestiti erano all'altezza della situazione."

Chicco ride e chiude la portiera di Babi; poi fa il giro, sale

in macchina e parte.

"Tutto sommato, mi sono divertito stasera. Se non fosse

stato per quelli, sarebbe stato il solito mortorio."

"Non credo che Roberta sia dello stesso avviso." Babi po-

sa educatamente ai suoi piedi la busta plastificata. "Le hanno

distrutto la casa!"

"Capirai, che sarà, qualche piccolo danno. Dovrà ripulire i

divani e mandare in tintoria le tende."

Un rumore forte e sordo, cupo, di ferro, rompe l'atmosfe-

ra di eleganza e di armonia all'interno della macchina.

"Che è successo?" Brandelli guarda nello specchietto late-

rale. Improvvisamente compare la faccia di Lucone. Si sbelli-

ca dalle risate. Dietro di lui, Hook monta in piedi sul sellino

della moto e da un altro violento calcio alla macchina.

"Sono quei pazzi! Presto accelera." Chicco scala e comin-

cia a correre. Le moto leggere prendono subito velocità e gli

stanno addosso. Babi preoccupata si gira a guardare dietro.

Sono tutti lì, Bunny, Pollo, il Siciliano, Hook, con le loro mo-

to potenti, e in mezzo c'è Step. Il giubbotto di pelle si gonfia

aprendosi e mostrando il suo petto nudo. Step le sorride. Ba-

bi torna a guardare avanti.

"Chicco, corri più veloce che puoi, ho paura!" 4 < a.

56

Chicco non risponde e continua a guidare spingendo sul-

l'acceleratore, giù, per la discesa della Cassia, nel freddo della

notte. Ma le moto sono lì, ai fianchi della macchina, non si scol-

lano. Bunny accelera, Pollo stende la gamba e con un calcio

spacca il fanale posteriore. Il Siciliano da un calcio alla portie-

ra laterale sinistra, ammaccandogliela tutta. Le moto si piega-

no a tutta velocità, allontanandosi e avvicinandosi alla mac-

china, colpendola con forza. Rumori sordi e impietosi arriva-

no alle orecchie di Chicco.

"Cazzo, me la stanno distruggendo!"

"Chicco non ti azzardare a fermarti, che quelli distruggo-

no te."

"No, ma gli posso dire qualcosa." Preme il pulsante del fi-

nestrino elettrico, aprendolo per metà. "Sentite ragazzi" urla

mentre cerca di mantenere la calma e soprattutto la strada.

"Questa macchina è di mio padre e se..." Uno scaracchio lo

centra in piena faccia.

"Yahooo, preso, cento punti!" Pollo monta in piedi dietro

a Bunny, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria.

Chicco, disperato, si asciuga con un panno di renna più co-

stoso e più vero dei guanti di Pollo. Babi guarda schifata quel-

lo sputo ostinato, che si stacca con difficoltà dalla sua faccia,

poi preme il pulsante richiudendo il finestrino prima che la

mira di Pollo centri qualcos'altro.

"Cerca di arrivare in centro che magari incontriamo la po-

lizia."

Chicco butta dietro il panno e continua a guidare. Arriva-

no altri rumori di carrozzeria abbozzata e fanalini rotti. Ognu-

no di questi, pensa, sono centinaia di euro di danni e lunghe

sgridate di mio padre. Allora, preso da una rabbia improvvisa,

Chicco comincia a ridere, come un pazzo, quasi in preda a una

crisi isterica.

"Vogliono la guerra? Bene, l'avranno! Li ammazzo tutti, li

schiaccio come topi!"

Da un colpo al volante, la macchina sbanda a destra, poi

di colpo a sinistra. Babi si attacca alla maniglia della portiera,

terrorizzata. Step e gli altri, vedendo la macchina che gli va

contro, allargano frenando e scalando contemporaneamente.

Chicco guarda nello specchietto retrovisore. Il gruppo è lì,

dietro di lui, sempre attaccato.

"Avete paura, eh? Bene! Beccatevi questo." Spinge di bot-

to il freno. Entra I'ABS. La macchina si ferma quasi. Quelli con

le moto laterali la schivano allargando. Schello, che sta pro-

prio in mezzo, cerca di frenare ma il suo Vespone con le ruo-

57

te lisce si mette in derapata e sbandando finisce contro il pa-

raurti. Schello cade a terra. Chicco riparte sgommando a tut-

ta velocità. Le moto, che sono rinite davanti alla macchina, si

scansano per paura di essere investite. Gli altri si fermano a

soccorrere l'amico.

"Che figlio di puttana!" Schello si rialza, ha tutti i pantalo-

ni sdruciti all'altezza del ginocchio destro. "Guardate qui."

"Capirai, col volo che hai fatto ti è andata fin troppo bene.

Hai solo un ginocchio sbucciato."

"Che cazzo me ne frega del ginocchio, quello stronzo mi

ha rovinato i Levi's, me li sono comprati l'altroieri."

Tutti ridono, divertiti e sollevati, per l'amico, che non ha

perso la vita e nemmeno la voglia di scherzare.

"Yahooo, li ho fottuti, li ho fregati quei bastardi!"

Chicco sbatte felice le mani sul volante. Butta di nuovo uno

sguardo allo specchietto retrovisore. Solo una macchina lon-

tana. Si rassicura. Non c'è più nessuno. "Stronzi, stronzi!" sal-

ta sul sedile. "Ce l'ho fatta!"

Poi si ricorda di Babi al suo fianco. "Come stai?" Torna se-

rio guardandola preoccupato.

"Meglio, grazie." Babi si stacca dalla portiera risedendosi

normalmente. "Ora però vorrei andare a casa."

"Ti ci porto subito."

Si ferma un attimo allo stop, poi continua per Ponte Mil-

vio. Chicco la guarda di nuovo: i capelli bagnati le scendono

lungo le spalle, gli occhi azzurri guardano avanti ancora un po'

impauriti.

"Mi dispiace per quello che è successo. Ti sei spaventata?"

"Abbastanza."

"Vuoi bere qualcosa?"

"No, grazie."

"Io però mi devo fermare un attimo."

il "Come vuoi."

Chicco fa un'inversione. Accosta vicino alla fontanella pro-

prio davanti alla chiesa, si butta un po' d'acqua sulla faccia, le-

vandosi gli ultimi possibili rimasugli di enzimi della saliva di

Pollo. Poi si fa passare il vento fresco della notte sul volto an-

cora bagnato, rilassandosi. Quando riapre gli occhi, guarda in

faccia la realtà. La sua macchina, o meglio, la macchina di suo

padre.

"Porca puttana!" sussurra fra sé, e fìngendo indifferenza fa

il giro, controlla i danni, toglie pezzi di fanalini rotti ancora in

bilico. Le portiere sono tutte pieni di bozzi, le fiancate stru-

sciate. In alcuni punti è saltata la vernice metallizzata. Fa una

58

specie di preventivo mentale. Sui mille euro. Se si fosse pre-

sentato a quella trasmissione dove bisogna indovinare il prez-

zo giusto non l'avrebbero preso neanche fra il pubblico. Fa un

sorriso a Babi piuttosto forzato.

"Be', c'è da rimetterla un po' a posto, ha qualche struscia-

tura."

Non fa in tempo a finire la frase. Una moto blu scura, che

con i fari spenti lo ha seguito fin lì, si ferma rombando a un

passo da lui. Chicco non riesce quasi a girarsi che viene spin-

to con violenza sul cofano abbozzandolo. Nel preventivo si ag-

giungono almeno altri cinquecento euro. Step gli si scaraven-

ta con tutto il peso addosso, sferrandogli cazzotti in faccia, vio-

lenti, cercando di centrare la bocca, riuscendoci.

Le labbra cominciano subito a sanguinargli.

"Aiuto! Aiuto!"

"Così la prossima volta impari a tenere la bocca chiusa, ver-

me, infame, pezzo di merda!" E giù cazzotti, uno dopo l'altro,

sbattendogli la testa sul cofano, facendo sempre più danni. Ora,

oltre al carrozziere, il padre dovrà pagare anche un dentista.

Babi scende dalla macchina e, presa dalla rabbia, comin-

cia a colpire Step con pugni e calci, dandogli in testa la busta

plastificata con il vestito dentro.

"Lascialo stare, vigliacco! Smettila!"

Step si gira e l'allontana con una spinta violenta. Babi va

indietro, inciampa contro il marciapiede e perde l'equilibrio

finendo per terra. Step rimane a guardarla per un attimo. Chic-

co ne approfitta e cerca di entrare in macchina. Ma Step è più

veloce.

Si butta sulla portiera bloccandogli il petto. Chicco urla dal

dolore. Step lo prende a schiaffi. Babi si rialza da terra dolo-

rante. Comincia a strillare anche lei cercando aiuto. Proprio

in quel momento passa una macchina. Sono gli Accado.

"Filippo, guarda! Che succede? Ma quella è Babi, la figlia

di Raffaella!"

Filippo frena e scende dalla macchina, lasciando la por-

tiera aperta. Babi gli corre incontro gridando:

"Divideteli, presto, si stanno ammazzando!".

Filippo si getta su Step bloccandolo da dietro. "Fermo, la-

scialo stare!" Lo abbraccia, tirandolo via dalla portiera. Chic-

co, finalmente libero da quella morsa, si massaggia il petto do-

lorante poi, terrorizzato, sale in macchina e fugge a tutta ve-

locità.

Step, cercando di liberarsi dalla stretta del signor Accado,

59

si piega in avanti e lancia con forza la testa all'mdietro. Lo col-

pisce in piena faccia. Gli occhiali del signor Accado volano via

spaccandosi, proprio come il suo setto nasale che comincia a

sanguinare. Filippo barcolla, con le mani sul naso, perdendo

sangue, non sapendo dove andare. Ora, improvvisamente mio-

pe di nuovo, quasi piange offuscato dal dolore. Marina corre

in aiuto del marito.

"Delinquente, disgraziato! Non ti avvicinare, non ti azzar-

dare a toccarlo!"

E chi vuole toccarlo! Chi se lo aspettava che fosse un vec-

chio quel pazzo che lo ha assalito alle spalle. Step guarda in si-

lenzio quella donna urlante.

"Hai capito mascalzone? Ma non finisce qua!" Marina aiu-

ta il marito a salire in macchina, poi mette in moto e si allon-

tana con qualche difficoltà. La signora Accado non guida qua-

si mai, solo in casi eccezionali. E quello lo è. Non capita spes-

so che il marito faccia a capocciate per strada.

Babi si piazza davanti a Step.

"Sei una bestia, un animale, mi fai schifo! Non hai rispet-

to per niente e per nessuno."

Lui la guarda sorridendo. Babi scuote la testa.

"Non fare quella faccia da ebete."

"Si può sapere cosa vuoi da me?"

"Niente, non posso volere niente, che si può chiedere a una

bestia? Hai colpito un signore, uno più grande di te."

"Primo, mi ha messo lui le mani addosso, secondo, chi caz-

zo lo sapeva che era un signore? Terzo, peggio per lui che non

si è fatto gli affari suoi."

"Ah sì? Allora uno che non si fa gli affari suoi tu lo colpi-

sci in faccia, lo prendi a capocciate! Ma stai zitto! Aveva pure

gli occhiali, guarda..." Raccoglie quello che ne rimane.

"Gliel'hai rotti, sei felice? Sai che è un reato colpire uno

con gli occhiali?"

"Ancora? Questa storia la sento da una vita. Ma chi l'ha mai

detta questa cosa degli occhiali?" Step va verso la moto, ci sa-

le. "Sicuramente l'ha messa in giro un occhialuto vigliacco, uno

che ha paura di fare a stecche, anzi, che proprio per questo

porta gli occhiali e racconta cazzate." Step accende la moto.

"Be', ti saluto." Babi si guarda intorno. Non passa nessuno. La

piazza è deserta.

"Come, mi saluti?"

"Allora come vuoi, non ti saluto."

Babi sbuffa scocciata.

"E io, come torno a casa?"

60

"E che cazzo ne so? Potevi farti accompagnare dall'amico1

tuo, no?"

"Impossibile, l'hai menato e l'hai fatto fuggire."

"Ah, ora è colpa mia."

"E di chi sennò? Dai, fammi salire." Babi va verso la mo-

to, solleva la gamba lateralmente per sedersi dietro. Step al-

lenta la frizione. La moto si muove leggermente. Babi lo guar-

da. Step si gira ricambiando il suo sguardo. Babi riprova a sa-

lire ma Step è più veloce di lei e va di nuovo avanti. "Dai, stai

fermo. Ma che, sei cretino?"

"Eh no, cara. Sono una bestia, un animale, ti faccio schifo

e ora vuoi salire dietro a me? Dietro uno che non ha rispetto

per niente e per nessuno? Eh, no, troppo facile! Ci vuole coe-

renza in questo mondo, coerenza."

Step la guarda seriamente, con la sua faccia da schiaffi.

"Da uno così mica puoi accettare passaggi."

Babi socchiude gli occhi, questa volta per l'odio che prova.

Poi si incammina decisa per via della Farnesina.

"Ho ragione o no?"

Babi non risponde. Step ride fra sé, poi accelera e la rag-

giunge. Le cammina al fianco, seduto sulla moto. "Scusa, io lo

faccio per te. Poi ti dispiace aver accettato un compromesso.

È meglio invece che resti della tua idea. Io sono una bestia e

tu vai a piedi fino a casa. Sei d'accordo?"

Babi non risponde, attraversa la strada, guardando dritta

davanti a sé. Sale sul marciapiede. Step fa la stessa cosa. Si al-

za sulle pedaline per attutire il colpo. "Certo..." Continua ad

accompagnarla con la moto.

"Se però mi chiedi scusa, ti rimangi quello che hai detto, e

dici che ti sei sbagliata... Allora non c'è problema... Io ti posso

accompagnare, perché in quel caso c'è coerenza."

Babi attraversa di nuovo la strada. Step la segue. Accelera

un po' accostandola, con una mano le tira la felpa.

"Allora? È facile, guarda, ripeti con me: chiedo perdono..."

Babi gli da una gomitata, si libera di lui e comincia a

correre.

"Ehi, che modi!" Step accelera e la raggiunge dopo poco.

"Allora, vuoi fartela tutta a piedi fino a casa tua? A proposito,

dove abiti? Lontano? Ah, ho capito, vuoi dimagrire. Sì, in ef-

fetti hai ragione, non è stato mica uno scherzo portarti in brac-

cio sotto la doccia." La supera sorridendole.

"E poi, se dobbiamo fare altre cose è meglio che perdi qual-

che chiletto, mica ce la faccio tutti i giorni a fare queste fati-

cate, eh? Poi io a te già ti ho capito. Sei il classico tipo che gli

61

piace stare sopra, vero? Allora devi dimagrire per forza, sennò

con tutto quel peso mi spiaccichi."

Babi non ce la fa più. Prende una bottiglia che spunta da

un secchio e gliela tira provando a colpirlo. Step frena di col-

po e si abbassa lateralmente. La bottiglia gli passa di poco so-

pra, ma la moto si spegne e gli cade di lato. Step tira in su il

manubrio, con forza, riuscendo a fermarla prima che tocchi

terra. Babi si mette a correre veloce. Step perde un po' di tem-

po a riaccendere la moto.

Da una traversa laterale sbuca, proprio in quel momento,

un boro con una Golf vecchio modello. Vede Babi correre da

sola e l'accosta.

"Ehi, bella bionda, vuoi un passaggio?"

"Ehi, brutto stronzo, vuoi un cazzotto in bocca?"

Il tipo guarda Step che improvvisamente si è infilato tra lo-

ro. Capisce che più che fica si rimediano schiaffi. Se ne va gi-

rando la testa come sdegnato.

Alza il braccio destro, cercando di darsi uno stile non ben

definito, quel fingere di essere superiore per non ammettere in

realtà di aver fatto pippa. Step lo guarda allontanarsi, poi su-

pera Babi e le taglia la strada.

"Dai, monta, basta con questa storia."

Lei prova a passargli davanti. Step la stringe contro il mu-

ro. Babi cerca di passare da dietro. Step la prende per la felpa.

"Ho detto sali!"

La tira arrabbiato a sé. Babi allontana il viso spaventata.

Lui guarda quegli occhi limpidi e profondi che lo fissano im-

pauriti. Lentamente la lascia andare, poi le sorride.

"Dai, ti accompagno a casa, sennò stasera va a finire che

litigo con mezzo mondo."

In silenzio, senza dire nulla se non dove abita, sale dietro

di lui. La moto parte veloce, con rabbia, scattando in avanti.

Babi istintivamente lo abbraccia. Le sue mani finiscono, senza

volerlo, sotto il giubbotto. La sua pelle è fresca, il suo corpo cal-

do nel freddo della notte. Babi sente scivolare sotto le sue dita

muscoli ben delineati. Si alternano perfetti a ogni suo più pic-

colo movimento. Il vento le scorre lungo le guance, i capelli ba-

gnati ondeggiano nell'aria. La moto si piega, lei lo abbraccia

più stretta e chiude gli occhi. Il cuore comincia a batterle for-

te. Si chiede se sia solo paura. Sente il rumore di alcune mac-

chine. Ora sono in una strada più grande, fa meno freddo, gi-

ra la faccia e posa la guancia sulla sua schiena, sempre senza

guardare, lasciandosi cullare da quel salire e scendere, da quel

rumore potente che sente sotto di lei. Poi più niente. Silenzio.

62

"Be', io starei così anche tutta la notte, anzi, magari andrei

avanti, approfondirei, che ne so, troverei altre posizioni!"

Babi apre gli occhi e riconosce i negozi chiusi intorno a

lei, gli stessi che vede ogni giorno da sei anni, da quando so-

no andati ad abitare lì. Scende dalla moto. Step fa un respi-

ro profondo.

"Meno male, mi stavi stritolando!"

"Scusa, avevo paura, non sono mai stata dietro in moto!"

"C'è sempre una prima volta per tutto."

Proprio in quel momento una Mercedes frena vicino a lo-

ro. Raffaella scende di corsa. Non crede ai suoi occhi.

"Babi, ti ho detto mille volte che non voglio che tu vada die-

tro in moto. E poi cosa ci fai con quei capelli bagnati?"

"Ma... veramente..."

"Signora, aspetti che le spiego. Io non volevo accompa-

gnarla, è vero? Diglielo a tua madre che non volevo. Però lei

ha insistito tanto... Perché è successo che il suo cavaliere, uno

con una bellissima BMW, ma tutta sfasciata, è scappato via."

"Come è scappato?"

"Sì, l'ha lasciata per strada! Pensi che tipo."

"Assurdo."

"Infatti! Ma io l'ho sgridato per questo, eh, signora, non si

preoccupi." Step guarda Babi. "Vero Babi?"

Poi, facendolo sentire solo a lei: "Sai una cosa... Babi. Mi

piace il tuo nome".

"Senti mamma lascia stare, eh, ne parliamo dopo."

Claudio abbassa il finestrino elettrico.

"Ciao Babi."

"Ciao papa."

Step saluta anche lui.

"Buonasera!" È divertito da quella strana riunione di fa-

miglia. Raffaella, invece, non si sta divertendo affatto.

"Come ti sei conciata? Dov'è il mio vestito di Valentino?"

Babi alza il braccio mostrando la busta.

"Qua dentro."

"E tua sorella? Si può sapere dove l'hai lasciata?"

Proprio in quel momento arriva anche Daniela. Scende dal-

la macchina insieme a Palombi che l'ha accompagnata.

"Ciao ma'."

Non fa in tempo a finire la frase. Raffaella le da un ceffo-

ne, prendendola in piena faccia.

"Così impari a non tornare con tua sorella."

"Mamma, ma non sai cos'è successo. Sono arrivati degli

imbucati e..." ,, ., , .,

63

i "Stai zitta."

Daniela si massaggia in silenzio la guancia. Palombi, se-

guendo anche lui l'ordine di Raffaella, risale in macchina e se

ne va.

Step accende la moto. Si avvicina a Babi.

"Ora capisco perché hai questo caratteraccio. Non è colpa

tua, è una cosa ereditaria."

Poi mette la prima e con un "Arnvederci" strafottente si al-

lontana nella notte.

Babi e Daniela salgono in macchina. La Mercedes entra nel

comprensorio e passa davanti al portiere. Fiore si è divertito

molto di più a vedere quei cinque minuti che tutto "Torno sa-

bato... E tre". Più tardi, mentre si spogliano, Daniela si scusa

con la sorella per averle sbrindellato la gonna che le ha pre-

stato ^

"È stato Palombi, mi ha baciata!" Ma il suo orgoglio è bloc-

cato sul nascere da un sonoro schiaffone. Quando si fanno cer-

te confidenze a una sorella, bisogna essere sicuri che i genito-

ri siano già a letto. Raffaella, dal nervoso, ci mette un po' ad

addormentarsi. Quella sera molte persone dormono male, al-

cune passano la notte all'ospedale, altri hanno degli incubi. Fra

questi Chicco Brandelli. Pensa a tutte le soluzioni possibili, la-

sciare la macchina per strada, portarla di nascosto dal carroz-

ziere l'indomani mattina, o buttarla in una scarpata e denun-

ciarne il furto. Alla fine giunge all'unica soluzione possibile.

Non ci sono soluzioni. Dovrà affrontare suo padre, proprio co-

me ha fatto Roberta quella stessa sera, con i suoi. Babi è a let-

to, stravolta dalla serata. Pensa che la colpa di tutto è di quel

deficiente, di quel cafone, di quell'animale, di quella bestia, di

quel violento, di quel maleducato, di quello strafottente, di quel-

l'idiota. Poi, pensandoci meglio, si accorge di non sapere nean-

che come si chiama.

Due raggi di sole attraversano la stanza. Salgono lungo i

bordi del letto, sulla trapunta, sui suoi capelli dorati, sulle sue

braccia scoperte. Al caldo tocco di un nuovo giorno Babi apre

gli occhi. La sveglia non ha ancora suonato. Si tira su il piu-

mino, coprendosi fin sotto il mento. Rimane con gli occhi an-

cora socchiusi, con le mani sulla pancia, senza spostare le gam-

be, immobile. Improvvisamente la sveglia suona. Fastidiosa e

insistente, preceduta solo da un piccolo scatto. Babi si muove

svogliata nel letto, allunga il braccio, cercando la sveglia a ta-

stoni sul comodino. Urta Siddharta di Resse, un libro della Your-

cenar lasciato a metà e Ballo di famiglia. Trova la sveglia, la

spegne. Poi accende la radio. È già sintonizzata sui 103.10, e

come ogni mattina Branko sta dando gli oroscopi.

"Gemelli. Anche oggi una situazione stazionaria. La luna

passa nel vostro segno. I suoi influssi vi renderanno partico-

larmente nervosi."

Capirai, papa non lo reggo normalmente, figuriamoci ades-

so con gli influssi della luna!

"Cancro. Per i nati sotto questo segno..." Lascia correre sen-

za prestare troppa attenzione alle parole. Chi è del Cancro?

Pallina? No, è nata a maggio. Maggio deve essere Toro o Pesci.

No Pesci è marzo.

Lentamente chiude gli occhi e si riaddormenta. Si lascia

andare così, in quella specie di dormiveglia leggero e piacevo-

le, ancora calda e intontita, tornata da poco da chissà quale

mondo. Ma poi, senza capire bene perché, si sveglia improv-

visamente. Forse un rumore lontano, un profumo diverso, una

sensazione di responsabilità. Apre gli occhi di corsa e si gira

veloce verso la sveglia. Ancora le 7.20. Meno male. Sono pas-

sati appena pochi secondi, ma chissà perché le sono sembrati

lunghissimi.

"Vergine. Per i nati in questo periodo..." ' '"'

65

Babi si gira verso la radio particolarmente interessata. È il

suo segno. Sei settembre, "...il passaggio di Venere porterà mo-

menti particolarmente felici nella vita degli innamorati." In-

namorati! Figurati, prima devo incontrare uno giusto. Non uno

che scappa e mi lascia per strada. Scende dal letto. Poi sente

dei rumori dalla camera vicina, corre verso il bagno ma Da-

niela è più veloce di lei e le chiude quasi la porta in faccia.

"Dai Dani, fammi entrare, sono già le sette e mezzo..."

"Sì, così ti prendi l'esclusiva del lavandino come al solito.

Non esiste."

"Dai, non fare la cretina, ti faccio posto." Daniela apre la

porta. Babi entra.

"Mi sa che non ti sono bastate le botte di ieri sera." Danie-

la le risponde con una smorfia, poi si alternano lavandosi a

pezzi, un po' per una, senza vergogna e soprattutto senza par-

lare. La mattina Babi fino a quando non ha preso il caffè è in-

trattabile, proprio come sua madre. Daniela tenta lo stesso.

"Che te ne sembra di quello che ti ha accompagnato ieri se-

ra? Ti piace?"

Babi fa uno strano verso. Non può rispondere, si sta la-

vando i denti. Guarda la sorella attraverso lo specchio con gli

occhi stralunati, poi si sciacqua veloce la bocca. "Mi piace? Ma

che, stai scherzando? Sei pazza? Come può piacermi uno co-

sì? Una bestia. Lo sai che ha fatto ieri sera? Con i suoi amici

ha sfondato la macchina di Brandelli, poi ha cominciato a fa-

re a botte con Chicco; allora si è fermato il signor Accado che

passava di lì e ha cercato di dividerli e quel tipo, quell'anima-

le, ha menato pure lui. Come può piacermi uno che adopera

la testa per darla in faccia agli altri invece che per pensare?"

"Sarà, ma a noi ci piace a tutte!"

"A voi? A voi chi?"

"A me, Giuli, Giovanna, Stefania..."

"Sì, quattro sgallettate deficienti che hanno il culto di que-

sti qui... Il mito dei picchiatori, degli idioti, mi dirai. Vorrei ca-

pire che gusto c'è ad andare in giro a distruggere tutto, a fare

sempre casino, a picchiare la gente..."

"Hanno un sacco di ragazze carine, le cambiano come e

quando vogliono lui e i suoi amici."

"Mi immagino che tipo di ragazze!"

"No, ce ne sono anche di finissime. Pensa che proprio Glo-

ria, la figlia degli Accado, sta con Dario, uno degli amici di

Stop."

^tep. " <-Sf.r "!* .»?:-* _,.!,', '*, " i"1-* ,.,' ./

66

"Sì, Stefano Mancini, quello che ti ha accompagnata. Io e

Giulia lo chiamiamo 10 e lode, ma tutti lo chiamano Step."

"Step? Passo? Ne dovrebbe fare tanti uno dopo l'altro e

buttarsi nel fiume per quanto mi riguarda. Dai, sbrigati, non

voglio sentire papa che urla come al solito perché facciamo

tardi."

Babi torna in camera e comincia a vestirsi velocemente.

La divisa è lì, sulla sedia. L'ha preparata la sera prima anche

se hanno fatto molto tardi. Ormai è diventata un'abitudine. Si

infila la camicia celeste, poi si mette la gonna.

Step. Che nome idiota. D'altronde, gli va perfetto. Babi va

in cucina.

"Ciao mamma."

Babi bacia Raffaella sulla guancia. Come ogni mattina la

colpisce il sapore di latte della sua crema Revlon.

"Ciao Babi."

Raffaella è lì che beve il suo caffè nero senza zucchero. Gli

occhi struccati e ancora insonnoliti non sono abituati alla lu-

ce. La cucina infatti è tutta in penembra. Babi si siede davan-

ti a lei. Arriva Daniela che prende posto lì vicino. Babi si ver-

sa del caffè, poi il latte, e ci mette dentro un po' di Dietor.

Anche Daniela si versa il caffè e poi del latte, ma ci mette

dello zucchero di canna. Ognuno con le proprie abitudini, il

proprio posto, la propria tazza.

"Mamma potresti comprare quei budini al riso-latte della

Danone al sapore di cioccolato. Buonissimi!"

Daniela guarda Babi cercando un'approvazione che non

trova.

"A me invece mamma dovresti prendere degli altri biscot-

ti integrali, che stanno finendo."

"Se non lo scrivete non compro nulla."

Daniela si alza e aggiunge alla lista della spesa su una men-

sola lì vicino i suoi budini e i biscotti dietetici della sorella.

"Daniela, ti avverto che se anche stavolta li fai scadere li

paghi tu."

"Ma mamma perché mi dici così?"

"Perché gli ultimi yogurt alla frutta che ti piacevano tanto

li ho dovuti buttare."

"Buongiorno a tutti! Come stanno le mie splendide don-

ne?" Claudio bacia le sue due figlie. Si siede anche lui al suo

solito posto a capotavola vicino a Raffaella.

"Malissimo, non capisco perché la mattina si debbano fa-

re sempre delle chiacchiere lunghissime e inutili. Stabiliamo

una regola. Di mattina non si parla." ,. , , ,, , (

67

Raffaella si versa un altro po' di caffè, poi si alza.

"Be', io torno a letto. Con voi due ci vediamo all'uscita di

scuola. A proposito, dite a Giovanna che oggi non voglio aspet-

tare. Ha detto mamma che se non viene subito, lei se ne va."

Da un bacio sulla guancia a Claudio e con un "Ciao tesoro!"

va via.

Claudio prende la caffettiera. L'apre e guarda dentro.

"Ma è possibile che non mi lasciate mai un po' di caffè?"

Claudio sbatte la caffettiera sul piattino di legno.

"Tutte le mattine la stessa storia. Ma insomma, non è pos-

sibile!"

Babi prende la caffettiera. "Papa, te ne preparo uno?"

"Non c'è più tempo, vorrà dire che lo prenderò fuori, al so-

lito. Ma perché non facciamo una caffettiera più grossa?"

Daniela mette a posto le tazze nel lavabo. "Perché non ce

l'abbiamo."

"E allora compriamola." Daniela gli mette davanti la lista

della spesa.

"Che c'è?"

"Tieni, scrivi. Mamma non vuole ricordarsi nulla. Qualun-

que cosa vogliamo, bisogna scriverla."

Claudio prende il foglio dalle mani di Daniela. Lo legge, poi

scrive, sotto "biscotti dietetici" con, tra parentesi, "Babi", "caf-

fettiera da venti" con, tra parentesi, "Claudio che non riesce

mai a bersi un caffè".

"Ecco fatto!" Chiude la penna e la sbatte sul tavolo. Poi si al-

za rovesciando lo sgabello dentro al quale come ogni mattina è

finita la sua gamba. "Mannaggia a questi sgabelli!" Esce dalla

porta di casa lasciandola aperta. Babi e Daniela si guardano.

"Speriamo che faccia bene manovra. Stamattina mi sem-

bra particolarmente nervoso."

"Sono gli influssi della luna. Oggi è passata nel suo segno.

Sbrigati a venire giù piuttosto."

"Sì, sbrigati, sbrigati. Intanto metto a posto sempre io."

"Perché, ieri sera la tavola chi l'ha preparata? E allora?!..."

Babi prende la borsa dei libri ed esce. Però Branko ci ha

proprio preso. Poi, mentre scende le scale, cerca di ricordarsi

il suo oroscopo. Cosa diceva la luna? Ah sì. Attenzione a pos-

sibili incontri.

,,ti' I.

, ,,,,5*»,, *,i-, - -

Nel cortile della scuola, sotto le fronde di un largo salice,

su un lungo muretto di marmo bianco alcune ragazze copia-

no frenetiche i compiti.

"Ma che c'è scritto qui? Uguale...?"

"x meno uno! Ma non sei capace neanche a copiare?"

"Ma guarda come scrivi!"

"Pure! Non fai mai niente a casa e ti lamenti anche di co-i-

me scrivo? Ma guarda che sei forte!"

"Oh, arriva la Catinelli."

Pallina chiude il quaderno di matematica e corre incontro

alla Catinelli insieme a qualche altra ragazza, tutte possibili

candidate all'interrogazione di latino.

"Dai Ale, sbrigati che fra un po' suona, dacci la versione di

latino." Le ragazze aspettano davanti alla Catinelli.

"No, niente da fare."

"Come niente da fare?"

"Che, non ci sentite? Non mi va che state a copiare la mia

versione. Va bene? Non capisco perché non potete tradurvela

a casa per conto vostro, come fanno tutti."

Pallina le si avvicina.

"Dai Ale, non fare così. Scusa, oggi la Giacci mi interroga

sicuro e pure alla Festa."

Una ragazza del gruppo ma con la divisa più disordinata

delle altre, proprio come i suoi compiti in classe, annuisce.

"Dacci la versione dai! Quella ci secca sennò!"

"Pallina non insistere."

"Che c'è Pallina? Su che stai insistendo?"

"Ah ciao Babi. C'è Ale che non vuole darci la versione. Tu

l'hai fatta?"

Per un attimo la Catinelli non è più al centro dell'attenzione.

"No, solo metà. Ma mi sa che non è neanche giusta. È che

io sono già stata interrogata. Ho controllato, oggi dovrebbe toc-

69

care a te e a Silvia Festa e poi ricomincia il giro. Ma di solito

interroga chi ha l'insufficienza."

La Catinelli prova ad allontanarsi. Pallina la tira per la

giacca.

"Hai sentito? Dai, non ci puoi lasciare così, ci rovini a tutte!"

"Non ho capito perché non fate come la Giannetti. Lei do-

po che l'ha fatta mi telefona e la ricontrolliamo insieme... Co-

sì se la prepara e il giorno dopo va bene. Come fate voi, a co-

sa vi serve?"

"Ma che ti frega? Infatti il latino non serve proprio a nien-

te. Insomma, ce la dai o no questa versione?"

"Te l'ho già detto, no. Fatevela dare dalla Giannetti."

Pallina sbuffa. "Sì, quella arriva sempre all'ultimo... Fra cin-

que minuti suona. Dai, almeno oggi... L'ultima volta, promesso."

"Lo dite ogni volta. No, questa volta è no. Non ve la do!"

La Catinelli si allontana.

"Ma guarda che stronza. È pure un mostro. Ecco perché è

così acida. Non ha mai nessuno che se la fila. È chiaro. Alme-

no noi ci divertiamo e piacciamo un sacco." Silvia Festa si av-

vicina a Pallina.

"Sì, ma non credo che a mia madre piacerà molto il tre che

ci mette la Giacci se non abbiamo fatto la versione."

"Tieni, prendete la mia". Babi tira fuori dalla borsa il suo

quaderno di latino e lo apre all'ultima pagina.

"Almeno potete dire di averci provato. L'avrete fatta per

metà ma è meglio di niente. Dite che vi siete fermate a espera-

visse. È un verbo che non so proprio da dove cavolo viene. In

effetti l'ho cercato un quarto d'ora su // ma non sono riuscita

a trovarlo. Poi mi sono scocciata e ho fatto merenda. Uno yo-

gurt magro, senza zucchero, terribile. Quasi più acido della Ca-

tinelli." Tutte ridono.

Pallina prende il quaderno e lo appoggia sul muretto. Lo

mette in mezzo alle altre. "Comunque è vero, lo studio fa in-

grassare. Io l'ho sempre detto, se avessi fatto il linguistico avrei

sicuro quattro chili in meno." Pallina comincia a copiare se-

guita da Silvia e altre ragazze, tutte possibili vittime della ter-

ribile Giacci.

Dalle grandi vetrate della classe si vedono dei prati poco lon-

tani. Alcuni bambini, vestiti uguali, giocano correndo fra l'er-

ba. Una maestra aiuta a rialzarsi un bambino che ha sporcato

di verde il suo grembiule bianco. Il sole batte sui banchi. Babi

guarda distrattamente la sua classe. La Benucci ha resistito me-

no del solito. Sta lì, con le mani sotto il banco, intenta a traffi-

70

care con la sua pizza rossa. Ne stacca un pezzo e con le dita co-

perte di pomodoro la porta veloce alla bocca. Poi comincia a

masticare, fingendo indifferenza, a bocca chiusa, ascoltando la

lezione come se niente fosse. Babi presta per un attimo atten-

zione alla spiegazione della Giacci. Una giovane donna dell'Ot-

tocento pur non sapendo andare minimamente a cavallo ha de-

ciso di farlo lo stesso. Ed è caduta. Babi non ha seguito così at-

tentamente da capire se si è fatta male o no. L'unica cosa sicu-

ra è che qualcuno, veramente a corto di idee, ci ha fatto su una

specie di romanzo.

"Bene. Questa ode, A Luigia Pallavicìni caduta da cavallo,

la portate per lunedì." L'altra cosa sicura è che loro l'avrebbe-

ro dovuta studiare. La campanella suona. La Giacci chiude il

registro.

"Vado nella sala professori a prendere il registro di latino.

Vi lascio sole. Non fate macello."

Le ragazze escono tutte dai banchi. Tre di loro prima che

la professoressa se ne vada riescono a strapparle il permesso

di andare in bagno. In realtà una sola ci va per ragioni fisiolo-

giche. Le altre due entrano in un unico bagno e si dividono fe-

lici lo stesso vizio. Una piacevole Merit alla faccia di tutti quel-

li che la indicano come la sigaretta che fa peggio di tutte.

Rientra la Giacci. Tutte le ragazze si rimettono ai loro po-

sti. Ascoltano attente la spiegazione sulla metrica latina. Qual-

cuna segna gli accenti e ricopia la frase scritta alla lavagna.

Qualcun'altra, sicura di venire interrogata, ripassa la versione.

La Benucci non riesce a resistere. Scarta di nuovo la piz-

za. Due ragazze poco più indietro masticano delle Vigorsol.

Cercano di mandare via l'odore della nicotina. Un'altra in fon-

do alla classe segue tranquilla la lezione. Il suo mal di pancia

è scomparso.

"Allora per mercoledì prossimo porterete da pagina 242 a

pagina 247: traduzione e lettura in metrica con conoscenza

perfetta delle regole degli accenti."

Babi apre il diario e segna sotto mercoledì i compiti da fa-

re. Poi quasi senza volerlo lo sfoglia, andando indietro. Pagi-

ne colorate e piene di scritte passano sotto i suoi occhi. Feste,

compleanni, frasi simpatiche di Pallina, voti dei compiti in clas-

se. Giudizi su film visti al cinema, amori possibili, impossibi-

li, passati.

"Marco T.V.B." Si ferma. Guarda quella scritta in rosso, lì in

fondo alla pagina. Un piccolo cuore a seguire. Novembre. Sì,

era novembre. E lei ne era follemente innamorata.

M «»'.»f!,N* ni, j.fc:»,t . »'»»*'»

71

Novembre. Un anno prima. "',.,'>, *."»>»

"Mamma è arrivato niente per me?"

"Sì, c'è una lettera di là in cucina. Te l'ho messa sul tavolo."

Babi corre subito in cucina, trova la lettera. Riconosce la

scrittura e l'apre felice. Sono quattro mesi che stanno insieme.

La sua storia più lunga. In realtà praticamente la sua unica sto-

ria. Legge la lettera.

Cara Babi,

in questo giorno così importante (la scoperta dell'America?

Di più! Il primo uomo sulla luna? Molto di più! L'inaugurazio-

ne del Gilda? Ci siamo quasi!)... Ehi, piccola. Sto scherzando!

Oggi sono quattro mesi che stiamo insieme e ho deciso che per

te deve essere un giorno speciale, felice, bellissimo, romantico.

Sei pronta? Prendi la Vespa dal garage ed esci. Perché è iniziata

la tua "caccia al tesoro". "Tesoro" nel senso di amore. Proprio

quello che io provo per te. Marco.

P.S. Il primo messaggio è: "C'è una villa dove vai, I ma di not-

te quasi mai, I on thè left è il terzo tree, I in inglese certo, sì. / Se

tu sotto scaverai, /qualche cosa troverai. / Sei pronta? Vai!".

Babi chiude la lettera e pensa. La villa è Villa Glori, dove

vado sempre a correre. In inglese? Ma per chi mi ha preso?

Certo è facile, è il terzo albero appena entrati sulla sinistra.

"Mamma, io esco."

"Dove vai?"

"Devo portare una cosa a Pallina."

Babi si mette il giubbotto di renna.

"A che ora torni?"

"Per cena. Studierò da lei."

Raffaella compare sulla porta.

"Mi raccomando, non fare tardi!"

"Se cambia qualcosa ti telefono."

Babi esce veloce, poi si ferma sulla porta e torna indietro.

Bacia frettolosa la madre sulla guancia e scappa via. Arrivata

in cortile apre lentamente senza far rumore la serranda del ga-

rage. Tira fuori la Vespa, poi, senza accenderla, va giù per la

discesa. Ma proprio mentre fa la curva, guarda su. Raffaella è

affacciata al balcone, i loro sguardi si incontrano.

"Mamma, in autobus ci metto troppo."

"Prenditi almeno una sciarpa."

"Mi tiro su il collo del giubbotto, non ho freddo, veramen-

te. Ciao."

Babi ingrana la seconda. La Vespa fa una piccola frenata,

poi si accende di colpo e scatta in avanti con il motore acceso.

Babi abbassa la testa passando per un pelo sotto la sbarra che

72

Fiore ha prontamente alzato. Fa tutto corso Francia e arriva a

Villa Glori. Mette la Vespa sul cavalietto ed entra di corsa nel-

la villa. Alcune donne portano i bambini a spasso. Qualche atle-

tico ragazzo fa footing. Babi si avvicina al terzo albero sulla si-

nistra. In basso, vicino alle radici, c'è un piccolo cespuglio. Lo

sposta. Sotto è stata nascosta una busta di plastica. La pren-

de. Complice e felice torna alla sua Vespa. La apre. Dentro ci

sono una bellissima sciarpa di cachemire azzurra e un biglietto:

Di sicuro non ce l'hai, / non la porti quasi mai! / Le. tonsille hai

sempre rosse / e ti viene una gran tosse. / Ben coperta ora vai / al

gran centro della RAI. / Lì di pietra c'è un cavallo, I cosa aspetti

forza, fallo. /Quando lì tu arriverai, Iqualcos'altro troverai.

Babi monta sulla Vespa e sorride divertita da quel roman-

tico gioco. Si mette la sciarpa al collo. È calda e morbida. Pro-

prio un bel regalo. È utile, visto il freddo che fa. Mamma ha

ragione. Marco è davvero un tesoro. Certo è stato un po' im-

prudente. E se l'avesse trovata qualcun altro? Ormai è andata.

Accende la Vespa e va a tutta velocità verso piazza Mazzini. Si

ferma davanti al piccolo cortile delimitato da un alto cancello

elettrico. Babi scende dalla Vespa ed entra. Il custode la guar-

da incuriosito. Poi rivolge tutta la sua attenzione a un signore

con una valigetta bisognoso di un'informazione. Babi ne ap-

profitta. Si avvicina al cavallo. Sulla sua pancia con un ges-

setto bianco è stata disegnata una freccia che indica verso il

basso. Pensa che Marco sia pazzo. Guarda meglio. C'è un al-

tro pacchetto. Lo prende. Il custode non si è accorto di nulla.

Questa volta trova un paio di occhiali. Dei bellissimi Ray-Ban

ultimo modello, quelli piccoli rettangolari. Naturalmente c'è

un altro biglietto. La prossima tappa è un indirizzo. Via Cola

di Rienzo 48. La Vespa parte a tutta velocità. Un po' per il col-

lettore che Daniela ha appena cambiato, proprio come fanno

tutti per farla andare più forte, un po' per la curiosità crescente.

Babi arriva al nuovo indirizzo. È un negozio. Lo guarda stu-

pita. Un negozio di biancheria intima. I suoi semplici completi

di cotone bianco le sono sempre stati comprati da sua madre.

Babi entra indecisa. Si guarda intorno. Una giovane commessa

sta dietro al bancone mettendo a posto dei completi di raso gri-

gio appena arrivati. Babi rilegge la fine del suo biglietto.

Se il tuo nome tu dirai, I nuove cose indosserai.

La commessa la vede e le si avvicina.

"Posso aiutarla?"

"Credo di sì, sono Babi Gervasi."

"Ah, certo." La commessa fa un simpatico sorriso. "La sta-

vamo aspettando." Va dietro il bancone. "Questi sono per lei.

73

Scelga quello che più le piace." Mette tre completi di bianche-

ria sul bancone. Sono tutti e tre di raso. Il primo è intero, ne-

ro, con disegni trasparenti sul petto e sottili spalline. Il secon-

do è un due pezzi rosa pallido con dei disegni trasparenti leg-

germente più chiari. L'ultimo è color prugna, con le spalline

sottili e le mutandine leggermente sgambate. Babi li guarda.

Si sofferma su ognuno senza avere il coraggio di alzare la te-

sta. È imbarazzata. La commessa, accorgendosene, cerca di

aiutarla.

"Credo che questo sia il più adatto a lei." Prende il pezzo

di sopra del completo rosa pallido mostrandoglielo. "Ha una

pelle così chiara, le starà benissimo."

Babi alza timidamente gli occhi. "Sì, lo credo anch'io. Al-

lora prendo questo. Grazie." Babi si allontana dal bancone

aspettando che quella commessa gentile faccia un pacchetto;

si guarda intorno nel negozio. Un freddo manichino indossa

un completo molto sexy. Babi se lo immagina addosso. Le sem-

bra naturale, dopo quella drammatica scelta.

"Signorina?" Babi si gira verso la commessa. "Ecco, quel

ragazzo che è venuto, che poi credo sia il suo ragazzo..."

"Sì, in un certo senso."

"Mi ha detto che, dopo aver scelto il completo, lei doveva

indossarlo."

"Ma... veramente..."

"Sennò mi ha assolutamente proibito di darle il prossimo

biglietto. Ha detto così..."

"Ho capito. Grazie."

Babi prende il completo rosa e va verso il camerino. La

commessa attraverso la tenda le da una busta del negozio. "Ten-

ga, qua dentro può mettere il suo vecchio completo." Babi si

cambia. Poi si guarda allo specchio. La giovane commessa ave-

va proprio ragione. Quel due pezzi le sta benissimo. Un pen-

siero le attraversa la mente. Cosa dirà mia madre quando ve-

drà questa roba fra quella sporca da lavare? Devo dire che è

stata Pallina a farmi questo regalo, così, per prendermi in gi-

ro. Magari insieme a Cristina e qualcun'altra. Babi si riveste

ed esce dal camerino. La commessa si fida. Senza guardare

dentro la busta, le consegna il nuovo biglietto. La commessa,

sognante, la guarda andare via. È abbastanza carina perché

qualcuno possa fare quel divertente gioco anche con lei. For-

se quella sera al suo ragazzo rinfaccerà di non essere poi così

fantasioso. Sicuramente dovrà sbrigarsi. Certe follie sono ve-

ramente divertenti solo a una certa età.

Babi ci mette un po' a capire qual è la nuova tappa. Alla fi-

74

ne va ai Due Pini. Nel giardinetto vicino alla sua scuola c'è una

panchina dove spesso si è baciata con Marco. Lì sotto trova

una busta con un biglietto della lotteria di Agnano e un nuo-

vo messaggio. La caccia continua. Va in una piccola gioielle-

ria del centro e lì è obbligata a cantare una canzone davanti

ad alcuni clienti. Una commessa le consegna dei bellissimi

orecchini con dei turchesi e un altro biglietto. Da Benetton l'a-

spetta una giacca con una gonna bordeaux. Il prossimo mes-

saggio la porta in un negozio di via Veneto dove, risolvendo

un rebus, riceve un paio di bellissime scarpe di pelle in tinta

con il vestito. Da qui la caccia la riporta a via di Vigna Stellu-

ti. La vecchia fioraia prima della piazza sulla destra le porge

una bella orchidea e un altro messaggio. All'Euclide lì vicino

le è stata già pagata la sua pastarella preferita. Mentre Babi

mangia una di quelle crostatine con la crema e i pezzi di frut-

ta sopra, la cassiera le da l'ultimo biglietto: La tua pasta preli-

bata I l'hai già bella che beccata /c'è qualcosa che ti manca... /

0 sei forse troppo stanca? I Se non puoi più viver senza I corri

presto alla partenza.

Babi manda giù l'ultimo pezzo di crostatina, quello cen-

trale, con il mezzo chicco d'uva. Si pulisce la bocca, poi esce.

Accende la Vespa e va giù per via di Vigna Stelluti. Se sua ma-

dre l'incontrasse adesso, non la riconoscerebbe proprio. Ha un

bellissimo tailleur bordeaux, eleganti scarpe di pelle, i Ray-Ban

piccoli, splendidi orecchini di turchesi, un'orchidea infilata tra

1 capelli e in tasca una potenziale ricchezza, il biglietto della

lotteria. Raffaella però vedendola sarebbe stata felice. Ora Ba-

bi ha anche una calda sciarpa di cachemire intorno al collo.

Babi gira in piazza Euclide e si ferma davanti al cancello di

Villa Glori. Proprio dove è iniziata la caccia al tesoro. Ricono-

sce il GT blu. Entra di corsa. Marco è lì, appoggiato a un albe-

ro. Babi gli corre incontro e lo abbraccia. Marco tira fuori da

dietro la schiena una rosa che aveva tenuto nascosta fino a quel

momento.

"Tieni, tesoro. Buon mesiversario."

Babi guarda felice la rosa. Poi gli butta di nuovo le braccia

al collo e lo bacia con passione. È proprio innamorata. Come

può non esserlo dopo tutto questo? Marco la allontana legger-

mente, sempre tenendola per le spalle.

"Fatti vedere... Stai benissimo vestita così. Sei molto ele-

gante. Ma chi ti ha scelto tutte queste belle cose?"

Marco le sistema la sciarpa azzurra intorno al collo. Babi

lo guarda sorridendo con i suoi grandi occhi azzurri.

"Tu tesoro." u

75

Marco l'abbraccia. Vanno verso l'uscita. - ">fe? * *v -,

"Puoi lasciare la Vespa qui?"

"Perché, dove andiamo?"

"A prenderci un aperitivo e poi magari a mangiare qual-

cosa."

"Devo avvisare mia madre."

Babi sale sul GT. Marco gentilmente si occupa di mettere il

fermo alla ruota anteriore della Vespa. Poi sale in macchina e

si allontana veloce nel traffico della sera. Babi telefona alla

mamma. Stanno giocando a carte dai Bonelli. Raffaella è tal-

mente presa dalle carte che ascolta distrattamente il racconto

di Babi. Si va a mangiare una pizza. C'è pure Marco, ma na-

turalmente anche un gruppetto di amici. La Vespa la lascia da

Pallina, l'avrebbe ripresa il giorno dopo, Marco le ha regalato

una sciarpa. Forse è proprio quest'ultima notizia a fare felice

Raffaella. Babi ha il permesso di andare.

Mangiano dal Matriciano, una pizzeria-ristorante in via dei

Gracchi in Prati, molto famosa perché ci vanno attori e per-

sonaggi noti.

Parlano della caccia al tesoro. Babi dice quanto si è diver-

tita. Quanto le è piaciuto tutto, quanto sarebbero state invi-

diose le sue amiche. Marco minimizza, ma non riesce a na-

scondere quanto va fiero di quell'idea.

Scherza sul fatto che è andato a Villa Glori, preoccupato

che lei non avesse capito qualche messaggio e non sarebbe mai

arrivata. Babi fa finta di offendersi. Marco le sorride. Babi si

tocca i capelli. Lui le accarezza la mano. Entra un noto attore

con una bella ragazza non ancora famosa. Lo diventerà pre-

sto, almeno su "Novella 2000", a giudicare da come si com-

porta. Un cameriere saluta l'attore e gli trova subito un posto.

Babi lo nota. Si gira più volte a guardarlo e lo dice anche a

Marco. Lui le versa da bere fingendo sufficienza e disinteres-

se a quella notizia. La maggior parte delle persone del locale

si costringe a comportarsi come Marco. Qualcuno non resi-

stendo si volta a guardare l'attore. Qualcun altro lo saluta, fie-

ro di poter dimostrare che è un suo amico. L'attore ricambia i

saluti, poi confida alla bella ragazza che non sa chi sia quella

gente. Lei ride più o meno sinceramente. Forse diventerà dav-

vero una discreta attrice. Molti continuano a mangiare fin-

gendo di vederlo ogni giorno. In realtà non si capisce bene per-

ché il Matriciano vada così forte. La gente ci va per incontra-

re personaggi famosi, ma poi quando questi arrivano tutti fin-

gono di non vederli.

Più tardi fanno una breve passeggiata in centro. Entrano

76

da Giolitti e prendono un gelato. Babi quasi litiga con il ca-

meriere per avere doppia panna. Marco paga un supplemento

pur di accontentarla. Poi discutendo ancora del gelato, del ca-

meriere, di Giolitti e della doppia panna quasi non si accor-

gono di finire a casa di Marco. Aprono piano la porta per non

svegliare i genitori. Camminano in punta di piedi fino in ca-

mera sua. Chiudono la porta e con un po' di tranquillità ac-

cendono la radio. La tengono bassa. Un tenero bacio li porta

sul letto. A Tele Radio Stereo una calda voce femminile an-

nuncia un altro disco romantico. Un po' di luna entra spaval-

da dalla finestra. In quella magica penombra Babi si lascia ac-

carezzare. Lentamente Marco si riprende il vestito che le ha

regalato. Lei rimane in reggisene e mutandine. Lui la bacia tra

il collo e le spalle, accarezzandole i capelli, le sfiora il seno, la

piccola pancia liscia. Poi si tira su e la guarda.

Babi è lì, sotto di lui. Timida e leggermente impaurita, lo

fissa. Marco le sorride. I suoi denti bianchi appaiono nella pe-

nombra.

"Ero sicuro che avresti scelto questo completo. Sei bellis-

sima."

Babi dischiude le labbra. Marco si china su di lei bacian-

dola. Lei, quasi immobile, delicata e morbida accoglie il suo

bacio. Quella notte a Tele Radio Stereo passano le più belle

canzoni mai composte. O almeno così sembra a loro. Marco è

dolce e tenero e insiste a lungo per avere qualcosa di più. Ma

non serve a nulla. Ha solo il piacere e la fortuna di vedere co-

me lei sta senza il pezzo di sopra, nulla di più. Più tardi la por-

ta a casa. L'accompagna fino alla porta e la bacia teneramen-

te nascondendo quella strana rabbia. Poi torna guidando ve-

loce nella notte. Si ricorda quella canzone di Battisti che par-

lava di una ragazza che è uguale a una torta di panna monta-

ta. Una ragazza felice di non essere stata mangiata.

"Già, praticamente uguale a lei, e io ne ho assaggiato solo

un cucchiaino." Poi pensa a tutta la caccia al tesoro, a quanto

ha speso. Il tempo che ci ha messo per fare quelle frasi in ri-

ma. I posti che ha scelto e tutto il resto. Allora gira e decide di

andare al Gilda. Un altro pensiero gli toglie anche l'ultimo scru-

polo. Oltre a tutto il resto, Babi ha avuto pure il gelato con la

doppia panna.

7t

13.-**

I ricordi...

Improvvisamente c'è uno strano silenzio. La classe è come

immobile, sospesa nell'aria. Babi guarda le ragazze intorno a

lei, le sue amiche. Simpatiche, antipatiche, magre, grasse, bel-

le, brutte, carine. Pallina. Qualcuna sfoglia veloce il libro, al-

tre rileggono preoccupate la lezione. Una, particolarmente ner-

vosa, si massaggia gli occhi e la fronte. Qualcun'altra si ab-

bassa di fianco cercando di nascondersi. È arrivato il momento

dell'interrogazione. La Giacci passa il suo indice punitivo sul

registro. È tutta scena. Sa già dove fermarsi. "Giannetti!" Una

ragazza si alza lasciando sul banco le sue speranze e un po' del

colorito. "Festa." Anche Silvia prende il suo quaderno. È riu-

scita a copiare la versione per un pelo. Avanza tra due file di

banchi, e poi va alla cattedra e consegna il quaderno. Prende

posto anche lei vicino alla porta, di fianco alla Giannetti. Le

due si guardano sconsolate, cercando di farsi forza in quella

drammatica sorte comune. La Giacci alza la testa dal registro

e si guarda in giro. Alcune ragazze sostengono il suo sguardo

per mostrare che sono tranquille e sicure. Una finta prepara-

ta bluffa vistosamente, quasi offrendosi. Tutti i cuori spingo-

no un po' sull'acceleratore.

"Lombardi."

Pallina si alza. Guarda Babi. Sembra darle l'ultimo saluto.

Poi si dirige verso la cattedra, già condannata all'insufficienza.

Pallina prende posto tra la Giannetti e Silvia Festa che le

sorride. Poi le bisbiglia un "Cerchiamo di aiutarci" che fa ca-

dere Pallina nello sconforto più totale. La prima a essere in-

terrogata è la Giannetti. Traduce un pezzo della versione in-

ciampando su qualche accento. Cerca disperatamente alcune

parole che in italiano rendano abbastanza. Non trova mai da

quale verbo viene un difficile passato remoto. Ne indovina qua-

si per caso il participio futuro, ma non le viene mai il gerun-

78

divo. Silvia Festa tentenna sulla prima parte della traduzione,

la più facile. Non indovina un verbo, non ci si avvicina nep-

pure. Ammette praticamente di aver copiato la versione. Rac-

conta poi una strana storia su sua madre che non sta proprio

benissimo, come lei del resto, in quel momento. Non si sa co-

me, declina perfettamente un nome della terza. Pallina fa sce-

na muta. Le è toccata la terza parte della versione, la più dif-

ficile. La legge veloce, senza sbagliare un accento. Ma lì si fer-

ma. Tenta una traduzione azzardata della prima frase. Ma un

accusativo al posto sbagliato ne sta dando un'interpretazione

un po' troppo fantasiosa. Babi guarda preoccupata l'amica. Pal-

lina non sa che fare. Dal suo posto Babi apre il libro. Legge il

pezzo della versione. Controlla la frase tradotta correttamen-

te sul quaderno della compagna secchiona. Poi con un legge-

ro bisbiglio richiama l'attenzione di Pallina. La Giacci con aria

di annoiata sufficienza guarda fuori dalla finestra, aspettando

risposte che non arrivano.

Babi si stende sul banco e nascosta da quella davanti sug-

gerisce alla sua amica del cuore la perfetta traduzione del pez-

zo. Pallina le manda un bacio con la mano, poi ripete ad alta

voce, nell'esatto ordine, tutto quello che Babi le ha appena sug-

gerito. La Giacci, sentendo improvvisamente delle parole giu-

ste al posto giusto, si volta verso la classe. È tutto troppo per-

fetto perché sia solo un caso. Nella classe tutto è tornato nor-

male. Le ragazze sono ognuna al loro posto, immobili. Babi,

seduta correttamente, guarda la Giacci con gli occhi ingenui e

innocenti. Pallina quasi sfidando la sorte sorride. "Mi scusi pro-

fessoressa, avevo fatto un po' di confusione, mi sono inceppa-

ta, ma capita anche ai migliori, no?" Dopo la traduzione di so-

lito iniziano le domande sui verbi, e su quelli Pallina si sente

un po' più sicura. Il peggio è passato. La Giacci sorride. "Mol-

to bene Lombardi. Senti, traducimi ancora un pezzette, ecco

fino ad habendam." Pallina ricade nello sconforto più totale. Il

peggio deve ancora venire. Fortunatamente la Giacci torna a

guardare fuori. Babi legge la traduzione della nuova frase, poi

aspetta qualche secondo. È tutto tranquillo. Si distende sul ban-

co per suggerire di nuovo all'amica. Pallina controlla un'ulti-

ma volta la Giacci. Poi guarda verso Babi pronta a ripetere il

gioco. Ma proprio in quel momento la professoressa si gira len-

tamente. Si spinge in avanti sulla cattedra e coglie Babi in fla-

grante che suggerisce. Con la mano intorno alla bocca. Babi,

quasi avvertendo la sensazione di essere scoperta, si volta di

botto. La vede. I loro sguardi si incrociano attraverso le spalle

di alcune compagne immobili. La Giacci sorride soddisfatta.

79

"Ah, molto bene. Abbiamo una ragazza veramente prepa-

rata in questa classe. Gervasi, visto che la sa così bene, venga

lei a tradurci il resto della versione."

Pallina sentendosi colpevole interrompe la Giacci.

"Professoressa, mi scusi, ma è colpa mia, sono io che le ho

chiesto delle spiegazioni."

"Molto bene Lombardi, lo apprezzo. È molto nobile da

parte sua. Nessuno infatti discute che lei non sappia assolu-

tamente nulla. Ma ora vorrei sentire la Gervasi. Venga, venga

per favore." « ^

Babi si alza ma rimane al suo posto. "i.! ;'

i "Professoressa, non sono preparata." i. . «

"Va bene, ma lei venga lo stesso, venga."

"Non vedo perché dovrei venire fino a lì a dirle la stessa co-

sa. Non sono preparata. Mi scusi, non ho potuto studiare. Mi

metta un voto da impreparata."

"Benissimo allora le metto due, è felice?"

"Quasi quanto la Catinelli quando non passa le sue versio-

ni!" Nella classe tutte ridono. La Giacci sbatte la mano sul re-

gistro.

"Silenzio. Gervasi mi porti il diario: voglio vedere se sarà

felice anche della nota che dovrà far firmare. E soprattutto mi

faccia sapere se ne sarà felice sua madre." Babi porta il diario

alla professoressa che scrive qualcosa veloce e con rabbia. Poi

chiude il diario e glielo restituisce.

"Domani lo voglio vedere firmato." Babi pensa che ci sono

cose peggiori nella vita, ma forse è meglio non dare troppa pub-

blicità a questo suo pensiero. Torna in silenzio al suo posto.

Silvia Festa prende cinque. È fin troppo per la sua scarsa in-

terrogazione. Ma forse sono state premiate le sue scuse. Anche

in quelle però deve cercare di migliorare. Con tutti quei ma-

lanni sua madre prima o poi morirà.

Pallina torna al banco con un bel quattro che di nobile non

ha proprio nulla. La Giannetti riesce a strappare per un pelo

la sufficienza. La Giacci mettendole il voto le dedica anche un

proverbio latino. La Giannetti fa una strana smorfia scusan-

dosi per non saper bene cosa dire. In realtà non ha capito un

bel nulla. Più tardi la sua compagna di banco, la Catinelli, le

traduce anche quello. È la macabra storia di uno con un oc-

chio solo che è tutto felice di vivere in un posto pieno di cie-

chi. Babi apre il diario. Va in fondo, alle ultime pagine. Vicino

all'elenco alfabetico delle sue compagne ha messo dei fogli do-

ve segna tutte quelle che vengono interrogate. Mette gli ultimi

pallini nel foglio di latino a Giannetti, Lombardi e Festa. Con

80

quella di Silvia finisce il secondo giro di interrogazioni. Poi Ba-

bi mette un pallino vicino al suo nome. La prima interrogata

del nuovo giro. Niente male iniziare con un due. Per fortuna

gli altri voti sono alti. La media matematica deve darle anco-

ra almeno un sei. Richiude il diario. Una compagna della fila

laterale le lancia un biglietto sul banco. Babi lo nasconde su-

bito. La Giacci sta scegliendo la nuova versione per la prossi-

ma settimana. Babi legge il biglietto.

Brava, bravissima! Sono fiera di avere un'amica così. Sei

una capa. P. Babi sorride, capisce subito per chi sta quella P.

Si gira verso Pallina e la guarda. È troppo simpatica. Mette il

biglietto dentro il diario. Poi improvvisamente si ricorda del-

la nota. Va subito a leggerla.

Alla gentilissima Signora Gervasi. Sua figlia è venuta alla le-

zione di latino completamente impreparata. Come se non ba-

stasse, venendo interrogata, ha risposto in maniera impertinen-

te. Desidero renderle noto questo comportamento. Cordialmen-

te, prof.ssa A. Giacci.

Babi chiude il diario. Guarda la professoressa. È proprio

una stronza. Poi pensa a sua madre. Una nota, capirai! La met-

terà probabilmente in punizione. Ne farà una storia lunghis-

sima. E chissà cos'altro ancora. Di una cosa è sicura. Sua ma-

dre non le dirà mai: "Brava Babi, sei una capa".

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81

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J* J "

Un cane lupo corre veloce sulla spiaggia con un bastone in

bocca. Raggnippa le gambe e subito le slancia, quasi sfioran-

do la sabbia, alzandone degli spruzzi. Raggiunge Step. Si la-

scia sfilare il bastone di bocca sbavando un po'. Poi si accuc-

cia, con la testa piegata tra le zampe anteriori, unite, distese

vicine a terra. Step fa finta di tirare il bastone a destra. Il cane

fa uno scatto, ma poi si accorge che sarebbe inutile. Step fin-

ta di nuovo.

Alla fine lancia il bastone lontano, nell'acqua. Il cane par-

te. Si tuffa nel mare senza indugio. Con la testa sollevata

avanza fra qualche piccola onda e una lieve corrente. Il pez-

zo di legno galleggia poco più in là. Step si siede a guarda-

re. È una bella giornata. Non c'è ancora nessuno. Improvvi-

samente, un forte rumore. Una gran luce. Il cane sparisce.

L'acqua anche, il mare, le montagne lontane, le colline lì a

destra, la sabbia.

"Che cavolo succede?"

Step si gira nel letto coprendosi la faccia con il cuscino.

"Che cazzo è quest'invasione?" Pollo dopo aver tirato su la

tapparella apre la finestra.

"Mamma mia che puzza! Meglio che apriamo un po'. Tie-

ni, ti ho portato dei tramezzini." Pollo gli butta la busta verde

di Euclide sul letto. Step si tira su e si stiracchia un po'.

"Chi t'ha aperto, Maria?"

"Sì, sta facendo il caffè."

"Ma che ore sono?" ' -

"Le dieci." - '

Step si alza dal letto.

"Mortacci tua, ma non mi potevi far dormire un po' di più?"

Step va in bagno. Tira su la tavoletta che sbatte contro le mat-

tonelle facendo un rumore secco. Nell'altra camera Pollo apre

il "Corriere dello Sport" e alza un po' la voce. - -

82

"Mi devi accompagnare a ritirare la moto da Sergio. Mi ha

telefonato che è pronta. Oh, hai visto che la Lazio ha confer-

mato Stani, il difensore del Manchester. Troppo forte Jaap."

Pollo comincia a leggere un articolo, poi, sentendo che Step

non accenna a finire:

"Oh ma che, ti sei bevuto un fiume?".

Step spinge il pulsante dello scarico.

Torna in camera da letto, prende il pacchetto di Euclide.

"Sei giustificato solo perché ti sei presentato con questi."

Poi va in cucina seguito da Pollo. La caffettiera ancora fumante

è posata su un piattino di legno. Vicino c'è un pentolino con il

latte scaldato e dell'altro freddo nel solito cartone azzurro, il

tipo intero.

Maria, la donna delle pulizie, è una piccola signora di cir-

ca cinquantanni. Esce dallo stanzino lì vicino dove ha appena

finito di stirare.

"Maria, lo vede questo?" Step indica Pollo. "Qualunque co-

sa fa o dice, in questa casa lui non deve entrare prima delle un-

dici." Maria lo guarda un po' preoccupata.

"Gliel'ho detto che lei voleva dormire. Ma sa cosa mi ha ri-

sposto? Che se non aprivo sfondava la porta." Step guarda Pollo.

"Hai detto così a Maria?"

"Ma veramente..." Pollo sorride. Step finge di essere ar-

rabbiato.

"Le hai detto questa cosa? Mi intimorisci Maria...?" Step

prende al volo il collo tozzo di Pollo portandoselo sotto il brac-

cio e immobilizzandogli la testa. "Hai detto così, eh? Fai il na-

zista a casa mia e mo' so' cavoli tuoi." Prende il bricco del lat-

te bollente e glielo avvicina alla faccia.

Pollo avverte il calore e urla esagerando. "Ahia Step, bru-

cia... Dai cazzo, mi fai male." Step stringe un po' di più.

"Ah, dici pure le parolacce, ma allora sei pazzo. Chiedi su-

bito scusa a Maria. Avanti, chiedile scusa." Maria guarda preoc-

cupata la scena. Step avvicina ancora di più il bricco alla fac-

cia di Pollo.

"Ahia, mi hai bruciato. Mi scusi Maria, scusi." Maria si sen-

te colpevole di tutto quello che sta accadendo.

"Step lo lasci. Mi sono sbagliata. Non ha detto che sfonda-

va la porta. Sono io che ho capito male. Ecco, ha detto che pas-

sava più tardi. Sì, ora mi ricordo, ha detto proprio così." Step

lascia Pollo. I due amici si guardano. Poi scoppiano a ridere.

Maria li guarda non capendo bene. A un certo punto Step si ri-

prende.

"Va bene Maria. Grazie. È che questo tipo avrebbe bisogno

83

di una lezione. Può andare di là. Vedrà che da oggi in poi si

comporterà meglio."

Maria guarda dispiaciuta Pollo. Con un'occhiata cerca di

fargli capire che non avrebbe voluto che si arrivasse a tanto.

Poi prende della roba appena stirata e la porta di là. Step di-

vertito la guarda allontanarsi. Poi si gira verso Pollo. "Ma che,

sei scemo? Dai, mi terrorizzi la cameriera?"

"Ma quella non voleva aprirmi."

"Va bene, ma tu chiedi per favore no? Che fai, le dici che

sfondi la porta? La prossima volta te la brucio sul serio quella

facciaccia che c'hai."

"Allora tu lasciami le chiavi, no?"

"Sì, così quando sto fuori mi ripulisci casa."

"Ma che, stai scherzando? Veramente pensi che potrei fa-

re una cosa simile?"

"No, forse no. Nel dubbio però è meglio non darti questa

possibilità."

"Che infame che sei, restituiscimi subito i tramezzini."

Step sorride e ne fa sparire immediatamente uno divoran-

dolo. Pollo apre il giornale e fa finta di essersi offeso. Step si

versa del caffè, poi ci mette il latte caldo e un po' di quello fred-

do. Poi guarda Pollo. "Vuoi un po' di caffè?"

"Sì, grazie" risponde con finto distacco. Non è ancora di-

sposto a cedere del tutto. Step gliene versa un po' in una tazza.

"Dai, mi faccio una doccia e ti accompagno a prendere la

moto." Pollo beve un po' di caffè.

"C'è solo un piccolo problema. Mi mancano duecento eu-

ro."

"Ma come, con tutta la roba che ti sei fottuto ieri sera?"

"Avevo un sacco di debiti. Ho dovuto pagare gli alimenta-

ri, la tintoria e poi dovevo restituire dei soldi a Furio, quello

del Toto."

"Che cazzo giochi al Toto nero se non hai mai un euro."

"È per quello, tento il colpo gobbo. Comunque mi sono te-

nuto centocinquanta euro per la moto. Invece Sergio mi ha te-

lefonato e ha detto che ha dovuto cambiare anche l'altro pi-

stone, cuscinetti e tutto il resto. Poi cambio olio completo e al-

tre cose che non mi ricordo. Morale: quattrocento euro. Caz-

zo, la moto mi serve. Stasera c'è la corsa, lì dovrei alzare al-

meno un centone. Tu che fai, vieni?"

"Non lo so. Intanto dobbiamo trovare i duecento euro."

"Già. Sennò non si va da nessuna parte."

"Tu non vai da nessuna parte." Step gli sorride, poi va nel-

la camera di Paolo, suo fratello. Comincia a frugare nelle giac-

84

che. Apre i cassetti dell'armadio. Poi passa al comodino del let-

to. Pollo è sulla porta che lo guarda. Controlla in giro. Step se

ne accorge.

"Che cazzo stai a fare lì impalato. Ti metti a fare il palo a

casa mia? Dai, dammi una mano."

Pollo non se lo fa ripetere due volte. Va dall'altra parte del

letto. Apre il cassetto dell'altro comodino.

"Tipo prudente tuo fratello, eh?" Pollo guarda Step. Ha in

mano una scatola di Settebello e un sorriso ebete sulla faccia.

"Prudentissimo! È così prudente che non lascia più nean-

che mezzo euro in giro."

"Be', ha ragione. Dopo tutte le volte che lo abbiamo ripu-

lito..." Pollo si mette tre preservativi in tasca prima di rimet-

tere a posto la scatola. Malgrado tutto è un ottimista. Step cer-

ca ancora in qualche possibile nascondiglio.

"Niente da fare, non c'è un cazzo da nessuna parte. Io non

ho un euro da prestarti." Sulla porta passa Maria con alcune

magliette e felpe di Step nella mano destra e le camicie di Pao-

lo perfettamente stirate in quella sinistra.

Pollo la indica con la testa. "E a lei? Possiamo chiederli?"

"Macché! Le devo ancora i soldi dei giornali dell'altra set-

timana."

"E allora come facciamo?"

"Ci sto pensando. Il Siciliano e gli altri sono più accanna-

ti di noi, quindi neanche a parlarne. Mia madre è fuori."

"Dove?"

"Alle Canarie credo, o alle Seychelles. Comunque anche se

fosse qui non sarebbe proprio il caso." Pollo annuisce. Sa per-

fettamente come sono i rapporti tra Step e sua madre.

"E tuo padre? Non te li potrebbe prestare?" Step prende

una maglietta appena stirata e la mette sul letto dove ha già

preparato dei boxer neri e i jeans.

"Sì, ci vado oggi a mangiare. Mi ha chiamato ieri dicendo

che mi deve parlare. Tanto già lo so che mi dice. Mi chiederà

cosa ho intenzione di fare con l'università e tutto il resto. E io

che faccio? Invece di rispondergli gli dico: papa dammi due-

cento euro che devo ritirare la moto di Pollo, eh? Direi proprio

di no. Maria!" La donna compare sulla porta. "Scusi, dove sta

il giubbotto blu?"

"Quale, Stefano?"

"È come quello verde militare, solo blu, l'ho comprato l'al-

tro giorno. È tipo quello dei poliziotti."

"Ah, ho capito qual è, l'ho messo all'entrata, nell'armadio

di suo fratello. Pensavo fosse suo." Step sorride. Paolo con un

85

giubbotto del genere. Sarebbe tutto un programma. Lui e i suoi

completi. Step va nel corridoio. Apre l'armadio. Eccolo lì il suo

giubbotto. Facile da trovare. È l'unico fra tutte quelle giacche

a quadri e quei completi grigi.

Step ne approfitta e rovista anche tra quelli, niente da fa-

re. Poi torna in camera. Pollo è sul letto. Ha il portafoglio aper-

to. Ricontrolla le sue finanze sperando in un miracolo che non

è avvenuto. Lo chiude sconfortato. "Allora?" i

"Stai allegro. Ho trovato la soluzione." '<«.««

Pollo guarda speranzoso l'amico. ' -*.«- ~:w -* , H-

"E sarebbe?" r «iti-. , < <

"I soldi ce li darà mio fratello." e-i, , \ , > ^

"E perché dovrebbe darceli?"

"Perché io lo ricatterò." ?»

Pollo è più tranquillo. "Ah certo!" D'altronde per lui ricat-

tare un fratello è la cosa più naturale del mondo. Per urtjii&tti-

mo gli dispiace di essere figlio unico. i

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Paolo, il fratello di Step, è nel suo ufficio. Vestito elegan-

temente, seduto a una scrivania che non gli è da meno, con-

trolla alcune pratiche del signor Forte, uno dei più importan-

ti clienti della finanziaria. Paolo ha studiato alla Bocconi. Lau-

reato con lode, è tornato da Milano e ha trovato subito un ot-

timo posto come commercialista. D'altronde è un bocconiano.

In realtà il padre, con tutte le sue conoscenze, lo ha racco-

mandato. Ma se è riuscito a mantenere il posto e ha la stima

di tutto il piano è merito suo. È anche vero però che m quella

finanziaria non hanno mai cacciato nessuno.

Una giovane segretaria con una camicia di seta color cre-

ma, forse un po' troppo trasparente per quel mondo di tasse e

sgravi fiscali dove la trasparenza non è proprio all'ordine del

giorno, entra nell'ufficio di Paolo.

"Dottore?"

"Sì, mi dica." Paolo smette di controllare le carte per dedi-

carsi interamente al reggisene della segretaria e subito dopo a

quello che ha da dirgli.

"C'è suo fratello con un amico. Li faccio entrare?"

Paolo non fa in tempo a inventare una scusa. Step e Pollo

piombano nel suo ufficio.

"Certo che mi fa entrare. Cazzo, sono suo fratello! Sangue

del suo sangue, signorina. Noi ci dividiamo tutto. Ha capito?

Tutto." Step tocca il braccio della segretaria alludendo così al-

l'eventuale ma remota possibilità che a Paolo quella giovane e

bella ragazza oltre alle pratiche e alla lista delle telefonate pas-

si qualcos'altro. "Quindi io qui posso entrare sempre, vero Fa'?"

Paolo annuisce.

"Certo." La segretaria guarda Step; pur essendo abituata a

trattare con signori più anziani, subdoli e incravattati, lo trat-

ta con rispetto.

"Mi scusi. Non lo sapevo." ì» ma,»

87

"Bene, ora lo sa." Step le sorride. La segretaria si guarda il

braccio trattenuto da Step.

"Posso andare ora?"

Paolo, che malgrado i nuovi occhiali non si è accorto di

nulla, le da il permesso. "Certo, grazie, vada pure signorina."

Rimasti soli, Pollo e Step si siedono sulle due poltrone girevo-

li di pelle davanti alla scrivania di Paolo. Step ci si sbraca pro-

prio. Poi si da una spinta con il piede.

"Mazza, te le scegli bene le tue segretarie." Step fa un giro

completo e torna di fronte al fratello. "Di' la verità, te la sei fat-

ta, eh? O te la sei fatta o hai tentato di fartela e lei non c'è sta-

ta. In questo caso la licenzierei, che te frega."

Paolo lo guarda scocciato. "Step, è possibile che ti devo ri-

petere sempre le stesse cose? Quando vieni qua dentro non po-

tresti dire meno parolacce, fare meno casino? Io qua ci lavo-

ro. Mi conoscono tutti."

"Perché, che ho fatto? Ho fatto qualcosa Pollo? Diglielo an-

che tu che non ho fatto niente."

Pollo guarda Paolo cercando di fare il più possibile una fac-

cia convincente. "È vero, non ha fatto niente."

Paolo sospira.

"Tanto è inutile parlare con voi due, è solo fatica sprecata.

Come ieri sera. Te l'ho chiesto mille volte quando torni tardi

di fare piano, e tu niente. Fai sempre un gran macello."

"No Pa', scusa. Ieri sono tornato che avevo fame. Che fa-

cevo, non mangiavo? Mi sono solo preparato una bistecca."

Paolo fa un sorriso ironico al fratello.

"Non è che io non voglio che mangi. Il problema è come lo

fai, come fai tutto... Sempre facendo rumore, sbattendo gli

sportelli, il frigorifero, fregandotene del fatto che ci sono io che

dormo, che mi devo svegliare presto! Intanto a te che ti frega?

Ti alzi quando ti pare... Piuttosto, so che oggi vai a pranzo da

papa."

Step si siede meglio.

"Sì, perché? Avete parlato di me?"

"No, me l'ha detto lui. Mi ha telefonato prima. Figurati se

parliamo di te, io non so mai niente di te." Paolo guarda me-

glio il fratello. "So solo che ti vesti sempre così male, con que-

sti giubbotti scuri, con i jeans, le scarpe da ginnastica. Sembri

proprio un teppista."

"Ma io sono un teppista."

"Step, smettila con questa cretinata. Piuttosto, perché sei

venuto qua? Sul serio... Che, c'è qualche problema?"

Step guarda Pollo, poi di nuovo il fratello. v>

"Nessun problema, mi dovresti dare trecento euro."

"Trecento euro? Ma che, sei pazzo? E che, io i soldi li tro-

vo così?"

"Va bene, allora dammene duecento."

"Ma neanche a parlarne, non ti do un bel niente."

"Ah sì?" Step si sporge verso di lui sulla scrivania. Paolo

impaurito indietreggia. Step gli sorride. "Ehi fratello, calma,

non ti farei mai nulla, lo sai." Poi spinge l'interfono collegato

con la segretaria. "Signorina, può venire un momento?"

La segretaria non fa caso alla differenza di voce.

"Arrivo subito."

Step si siede comodo sulla poltrona, poi sorride a Paolo.

"Allora caro fratellino, se non mi dai subito i duecento euro,

quando arriva la tua segretaria io le strappo via le mutande."

"Cosa?" Paolo non fa in tempo a dire altro. La porta si apre.

La segretaria entra.

"Sì, dottore?"

Paolo cerca di salvarsi. "Niente, signorina, vada pure." Step

si alza.

"No, signorina, scusi, aspetti un momento." Step va vicino

alla segretaria. La ragazza rimane a guardare tutti e tre in si-

lenzio senza capire bene che fare. Quella situazione è un po'

diversa dai compiti che deve solitamente svolgere. La segreta-

ria guarda interrogativa Step.

"Cosa c'è?" Step la guarda sorridente.

"Vorrei sapere quanto costano le mutande che porta."

La segretaria lo guarda imbarazzata. "Ma veramente..."

Paolo si alza.

"Step ora basta! Signorina, può andare..." Step la ferma per

un braccio.

"Aspetti solo un attimo, scusi. Paolo? Dai a Pollo quello che

gli devi e dopo la signorina se ne può andare!" Paolo prende il

portafoglio dalla tasca interna della giacca, tira fuori alcune

banconote da cinquanta euro e le mette con rabbia in mano a

Pollo. Pollo le conta, poi fa segno a Step che è tutto a posto.

Step lascia andare la segretaria sorridendole... "Grazie signo-

rina, lei è il massimo dell'efficienza. Senza di lei non avrem-

mo saputo proprio come fare."

La segretaria si allontana scocciata. Non è completamen-

te stupida, e soprattutto non la diverte affatto andare in giro a

dire quanto costi la sua biancheria intima. Paolo si alza dalla

poltrona e fa il giro della scrivania.

"Bene, avete avuto i soldi. Ora fuori di qui, che mi avete

scocciato." Fa per spingerli, poi ci ripensa. È meglio colpir-

li verbalmente. "Step, continua così, finirai nei guai come al

solito!"

Step guarda il fratello. "Scherzi? Quali guai? Io non sto

mai nei guai. Io e i guai siamo due cose che non si sono mai

incontrate. I soldi li devo prestare a un mio amico, uno che ha

un piccolo problema, tutto qui." Pollo sentendosi tirato in bal-

lo sorride con gratitudine all'amico. "E poi Paolo, che figura

ci fai davanti a Pollo? Sono solo duecento euro. Sembra che ti

abbia chiesto chissà che. Ne stai facendo una storia infinita."

Paolo si siede sul bordo della scrivania.

"Non so com'è, ma con te finisce che sono sempre in torto

io..."

"Non dire così, magari a furia di stare in questo ufficio, a

trattare tutti quei soldi, vi viene una specie di malattia e non

riuscite più a dare, a prestare qualcosa."

"Allora si tratta di un prestito?"

"Certo, ti ho sempre restituito tutto, no?" Paolo fa una fac-

cia poco convinta. Le cose non sono andate proprio così. Step

fa fìnta di non accorgersene. "Allora di che ti preoccupi? Ti re-

stituirò anche questi. Piuttosto, dovresti svagarti un po'. Di-

vertirti. Sei così pallido... Perché non ti vieni a fare un bel gi-

ro in moto con me?"

Paolo in un eccesso di simpatia si toglie gli occhiali.

"Cosa? Stai scherzando? Mai. Piuttosto la morte. A propo-

sito di morte... visto che ci è andato molto vicino. Ieri sera so-

no andato al Tartarughino e sai chi ho incontrato?"

Step ascolta distratto. Al Tartarughino non potrebbe mai

andarci qualcuno che lo interessa. Comunque decide di far

felice il fratello. In fondo, gli ha pur sempre dato duecento

euro.

"No, chi c'era?"

"Giovanni Ambrosini."

Step ha una specie di sussulto. Un tuffo al cuore. Subito la

rabbia monta dentro di lui, ma lo nasconde perfettamente.

"Ah sì?"

Paolo continua il suo racconto.

"Stava con una bella donna, una molto più grande di lui.

Quando mi ha visto si è guardato preoccupato in giro. Sem-

brava terrorizzato. Secondo me aveva paura che ci fossi anche

tu. Poi, quando ha visto che non c'eri, si è tranquillizzato. Mi

ha perfino sorriso. Se così si può definire una specie di smor-

fia. La mascella non gli è più tornata a posto. E poi lo sai me-

glio di me. Ma si può sapere perché lo hai menato in quel mo-

do, non me l'hai mai detto..." ,$t,i SK| fei A'ìinj'rtjr <:

90

È vero, pensa Step. Lui non lo sa. Non ha mai saputo nul-

la. Step prende Pollo sottobraccio e va verso l'uscita. Sulla por-

ta si gira. Guarda il fratello. Sta lì seduto alla sua scrivania.

Con quegli occhialetti tondi, i capelli dal taglio costoso per-

fettamente pettinati, vestito in maniera impeccabile con quel-

la camicia stirata proprio come lui stesso ha insegnato a Ma-

ria. No, non avrebbe mai dovuto sapere. Step gli sorride.

"Vuoi sapere perché ho menato Ambrosini?"

Paolo annuisce.

"Sì, magari."

"Perché mi diceva sempre di vestirmi meglio."

Escono così come sono entrati. Strafottenti e divertiti. Con

quell'andatura ciondolante, un po' da duri. Passano accanto

alla segretaria. Step le dice qualcosa. Lei rimane a guardarlo.

Poi prendono l'ascensore. Arrivano al pianoterra. Step saluta

il portiere.

"Ciao Martinelli. Offrici due svapore, va'."

Martinelli tira fuori dalla tasca della giacca un pacchetto

morbido di sigarette poco costose. Fa uno scatto con la mano

verso l'alto facendone spuntare fuori alcune. Pollo e Step sac-

cheggiano il pacchetto. Ne prendono più del dovuto. Poi, sen-

za aspettare che il portiere gliele accenda, si allontanano. Mar-

tinelli guarda Step. Com'è diverso dal fratello. Il dottore dice

sempre grazie, per qualsiasi cosa.

In quel momento il citofono lì vicino suona. Martinelli guar-

da l'interno. È proprio quello dell'ufficio del fratello di Step.

Martinelli collega lo spinotto.

"Pronto dottor Mancini, mi dica."

"Può salire un attimo da me, per favore?"

"Certo, arrivo subito."

ti /-\ »

Grazie.

Martinelli prende l'ascensore e sale al quarto piano. Paolo

è lì che lo aspetta sulla porta dell'ufficio.

"Venga Martinelli, entri." Paolo lo fa accomodare, poi chiu-

de la porta. Il portiere rimane lì di fronte a lui, in piedi, leg-

germente a disagio. Paolo si siede. "Prego Martinelli, si acco-

modi." Martinelli prende posto nella poltrona di fronte a Pao-

lo, sedendosi con rispetto, quasi in punta, preoccupato di oc-

cupare troppo posto. Paolo incrocia le mani. Gli sorride. Mar-

tinelli ricambia, ma è sulle spine. Vuole sapere il perché di quel-

l'incontro. Ha fatto qualcosa di male? Ha sbagliato? Paolo so-

spira. Sembra deciso a svelargli il mistero. "Senta Martinelli,

lei dovrebbe farmi un favore." Martinelli sorride rilassato. Si tran-

quillizza e occupa più posto sulla sedia. . j» t*ii

91

: "Mi dica, dottore. Faccio tutto quello che vuole, se posso."

! Paolo si appoggia allo schienale. - >

' "Non faccia più entrare qui mio fratello."

Martinelli sgrana gli occhi.

"Cosa, Dottore? Veramente non lo devo fare più passare? E

che gli dico? Se quello si arrabbia, ci vorrebbe Tyson giù alla por-

ta." Paolo guarda meglio quel signore tranquillo, i suoi grigi ve-

stiti in tinta con il colore dei capelli e con quello di tutta un'esi-

stenza. Immagina Martinelli bloccare Step sul portone: "Mi scu-

si, ho avuto delle disposizioni. Lei non può entrare". La di-

scussione. Step che si altera. Martinelli che alza la voce. Step

che si ribella. Martinelli che lo spinge via. Step che lo prende

per la giacca, lo sbatte al muro e poi sicuramente il resto, co-

me da copione...

"Ha ragione, Martinelli. È stata un'idea sbagliata. Lasci per-

dere, me ne occuperò io. Ci parlerò a casa." Martinelli si alza.

"Qualunque altra cosa, dottore, la faccio volentieri. Sul se-

rio, ma questa..."

"No, no, ha ragione. Ho sbagliato io a chiederglielo. Gra-

zie, grazie lo stesso." Martinelli esce dall'ufficio. Prende l'a-

scensore e torna giù al pianoterra. Se l'è vista brutta. E chi lo

ferma quell'energumeno? Tira fuori il pacchetto. Decide di fe-

steggiare con una bella sigaretta lo scampato pericolo. Meno

male che il dottore è un tipo comprensivo. Non come suo fra-

tello. Step gli ha fregato mezzo pacchetto e non ha neanche

detto grazie. Nemmeno una volta.

E poi dicono che fare il portiere è un lavoro tranquillo. Mar-

tinelli sospira, poi si accende una MS.

Al quarto piano Paolo guarda fuori dalla finestra. Prova

uno strano senso di soddisfazione. In fondo, ha fatto una buo-

na azione. Ha salvato la vita a Martinelli. Torna a sedersi. Be',

senza esagerare. Gli ha risparmiato un sacco di guai. Entra la

segretaria con alcuni fascicoli.

"Tenga, queste sono le pratiche che mi ha chiesto..."

"Grazie signorina."

La segretaria lo guarda un attimo.

"È un tipo strano suo fratello. Non vi assomigliate molto

voi due."

Paolo si toglie gli occhiali, nel vano tentativo di essere più

affascinante.

"È un complimento?"

La segretaria mente.

"In un certo senso sì. Spero che lei non vada in giro a chie-

dere alle ragazze quanto costano le loro mutandine..." i-suifts

92

Paolo sorride imbarazzato. - * >

"Oh no, questo certo no."

Anche se senza occhiali non ci vede poi molto, i suoi occhi

finiscono inevitabilmente sulla camicetta trasparente. La se-

gretaria se ne accorge ma non fa assolutamente nulla.

"Ah, suo fratello mi ha detto di dirle che lei è troppo buo-

no con me, che non avrebbe dovuto pagare e fargli fare quel-

la cosa." La segretaria diviene stranamente insistente. "Se pos-

so chiederglielo... Quale cosa dottore?"

Paolo guarda la segretaria. Il suo bel corpo. Quella gonna

perfetta e impeccabile che copre le sue gambe tornite. Forse

suo fratello ha ragione. Immagina la segretaria mezza nuda

con Step che le strappa via le mutandine. Si eccita.

"Niente signorina, era solo uno scherzo."

La segretaria se ne va leggermente delusa. Paolo fa appe-

na in tempo a inforcare gli occhiali e a mettere a fuoco quel

provocante fondoschiena che si allontana più o meno profes-

sionalmente.

Che coglione! Avrei dovuto farglielo fare. Se Step non gli

avesse restituito quei soldi, sarebbe stato il peggiore affare de-

gli ultimi anni. No, non il peggiore. Quello lo ha fatto il signor

Forte. Ha affidato i suoi gravi problemi fiscali a un commer-

cialista che ancora deve risolvere i suoi problemi familiari.

Non si può passare una mattinata a discutere con il fratello e

alla fine pagarlo pur di non fargli togliere le mutande alla se-

gretaria.

Con un senso di colpa, Paolo torna alla pratica del signor

Forte.

! l'itti M

; tu

93

16.

In una piccola via stretta, dentro un semplice garage, c'è

Sergio, il meccanico. Indossa una tuta blu con un rettangolo

bianco, verde e rosso della Castrol sulla schiena. Non si capi-

sce se è stato sponsorizzato per le corse che ha fatto diversi an-

ni prima o per tutto l'olio che cambia ai motorini. Fatto sta che

ogni volta, quando gli portano una moto, qualunque proble-

ma abbia, lui, dopo averla provata, finisce sempre allo stesso

modo: "C'è da fare qualche lavoretto e poi facciamo un bel cam-

bio completo dell'olio".

Mariolino, il suo assistente, è un ragazzo dall'aria non mol-

to sveglia. Per lui Sergio è un genio, un idolo. Un dio dei mo-

tori. Quando lavorano Mariolino mette sempre su il disco di

Battisti. Io tu noi tutti. Quando nella canzone Sì, viaggiare ar-

riva il pezzo che dice "quel gran genio del mio amico, lui sa-

prebbe come fare, lui saprebbe come aggiustare, ti regolereb-

be il minimo alzandolo un po'" Mariolino fa un enorme sorri-

so. "Cazzo Se', sta proprio a parla' de te, eh?" Sergio continua

a lavorare poi si passa una mano tra i capelli rendendoli an-

cora più unti.

"Certo, mica ce la può avere con te. Tu con un cacciavite

in mano fai solo danni, altro che miracoli."

Un vecchio Free blu spinto da un giovane farlocco oc-

chialuto si ferma davanti al garage. Sono arrivati tutti e due.

Il Free ha la ruota posteriore bloccata. Il farlocco si toglie gli

occhiali e si asciuga la faccia sudata. Sergio prende in con-

segna il motorino. Deciso e sicuro sfila il copritelaio. Sem-

brerebbe un chirurgo se non fosse che non indossa i guanti

e che le sue mani sono tutte sporche d'olio. Inoltre un buon

chirurgo non si sceglierebbe mai un secondo come Marioli-

no. Il farlocco è lì davanti. Guarda preoccupato quel lento

meccanico sezionare il suo Free. Come il familiare di un pa-

ziente, preoccupato però non di quanto sia grave la sua ma-

94

lattia, ma, molto più materialmente, di quanto possa costa-

re l'intera operazione.

"C'è da cambiare il variatore, non è uno scherzo."

La moto di Step frena davanti al garage. Un'ultima sgasa-

ta fa sentire quanto quella VF 750 non abbia affatto bisogno di

cure. Sergio si asciuga le mani con uno straccio.

"Ciao Step, che c'è? Qualche problema?" Step sorride. Bat-

te la mano affettuosamente sul serbatoio della sua Honda.

"Questa moto non conosce quella parola. Siamo venuti a

ritirare il catorcio di Pollo." Pollo si è intanto avvicinato alla

sua moto. Il vecchio Kawa 550. La tragica "cassa da morto".

"È tutto a posto. Ho dovuto cambiare i pistoni, le fasce e

tutto il blocco motore. Ma alcuni pezzi te li ho presi usati." Ser-

gio elenca altri lavori molto costosi. "E poi gli abbiamo fatto

un cambio completo dell'olio." Pollo lo guarda. Con lui non at-

tacca. Sergio non ci prova nemmeno. "Ma quello non te lo met-

to in conto. È un regalo."

Un anno prima Sergio aveva avuto una violenta discussio-

ne e da allora aveva imparato a trattare con quei due.

È primavera. Step gli porta la sua Honda appena compra-

ta per fare il tagliando. "C'è anche da dare una guardata alla

cupoletta laterale che vibra..."

Qualche giorno dopo Step torna da Sergio per ritirare la

moto. Paga il conto senza fare discussioni, compreso il cam-

bio dell'olio completo. Ma quando prova la moto, la cupoletta

vibra ancora. Step torna lì con Pollo e glielo fa presente. Ser-

gio gli assicura di averla aggiustata. "Se vuoi comunque te la

metto a posto di nuovo, solo che devi prendere un altro ap-

puntamento e naturalmente pagarmi il lavoro." Come se que-

sto non bastasse, Sergio commette un errore enorme. Si avvi-

cina a Step, gli batte con la mano sulla spalla e soprattutto se

ne esce veramente male.

"E poi tu chissà come la porti quella moto. Per quello l'hai

sfasciata di nuovo la cupoletta."

Step non ci vede più. La sua moto è insieme a Pollo l'uni-

ca cosa alla quale tiene veramente. Inoltre odia quelli che ti

parlano toccandoti.

"Ti sbagli. È molto facile sfasciare i pezzi laterali di una

moto. Stai a guardare eh..."

Step va in fondo alla fila delle moto davanti al garage. Da

un calcio violento alla prima. Una Honda 1000, rossa e pesan-

te si abbatte su quella che gli sta a fianco, una 500 Custom te-

nuta perfettamente. Anche questa va giù, su una suzuki 750 e

poi giù ancora, su un SH 50 bianco e leggero. Moto costose e al-

95

la moda, motorini nuovi e modelli passati si abbattono uno sul-

l'altra con un rumore di ferraglia terribile, finendo a terra, so-

spinti da quell'onda di distruzione, tipo un piccolo grande do-

mino, giocato ad alto prezzo. Sergio prova a fermarle. È tutto

inutile. Anche l'ultimo Peugeot cade a terra lateralmente rovi-

nandosi la fiancata. Sergio rimane esterrefatto. Step gli sorri-

de. "Hai visto come è facile?" Poi, prima che Sergio possa dire

qualcosa, Step continua: "Se non mi aggiusti subito la moto, ti

do fuoco al garage". Dopo nemmeno un'ora la cupoletta è a po-

sto. Non vibrò mai più. Step naturalmente non pagò nulla.

Il farlocco aspetta silenzioso in un angolo guardando preoc-

cupato il suo Free a motore aperto. Sergio entra per prendere

le chiavi del Kawa di Pollo.

"Va bene ragazzo. Lasciamelo pure. Vediamo un po' che si

può fare." Quest'ultima espressione preoccupa ancora di più

il farlocco. Pensa giustamente che il suo Free sia ormai a una

fase terminale.

"Quando posso passare?"

"Anche domani." Il giovane occhialuto a questa notizia si

riprende un po'. Sorride e si allontana stupidamente felice. Ser-

gio consegna le chiavi a Pollo. Il Kawasaki improvvisamente

torna a ruggire. Il fumo esce potente dalle marmitte. I giri sal-

gono veloci. Pollo da gas due o tre volte, poi sorride felice. Step

lo guarda. È proprio un bambino. Pollo sorride un po' meno

quando Sergio gli fa il conto. Ma se l'aspettava. Ha grippato, e

cambiare pistoni e tutto il resto non è certo uno scherzo. Pol-

lo arriva per un pelo a pagare il conto. Sergio si mette i soldi

in tasca. Naturalmente non emette fattura.

"Mi raccomando Pollo, adesso è come in rodaggio. Vacci

piano." Pollo lascia la manopola del gas.

"Cazzo è vero, non ci avevo pensato. Stasera c'è la gara e

io non ho la moto lo stesso. Tutto questo casino non è servito

a niente."

Pollo guarda Step.

"Però tu potresti..."

Step, capendo al volo dove vuole arrivare, ferma subito l'a-

mico.

"Alt. Frena. La mia moto non si tocca. Ti presto quello che

vuoi, ma la moto no. Una volta tanto stai a guardare, eh."

"Sì, e che faccio?"

"Fai il tifo per me. Io stasera corro." V

Sergio li guarda con un senso di invidia. .f

"Sul serio andate alla serra?"

"Vieni, no? Ci diamo un appuntamento e andiamo insieme."

96

"Non posso. A proposito, c'è sempre Siga?"

"Come no, sta sempre lì."

"Be', salutatemelo tanto. Gliene ho fatti fare di soldi, eh?"

"Be', come vuoi. Se ci ripensi sai dove trovarci."

Pollo e Step salutano, poi mettono la prima. Pollo sgasa

più volte per riscaldare bene il motore. Poi sentendo quel bel

rumore profondo e sicuro si piega e da gas facendo una pin-

na. Step lo segue, alza la ruota davanti e dando gas si allonta-

na con l'amico per la strada principale. Sergio rientra nel ga-

rage. Guarda le vecchie foto che ha appeso al muro. La sua

moto, le corse. Era imbattibile. Ora sono altri tempi, sono pas-

sati tanti anni, è tardi. Si ricorda cosa disse una volta un suo

amico: "Crescere vuoi dire non prendere più i duecento". For-

se è vero. Lui è cresciuto. Ora ha delle responsabilità. Una fa-

miglia e anche un figlio. Sergio si avvicina alla vecchia radio

sul tavolaccio nero d'olio. Rimette la cassetta. Ha solo quella.

Sono anni che ascolta sempre le stesse canzoni.

Probabilmente mio papa e mia mamma, chi lo sa, deside-

ravano non me, ma un altro bambino, pensa Sergio.

Poi guarda Mariolino. È lì, piegato sul motorino rimasto

aperto in mezzo al garage. Non è solo questione di cellule, pen-

sa Sergio. Mariolino si gira verso di lui.

"A Se', ma che c'ha 'sto Free?"

"A Marioli', non lo vedi che quel ragazzo è un gaggio? L'ha

messo sulla bicicletta e gli si è bloccata la ruota. Questo Free

non c'ha un cazzo, sposta la levetta del variatore e fagli un bel

cambio d'olio completo e poi vedi che parte che è una scheggia."

Mariolino si piega sul Free. Ci mette qualche minuto pri-

ma di trovare la levetta. Sergio scuote la testa. È proprio vero,

quando hai un figlio non vai più a duecento all'ora. Quando

quel figlio poi è Mariolino non vai più da nessuna parte. Ser-

gio prende il giubbotto e se lo mette sulla tuta. Decide di ri-

schiare e uscire lo stesso. "Torno fra poco."

Mariolino lo guarda preoccupato.

"Dove vai papa?"

"A comprare il meglio di Battisti. È uscito oggi. È ora di

cambiare cassetta."

r~st

m

17.

ii ,:

In piazza Euclide, davanti all'uscita della Falconieri, di-

verse macchine sono ferme in doppia fila. Dietro di loro altri

automobilisti, pieni di impegni e privi di figlie che vanno a

quella scuola, si attaccano ai clacson: il solito terribile concerto

postmoderno.

Alcuni ragazzi con dei Peugeot e degli SH 50 si fermano pro-

prio davanti alla scalinata. Anche Raffaella arriva in quel mo-

mento. Trova un piccolo buco dall'altra parte della strada, di

fronte al benzinaio prima della chiesa, e ci si infila con la sua

Peugeot 205 quattro porte. Palombi la riconosce. Memore del-

la sera prima, decide che è meglio allontanarsi.

Raggiunge il gruppo di ragazzi ai piedi della scalinata. Ar-

gomento del giorno: la festa di Roberta e imbucati vari. Qual-

che ragazzo racconta la propria versione dei fatti. Deve essere

vera a giudicare dai segni delle botte che ha preso. Se non al-

tro c'è stato e gliele hanno date, il resto può forse anche esse-

re inventato. Brandelli raggiunge il gruppo.

"Ciao Chicco, come va?"

"Bene" mente spudoratamente. Il suo amico però gli cre-

de. Ormai Chicco è diventato un esperto in fatto di bugie. Ne

ha provate di tutti i tipi quella mattina quando suo padre ha

visto com'era ridotta la BMW. Peccato che suo padre non sia ab-

boccone come l'amico. Non ha minimamente creduto alla sto-

ria del furto. Quando Chicco poi ha deciso di raccontargli la

verità, suo padre si è addirittura arrabbiato. In effetti a ripen-

sarci bene tutta la storia è assurda. Quei tipi sono assurdi, pen-

sò Chicco. Distruggermi la macchina in quel modo. Anche se

mio padre non ci crede, gliela farò vedere. Troverò quei teppi-

sti, scoprirò i loro nomi e li denuncerò. Ecco che farò! Bene!

Tanto prima o poi li incontro, sono sicuro.

Chicco si blocca. I suoi desideri si sono immediatamente

avverati. Ma lui non sembra più esserne così felice. Step e Pol-

98

lo compaiono a tutta velocità dalla curva con le moto piegate

vicine. Scalano superando in velocità una macchina. Poi si

fermano a qualche metro da Brandelli. Chicco, prima che Step

lo riconosca, si gira su se stesso. Sale sulla Vespa, l'unico mez-

zo che ormai ha a disposizione, e si allontana veloce. Step si

accende una delle sigarette fregate a Martinelli e si rivolge a

Pollo.

"Ma sei sicuro che è qui?"

"Come no. L'ho letto sulla sua agenda. Ci siamo dati ap-

puntamento ieri sera per andare a pranzo insieme."

"Mortacci tua. Ma se non c'hai un euro. E fai pure lo splen-

dido?"

"Ma che vuoi? Ti ho portato pure la colazione. Allora stai

zitto!"

"Sì, per due miseri tramezzini."

"Ah, miseri? Ogni giorno due tramezzi, alla fine del mese

sono una cifra. Comunque non ti preoccupare, mi ha invitato

lei, sono suo ospite, non pago."

"'Mazza che culo, hai trovato pure quella ricca che offre.

Come?"

"Carina. Mi sembra pure simpatica. È un po' strana ma-

gari."

"Qualcosa di strano lo deve avere per forza se decide di ve-

nire a pranzo con te e di offrire. O è strana, o è un cesso!" Step

scoppia a ridere.

La campanella dell'ultima ora suona. Dall'alto della scali-

nata sbucano alcune ragazze. Sono tutte più o meno in divisa.

Bionde, brune, castane. Scendono saltellando, di corsa, lente

o a gruppi. Chiacchierando. Qualcuna allegra per l'interroga-

zione andata bene. Qualcun'altra incavolata per il brutto voto

del compito in classe. Alcune speranzose guardano giù il ra-

gazzo appena conquistato o quello che le ha mollate sperando

in una riappacificazione. Altre, meno carine, controllano se c'è

quello bello, quello che piace a tutte loro, le sfigate. Quello che

sicuramente si metterà con una di un'altra classe. Alcune ra-

gazze che sono andate a scuola in motorino si accendono una

sigaretta. Daniela scende veloce gli ultimi scalini e corre in-

contro a Palombi. Raffaella vede sua figlia e suona il clacson.

Le fa segno di salire subito in macchina. Daniela annuisce. Poi

si avvicina a Palombi e lo saluta con un bacio frettoloso sulla

guancia. "Ciao, c'è mia madre, devo andare. Ci sentiamo oggi

pome? Mi devi chiamare a casa perché il cellulare da me non

prende..."

"Va bene. Come va la guancia?" ' i

99

"Meglio, molto meglio! Vado però, perché non vorrei ave-

re una ricaduta."

Escono le altre classi. Alla fine è la volta dell'ultimo anno.

Babi e Pallina compaiono sulla scalinata. Pollo da una pac-

ca a Step. "Ecco, è quella là." Step guarda su. Vede alcune ra-

gazze più grandi che scendono le scale. Fra queste riconosce

Babi. Si gira verso Pollo.

"Qual è?"

"Quella con i capelli neri sciolti, quella piccoletta." Step ri-

guarda su. Deve essere la ragazza vicino a Babi.

Non sa perché, ma gli fa piacere che non sia Babi la tipa

strana che porta a pranzo Pollo, per di più offrendo.

"Carina, io conosco quella che le sta accanto."

"Ma dai? E come mai?"

"Ci ho fatto la doccia ieri sera."

"Ma che cazzo dici..."

"Te lo giuro. Chiediglielo."

"Ti pare che glielo chiedo? Che faccio, vado là e le dico: scu-

sa, che, tu ieri hai fatto la doccia con Step? Ma smettila!"

"Allora glielo dico io."

» Pallina sta ipotizzando con Babi i vari modi possibili di

presentare la nota a Raffaella, quando vede Pollo.

"Oh, no!"

Babi si gira verso di lei. "Che c'è?"

"C'è quello che ieri mi ha fregato i soldi della settimana."

"Qual è?"

"Quello lì sotto." Pallina indica Pollo. Babi guarda in quella

direzione. Pollo è in piedi e lì vicino, seduto sulla moto, c'è Step.

' "Oh-no!"

Pallina guarda preoccupata l'amica. "Che c'è? Ti ha frega-

to i soldi pure a te?"

"No, l'amico suo, quello che gli sta vicino, mi ha trascina-

to sotto la doccia!"

Pallina annuisce, come se fosse normalissimo che dei tipi

rubino nelle loro borse e le trascinino sotto la doccia.

"Ah, ho capito, non me l'avevi detto!"

"Speravo di dimenticarlo. Andiamo."

Scendono decise gli ultimi scalini. Pollo va incontro a Pal-

lina. Babi li lascia alle loro spiegazioni e si dirige spedita ver-

so Step.

"Che ci fai qua? Si può sapere che sei venuto a fare?"

"Ehi, calmina! Prima di tutto questo è un luogo pubblico,

e poi sono venuto ad accompagnare Pollo che va a pranzo con

quella là."

100

"Si da il caso che 'quella là' è la mia migliore amica. E che

Pollo invece è un ladro, visto che le ha rubato i soldi."

Step le fa il verso: "Si da il caso che Pollo è il mio migliore

amico e non è un ladro. È lei che lo ha invitato a pranzo, e tra

l'altro paga lei. Ehi, ma poi perché sei così acida? Che c'è, stai

rosicando perché io non ti porto a pranzo? Ma ti ci porto se

vuoi. Basta che paghi tu...!".

"Ma sentilo..."

"Allora facciamo così: tu domani porti i soldi, prenoti in

un bel posto e io magari ti vengo a prendere... Va bene?"

"Ma figurati se io vengo con te!"

"Be', ieri sera ci sei venuta, e stringevi pure."

"Cretino."

"Dai, monta che ti accompagno."

"Deficiente."

"È possibile che sai dire solo parolacce? Una brava ragaz-

za come te con la divisa che viene qui alla Falconieri tutta per-

benino e poi si comporta così! Non sta bene, no!"

"Stronzo."

Pollo si avvicina in tempo per sentire quell'ultimo compli-

mento.

"Vedo che state facendo amicizia. Allora, venite a pranzo

con noi?"

Babi guarda sbalordita l'amica.

"Pallina, non ci posso credere! Vai a pranzo con quel la-

dro?"

"Be', almeno recupero qualcosa, paga lui!"

Step guarda Pollo: "Che infame...! Mi avevi detto che of-

friva lei".

Pollo sorride all'amico. "Be', infatti è vero. Tu lo sai che io

non mento mai. Ieri le ho fregato i soldi e pago con quelli. Quin-

di, in un certo senso, offre lei. Che fate allora, venite o no?"

Step con aria strafottente guarda Babi: "Mi dispiace ma de-

vo andare a pranzo da mio padre. Non ci rimanere male. Al-

lora, facciamo domani?".

Babi cerca di controllarsi. "Mai!"

Pallina monta dietro a Pollo. Babi la guarda amareggiata,

si sente tradita. Pallina cerca di calmarla: "Ci vediamo più tar-

di eh, passo da te!".

Babi fa per andarsene. Step la ferma.

"Ah, aspetta. Se no passo per bugiardo. Dillo, per favore. È

vero che ieri abbiamo fatto la doccia insieme?" ,,.

Babi si libera.

"Ma va'a quel paese!" "' - , (3. 'i ° -, <- i ,*

» Step sorride a Pollo. . .*x> , " '> .«. , <

"È il suo modo di dire sì!"

Pollo scuote la testa e parte con Pallina. Step rimane a guar-

dare Babi che attraversa la strada. Cammina decisa. Una mac-

china frena per non metterla sotto. Il conducente si attacca al

clacson. Babi, senza neanche girarsi, sale in macchina.

"Ciao mamma!"

Babi bacia Raffaella.

- "È andata bene a scuola?"

"Benissimo" mente. Prendere due in latino e una nota sul

diario non è proprio quello che si dice andare benissimo.

"Pallina non viene?"

"No, torna per conto suo." Babi pensa a Pallina che va a

pranzo con quel tipo, Pollo. Assurdo. Raffaella suona il clac-

son spazientita.

"Ma insomma, che fa Giovanna? Daniela, te l'avevo detto

di dirglielo."

"Eccola, sta arrivando."

Giovanna, una ragazza bionda dall'aria un po' mortona, at-

traversa lentamente la strada e sale in macchina.

"Mi scusi signora." Raffaella non dice nulla. Mette la pri-

ma e scatta in avanti. La violenza di quella partenza è abba-

stanza eloquente. Daniela guarda dal finestrino. La sua amica

Giulia è davanti alla scuola che parla con Palombi. Daniela si

arrabbia.

"Non è possibile! Ogni volta che mi piace uno, Giulia è lì

che ci parla e fa la deficiente. Guarda che è pazzesca. Sem-

bra che lo fa apposta. Lei prima Palombi lo odiava, e ora ec-

cola lì che ci parla."

Giulia vede passare la Peugeot. Saluta Daniela e le fa se-

gno con la mano che si sarebbero sentite nel pomeriggio. Da-

niela la guarda con odio e non risponde. Poi si volta verso la

sorella.

"Babi, ma Step era venuto a prendere te?"

"No."

"Ma come no, ho visto che parlavate."

"È passato per caso."

1 "Be', potevi tornare con lui. Eccolo!"

Proprio in quel momento Step passa a tutto gas con la sua

moto vicino alla Peugeot. Raffaella sterza di botto spaventata.

Inutilmente. Step non l'avrebbe mai presa. Calcola la distanza

sempre al millimetro.

L'Honda 750 si piega due o tre volte facendo il pelo alle al-

tre macchine. Poi Step, con i Ray-Ban scuri agli occhi, gira leg-

102

r

germente la testa e sorride. È sicuro che Babi lo stia guardan-

do. Infatti non si sbaglia. Step scala e senza fermarsi al se-

maforo rosso imbocca via Siacci a tutta velocità. Una macchi-

na che viene da destra suona giustamente il clacson. Un vigi-

le non fa in tempo a leggere la targa. La moto sparisce supe-

rando altre macchine. Raffaella si ferma al semaforo e si vol-

ta verso Babi.

"Se solo ti azzardi a salire dietro quel tipo non so che ti fac-

cio. È un cretino. Hai visto come guida? Guarda Babi, non sto

scherzando, non voglio che ci vai."

Forse sua madre ha ragione. Step guida come un pazzo.

Eppure la sera prima dietro di lui, nella notte, a occhi chiusi,

in silenzio, lei non ha avuto paura. Anzi, quella corsa le è pia-

ciuta. Babi apre la busta della spesa e strappa un morbido pez-

zo di pizza bianca. Non ci si può controllare sempre. Poi, in

un impeto di trasgressione totale, decide che quello è il mo-

mento giusto. "

"Mamma, oggi ho preso una bella nota." &

103

18.

Step si versa una birra, poi accende la tele. Mette il canale

dieci. Su MTV c'è il vecchio video degli Aerosmith: Lave in an

elevator. Steven Tyler viene accolto in ascensore da una fica

spaziale. Tyler, con una faccia dieci volte meglio di Mike Jag-

ger, apprezza giustamente la ragazza. Step pensa a suo padre

seduto di fronte a lui. Chissà se l'apprezza anche lui. Il padre

prende il telecomando dal tavolo e spegne la televisione. Suo

padre è come Paolo, non sa apprezzare le cose belle.

"Non ci vediamo da tre settimane e ti metti a guardare la

tivù. Parliamo, no?"

Step beve la birra.

"Va bene, parliamo. Di cosa vuoi parlare?" " _ a*

"Vorrei sapere cosa hai deciso di fare..."

"Non lo so."

"Cosa vuoi dire non lo so?"

"È semplice... Vuoi dire che ancora non lo so."

La cameriera entra con il primo. Mette la pasta al centro

del tavolo. Step guarda la tele spenta. Chissà se Steven Tyler

ha già fatto il suo salto mortale a chiusura del pezzo. Cin-

quantacinque anni e ancora sta così. Un fisico eccezionale. Una

forza della natura. Guarda suo padre. Ha qualche difficoltà an-

che a mettersi gli spaghetti nel piatto. Step se lo immagina

qualche anno prima fare un salto mortale. Impossibile. È più

facile che Paolo vada con la sua segretaria.

Il padre gli passa la pasta. È condita con il pane grattugia-

to e le acciughe. Proprio quella che piace a lui, quella che gli

faceva sempre sua madre. Non ha un nome particolare. Sono

gli spaghetti con il pane grattugiato e basta. Anche se ci sono

le acciughe. Step si serve. Si ricorda le volte che le aveva man-

giate a quella stessa tavola, in quella casa, con Paolo e sua ma-

dre. Di solito, in un piccolo piattino di porcellana veniva ser-

vito un altro po' di condimento. Paolo e suo padre non lo vo-

104

levano, toccava sempre a lui. Sua madre gliene metteva un po'

sulla pasta con un cucchiaino. Alla fine gli sorrideva e rove-

sciava il piattino versandocelo tutto. Era la sua pasta preferi-

ta. Chissà se suo padre lo ha fatto apposta. Decide di non par-

larne. Quel giorno il piattino non c'è. Anche molte altre cose

non ci sono più. Suo padre si pulisce educatamente la bocca

con il tovagliolo.

"Hai visto, ho fatto fare la pasta che ti piace. Com'è venuta?"

"Buona. Grazie papa. È venuta benissimo."

Non è male, in effetti.

"L'unica cosa è che doveva essere magari un po' più con-

dita. Si può avere un'altra birra?"

Il padre chiama la cameriera.

"Non per essere noioso, ma perché non ti iscrivi all'uni-

versità?"

"Non lo so. Ci sto pensando. E poi dovrei decidere la fa-

coltà."

"Potresti fare Legge o Economia, come tuo fratello. Una

volta laureato ti potrei aiutare a trovare un posto."

Step si immagina vestito come suo fratello, nel suo ufficio,

con tutte quelle pratiche. Con la sua segretaria. Quell'ultima

idea per un attimo gli piace. Poi ci pensa meglio. In fondo può

sempre invitarla a uscire e continuare a non fare un cazzo.

"Non lo so. Non mi sento portato."

"Ma perché dici così? A scuola andavi bene. Non dovresti

avere problemi. Alla maturità hai preso settanta, non è anda-

ta male."

Step beve la birra appena arrivata. Sarebbe anche andata

meglio, se non ci fossero stati tutti quei casini. Dopo quella sto-

ria non ha più aperto libro. Non ha più studiato.

"Papa, non è quello il problema. Non lo so, te l'ho già det-

to. Magari dopo quest'estate. Adesso non mi va proprio di pen-

sarci."

"Cosa ti va di fare adesso, eh? Vai in giro a fare macello. Stai

sempre per strada e torni sempre tardi. Paolo me l'ha detto."

"Ma che t'ha detto Paolo se non sa un cavolo!"

"No, però lo so io. Forse era meglio se ti facevi un anno di

militare, che almeno ti inquadrava un po'."

"Sì, ci mancava solo il militare."

"Be', se sono riuscito a farti esonerare per farti stare per stra-

da e continuare a fare a botte, allora era meglio se partivi."

"Ma chi ti dice che faccio a botte... A papa, ma sei fissato!"

"No, sono spaventato. Ti ricordi cosa ha detto l'avvocato

dopo il processo? Suo figlio deve stare attento. Da questo mo-

105

mento qualunque denuncia, qualunque altra cosa succeda,

scatta automaticamente la decisione del giudice."

"Certo che me lo ricordo, me l'hai ripetuto almeno venti

volte. A proposito, l'hai più visto l'avvocato?"

"L'ho visto l'altra settimana. Ho pagato l'ultima parte del-

la parcella."

Lo dice con un tono pesante come a sottolineare che è sta-

ta sicuramente molto costosa. In questo è proprio uguale a Pao-

lo. Stanno sempre a contare i soldi. Step decide di non farci

caso.

"Porta ancora quella cravatta tremenda?"

"No, è riuscito a mettersene una ancora più brutta."

Il padre sorride. Tanto vale fare il simpatico. Con Step non

serve a niente la linea dura.

"Ma dai, mi sembra impossibile. Con tutti i soldi che gli

abbiamo dato..." Step si corregge. "Scusa papa, che gli hai da-

to, si potrebbe comprare qualche bella cravatta."

"Se è per quello potrebbe rifarsi il guardaroba..."

La cameriera porta via i piatti e torna con il secondo. È una

bistecca al sangue. Per fortuna non è collegata a nessun ricor-

do. Guarda suo padre. È lì, piegato sul piatto a tagliare la car-

ne. Tranquillo. Non come quel giorno. Tanto tempo fa, quel

terribile giorno.

Stessa stanza. Il padre cammina su e giù, veloce, agitato.

"Come 'Perché sì! Perché mi andava'? Ma allora tu sei una

bestia, un animale, uno che non ragiona. Io ho per figlio un

violento, un pazzo, un criminale. Hai rovinato quel ragazzo.

Te ne rendi conto? Potevi ucciderlo. O non ti rendi conto nep-

pure di questo?"

Step sta seduto con lo sguardo basso senza rispondere. L'av-

vocato interviene:

"Signor Mancini, ormai quel che è successo è successo. È

inutile sgridare il ragazzo. Io credo che dei motivi, anche se

nascosti, ci siano stati".

"Va bene avvocato. Allora mi dica lei: cosa dobbiamo fa-

re?"

"Per organizzarci per la difesa, per poter rispondere in tri-

bunale, dovremmo scoprirli."

Step alza la testa. Ma cosa sta dicendo? Cosa sa? L'avvoca-

to guarda Step con comprensione. Poi gli si avvicina.

"Stefano, ci sarà stato qualcosa. Uno screzio passato. Un

litigio. Una frase che questo ragazzo ha detto, qualcosa che ti

ha fatto... sì insomma, che ha scatenato la tua rabbia?"

106

Step guarda l'avvocato. Ha una terribile cravatta a losan-

ghe grigie su fondo laminato. Poi si gira verso sua madre. È lì,

seduta su una sedia in un angolo del salotto. È elegante come

sempre. Fuma tranquilla una sigaretta. Step abbassa di nuovo

lo sguardo. L'avvocato lo guarda. Rimane un attimo a riflette-

re in silenzio. Poi si volta verso la madre di Step e le sorride in

maniera diplomatica.

"Signora, ha mai saputo se suo figlio ha avuto qualcosa a

che fare con questo ragazzo? Se hanno mai avuto qualche di-

scussione?"

"No avvocato, non credo. Non sapevo neanche che si co-

noscessero."

"Signora, Stefano andrà in tribunale. È stato denunciato.

Ci sarà un giudice, una sentenza. Con le lesioni che quel ra-

gazzo ha riportato, saranno severi. Se noi non avremo niente

da ribattere... una prova, qualcosa, una minima ragione, suo

figlio finirà nei guai. Guai seri."

Step sta con la testa bassa. Si guarda le ginocchia. I suoi

jeans. Poi socchiude gli occhi. Oh Dio, mamma, perché non par-

li? Perché non mi aiuti? Io ti voglio così bene. Ti prego, non mi

lasciare. Alle parole della madre Step ha una stretta al cuore.

"Mi spiace avvocato. Non ho niente da dirle. Non so nulla.

Le pare che, se avessi qualcosa da dire, se potessi aiutare mio

figlio, non lo farei? E ora scusatemi, devo andare." La madre

di Step si alza. L'avvocato la guarda uscire dalla stanza. Poi si

rivolge per l'ultima volta a Step.

"Stefano, sei sicuro che non hai nulla da dirci?"

Step neanche gli risponde. Senza guardarlo si alza e va al-

la finestra. Guarda fuori. Quell'ultimo piano proprio di fronte

al suo. Pensa a sua madre. E in quel momento la odia, così co-

me l'ha tanto amata. Poi chiude gli occhi. Una lacrima scende

lungo la guancia. Non riesce a fermarla e soffre come non mai,

per sua madre, per ciò che non sta facendo, per quello che ha

fatto.

"Stefano, tieni, lo vuoi il caffè?" Step smette di guardare

fuori dalla finestra e si gira. Di nuovo nella stessa stanza. Ora.

Suo padre è lì tranquillo, con la tazzina in mano.

"Grazie papa." Lo beve veloce. "Ora devo proprio andare.

Ci sentiamo la prossima settimana."

"Va bene. Ci pensi alla storia dell'università?"

Step nell'ingresso si infila il giubbotto.

"Ci penserò."

"Telefona ogni tanto a tua madre. Ha detto che non ti sen-

te da tanto!"

107

"Ma papa, non c'ho mai tempo."

"Ma che ci vuole, solo una telefonata."

"Va bene, la chiamerò." Step esce di fretta. Il padre rima-

sto solo in salotto, si avvicina alla finestra e guarda fuori. Al-

l'ultimo piano in quell'attico di fronte al suo, le finestre sono

chiuse. Giovanni Ambrosini ha cambiato casa, così, da un gior-

no all'altro, proprio come ha cambiato la loro vita. Come può

avercela con suo figlio?

Step in ascensore si accende l'ultima sigaretta di Martinelli.

Si guarda allo specchio. È andata. Quei pranzi lo distruggono.

Arriva al pianoterra. Quando le porte d'acciaio si aprono, Step

che è sovrappensiero si prende un colpo.

La signora Mentarini, un'inquilina del palazzo con i capelli

malamente mesciati e il naso adunco, è lì davanti a lui.

"Ciao Stefano, come stai? È tanto tempo che non ti vedo."

E per fortuna, pensa Step. Un mostro così vederlo troppo

spesso fa male. Poi si ricorda di Steven Tyler e della fica be-

stiale che entra nel suo ascensore. A lui invece tocca la signo-

ra Mentarini. Ingiustizie del mondo. Si allontana senza salu-

tare. Nel cortile butta via la sigaretta. Fa una corsa veloce, bat-

te i piedi e buttando le mani a terra si tuffa in avanti. Non c'è

paragone. Il salto mortale lo fa molto meglio lui. D'altronde

Tyler ha cinquantacinque anni e lui solo diciannove. Chissà

cosa farà fra trent'anni. Una cosa è sicura: non il commercia-

lista.

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1 » Ifvf'

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Pallina, con una tuta Adidas felpata bluette proprio come

l'elastico che le stringe il ciuffo, corre quasi rimbalzando sul-

le Nike chiare.

"Allora, non mi chiedi com'è andata?"

Babi, con una tuta scura bassa in vita con la scritta Danza

e una fascia rosa che le tiene i capelli, guarda l'amica.

"Com'è andata?"

"No, se me lo chiedi così, non te lo racconto."

"Allora non me lo raccontare."

Continuano a correre in silenzio, sempre allo stesso ritmo.

Poi Pallina non ce la fa più.

"Va bene, visto che ci tieni tanto, te lo dico lo stesso. Mi so-

no divertita da morire. Non sai dove mi ha portato."

"No, non lo so."

"E dai, non fare l'antipatica!" &

"Non condivido certe amicizie e basta."

"Ehi, ma ci sono uscita solo una volta, che sarà?"

"Può essere come vuoi, basta che sia l'ultima!"

Pallina rimane un attimo in silenzio. Un ragazzo dalla tu-

ta impeccabile le supera. Le guarda tutt'e due. Poi, anche se

sfinito, controlla un cronometro che ha in mano e per darsi to-

no aumenta l'andatura, sparendo lungo una stradina.

"Be', insomma, mi ha portato a mangiare in un posto fi-

chissimo. È vicino a via Cola di Rienzo, credo che sia via Cre-

scenzio, una traversa di quelle. Si chiama La Piramide."

Babi non mostra un interesse particolare.

Pallina continua a raccontare, un po' più affannata. "La co-

sa divertentissima è questa: in ogni tavolo c'è un telefono."

"Fino a qui non mi sembra molto interessante."

"Oh msomma, che noia che sei! Questi telefoni hanno un

numero che va, fai conto, da O a 20,"

"E tu come lo sai?" **? .... . . v,*, ,,

109

"C'è scritto sul menù."

"Ah, perché si mangia pure! Pensavo ti avesse portato alla

Telecom!"

"Senti, se vuoi che te lo racconto chiudi quella bocca da

srigata acida."

"Cosa?" Babi la guarda fìngendo stupore. "Sfìgata acida a

me? Ma se sono la più corteggiata della Falconieri! Hai visto

quello che è passato prima come mi guardava? Cosa credi, che

avesse gli occhi di fuori per te?"

"Certo!"

"Ma se si è accorto che eravamo in due è grasso che cola."

"Qui a colare è solo il mio sudore e non mi dona affatto.

Non potremmo sederci su quella panchina e chiacchierare nor-

malmente?"

"Non se ne parla proprio. Io corro. Devo perdere almeno

due chili. Se ti va di venire con me, bene, se no mi metto il

Sony. Tra l'altro c'è dentro l'ultimo ed degli U2."

"Sony? E da quando ce l'hai?"

"Da ieri!"

Babi si alza la felpa mostrando il walkman MP3 della Sony,

legato in vita. Pallina non crede ai suoi occhi.

"Ma dai! Con ed e radio. Ma dove l'hai preso? Qui in Italia

non si trova."

"Me l'ha portato mia zia che è tornata ieri da Bangkok."

"Favoloso."

"Come vedi, ti ho pensato."

Babi mostra a Pallina due cuffie.

"Se mi pensavi veramente te ne facevi portare due."

"Parli sempre a sproposito! Io gliene avevo chiesti due. Ma

mia zia ha finito i soldi e ne ha preso uno soltanto. Che ti im-

porta! Tanto questo ha due cuffie e noi corriamo sempre in-

sieme."

Pallina sorride all'amica. "Hai ragione."

Babi la guarda seria. "Lo so! Ma vuoi finire o no questa sto-

ria del telefono che si mangia?"

Babi e Pallina si guardano, poi scoppiano a ridere. Due ra-

gazzi le incrociano. Vedendole così allegre le salutano speran-

zosi. Il loro coraggio però non è premiato. Pallina riprende il

racconto.

"Allora, ogni telefono corrisponde a un numero, ma nes-

suno sa a quale. Quindi tu componi un numero da O a 20 ti ri-

sponde un altro tavolo ma tu non sai qual è. Per esempio, tu

fai il 18 e ti risponde uno che magari sta nell'altra stanza. Puoi

parlarci, raccontare barzellette, descriverti inventando di es-

110

sere molto più bella di quello che sei o, come nel mio caso,

molto meno. Chiaro no?"

Babi guarda l'amica alzando il sopracciglio.

Pallina fa finta di non farci caso. "Se sei sola o con delle

amiche puoi prendere appuntamenti, fare la cretina. Capito?

Forte, no?"

Babi sorride.

"Sì, mi sembra molto divertente. È proprio carino." Palli-

na cambia espressione.

"Certo non quando ti chiama un maleducato..."

"Perché, che è successo?"

"Be', a un certo punto arriva la pasta. Avevamo preso tutti

e due penne all'arrabbiata. Non sai come erano forti, un piz-

zicore... Scottavano, poi. Ci soffiavo sopra per farle freddare e

intanto chiacchieravo con Pollo. Poi squilla il telefono. Pollo

fa per rispondere, ma io sono molto più veloce di lui, prendo

la cornetta e faccio: "Qui la segretaria del dottor Pollo. Sem-

pre molto simpatica io". Pallina fa una smorfia. Babi sorride.

La storia inizia a interessarle.

"Be'? Continua!"

"Insomma, questo cafone dall'altra parte del telefono non

sai che mi dice."

"Che ti dice?"

"Mi ha detto: 'Sei la segretaria del dottor Pollo. Be', te lo

faccio senti' su fino al collo'."

"Carino, molto inglese."

"Sì, molto boro. Io prendo e gli sbatto il telefono in faccia

e sicuramente sarò diventata rossa. Allora Pollo mi ha chiesto

cosa mi avevano detto al telefono, ma io non gli ho risposto.

Mi scocciava. Mi vergognavo. Allora sai lui che ha fatto? Mi ha

preso per il braccio e mi ha portato in giro per il locale. Così

ha pensato che quel boro vedendomi avrebbe avuto qualche

reazione..."

"Sì, va bene, ma quello che ne sapeva che eri tu la ragazza

che aveva risposto al telefono?"

"Lo sapeva, lo sapeva..." i

"E perché lo sapeva?"

"Perché ero l'unica ragazza del ristorante."

Babi scuote la testa.

"Bel posto dove andare a mangiare. L'unica ragazza con

tutti quei maniaci che ti telefonano per dire porcate... Be', al-

lora come continua?"

"Continua che uno vedendomi scoppia a ridere. Pollo lo

prende, gli sbatte la faccia nel piatto e gli versa la birra in testa!"

ili

"Ben gli sta, così impara a dire certe cose!"

"Be', magari la lezione non l'ha capita tanto." ** - »

"Perché?"

"Perché quando Pollo è andato a pagare..."

"Eh certo... con i soldi tuoi..."

"Uffa... Un tipo basso mi si avvicina e mi dice: 'Oh, che fai,

te ne vai? Mica ti sarai offesa eh? Io stavo scherzando, eh...'. Il

boro era quest'altro. Capisci, quel poveraccio di prima non c'en-

trava niente..."

"Glielo hai detto a Pollo?"

"Scherzi? Così menava pure quell'altro?"

"No, che aveva sbagliato! Questi si comportano come dei

giudici. Puniscono, picchiano e per di più commettono anche

degli errori. La cosa tragica è che magari ti sei pure divertita."

Babi ora è veramente seria. Pallina se ne accorge. Per un

po' corrono in silenzio, recuperando il fiato. Poi Pallina parla

di nuovo. Questa volta anche lei è seria.

"Non so se mi sono divertita. So solo che ho avvertito una

sensazione nuova, che non avevo mai provato prima. Mi sono

sentita tranquilla e sicura. Sì, Pollo è andato lì, ha picchiato

quello sbagliato ma mi ha difesa, capisci. Mi ha protetta."

"Ah sì? Be', è molto bello. Ma dimmi una cosa... chi è che

ti protegge da lui?"

"Che noiosa che sei... mi proteggi tu, no?"

"Scordatelo. Io quello lì e l'amico suo non li voglio vedere.

Assolutamente."

"Allora mi sa che non ci vedremo neanche noi."

"E perché mai?" ?

t "Mi ci sono messa insieme."

«' Babi si ferma di botto.

"No, questo non me lo puoi fare!" Pallina continua a cor-

rere. Senza girarsi fa segno all'amica di seguirla.

"Dai, dai, forza, corri, non fare così. Lo so che sei felice.

Sotto sotto magari, ma sei felice."

Babi riprende a correre. Allunga un po' il passo raggiun-

gendola.

"Pallina, ti prego, dimmi che stai scherzando."

"Niente da fare, e mi piace un sacco."

"Ma come può piacerti un sacco?"

"Non lo so, mi piace e basta."

1 "Ma ti ha fregato i soldi."

"Me li ha restituiti, mi ha offerto il pranzo."

"Ma che vuoi dire, allora è come se avessi pagato tu!"

"Meglio, così mi ci sono messa perché mi andava e non per-

che dovevo. Di solito, quando esci con un ragazzo e ti offre piz-

za e tutto il resto, dopo ti sembra quasi un obbligo baciarlo.

Invece così è stata una libera scelta!"

Babi rimane per un po' in silenzio, poi si ricorda di una cosa.

"Glielo hai detto a Dema?"

"No che non gliel'ho detto!"

"Glielo dovrai dire!"

"Dovrai, dovrai. Glielo dirò quando mi andrà..."

"No, diglielo subito. Se lo viene a sapere da qualcun altro

starebbe troppo male. È innamorato di te."

"Sei tu che sei fissata con questa storia. Non è assoluta-

mente vero."

"È verissimo, e lo sai. Quindi quando torni a casa gli te-

lefoni e glielo dici."

"Se mi va lo chiamo, se no, no."

"Sai che ti dico, sono felice che mia zia abbia portato un

Sony solo, non te lo meriti." Babi comincia a correre più velo-

ce. Pallina stringe i denti e decide di non mollare. "Tanto, se lo

voglio, il Sony me lo regala Pollo."

"Eh certo, lo frega a me."

Pallina si mette a ridere. Babi fa ancora per un po' l'arrab-

biata. Pallina le da una piccola spinta.

"Dai, non litighiamo. Lo so che sei un'amica. Oggi ti sei pu-

re sacrificata per salvarmi dall'interrogazione. Come ha preso

tua madre la storia della nota?"

"Meglio di come ho preso io quella di Pollo!"

"La vedi molto tragica?"

"Drammatica."

"Senti, tu non lo conosci bene. È uno pieno di problemi.

Non ha soldi, il padre lo tratta male. E poi è molto simpatico,

con me è carino, sul serio."

"Non ti importa che non lo sia con gli altri?"

"Magari migliorerà."

Babi pensa che è tutto inutile. Quando Pallina si mette una

cosa in testa, è quella.

"Va bene, basta. Staremo a vedere."

"Oh, così mi piaci." Pallina sorride. "Ti prometto che quan-

do torno a casa telefono a Dema."

Be', Babi almeno una cosa l'ha ottenuta.

Babi e Pallina continuano a correre, in silenzio, per recu-

perare un po' di fiato. Sbucano nello spiazzo attrezzato per fa-

re ginnastica. Dei bambini si lanciano giù, lungo gli scivoli, ur-

lando. Madri preoccupate li seguono da vicino pronte a soc-

113

correrli in quei tuffi da kamikaze. Un bel ragazzo alto e bion-

do e una ragazza un po' più bassa tentano di fare alcuni eser-

cizi alle sbarre. Babi e Pallina correndo gli passano vicino. Il

ragazzo vedendole smette di fare gli esercizi.

"Babi!"

Babi si ferma. È Marco. Sono più di otto mesi che non si

vedono. Anche Pallina si ferma. Babi diventa rossa. È imba-

razzata. Ma il cuore stranamente non comincia a batterle ve-

loce come al solito. Marco la bacia sulla guancia. "Come stai?"

Babi ha ritrovato il controllo.

"Bene, e tu?"

"Benissimo. Ti presento Giorgia." Marco le indica la ra-

gazza. Babi le da la mano e stranamente non si dimentica su-

bito il suo nome come accade di solito quando ti presentano

qualcuno. Anche Pallina la saluta, ma si vede benissimo che

vorrebbe evitare quell'incontro. Marco comincia a parlare. Al

solito. Frasi già sentite. Ti ho telefonato. Non ti fai mai senti-

re. Ho visto una tua amica o un tuo amico. Che stai facendo?

Ah, certo, hai la maturità. Mi raccomando, fatti onore. Un ten-

tativo di essere simpatico. Babi non ascolta quasi. Si ricorda

tutti i momenti passati con lui, l'amore che ha provato, la de-

lusione, le lacrime. Che sofferenza. Per uno così, poi. Lo guar-

da meglio. È ingrassato. Ha i capelli sporchi. Gli sembrano di

meno. E che sguardo smorto. È privo di vita. Come ha potu-

to piacerle così tanto? Uno sguardo alla ragazza. Non merita

neanche di essere presa in considerazione. Terribile, l'indiffe-

renza. Si salutano così. Dopo aver parlato per cinque minuti

e non essersi detti niente. Quel magico ponte è andato per-

duto. Babi ricomincia a correre. Si chiede dov'è andato a fi-

nire tutto l'amore che c'era. Come posso non provarlo più?

Eppure era così grande. Si mette la cuffia del Sony. Gli U2 at-

taccano il loro ultimo successo. Babi alza il volume. Guarda

Pallina. Lei le sorride con affetto. Il suo ciuffo balla nel ven-

to. Le passa una cuffia. Se la merita. In fondo, Babi non lo sa,

ma è lei che l'ha salvata.

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t*-l!: st*"> "t"* - i u ' 4)1*'

L'anno prima.

"Babi, Babi." Daniela bussa alla porta del bagno urlando.

Ma Babi non sente. Sta sotto la doccia e come se non bastas-

se la radio lì vicina trasmette a tutto volume una canzone del-

l'anno precedente degli \J2. Alla fine Babi sente qualcosa. Co-

me un forte battere che va fuori tempo con il ritmo del batte-

rista. Chiude l'acqua, poi, ancora gocciolante, allunga il brac-

cio abbassando il volume.

"Che c'è?"

Daniela da fuori sospira.

"Finalmente, è un'ora che busso. C'è Pallina al telefono."

"Dille che sono sotto la doccia, la richiamo io fra cinque

minuti."

"Ha detto che è una cosa urgentissima."

Babi sbuffa.

"Va bene! Dani, mi porti il telefono?"

"Già fatto." Babi apre la porta. Daniela è lì con il cordless

in mano.

"Non starci troppo, che aspetto una telefonata di Giulia."

Babi si asciuga l'orecchio prima di poggiarlo sul telefono.

"Che c'è di così urgente?"

"Niente, ti volevo salutare! Che fai?"

"Stavo facendo la doccia. Non so com'è, ma mi telefoni

sempre quando sto sotto l'acqua."

"Ma non esci con Marco?"

"No, stasera andava a casa di un amico suo a ripetere. Ha

l'esame fra due giorni. Biologia."

Pallina rimane per un po' in silenzio. Decide di non dire

nulla.

"Benissimo, allora ti passo a prendere tra dieci minuti."

Babi prende un asciugamano piccolo e si friziona i capelli.

"Non posso." > *« '* *>i *'**«.* > AI -j» < u-,ii M'

115

"Dai vieni, ci andiamo a fare una pizza."

"E se poi mi chiama Marco? Lui ha staccato il suo telefo-

nino, deve studiare... lui!"

"Lasci detto a Dani di telefonare più tardi, oppure ti trova

sul tuo. Dai, torniamo presto!"

Babi cerca di replicare. Ma tutte le sue scuse - stanchezza,

compiti non finiti e un incredibile desiderio di stare a casa in

vestaglia e camicia da notte davanti alla tivù - sono inutili. Po-

co dopo è seduta in Vespa dietro Pallina che guida spericolata

nel traffico delle nove.

Babi ha i capelli ancora bagnati, una felpa blu con la scrit-

ta California e l'aria scocciata.

"Mi farai prendere un accidente."

"Ma se fa caldo stasera!"

"Parlavo della tua guida."

Pallina rallenta e gira a destra a Ponte Milvio.

Babi si avvicina alla guancia di Pallina per farsi sentire.

"Che strada stai facendo?"

"Perché?"

"Non andiamo da Baffetto?"

"No."

"E che è successo?"

"Ogni tanto bisogna cambiare. Babi, sei diventata una me-

todica. Sempre da Baffetto, sempre otto in latino, sempre tut-

to uguale! A proposito, con chi stai adesso?"

"Come con chi sto? Con Marco no?"

-, Babi guarda sbalordita Pallina. Non sa perché, ma è sicu-

jra che a lei Marco non piaccia.

t "Vedi Babi, anche lì sei troppo noiosa. Dovresti cambiare."

"Scherzi? Sono stracotta!"

; "Non esagerare..."

"No, Pallina, sul serio. Mi importa un sacco!"

"Come può importartene così tanto, se ci stai da appena

cinque mesi?"

"Lo so, però sono innamorata persa, forse perché è la mia

prima storia importante."

Pallina scala le marce con rabbia. Già, la tua prima storia

importante e proprio con quel verme, pensa Pallina. Poi met-

te la terza e imbocca piazza Mazzini. Poi scala in seconda e

piega a destra. Babi le stringe i fianchi mentre a tutta velocità

imboccano la terza traversa, quella della Nuova Fiorentina. Fa-

bio, il figlio del proprietario, è sulla porta. Quando le vede, le

saluta andando loro incontro. È molto legato a tutte e due. In

realtà ha un debole per Babi, anche se l'ha sempre tenuto na-

116

scosto. Fabio le fa accomodare nella fila di tavoli a destra, ap-

pena entrati, vicino alla cassa. Da lì si può vedere tutto il lo-

cale. Un cameriere porta subito due liste per mangiare. Ma Pal-

lina sa già cosa prendere.

"Qui fanno un calzone favoloso! C'è tutto: formaggio con

le uova, mozzarella e pezzetti di prosciutto. Una cosa da sve-

nire!"

Babi controlla sul menù se c'è qualcosa di meno deleterio

per la sua dieta. Ma Pallina è convincente.

"Allora due calzoni e due birre medie chiare."

Babi guarda preoccupata l'amica.

"Pure la birra? Hai deciso di farmi scoppiare."

"Capirai, per una volta! Stasera dobbiamo festeggiare!"

"Che cosa?"

"Be', è un sacco che non uscivamo da sole."

Babi pensa che è vero. Ultimamente le poche volte che è

uscita l'ha fatto sempre con Marco. Le fa piacere essere lì in

quel momento, con la sua amica. Pallina sta trafficando con le

tasche del suo giubbotto. Alla fine tira fuori un pettinino con

degli strass e dei cuoricini di pietra dura colorata, si raccoglie

i capelli e li trafigge bloccandoli.

Il suo bel viso tondo appare in tutta la sua chiarezza. Babi

le sorride.

"È bellissimo quel pettinino. Ti sta molto bene."

"Ti piace? L'ho comprato a piazza Carli da Bruscoli."

"Ti spiace se ne prendo uno anch'io? Magari un po' diver-

so. Ne avevo uno sul genere ma l'ho perso."

"Scherzi, sono abituata a essere copiata. Sono una ragaz-

za che fa tendenza. Lo sai che quando vado nei negozi ormai

mi danno la roba gratis? Basta che me la metta. Da domani ho

deciso, chiedo anche la percentuale!"

Ridono. In quel momento arrivano le birre. Babi le guar-

da. Sono enormi.

"E questa è la media? E se fosse stata la grande?"

Pallina tira su il suo boccale.

"Dai, non fare storie." Lo sbatte con forza contro quello di

Babi. Un po' di birra schizza fuori spumeggiando sulla tova-

glia^

"Alla nostra libertà."

Babi la corregge: "Provvisoria...".

Pallina le fa un piccolo sorriso come a dire: concesso. Poi

bevono tutte e due. Babi è la prima a cedere. Arrivata a un quar-

to di boccale, smette di bere. Pallina continua ancora per un

po' scolandosi più di metà birra. ?»

117

"Ahhh." Pallina sbatte il boccale sul tavolo. "Questa ci vo-

leva proprio."

E si pulisce la bocca strusciandosela violentemente con il

tovagliolo. Ogni tanto la diverte assumere quell'aria da dura.

Babi apre una busta dei grissini. Ne tira fuori uno leggermen-

te abbrustolito e lo sgranocchia. Poi si guarda intorno nel lo-

cale. Gruppi di ragazzi chiacchierano divertiti facendo picco-

li triangoli di una pizza al pomodoro. Ragazze raffinate si osti-

nano a mangiare con la forchetta perfino le olive ascolane. Una

giovane coppia chiacchiera divertita aspettando di essere ser-

vita. Lei è una bella ragazza dai capelli scuri non troppo lun-

ghi. Lui le versa gentilmente da bere. È di spalle. Babi non sa

perché, ma gli sembra di conoscerlo. Un cameriere gli passa

vicino. Il ragazzo lo ferma. Gli chiede che fine hanno fatto le

loro pizze. Babi lo vede in faccia. È Marco. Il grissino le si spez-

za tra le mani mentre qualcos'altro le si spezza dentro. Ricor-

di, emozioni, momenti bellissimi, frasi dolci sussurrate co-

minciano a girare in un vortice di illusione. Babi sbianca. Pal-

lina se ne accorge.

"Che succede?"

Babi non riesce a parlare. Le indica il fondo della sala.

Pallina si volta. Il cameriere si sta allontanando da un tavo-

lo. Pallina lo vede. Marco è lì, sorride a una ragazza seduta

davanti a lui. Le accarezza la mano, fiducioso nell'arrivo del-

le pizze e soprattutto nel seguito della serata. Pallina si vol-

ta di nuovo verso Babi.

"Che figlio di puttana. Altro che frase comune. Gli uomi-

ni sono davvero tutti uguali! Aveva l'esame di biologia, eh?

Quello lì si sta preparando per anatomia!" Babi in silenzio pie-

ga la testa verso il basso. Una lacrima ingenua le scivola lun-

go la guancia. Si ferma un attimo sul mento indecisa, poi, spin-

ta dal dolore, spicca un salto nel vuoto.

Pallina guarda dispiaciuta l'amica.

"Scusa, non volevo."

Si toglie dalla tasca dei pantaloni una bandana colorata e

gliela passa.

"Tieni, non è proprio indicata per la situazione, forse è un

po' troppo allegra, ma è meglio di niente."

Babi scoppia in una strana risata che sa un po' di pianto.

Poi si asciuga le lacrime e tira su con il naso. I suoi occhi lu-

cidi, leggermente arrossati, tornano a guardare l'amica. Babi

fa un'altra risata. In realtà suona come un singhiozzo. Pallina

le accarezza il mento, portando via un'altra lacrima indecisa.

"Dai non fare così, non se lo merita quel verme. Quando la

118

trova più una come te? È lui che dovrebbe piangere. Non sa

quello che ha perso. Sarà ridotto sempre a uscire con ragazze

tipo quella."

Pallina si volta di nuovo a guardare il tavolo di Marco. An-

che Babi lo fa. Un'altra fitta le stringe lo stomaco. La caccia al

tesoro. Le passeggiate a Villa Glori, i baci al tramonto, guar-

darsi negli occhi e dirsi ti amo. Immagini dolcemente leggere

svaniscono spazzate via da un vento di tristezza. Babi cerca di

sorridere.

"Be', tanto brutta non mi sembra."

Pallina scuote la testa. Babi è incredibile, anche in questa

situazione non riesce a non essere sincera. Babi prende la bir-

ra e ne beve un lungo sorso. Poi sbatte il boccale sul tavolo e

si pulisce violentemente la bocca con il tovagliolo proprio co-

me fa Pallina.

"Dio, come lo odio."

"Brava! Così mi piaci. Lo dobbiamo punire!" Pallina urta

il boccale dell'amica, poi tutte e due finiscono la birra con un

unico lungo e sofferto sorso. Babi leggermente confusa, non

abituata a bere e a tutto il resto, sorride decisa all'amica.

"Hai ragione, gliela devo far pagare! Ho un'idea. Andiamo

da Fabio!"

Marco ride divertito versando alla ragazza del freddo Ga-

lestro. Sa far divertire una donna almeno quanto non è in gra-

do di scegliere un vino.

Quella sera la Nuova Fiorentina può andarne fiera. Non ha

mai avuto un cameriere così carino. Una cameriera, per esse-

re precisi. Babi avanza tra i tavoli con le pizze in mano. Non

ha dubbi. Quella con la mozzarella senza alici è per Marco.

Quante volte l'ha sentito ordinarla. Quante volte poi con amo-

re gliene ha fatta assaggiare un pezzo, imboccandola.

Un'altra fitta. Decide di non pensarci. Si gira. Fabio e Pal-

lina sono vicino alla cassa. Le sorridono incitandola da lonta-

no. Babi prende coraggio. È stordita. La birra era buona e la

sta aiutando ad arrivare al tavolo di Marco.

"Questa è per lei."

Posa la focaccia bianca al prosciutto con poco olio davan-

ti alla ragazza che la guarda stupita.

"E questa è per te, verme!" Marco non fa in tempo a sor-

prendersi. La mozzarella senza alici gli cola sulla testa con tut-

to il pomodoro, mentre la pizza calda, bruciandolo, si trasfor-

ma in uno scomodo cappello. Fabio e Pallina scoppiano in un

applauso, seguiti da tutto il ristorante. Babi, leggermente ubria-

ca, si inchina ringraziando. Poi si allontana con Pallina sotto-

119

braccio seguita dai divertiti commenti dei presenti e lo sguar-

do stupito della ragazza ignara.

Tornano in Vespa in silenzio. Babi si tiene abbracciata stret-

ta stretta a Pallina. Ma non è paura. Per strada c'è molto me-

no traffico. Con la testa appoggiata sulla spalla dell'amica guar-

da gli alberi sfilare davanti a lei, le luci lontane rosse e bian-

che delle macchine. Un autobus arancione le passa vicino. Chiu-

de gli occhi. Un brivido la prende, poi la abbandona. Sente

freddo e caldo e si sente sola. Sempre in silenzio arrivano sot-

to casa. Babi scende dalla Vespa.

"Grazie Pallina."

"Di che? Non ho fatto niente."

Babi le sorride. "La birra era buonissima. Domani a scuo-

la ti offro la merenda. Dobbiamo festeggiare."

"Che cosa?"

"La completa libertà." Pallina l'abbraccia. Babi chiude gli

occhi. Le sfugge un singhiozzo, poi si stacca e scappa via. Pal-

lina la guarda fare gli scalini di corsa e scomparire dentro il

portone. Poi accende la Vespa e si allontana nella notte. Più

tardi Babi mentre si spoglia tira fuori i soldi dalla tasca dei

jeans. Quando infila la mano per vedere se c'è ancora qualco-

sa, rimane stupita. Fra tante lacrime, compare un sorriso. Il

pettinino di Pallina con gli strass e i cuoricini colorati è lì. Glie-

lo ha messo lei, mentre erano abbracciate.

Un piccolo regalo per farla stare su, per farla sorridere. C'è

riuscita. Pallina è veramente un'amica. Marco invece, pove-

raccio, è stato veramente jellato. Babi sorride infilandosi il pi-

giama. In questa tragedia pensa che c'è qualcosa di diverten-

te. Se fossimo andate come al solito da Baffetto non lo avrem-

mo mai beccato. Babi si lava i denti. Che strano, proprio sta-

sera abbiamo deciso di andare alla Nuova Fiorentina. Babi si

infila sotto le lenzuola. Sì, Marco è stato proprio jellato, e spe-

ro che lo sia per tutta la vita.

Pallina gira a destra. Decide di passare a salutare il suo

amico Dema.

Un gatto le attraversa la strada. Non controlla neanche se

è nero o no. Pallina non crede alla sfiga. Lei preferisce mille

volte la pizza di Baffetto al calzone della Nuova Fiorentina.

Non la cambierebbe per nulla al mondo. Ma quella sera, quan-

do Fabio le ha telefonato dicendole che lì da lui c'era il ragaz-

zo di Babi con un'altra, non ha avuto dubbi. È l'occasione che

aspettava da tempo. Ha saputo troppe storie sul conto di Mar-

co. Non possono essere solo voci. Ma se gliel'avesse racconta-

to, era sicura che Babi non le avrebbe creduto. O forse sì. E al-

120

lora si sarebbe rovinata un'amicizia. Meglio dare la colpa al

destino. Pallina citofona a Dema. Le risponde una voce inson-

nolita.

"Pronto, ma chi è?"

"Pallina. Tutto fatto."

"L'avete beccato?"

"In flagrante! Come un topo con il formaggio in bocca o

meglio come un verme con la pizza in testa!"

"Perché, che è successo?"

"Se scendi ti racconto."

"E come l'ha presa Babi?"

"Malino..." »

"Aspetta, mi vesto e scendo."

Pallina si pettina indietro i capelli. Solo per un attimo rim-

piange il suo pettinino. Povera Babi, ma meglio così. Forse

avrebbe sofferto un po'. Ma meglio adesso che dopo. Quando

sarebbe stata più presa. Presto sarebbe tornata allegra. E il sor-

riso di un'amica vale molto più di un pettinino, molto più di

una pizza Margherita. Anche se da Baffetto.

21.

Sotto la doccia Babì si pettina i capelli pieni di balsamo. I

103.10 della radio trasmettono gli ultimi successi americani.

Anastacia è salita al terzo posto. Babi manda la testa indietro

cullata da quel lento motivo sotto la doccia. Una cascata d'ac-

qua leggera porta via il balsamo, scivolandole lungo il viso,

sfiorandole i tratti, le morbide sporgenze.

Qualcuno bussa alla porta.

"Babi... Ti vogliono al telefono."

È Daniela.

"Arrivo subito." Si avvolge rapida in un asciugamano e va

alla porta. Daniela le da il cordless.

"Fai presto che aspetto la telefonata di Andrea." Babi si

chiude di nuovo in bagno e si siede sul morbido copritazza.

La voce di Pallina è squillante.

"Eri sotto la doccia?"

"Naturale, se no non mi avresti chiamato! Che c'è di così

urgente?"

"Mi ha telefonato Pollo dieci secondi fa. Ha detto che è sta-

to benissimo con me. Si è scusato per quello che è successo al

ristorante e mi vuole vedere. Ha chiesto se stasera vado con lui

alle corse."

"A quali corse?"

"Stasera vanno tutti quanti sull'Olimpica con le moto e fan-

no le gare. Velocità, su una ruota sola in due. Ti ricordi, ce l'ha

raccontato Francesca che c'è stata. Ha detto che è fichissimo.

Lei ha fatto perfino la camomilla...!"

"La camomilla?"

"Sì, quelle che vanno dietro le chiamano così perché han-

no la cinta doppia di Camomilla per legarsi a quello che gui-

da. La regola è che devono stare girate a faccia indietro."

"Girate a faccia indietro? Pallina ma che, sei diventata cre-

tina? Quasi mi dispiace di essermi sacrificata per te..."

122

"Ma sacrificata di che?" * ' * " > ,' > '>,ì^

"Come di che? La nota e tutto il resto!"

"Capirai, ora la stai facendo lunga con questa nota!"

"Intanto sono in punizione e non posso uscire fino a lu-

nedì."

"Va bene, ma infatti io mica ti sto chiedendo di venire con

me. Volevo solo un consiglio. Che dici, ci vado?"

"Andare a vedere quelli che corrono è ancora più da defi-

cienti che andare a correre con le moto. Poi fai come ti pare."

"Oh, forse hai ragione. A proposito. Gliel'ho detto a Dema

che mi sono messa con Pollo. Sei contenta?"

"Io? Ma a me che m'importa. L'amico è tuo. Ti ho detto so-

lo che, secondo me, se lo veniva a sapere da un altro, ci rima-

neva male!"

"Sì, ho capito. Invece è rimasto benissimo. Anzi mi è sem-

brato felice. Vedi che ti eri sbagliata. Non è vero che è inna-

morato di me."

Babi si avvicina allo specchio. Con l'asciugamano toglie un

po' di vapore. Appare la sua immagine con il telefono in ma-

no e l'aria scocciata. A volte Pallina è proprio stressante.

"Be', meglio così, no?"

"Sai che ti dico, Babi? Mi hai convinto. Non ci vado alle

corse."

"Brava! Ci sentiamo dopo."

Babi esce dal bagno. Passa davanti a Daniela e le restitui-

sce il telefono. Daniela non dice nulla, ma ha l'aria scocciata,

come a dire che la sorella è stata troppo al telefono. Babi va in

camera sua e comincia ad asciugarsi i capelli. Entra Daniela

con il telefono. "È Dema. È inutile dire che vale la stessa cosa

di prima."

Babi spegne il phon e prende il telefono.

"Ciao Dema, come stai?"

"Malissimo."

Babi ascolta in silenzio. Sembra quasi che Un'emozione per

sempre, la canzone di Eros, sia stata scritta per lui. "Vorrei po-

terti ricordare così..." Ma in che modo, se non ha niente da ri-

cordare? Babi rinuncia a dirglielo. Anche perché Dema le fa

mille domande.

"Ma come, dopo tutto il tempo che ho passato dietro a lei,

si va a mettere con questo? Ma chi è poi?"

"Si chiama Pollo, non so altro."

"Pollo? Che nome! Cosa spera di trovarci? È un violento,

uno di quei teppisti che sono venuti l'altra sera alla festa di Ro-

berta! Bella gente, e Pallina se ne è innamorata!"

123

"Mah, innamorata Dema... Le piacerà!"

"No, no, innamorata. Me l'ha detto lei!"

"Sai quante cose dice Pallina no? La conosci meglio di me.

Stasera per esempio vuole andare a vedere le corse sull'Olim-

pica... Cinque secondi dopo cambia idea. Vedi com'è? Magari

fra un po' si accorge dello sbaglio che ha fatto e torna indie-

tro. Su, Dema, vedrai che andrà così."

Dema rimane in silenzio. Ha creduto alle sue parole o co-

munque ha voluto crederci. Poveraccio, pensa Babi. E meno

male che non era innamorato!

"Sì, forse hai ragione. Magari andrà proprio così."

"Vedrai, Dema, è solo questione di tempo."

"Sì, speriamo solo che non ce ne voglia troppo." Poi cerca

di fare lo spiritoso. "Babi, per favore, non dire niente a Palli-

na di questa telefonata!"

"Figurati, e stai su, eh?"

"Sì, grazie." Attaccano.

Entra Daniela.

"Ma dai, Pallina si è messa con Pollo, pazzesco! E Dema

naturalmente è distrutto!"

"Già, poveraccio, è una vita che le sta dietro."

"Non ha speranze! È il classico amico delle donne."

Dopo questo duro giudizio Daniela si allontana con il telefo-

nino, ma non fa in tempo a uscire dalla stanza che risuona.

"Pronto. Sì, ciao, ora te la passo. Babi ti prego, non ci sta-

re un'ora."

"Chi è?"

"Pallina."

"Tenterò!" Babi prende il telefono.

"Ti sei lasciata con Pollo?"

"No!"

"Peccato..."

"Con chi parli che è sempre occupato?"

"Con Dema, è distrutto."

"No!"

"Sì, l'ha presa malissimo! Poveraccio, mi ha detto di non

dirtelo. Mi raccomando, fai finta di non sapere niente, eh!"

"Forse non dovevo dirglielo che mi sono messa con Pollo."

"Ma che dici Pallina, lo veniva a sapere ed era peggio."

"Potevo sperare di rimandare fino all'ultimo."

"Ma all'ultimo che? Potevi non mettertici e basta."

"Non tocchiamo questo tasto. Piuttosto, ho deciso che nel-

la vita è molto più divertente essere deficienti..."

"Quindi?" , ,.

124

"Quindi, vado alle corse."

Babi scuote la testa. I capelli ormai si stanno asciugando

da soli.

"Bene, divertiti."

"Mi ha chiamato Pollo e mi passa a prendere fra un po'. Ma

che dici, secondo te devo andare lì a divertirmi o fare quella

che guarda le corse e un po' si annoia?"

Questo è troppo. Babi esplode.

"Senti Pallina. Vai alle corse, vai in moto, fai le pinne, met-

titi con tutti i teppisti di questo mondo ma, ti prego, non fare

Moretti!"

Pallina scoppia a ridere.

"Hai ragione. Senti, mi devi fare un ultimo piacere. Sicco-

me non so a che ora finiscono le corse, ho detto a mia madre

che poi vengo a dormire da te."

"E se chiama tua madre?"

"Ma figurati. Quella non mi cerca mai... Piuttosto devi la-

sciarmi le chiavi sotto il tappetino del portone. Al solito posto."

"Va bene."

"Oh, non te ne dimenticare eh! Povero Dema! Secondo te

devo fare qualcosa?"

"Pallina, mi sembra che per oggi hai già fatto abbastanza."

Babi spegne il telefono. Daniela quasi glielo strappa dalle

mani.

"Per fortuna che ti ho chiesto di starci poco, eh."

"Che ci posso fare! Hai sentito no che macello è successo.

Mi raccomando, non dirlo a nessuno di Pollo e Pallina."

"A chi vuoi che lo dica?"

Il telefono squilla di nuovo. È Giulia.

"Si può sapere chi è caduto dentro la cornetta?"

"Ciao Giuli. Scusa eh, era mia sorella."

Daniela va in camera sua. Fa appena in tempo a chiudere

la porta, poi non resiste.

"Giulia non sai la notizia. Pallina si è messa con Pollo!"

"Noi"

"Sì! Dema è distrutto, ma mi raccomando, non dirlo a nes-

suno!"

"Ma certo, figurati." Giulia ascolta il resto della storia già

pensando a cosa avrebbero detto più tardi Giovanna e Stefania.

22.

<rv

Babi esce dalla sua camera. Ha la vestaglia rosa morbida

trapuntata, sotto un pigiama di felpa azzurro e ai piedi calde

pantofole. Dopo la doccia si è ripresa dalla fatica del footing,

ma non è affatto allegra. Quella sera la dieta non le permette

altro che una misera mela verde. Attraversa il corridoio. Pro-

prio in quel momento sente girare le chiavi nella toppa della

porta. Suo padre.

"Papa!" Babi gli corre incontro.

"Babi."

Suo padre è infuriato. Babi si ferma.

"Che è successo? Non mi dire che non ho messo bene la

Vespa, che non sei riuscito a entrare in garage..."

"Ma che mi frega della Vespa! Oggi sono venuti da me gli

Accado."

A quelle parole Babi sbianca. Come ha fatto a non pensar-

ci prima? Avrebbe dovuto raccontare ai suoi tutto quello che

era successo.

Raffaella, che ha appena finito di lavare due mele verdi pre-

parando così la cena, arriva in salotto.

"Che vogliono da te gli Accado? Che è successo? Che c'en-

tra Babi?"

Claudio guarda sua figlia,

"Non lo so. Diccelo tu Babi, cosa c'entri?"

"Io? Io non c'entro niente!"

Daniela compare sulla porta.

"È vero, lei non c'entra niente!" Raffaella si gira verso Da-

niela.

"Stai zitta tu, nessuno ti ha interrogata."

Claudio prende Babi per un braccio.

"Forse non è colpa tua, ma quello che era con te c'entra

eccome! Accado è andato all'ospedale. Ha il setto nasale frat-

turato in due punti. L'osso è rientrato, e il medico ha detto

126

che bastava mezzo centimetro in più perché gli bucasse il cer-

vello."

Babi rimane in silenzio. Claudio la guarda. Sua figlia è scon-

volta.

Le lascia il braccio. "Forse non hai capito Babi, mezzo cen-

timetro in più e Accado moriva..."

Babi deglutisce. La fame le è passata. Ora non le va più

neanche la mela. Raffaella guarda preoccupata la figlia, poi,

vedendola così sconvolta assume un tono calmo e tranquillo.

"Babi, per favore, puoi raccontarmi com'è andata questa

storia?"

Babi alza gli occhi. Sono chiari e spaventati. È come se la

vedesse per la prima volta quella sera. Comincia con un "Nien-

te mamma" e va avanti raccontandole tutto. La festa, gli im-

bucati, Chicco che ha chiamato la polizia, quelli che hanno fat-

to finta di fuggire e invece li hanno aspettati sotto casa. L'in-

seguimento, la BMW distrutta. Chicco che si è fermato, quel ra-

gazzo con la moto blu che lo ha picchiato, Accado che è inter-

venuto e quel ragazzo che ha menato pure lui.

"Ma come, e Accado ti ha lasciato con quel teppista? Con

quel violento, e non ti ha portato via?"

Raffaella è sconvolta. Babi non sa cosa rispondere.

"Forse avrà pensato che era un mio amico, che ne so. So

solo che dopo le botte sono scappati tutti e io sono rimasta so-

la con lui."

Claudio scuote la testa.

"E certo che Accado è scappato. Rischiava di morire dis-

sanguato con quel naso rotto. Tanto è finita per quel ragazzo.

Filippo l'ha denunciato. Oggi sono venuti da me in ufficio a

raccontarmi tutta la storia per correttezza. Hanno detto che

procederanno per vie legali. Vogliono sapere nome e cognome

di quel ragazzo. Come si chiama?"

"Step."

Claudio guarda perplesso Babi.

"Come Step?"

"Step. Si chiama così. Almeno, io l'ho sempre sentito chia-

mare così."

"Ma che, è americano?"

Daniela interviene.

"Ma che americano papa! È un soprannome."

Claudio guarda le figlie.

"Ma questo ragazzo avrà pure un nome?"

Babi gli sorride. ^ i<,

"Certo che lo avrà, ma io non lo so." «'ft,!,T..f«'t

127

Claudio perde di nuovo la pazienza.

"Ma come faccio io a dire agli Accado che mia figlia va in

giro con uno che non sa neanche come si chiama."

"Io non vado in giro con lui. Stavo con Chicco... te l'ho già

detto."

Raffaella interviene.

"Sì, ma poi sei tornata a casa in moto con lui."

"Mamma, ma se Chicco e gli Accado sono scappati, come

tornavo? Stavo lì per strada, di notte? Che facevo, tornavo a

casa da sola? Ci ho provato. Ma dopo un po' si è fermato uno

tremendo con la Golf a darmi fastidio e allora mi sono fatta

accompagnare."

Claudio non crede alle sue orecchie.

"Finisce che questo Step lo dobbiamo pure ringraziare!"

Raffaella guarda arrabbiata le figlie.

"Non possiamo fare una figura simile. Avete capito? Vo-

glio sapere al più presto il nome di questo ragazzo. È chia-

ro?" Babi si ricorda di quella mattina quando ha parlato con

Daniela. Era ancora presto, lei era ancora insonnolita, ma

non ha dubbi.

"Dani, tu lo sai come si chiama. Diglielo!"

Daniela guarda Babi sbalordita. Ma che, è pazza? Dirglie-

lo? Denunciare Step? Si ricorda quello che hanno fatto a Bran-

delli e molte altre storie che ha sentito. Le avrebbero distrut-

to la Vespa, l'avrebbero picchiata, violentata. Ci sarebbero sta-

te scritte terribili sui muri della scuola con il suo nome e cose

sconce che purtroppo non ha ancora mai fatto. Denunciarlo?

In un attimo solo perde la memoria.

"Mamma, io so solo che si chiama Step."

Babi si scaglia contro la sorella.

"Bugiarda! Sei una bugiarda! Io non me lo ricordo, ma sta-

mattina me l'hai detto come si chiama. Tu e le tue amiche lo

conoscete benissimo."

"Ma che stai dicendo?"

"Sei solo una vigliacca, tu non lo vuoi dire perché hai pau-

ra! Tu lo sai come si chiama."

"No, non lo so."

"Sì che lo sai!"

Babi improvvisamente si ferma. È come se qualcosa nella sua

mente si fosse aperto, slegato, chiarito. Se l'è ricordato.

"Stefano Mancini. Ecco, questo è il suo nome. Lo chiama-

no Step."

Poi guarda la sorella e cita le sue parole: "Io e le mie ami-

che lo chiamiamo 10 e lode".

128

"Brava, Babi." Claudio tira fuori dalla tasca un foglietto sul

quale annota sempre tutto. Si segna il nome prima di dimen-

ticarlo. Mentre scrive si innervosisce. Ha letto qualcosa che

avrebbe dovuto fare, ma ormai è troppo tardi.

Daniela guarda la sorella.

"Ti senti forte, eh? Non capisci cosa ti faranno? Ti distrug-

geranno la Vespa. Ti picchieranno, scriveranno di te sui muri

della scuola."

"Capirai, la Vespa è già distrutta. Sui muri dubito che scri-

veranno qualcosa, anche perché non credo proprio che qual-

cuno di loro sappia scrivere. E se vorranno farmi del male, mio

padre mi proteggerà, vero?"

Babi si gira verso di lui. Claudio pensa ad Accado, imma-

gina il dolore che si deve provare quando ti spaccano il naso.

"Certo Babi, ci sono io."

Si chiede quanto ci sia di vero in quell'affermazione. For-

se poco. Ma è servita allo scopo. Babi, ora più tranquilla, va in

cucina. Prende la sua mela verde e la lava di nuovo. Poi, te-

nendola sollevata nel vuoto per il picciolo, comincia a girarla.

Ogni giro, una lettera. Quando il picciolo si stacca, ecco, quel-

la è l'iniziale di chi ti pensa. A, B, e, D. Il picciolo si stacca con

un rumore secco.

È uscita la D. Chi conosce che inizia per D? Nessuno, non

le viene in mente nessuno. Per fortuna non è uscito s. È diffì-

cile che un picciolo resista tanto. Ma anche se fosse uscita quel-

la lettera non se ne sarebbe preoccupata più di tanto. Non ha

paura. Babi passa davanti a sua madre. Le sorride. Raffaella

la guarda allontanarsi. È orgogliosa di sua figlia. Babi sì che

ha preso da lei. Non come Daniela. La sua paura in fondo è

giustificata. Daniela è tutta suo padre. Claudio mette il com-

pleto grigio sul letto.

"Ah, tesoro, hai comprato la caffettiera grande?"

"No, me ne sono dimenticata."

Raffaella si chiude in bagno. Ma come, pensa Claudio, l'ho

pure scritto sulla lista della spesa. Decide di non dire nulla giu-

stificando così ancora di più il carattere di Daniela. Claudio,

scelta una camicia, la butta sul letto. Poi ci mette sopra la sua

cravatta preferita. Chissà, forse stasera riuscirà a mettersela.

I genitori escono, raccomandandosi come ogni sera di non

aprire a nessuno. Subito dopo Babi corre giù in vestaglia, e

senza farsi vedere nasconde le chiavi di casa sotto il tappeto

del portone. Chissà dov'è Pallina in questo momento. Alle cor-

se delle moto sull'Olimpica. Contenta lei... > SWK-UB <n ut

129

Daniela sta nel corridoio. Parla con Andrea Palombi al te-

lefono mentre con una penna scarabocchia i loro nomi e al-

cuni cuoricini su un foglio. Andrea, sentendo che Daniela non

risponde, si incuriosisce.

"Dani, ma che stai facendo?" , I

"Niente."

"Come niente? Sento dei rumori."

"Sto scrivendo."

"Ah, e che cosa scrivi?"

"Ma niente..." mente. "Sto facendo dei disegni."

"Ah, ho capito. E tu disegni mentre parli con me?"

"Ma no, ti ascolto. Ho capito tutto."

"Allora ripeti."

Daniela sbuffa.

"Il lunedì, mercoledì e venerdì vai in palestra e martedì e

giovedì a inglese."

"A che ora?"

Daniela ci pensa un attimo.

"Alle cinque."

"Alle sei. Lo vedi che non stai ascoltando."

"Ma sì, è che non me lo ricordo. Hai capito invece perché

prima non potevo parlare?"

"Sì, perché c'erano i tuoi che ti stavano salutando."

"Appunto: ti facevo sì, ehm, eh. E tu non capivi."

"Come faccio a capirlo se tu non me lo dici?"

"Come faccio a dirtelo se i miei stanno lì davanti? Ma guar-

da che sei forte! Ho un'idea: dobbiamo decidere una parola

convenzionale per quando non possiamo parlare."

"Tipo?"

"Che ne so, pensiamoci..."

"Potremmo dire il nome della mia scuola di inglese."

"Qual è?"

"Allora lo vedi che non mi ascolti! British."

"Sì, British mi piace."

Babi passa in quel momento nel corridoio e si ferma da-

vanti alla sorella.

"È possibile che stai sempre al telefono?"

Daniela non le risponde. Decide di sfruttare subito la nuo-

va parola.

"British."

Andrea rimane un attimo perplesso. "Che c'è, non puoi par-

lare?"

"E certo! Se no perché dico British? Così, senza senso. Al-

lora che lo abbiamo deciso a fare?" ,"),' '.i u-> < t" >,! £,

130

"Va bene, ma che ne so che ora non puoi parlare?" *

"Eh no, lo devi sapere. Ho detto British."

"Sì, però ho pensato che magari stai provando come ti

suona."

La loro discussione non proprio metafisica è interrotta im-

provvisamente dalla voce inflessibile di una signorina Telecom.

"Attenzione. Telefonata urbana urgente per il numero..."

Daniela e Andrea rimangono in silenzio. Attendono la pri-

ma cifra che avrebbe deciso chi dei due è più ricercato. "3... 2..."

Daniela copre la voce della signorina. "È per me. Sarà Giulia!"

"Ci sentiamo dopo?"

"Sì, ti telefono quando ho finito. British!" Andrea ride. In

quel caso vuole dire qualcosa tipo "Ti voglio bene".

"Anch'io." Attaccano. Babi guarda la sorella. Strano che ab-

bia ubbidito così presto.

"Ci hanno fatto l'urbana urgente."

"Mi sembrava! È troppo strano che tu attacchi solo perché

te l'ho detto io. Saranno papa e mamma scocciati che devono

dirci qualcosa e trovano sempre occupato."

"Ma che! Questa è sicuramente Giulia, avevamo detto che

ci risentivamo."

Rimangono così ad aspettare in silenzio vicino al telefono.

Pronte ad alzare la cornetta al primo squillo. Come due parte-

cipanti a un quiz televisivo dove devi spingere per primo il pul-

sante e dare la risposta esatta. Il telefono squilla. Daniela è più

veloce.

"Giulia?" Risposta sbagliata. "Ah, mi scusi, sì ora gliela pas-

so. È per te." Babi strappa la cornetta dalle mani di Daniela.

"Sì, pronto?"

Quel senso di soddisfazione diventa subito un grave imba-

razzo. È la madre di Pallina. Daniela sorride. "Non ci stare mol-

to, eh?"

Babi prova a colpirla con un calcio. Daniela lo schiva.

Babi si concentra sulla telefonata. "Ah, sì signora, buona-

sera." Ascolta la madre di Pallina. Naturalmente vuole sua fi-

glia. "Veramente sta dormendo." Poi, rischiando come non mai:

"Vuole che gliela sveglio?". Babi socchiude gli occhi e stringe

i denti in attesa della risposta.

"No, non ti preoccupare. Posso dire a te."

È andata.

"Domani mattina sono riuscita a farmi dare appuntamen-

to per le analisi del sangue. Quindi dovresti dirle di non man-

giare appena sveglia e che la vengo a prendere io verso le set-

te. Entrerà alla seconda ora, se non facciamo troppo tardi." Ba-

bi ormai è rilassata. . ,M.U-, *

131

"Sì, intanto la prima ora abbiamo religione..." Babi pensa

che quella materia per la sua amica è del tutto inutile. L'anima

di Pallina, tra bugie e fidanzati violenti, è andata completa-

mente perduta.

"Mi raccomando Babi, non farla mangiare."

"No, signora. Non si preoccupi."

Babi attacca. Daniela le passa vicino pronta a impadronir-

si di nuovo del telefono.

"Ti è andata bene, eh?"

"È andata bene a Pallina. Se la becca sono affari suoi. Io

che c'entro?" Babi prova subito a chiamare sul telefonino di

Pallina. Niente da fare: è staccato. E certo. Sta dormendo da

me e a casa mia non prende. Che telefono a fare? Ma di che mi

preoccupo? Al massimo rischia lei. Anzi, non mi devo neanche

innervosire.

Babi si fa una camomilla. Due fette di limone, una busti-

na di Dietor ed eccola lì sul divano. Le gambe piegate all'in-

dietro, i piedi infilati nella piega di un cuscino, lì dove fa più

caldo. Si mette a guardare la televisione. Daniela naturalmen-

te richiama Andrea. Gli racconta la storia di Pallina, la telefo-

nata della madre, il bluff di Babi e tante altre cose che per lo-

ro sono divertentissime. Nella televisione del salotto un po' di

zapping. Una trasmissione sulle civiltà antiche, una storia d'a-

more più contemporanea, un quiz troppo difficile. Babi rima-

ne un attimo sul divano a pensare. No. Questa risposta proprio

non la sa. La voce di Daniela arriva dal corridoio allegra e di-

vertita. Parole d'amore si confondono dolci tra fresche risate.

Babi spegne la tele. Pallina sarebbe tornata prima delle sette.

"Buonanotte Dani."

Daniela sorride alla sorella.

"Buonanotte."

Babi non tenta neanche di ripeterle di non tenere occupa-

to il telefono. A cosa sarebbe servito poi? Si lava i denti. Met-

te sulla sedia la divisa per il giorno dopo, prepara la borsa e si

infila nel letto. Dice una preghiera fissando il soffitto. Si ritro-

va un po' distratta. Poi spegne la luce. Si gira nel letto provando

a prendere sonno. Niente da fare. E se Pallina fosse andata di-

rettamente a scuola? Quella è capace di tutto. Magari fa not-

tata e si fa accompagnare da Pollo alla Falconieri mentre sua

madre viene a prenderla da lei. Mannaggia a Pallina! Ma per-

ché non fa l'innamorata semplice? Sta due ore al telefono co-

me sua sorella e pace. Non fa tanti danni, solo una bolletta un

po' più salata. No, lei deve andare alle corse. Deve fare la don-

na del duro. Mannaggia a Pallina! Scende dal letto e si veste

132

veloce. Si infila giusto una felpa e un paio di jeans, poi va in

camera di Daniela e prende le sue Superga blu. Passa davanti

alla sorella. Naturalmente sta ancora al telefono.

"Vado ad avvisare Pallina."

Daniela la guarda sbalordita.

"Vai alla serra? Voglio venire anch'io."

"Alla serra? Vado sull'Olimpica. Dove fanno le corse."

"Eh! Si chiama la serra."

"E perché?"

"Per tutti i fiori che ci sono lungo la strada! Per quelli che

sono morti."

Babi si passa la mano sulla fronte.

"Ci mancava solo questa... La serra!"

Prende il giubbotto appeso in corridoio e fa per uscire. Da-

niela la ferma.

"Ti prego, Babi, portami con te!"

"Ma che, siete diventate tutte matte? Te io e Pallina che ce

ne andiamo in giro alla serra. Magari facciamo pure una cor-

sa in moto, eh?"

"Se ti metti la cinta di Camomilla ti scelgono loro e ti por-

tano dietro, dai prendi la mia, pensa che forza, fai la 'camo-

milla'..."

Babi pensa a quella che si è bevuta per andare a letto. Tut-

to inutile. Si tira su il bavero del giubbotto. Le sembra di es-

sere seduta di fronte a un conduttore con un quiz tutto per lei.

Cosa stai andando a fare laggiù? Perché vai alla serra, tra maz-

zi di fiori per quelli che sono morti? Su quella strada dove grup-

pi di scatenati in moto rischiano di fare la stessa fine? La ri-

sposta le sembra facile. Va ad avvisare Pallina di tornare pri-

ma delle sette. Quella Pallina che ama essere nei posti assur-

di, la Pallina che non sa niente di latino. La Pallina alla quale

lei ama suggerire anche se questo vuole dire prendere una no-

ta. Sì, lei va lì soprattutto per la sua amica Pallina. O almeno

questo è quello di cui vuole essere convinta.

"Daniela, non te lo ripeto più. Attacca quel telefono." Poi

esce di corsa, con il pettinino con gli strass tra i capelli e il cuo-

re che stranamente le batte forte.

133

23.

5 ,«'

Ai bordi della grande strada dalla ampia curva c'è molta

gente. Alcune jeep Patrol con le portiere aperte sparano musi-

ca a tutto spiano. Dei ragazzi coi capelli sul biondo tinto, con

magliette e cappellini americani, dal risico asciutto, si fingono

surfisti e in pose statuarie si passano, salutisti, una birra. Po-

co più in là, vicino a un Maggiolone scoperto, un altro grup-

petto, molto più realista, si adopera per farsi una canna.

Più avanti, alcuni signori, in cerca di una serata emozio-

nante, sono intorno a una Jaguar. Vicino a loro, un'altra cop-

pia di amici guarda divertita quell'assurdo carosello.

Motorini su una ruota sola, moto che sfrecciano veloci rom-

bando, frenate e sgasate, ragazzi che passano in piedi sulle pe-

daline guardando in giro se c'è gente che conoscono, altri che

salutano amici.

Babi con il suo Vespino truccato affronta la dolce salita.

Arrivata in cima, rimane senza parole. Clacson diversi, acuti e

profondi, suonano come impazziti. Motori rombanti si ri-

spondono ruggendo. Luci di fari, colorati in maniera diversa,

illuminano la strada come se fosse un'enorme discoteca.

In un piccolo slargo c'è un chioschetto di quelli mobili che

vende bibite e panini caldi. Sta facendo affari d'oro. Babi si fer-

ma lì davanti e mette il cavalietto alla Vespa. La chiude. Un

Free su una ruota sola le sfreccia talmente vicino che Babi qua-

si perde l'equilibrio. Un ragazzo di quindici anni al massimo

ricade sulla ruota davanti ridendo sguaiatamente. Frena fa-

cendo una sgommata e riparte nel senso inverso. Pinna di nuo-

vo con le gambe scomposte, leggermente sbilanciato.

Babi si guarda distratta in giro. Poi riprende a camminare,

urta un tipo con i capelli a spazzola con il giubbotto nero di pel-

le e un orecchino a destra. Sembra avere una gran fretta.

"Guarda dove cazzo vai, no?"

Babi si scusa. Ancora di più si chiede cosa stia facendo in

134

quel posto. A un certo punto vede Gloria, la figlia degli Acca-

do. Sta lì, seduta per terra, su un giubbotto di jeans. Vicino c'è

Dario, il suo ragazzo. Babi le si avvicina.

"Ciao Gloria."

"Ciao, come stai?" -;»

"Bene."

"Conosci Dario?"

"Sì, ci siamo già visti."

Si scambiano un sorriso cercando di ricordarsi dove e

quando.

"Senti, mi dispiace per quello che è successo a tuo padre."

"Ah sì? Be', a me non me ne frega niente. Gli sta bene. Co-

sì impara a farsi i cavoli suoi. Si mette sempre in mezzo, vuo-

le sempre dire la sua. Finalmente ha trovato uno che lo ha mes-

so al suo posto."

"Ma è tuo padre!"

"Sì, ma è anche un gran rompicoglioni."

Dario si è acceso una sigaretta.

"Condivido. Anzi, di' a Step grazie da parte mia. Sai che

non mi fa salire in casa? Devo aspettare sempre giù per usci-

re con Gloria. Non che me ne freghi niente di vedere lui. È una

questione di principio, no?"

Babi pensa a quale principio si ispiri. Dario passa la siga-

retta a Gloria.

"Certo, se gliela davo io la capocciata, erano cazzi amari."

Dario scoppia a ridere.

Gloria da un tiro, poi guarda Babi sorridendo.

"Ma che, ti sei messa con Step?"

"Io? Ma sei pazza? Vi saluto, devo trovare Pallina."

Si allontana. Ha sbagliato. Sono tutti e due pazzi. Una fi-

glia felice che il padre sia stato preso a capocciate. Il suo ra-

gazzo dispiaciuto perché non gliel'ha potute dare lui. Roba

da non credere. Su una piccola altura, dietro una rete buca-

ta, c'è Pollo. È seduto su una grossa moto e chiacchiera alle-

gramente con una ragazza che tiene abbracciata fra le gam-

be. La ragazza ha un cappello blu con la visiera e la scritta

NY davanti. I capelli neri raccolti a coda le escono dal cap-

pello tra la chiusura e la cucitura. Indossa un giubbotto con

le maniche plastificate bianche da tipica ragazza pompon

americana. La doppia cinta di Camomilla, un paio di panta-

collant blu scuri e le Superga in tinta la rendono un po' più

italiana. Quella pazza scatenata che ride e muove divertita la

testa baciando ogni tanto Pollo è Pallina. Babi si avvicina.

Pallina la vede.

135

"Ehi ciao, che sorpresa!" Le corre incontro e la abbraccia.

"Come sono felice che sei venuta."

"Io per niente. Anzi, vorrei andarmene al più presto!"

"A proposito, che ci fai qua? Non è da cretini venire alle

corse?"

"Infatti sei proprio una cretina. Ha telefonato tua madre!"

"No...? E tu che le hai detto?"

"Che dormivi." , ;, ,,-

"E ci ha creduto?" ,., - , , ,/

"Sì." >( " ',,..,-,

Pallina fa un fischio. "Meno male!"

"Sì, ma ha detto che domani mattina ti passa a prendere

presto, che devi andare a fare le analisi e salti la prima ora."

Pallina fa un salto di gioia.

"Yahooo!" Il suo entusiasmo però finisce presto. "Ma do-

mani alla prima abbiamo religione, no?"

ttf~l *. il

Già.

"Che palle, non le posso fare venerdì le analisi che c'è ita-

liano?"

"Be', comunque ti passa a prendere alle sette, quindi vedi

di tornare presto, eh..."

"Ma dai, rimani!" Pallina prende sottobraccio Babi e la tra-

scina verso Pollo. "A che ora finisce qui?"

Pollo sorride a Babi che lo saluta rassegnata.

"Presto, massimo due ore ed è finito tutto. Poi ci andiamo

a mangiare una bella pizza, eh?"

Pallina guarda entusiasta l'amica.

"E dai, non fare la morta!" dice mentre Pollo sorride e si

accende una sigaretta. "Dai, che c'è pure Step... sarà felice di

vederti."

"Sì, ma non lo sono io! Pallina, io torno a casa. Vedi di far

presto. Non voglio passar guai con tua madre per colpa tua!"

Babi nota una targa per terra sul bordo della strada. È in

legno, e al centro c'è la foto di un ragazzo con vicino un tondo

metà nero e metà bianco. Il simbolo della vita. Quella stessa

vita che il ragazzo non ha più. E poi una scritta: "Era veloce e

forte, ma con lui il Signore non è stato poi un vero signore.

Non ha voluto dargli la rivincita. Gli amici".

"Begli amici che siete! E fate pure i poeti! Preferisco esse-

re da sola piuttosto che avere degli amici come voi che mi aiu-

tano ad ammazzarmi."

"Che cazzo vieni a fare qua se non ti sta bene niente?" di-

ce Pollo buttando la sigaretta.

Poi la sua voce. "È possibile che non riesci ad andare d'ac-

cordo con nessuno? Hai proprio un caratteraccio, eh?" U.VT

136

È Step. Fermo di fronte a lei con il suo sorriso spavaldo.

"Si da il caso che io vada d'accordo con tutti. Nella mia vi-

ta non ho mai avuto discussioni, forse perché ho sempre fre-

quentato un certo tipo di gente. È ultimamente che le mie co-

noscenze sono peggiorate, forse per colpa di qualcuno..." Guar-

da allusivamente Pallina che alza gli occhi al ciclo sbuffando.

"Lo so, tanto comunque la giri, è sempre colpa mia."

"Ah perché, non è per avvisarti che vengo quaggiù?"

"Ma come, non vieni per me?" Step le si mette davanti. "So-

no sicuro che sei venuta a vedermi correre..."

Si avvicina un po' troppo pericolosamente con il viso al suo.

Babi lo schiva superandolo.

"Ma se non sapevo neanche che c'eri." Arrossisce.

"Lo sapevi, lo sapevi. Sei diventata tutta rossa. Vedi, tu non

devi dire le bugie, non sei capace."

Babi rimane in silenzio. Se la prende con quel maledetto

rossore e il suo cuore che, disubbidiente, le batte veloce. Step

lentamente le si avvicina. Il suo viso è di nuovo troppo vicino

a quello di Babi. Le sorride.

"Non capisco perché ti preoccupi tanto. Hai paura a dirlo?"

"Paura? Paura io? E di chi? Di te? Tu non mi fai paura. Mi

fai solo ridere. Vuoi sapere una cosa? Io stasera ti ho denun-

ciato." Stavolta è lei ad avvicinarsi alla faccia di Step. "Hai ca-

pito? Ho detto che sei stato tu a colpire il signor Accado. Quel-

lo al quale hai dato la capocciata. Ho fatto il tuo nome. Pensa

quanto ho paura di te..."

Pollo scende dalla moto e si dirige veloce verso Babi.

"Brutta..." r

Step lo ferma. i

"Calmo Pollo, calmo."

"Ma come calmo, Step? Quella ti ha rovinato! Dopo tutto

quello che è successo, un'altra denuncia e ti sconti tutto il re-

sto. Vai direttamente al gabbio, in prigione."

Babi rimane stupita. Questo non lo sapeva. Step tranquil-

lizza l'amico.

"Non ti preoccupare, Pollo. Non succederà. Non finirò in

prigione. Forse andrò al massimo in tribunale." Poi, rivolto a

Babi: "Quello che conta è quello che si dirà al processo, quan-

do tu verrai chiamata a testimoniare contro di me. Quel gior-

no tu non farai il mio nome. Sono sicuro. Dirai che non sono

stato io. Che non c'entro niente".

Babi lo guarda con aria di sfida.

"Ah sì? E ne sei tanto sicuro?" ~ i

"Certo." - > *-?< ' -' *

IST

"Pensi di farmi paura?"

"Assolutamente no. Quel giorno, quando andremo in tri-

bunale, tu sarai così pazza di me che farai qualunque cosa pur

di salvarmi."

Babi rimane un attimo in silenzio, poi esplode in una risata.

"Il pazzo sei tu che ne sei convinto. Io quel giorno farò il

tuo nome. Te lo giuro."

Step le sorride sicuro.

"Non giurare."

Un fischio lungo e deciso. Tutti si voltano. È Siga. Al cen-

tro della strada c'è un uomo basso sui trentacinque anni. Ha

un giubbotto di pelle nera. È rispettato da tutti anche perché

si dice che lì sotto nasconda una baiaffa. Alza le braccia. È il

segnale. La prima corsa, quella delle camomille. Step si volta

verso Babi.

"Vuoi venire dietro di me?"

"Vedi, è proprio vero. Sei pazzo."

< "No, la verità è un'altra. Sei tu che hai paura."

"Non ho paura!"

"Allora fatti prestare la cinta da Pallina, no?"

: "Sono contraria a queste corse da deficienti."

Un SH blu si ferma lì davanti. È Maddalena. Saluta Pallina

con un sorriso, poi vede Babi. Le due ragazze si guardano ge-

lidamente. Maddalena alza il giubbotto.

"Mi porti Step?" Mostra la doppia cinta di Camomilla.

"Certo piccola. Chiudi FSH."

Maddalena lancia uno sguardo di soddisfazione a Babi,

poi la supera per posare FSH poco più avanti. Step si avvici-

na a Babi.

"Peccato, ti saresti divertita. A volte la paura è proprio

una brutta cosa. Non ti fa vivere i momenti più belli. È una

specie di maledizione se non sai vincerla."

"Te l'ho già detto, non ho paura. Vai a fare la tua corsa se

ti diverte tanto."

"Farai il tifo per me?"

,< "Me ne vado a casa."

» "Non puoi, dopo il fischio nessuno si può muovere."

Pallina le si avvicina.

"Sì, è così. Dai Babi. Resta qui con me. Ci vediamo questa

corsa e poi ce ne andiamo via insieme."

Babi annuisce. Step le si avvicina e con un'agile mossa le

tira via la bandana che lei porta al posto della cintura. Babi

non fa in tempo a fermarlo.

"Ridammela." > <* , , > -"ru*? '

138

Cerca di prendergliela. Step la tiene in alto con la mano.

Allora Babi cerca di colpirlo in piena faccia, ma Step è più ve-

loce. Le blocca la mano a mezz'aria e la stringe forte. Gli oc-

chi azzurri di Babi diventano lucidi. Le sta facendo male. Or-

gogliosa com'è, non dice una parola. Step se ne accorge. Al-

lenta la stretta.

"Non ci provare mai più."

Poi la lascia andare e monta sulla moto.

In quel momento arriva Maddalena e sale dietro di lui. Si

mette al contrario come dice il regolamento e passa la sua cin-

ta Camomilla. La moto balza in avanti appena in tempo per-

ché lei riesca a chiudere la cintura all'ultimo buco. Maddale-

na porta le mani indietro e si regge ai suoi fianchi. Poi alza il

viso. Babi è lì che la guarda. Le due ragazze si scambiano un

ultimo sguardo.

Poi Step pinna, Maddalena chiude gli occhi stringendosi

ancora di più a lui. La cinta tiene. Step torna su due ruote e

accelera per portarsi al centro della strada, pronto per la cor-

sa. Alza il braccio destro. Al suo polso, splendente e beffarda,

sventola la bandana di Babi.

Improvvisamente tre moto comparse dal nulla si portano

al centro della strada. Tutti hanno dietro una ragazza seduta al

contrario. Le camomille si guardano intorno. Una folla di ra-

gazzi e ragazze è davanti a loro. Le guardano divertiti. Alcune

le conoscono e le indicano gridando i loro nomi. Altri le salu-

tano con la mano cercando di attirare la loro attenzione. Ma le

camomille non rispondono. Hanno tutte le braccia indietro e

si stringono al guidatore per la paura dello stacco alla parten-

za. Siga raccoglie le scommesse. I signori della Jaguar punta-

no più di tutti. Uno di loro scommette su Step. L'altro su quel-

lo vicino a lui con la moto colorata. Siga raccoglie i soldi e se

li ficca nella tasca davanti del giubbotto, quella a sacca. Poi al-

za il braccio destro e si mette il fischietto in bocca. C'è un atti-

mo di silenzio. I ragazzi sulle moto sono tutti rivolti in avanti,

pronti a partire. Le camomille sono sedute dietro, girate. Han-

no gli occhi chiusi. Tutte tranne una. Maddalena vuole gustar-

si quel momento. Adora le corse. Le moto rombano. Tre piedi

sinistri spingono la pedalina in giù. Con un unico rumore en-

trano tre prime. Sono pronti. Siga abbassa il braccio e fischia.

Le moto schizzano in avanti, quasi subito su una ruota sola,

veloci e rombanti. Le camomille si stringono forte ai loro uo-

mini. Rivolte con la faccia verso terra, vedono la strada scor-

rere sotto di loro, dura e terribile. Con il fiato sospeso, il cuo-

re a duemila, lo stomaco in gola. Trascinate da dietro a cento,

139

centoventi, centoquaranta. Il primo a sinistra rompe. Scende

sulla ruota davanti, toccando terra con una botta forte, spin-

gendo sugli ammortizzatoli. La forcella trema, ma non accade

nulla. Quello vicino a lui da troppo gas. La moto si impenna,

la ragazza, sentendosi quasi in verticale, urla. Il ragazzo, spa-

ventato, forse anche perché ci sta insieme, toglie il gas frenan-

do. La moto torna giù delicatamente. Un bestione di Kawasaki

di circa trecento chili plana con dolcezza come a comando, ab-

bassa il muso, toccando terra, come un piccolo aereo senz'ali.

Step continua la gara, giocando con il freno e con il gas. La sua

moto, proiettata in avanti sempre alla stessa altezza, sembra

immobile, retta da un filo trasparente nel buio della notte. Vo-

la così, attaccato alle stelle. Maddalena guarda la strada scor-

rere, le strisce bianche quasi invisibili si mischiano l'una con

l'altra e quel grigio asfalto sembra un mare che morbido, liscio,

senza onde, naviga silenzioso sotto di lei. Step arriva primo fra

le urla di gioia degli amici presenti e la felicità del signore che

ha scommesso su di lui, non tanto per i soldi vinti, quanto per

aver battuto l'amico che l'ha portato in quel posto.

Bario, Schello e qualche altro amico si precipitano a far-

gli i complimenti. Una mano fraterna non ben distinta in mez-

zo al gruppo gli offre una birra ancora fredda. Step la prende

al volo, da un lungo sorso, poi la passa a Maddalena.

"Sei stata brava, non ti sei mai mossa. Sei una camomilla

perfetta."

Maddalena da un sorso, poi scende dalla moto e gli sor-

ride.

"Ci sono momenti in cui bisogna star fermi e altri in cui bi-

sogna sapersi muovere. Sto imparando, no?"

Step sorride. È troppo forte quella ragazza.

"Sì, stai imparando."

La guarda allontanarsi. È anche una bonazza. Arriva Pol-

lo che salta dietro la sua moto.

"Dai, cazzo, andiamo da Siga. Andiamo a vedere quanto

hai vinto!"

"Non molto, mi davano favorito!"

"Cazzo, non sei più una bella giocata. Dovresti perdere qual-

che gara, così sali di quota. Magari fai anche una bella caduta

e poi giochiamo tutto sull'ultima dove vinci. Classico no? Co-

me i pugili americani in certi film."

"Sì, però la caduta la faccio con la moto tua!"

"Allora no! L'ho appena rimessa a posto."

"Step! Step!" Lui si volta. È Pallina da sopra il muretto vi-

cino alla rete che lo chiama. "Bravo! Sei bravissimo." " " .. i

140

Step le sorride. Poi vede Babi che le sta lì vicino. Alza il

braccio destro mostrando la sua bandana blu.

"È stata solo fortuna!" urla Babi da lontano.

Step mette la prima, e con dietro Pollo fa una gincana fra

la gente e si allontana per ritirare il meritato guadagno.

Davanti a Babi e Pallina si ferma Maddalena. Ha una ra-

gazza bionda, un po' tonda dietro all'sH. La sua amica tiene i

piedi sui pedali ed è seduta in pizzo, ma la ruota posteriore è

lo stesso quasi a terra. Maddalena mastica una Vigorsol con la

bocca aperta.

"Non è solo fortuna. È soprattutto coraggio, fegato. Si

può sapere che ci fate voi due fifone in un posto come que-

sto?"

La tipa tonda di dietro sorride.

"Già, oltretutto come mai andate in giro senza divise? Non

siete due di quelle idiote della Falconieri? Anzi, battonieri...

Non è così che la chiamano? Dicono che siete tutte mignotte!"

Pallina si aggiusta il cappello.

"Senti tendina! Ma che, ce l'hai con noi? Se c'è qualcosa

che ti rode dillo e basta. Non la fare tanto lunga."

Maddalena spegne TSH.

"C'è che hai la cinta da camomilla e non te lo puoi per-

mettere." i

"E chi lo dice?" i-

"Allora come mai non hai corso?"

"Non ha corso il mio uomo. Io corro solo con Pollo. Per-

ché forse non lo sai," Pallina si rivolge alla ragazza tonda die-

tro a Maddalena, "ma io, sto con Pollo."

La ragazza fa una smorfia. Sta rosicando. Pallina gliel'ha

detto apposta. Sa che è interessata all'acquisto.

Maddalena indica Babi.

"E lei? Lei che ci sta a fare qua? Non porta neanche la cin-

ta. Che, non lo sai che questo posto è riservato alle camomil-

le? O corri o te ne devi andare."

Babi si gira verso Pallina sospirando.

"Ci manca solo la boretta di turno."

Maddalena si irrigidisce.

"Che hai detto?" ,>

Babi le sorride.

"Ho detto che sto aspettando il mio turno." >

Maddalena rimane impassibile. Forse non ha sentito stfl

serio. Babi apre il giubbotto di Pallina.

"Forza, dammi questa cinta." *

"Cosa? Ma che, stai scherzando?" ,, , ì

141

"No, avanti, dammela. Se è così emozionante essere una ca-

momilla, voglio provare." Le sfila il passante. Pallina la ferma.

"Guarda che, se te la metti e poi ti scelgono, devi correre.

Una volta è venuta qui una ragazza che s'era messa la cinta di

Camomilla per caso, perché le piaceva. Be', l'hanno fatta sali-

re su una moto e ha dovuto correre per forza."

Babi la guarda interrogativa.

"Be'? E com'è andata a finire?"

"Bene, non si è fatta niente, non è cascata. Ma mi sa che la

conosci pure. È Giovanna Bardini, quella della seconda E."

"Ma chi, quella farlocca? Allora lo possono fare proprio

tutti."

Pallina le passa la cinta.

"Sì, ma non so se hai notato... Giovanna adesso usa sem-

pre le bretelle."

Babi la guarda. Pallina fa una smorfia buffa. Poi scoppia-

no tutte e due a ridere. In realtà cercano solo di sdrammatiz-

zare il momento. Maddalena e l'amica le guardano annoiate.

Babi si infila la cinta.

"Ah, che ficaia! Adesso pure io sono una camomilla."

Un boro terrificante inchioda con la moto lì davanti. Ha la

parte bassa dei capelli praticamente rasata e un collo taurino

gli spunta impavido da un giubbotto verde militare coi risvol-

ti arancioni.

"Forza camomilla, tu lì sopra. Monta dietro."

Babi si indica incredula.

"Chi, io?"

"E chi se no? Dai, datti una mossa che fra poco si co-

mincia."

"Ciao Madda." Il boro, oltre all'aspetto terrificante, ha an-

che un altro punto a suo sfavore. È un amico di Maddalena.

Babi si avvicina a Pallina.

"Be', ciao, io vado. Poi ti racconto com'è."

"Sì, certo."

Pallina sta ferma di fronte a lei, preoccupata.

"Senti Babi... mi dispiace."

"Ma no, che dici. Penso che è una ficata fare la camomilla

e lo voglio provare. Tu non c'entri niente."

Pallina l'abbraccia e le sussurra all'orecchio: "Sei una capa".

Babi le sorride, poi si dirige verso il boro con la moto. A un

tratto si ricorda quella frase. L'ha già sentita proprio quella

mattina e le ha procurato una bella nota. Che porti sfiga? Man-

naggia a Pallina, alle camomille e a quando si mette in testa di

fare la capa. , , > .,..,,.**>»--...-«u », j»^. -,» , >- -

142

Il boro da gas senza problemi di consumo. Babi invece ha

qualche problema per salire sulla moto all'indietro. Il boro l'aiu-

ta. Babi si slaccia la cinta. Il tipo la prende, se la mette intor-

no alla vita e gliela fa ritornare in mano. Babi arriva a mala-

pena a centrare l'ultimo buco. È pure ciccione. Come se non

bastasse Maddalena da una pacca con forza sul giubbotto del

boro.

"Dai, metticela tutta. Sono sicura che vinci!" Poi sorride a

Babi: "Vedrai come ti diverti qua dietro. Danilo pinna che è

una meraviglia".

Babi non fa in tempo a risponderle. Il boro da gas e schiz-

za in avanti. Danilo! Ecco a chi si riferiva la D della sua mela.

D. Come Danilo. O peggio, come destino. La moto frena. Babi

per il contraccolpo finisce contro la schiena di Danilo.

"Calma, bambina."

La voce calda e profonda del boro che dovrebbe secondo

lui tranquillizzarla ha l'effetto contrario. Oddio, pensa Babi.

"Calma, bambina." Dev'essere un incubo. Questa cinta di Ca-

momilla che mi stringe in vita. Io la Camomilla non me le so-

no mai messa, neanche quando era di moda. Dev'essere una

punizione. Un tipo con una benda sull'occhio e una moto gial-

la frena lì vicino a sinistra. Hook. L'ha visto qualche volta in

piazza Euclide. Dietro di lui c'è una ragazza con i capelli ric-

ci e un rossetto troppo pesante. È tutta felice di fare la ca-

momilla. La ragazza la saluta. Babi non risponde. Ha la go-

la secca. Si gira dall'altra parte. Un bel ragazzo alto, con i ca-

pelli più lunghi e una piccola penna di uccello come pendente

di un orecchino, si ferma alla sua destra. Ha il serbatoio del-

la moto dipinto con l'aerografo. C'è un tramonto con un gros-

so sole al centro, delle onde sulla spiaggia. Un tipo che fa surf.

Sicuramente il surf è meno pericoloso che fare la camomil-

la. Sotto c'è una scritta: "II Balle...". Babi si sporge in avanti,

ma non riesce a leggere di più. Il resto della scritta è coper-

to dai 501 del tipo. Il ragazzo tira fuori dalla tasca del giub-

botto un pezzo di carta. Si alza sulle gambe avvicinandosi al-

lo specchietto. Lo gira verso l'alto a pancia in su. La luna com-

pare là dentro. Babi guarda il serbatoio. Ora la scritta si leg-

ge tutta: "II Ballerino". Ma certo, ne ha sentito parlare. Di-

cono che si droghi. Il Ballerino rovescia la bustina sullo spec-

chietto. Il tondo pallore della luna è coperto dal bianco di una

polvere meno innocente. Il Ballerino si sporge in avanti. Vi

appoggia sopra un rotolo da dieci euro e tira su. La luna tor-

na improvvisamente a specchiarsi. Il Ballerino passa il dito

sullo specchietto, raccoglie le ultime briciole di quella feli-

143

cita artificiale e se le passa sui denti. Sorride senza alcun mo-

tivo reale. Chimicamente felice. Si accende una sigaretta. La

ragazza dietro di lui ha i capelli raccolti da una fascia e sem-

bra non essersi accorta di nulla. Una sigaretta però se la fa

offrire. Non è valido. Non si può correre drogati. Non è spor-

tivo. Tanto dopo se gli fanno l'antidoping lo scoprono. Ma co-

sa sto dicendo? Questa non è una corsa di cavalli! Non c'è

niente di lecito. Ci si può perfino drogare. Si va a centocin-

quanta all'ora su una ruota sola con una poveraccia dietro.

Io sono quella poveraccia.

Le viene da piangere. Mannaggia a Pallina! Step ha appe-

na intascato i suoi cinquecento euro quando Pollo gli da una

botta con il gomito.

"Ehi, guarda chi c'è lì." Pollo indica le moto pronte a par-

tire. "Quella lì dietro alla moto di Danilo non è l'amica di Pal-

lina?"

Step mette a fuoco. Non è possibile. È Babi.

"È vero." Agita il braccio con la bandana e urla il suo nome.

"Babi!" Si sente chiamare. È Step. Lo riconosce, laggiù in fon-

do proprio di fronte a lei. La sta salutando. "Ha la mia banda-

na" sussurra quasi a se stessa. "Ti prego Step, fammi scendere,

aiutami. Step, Step!" Poi stacca la mano per dirgli di avvicinar-

si. In quel momento Siga fischia. Il pubblico urla. È quasi un

boato. Le moto balzano in avanti rombando. Babi si riattacca

subito a Danilo, terrorizzata. Tutte e tre le moto pinnano. Babi

si trova con la testa in giù. Le sembra di stare quasi per terra.

Vede l'asfalto scorrere veloce sotto di lei. Prova a gridare men-

tre la moto ruggisce e il vento le scompiglia i capelli. Non le esce

nulla. La cinta le stringe forte la pancia. Le viene da vomitare.

Chiude gli occhi. È ancora peggio. Le sembra di svenire. La mo-

to continua a correre su una ruota sola. La ruota davanti scen-

de un po'. Danilo da più gas. La moto si impenna di nuovo, Ba-

bi si ritrova ancora più vicina all'asfalto. Crede di capovolgersi.

Un tocco al freno e la moto torna leggermente giù. Va meglio.

Babi si guarda intorno. La gente ormai è solo un gruppo lonta-

no, colorato, leggermente sfumato. Tutto intorno, silenzio. So-

lo il vento e il rumore delle altre moto. Il Ballerino lì a destra è

poco dietro a loro. I suoi capelli lunghi sono tesi nel vento e la

ruota davanti quasi immobile a mezz'aria. Hook è leggermente

più lontano.

Danilo sta vincendo. Lei sta vincendo. Maddalena ha ra-

gione. "Pinna che è una meraviglia." Babi è stordita. Sente un

rumore a destra. Si gira. Il Ballerino ha dato più gas scalando.

La moto si impenna troppo. Un colpo secco al freno. La ruota

144

davanti cade giù troppo veloce. La moto rimbalza, il Ballerino

prova a tenerla. Il manubrio gli sfugge di mano. La moto va a

sinistra, guizzando di lato, e poi di nuovo a destra, scodando.

Il Ballerino e la ragazza dietro, legati insieme, vengono disar-

cionati da quel cavallo a motore imbizzarrito, fatto di pistoni

e cilindri impazziti. Finiscono a terra ancora legati. Poi la lo-

ro Camomilla si spezza, scivolano così, ancora vicini, per po-

co, rimbalzando e sbucciandosi, da un lato all'altro della stra-

da. La moto, ormai libera, continua veloce la sua corsa. Poi ca-

de lateralmente, scivola sull'asfalto, scintilla, si impunta, rim-

balza più volte. Alla fine fa una specie di capriola, vola vicino

a Babi, alta nel buio scuro della notte. Salta nel ciclo, per al-

meno cinque metri, con il faro ancora acceso illumina tutto in-

torno, traccia un arco luminoso. Poi, con un ultimo guizzo

scomposto, cade giù rimbalzando e spezzandosi, lasciando die-

tro di sé mille piccoli pezzi d'acciaio e vetri colorati. Sottili scin-

tille di fuoco sempre più deboli l'accompagnano fino al termi-

ne della sua corsa. Hook e Danilo si fermano. Il gruppo lonta-

no rimane per un attimo in silenzio, poi tutti partono. In sella

a Vespe, Sì, SH 50, Peugeot rubati, moto di piccola e grossa ci-

lindrata, Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda.

Un esercito di motorini avanza rombando. Tutti accorro-

no sul luogo dell'incidente. Il Ballerino si è rialzato. Si trasci-

na su una gamba sola. L'altra esce fuori dal jeans strappato, fe-

rita e malconcia, perdendo sangue dal ginocchio. Un vistoso

rigonfiamento sotto il giubbotto in alto segna la spalla che gli

è uscita, mentre dalla fronte del sangue scuro gli scende lun-

go il collo. Il Ballerino guarda la sua moto distrutta. Si piega

e accarezza il serbatoio. Una parte della spiaggia è stata ra-

schiata via. Il surfista è scomparso, trasportato dall'onda ben

più dura dell'asfalto rovente.

La ragazza è distesa a terra. Il braccio destro le ciondola

scomposto lateralmente. È rotto. Piange per lo spavento, sin-

ghiozzando forte. Babi si libera della Camomilla. Scende dal-

la moto. I primi passi sono incerti. Non riesce a reggersi sulle

gambe per l'emozione. Entra nella folla. Non conosce nessu-

no. Sente i lamenti della ragazza distesa per terra. Cerca Pal-

lina. A un certo punto sente un altro fischio. Più lungo. Cos'è?

Inizia un'altra gara terribile? Non capisce. Tutti cominciano a

correre in ogni direzione. La gente la urta. Dei motorini la sfio-

rano. Si sentono delle sirene. Poco lontano compaiono delle

macchine. Sui loro tetti dei colori azzurri lampeggianti. La po-

lizia. Ci mancava solo questa. Deve raggiungere la sua Vespa.

Tutto intorno ci sono ragazzi che scappano. Qualcuno urla, al-

145

tri si urtano pericolosamente. Una ragazza con il motorino ca-

de a pochi metri da lei. Babi si mette a correre. Altre macchi-

ne della municipale si fermano tutt'intorno. Eccola lì. Vede la

sua Vespa ferma davanti a lei, a pochi metri di distanza. È sal-

va. Improvvisamente qualcosa la blocca a mezz'aria. Qualcu-

no la prende per i capelli. È un vigile. La strattona con forza

facendola cadere a terra, tirandola con violenza da dietro per

i capelli. Babi urla dal dolore, trascinata sull'asfalto, mentre

alcune ciocche le si staccano. A un tratto il vigile la lascia. Un

calcio in piena pancia l'ha fatto piegare in due facendogli ab-

bandonare la presa. È Step. Il vigile prova a reagire. Step gli

da una spinta violenta che lo fa finire a terra. Poi aiuta Babi a

rialzarsi, la fa salire sulla moto dietro di lui e parte a tutto gas.

Il vigile si riprende, sale su una macchina lì vicino con al vo-

lante un suo collega e partono all'inseguimento. Step passa fa-

cilmente tra la gente e le moto fermate dalla municipale. Al-

cuni fotografi avvisati di quella retata sono arrivati sul posto e

scattano foto. Step fa una pinna e accelera. Supera un altro po-

liziotto che con la paletta rossa gli fa segno di fermarsi. Tutt'in-

torno, flash impazziti. Step spegne le luci e si abbassa sul ma-

nubrio. La macchina della municipale con il vigile colpito su-

pera lateralmente il gruppo e, con la sirena urlante, gli è subi-

to dietro.

"Copri la targa con il piede."

' "Cosa?"

1 "Copri l'ultimo numero della targa con il piede."

Babi sporge indietro la gamba destra cercando di coprire

ia targa. Scivola due volte.

"Non ci riesco."

v "Lascia perdere. È possibile che non sai fare nulla?"

"Si da il caso che non sono mai scappata su una moto. E

sicuramente avrei voluto evitarlo anche oggi."

"Forse preferivi che ti lasciassi in mano a quel vigile che

voleva il tuo scalpo?"

Step scala e gira a destra. La ruota di dietro scivola leg-

germente sgommando sull'asfalto. Babi si stringe a lui e urla:

"Frena!".

"Stai scherzando? Se quelli ci beccano adesso mi seque-

strano la moto."

La macchina della municipale si infila dietro di loro sban-

dando nella stradina. Step vola giù lungo la discesa. Cento-

trenta, centocinquanta, centottanta... Si sente la sirena rim-

bombare lontano. Si stanno avvicinando. Babi pensa a quello

che le ha detto sua madre: , ->»»*.,& -»«*.*, ,**., **»

146

"Non azzardarti a salire dietro a quel ragazzo. Guarda co-

me guida... È pericoloso". Ha ragione. Le madri hanno sem-

pre ragione. Soprattutto la sua.

"Frena. Non voglio morire. Già me lo immagino domani

cosa leggerò sui giornali. Giovane ragazza muore in un inse-

guimento con la municipale. Frena, ti prego."

"Ma se muori come fai a leggere i giornali?"

"Step fermati! Ho paura! Quelli magari sparano."

Step scala di nuovo e gira improvvisamente a sinistra. Sbu-

cano in una strada di campagna semideserta. Ci sono alcune

ville con un muro alto e uno steccato. Hanno qualche secon-

do. Step frena.

"Sbrigati, scendi. Aspettami qua e non ti muovere. Ti pas-

so a prendere appena non ce li ho più dietro..."

Babi scende al volo dalla moto. Step riparte a tutta velo-

cità. Babi si appiattisce contro il muro vicino al cancello della

villa. Appena in tempo. La macchina della municipale spunta

proprio in quel momento. Passa sgommando davanti alla vil-

la e si dilegua all'inseguimento della moto. Babi si tappa le

orecchie e chiude gli occhi per non sentire il suono lancinan-

te di quella sirena. La macchina scompare lontana, dietro quel

piccolo fanalino rosso. È la moto di Step che a fari spenti, or-

mai da solo, corre veloce nel buio della notte.

447

24.

Pollo si ferma con la moto davanti al comprensorio di Ba-

bi. Pallina scende e va dal portiere. "Che, è tornata Babi?"

Fiore, mezzo sonnecchiante, stenta un po' a riconoscerla.

"Ah, ciao Pallina. No. L'ho vista uscire in Vespa, ma non è an-

cora tornata."

Pallina torna da Pollo: "Niente da fare".

"Non ti preoccupare, se sta con Step è al sicuro. Vedrai che

tra poco è qui. Vuoi che ti faccio compagnia?"

"No, vado su. Magari è nei guai e telefona a casa. Meglio

se c'è qualcuno che può risponderle." Pollo accende la moto.

"Il primo che sa qualcosa chiama."

Pallina lo bacia, poi corre via. Passa sotto la sbarra e si al-

lontana per la salita del comprensorio. Quando è a metà strada

si gira. Pollo la saluta. Pallina gli manda un bacio con la mano,

poi scompare a sinistra su per le scalette. Pollo mette la prima

e si allontana. Pallina alza il tappeto. Le chiavi sono lì, come

d'accordo. Ci mette un po' a trovare quella del portone. Sale al

primo piano e apre lentamente la porta. Dal corridoio arriva

una voce. La riconosce. È Daniela. Sta parlando al telefono.

"Dani, dove sono i tuoi?"

"Pallina, che ci fai qui?"

"Rispondi, dove sono?"

"Sono usciti."

"Bene! Attacca, presto. Devi lasciare libero il telefono."

"Ma sto parlando con Andrea. E Babi dov'è? È venuta a cer-

carti."

"È per questo che devi attaccare. Magari Babi chiama. L'ul-

tima volta che l'ho vista era sulla moto dietro a Step inseguita

dalla municipale."

"No?!"

"Sì!"

"Troppo forte mia sorella."

148

La polvere lentamente è scomparsa. Nuvole basse e grigie

galleggiano in alto, nel cielo senza luna. Tutto intorno è silen-

zio. Non una luce. Tranne un piccolo faro lontano attaccato al-

l'alto muro di una casa. Babi si scosta dal muro. La colpisce

forte l'odore del concime sparso nei campi. Una brezza legge-

ra muove le fronde degli alberi. Si sente sola e sperduta. Que-

sta volta è vero. Ha paura. Sulla destra, lontano, sente un ni-

trito di cavalli. Stalle sperdute in una scura campagna. Si di-

rige verso il piccolo faro. Cammina lenta, lungo il muro, con

la mano appoggiata allo steccato, attenta a dove mette i piedi,

tra ciuffi d'erba alta e selvaggia. Ci sono delle vipere? Un vec-

chio ricordo del libro di scienze la tranquillizza. Le vipere non

girano di notte. Ma i topi sì. Lì intorno deve essere pieno. I to-

pi mordono. Leggende metropolitane. Si ricorda di qualcuno,

amico di un altro, che è stato morso da un topo. È morto in

poco tempo. Lepto qualcosa. Terribile. Mannaggia a Pallina.

Improvvisamente un rumore sulla sinistra. Babi si ferma. Si-

lenzio. Poi un ramo spezzato. Di colpo qualcosa si muove ve-

loce verso di lei, correndo, ansimando tra i cespugli. Babi è co-

me terrorizzata. Dalla macchia scura davanti a lei sbuca rin-

ghiando un grosso cane dal pelo scuro. Babi vede la sagoma

che avanza veloce abbaiando nella notte. Babi si gira e co-

mincia a correre. Scivola quasi sui sampietrini. Si riprende, ar-

ranca nel buio, correndo in avanti, senza vedere dove va. Il ca-

ne le è dietro. Avanza minaccioso, guadagna terreno. Ringhia

e abbaia inferocito. Babi raggiunge lo steccato. C'è una fessu-

ra, in alto. Vi infila una mano, poi l'altra, infine trova un ap-

piglio per i piedi. Destro, sinistro e su, scavalca. Salta nel buio,

evitando per un soffio quei denti bianchi e affilati. Il cane fi-

nisce contro lo steccato. Rimbalza con un botto sordo. Inizia

a correre avanti e indietro abbaiando, cercando inutilmente il

modo di raggiungere la sua preda. Babi si rialza. Ha sbattuto

le mani e le ginocchia cadendo a faccia avanti nel buio. Si è in-

filata in qualcosa di caldo e morbido. È fango. Le cola lento

lungo il giubbotto e i jeans. Sulle mani indolenzite. Prova a

muoversi. Le gambe sono affondate fino al ginocchio. Il cane

corre lontano lungo lo steccato. Babi spera non ci sia un pas-

saggio. Lo può sentire abbaiare, ancora più inferocito perché

non riesce a raggiungerla. Be', meglio questo fango dei suoi

morsi. Poi, improvvisamente, un odore acre, dalla punta leg-

germente dolce, la colpisce in pieno. Avvicina la mano sporca

al viso. L'annusa. La campagna per un attimo sembra avvol-

gerla e farla sua. Oh no! Letame! Lo scambio non è più così

conveniente. , , ,« , ,. ,,

149

Pallina esce dal portone, lo accompagna piano per non far-

lo chiudere. Poi prende le chiavi dalla tasca, si piega, alza lo

zerbino e le rimette al posto stabilito. Babi non ha ancora te-

lefonato. Ma almeno così non deve suonare per rientrare. In

quel momento sente il rumore di una macchina. Dalla curva

del cortile spunta una Mercedes 200. I genitori di Babi. Palli-

na lascia cadere lo zerbino e corre verso il portone. Lascia che

sbatta alle sue spalle. Fa le scale di corsa, entra in casa e chiu-

de la porta.

"Dani presto, sono arrivati i tuoi."

Daniela è davanti al frigorifero presa dalla solita terribile

fame delle due di notte. Per questa volta dovrà digiunare. Die-

ta costretta. Sbatte lo sportello del frigorifero. Corre in came-

ra sua e si chiude dentro. Pallina entra in camera di Babi e si

infila a letto tutta vestita. Il cuore le batte forte. Si mette ad

ascoltare. Sente il rumore della serranda del garage che scen-

de. È questione di minuti. Poi nella penembra della stanza ve-

de la divisa sulla sedia. Babi l'ha preparata prima di uscire.

Conta di tornare presto. Com'è precisa, povera Babi. Stavolta

è proprio nei guai. Se Pallina sapesse dov'è finita Babi, non si

lascerebbe scappare una facile battuta. Stavolta è proprio nel-

la merda, anche se di cavallo.

Pallina si tira su le lenzuola fino al mento e si volta verso

il muro, mentre una chiave gira rumorosa nella toppa della

porta di casa.

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Step va giù per il Lungotevere, supera in slalom due o tre

macchine, poi mette la terza e accelera. La municipale gli sta

sempre dietro. Se arriva a piazza Trilussa è fatta. Dallo spec-

chietto vede la macchina che si avvicina pericolosa. Due mac-

chine davanti a lui. Step scala dando gas. Terza. La moto schiz-

za in avanti. Passa per un soffio tra le portiere. Una delle due

macchine allarga spaventata. L'altra continua la sua corsa in

mezzo alla strada. Il guidatore rincoglionito non si è accorto

di nulla. La municipale passa tutta a destra. Le ruote salgono

rumoreggiando sul bordo del marciapiede. Step vede piazza

Trilussa davanti a lui. Scala di nuovo. Taglia la strada da de-

stra verso sinistra. Il guidatore rincoglionito frena di botto.

Step si infila nella stradina di fronte alla fontana che unisce i

due Lungotevere. Passa in mezzo ai bassi pilastri di marmo.

La polizia municipale frena bloccandosi lì davanti. Non può

passare. Step accelera. Ce l'ha fatta. I due vigili scendono dal-

la macchina. Fanno solo in tempo a vedere una coppia di in-

namorati e un gruppo di ragazzi che salgono veloci sul picco-

lo marciapiede lasciando passare quel pazzo con la moto a fa-

ri spenti. Step continua ad andare veloce per un po'. Poi guar-

da nello specchietto. Dietro di lui è tutto tranquillo. Solo qual-

che macchina lontana. Il traffico della notte. Non lo segue più

nessuno. Accende le luci. Ci manca solo che lo fermino per

quello.

Claudio apre il frigorifero e si versa un bicchiere d'acqua.

Raffaella va di là, nelle camere da letto. Prima di andare

a dormire da sempre il bacio della buonanotte alle figlie, un

po' per abitudine, ma anche per essere sicura che siano tor-

nate. Quella sera non dovevano neanche essere uscite. Ma

non si sa mai. È meglio controllare. Entra nella stanza di Da-

niela. Cammina senza fare rumore, stando bene attenta a non

151

inciampare sul tappeto. Poggia una mano sul comodino. L'al-

tra la mette sul muro. Poi si piega in avanti, lentamente, e

con le labbra le sfiora la guancia. Dorme. Raffaella si allon-

tana in punta di piedi. Chiude piano la porta. Daniela si gira

lentamente. Si tira su poggiandosi su un fianco. Ora viene il

bello. Raffaella abbassa silenziosamente la maniglia e apre

la porta di Babi. Pallina è a letto. Vede l'angolo di luce del

corridoio che lentamente si disegna sulla parete, allargando-

si. Il cuore le comincia a battere veloce. E adesso, se mi sco-

prono che gli racconto? Pallina rimane girata immobile, cer-

cando di non respirare. Sente un rumore di collane: dev'es-

sere la madre di Babi. Raffaella si avvicina al letto, si piega

lentamente in avanti. Pallina riconosce il suo profumo. È lei.

Trattiene il respiro, poi sente il suo bacio sfiorarle la guan-

cia. È il bacio morbido e affettuoso di una mamma. È vero.

Le mamme sono tutte uguali. Preoccupate e buone. Ma an-

che per loro le figlie sono identiche? Lo spera. Raffaella met-

te a posto le coperte, la copre delicatamente con il bordo del-

le lenzuola. Poi improvvisamente si ferma. Pallina rimane im-

mobile, in attesa. Che abbia scoperto qualcosa? L'ha ricono-

sciuta? Sente un leggero scricchiolio. Raffaella si è piegata.

Può sentire il caldo respiro vicino, troppo vicino. Poi avver-

te sulla moquette i passi leggeri che si allontanano. La debo-

le luce del corridoio scompare. Silenzio. Pallina si gira len-

tamente. La porta è chiusa. Finalmente respira. È passata. Si

sporge in avanti. Perché la madre di Babi si è piegata? Cosa

ha fatto? Nella penembra della stanza i suoi occhi abituati al

buio trovano subito la risposta. Ai piedi del letto, perfetta-

mente unite, ci sono le pantofole di Babi. Raffaella le ha mes-

se a posto, ordinatamente. Pronte ad accogliere la mattina

dopo i piedi di sua figlia ancora caldi di sonno. Pallina si chie-

de se sua madre farebbe la stessa cosa. No. Non ci pensereb-

be. Qualche sera è rimasta sveglia ad aspettare il suo bacio.

È stata un'inutile attesa. Sua madre e suo padre sono torna-

ti tardi. Li ha sentiti chiacchierare, passare davanti alla sua

camera e andare oltre. Poi quello scatto. La porta della loro

camera da letto che si chiudeva. E con essa, le sue speranze

che svanivano. Be', sono due madri diverse. Sente dei brivi-

di strani lungo tutto il corpo. No, non vorrebbe lo stesso per

madre Raffaella. Tra l'altro non le piace il suo profumo. È

troppo dolce.

Step sbuca nella stradina. Arrivato davanti al cancello do-

ve l'ha lasciata, frena alzando una nube di polvere. Si guarda

152

intorno. Babi non è lì. Suona il clacson. Nessuna risposta. Spe-

gne la moto. Prova a chiamarla. "Babi."

Niente. È sparita. Fa per accendere la moto, quando al-

l'improvviso sente un fruscio sulla destra. Viene da dietro lo

steccato.

"Sono qui."

Step guarda fra le tavole di legno scuro. "Dove?"

"Qui!" Una mano sbuca in uno spazio libero tra un'asse e

l'altra.

"Ma che stai a fare lì dietro?"

Step vede i suoi grandi occhi azzurri. Spuntano solitarii so-

pra la sua mano, fra altre due assi. Sono illuminati dalla de-

bole luce della luna e sembrano spaventati.

"Babi, vieni fuori."

"Non posso, ho paura!"

"Paura? E di che?"

"C'è un cane enorme lì dietro, ed è senza museruola."

"Ma dove? Qui non c'è nessun cane."

"C'era prima."

"Be' senti, adesso non c'è."

"Anche se non c'è il cane non posso uscire lo stesso."

"E perché?"

"Mi vergogno."

"Ma ti vergogni di cosa?"

"Di niente, non mi va di dirtelo." *

"Senti, ma ti sei rincretinita? Be', io mi sono scocciato. Ora

accendo e me ne vado."

Step accende la moto. Babi sbatte la mano sulle assi. >

"No, aspetta."

Step spegne di nuovo la moto.

"Allora?"

"Adesso esco, promettimi però che non riderai."

Step guarda verso quello strano legno dagli occhi azzurri,

poi si mette la mano destra sul cuore.

"Promesso."

"Hai promesso, eh?"

"Sì, te l'ho già detto..." n

"Sicuro, eh?"

"Sicuro."

Babi infila le mani tra le fessure preoccupata che nessuna

scheggia le ferisca. Un "Ahi" soffocato. Step sorride. Non è sta-

ta così attenta. Babi è in cima allo steccato, scavalca e inizia a

scendere. Alla fine fa un salto. Step gira il manubrio della mo-

to verso di lei illuminandola con il faro. * targate; ut fo*

153

"Ma che hai fatto?"

"Per scappare dal cane ho saltato il recinto e sono caduta."

"Ti sei sporcata tutta di fango?"

"Magari... è letame."

Step scoppia a ridere.

"Oddio, letame... No, non è possibile. Non ce la faccio."

Non si ferma più.

"Avevi detto che non avresti riso. L'avevi promesso."

"Sì, ma questo è troppo. Letame! Non ci posso credere.

Tu nel letame. È troppo bello. È il massimo!"

"Lo sapevo che non mi potevo fidare. Le tue promesse non

valgono niente."

Babi si avvicina alla moto. Step smette di ridere.

"Alt! Ferma. Che fai?"

"Come, che faccio? Salgo."

"Ma che, sei pazza? Vuoi salire sulla mia moto conciata co-

sì?"

"Certo, e se no che faccio, mi spoglio?"

"Ah, non lo so. Ma sulla mia moto sporca così non ci sali.

Letame poi!" Step scoppia a ridere di nuovo. "Oddio, non ce la

faccio..."

Babi lo guarda esausta.

"Senti, ma che, stai scherzando?"

"Assolutamente no. Se vuoi ti do il mio giubbotto e così ti

copri. Ma levati quella roba di dosso. Se no giuro che dietro a

me non sali."

Babi sbuffa. È paonazza dalla rabbia. Lo supera passan-

dogli vicino. Step si tappa il naso, esagerando.

"Oddio... È insopportabile..."

Babi gli da una botta, poi va dietro la moto, vicino al fa-

nalino posteriore.

"Guarda, Step. Ti giuro che, se mentre mi spoglio tu ti gi-

ri, ti salto addosso con tutto il letame che c'ho."

Step rimane voltato in avanti.

"D'accordo. Dimmi quando ti devo passare il giubbotto."

"Guarda che dico sul serio. Io non sono come te. Io le mie

promesse le mantengo."

Babi controlla un'ultima volta che Step non si volti, poi si

toglie la felpa lentamente, stando bene attenta a non sporcar-

si. Sotto non ha quasi niente. Rimpiange di non essersi messa

una T-shirt per fare presto. Guarda di nuovo verso Step. "Non

ti voltare!"

"E chi si muove?"

Babi si piega in avanti. Si sfila le scarpe. Basta un momento.

154

Step è rapidissimo. Sposta lo specchietto laterale sinistro in-

clinandolo verso di lei, inquadrandola. Babi si rialza. Non si è

accorta di nulla. Lo controlla di nuovo. Bene. Non s'è voltato.

In realtà Step senza essere visto la sta guardando. È riflessa

nel suo specchietto. Ha un reggisene di pizzo trasparente e la

pelle d'oca lungo tutte e due le braccia. Step sorride.

"Ti vuoi muovere, quanto manca?"

"Ho quasi fatto, ma tu non ti girare!"

"Ti ho detto di no, non farla lunga, forza."

Babi si sbottona i jeans. Poi lentamente, cercando di spor-

carsi il meno possibile, si piega in avanti accompagnandoli giù

fino ai piedi, ormai nudi su quei freddi sassi polverosi. Step in-

clina verso il basso lo specchietto seguendola con lo sguardo.

I jeans scendono lentamente mostrando le sue gambe lisce e

pallide in quella fioca luce notturna. Step canticchia "You can

leave your hat on" imitando la voce di Joe Cocker.

"Altro che nove settimane e mezzo..."

Babi si gira di botto. I suoi occhi illuminati dal debole fa-

nalino rosso incrociano lo sguardo divertito di Step che sorri-

de malizioso nello specchietto.

"Mica mi sono voltato, no?"

Babi si libera veloce dei jeans e salta dietro di lui sulla mo-

to in reggisene e mutandine.

"Brutto infame, sei un bastardo! Un porco!" Lo tempesta

di pugni. Sulle spalle, sul collo, sulla schiena, in testa. Step si

piega in avanti cercando di ripararsi come meglio può.

"Ahi, basta! Ahia. Che ho fatto di male? Ho dato una spiz-

zatina, ma mica mi sono girato, no? Ho mantenuto la mia pa-

rola... Ahia, guarda che non ti do il giubbotto."

"Cosa? Non me lo dai? Io prendo i miei jeans e te li spal-

mo sulla faccia, vuoi vedere?"

Babi comincia a tirargli giù il giubbotto per le maniche.

"Va bene. Va bene. Basta! Stai calma. Dai, non fare così.

Ecco, ora te lo do."

Step se lo lascia sfilare. Poi accende la moto. Babi gli da

un'ultima botta.

"Porco!" Poi si infila veloce il giubbotto cercando di co-

prirsi il più possibile. I risultati sono scarsi. Tutte e due le gam-

be rimangono fuori, compreso il bordo delle mutandine.

"Ehi... lo sai che non sei malaccio? Dovresti lavarti un po'

più spesso... Ma hai proprio un bel culo... Sul serio."

Lei prova a colpirlo sulla testa. Step si abbassa di scatto ri-

dendo. Mette la prima e parte. Poi fa finta di annusare l'aria.

"Ehi, ma lo senti anche tu quest'odore strano?" i*.

155

"Cretino! Guida!" v<i > ".'"->'e-'on? orni^ i- tv« e "*

"Sembra letame..."

In quel momento da un cespuglio a destra poco più avan-

ti sbuca il cane lupo. Corre verso di loro abbaiando. Step lo

punta con la moto. Il cane rimane per un attimo abbagliato dal

faro. I suoi occhi rossi sfavillano rabbiosi nella notte. I denti

compaiono ringhiando bianchi e affilati.

Basta quel momento. Step scala. Da gas allargando con la

moto. Il cane riparte subito. Sfiora per un pelo la moto sal-

tando lateralmente con la bocca aperta. Babi urla. Tira su le

gambe nude e si aggrappa con forza alle spalle di Step. Il ca-

ne la manca per un soffio. La moto accelera. Prima. Seconda.

Terza. Via a tutto gas. Si allontana nella notte. Il cane la rin-

corre con rabbia. Poi piano piano perde terreno. Alla fine si

ferma. Si sfoga continuando ad abbaiare da lontano. Poi vie-

ne lentamente avvolto da una nube di polvere e tenebre e spa-

risce così come è apparso. La moto continua la sua corsa nel-

l'umido freddo della verde campagna. Babi ha ancora le gam-

be strette intorno alla vita di Step. Piano piano la moto ral-

lenta. Step le accarezza la gamba.

"C'è mancato poco, eh. Poi queste belle cosce facevano una

brutta fine! Era vera allora la storia del cane..."

Babi gli solleva la mano dalla gamba e la fa cadere di lato.

"Non toccarmi." Si tira indietro sul sellino, rimettendo i piedi

sulle pedaline e si chiude il giubbotto. Step le mette di nuovo

la mano sulla gamba. "Ti ho detto di non toccarmi con quella

mano!" Babi gliela toglie. Step sorride e cambia mano. Babi

gli toglie anche la destra.

"Ma neanche con questa posso?"

"Non so se è peggio il cane che mi correva dietro o il por-

co che mi sta davanti!" Step ride, scuote la testa e accelera.

Babi si chiude il giubbotto. Che freddo! Che nottata! Che ca-

sino! Mannaggia a Pallina. Volano nella notte. Alla fine arriva-

no sani e salvi al suo comprensorio. Step si ferma davanti alla

sbarra. Babi si volta verso Fiore. Lo saluta. Il portiere la rico-

nosce e alza la sbarra. La moto passa appena è possibile senza

aspettare che la sbarra finisca la sua corsa verso l'alto. Fiore non

può fare a meno di buttare un occhio sulle belle gambe di Ba-

bi che spuntano infreddolite da sotto il giubbotto. Cosa gli toc-

ca vedere. Ai suoi tempi nessuna ragazza usciva con minigon-

ne di quel tipo. Babi vede la serranda del garage abbassata. I

suoi sono tornati. Un pericolo in meno. Cosa poteva inventarsi

se l'avessero beccata in quel momento sulla moto dietro a Step

e soprattutto in mutandine e reggisene? Preferisce non pensar-

156

ci, non è poi così fantasiosa. Scende dalla moto. Cerca di co-

prirsi il più possibile con il giubbotto. Niente da fare. Le sfiora

a malapena il bordo delle mutandine.

"Be', grazie di tutto. Senti, il giubbotto te lo butto dalla fi-

nestra."

Step le guarda le gambe. Babi si piega verso il basso. La

giacca scende un po' più giù, ma il risultato è ancora scarso.

Step sorride.

"Magari ci vediamo qualche altra volta. Vedo che hai degli

argomenti molto interessanti."

"Te l'ho già detto, vero, che sei un porco?"

"Sì, mi sembra proprio di sì... Allora passo a prenderti do-

mani sera."

"Non ce la farei. Credo che non reggerei a un'altra serata

come questa."

"Perché, non ti sei divertita?"

"Moltissimo! Io faccio sempre la camomilla, ogni sera. Mi

faccio inseguire un po' dalla polizia, scendo al volo dalla mo-

to in mezzo a una campagna sperduta, mi faccio rincorrere da

un cane rabbioso e per finire mi butto nel letame. Ci sguazzo

un po' dentro e poi torno a casa in reggiseno e mutandine."

"Con sopra il mio giubbotto."

"Ah certo... dimenticavo."

"E soprattutto non mi hai detto una cosa..."

"Che cosa?"

"Che hai fatto tutto questo con me."

Babi lo guarda. Che tipo. Ha un sorriso bellissimo. Pecca-

to che è fatto così male. Nel senso del carattere. Sul fisico non

ha proprio nulla da dire. Anzi. Decide di sorridergli. Non è poi

un grande sforzo.

"Sì, hai ragione. Be', ti saluto."

Babi fa per andare via. Step le prende la mano. Questa vol-

ta con dolcezza. Babi fa un po' di resistenza, poi si lascia an-

dare. Step la tira verso di sé, avvicinandola alla moto. La guar-

da. Ha i capelli lunghi, spettinati, portati indietro dal freddo

vento della notte. La sua pelle è bianca, infreddolita. Gli occhi

intensi, buoni. È bella. Step lascia scivolare una mano sotto il

giubbotto. Babi spalanca gli occhi, leggermente spaventata,

emozionata. Sente la sua mano salire, stranamente non fred-

da. Lungo la schiena in alto. Si ferma sulla chiusura del reg-

giseno. Babi porta veloce la sua mano dietro. Gliela mette so-

pra, lo ferma. Step le sorride. "Sei una brava camomilla sai?

Sei coraggiosa, molto. Allora è vero che non hai paura di me.

Mi denuncerai?" -«u-, n,,>»«t., ,,.. j»/>, .......i ^ .....

157

Babi annuisce. "Sì" sussurra. *» t - ,,<,<>,,

*^ "Sul serio?"

Babi fa segno di sì con la testa. Step la bacia sul collo, più

volte, delicatamente.

"Lo giuri?"

Babi annuisce di nuovo, poi chiude gli occhi. Step conti-

nua a baciarla. Sale su, le sfiora le guance fresche, le orecchie

infreddolite. Un soffio caldo e provocante le lascia un brivido

più giù. Step si avvicina al bordo rosato delle labbra. Babi so-

spira tremante. Poi apre la bocca, pronta ad accogliere il suo

bacio. In quel momento Step si stacca. Babi rimane un attimo

così, con la bocca aperta, gli occhi chiusi, sognanti. Poi li apre

improvvisamente. Step è davanti a lei con le braccia conserte.

Sorride. Scuote la testa.

"Eh Babi, Babi. Così non va. Sono un porco, un animale,

una bestia, un violento. Dici, dici, però alla fine ci stai... e ti la-

sceresti pure baciare. Vedi come sei fatta? Sei incoerente!"

Babi diventa rossa dalla rabbia.

"Sei proprio uno stronzo!"

Comincia a colpirlo con una scarica di pugni. Step cerca

di proteggersi mentre ride. "Sai che cosa mi hai ricordato pri-

ma? Un pesce rosso che avevo da piccolo. Stai lì con la bocca

aperta che boccheggi. Proprio come lui quando gli cambiavo

l'acqua e mi cadeva fuori, nel lavandino..." Babi lo centra con

uno schiaffo.

"Ahia!" Step si tocca la guancia divertito. "Guarda che è

sbagliato, con la violenza non si ottiene nulla. Lo dici sempre

anche tu! Non è che se mi meni poi io ti bacio. Forse, se mi

prometti che non mi denuncerai..."

"Io ti denuncio eccome. Vedrai! Finirai in galera, te lo giuro."

"Ti ho già detto che non devi giurare... nella vita non si può

mai dire..."

Babi si allontana veloce. Il giubbotto le sale su scoprendo-

le un bel didietro coperto da piccole mutandine chiare. Tenta

di coprirsi come può, mentre infila la chiave sbagliata nella

serratura del portone.

"Ehi, il giubbotto lo voglio adesso."

Babi lo guarda con rabbia. Si toglie il giubbotto e lo butta

per terra. Rimane in reggisene e mutandine, al freddo, con le la-

crime agli occhi. Step la guarda compiaciuto. Ha un bel fisi-

chetto, niente male sul serio. Raccoglie il giubbotto e se lo infi-

la. Babi maledice quelle chiavi. Dov'è finita quella del portone?

Step si accende una sigaretta. Forse ha fatto male a non

baciarla. Poco male, sarà per un'altra volta. Babi finalmen-

158

te indovina la chiave, apre il portone ed entra. Step va ver-

so di lei.

"Be', pesciolino, non mi dai il bacio della buonanotte?"

Babi gli sbatte quasi il portone in faccia. Attraverso il ve-

tro Step non può sentire quello che dice, ma lo legge facilmente

sulle sue labbra. Gli consiglia, o meglio gli ordina, di andare

in un certo posto. Step la guarda allontanarsi. Certo, se quel

posto è bello come quello che ha lei, non gli dispiacerebbe vi-

sitarlo.

Babi apre lentamente la porta di casa, entra e la richiude

senza far rumore. Cammina in punta di piedi nel corridoio e

si infila in camera sua. Salva! Pallina accende la luce piccola

sul comodino.

"Babi sei tu! Meno male, ero così in pensiero! Ma che fai

conciata così? Ti ha spogliata Step?"

Babi prende la camicia da notte nel cassetto.

"Sono finita nel letame!"

Pallina annusa l'aria.

"È vero, si sente. Non sai che paura ho avuto quando ho vi-

sto quella moto cadere. Per un attimo ho pensato che fossi tu.

Sei foltissima. Brava. Gliel'abbiamo fatta vedere a quelle due

sgallettate. Senti, ma la mia cinta di Camomilla che fine ha fat-

to?"

Babi la fredda con lo sguardo.

"Pallina, non voglio più sentir parlare di cinte, di camo-

mille, di Pollo, di corse e di storie di questo genere. Chiaro? Ed

è meglio per te se stai zitta, se no ti tiro fuori a calci dal mio

letto e ti faccio dormire per terra, anzi ti sbatto fuori di casa!"

"Non lo faresti mai!"

"Vuoi provare?"

Pallina la guarda. Decide che non è il caso di metterla al-

la prova. Babi va verso il bagno.

"Babi."

"Che c'è?"

"Di' la verità. Ti sei divertita un sacco con Step, eh?"

Babi sospira. Non c'è niente da fare. È irrecuperabile.

Step scavalca il cancello, attraversa il giardino senza fare

rumore. Poi si avvicina alla finestra. La serranda è alzata. For-

se non è tornata. Picchietta con le dita sul vetro. La tendina

chiara si sposta. Nella penembra compare il viso sorridente di

Maddalena. Lascia andare la tendina e apre subito la finestra.

"Ciao, che fine hai fatto?" ., " - ,,. ,, ,,<,.,,, ,^

159

"Mi ha inseguito la polizia." i . > » ", > >o i

"Tutto bene?" -! . >-

"Sì, tutto a posto. Spero non abbiano presola targa.*

"Hai spento i fari?" t><-> ir

"Certo." - > i . -

Maddalena si sposta. Step scavalca agilmente il davanzale

4sd entra nella sua camera.

i "Fai piano. I miei sono tornati da poco."

Maddalena chiude la porta a chiave, poi salta sul letto. Si

infila sotto le lenzuola.

"Brrr... che freddo che fa!" Gli sorride. Si sfila dalla testa la

camicia da notte e la fa cadere ai piedi di Step. La debole luce

della luna entra dalla finestra. I suoi piccoli seni perfetti si scor-

gono chiari nella penembra. Step si toglie il giubbotto. Per un

attimo gli sembra di sentire l'odore della campagna. È strano,

sembra misto a uno strano profumo. Non ci fa caso più di tan-

to. Si spoglia ed entra nel letto. Si stende vicino a lei. Madda-

lena lo stringe forte. Step scivola subito giù con la mano, le ac-

carezza la schiena, i fianchi. Risalendo si ferma tra le sue gam-

be. Maddalena sospira al suo tocco, poi lo bacia. Step mette la

sua gamba fra le sue. Maddalena lo ferma. Si avvicina al co-

modino. Trova a tastoni lo stereo. Spinge REW. Manda indie-

tro una cassetta. Un rumore secco l'avvisa che è tornata all'i-

nizio. Maddalena spinge PLAY.

"Ecco."

Torna tra le sue braccia.

"Tutto fatto." Lo bacia con passione. Dalle casse dello ste-

reo escono basse le note della canzone Ti sposerò perché. La vo-

ce di Eros accompagna dolcemente i loro sospiri.

È vero, forse è lei la donna adatta a lui. Maddalena sorri-

de. Sussurra quasi tra il fresco rumore delle lenzuola:

"Questa è una di quelle volte in cui invece bisogna sapersi

muovere... giusto?".

"Giusto."

Step le bacia il seno. Ne è sicuro. Madda è la donna adat-

ta a lui. Poi, all'improvviso, si ricorda cos'era quello strano pro-

fumo che ha sentito nel giubbotto. È Caronne. Si ricorda an-

che a chi appartiene. E per un attimo, nel buio di quella stan-

za, non è più così sicuro.

160

. 4

=./! *

« -M i

Un suono insistente. La sveglia.

Pallina la spegne. Scivola giù dal letto senza far rumore e

si veste. Guarda Babi. Si è appena mossa e dorme ancora tran-

quilla a pancia in su. Pallina si avvicina alla piccola bacheca

in legno attaccata al muro. U2, Ali Saints, Robbie Williams,

Elisa, Tiziano Ferro, Cremonini, Madonna. Ci vuole qualcosa

di veramente speciale. Eccolo lì. Controlla il volume e lo ab-

bassa. Poi sfiora appena il tasto play. Settemila caffè. Britti dol-

cemente comincia a cantare. Il volume è giusto. Babi apre gli

occhi. Si gira sul cuscino finendo a pancia in giù. Pallina le

sorride.

"Ciao."

Babi si gira dall'altra parte. La sua voce arriva un po' soffo-

cata.

"Che ore sono?"

"Le sette meno cinque."

Pallina le si avvicina e la bacia sulla guancia. '*

"Pace?"

"Minimo mi ci vuole un cornetto al cioccolato di Lazzare-

schi."

"Non c'è tempo, tra poco mia madre è qui, devo andare a

fare le analisi."

"Allora niente pace."

"Stanotte sei stata fortissima."

"Ho detto che non volevo sentirne più parlare." ',

Pallina allarga le braccia.

"Okay, come vuoi. Ehi, cosa dico a tua madre se la inconi

tro mentre esco?" '

"Buongiorno."

Babi le sorride e si tira su le coperte. Pallina prende la bor-

sa con i libri e se la mette sulla spalla. È felice, hanno fatto pa-

ce. Babi è troppo forte, e poi adesso è anche una camomilla.

161

Pallina chiude piano la porta dietro di sé, attraversa veloce in

punta di piedi il corridoio. La porta di casa è ancora chiusa a

chiave. Fa scattare la serratura, e proprio mentre sta per usci-

re sente una voce dietro di lei.

"Pallina!"

È Raffaella, in una vestaglia rosa, il viso struccato, legger-

mente sbiadito e soprattutto stupito. Pallina decide di seguire

il consiglio di Babi, e con un "Buongiorno signora" si dilegua

giù per le scale. Esce dal portone e arriva al cancello. Sua ma-

dre non è ancora arrivata. Si siede sul muretto in attesa. Il so-

le tiepido sale di fronte a lei, il benzinaio leva la catena alle

pompe, alcuni signori escono frettolosi dal giornalaio lì da-

vanti, portando sottobraccio il peso di notizie più o meno ca-

tastrofiche.

Alla luce del giorno non ha più dubbi. Non vorrebbe per

madre Raffaella, assolutamente, anche se è molto più puntua-

le della sua.

Babi entra nel bagno. Incrocia la sua faccia allo specchio.

Non è delle migliori. Fare la camomilla non dona, almeno a

lei. Apre il rubinetto dell'acqua fredda, la fa scorrere per un

po', poi si sciacqua con forza il viso.

Daniela appare dietro di lei.

"Raccontami tutto! Com'è andata? Com'è la serra? È sul se-

rio divertente come dicono? Hai incontrato qualche mia amica?"

Babi apre il tubetto del dentifricio, comincia a spingerlo

dal fondo cercando di fare scomparire l'orma del pollice di Da-

niela che ha colpito esattamente a metà.

"È una cretinata. Un gruppo di bori che rischia inutilmen-

te la vita e ogni tanto qualcuno che riesce a perderla."

"Sì, ma c'è tanta gente? Che cosa fanno? Dove si va dopo?

Hai visto le camomille che forza? Che coraggio, eh? Io non ce

la farei mai a fare la camomilla!"

"Io ce l'ho fatta..."

"Sul serio? Hai fatto la camomilla? Uau! Mia sorella è una

camomilla."

"Oh, non è poi questa gran cosa, ti assicuro, e poi ora de-

vo prepararmi."

"Ecco, fai sempre così! Con te non c'è soddisfazione. Che

vantaggio hai ad avere una sorella più grande se poi non ti rac-

conta nulla? Tanto abbiamo già deciso con Andrea che la pros-

sima settimana ci andiamo anche noi! E se mi va, faccio an-

che la camomilla!" Daniela esce sbuffando dal bagno. Babi sor-

ride fra sé, finisce di lavarsi i denti poi prende la spazzola. Nien-

te da fare. Daniela si è vendicata a distanza. Alcuni lunghi ca-

162

pelli neri giacciono immobili e aggrovigliati fra le capocchie

della loro spazzola. Babi li raccoglie con la mano e li butta nel

water. Poi tira l'acqua e comincia a pettinarsi.

Daniela ricompare dietro la porta.

"Dove hai messo le Superga che ti ho prestato ieri sera?" '

"Le ho buttate."

"Come, le hai buttate? Le mie Superga nuove...?"

"Hai sentito, le ho buttate. Sono finite dentro al letame ed

erano talmente rovinate che le ho dovute buttare. Anche per-

ché sennò Step non mi accompagnava a casa."

"Sei finita nel letame, poi Step ti ha accompagnato a casa?

E quando l'hai fatta la camomilla?"

"Prima."

"Dietro a Step?" '

"No." '

Daniela a piedi nudi segue Babi in camera sua.

"Insomma Babi, mi racconti com'è andata?"

"Senti Dani, facciamo un patto, se tu da oggi in poi pulisci

la nostra spazzola dopo esserti pettinata, io fra qualche gior-

no ti racconto tutto, va bene?"

Dani sbuffa.

"D'accordo."

Poi torna in camera sua. Babi si infila la divisa. Non le avreb-

be mai raccontato nulla, lo sa. Daniela forse avrebbe pulito la

spazzola per i primi giorni, ma poi basta. È più forte di lei.

Raffaella entra nella camera di Babi.

"Ma Pallina ha dormito qui?"

"Sì mamma." >

"E dove?" »

"Nel mio letto." '

"Ma com'è possibile? Quando sono venuta ieri sera a ba-

ciarti c'eri solo tu."

"È arrivata più tardi. Non poteva stare a casa sua perché

la madre faceva una cena."

"E dov'è stata prima?"

"Non lo so."

"Babi, non voglio essere responsabile pure per lei. Pensa

se le fosse accaduto qualcosa e sua madre sapeva invece che

stava qui da me..."

"Hai ragione mamma."

"La prossima volta voglio saperlo in tempo se viene a dor-

mire da noi."

"Ma io te l'ho detto, prima che tu andassi dai Pentesti, non

ti ricordi?"

163

-.> Raffaella rimane un attimo a pensare. ' '...."

; , "No, non me lo ricordo."

Babi le sorride ingenuamente come a dire "e io che ci pos-

so fare?". D'altronde sa perfettamente che non lo potrebbe mai

ricordare. Non gliel'ha mai detto.

"Non vorrei mai avere per figlia una come Pallina. Sempre

in giro di notte a combinare chissà che. Non mi piace quella

ragazza, finirà male, vedrai."

"Ma mamma, non fa niente di male, le piace divertirsi ma

ti assicuro che è buona."

"Lo so, ma preferisco te."

Raffaella le sorride e le fa una carezza sotto il mento, poi

esce dalla stanza. Babi sorride. Sa come prenderla. È un pe-

riodo però che le dice troppe bugie. Si propone di smettere.

Povera Pallina, anche quando non c'entra niente risulta col-

pevole. Decide di perdonarla. Certo, bisogna risolvere il pro-

blema Pollo, ma anche questo a suo tempo. Si infila la gonna.

Si ferma davanti allo specchio, si tira su i capelli, scoprendo-

si il viso, e li trattiene con due piccoli fermagli laterali. Rima-

ne così, a fissarsi, mentre lo Zingaro felice esce dallo stereo. Ba-

bi si accorge di quanto assomiglia a sua madre. No, se anche

sapesse tutto quello che ha combinato, Raffaella non la cam-

bierebbe mai con Pallina, ci sono troppe cose simili fra loro.

È uno di quei rari casi in cui, pur senza saperlo, tutti sono

d'accordo.

Il sole filtra allegro dalla finestra della cucina. Babi finisce

di mangiare i suoi biscotti integrali e beve l'ultimo goccio di

caffellatte che si è lasciata apposta nella tazza. Daniela scava

fino in fondo. Il suo cucchiaino si agita nervoso nella scatola

di plastica di un piccolo budino, cercando di prendere anche

l'ultimo pezzo di cioccolato dispettoso nascosto giù, in quella

fessura. Raffaella ha comprato quasi tutto quello che le è sta-

to scritto sulla lista. Claudio è felice. Forse un oroscopo posi-

tivo, di sicuro il sospirato caffè, che finalmente è riuscito a be-

re. Ha risparmiato anche sulla caffettiera grande.

"Babi, oggi è una giornata bellissima. C'è un sole fuori... e

non deve fare neanche molto freddo. Ne ho parlato prima an-

che con tua madre e siamo d'accordo. Anche se hai preso quel-

la nota... Oggi potete andare in Vespa a scuola!"

"Grazie papa, siete molto carini. Ma sai, dopo il discorso

dell'altro giorno ci ho pensato bene, e forse hai proprio ragio-

ne tu. La mattina andare a scuola insieme io, te e Daniela è di-

ventato quasi un rito, un portafortuna. E poi è un bel momento:

164

possiamo parlare di tutto, iniziare insieme la giornata^ è mol-

to più bello così, no?"

Daniela non crede alle proprie orecchie.

"Babi, ma scusa, andiamo in Vespa. Con papa ci parliamo

sempre, ci possiamo stare la sera a cena, la domenica mattina."

Babi le prende il braccio stringendoglielo con un po' trop-

pa forza.

"Ma no Dani, è meglio così, sul serio, andiamo con lui."

Glielo stringe nuovamente. "E poi ti ricordi che ti ho detto ie-

ri sera, sto poco bene. Dalla prossima settimana magari an-

diamo in Vespa, che farà ancora più caldo." Quell'ultima stret-

ta non le lascia più dubbi. È un messaggio. Daniela è proprio

una ragazza intuitiva, più o meno.

"Sì papa, Babi ha ragione, veniamo con te!"

Claudio beve felice l'ultimo sorso di caffè. È bello avere due

figlie così. Non capita spesso di sentirsi tanto amati.

"Bene ragazze, allora usciamo, se no facciamo tardi a scuo-

la." Claudio va in garage a prendere la macchina mentre Babi

e Daniela si fermano davanti al portone ad aspettarlo.

"Ce l'hai fatta a capire, finalmente! Ma che, ti devo spez-

zare il braccio?"

"Me lo potevi dire subito, no!"

"Che ne so che proprio oggi ci danno il permesso di anda-

re in Vespa?"

"Ma perché non la vuoi usare?"

"Facile, perché non c'è."

"Non c'è la Vespa? E dov'è? Ma non ci sei uscita ieri sera?"

"Sì."

"E allora? Sei finita nel letame pure con la Vespa e l'hai but-

tata?"

"No, l'ho lasciata alla serra, e quando siamo tornati non

c'era più."

"Non ci credo!"

"Credici."

"Non ci voglio credere! La mia Vespa."

"Se è per questo l'hanno regalata a me."

"Sì, ma chi l'ha truccata? Chi ci ha fatto cambiare il col-

lettore? Il prossimo anno papa e mamma ti compreranno la

macchina, e sarebbe diventata mia. Non ci posso credere."

Claudio si ferma lì davanti. Tira giù il finestrino elettrico.

"Babi, ma che fine ha fatto la Vespa? Non c'è in garage."

Daniela chiude gli occhi. Ora ci deve credere per forza.

"Niente papa, l'ho messa dietro nel cortile. Ti da così fasti-

dio nel fare manovra. Penso che sia meglio metterla fuori."

165

"Scherzi, rimettila subito dentro. E se poi te la rubano?

Guarda che io e tua madre non abbiamo intenzione di ricom-

prarvela. Vai subito a metterla dentro, forza. Tieni, queste so-

no le chiavi."

Daniela sale dietro mentre Babi si allontana verso il gara-

ge fìngendo di cercare nel mazzo la chiave giusta. Arrivata nel

cortile Babi si mette a pensare. E ora che faccio? Entro stase-

ra devo ritrovare la Vespa. Se no devo trovare un'altra solu-

zione. Mannaggia a Pallina, è lei che mi ha cacciato in questo

casino, ed è lei che me ne deve tirar fuori. Babi sente il rumo-

re della Mercedes che arriva a marcia indietro. Corre verso il

garage. Si china sulla serranda. Appena in tempo. La Merce-

des sbuca da dietro l'angolo e si ferma lì davanti. Babi fìnge di

chiudere il garage e si dirige sorridendo verso la macchina.

"Fatto, l'ho messa a posto." Babi si ritiene un mimo perfetto,

ma forse è meglio ritrovare la Vespa al più presto. Mentre sa-

le m macchina si sente come osservata. Guarda in alto. Ha

ragione.

Il ragazzo che abita al secondo piano è affacciato. Deve aver

visto tutto. Cioè, in realtà non ha visto niente, proprio per que-

sto ha quell'aria così perplessa. Lei gli sorride cercando di ras-

sicurarlo. Lui ricambia, ma si capisce perfettamente che qual-

cosa non gli è chiaro.

La Mercedes si allontana. Babi restituisce le chiavi al pa-

dre e gli sorride.

"L'hai attaccata bene al muro?"

"Attaccatissima. Non ti può dare fastidio." Babi si volta ver-

so Daniela. È seduta con le braccia conserte. È nera.

"Dai Dani, in Vespa ci andiamo la prossima settimana a

scuola!"

"Lo spero proprio."

La Mercedes si ferma all'uscita del comprensorio davanti

alla sbarra che lentamente comincia ad alzarsi. Claudio salu-

ta il portiere che gli fa segno di fermarsi un attimo. Esce dal-

la guardiola con un pacchetto in mano.

"Buongiorno dottore, mi scusi, hanno lasciato questo pac-

chetto per Babi."

Babi lo prende incuriosita. La Mercedes riparte dolcemente,

mentre il finestrino si richiude. Daniela si sporge in avanti spin-

ta dalla curiosità. Anche Claudio sbircia per vedere cosa sia.

Babi sorride.

"Chi ne vuole un pezzo? È un cornetto al cioccolato di Laz-

zareschi."

Babi spezza il cornetto con le mani. F *>

166

"Papa?" Claudio scuote la testa.

"Dani?"

"No grazie." Forse sperava che in quel pacchetto ci fosse-

ro notizie della "loro Vespa".

"Meglio così, me lo mangio tutto io. Non sapete cosa vi per-

dete..." Pallina è proprio un tesoro, sa sempre come farsi per-

donare. Ora deve solo ritrovarle la Vespa entro le otto.

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167

27.

All'entrata della scuola le ragazze chiacchierano allegre

aspettando il suono della campanella. Babi e Daniela scendo-

no dalla macchina e salutano il padre. La Mercedes si allonta-

na nel traffico di piazza Euclide. Subito un gruppo di ragazze

corre verso di loro.

"Babi, ma è vero che ieri sei stata alla serra e hai fatto la

camomilla?"

"È vero che sei fuggita inseguita dalla municipale?"

"Un vigile ti ha preso per i capelli, Step l'ha sbattuto a ter-

ra e siete scappati sulla sua moto?"

"È vero che sono morti due ragazzi?" Daniela ascolta sba-

lordita. La Vespa non è andata sacrificata inutilmente. Quella

è vera gloria. Babi non crede alle sue orecchie. Come fanno a

sapere già tutto? Non proprio tutto. La storia del letame per

fortuna è rimasta segreta. Il suono della campanella la salva.

Mentre sale le scale risponde vaga ad alcune domande delle

amiche più simpatiche. Ormai è fatta. Quel giorno è una cele-

brità. Daniela la saluta con affetto.

"Ciao Babi, ci vediamo a ricreazione!" Incredibile. Da

quando vanno a scuola insieme non gliel'ha mai detto. Guar-

da Daniela allontanarsi circondata da alcune amiche. Tutte

le camminano intorno facendole mille domande. Anche lei

sta godendo del suo momento di notorietà. È giusto, in fon-

do ci ha rimesso le Superga. Spera solo che non racconti del

letame.

Un giovane prete venuto da una parrocchia lì vicino siede

alla cattedra. È la prima ora, quella di religione. Il divertimento

preferito di tutte è quello di metterlo in difficoltà con doman-

de sul sesso e sui rapporti prematrimoniali. Narrano disinibi-

te esempi precisi e fatti accaduti a delle tremende e fantoma-

tiche amiche, che quasi sempre, poi, sono loro stesse. Pratica-

mente quell'ora di religione si è trasformata in una vera e pro-

168

pria ora di educazione sessuale, unica materia nella quale tut-

te avrebbero preso la sufficienza piena.

Il prete tenta di schivare una domanda ben precisa sulla

sua vita privata prima di prendere i voti. Apre la Bibbia tron-

cando così il grande interesse che si è creato intorno ai suoi

improbabili peccati. Babi sfoglia il diario. La prossima ora è

greco.

La Giacci interroga. Si sta per chiudere l'ultimo trimestre

prima degli esami di maturità. Con l'uscita delle materie non

ci sarebbero state più interrogazioni. Controlla i pallini. Ne

mancano solo tre per completare il giro. Sarebbero state loro

le "fortunate". Babi legge i nomi. C'è di nuovo Festa. Poverac-

cia. Bella settimana sul serio. Babi si gira verso di lei. Sta con

le mani sulle guance e guarda avanti. Babi la chiama con un

bisbiglio. Silvia se ne accorge.

"Che c'è?"

"Guarda che la Giacci oggi ti interroga in greco."

"Lo so." Silvia abbozza un sorriso, poi prende dalla schie-

na della compagna davanti il libro che ci ha poggiato. È quel-

lo di grammatica greca. "Sto ripassando." Babi le sorride. Per

quello che avrebbe potuto servirle. Forse era meglio se avesse

seguito l'ora di religione. In realtà solo un miracolo avrebbe

potuto salvarla. La campanella suona. Il giovane prete si al-

lontana. Porta via con sé una valigetta di pelle morbida scura

e anche gli ultimi dubbi. La sua camminata è una sincera con-

fessione. Se da giovane ha commesso peccati, loro, le ragazze

in generale, non hanno avuto colpa.

"Ciao Babi!" Y

"Pallina! Come stai?" i

Pallina posa la borsa con i libri sul banco di Babi. >

"Bene, con un litro di sangue in meno!" v

"È vero. Come sono andate le analisi?" *

Pallina si arrotola la camicia azzurra della divisa mostrando

il suo pallido braccio. "Guarda qui!" Le indica un cerotto dal-

la punta leggermente colorata, arrossata di sangue.

"Questo non è niente. Non sai quel medico per trovarmi la

vena. Due ore. Mi ha punzecchiato tutto intorno e giù pizzicotti

sul braccio, dice lui per farmi uscire la vena. Secondo me solo

per farmi male, mi odia. Mi ha sempre odiato quel dottore. Poi

ha iniziato a parlare che non la smetteva più. Classico per non

farti pensare alla siringa. Mi dice che ho delle vene regali, il san-

gue blu, che devo essere una principessa! E poi tà! Mi infila a

tradimento tutto quell'ago nel braccio. Ma gliel'ho fatta vedere

io la principessa. Gli ho sparato un 'Porca puttana'..."

169

"Pallina!"

"Tu sei più gentile. Mia madre mi ha dato uno schiaffo sul-

la bocca... Non so se mi ha fatto più male lei o quel dottore.

Che poi io li odio, quando provi quella paura da dolore fisico

vuoi solo silenzio intorno a te, ma quelli mica lo capiscono.

Pensa che quando uscivamo ha fatto una battutaccia a mia ma-

dre." Pallina ne imita il tono. "'Una cosa è sicura signora, con

quelle vene sua figlia diffìcilmente riuscirà a drogarsi.' Pessi-

mo, roba da vomito. L'unica cosa positiva di tutto questo è sta-

to che dopo mia madre mi ha portato a fare colazione all'Eu-

clide. Mi sono fatta un maritozzo con la panna da favola! A

proposito, hai ricevuto il mio pacchetto?"

"Sì, grazie!"

"No, perché quel tuo portiere ha la faccia di uno che deve

sempre sapere che c'è nel pacchetto che lasci. È peggio di una

macchina a raggi x... Si vede che sono ancora sconvolta dalle

analisi, eh?"

"Abbastanza."

"Allora non se l'è mangiato lui il cornetto di Lazzareschi?"

"No" dice Babi sorridendo.

"Sono stata perdonata?"

I "Quasi."

"Come quasi? Che, te ne dovevo lasciare due?"

"No, devi ritrovarmi la Vespa entro le otto."

"La tua Vespa? E come faccio? Chissà dov'è finita. Chi ce

l'ha? Chi l'ha presa? Che ne posso sapere io?"

"Che ne so? Tu sai sempre tutto. Sei ben introdotta nel-

l'ambiente. Sei la 'donna' di Pollo. Una cosa è certa, quando

mio padre stasera torna alle otto la Vespa dev'essere in gara-

gè..."

"Lombardi!" La Giacci è sulla porta. "Vada al suo posto per

favore."

"Sì, mi scusi professoressa, sto facendomi dire che cosa

hanno fatto nell'ora di religione."

"Ne dubito... Comunque si vada a sedere lo stesso." La Giac-

ci va alla cattedra. Pallina prende la borsa dei libri.

Babi la ferma. "Ho un'idea. Non c'è più bisogno di trovare

la mia Vespa, almeno non subito."

Pallina sorride.

"Meno male. Era impossibile! Però come fai? Quando tuo

padre ritorna e non trova la Vespa in garage che gli dici?"

"Ma mio padre troverà la Vespa in garage."

"E come?"

"Facile, ci mettiamo la tua." << »Wi»w «.--t/v -vxj >i -

170

"La mia Vespa?" ,,- ' $ , C

"Ma certo, per mio padre sono identiche, aoa se ne accor-

gerà mai." - j , *

"Sì ma io come..." , <

"Lombardi!"

Pallina non fa in tempo a ribattere.

"Questa lezione di religione dev'essere stata interessantis-

sima. Venga intanto qui e mi faccia vedere la sua giustifica-

zione." Pallina si mette la borsa sulle spalle e lancia un'ultima

occhiata a Babi.

"Ne parliamo dopo."

Pallina va alla cattedra. Tira fuori il diario e lo apre alla pa-

gina delle giustificazioni. La Giacci glielo toglie dalle mani. Lo

legge e lo controfirma.

"Ah, bene, ha fatto delle analisi, eh? A lei dovrebbero fare

una trasfusione di cultura. Altro che prelievi del sangue."

La Catinelli da brava secchiona leccaculo ride a quella bat-

tuta. Ma è talmente scadente che perfino la Giacci rimane in-

fastidita da quel fìnto divertimento.

"Oh, c'è qualcun altro che deve farmi vedere il suo diario

firmato." La Giacci guarda ironica verso Babi. "Vero Gervasi?"

Babi le porta il diario già aperto alla nota firmata. La Giac-

ci lo controlla.

"Be', cos'ha detto sua madre?"

"Mi ha messo in punizione." Non è vero, ma tanto vale dar-

gliela vinta del tutto.

Infatti la Giacci abbocca in pieno.

"Ha fatto bene." Poi si rivolge alla classe: "È importante

che i vostri genitori sappiano apprezzare il lavoro svolto da noi

professori e lo appoggino in pieno". Su per giù tutte annui-

scono. "Sua madre, Gervasi, è una donna molto comprensiva.

Sa benissimo che quello che faccio, lo faccio solo per il suo be-

ne. Tenga." Le riconsegna il diario. Babi torna al suo posto.

Strano modo di volermi bene, un due in latino e una nota. E

se mi odiava che faceva? La Giacci tira fuori dalla sua vecchia

borsa in pelle scamosciata i compiti di greco piegati a metà.

Si aprono spavaldi e fruscianti sulla cattedra spandendo

nella classe il magico dubbio di aver almeno raggiunto la suf-

ficienza.

"Vi annuncio che è stata una carneficina. Dovete solo spe-

rare che non esca greco alla maturità." Tutte sono tranquille.

Sanno già la materia: latino. Tutte fanno finta di non saperlo.

In realtà quella sarebbe potuta essere benissimo una classe di

attrici. Ruoli drammatici, a giudicare dal momento. tv

171

"Bartoli, tre. Simoni, tre. Mareschi, quattro." Una dopo l'al-

tra le ragazze vanno alla cattedra a ritirare il loro compito in

silenziosa rassegnazione.

"Alessandri, quattro. Bandini, quattro più." C'è una specie

di processione funebre. Tutte tornano a posto e riaprono su-

bito il compito cercando di capire la ragione di tutti quei se-

gni rossi. È un lavoro per lo più inutile, proprio come il loro

tentativo di traduzione andato male.

"Sbardelli, quattro e mezzo." Una ragazza si alza facendo

un segno di vittoria. In effetti per lei lo è. Era abbonata al quat-

tro. Quel mezzo voto in più è un vero e proprio traguardo.

"Carli, cinque." Una ragazza pallida, con gli occhiali spes-

si e i capelli unti, da sempre abituata al sette, sbianca. Si alza

dal banco e procede con passo lento verso la cattedra chie-

dendosi cosa possa aver sbagliato. Un brivido di gioia percor-

re i banchi. È una delle secchione della classe, e non passa mai

un compito.

"E vai!" le sussurra Pallina quando la poveraccia le sfila ac-

canto. La Giacci consegna il compito a Carli. Sembra sincera-

mente dispiaciuta.

"Che ti è successo? Forse stavi poco bene? Oppure questa

classe di analfabete è riuscita a contagiare anche te?"

La ragazza abbozza un sorriso. E con un debole "Sì, non

mi sentivo granché" torna al posto. Una cosa è sicura. Ora sta

veramente male. Lei, la Carli. Quella delle versioni impossi-

bili, prendere cinque. Apre il compito. Lo rilegge rapidamen-

te, trova subito il tragico errore. Sbatte il pugno sul banco.

Come ha fatto a confondersi? Si porta le mani tra i capelli sin-

ceramente disperata. La felicità della classe tocca vertici in-

credibili.

"Benucci, cinque e mezzo. Salvetti, sei." È andata. Quelle

della classe che ancora non hanno ritirato il compito fanno un

sospiro. Ormai è la sufficienza assicurata. La Giacci consegna

i compiti in ordine crescente, prima i voti peggiori poi lenta-

mente sale fino alla sufficienza e ai vari sette e otto. Lì si fer-

ma. Non ha mai messo di più. E anche l'otto è un evento nien-

te male.

"Marini, sei. Ricci, sei e mezzo." Alcune ragazze aspet-

tano tranquille il loro voto, abituate e trovarsi nella zona al-

ta della classifica. Ma per Pallina questo è un vero e proprio

miracolo. Non crede alle sue orecchie. Ricci sei e mezzo?

Quindi ha preso almeno quel voto, se non di più. Si imma-

gina tornare da sua madre a pranzo e dirle "Mamma ho pre-

so sette in greco". Sarebbe svenuta. L'ultima volta che ha pre-

172

so un sette è stato in storia, su Colombo. Cristoforo le piace

un casino, fin da quando ha visto una foto su un libro che lo

ritraeva con una bandana rossa al collo. Un vero capo. Viag-

giatore, deciso, uomo di poche parole. E poi, bene o male, il

primo ad andare in America. È lui che ha lanciato la moda

degli States. A pensarci bene c'è anche una vaga somiglian-

zà fra lui e Pollo.

"Gervasi, sette." Pallina sorride felice per l'amica.

"Vai Babi." Babi si gira verso di lei e la saluta. Una volta

tanto non deve essere dispiaciuta di aver preso più di Pallina.

"Lombardi." Pallina salta fuori dal banco e si dirige veloce

verso la cattedra. È euforica. Ormai è almeno un sette.

"Lombardi, quattro." Pallina rimane senza parole.

"Il tuo compito deve essermi finito per sbaglio fra questi"

si scusa la Giacci sorridendo. Pallina prende il suo compito e

torna affranta al banco. Per un attimo ci ha creduto. Come sa-

rebbe stato bello prendere sette. Si siede. La Giacci la guarda

sorridendo, poi riprende a leggere i voti degli ultimi compiti.

L'ha fatto apposta quella stronza. Pallina ne è sicura. Per la rab-

bia gli occhi le si riempiono di lacrime. Cavoli, come ha fatto

a cascarci? Sette in una versione di greco, è impossibile. Do-

veva capirlo subito che c'era sotto qualcosa. Sente un bisbiglio

a destra. Si gira. È Babi. Pallina cerca di sorridere con scarso

risultato. Poi tira su col naso. Babi le mostra un fazzoletto. Pal-

lina annuisce. Babi lo annoda e glielo lancia. Pallina lo pren-

de al volo. Babi si sporge verso di lei.

"Piagnona! Dovresti fare la camomilla. Dopo, tutto il resto

ti sembra una cretinata."

Pallina scoppia a ridere di gusto. La Giacci la guarda infa-

stidita. Pallina alza la mano per scusarsi, poi si soffia il naso e

approfittando del fazzoletto davanti al viso alza il medio. Qual-

che ragazza intorno a lei se ne accorge e ride divertita.

La Giacci sbatte il pugno sulla cattedra.

"Silenzio! Ora interrogo."

Apre il registro.

"Salvetti e Ricci."

Le due ragazze vanno alla cattedra, consegnano i quader-

ni e aspettano al muro pronte a essere fucilate di domande. La

Giacci guarda di nuovo il registro. "Servanti." Francesca Ser-

vanti si alza dal banco sbalordita. Quel giorno non toccava pro-

prio a lei. Doveva interrogare Salvetti, Ricci e Festa. Lo sape-

vano tutte. Va in silenzio alla cattedra e consegna il quaderno

cercando di nascondere la sua disperazione. In realtà è abba-

stanza evidente. È del tutto impreparata. La Giacci raccoglie i

173

quaderni, li mette uno sull'altro pareggiandone i bordi con tut-

te e due le mani.

"Bene, con voi finisco il giro di interrogazioni, poi spero di

mettere da parte greco. Studieremo di più latino. Be', ve lo vo-

glio dire. Quasi sicuramente sarà questa la materia che uscirà... "

Bella scoperta, pensa la maggior parte della classe dentro

di sé. Solo una ragazza ha un altro pensiero. Silvia Festa. Co-

me mai la Giacci non l'ha chiamata? Perché non è stata inter-

rogata lei, al posto della Servanti, come sarebbe stato giusto?

Forse la Giacci sta progettando qualcosa per lei? Eppure la sua

situazione non è delle migliori. Ha già due cinque e non è pro-

prio il caso di peggiorarla. D'altronde la professoressa non può

mica essersi sbagliata. La Giacci non sbaglia mai. Questa è una

delle regole d'oro della Falconieri.

Silvia Festa ha bisogno della sua terza interrogazione, che

oltretutto le spetta. Richiama senza farsi vedere l'attenzione di

Babi.

"Mi dispiace, non so che dirti. Anche per me dovevi essere

interrogata tu."

"Che vuoi dire? Che si è sbagliata la Giacci?"

"Forse. Ma sai com'è fatta. Meglio non dirglielo."

"Sì, ma senza dirglielo non mi ammettono agli esami."

Babi allarga le braccia. "Non so che fare..." Le dispiace sul

serio. Comincia l'interrogazione. Silvia si agita nervosa al suo

banco. Non sa come comportarsi. Alla fine decide di interve-

nire. Alza la mano. La Giacci la vede.

"Sì Festa, che c'è?"

"Mi scusi professoressa. Non voglio disturbarla. Ma credo

che a me manchi la terza interrogazione." Festa sorride cer-

cando di far passare inosservato il fatto che così la sta accu-

sando di aver sbagliato. La Giacci sbuffa.

"Vediamo subito." Prende due quaderni per aiutarsi nella

ricerca. Sembra quasi che giochi a battaglia navale. Ma sul re-

gistro.

"Festa... Festa... Eccola qua: interrogata il diciotto marzo,

e naturalmente è un meno. Soddisfatta? Anzi," controlla gli al-

tri voti, "non so se verrai ammessa agli esami."

Un flebile "grazie" esce dalla bocca di Silvia. Praticamen-

te è stata affondata. La Giacci con aria di sufficienza rico-

mincia a interrogare. Babi ricontrolla il diario. Diciotto mar-

zo. Infatti proprio la data in cui è stata interrogata Servanti.

Non ci sono dubbi. La Giacci deve essersi sbagliata. Ma come

può provarlo? È la sua parola contro quella della professo-

ressa. Come a dire un'altra nota. Povera Festa, è proprio sfi-

174

gata. Così finisce sul serio che si gioca l'anno. Apre i fogli del-

le altre materie. Diciotto marzo. È un giovedì. Controlla an-

che le altre lezioni. Che strano però, quel giorno Festa non è

stata interrogata in nessuna materia. Forse è solo un caso, o

forse no. Si sporge dal banco.

"Silvia."

"Che c'è?" Festa ha l'aria distrutta. Non ha tutti i torti, po-

veraccia. < ?-' -A -- < , *

"Mi passi il tuo diario?" '">'- ' 'X"> i->'I 'ib-xMtviq

"Perché?" * '>«^\ . »4»,«^ ,t jt;f,.(r j, .«i

"Devo vedere una cosa." «->* ' * .o.t'sv/'Kv »iu/

"Che cosa?" sfitti ^jìjr"Mii*!<>b

"Dopo te lo dico... Passamelo, dai."

Per un attimo una flebile luce di speranza si riaccende ne-

gli occhi di Silvia. Le passa il diario. Babi l'apre. Va alle ulti-

me pagine. Silvia la guarda speranzosa. Babi sorride. Si gira

verso di lei e le restituisce il diario. "Sei fortunata!" Silvia ab-

bozza un sorriso. Non ne è poi così sicura.

Improvvisamente Babi alza la mano. <*

"Scusi professoressa..."

La Giacci si gira verso di lei. -*

"Cosa c'è Gervasi? Anche tu non sei stata interrogata? Og-

gi siete proprio noiose, eh ragazze...! Forza, che c'è?"

Babi si alza. Rimane per un attimo in silenzio. Gli occhi

della classe sono puntati su di lei. Soprattutto quelli di Silvia.

Babi guarda Pallina. Anche lei, come le altre, aspetta curiosa.

Le sorride. In fondo è giusto farlo. La Giacci ha messo appo-

sta il compito di Pallina fra quelli con il sette.

"Le volevo dire, professoressa, che lei ha sbagliato."

Un mormorio generale inonda la classe. Le ragazze sem-

brano impazzite. Babi è tranquilla.

La Giacci diventa rossa di rabbia, poi si controlla.

"Silenzio! Ah sì Gervasi, e in cosa?"

"Lei il diciotto marzo non può aver interrogato Silvia

Festa."

"Come no, è scritto qua, sul mio registro. Lo vuole vedere?

Eccolo qua, diciotto marzo, meno a Silvia Festa. Comincio a

pensare che a lei piacciano le note."

"Quel voto è di Francesca Servanti. Ha sbagliato a scrive-

re e l'ha messo a Festa."

La Giacci sembra esplodere di rabbia.

"Ah sì? Be', lo so che lei segna tutto sul suo diario. Ma è la

sua parola contro la mia. E se io dico che quel giorno ho in-

terrogato Festa vuoi dire che è così."

175

"E invece io dico di no. Lei ha sbagliato. Il diciotto marzo

non può aver interrogato Silvia Festa."

"Ah sì? E perché?"

"Perché quel giorno Silvia Festa era assente."

La Giacci sbianca. Prende il registro generale e comincia

a sfogliarlo all'indietro, come impazzita. Venti, diciannove, di-

ciotto marzo. Controlla frenetica le assenze. Benucci, Marini

e poi eccola lì. La Giacci si accascia sulla sedia. Non crede ai

propri occhi. Festa. Quel cognome scritto dalla sua stessa ma-

no stampato a lettere di fuoco. La sua vergogna. Il suo errore.

Non serve altro. La Giacci guarda Babi. È distrutta. Babi si sie-

de lentamente. Tutte le compagne si girano a turno verso di lei.

Un bisbiglio generale sale piano piano nella classe.

"Brava, brava Babi, brava." Babi fa finta di non sentire. Ma

quel lento sussurrare arriva alle orecchie della Giacci, quelle

parole come terribili aghi di ghiaccio la colpiscono fredde, pun-

genti come il peso di quella sconfitta. La figuracela davanti al-

la classe. La sua classe. E poi quelle frasi che le escono così pe-

santi e faticose, il sottolineare l'errore.

"Servanti vada a posto. Venga Festa." Babi abbassa gli oc-

chi sul banco. Giustizia è fatta. Poi lentamente alza il viso.

Guarda Pallina. I loro sguardi si incrociano e mille parole vo-

lano silenziose fra quei banchi. Da oggi anche la Giacci può

sbagliare. La leggendaria regola d'oro si frantuma. Cade giù,

sgretolandosi in migliaia di pezzi come un fragile cristallo sfug-

gito dalle mani di un'inesperta e giovane cameriera. Ma Babi

non vede nessuna padrona sgridarla. Dovunque si giri, solo gli

occhi felici delle sue compagne, orgogliose e divertite del suo

coraggio. Poi guarda più lontano. E quello che vede le fa pau-

ra. La Giacci è lì che la fissa. Il suo sguardo, privo di espres-

sione, ha la durezza di una pietra grigia sulla quale è stata scol-

pita con fatica la parola odio. Per un attimo Babi rimpiange di

non aver avuto torto. ,

28.

<<-), -

Mezzogiorno. Step con una felpa e un paio di calzoncini

entra in cucina per fare colazione.

"Buongiorno Maria."

"Buongiorno." Maria smette subito di lavare i piatti. Sa che

a Step da fastidio quel rumore appena alzato. Step toglie dal

fuoco la caffettiera e il pentolino del latte e si siede a tavola

quando il campanello comincia a suonare. Sembra impazzito.

Step si porta la mano sulla fronte.

"Ma chi ca..."

Maria con dei piccoli passi veloci corre verso la porta.

"Chi è?"

"Sono Pollo! Mi apre per favore?"

Maria, memore del giorno prima, si gira verso Step con

aria interrogativa. Step annuisce con la testa. Maria apre la

porta. Pollo entra di corsa. Step è lì davanti che si versa il

caffè.

"Oh Step, non sai che mito! Una favola, una ficata!"

Step alza il sopracciglio.

"Mi hai portato i tramezzini?"

"No, quelli non te li porto più visto che non sai apprezza-

re. Guarda." Gli mostra "II Messaggero".

"Il giornale già ce l'ho," alza dal tavolo "la Repubblica", "me

l'ha portato Maria. Piuttosto, non l'hai neanche salutata."

Pollo si gira verso di lei, insofferente.

"'Ngiorno Maria." Poi apre il giornale e lo posa sul tavolo.

"Hai visto? Guarda che foto da urlo! Un mito... Sei sul gior-

nale..."

Step mette la mano sulla pagina della Cronaca di Roma. È

vero. Eccolo lì. C'è lui sulla moto con Babi dietro mentre pin-

nano davanti ai fotografi. Perfettamente riconoscibili: per for-

tuna sono stati fotografati da davanti. La targa non si vede,

sennò sarebbero stati cavoli amari. C'è tutto l'articolo. Le ga-

177

re, alcuni nomi dei fermati, la sorpresa della polizia, la de-

scrizione della sua fuga.

"Hai letto? Sei un mito Step! Sei famoso ormai! Cazzo, ce

l'avessi io un articolo così."

Step gli sorride.

"Tu non pinni come me. Oh, è proprio una bella foto! Hai

visto Babi, come sta bene?"

Pollo annuisce scocciato. Babi non è proprio quello che si

dice il suo ideale di donna. Step alza il giornale con tutte e due

le mani e guarda estasiato la fotografìa.

"Certo che la mia moto è proprio bella!" esclama mentre si

chiede se Babi ha già visto quella foto. Sicuramente no. "Pol-

lo, mi devi accompagnare in un posto. Tieni, prenditi un po' di

caffè mentre mi faccio la doccia." Step va di là. Pollo si siede

al suo posto. Guarda la foto. Comincia a rileggere l'articolo.

Prende la tazza e la porta alla bocca. Che schifo! È vero: Step

prende il caffè senza zucchero. La voce di Step arriva attutila

e bagnata da sotto la doccia.

"A che ora chiudono i negozi?" Pollo mette il terzo cuc-

chiaino di zucchero nel caffè. Poi guarda l'orologio.

"Fra meno di un'ora."

"Cazzo, dobbiamo sbrigarci." Pollo assaggia il caffè. Ora sì

che va. Si accende una sigaretta. Step compare sulla porta. Ha

addosso un accappatoio, e con un piccolo asciugamano si fri-

ziona forte i capelli. Si avvicina a Pollo e guarda di nuovo la

foto.

"Che effetto fa essere l'amico di un mito?"

"Mo' non esagerare."

Step gli prende la tazza dalle mani e beve un sorso di caffè.

"Che schifo! Ma come fai a berlo così dolce? È terribile! Ci cre-

do che poi sei grasso! Ma quanti cucchiaini ci hai messo?"

"Io non sono grasso. Sono un falso magro."

"Oh, Pollo, adesso che ti sei fidanzato devi tornare in pa-

lestra, fumare di meno, stare a dieta. Guarda che quella ti la-

scia sennò! Le donne sono terribili, ti adagi un attimo e sei fi-

nito. Ora poi, dopo questa mia foto, minimo devi andare pure

tu sul giornale."

"Guarda che io già ci sono uscito sul giornale, e prima di

te. Con gli irriducibili. C'ho un primo piano da urlo con la fa-

scia in fronte e le braccia alzate, da 'capo della curva'."

"Ma tu non capisci, il tifoso oggi non va più. Ora è di mo-

da il malandrò, il teppista... Vedi, infatti hanno fatto il servizio

su di me. Oh, secondo te gli posso chiedere qualche soldo al

'Messaggero'? Sfruttamento di immagine, no?" Step va a ve-

178

stirsi. Pollo finisce di bere il caffè. Poi si alza e si passa la ma-

no sulla pancia. Step ha ragione. Da lunedì ricomincerà ad an-

dare in palestra. Non si sa perché, ma quasi tutto il mondo ri-

comincia da lunedì.

Pollo è in viale Angelico, sulla sua moto ferma, poggiata

sul cavalietto laterale. Step monta al volo dietro di lui.

"Vai... Oh, Pollo, vai piano, che l'ho messo in mezzo a noi."

"Quanto ti hanno fatto pagare?"

"Ventidue euro." -,_,., . *-i,

"Mortacci. Dove dobbiamo andare adesso?" " ,,. '-

"A piazza Jacini." , t

"A fare che?" »- - "»

"Babi abita là." ^

"Ma dai! E non l'avevi mai vista?" .i <. , - . , -v

"Mai." , "

"Strana la vita, no?"

"Perché?"

"Be', prima una non la vedi mai, e poi cominci a vederla

tutti i giorni."

"Sì, strana."

"Poi ancora più strana se dopo che cominci a vederla tut-

ti i giorni le fai pure i regaietti."

Step da un cinquino sul collo scoperto di Pollo.

"Ahia!"

"Hai finito? Sembri uno di quei tassisti rompicoglioni che

non smettono mai di parlare quando ti portano in un posto e

ti fanno un casino di domande. Ti manca solo la radio grac-

chiante, e poi sei uguale."

Pollo comincia a guidare allegramente e imita la radio dei

taxi.

"Csss piazza Jacini per Pollo 40, piazza Jacini per Pollo 40."

Step gli da un'altra pacca. Poi comincia a riempirlo di schiaf-

fi a mano aperta in faccia, sulle guance, sulla fronte. Pollo con-

tinua a fare la radio del taxi urlando a squarciagola.

"Piazza Jacini a Pollo 40, piazza Jacini a Pollo 40." Conti-

nuano così ridendo e urlando, procedendo a zigzag nel traffi-

co con tutte le macchine intorno che frenano preoccupate. Si

avvicinano a un vero taxi. Pollo gli urla dentro il finestrino:

"Piazza Jacini a Pollo 40". Il tassinaro si prende un colpo

ma non dice nulla. La moto si allontana. Il tassista alza la ma-

no indicandoli e scuotendo la testa. Si capisce perfettamente

che il suo idolo al massimo può essere Sordi, e non certo De

Niro. Step e Pollo passano vicino a una vigilessa. La sfiorano

179

r

quasi, sorridendole, toccandole il bordo della gonna. Pollo ti-

ra fuori perfino la lingua. Lei non prova neanche a prendere

la targa. Cosa potrebbe scrivere sulla multa? Il codice strada-

le non punisce i tentativi di rimorchio, anche se pesanti come

quelli.

"Piazza Jacini a Pollo 40, arrivati!" La moto di Pollo si fer-

ma rombando davanti alla sbarra del comprensorio di Babi.

Step saluta il portiere che ricambia e li lascia passare. La

moto sale lungo la salita. Il portiere guarda quei due energu-

meni leggermente perplesso. Pollo si gira verso Step.

"Allora sei già venuto qui, il portiere ti ha riconosciuto."

"Mai. I portieri sono tutti così, basta che li saluti e quelli ti

fanno passare! Fermati qua e aspettami." Step salta giù dalla

moto.

Pollo da gas e la spegne. "Sbrigati, il coso dei pagamenti

scorre..."

"Tassametro."

"Va be', come cazzo si chiama, si chiama. Muoviti. Sennò

me ne vado."

Step, al citofono, trova il cognome e suona.

"Chi è?"

"Devo consegnare un pacco per Babi."

"Primo piano."

Step sale. Una cameriera grassa è sulla porta.

"Buongiorno: tenga, devo lasciare questo per Babi. Stia at-

tenta che si rovina." Una voce arriva dal fondo del corridoio.

"Chi è, Rina?"

"Un ragazzo ha portato una cosa per Babi." Raffaella avan-

za guardando quel ragazzo sulla porta. Spalle larghe, capelli

corti, quel sorriso. L'ha già visto, ma non si ricorda dove.

"Buongiorno signora. Come sta? Ho portato questo per Ba-

bi, è una sciocchezza. Glielo può dare quando torna da scuola?"

Raffaella sta ancora sorridendo. Poi a un tratto realizza.

Non sorride più.

"Tu sei quello della capocciata al signor Accado. Sei Stefa-

no Mancini."

Step rimane sorpreso.

"Non credevo di essere così famoso."

"Infatti non sei famoso. Sei solo un mascalzone. I tuoi san-

no quello che è successo?"

"Perché, che è successo?"

"Sei stato denunciato."

"Oh, non fa niente. Sono abituato." Sorride. "E poi sono

orfano." . > ft -.' v-u- » » *, » »««

180

Raffaella rimane per un attimo imbarazzata. Non sa se cre-

derci o no. Fa bene.

"Be', comunque non voglio che tu giri intorno a mia figlia."

"Veramente è lei che viene sempre dove sono io. Ma non fa

niente, a me non da fastidio. Mi raccomando, non la sgridi,

non se lo merita, io la capisco."

"Io no." Raffaella lo squadra dalla testa ai piedi cercando

di farlo sentire in imbarazzo. Non ci riesce. Step sorride.

"Non so perché, ma non piaccio mai alle madri. Be', mi

scusi signora, ma ora devo proprio andare. C'ho il taxi che mi

aspetta. Sto spendendo una cifra." Step scende perle scale, sal-

ta gli ultimi gradini proprio in tempo per sentire la porta sbat-

tere con forza. Come assomiglia a Babi, quella signora. È im-

pressionante. Ha lo stesso taglio di occhi, la forma del viso. Ma

Babi è più bella. Spera che sia anche meno incazzosa. Si ri-

corda l'ultima volta che si sono visti. No, si somigliano anche

in quello. Per un attimo desidera rivederla. Pollo si attacca al

clacson.

"Oh, ti vuoi muovere? Che cazzo fai, ti sei incantato?"

Step sale dietro di lui.

"È possibile che fai schifo pure come tassinaro?"

"Mortacci tua. È un'ora che aspetto. Ma che hai fatto?"

"Ho parlato con la madre." A Step improvvisamente viene

un pensiero. Alza la testa. Infatti, proprio come prevedeva. Raf-

faella è lì, affacciata alla finestra. Lei fa uno scatto indietro ten-

tando di rientrare. Troppo tardi. Step l'ha vista. Lui le sorride

salutandola. Raffaella chiude la finestra con forza mentre la

moto sparisce dietro la curva. Pollo si ferma davanti alla sbar-

ra. Step saluta il portiere. È meglio farsi amico qualcuno in

quel comprensorio.

"Hai parlato con la madre? E che le hai detto?"

"Ma niente, abbiamo avuto una piccola discussione. In

realtà mi adora."

"Step, stai attento."

"A cosa?"

"A tutto! Questa è la classica storia che va a finire male."

"Perché?"

"Tu che porti regali... parli con la madre. Non l'hai mai fat-

to. Ma ti piace proprio sta Babi?"

"Non è male."

"E Madda?"

"Ma che c'entra Madda. Quella è un'altra storia."

"Ma che, ti vuoi mettere con Babi?"

"Pollo!..." ,-,.».,,

m

"Che c'è?"

"Hai saputo che ieri hanno ammazzato uno vicino a casa

tua?"

, "Ma che stai dicendo? Non ne so niente. Com'è successo?"

i "Gli hanno tagliato la gola." Step mette al volo il braccio

intorno al collo di Pollo e glielo stringe.

"Era un tassista e faceva troppe domande."

Pollo tenta di liberarsi dalla stretta. È inutile. Allora la but-

ta sullo scherzo e rifa la voce gracchiante della radio.

"Pollo 40, messaggio ricevuto. Csss. Pollo 40, messaggio ri-

cevuto." Ma non gli viene bene come prima. Ora la voce è un

po' troppo strozzata.

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-3.- **

Che faccia da schiaffi quel ragazzo. Raffaella apre quello

strano tubo. Un poster. Riconosce Stefano su una moto con la

ruota alzata. Ma quella dietro è sua figlia. È Babi. Chi ha fat-

to quella foto? È un po' sgranata. Sembra la foto di un gior-

nale. Sulla sinistra in alto c'è una scritta fatta a mano con un

pennarello: "Mitica coppia!". Sicuramente è di quel ragazzo.

Invece in basso a destra c'è una scritta stampata: "La foto dei

fuggitivi". Che vuoi dire?

"Signora, c'è suo marito al telefono."

"Pronto, Claudio?"

"Raffaella!" Sembra sconvolto. "Hai visto 11 Messaggero'

di oggi? Nella Cronaca di Roma c'è la foto di Babi..."

"No non l'ho visto. Vado subito a prenderlo."

"Pronto? Raffaella?" Sua moglie ha già attaccato. Claudio

guarda la cornetta muta. Sua moglie non gli da mai il tempo

di finire di parlare. Raffaella scende di corsa dal giornalaio sot-

to casa. Prende "II Messaggero" e paga. Lo apre senza neppu-

re aspettare il resto. Questo vuoi dire che è veramente scon-

volta. Va alla Cronaca. Eccola lì. La stessa foto. Legge il titolo

in grande: "I pirati della strada". Sua figlia. La retata, la mu-

nicipale, l'inseguimento. Il fermo di polizia. Cosa c'entra Babi

con tutta questa storia? Le righe cominciano a ballarle davan-

ti agli occhi. Si sente svenire. Poi respira profondamente. Pia-

no piano si sente meglio. Tanto da prendere anche il resto. Il

giornalaio vedendola così pallida in volto si preoccupa.

"Signora Gervasi, si sente male? Una brutta notizia?"

Raffaella si gira scuotendo la testa.

"No, no, niente." Esce dal giornalaio. Del resto cosa avreb-

be potuto dirgli? Cosa avrebbe detto ora alle amiche? Agli in-

quilini? Agli Accado? Al mondo?

"Non è niente, non vi preoccupate. È solo che mia figlia è

una dei pirati della strada."

183

Sarebbe stata dura aspettare fino all'uscita di scuola.

La voce nell'interfono è calda e sensuale, proprio come il

corpo al quale appartiene.

"Dottor Mancini, c'è suo padre sulla uno." J

"Grazie signorina." Paolo spinge il tasto.

"Pronto, papa?"

"Hai visto 'II Messaggero'?"

"Sì, ho la foto qui davanti."

"Hai letto l'articolo?"

"Sì."

"Che ne pensi?"

"Be', non c'è molto da pensare. Pepso che,|jrima Q.poi fi-

nirà male." ,,

"Sì, lo penso anch'io." v> e; ^ A>Ì, «-.'»"

"Che si può fare?" ,- f <;« ISJ

"Non c'è granché da fare, mi sembra." t ^- -J,

"Quando torni a casa ci parlerai, per favore?"

"Sì, ci parlerò. Per quello che può servire. Ma se ti fa feli-

ce, ti prometto che lo farò."

"Grazie Paolo." Il padre attacca il telefono. Felice. Cosa può

farmi felice? Certo non un articolo come quello su mio figlio.

Prende il giornale tra le mani. Guarda la foto. Dio com'è bel-

lo, somiglia tutto a lei. E un debole sorriso appare sul suo vi-

so stanco, incapace di cancellare quell'antica sofferenza. Per

un attimo è sincero con se stesso.

"Sì. Io so cosa mi potrebbe rendere di nuovo felice."

La segretaria di Paolo entra nella stanza con alcuni fogli:

"Dottore, questi sono da firmare". Li posa sulla sua scrivania

e rimane lì in attesa. Paolo prende la penna d'oro dal taschino

della giacca. Gliel'ha regalata Manuela, la sua fidanzata. Ma in

quel rnomento piano piano avverte il profumo della segreta-

ria. È provocante. Tutto in lei sembra provocante. Paolo scri-

ve il proprio nome per esteso alla fine di ogni foglio. Ha in ma-

no la penna di Manuela ma pensa alla sua segretaria. Al suo

profumo, ai fianchi innocenti che strusciano delicati la sua

schiena. O forse no? Forse non sono poi così innocenti... L'i-

dea di quella vicinanza voluta inizia a eccitarlo.

"Dottore, ma questo qui sul giornale non è suo fratello?"

Paolo firma l'ultimo foglio.

"Sì, è lui." ,,

La segretaria guarda ancora per un attimo la foto.

"E quella dietro è la sua ragazza?" T (T »<-,!_ ^

184

"Non lo so. Forse sì." * '

"Suo fratello è molto meglio di persona." Paolo guarda la

segretaria uscire. La sua andatura e quello che ha detto non

lasciano dubbi. È una donna, e come tale, pensa, è scaltra.

L'ha fatto apposta a strusciarsi contro di lui, ne è sicuro. Al-

meno come è sicuro che con lo stratagemma che lui ha tro-

vato il signor Forte risparmierà parecchie migliaia di euro.

Guarda il giornale. Per un attimo immagina di essere lui sul-

la moto mentre fa una pinna con la sua segretaria dietro. Lei

che si stringe a lui, le sue gambe contro le sue, le sue braccia

intorno alla vita. Sarebbe stato bello. Chiude "II Messagge-

ro". Paolo ha il terrore delle moto. Sarebbe mai uscita una

sua foto sul giornale? Sicuramente non l'avrebbero immor-

talato mentre fa una pinna. Al massimo qualcosa che ha a

che fare con la finanza. A un certo punto ha un brutto pre-

sentimento. Vede una sua foto con il titolo: "Arrestato il com-

mercialista del noto finanziere". Riprende la pratica del si-

gnor Forte. Forse è meglio ricontrollare che sia veramente

tutto a posto.

All'uscita di scuola Pallina scende i gradini saltellando vi-

cino a Babi.

"Che forza! Che figuraccia hai fatto fare alla Giacci."

"Mi dispiace..."

"Ti dispiace? Ben gli sta a quella vecchia schifosa... Sul se-

rio credi che si sia sbagliata a mettere lì il mio compito? Quel-

la l'ha fatto apposta. Ce l'ha con me perché io sono sempre al-

legra, ho sempre voglia di scherzare, mentre lei... Mamma che

mortorio."

"Lo so, ma mi dispiace lo stesso. E poi hai visto come mi

guarda? Ora mi odia, farà di tutto per farmi andare male."

Pallina le da una pacca sulla spalla.

"Figurati, non può farti niente. Brava come sei, anche se

ce la mette tutta, arrivi agli esami che è una passeggiata. Aves-

si io la tua media, sai il casino che farei..." Pallina tira fuori

dalla borsa un pacchetto di Carnei. Ne prende una e se la met-

te in bocca. Guarda dentro il pacchetto. Ne mancano altre tre

prima di quella capovolta, quella del desiderio.

"Ehi, ma non avevi detto che smettevi di fumare?"

"Sì, l'ho detto. Smetto lunedì."

"Ma non era lunedì scorso?"

"Infatti. Lunedì ho smesso, ma ho ricominciato ieri."

Babi scuote la testa. Poi vede la macchina di sua madre po-

steggiata dall'altra parte della strada.

185

"Che fai Pallina, vieni con noi?"

"No, aspetto Pollo, ha detto che veniva a prendermi. Forse

viene con Step. Perché non rimani anche tu? Dai, di' a tua ma-

dre che vieni a mangiare a casa mia."

Babi non ha più pensato a Step da quella mattina. Sono suc-

cesse troppe cose. Come si sono salutati la sera prima? Incoe-

rente. Così le ha detto. Roba da pazzi. Lei non è incoerente.

"Grazie Pallina. Vado a casa, e poi te l'ho già detto, non ci

tengo a vedere Step; e non insistere con questa storia, se no va

a finire che litighiamo."

"Come vuoi. Allora alle cinque al Parnaso..." Babi prova a

replicare, ma Pallina è più veloce di lei: "Sì, con la mia Vespa".

Babi le sorride e si allontana. Perché se la tira tanto?, pensa

Pallina. Affari suoi. Forse è una tecnica. Be', comunque trop-

po simpatica. Poi una che mette a posto la Giacci in quel mo-

do. È ora di diffondere la notizia. Pallina si avvicina a un grup-

petto di ragazze più piccole. Sono del secondo.

"Avete saputo la figura di merda della Giacci?"

"No, che è successo?"

"Stava per rimandare Silvia Festa, una della mia classe. In-

vece si era sbagliata e le aveva messo il voto di un'altra."

» "Giura?"

"Sì, per fortuna Babi se n'è accorta."

, "Ma chi, la Gervasi?"

"Proprio lei."

Una ragazza con "II Messaggero" tra le mani le si avvicina.

"Senti Pallina, ma questa qui non è Babi?"

Pallina le strappa il giornale dalle mani. Legge l'articolo di

corsa. Guarda Babi. Ormai è quasi arrivata alla macchina del-

la madre. Prova a chiamarla. Urla forte, ma il rumore del traf-

fico copre la sua voce. Troppo tardi.

Babi alza il sedile per andare dietro in macchina.

"Ciao mamma." Si sporge in avanti per baciarla. Uno

schiaffo la colpisce in pieno viso. "Ahi!" Babi cade seduta sui

sedili posteriori. Si massaggia la guancia indolenzita, senza

capire.

Anche Daniela entra in macchina.

"Ehi, avete visto che forza! Babi, stai sul giornale..."

Si guarda intorno. Quel silenzio. La faccia di Raffaella. La

mano di Babi che si massaggia la guancia indolenzita. Capi-

sce al volo.

"Come non detto." Mentre aspettano Giovanna, la solita ri-

tardataria, Raffaella urla come una pazza. Babi cerca di spie-

gare tutta la storia. Daniela testimonia a suo favore. Raffaella

186

si innervosisce ancora di più. Pallina diventa l'imputata prin-

cipale. Ma non è perseguibile, perché oltre i confini.

Finalmente arriva Giovanna, e con il solito "Scusate" sale

dietro. La macchina parte. Fanno tutto il viaggio in silenzio.

Giovanna pensa che è una situazione troppo pesante. Non pos-

sono essere sempre così nervose.

"Be', scusate, ma oggi mica sono arrivata molto tardi, no?"

Daniela scoppia a ridere. Babi si controlla per un po', poi an-

che lei si lascia andare. Perfino Raffaella alla fine ride.

Giovanna naturalmente non capisce nulla, anzi si offende.

Pensa che non solo sono esagerate, ma anche delle cafone a

prenderla in giro così. Lo dirà a sua madre. Da domani, deci-

de Giovanna, o mi viene a prendere lei o torno in autobus.

Almeno tutta quella storia è servita a qualcosa: non do-

vranno più aspettare Giovanna.

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30.

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La vecchia borsa di pelle nera stretta forte sotto il braccio.

Una giacca di panno color senape. I capelli stanchi, come la

sua andatura, sono corti e raccolti, leggermente mesciati. Le

calze velate marroni le regalano ancora qualche anno in più,

se mai ce ne fosse stato bisogno. E quei vecchi mocassini col

tacco a mezza altezza e la punta scheggiata le fanno male. Ma

non è niente in confronto a quello che prova dentro.

Il suo cuore deve avere delle scarpe almeno di due misure

più piccole. La Giacci apre il portone a vetro del vecchio pa-

lazzo. Cigola senza sorprenderla. Si ferma davanti all'ascenso-

re. Spinge il bottone. La Giacci guarda le cassette della posta.

Alcune sono senza nome. Una poi non ha neanche il vetro, pen-

zola in giù disordinata proprio come la casa di Nicolodi, il pro-

prietario. Sono le cose che diventano simili agli uomini che le

posseggono, o sono loro che finiscono per assomigliare ad es-

se? La Giacci non sa darsi una risposta. Entra nell'ascensore.

Alcune scritte incise sul legno. Si legge il nome di un amo-

re passato. Più in alto il simbolo di un partito perfettamente

scolpito da un illuso scultore. Sotto, a destra, un organo ma-

schile risulta leggermente imperfetto, almeno ai suoi ricordi

sbiaditi. Secondo piano. Tira fuori dalla borsa un mazzo di

chiavi. Infila quella più lunga nella serratura di mezzo. Sente

un rumore dietro la porta. È lui, il suo unico amore. La ra-

gione della sua vita.

"Pepite!" Un piccolo cane le corre incontro abbaiando. La

Giacci si china. "Come stai tesoro?" Il cane le salta scodinzo-

lando tra le braccia. Comincia a farle le feste. "Pepito, non sai

cosa hanno fatto oggi alla tua mamma." La Giacci chiude la

porta, posa la borsa di pelle su una fredda mensola di marmo

bianco e si leva la giacca.

"Una sciocca ragazza ha osato riprendermi, e davanti a tut-

te, capisci... Avresti dovuto sentire il suo tono." La Giacci va in

188

cucina. Il cane la segue trotterellando. Sembra sinceramente

interessato.

"Lei, per un misero sbaglio, mi ha rovinato, capisci? Mi ha

umiliato davanti alla classe." Apre un vecchio rubinetto dal tu-

bo di gomma ingiallito dal tempo. L'acqua schizza irregolare su

una grata di gomma bianca, dai contorni imprecisi. È stata ta-

gliata a mano per farla entrare dentro al lavandino.

"Lei ha tutto. Ha una bella casa, qualcuno che le sta pre-

parando da mangiare. Lei non si deve preoccupare di niente.

Ora non sta neanche pensando a quello che ha fatto. Già, che

gliene importa a lei?" Da un armadietto pieno di bicchieri di-

versi fra loro, la Giacci ne prende uno a caso e lo riempie d'ac-

qua. Perfino il vetro sembra avvertire il tempo che passa. Be-

ve e torna nel salottino. Il cane la segue ubbidiente.

"Dovevi vedere poi le altre ragazze. Erano felici. Ridevano

alle mie spalle contente di vedermi sbagliare..." La Giacci tira

fuori dal cassetto alcuni compiti e si siede a un tavolo. Co-

mincia a correggerli. "Lei non doveva farlo" e sottolinea in ros-

so più volte l'errore di una povera innocente. "Non doveva ren-

dermi ridicola davanti a tutte." Il cane salta su una vecchia pol-

trona di velluto bordeaux e si accuccia sul morbido cuscino or-

mai abituato al suo piccolo corpo.

"Capisci, come faccio a tornare in quella classe? Ogni vol-

ta che metterò un voto, magari qualcuno dirà: 'È sicura di aver-

lo messo a me, professoressa?'. E rideranno, sono sicura che

rideranno..." Il cane chiude gli occhi. La Giacci mette quattro

al compito che sta correggendo. La povera innocente forse

avrebbe meritato qualcosa di più. La Giacci continua a parla-

re da sola. Pepite si addormenta. Un altro compito viene sa-

crificato. In giorni più sereni avrebbe potuto tranquillamente

raggiungere la sufficienza.

Domani non sarà una bella giornata per la classe. Intanto

in quella stanza una donna su un tavolo coperto da una vec-

chia cerata si è data praticamente da sola una risposta. Sono

le persone a rendere simili a loro ciò che posseggono. E per un

attimo in quella casa tutto sembra più grigio e più vecchio. E

perfino una bella Madonna appesa al muro sembra diventare

cattiva.

189

31.

Parnaso. Belle ragazze dagli occhi perfettamente truccati,

dalle ciglia lunghe e rossetti delicati, sono sedute ai tavolini

tondi e chiacchierano crogiolandosi al tiepido sole di quel po-

meriggio primaverile.

"Mannaggia, mi sono macchiata!" Qualche ragazza al ta-

volo ride, un'altra più pessimista controlla che anche la sua ca-

micetta non abbia fatto la stessa fine. La ragazza dalla cami-

cetta macchiata intinge la punta di un tovagliolino di carta nel

bicchiere pieno d'acqua. Strofina con forza la macchia di cioc-

colato allargandola. La camicetta color panna in quel punto

diventa beige. La ragazza si dispera.

"Oh! Questi bicchieri d'acqua portano una sfiga. Sembra

che i camerieri te li diano apposta, tanto già lo sanno che ti

macchi. Scusi!"

Ferma al volo un cameriere.

"Mi può portare il Viavà per favore?" La ragazza prende

con tutte e due le mani la camicetta mostrandogli la macchia

bagnata. Il cameriere non si ferma in superficie. Fa un'ana-

lisi ben più profonda. La camicetta, trasparente in quel pun-

to bagnato, poggia sul reggisene mostrandone il pizzo.

Il cameriere sorride. "Glielo porto subito, signorina." Pro-

fessionale e bugiardo, vorrebbe darle qualcos'altro, pur sa-

pendo, frustrato, che quel bottone sbottonato in più non è

certo dedicato a lui. Nessuna ragazza del Parnaso si fidanze-

rebbe mai con un cameriere.

Pallina, Silvia Festa e qualche altra ragazza della Falconieri

sono poggiate a una catenella che si stende sofferente sotto il

loro peso da un basso pilastro di marmo a un suo gemello.

"Eccola." Babi ha le guance arrossate. Le saluta con un sor-

riso divertito, leggermente affaticato dalla camminata. Pallina

le corre incontro. "Ciao." Si baciano, affettuose e sincere. A dif-

ferenza della maggior parte dei baci ai tavoli del Parnaso. "Che

stanchezza. Non pensavo fosse così lontano!"

190

"Sei venuta a piedi?" Silvia Festa la guarda sconvolta.

"Sì, non avendo la Vespa." Babi guarda allusiva Pallina. "E

poi avevo voglia di fare due passi. Ma ho un po' esagerato, so-

no distrutta. Non è che mi tocca tornare nella stessa maniera,

vero?"

"No, tieni." Pallina le da un portachiavi. "La mia Vespa è lì

a tua disposizione." Babi guarda la grossa p di gomma azzur-

ra fra le sue mani.

"E si hanno notizie invece di che fine ha fatto la mia?"

"Pollo ha detto che nessuno ne sa niente. Deve averla pre-

sa la polizia. Ha detto che dopo un po' ti avvisano."

"Pensa se parlano con i miei." Babi guarda il gruppo di ra-

gazzi. Riconosce Pollo e qualche altro amico di Step. Un tipo con

una benda sull'occhio le sorride. Babi guarda altrove.

Alcune moto si fermano lì vicino. Babi si volta speranzosa

verso i nuovi arrivati. Il cuore le batte forte. Inutilmente. Ano-

nimi ragazzi, almeno ai suoi occhi, vanno verso i tavolini sa-

lutando.

"Chi cerchi?" Il tono e la faccia di Pallina non lasciano dub-

bi. Pallina sa.

"Nessuno, perché?" Babi si mette le chiavi in tasca senza

guardarla. È sicura che i suoi occhi sinceri la tradirebbero.

Pallina insiste: "No, niente, mi sembrava cercassi qualcu-

no...".

"Be', ciao ragazze." Un saluto affrettato. Le sue guance ar-

rossiscono. E non è più solo per la fatica. Pallina l'accompa-

gna alla Vespa.

"Sai come funziona?" Babi sorride, toglie il bloccasterzo e

Faccende.

"Che fate stasera?"

"Ehi, che succede? Ti degni di uscire con noi?"

"Come sei polemica. Ho chiesto solo cosa fate!"

"Mah, non lo so. Se vuoi ti telefono o ti faccio telefonare."

Pallina la guarda allusiva. Dietro quel sorriso, improvvisa-

mente compare lui: Step. I suoi occhi sicuri, quella pelle ab-

bronzata, i capelli corti, e le sue mani segnate da sorrisi spez-

zati, da nasi colpiti, un tempo perfetti. "Sembri il mio pe-

sciolino." La bocca aperta... gli occhi chiusi... "Ah, ma allora

sei incoerente... incoerente... incoerente." Come un'eco. Babi

ha un lampo d'orgoglio.

"No grazie, lascia stare. Ci vediamo domani a scuola. Era

solo una curiosità."

"Come vuoi..." La Vespa la porta via veloce prima che quel-

la debole diga d'orgoglio venga travolta da quel mare perico-

191

loso non ancora in tempesta. Pallina tira fuori dalla tasca il te-

lefonino e sorride.

Babi mette la Vespa di Pallina in garage. Perfetta. Suo pa-

dre non si potrà mai accorgete della differenza. L'attacca an-

cora un po' di più al muro, così non può proprio dire nulla.

Guarda l'orologio. Le sette meno un quarto. Cavoli! Sale di cor-

sa la scala. Apre veloce la porta.

"Dani, è tornata mamma?"

"No, ancora no."

"Meno male." Raffaella l'ha messa in punizione, Babi

non può uscire fino alla prossima settimana, ed è un po'

troppo sgarrare proprio il primo giorno. Daniela la guarda

insofferente.

"Allora, si sa niente della nostra Vespa?"

"Niente. Deve avercela la polizia."

"Cosa? Molto bene! E che ci fanno, gli inseguimenti?"

"Mi hanno detto che prima o poi la polizia ci chiamerà per

restituircela. Dobbiamo solo intercettare la telefonata prima

di mamma e papa..."

"Facile. E se chiamano la mattina?"

"Siamo finite. Per adesso Pallina ci ha lasciato la sua Ve-

spa. L'ho messa in garage, così quando torna papa non si ac-

corge di niente."

"Ah, a proposito, ti ha telefonato Pallina."

"Quando?"

"Poco fa, quando eri fuori. Ha detto di dirti che stasera

escono e vanno alle Vetrine. Che ti aspetta, di non tirartela e

venire che ha scoperto tutto. E poi mi ha detto qualcosa tipo

il nome di un animale. Cagnolino, topolino... Ah, sì, ha detto

salutami pesciolino. Ma chi è pesciolino?"

Babi si gira verso Daniela: si sente colpita, scoperta, tradi-

ta. Pallina sa.

"Niente, è solo uno scherzo."

Sarebbe troppo lungo da spiegare. Troppo umiliante. La

rabbia la rapisce per un attimo, la porta silenziosa in camera

sua. Nel tramonto dipinto sui vetri della sua finestra vede il

tragitto di quella storia. La bocca di Step, il suo sorriso di-

vertito, il racconto a Pollo, la sua risata e poi lo stesso rac-

conto a Pallina e chissà a chi altro ancora. È stata stupida,

avrebbe dovuto dirlo alla sua migliore amica. L'avrebbe capi-

ta, consolata. Sarebbe stata dalla sua parte, come sempre. Poi

guarda il poster sull'armadio. E per un attimo prova dell'odio.

Ma è solo un attimo. Lentamente abbassa le armi. "Mitica cop-

192

pia!" Orgoglio, dignità, rabbia, indignazione. Scivolano giù

come una camicia da notte di seta senza spalline, lungo il suo

corpo liscio e dorato. E lei, finalmente libera, ne esce fuori

semplicemente, con un passo. Nuda d'amore si avvicina a lui,

alla sua immagine.

Per un momento sembrano sorridersi. Abbracciati nel so-

le del tramonto, vicini anche se diversi. Lui di carta plastifica-

ta, lei piena di lucide emozioni, finalmente chiare e sincere.

Lei abbassa timida gli occhi e senza volerlo si ritrova di fron-

te allo specchio. Non si riconosce. I suoi occhi così sorridenti,

quella pelle luminosa... Anche il viso le sembra diverso. Si ti-

ra indietro i capelli. È un'altra. Sorride felice a quella che non

è mai stata. Una ragazza innamorata. Non solo. Una ragazza

indecisa e preoccupata di come vestirsi quella sera.

Più tardi, dopo che i suoi l'hanno sgridata nuovamente

e sono usciti per una delle loro cene, Babi entra in camera

di Daniela.

"Dani, io esco."

"Dove vai?" Daniela compare sulla porta.

"Alle Vetrine." Babi tira fuori dai cassetti alcuni maglioni

e apre l'armadio della sorella. "Senti, dove hai messo la gonna

nera... quella nuova..."

"Non te la presto! Così mi butti pure quella! Non esiste."

"Ma dai, è stato un caso, no?"

"Sì, magari stasera ce n'è un altro. Magari stavolta finisci

nel fango. No, non te la presto. Quella è l'unica che mi sta be-

ne. Non te la posso dare, sul serio."

"Già, però poi quando faccio la camomilla o esco sul gior-

nale, allora ti vanti con le tue amiche e dici a tutte che sei mia

sorella. Mica glielo dici che non mi presti la gonna!"

"Che c'entra?" <

"C'entra, c'entra, mi devi solo chiedere un favore..."

"Va bene, allora prendila." -!

"No, adesso non la voglio più..." *

"No, adesso te la prendi..."

"No, non me la prendo..."

"Ah, no? Allora se non ti metti la mia gonna quando esci io

telefono subito a mamma e l'avviso."

Babi si gira arrabbiata verso la sorella. "Cosa fai tu?"

"Quello che hai sentito."

"Vedrai che guance rosse che ti vengono..."

Daniela fa una faccia buffa e alla fine scoppiano tutte e due

aridere. - ~ -.,>« «.^ ,-».-«.' - ^... ..", .....-»

193

"Tieni." Daniela posa la gonna nera sul letto. "È tutta tua.

Tuffatici pure dentro il letame, se ti diverte."

Babi prende la gonna con tutte e due le mani e se la pog-

gia sulla pancia. Comincia a immaginare cosa potrebbe met-

terci sopra. Suona il telefono. Daniela va a rispondere.

In camera sua Babi alza la radio. La musica inonda la ca-

sa. Daniela abbandona la cornetta. "Andrea, aspetta un atti-

mo." Chiude la porta del corridoio, poi riprende tranquilla a

parlare. Babi tira fuori di tutto. L'armadio aperto, i cassetti per

terra. La roba appoggiata sul letto. Indecisione. Va in camera

di sua madre. Apre il grande armadio. Comincia a frugare. Ogni

tanto si ricorda qualcosa. Può essere giusto da abbinare con la

gonna nera? Apre i cassetti. Sta bene attenta a dove mette le

mani. Le cose devono tornare al loro posto. Le madri si ac-

corgono sempre di tutto, o quasi. Anche a Raffaella la Vespa

di Pallina era passata inosservata. Le madri si accorgono di

tutto ma non capiscono niente di motorini o di Sony.

Non mandare mai una madre a comprarti quel tipo di jeans

che hai visto addosso alla tua amica. Ti porterà sempre quelli

che indossa la sfigata della classe.

Sorride. Un golf di angora azzurro? Troppo caldo. La ca-

micetta di seta? Troppo elegante. La giacca nera con il body

sotto? Troppo lugubre. Il body, però, non è male. Body sotto

camicia? Si può provare. Richiude i cassetti. Fa per tornare in

camera sua. Ha lasciato un golf rosso sul letto. Sarebbe stata

scoperta. Lo rimette a posto. Se ne sarebbe accorta? L'entu-

siasmo vince sulla paura.

"Ma chi se ne frega!" La punizione scompare disintegran-

dosi nello specchio. Babi si fissa perplessa. Body sotto cami-

cia, no. La gonna di Dani non c'entra niente. Meglio così. Po-

veraccia, d'altronde è sul serio l'unica cosa che le sta bene. De-

cide che l'avrebbe portata a correre. Domani. Ma adesso? Ades-

so che mi metto? Torna in camera sua. Che mi metto? È un at-

timo. Apre di corsa l'ultimo cassetto. La salopette di jeans! La

tira fuori. Scolorita, corta e spiegazzata, proprio come la odia

la madre. Proprio come l'avrebbe amata lui. Si cambia velo-

cemente. Si infila la camicia di jeans chiara, la spinge giù den-

tro i pantaloni, poi tira su le bretelle. Si butta sul letto, prende

i calzettoni corti e se li mette, poi li copre con le Ali Star, alte

fino alla caviglia, blu scure, proprio come la fascia elastica che

trova in bagno. Si pettina raccogliendo indietro i capelli. Due

orecchini colorati a forma di pesce dei Mari del Sud. La mu-

sica impazza a tutto volume. Una linea nera le allunga gli oc-

chi. La matita grigia li rende sfumati, tentando di farli ancora

194

più belli. I denti bianchi sanno di menta. Un delicato lucido le

copre le morbide labbra rendendole ancora più desiderabili.

Le guance, colorate di rosso naturalmente, si sfumano da so-

le a perfezione.

Daniela è ancora al telefono. La musica improvvisamente

si spegne. La porta del corridoio si apre lentamente. Daniela

smette di parlare al telefono.

"Ammazza quanto sei bella!"

Babi si infila il giubbotto scuro di jeans Levi's.

"Sul serio sto bene?"

"Sei fichissima!!!"

"Grazie Dani... sai che c'è... la tua gonna era un po' troppo

seriosa."

Le da un bacio. Poi scappa via veloce. Tira fuori la Vespa

di Pallina dal garage. L'accende, mette la prima. Via giù lungo

la discesa, scivola via così nel fresco della notte. Il suo Caron-

ne francese si mischia al profumo dei gelsomini italiani in un

delicato gemellaggio. Saluta Fiore, il portiere. Poi guida in mez-

zo al traffico. Sorride. Cosa ne penserà Step? Gli piacerà? Co-

sa dirà della salopette? E del trucco? E la camicia? Si accor-

gerà che è del colore degli occhi? Il suo piccolo cuore comin-

cia a battere veloce. Inutilmente preoccupato. Non sa che pre-

sto avrà tutte le risposte.

195

Le Vetrine. Davanti alla porta un tipo grosso con un pic-

colo orecchino a sinistra e il naso schiacciato fa aspettare un

gruppo di persone. Babi si mette in fila. Vicino a lei due ra-

gazze troppo truccate con delle specie di soprabiti leggeri di

panno e i loro accompagnatori, due tipi dalle finte giacche di

cammello. All'occhiello uno dei due ha una spilla dorata a for-

ma di sax, improbabile almeno quanto l'idea che lui sappia

suonarlo. L'altro viene tradito dalle scarpe mocassino leggero

con piccola frangia in pelle. Quella Marlboro in bocca non li

avrebbe salvati. Non sarebbero entrati.

Il buttafuori vede Babi. "Tu." Babi sorpassa le ragazze dai

capelli cotonati, una coppia troppo perbene e due sfigati ve-

nuti da lontano. Qualcuno si lamenta, ma lo fa sottovoce. Ba-

bi sorride al buttafuori ed entra. Lui torna a guardare torvo il

suo piccolo gregge, la faccia decisa, le ciglia aggrottate, pron-

te a spegnere qualsiasi ribellione. Ma non ce n'è bisogno. Tut-

ti continuano ad aspettare in silenzio, guardandosi tra loro,

con quel mezzo sorriso che vale però una frase intera: "Noi non

contiamo un cazzo".

Due enormi woofer rimbombano in alto lanciando dei bas-

si da urlo. Al bancone ragazze e ragazzi gridano tentando di

parlarsi e ridendo. Babi si appoggia al vetro. Guarda sotto la

grande pista. Tutti ballano come pazzi. Sui bordi anche la gen-

te più calma viene trasportata dall'house. Le Vetrine le piac-

ciono un sacco: entri e guardi da quel vetro la gente che balla

sotto di te, poi se vuoi, scendi giù anche tu, buttandoti nella

mischia, osservata dagli altri, piccolo spettacolo colorato. Al-

cune ragazze agitano le braccia, un'altra saltella divertita scher-

zando con una sua amica. Con i loro piccoli top elasticizzati

bianchi e neri, con i loro calzoni stretti in vita e un po' corti. E

ombelichi scoperti e jeans colorati, leggermente slargati sul

fondo, avvolti da un lungo fazzoletto in vita. La solitària sul

196

cubo, la convinta a occhi chiusi, il perbenino che tenta di ri-

morchiare. Un boro emulo di John Travolta con un cerchietto

in testa e una camicia larga. Una coppia tenta di dirsi qualco-

sa. Forse lui le sta proponendo un ballo più sensuale da fare a

casa, da soli, con una musica più dolce. Lei ride. Forse accet-

terà. Niente, nessuna traccia di Pallina, di Pollo, degli altri ami-

ci e soprattutto di lui, di Step. Che non siano venuti? Impossi-

bile. Pallina l'avrebbe avvisata. Poi Babi avverte qualcosa. Una

strana sensazione. Sta guardando nella direzione sbagliata. E

come guidata da una mano divina, dalla dolce spinta del de-

stino, si gira. Eccoli. Sono lì, nella stessa sala, seduti in un an-

golo in fondo alle Vetrine, proprio contro l'ultimo vetro. C'è

tutto il gruppo: Pollo, Pallina, quello con la benda, altri ragaz-

zi dai capelli corti e grossi bicipiti, accompagnati da ragazze

più piccole e carine. C'è Maddalena, con la sua amica dalla fac-

cia tonda. E poi c'è lui. Step sta bevendo una birra e ogni tan-

to guarda giù. Sembra cercare qualcosa o qualcuno. Babi sen-

te un tuffo al cuore. Che cerchi lei? Pallina forse gli ha detto

che sarebbe venuta. Torna a guardare giù. La pista sembra sfuo-

cata dietro il vetro. No, Pallina non può averglielo detto. Len-

tamente torna a guardarlo. Sorride fra sé. Che strano. È così

forte, con quell'aria da duro, i capelli corti sfumati dietro, il

giubbotto chiuso e quel modo di stare seduto, da padrone, tran-

quillo. Eppure qualcosa in lui è dolce e buono. Forse il suo

sguardo. Step si gira verso di lei. Babi si volta spaventata. Non

vuole farsi vedere, si mischia fra la gente e si allontana dal ve-

tro. Va in fondo al locale e paga un tipo che le consegna un bi-

glietto giallo e la lascia passare. Scende veloce le scale. Di sot-

to la musica è molto più forte. Al bancone Babi chiede un Bel-

lini. Le piace la pesca. Step si è alzato. È appoggiato al vetro

con tutte e due le mani. Muove su e giù la testa segnando il

tempo. Babi sorride. Da lì non può vederla. Arriva il Bellini e

in un attimo sparisce.

Babi, senza farsi vedere, gira da dietro intorno alla pista,

si porta proprio sotto a loro. Si sente stranamente euforica. Il

Bellini sta facendo effetto. La musica la prende. Si lascia por-

tare. Chiude gli occhi e piano piano, ballando, attraversa la pi-

sta. Muove la testa seguendo il ritmo. Felice e un po' ubriaca,

in mezzo a gente sconosciuta. I suoi capelli volano. Sale su un

bordo più alto della pista. Chiude le mani e comincia a balla-

re ondeggiando con le spalle, con la bocca chiusa e sognante

apre gli occhi guardando su. Attraverso il vetro i loro sguardi

si incontrano. Step è lì che la fìssa. Per un attimo non la rico-

nosce. Anche Pallina la vede. Step si gira verso Pallina e le chie-

197

P si «li "' guardo e te,T s"drc|ar.

'-«uno. Poi£0ntana veJ0ce spn tórna a ballare

blc^iere v^oto £°S Conie ^ sS» ^ Suj divano^Te'.esc°n°

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33.

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sorride. Fa

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^^«^t^^S^

'^«^^^tolSKife'-

!rug-

199

de qualcosa. Da sotto, Babi non può sentire, ma intuisce fa-

cilmente la domanda. Pallina annuisce. Step torna a guardare

giù. Babi gli sorride poi abbassa lo sguardo e torna a ballare,

rapita dalla musica.

Step si allontana veloce, senza preoccuparsi di nulla e di

nessuno. Pollo scuote la testa. Pallina salta addosso al suo uo-

mo, lo abbraccia con slancio e lo bacia sulla bocca. Il tipo toz-

zo e basso alla scala lascia passare Step senza pagare. Anzi, lo

saluta con rispetto. Step si ferma. Babi è lì, di fronte a lui. Un

boro dai capelli lunghi a caschetto le balla intorno interessato

all'acquisto. Vedendo Step si allontana com'era venuto, facen-

do il vago. Babi continua a ballare guardandolo negli occhi e

in quell'attimo lui si perde in quell'azzurro. Muti e sorridenti

ballano vicini. Respirando dei loro sguardi, dei loro occhi, dei

loro cuori. Babi si muove ondeggiando. Step le si fa più vici-

no. Ne può sentire il profumo. Lei alza le mani, le porta da-

vanti al viso e ci balla dietro, sorridente. Si è arresa. Lui la guar-

da incantato. È bellissima. Degli occhi così ingenui non li ha

visti mai. Quella bocca morbida, dal colore pastello, quella pel-

le vellutata. Tutto in lei sembra essere fragile ma perfetto. I

suoi capelli scendono liberi da sotto la fascia, ballano allegri

saltando da una parte all'altra, facendo il verso al suo sorriso.

Step la prende per mano, la tira a sé. Le accarezza il viso. So-

no vicini. Step si ferma. Trema all'idea. Un piccolo movimen-

to e magari lei, fragile sogno di cristallo, svanirebbe in mille

pezzi. Allora le sorride e la porta via. Rapendola a quella con-

fusione, a tutta quella gente scatenata, a quei tipi che si scuo-

tono frenetici, che sembrano impazzire al loro passaggio. Step

la guida attraverso quel groviglio di braccia agitate proteg-

gendola da spigoli umani, da pericolosi gomiti affilati di rit-

mo, da passi agitati da innocente allegria. Più in alto, dietro il

vetro. Gioia e dolore. Pallina guarda Babi sparire con lui, fi-

nalmente incoerente e sincera. Maddalena guarda Step spari-

re con lei, colpevole solo di non averla amata né di averglielo

mai lasciato credere. E mentre i due, freschi d'amore, escono

in strada, Maddalena si lascia cadere sul divano lì vicino. Di-

sillusa, da sola, così come da sola si è illusa. Rimane con un

bicchiere vuoto fra le mani e qualcosa di più difficile da riem-

pire dentro. Lei, semplice concime di quella pianta che spesso

fiorisce sopra la tomba di un amore appassito. Quella rara pian-

ta il cui nome è felicità.

<-*t «.'i 4

r

n .

*-fi.

Belli e fatti di jeans, meglio di una pubblicità dal vivo. So-

pra la moto blu scura come la notte, si confondono nella città,

ridendo. Parlando di tutto e di niente, sorridendosi negli spec-

chietti volutamente piegati all'interno. Lei poggiata sulla sua

spalla, si lascia portare così, sfiorata dal vento e da quella nuo-

va forza, la resa. Via Quattro Fontane. Piazza Santa Maria Mag-

giore. Angolo a destra. Un piccolo pub. Un tipo inglese alla por-

ta riconosce Step. Lo lascia passare. Babi sorride. Con lui si

entra in ogni posto. È il suo lasciapassare. Il lasciapassare per

la felicità. È così felice che non si accorge di ordinare una bir-

ra rossa, lei che odia perfino le chiare, così sognante che divi-

de con lui un piatto di pasta dimenticando l'incubo della die-

ta. Come un fiume in piena si accorge di parlargli di tutto, di

non avere segreti. Le sembra intelligente e forte, bello e dolce.

E lei che non se n'è accorta prima, stupida e cieca, lei che

l'ha offeso, aspra e cattiva. Ma poi si perdona. Ha avuto solo

paura. Giocano a freccette. Lei prende in alto il tiro a segno. Si

gira esultante verso di lui. "È già un bel risultato, no?" Lui le

sorride. Fa segno di sì. Babi lancia divertita un'altra freccetta,

ma i suoi occhi non si accorgono di aver già fatto centro.

Di nuovo rapita. Via Cavour. La Piramide. Testaccio. A tut-

ta velocità, assaporando il vento fresco di quella notte di fine

aprile. Step mette la terza poi la quarta. Il semaforo all'incro-

cio lampeggia giallo. Step l'attraversa. All'improvviso sente uno

stridio di freni. Gomme che bruciano sull'asfalto. Brecciolino.

Una Jaguar Sovereign viene da sinistra a tutta velocità, prova

a inchiodare. Step, colto di sorpresa, frena rimanendo impa-

lato in mezzo all'incrocio. La moto si spegne. Babi lo abbrac-

cia forte. Nei suoi occhi spaventati i potenti fari della macchi-

na che si avvicina.

Il muso della pantera selvaggia si ribella alla violenta fre-

nata. La macchina sbanda. Babi chiude gli occhi. Sente il rug-

199

gito del motore frenante, il perfetto ABS controllare le ruote, le

gomme straziate dai freni. Poi più niente. Apre gli occhi. La

Jaguar è lì, a pochi centimetri dalla moto, immobile. Babi fa

un sospiro di sollievo e libera il giubbotto di Step dalla sua

stretta terrorizzata.

Step, impassibile, guarda il conducente della macchina.

"Dove correrai mai, coglione!" Il tipo, un uomo sui trenta-

cinque anni, con i capelli dal taglio perfetto folti e riccioluti,

abbassa il finestrino elettrico.

"Cos'hai detto, scusa ragazzino?" Step sorride scendendo

dalla moto. Conosce quei tipi. Deve avere la donna vicino e non

ci sta a fare brutta figura. Si avvicina alla macchina. Infatti at-

traverso il vetro vede delle gambe femminili accanto a lui. Del-

le belle mani incrociate su una pochette da sera nera, su un ve-

stito elegante. Cerca di vedere in viso la donna, ma la luce di

un lampione si riflette sul vetro nascondendolo. Ragazzino.

Ora vedrai che ti fa il ragazzino. Step apre la portiera al tipo

con educazione.

"Vieni fuori coglione, così senti meglio." L'uomo sui tren-

tacinque anni fa per scendere. Step lo prende per la giacca e

lo scaraventa direttamente fuori. Lo sbatte sulla Jaguar. Il pu-

gno di Step si alza a mezz'aria pronto a colpire.

"Step, no!" È Babi. La vede in piedi vicino alla moto. Il suo

sguardo dispiaciuto e preoccupato. Le braccia abbandonate lun-

go i fianchi. "Non lo fare!" Step allenta la stretta. Il tipo ne ap-

profitta subito." Libero e vigliacco lo colpisce con un pugno al

viso. Step va indietro con la testa. Ma è un attimo. Sorpreso, si

porta la mano alla bocca. Il labbro sanguina. "Brutto figlio di..."

Step si butta su di lui. Il tipo porta avanti le braccia, abbassa la

testa tentando di coprirsi, spaventato. Step lo prende per i ca-

pelli riccioluti, gli porta la testa verso il basso pronto a dargli

una ginocchiata, quando all'improvviso viene colpito di nuovo.

Stavolta in maniera diversa, più forte, direttamente al cuore.

Un colpo secco. Una semplice parola. Il suo nome.

"Stefano..."

La donna è scesa dalla macchina. La pochette poggiata sul

cofano e lei lì vicino, in piedi. Step la guarda. Guarda la bor-

sa, non la conosce. Chissà chi gliel'ha regalata. Che strano pen-

siero. Lentamente, apre la mano. Il tipo riccioluto e fortuna-

to si ritrova libero. Step rimane a guardarla in silenzio. È bel-

la come sempre. Un debole "Ciao" esce dalle sue labbra. Il ti-

po lo spinge di lato. Step indietreggia lasciandosi andare. Il

tipo sale sulla Jaguar e la mette in moto.

"Andiamo via, forza." - err-.Ii.-iiim ,; ì sdì

200

Step e la donna si fissano per un ultimo istante. Tra quegli

occhi così simili, una strana magia, una lunga storia d'amore

e tristezza, sofferenza e passato. Poi lei risale in macchina, bel-

la ed elegante, così com'è apparsa. Lo lascia lì, sulla strada, con

il labbro sanguinante e il cuore a pezzi. Babi gli si avvicina.

Preoccupata di quell'unica ferita che può vedere, gli sfiora de-

licatamente il labbro con la mano. Step si sposta e sale in si-

lenzio sulla moto. Aspetta che lei gli sia dietro per partire con

rabbia. Scatta in avanti, scala, da gas. La moto schizza sulla

strada, sale di giri. Lungotevere.

Step, senza pensare, comincia a correre. E si lascia dietro

ricordi lontani, accelerando. Centotrenta, centoquaranta.

Sempre più forte. L'aria fredda gli punge il viso, e quella fre-

sca sofferenza sembra dargli sollievo. Centocinquanta, cento-

sessanta. Ancora più forte. Passa sfrecciando tra due macchi-

ne vicine. Quasi le sfiora mentre i suoi occhi socchiusi guar-

dano altrove. Immagini felici di quella donna riempiono la sua

mente confusa. Centosettanta, centottanta, una dolce cunetta

e la moto quasi vola attraverso un incrocio. Un semaforo da

poco rosso. Le macchine a sinistra suonano, frenando appena

partite. Sottomesse a quella moto prepotente, a quel bolide not-

turno debolmente illuminato, pericoloso e veloce come un

proiettile cromato di blu. Centottanta, duecento. Il vento fi-

schia. La strada, sfumata ai bordi, si unisce al centro. Un altro

incrocio. Una luce lontana. Il verde scompare. Il giallo che ar-

riva. Step si attacca al piccolo pulsante a sinistra. Il suo clac-

son si alza nella notte. Come il verso di un animale ferito che

sta andando incontro alla morte, come la sirena di un'ambu-

lanza, lancinante come l'urlo del ferito che porta. Il semaforo

cambia di nuovo. Rosso.

Babi comincia a battergli sulla schiena con i pugni. "Fer-

mati, fermati." All'incrocio, le macchine partono. Un muro di

metallo dai mattoni costosi e colorati si alza suonando davan-

ti a loro. "Fermati!"

Quell'ultimo grido, quel richiamo alla vita. Step sembra im-

provvisamente svegliarsi. La manopola del gas, libera, torna al

volo a zero. Il motore scala sotto il suo piede prepotente. Quar-

ta, terza, seconda. Step stringe forte il freno d'acciaio, piegan-

dolo quasi. La moto trema frenando, mentre i giri scendono

veloci. Le ruote lasciano due tracce dritte e profonde sull'a-

sfalto. Un odore di bruciato avvolge i pistoni fumanti. Le mac-

chine sfilano tranquille a pochi centimetri dalla ruota davan-

ti della moto. Non si sono accorte di nulla. Solo allora Step si

201

ricorda di lei, di Babi. È scesa. La vede lì, poggiata a un muro

al bordo della strada.

Sommessi singhiozzi le escono dal petto, non trattenuti co-

me le piccole lacrime che rigano il pallido viso. Step non sa che

fare. Fermo in piedi, di fronte a lei, con le braccia aperte, ti-

moroso anche di sfiorarla, impaurilo all'idea che quei piccoli

nervosi singhiozzi al suo più semplice tocco possano trasfor-

marsi in un pianto a dirotto. Tenta lo stesso. Ma la reazione è

inaspettata. Babi gli allontana con forza la mano, le sue paro-

le escono quasi urlanti, spezzate dal pianto.

"Perché? Perché sei fatto così? Sei pazzo? Ma ti pare il caso

di mettersi a correre in quel modo?" Step non sa cosa rispon-

derle. Guarda quegli occhi umidi e grandi, bagnati di lacrime.

Come può spiegarle? Come può dirle quello che c'è dietro?

Il suo cuore si stringe in una morsa silenziosa. Babi lo guarda.

I suoi occhi azzurri, sofferenti e interrogativi, cercano in lui

una risposta. Step scuote la testa. Non posso, sembra ripeter-

si dentro di sé. Non posso. Babi tira su con il naso e quasi pren-

dendo forza attacca di nuovo.

"Chi era quella donna? Perché sei cambiato così all'im-

provviso? Step me lo devi dire. Che c'è stato fra voi?"

E quell'ultima frase, quel grande errore, quell'equivoco im-

possibile sembra colpirlo in pieno. In un attimo tutte le sue di-

fese svaniscono. La sua guardia costante e forte, allenata in si-

lenzio giorno dopo giorno, si abbassa improvvisamente. Il suo

cuore si lascia andare, per la prima volta tranquillo. Sorride a

quella ragazza ingenua.

"Vuoi sapere chi è quella donna?"

Babi annuisce.

H "È mia madre."

"jTUl.01 *,',, lì)

t ,i-

Appena due anni prima.

Step, chiuso in camera sua, tenta, passeggiando, di ripete-

re la lezione di chimica. Si appoggia con le mani al tavolo. Sfo-

glia il quaderno con gli appunti. Niente da fare. Quelle formule

non vogliono saperne di entrargli in testa.

Improvvisamente, dall'ultimo piano del palazzo di fronte

Battisti canta alto e forte "Mi ritorni in mente, bella come

sei...". Beato lui, a me non mi torna in niente niente e chimi-

ca la odio. Poi, vedendo che gli vogliono proporre tutto l'ellepì,

si alza e apre il vetro.

"Aho, volete spegnere!?"

Lentamente la musica si abbassa. "Questi deficienti." Step

torna a sedersi e si concentra di nuovo su chimica.

"Stefano..." Step si gira. Sua madre è lì di fronte a lui. In-

dossa una pelliccia marrone dalle sfumature selvagge, chiare

e dorate. Sotto, una gonna bordeaux le scopre le splendide gam-

be velate da calze leggere che, tese e perfette, spariscono in un

paio di eleganti scarpe marrone scuro. "Sto uscendo, ti serve

qualcosa?"

"No grazie, mamma."

"Bene, ci vediamo stasera allora. Se telefona papa digli che

sono dovuta uscire per portare le carte che lui sa al commer-

cialista."

"Va bene."

Sua madre gli si avvicina e gli da un morbido bacio sulla

guancia. Dai boccoli dei suoi lunghi capelli neri esce una ca-

rezza di profumo. Step pensa che se ne sia messo un po' trop-

po. Decide di non dirglielo. Poi guardandola uscire capisce

di aver fatto bene. È perfetta. Sua madre non può sbagliare.

Neanche nel mettersi il profumo. Sottobraccio tiene la bor-

sa che le hanno regalato lui e suo fratello. Paolo ha messo

quasi tutti i soldi, ma è stato lui a sceglierla, in quel negozio

203

in via Cola di Rienzo dove troppe volte ha visto sua madre

fermarsi indecisa.

"Sei un vero intenditore" gli ha sussurrato lei all'orecchio

mettendosela sotto il braccio e, ancheggiando spiritosa, ha fat-

to una specie di sfilata. "Be', come mi sta?"

Tutti hanno risposto divertiti. Ma lei in realtà voleva senti-

re solo il giudizio del "vero intenditore".

"Sei bellissima, mamma."

Step torna in camera sua. Sente la porta della cucina chiu-

dersi. Quand'è che le hanno regalato quella borsa? Era per Na-

tale o per il suo compleanno? Decide che in quel momento è

meglio ricordare le formule di chimica.

Più tardi. Sono quasi le sette. Gli mancano tre pagine per

finire il programma. Poi accade. Battisti riprende a cantare.

Dalla finestra socchiusa dell'ultimo piano del palazzo di fron-

te. Più forte di prima. Insistente. Provocante. Senza rispetto

per niente e per nessuno. Per lui che studia, per lui che non

può andare in palestra. Questo è troppo.

Step prende le chiavi di casa ed esce di corsa sbattendo la

porta alle spalle. Attraversa la strada ed entra nel portone del

palazzo di fronte. L'ascensore è occupato. Sale su per le scale

facendo i gradini due alla volta. Basta, non se ne può più. Non

ha niente contro Battisti, anzi. Ma tenerlo in quel modo. Arri-

va all'ultimo piano. Proprio in quel momento l'ascensore si

apre. Esce un commesso con un pacco incartato in mano. È

più rapido di Step. Controlla il cognome sulla targhetta della

porta e suona. Step riprende fiato accanto a lui. Il commesso

10 guarda incuriosito. Step ricambia lo sguardo sorridendo, poi

fa caso al pacco che tiene in mano. C'è sopra la scritta Anto-

nini. Devono essere le famose tartine. Le prendono anche lo-

ro, ogni domenica. Ce ne sono di tutti i tipi. Con il salmone, il

caviale, ai frutti di mare. Sua madre ne va pazza.

"Chi è?"

"Antonini. Ci sono le tartine che ha ordinato, signore."

Step sorride fra sé. Ha indovinato, magari quello per scu-

sarsi gliene avrebbe offerta una. La porta si apre. Compare un

ragazzo sui trent'anni. Ha una camicia abbottonata per metà

e sotto solamente dei boxer. Il commesso fa per consegnargli

11 pacco, ma quando il ragazzo vede Step si scaraventa contro

la porta cercando di richiuderla. Step non capisce, ma istin-

tivamente si getta in avanti. Mette il piede in mezzo alla por-

ta bloccandola. Il commesso va all'indietro per tenere in equi-

librio il vassoio di cartone. Mentre Step è lì, con la faccia ap-

poggiata contro il freddo legno scuro, attraverso la fessura del-

204

la porta, la vede. È posata su una poltrona accanto alla pel-

liccia. Improvvisamente ricorda. Quella borsa lui e suo fra-

tello gliel'hanno regalata a Natale. E rabbia e disperazione, e

voglia di non essere lì, di non credere ai propri occhi centu-

plicano le sue forze. Spalanca la porta scaraventandolo per

terra. Entra nel salotto come una furia. E i suoi occhi vor-

rebbero essere ciechi piuttosto di vedere quel che vedono. La

porta della camera da letto è aperta. Lì, tra le lenzuola scom-

poste, con una faccia diversa, irriconoscibile a lui che l'ha vi-

sta mille volte, c'è lei. Si sta accendendo una sigaretta con aria

innocente. I loro occhi si incontrano, e in un attimo qualcosa

si rompe, si spegne per sempre. E anche quell'ultimo cordo-

ne ombelicale d'amore viene reciso e tutti e due, guardando-

si, urlano in silenzio, piangendo a dirotto. Poi lui si allontana

mentre lei rimane lì, nel letto, senza parlare, consumandosi

come quella sigaretta che ha appena acceso. Bruciando d'a-

more per lui, di odio per se stessa, per l'altro, per quella si-

tuazione. Step va lentamente verso la porta, si ferma. Vede il

commesso sul pianerottolo, vicino all'ascensore, con le tarti-

ne in mano che lo fissa in silenzio. Poi all'improvviso delle ma-

ni si posano sulle sue spalle. "Senti..." È quel ragazzo. Cosa

dovrebbe sentire. Non prova più nulla. Ride. Il ragazzo non

capisce. Rimane a guardarlo stupito. Poi Step con un pugno

lo colpisce in piena faccia. E proprio in quel momento, le pa-

role di Battisti, innocente colpevole di quella scoperta, echeg-

giano nel pianerottolo o forse vengono solo in mente a Step

"Scusami tanto se puoi, signore chiedo scusa anche a lei". Ma

di cosa devo scusarmi?

Giovanni Ambrosini si porta le mani al viso riempiendole

di sangue. Step lo prende per la camicia e strappandogliela lo

tira fuori da quella casa sporca d'amore illegale.

Lo colpisce più volte alla testa. Il ragazzo tenta di fuggire.

Comincia a scendere le scale. Step gli è subito dietro. Con un

calcio preciso lo spinge con forza, facendolo inciampare. Gio-

vanni Ambrosini rotola giù per le scale. Appena si ferma, Step

gli è sopra. Lo riempie di calci alla schiena, alle gambe, men-

tre lui si aggrappa dolorante alla ringhiera cercando di tirarsi

su, di sfuggirgli. Lo sta massacrando. Step comincia a tirarlo

per i capelli, tentando di fargli mollare la presa, ma mentre le

sue mani si riempiono di ciuffi di capelli, Giovanni Ambrosini

rimane lì, aggrappato a quelle sbarre di ferro, gridando terro-

rizzato. Le porte degli altri appartamenti si aprono. Step pren-

de a calci le sue mani che cominciano a sanguinare. Ma Gio-

vanni Ambrosini niente, rimane lì aggrappato, sapendo che quel-

205

la è la sua unica salvezza. Allora Step lo fa. Carica indietro la

gamba e con tutta la forza gli colpisce la testa da dietro. Un cal-

cio violento e preciso. Il viso di Ambrosini si stampa contro la

ringhiera. Con un rumore sordo. Tutti e due gli zigomi si spac-

cano, lacerandosi. Il sangue zampilla. Le ossa della bocca si

rompono. Un dente cade rimbalzando lontano sul marmo. La

ringhiera comincia a vibrare e quel rumore di ferro si allonta-

na giù per le scale insieme all'ultimo grido di Ambrosini che

sviene. Step scappa via, scendendo di corsa, passando veloce

tra terribili facce di inquilini curiosi, urtando quei corpi flacci-

di che tentano inutilmente di fermarlo. Vaga per la città. Non

torna a casa quella sera. Va a dormire da Pollo. L'amico non gli

fa domande. Per fortuna suo padre è fuori quella notte, così

possono dividere il letto. Pollo sente Step agitarsi nel sonno,

soffrire perfino in un sogno. Ma la mattina dopo Pollo fa finta

di niente, anche se uno dei due cuscini è bagnato di lacrime.

Fanno colazione sorridendo, parlando del più e del meno, di-

videndosi una sigaretta. Poi Step va a scuola e all'interrogazio-

ne di chimica riesce perfino a strappare un sei. Ma da quel gior-

no la sua vita è cambiata. Nessuno ha mai saputo perché, ma

nulla è stato più uguale.

Qualcosa di cattivo si è annidato in lui. Una bestia, un ter-

ribile animale ha fatto la sua tana dietro il suo cuore, pronto a

uscire fuori in ogni momento, a colpire, con rabbia, con catti-

veria, figlio della sofferenza e di un amore distrutto. Da allora

la vita a casa non è stata più possibile. Silenzi e sguardi sfug-

genti. Non più un sorriso, proprio con la persona che più ha

amato. Poi il processo. La condanna. Sua madre che non ha te-

stimoniato a suo favore. Suo padre che l'ha sgridato. Suo fra-

tello che non ha capito. E nessuno che abbia mai saputo nien-

te, tranne loro due. Custodi forzati di quel terribile segreto. Lo

stesso anno i suoi genitori si sono separati. Step è andato a vi-

vere con Paolo. Il primo giorno che entra in quella nuova casa

guarda fuori dalla finestra della sua camera. C'è solo un prato

tranquillo. Comincia a sistemare la sua roba. Prende dalla sac-

ca alcuni maglioni e li appoggia in fondo all'armadio. Poi toc-

ca a una felpa. Mentre la tira fuori gli si apre fra le mani. Per

un attimo gli sembra che sua madre sia lì. Si ricorda di quan-

do gliel'ha prestata, quel giorno che avevano corso insieme lun-

go viali alberati. Quando lui aveva rallentato pur di starle vici-

no. E ora è in quella casa, così lontano da lei, in ogni senso.

Stringe forte la felpa tra le mani e la porta al viso. Sente il suo

profumo, comincia a piangere. Poi, scioccamente, si chiede se

quel giorno avrebbe dovuto dirle che se n'era messo troppo.

206

<ju- '-d . .' 3', I..ÌT ^t ;f* V t*w f\>*

,1 .,' t Ijr x , ,1'

« ' *» -

Di nuovo adesso, di notte.

La moto corre tranquilla sul bagnasciuga. Piccole onde si

infrangono lente. Vanno e vengono, respiro regolare del mare

profondo e scuro che li osserva da lontano. La luna alta nel eie-

Io illumina la lunga Feniglia. La spiaggia si perde lontana tra

le macchie più scure dei monti. Step spegne i fari. Avvolti nel

buio continuano a correre così, su quel morbido tappeto ba-

gnato. Arrivati a metà Feniglia si fermano. Si trovano a cam-

minare vicini, soli, avvolti da quella pace. Babi va sul bagna-

sciuga. Piccole onde orlate d'argento si rompono prima di ba-

gnare le sue Ali Star blu. Un'onda più capricciosa delle altre

prova a prenderla. Babi indietreggia veloce sfuggendole. Fini-

sce contro Step. Le sue braccia forti la accolgono sicure. Lei

non si sottrae. In quella luce notturna appare il suo sorriso. Gli

occhi azzurri pieni d'amore lo fissano divertiti. Lui le si avvi-

cina e lentamente, abbracciandola, la bacia. Labbra morbide

e calde, fresche e salate, accarezzate dal vento del mare. Step

le passa una mano tra i capelli. Glieli porta indietro scopren-

dole il viso. La guancia dipinta d'argento, piccolo specchio di

quella luna lassù, accenna a un sorriso. Un altro bacio. Nuvo-

le lente passeggiano nel ciclo blu notte. Ora Step e Babi sono

distesi sulla sabbia fredda, abbracciati. Le mani sporche di pic-

coli granelli di sabbia si cercano divertite.

Un altro bacio. Poi Babi si tira su alzandosi su tutte e due

le braccia. Lo guarda, lui è sotto di lei. Quegli occhi ora tran-

quilli la fissano. La sua pelle sembra color ebano, liscia e de-

licata. I suoi capelli corti non hanno paura di sporcarsi. Sem-

bra appartenere a quella spiaggia disteso lì, con le braccia al-

largate, padrone della sabbia e di tutto. Step, sorridendo, la

tira a sé, padrone anche di lei, accogliendola in un bacio più

lungo e più forte. L'abbraccia tenendola stretta, respirando-

ne il sapore morbido. E lei si lascia andare rapita da quella

207

r

forza, e in quel momento capisce di non aver mai baciato nes-

suno veramente.

Ora è seduto dietro di lei, la tiene abbracciata ospitandola

fra le sue gambe. Lui, solida spalliera, interrompe ogni tanto i

suoi pensieri con un bacio sul collo.

"A cosa pensi?"

Babi si gira verso di lui guardandolo con la coda degli

occhi.

"Lo sapevo che me l'avresti chiesto." Torna a poggiarsi con

la testa sul suo petto. "Vedi quella casa laggiù sulle rocce?"

Step guarda nella direzione che indica la mano di lei. Pri-

ma di perdersi lontano si sofferma su quel piccolo indice e gli

sembra stupendo anche quello. Sorride, unico padrone dei suoi

pensieri.

"Sì, la vedo."

"È il mio sogno! Quanto mi piacerebbe abitare in quella ca-

sa. Pensa che cosa dev'essere la vista da là. Una vetrata sul ma-

re. Un salotto dove stare abbracciati a guardare il tramonto."

Step la stringe a sé di nuovo. Babi rimane ancora per un

attimo a guardare lontano sognante. Lui le si avvicina pog-

giando la guancia contro la sua. Lei, divertita e capricciosa,

cerca di allontanarlo, sorridendo alla luna, fingendo di voler-

gli sfuggire. Step le prende il viso fra le mani e lei, pallida per-

la, sorride prigioniera di quell'umana conchiglia.

"Vuoi fare un bagno?"

"Scherzi, con questo freddo? E poi non ho il costume."

"Ma dai, non fa freddo e poi che se ne fa di un costume un

pesciolino come te?"

Babi fa una smorfia di rabbia e lo spinge indietro con tut-

te e due le mani.

"A proposito, hai detto a Pollo la storia dell'altra sera, vero?"

^i Step si alza e cerca di abbracciarla.

>< "Che, scherzi?"

"E come mai allora Pallina lo sa? Gliel'ha detto Pollo!"

"Ti giuro che non gli ho detto niente. Forse devo aver par-

lato nel sonno..."

"Parlato nel sonno, figurati... e poi ti ho già detto che non

ci credo ai tuoi giuramenti."

"Veramente ogni tanto parlo nel sonno e poi te ne accor-

gerai tu stessa."

Step va verso la moto guardandosi indietro divertito.

"Me ne accorgerò? Stai scherzando vero?"

"- Babi lo raggiunge un po' preoccupata.

,jl Step ride. La sua frase ha raggiunto il risultato voluto.

208

"Perché, stasera non dormiamo insieme? Tanto mancano

poche ore all'alba."

Babi guarda preoccupata l'orologio.

"Le due e mezzo. Cavoli, se tornano i miei prima di me so-

no finita. Presto, devo tornare a casa."

"Allora non dormi da me?"

"Ma sei pazzo? Forse non hai capito con chi hai a che fare.

E poi, hai mai visto un pesciolino che dorme con qualcuno?"

Step accende la moto, tiene premuto il freno davanti dan-

do gas. La moto ubbidiente in mezzo alle sue gambe gira su se

stessa e si ferma davanti a lei. Babi sale dietro. Step mette la

prima. Dolcemente si allontanano, sempre più veloci, lascian-

do dietro di sé una striscia precisa di larghi pneumatici. Più

lontano tra la sabbia mossa da baci innocenti c'è un piccolo

cuore. L'ha disegnato lei di nascosto, con quell'indice che a lui

è piaciuto tanto. Una perfida onda solitària ne cancella i bor-

di. Ma con un po' d'immaginazione si possono ancora leggere

quella s e quella B. Un cane abbaia lontano alla luna. La moto

continua la sua corsa innamorata sparendo lontano nella not-

te. Un'onda più determinata cancella del tutto quel cuore. Ma

nessuno potrà mai cancellare quel momento nei loro ricordi.

209

36.

*t *%#** "*! *

f*< > " u ^ H' f ?*

t U » ic

Davanti alle Vetrine, ferma in mezzo alla strada deserta, or-

mai c'è solo la sua Vespa. Babi scende dalla moto, toglie il bloc-

co dalla ruota davanti e l'accende. Monta sul sellino e la spin-

ge giù dal cavalietto. Poi sembra quasi ricordarsi di lui.

"Ciao" gli sorride con tenerezza. Step le si avvicina.

"Ti accompagno, ti scorto fino a casa." Arrivati a corso Fran-

cia, Step si avvicina alla Vespa e poggia il piede destro sotto al

fanalino, sulla piccola targa.

Da gas. La Vespa aumenta la velocità. Babi si gira stupita

verso di lui.

"Ho paura."

"Tieni dritto il manubrio..."

Babi torna a guardare avanti tenendosi stretta e decisa alle

manopole. La Vespa di Pallina va più veloce della sua, ma a quei

livelli non sarebbe mai arrivata. Fanno tutto corso Francia e poi

su per la salita di via Jacini, fino alla piazza. Step le da un'ulti-

ma spinta proprio sotto il suo comprensorio. La lascia andare.

Piano piano la Vespa perde velocità. Babi frena e si gira verso di

lui. È fermo, dritto sulla moto, a pochi passi da lei. Step rima-

ne a fissarla per un attimo. Poi le sorride, mette la prima e si al-

lontana. Lei lo segue con lo sguardo fino a quando non spari-

sce dietro la curva. Lo sente accelerare sempre di più, un cam-

bio veloce di marce, le marmitte rombanti che volano via a tut-

ta velocità. Babi aspetta che Fiore insonnolito alzi la sbarra. Poi

va su per la salita del comprensorio. Quando gira dietro la cur-

va, una triste sorpresa. La sua casa è tutta illuminata e sua ma-

dre è lì, affacciata alla finestra della camera da letto.

"Claudio, eccola!"

Babi fa un sorriso disperato. Non serve a niente. Sua madre

chiude la finestra sbattendola. Babi mette la Vespa in garage,

riuscendo a passare a malapena tra il muro e la Mercedes. Men-

tre chiude la saracinesca pensa allo schiaffo di quella mattina.

210

Inconsciamente porta la mano alla guancia. Cerca di ricordar-

si quanto le ha fatto male. Non se ne preoccupa più di tanto.

Presto lo avrebbe saputo. Fa le scale lentamente cercando di ri-

tardare il più possibile il tempo di quella scoperta ormai inevi-

tabile. La porta è aperta. Passa rassegnata sotto quel patibolo.

Condannata alla ghigliottina, poco fiduciosa nella grazia, lei,

moderna Robespierre in salopette, avrebbe perso la testa. Chiu-

de la porta. Uno schiaffo la colpisce in pieno viso.

"Ahi." Sempre dalla stessa parte, pensa, massaggiandosi la

guancia.

"Vai subito a letto e prima consegna le chiavi della Vespa a

tuo padre."

Babi attraversa il corridoio. Claudio è lì, vicino alla porta.

Babi gli da il portachiavi di Pallina.

"Babi?"

Lei si gira preoccupata. "Cosa c'è?"

"Perché c'è questa P?"

La P di gomma del portachiavi di Pallina penzola interro-

gativa dalle mani di Claudio. Babi lo guarda perplessa per un

attimo, poi risvegliata dallo schiaffo, fresca creatrice dell'istante,

improvvisa.

"Ma come papa, non ti ricordi? È il soprannome che mi hai

dato tu? Da piccola mi chiamavi sempre Puffina!"

Claudio rimane indeciso per un attimo, poi sorride.

"Ah, è vero! Puffina. Non me lo ricordavo più." Poi torna

subito serio. "Vai a letto adesso. Ne parliamo domani di tutta

questa storia. Non mi è piaciuta per niente, Babi!"

Le porte della camera da letto si chiudono. Claudio e Raf-

faella, ora tranquillizzati, discutono di quella figlia un tempo

calma e tranquilla, ora ribelle e irriconoscibile. Torna a notte

fonda, partecipa a gare di pinne, finisce con tanto di fotografia

su tutti i giornali. Cos'è successo? Cos'è accaduto alla Puffina

di un tempo?

Nella camera vicina, Babi si spoglia e si infila a letto. La sua

guancia arrossata trova un fresco ristoro sul cuscino. Rimane

così, sognante per un po'. Le sembra di sentire ancora il rumo-

re delle piccole onde e il vento che le accarezza i capelli e poi

quel bacio, forte e tenero allo stesso tempo. Si gira nel letto.

Pensa a lui mentre infila le mani sotto il cuscino sognando di

abbracciarlo. Tra le lisce lenzuola piccoli granelli di sabbia la

fanno sorridere. Nel buio della stanza, lentamente sboccia la

risposta che i suoi genitori stanno tanto cercando. Ecco co-

s'è accaduto alla Puffina di un tempo. Si è innamorata.

211

.. i.

Babi non fa in tempo a salire le scale della |cuola che Pal-

lina le salta addosso.

"Be', com'è andata? Sei scomparsa..."

* "Bene, siamo stati ad Ansedonia."

"Fin laggiù?"

Babi annuisce.

"E l'hai fatto?"

, "Pallina!"

"Be', scusa, siete andati fin laggiù, sarete scesi in spiaggia,

Jio?"

"Sì."

"E non avete fatto niente?"

"Ci siamo baciati."

"Yahooo." Pallina le salta addosso. "Ma dai! Mortacci tua,

ti sei beccata il più fico di tutta la città." Poi si accorge che Ba-

bi è un po' giù. "Che c'è?"

"Niente."

"Dai, non dire bugie, tira fuori il problema. Forza. Confi-

dati con la tua vecchia e saggia amica Pallina. L'avete fatto,

vero?"

"Noooo! Ci siamo solo baciati, ed è stato bellissimo. Però..."

"Però...?"

"Però non so come siamo rimasti."

Pallina la guarda perplessa. "Ma ha provato a..." Spinge il

pugno due volte verso il basso in maniera eloquente.

Babi scuote la testa sbuffando: "No".

"Allora è veramente preoccupante."

"Perché?"

"Gli interessi."

"Dici?"

"Sicuro. Di solito se le fa tutte la prima sera."

"Ah, grazie, sei rincuorante."

"Vuoi la verità, no? Be', scusa, devi essere felice. Non ti

212

preoccupare, se è solo questo il tuo problema, devi aspettare

la seconda sera, vedrai!"

Babi le da una spinta. "Stupida... A proposito Pallina, ti

hanno sequestrato la Vespa..."

"La mia Vespa?" Pallina cambia espressione. "Chi è stato?"

"I miei."

"Quella simpaticona di Raffaella. Un giorno le dovrò fare

un discorsetto. Lo sai che l'altra sera ci ha provato?"

"Mia madre? E con chi?"

"Con me! Mi ha baciato mentre dormivo nel tuo letto cre-

dendo che fossi tu!"

"Giura?"

"Sì!"

"Pensa che mio padre ha preso il tuo portachiavi creden-

do fosse il mio."

"E non si è accorto della p?"

"Sì! Gli ho detto che da piccola lui mi chiamava sempre

Puffina."

"E ci ha creduto?"

"Ormai mi chiama solo così."

"Peccato! È un bel tipo tuo padre, ma è un po' troppo far-

locco."

Entrano in classe così. Una bionda e slanciata, l'altra bru-

na e piccoletta. Bella e preparata la prima, buffa e ignorante

la seconda, ma con una grande cosa in comune: la loro amici-

zia. Più tardi Babi è lì, sognante a fissare la lavagna, senza ve-

dere i numeri scritti sopra, senza sentire le parole della pro-

fessoressa. Pensa a lui, a cosa starà facendo in quel momento.

Si domanda se stia pensando a lei. Cerca di immaginarselo,

sorride intenerita, poi preoccupata, infine vogliosa. Può esse-

re qualunque cosa. A volte è tenero e dolce, poi all'improvviso

selvaggio e violento. Sospira e guarda la lavagna. È molto più

facile risolvere quella di equazione.

Step si è alzato da poco. Si infila sotto la doccia e si lascia

massaggiare da quel getto forte e deciso. Punta le mani contro

il muro bagnato e, mentre l'acqua gli tamburella sulla schie-

na, si mette a spingere in giù alternando le gambe, alzandosi

sui piedi, prima il destro e poi il sinistro. Mentre l'acqua gli sci-

vola lungo il viso ripensa agli occhi azzurri di Babi. Sono gran-

di, puliti e profondi. Sorride e pur avendo gli occhi chiusi la

vede perfettamente. È lì, innocente e serena di fronte a lui, con

quei capelli selvaggi nel vento e quel naso dritto. Vede quello

sguardo deciso, pieno di carattere. Asciugandosi, si ritrova a

213

pensare a tutto quello che si sono detti, a ciò che le ha rac-

contato. Lei, unico dolce orecchio quasi sconosciuto, silenzio-

so ascoltatore della sua antica sofferenza, del suo amore odia-

to, della sua tristezza. Si chiede se è pazzo. Ormai è andata.

Facendo colazione pensa alla famiglia di Babi. Alla sorella. Al

padre dall'aria simpatica. A quella madre dal carattere deciso

e duro, dai tratti simili a Babi, un po' sbiaditi dall'età. Sareb-

be diventata un giorno anche lei così? Le madri a volte non so-

no altro che la proiezione futura della ragazza con la quale ce

la spassiamo oggi. Si ricorda di una madre meglio di una fi-

glia. Finisce il caffè sorridendo. Suonano alla porta. Maria apre.

E Pollo. Gli lancia la solita busta sul tavolo, i suoi tramezzini

al salmone.

"Allora? Mi devi dire che hai combinato. Te la sei fatta o no?

Figurati quella... Con quel caratterino e quando te la da? Mai!

Dove cazzo siete andati poi. Vi ho cercato dappertutto. Oh, non

sai come sta Madda. È avvelenata! Se la becca, la sfonda!"

Step smette di fare la faccia divertita. Maddalena, è vero,

non ci ha pensato. Non ha pensato più a niente quella sera. De-

cide che non ci vuole pensare neanche adesso. In fondo non si

sono mai promessi nulla.

"Tieni." Pollo tira fuori dalla tasca un foglietto bianco ap-

pallottolato e glielo lancia. "Questo è il suo numero di telefono."

Step lo prende al volo. "Me lo sono fatto dare ieri da Pallina,

tanto sapevo che oggi me l'avresti chiesto..."

Step se lo mette in tasca poi va di là. Pollo lo segue.

"Allora Step, cazzo mi dici qualcosa o no? Ci sei andato?"

"Pollo, perché mi fai sempre queste domande? Lo sai che

sono un gentiluomo, no?"

Pollo si butta sul letto piegato dalle risate.

"Un gentiluomo... tu? Oddio, sto male! Che mi tocca sen-

tire. Porca puttana... Un gentiluomo." Step lo guarda scuoten-

do la testa poi, mentre si infila i jeans, anche lui si mette a ri-

dere. Quante volte non è stato un gentiluomo! E per un attimo

gli piacerebbe avere qualcosa di più da raccontare all'amico.

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214

All'uscita della Falconieri nessun ragazzo vende i libri. È

una scuola troppo "su" perché anche l'ultima delle alunne com-

pri un libro usato. Babi scende gli scalini guardandosi intor-

no speranzosa. Gruppi di ragazzi in fondo alla scalinata aspet-

tano nuove prede o vecchie conquiste. Ma nessuno di loro è

quello giusto. Babi fa gli ultimi passi. Il rumore di una moto

veloce le fa alzare lo sguardo. Il suo cuore batte più veloce.

Inutilmente. Un serbatoio rosso passa sfrecciando tra le mac-

chine. Una giovane coppia abbracciata si piega contempora-

neamente a sinistra. Babi li invidia per un attimo. Poi sale in

macchina. Sua madre è lì, ancora arrabbiata per il giorno pri-

ma. "Ciao mamma."

"Ciao" è la secca risposta di Raffaella. Babi non riceve nes-

suno schiaffo quel giorno, non ce n'è ragione. Ma questo qua-

si le dispiace.

Step e Pollo sono attaccati alla rete. Seguono dai bordi del

campo l'allenamento della loro squadra. Vicino Schello, Hook

e qualche altro amico, la passione per la Lazio. Tifo sfrenato

tanto per fare un po' di casino. Step, senza farsi vedere, spo-

sta in giù la manica sinistra del giubbotto, scoprendo l'orolo-

gio. L'una e mezzo. Dev'essere uscita da poco. Se la immagi-

na sulla macchina della madre, in corso Francia, che torna a

casa. Più bella di un gol di Mancini. Pollo lo fissa.

"Che c'è?"

Pollo allarga le braccia. "Niente, perché?"

"Allora che cazzo guardi?"

"Perché, non posso guardare?"

"Sembri frocio... Guarda la partita, no? Ti ho portato fin a

qua e che fai? Ti metti a guardare la mia faccia?"

Step si volta verso il campo. Alcuni giocatori con delle ca-

sacche da allenamento sulle maglie della squadra si passano

215

veloci la palla mentre uno sfigato in mezzo cerca di prender-

gliela. Step si gira di nuovo verso Pollo. Lo sta fissando.

"Ancora! Ma allora non vuoi capire!" Step gli si butta ad-

dosso. Gli prende la testa con tutte e due le mani e ridendo glie-

la sbatte contro la rete. "Devi guardare là." Lo spinge più vol-

te: "Là, là!".

Schello, Hook e tutti gli altri si buttano addosso ai due, tan-

to per fare un po' di casino. Altri tifosi si spingono fra loro con-

tro la rete rumoreggiando. Qualcuno con un giornale arroto-

lato e un fischietto in bocca si finge un celerino prendendo tut-

ti a manganellate. Dopo un po' il gruppo si allarga, i tifosi cor-

rono in tutte le direzioni divertiti. Step sale sulla moto. Pollo

gli salta dietro e schizzano via slittando sul brecciolino. Step

si chiede se Pollo ha capito a cosa stava pensando prima.

"Oh, Step peccato..."

"Di cosa?"

"Ormai è troppo tardi, se no potevamo passare a prender-

le a scuola."

Step non risponde. Sente Pollo sorridere, dietro di lui. Poi

viene colpito da un pugno al fianco.

"E non fare il furbo con me, chiaro?" Step si piega in avanti

indolenzito. Sì, Pollo ha capito, e come se non bastasse ha an-

che dei cazzotti micidiali.

Il pomeriggio passa lento per tutti e due, anche se a loro

insaputa.

Babi prova a studiare. Si ritrova a sfogliare il diario, a cam-

biare la stazione della radio, ad aprire e chiudere il frigo cer-

cando di resistere alla tentazione di sgarrare la dieta. Finisce

davanti alla tivù a guardare uno stupido programma per bam-

bini mangiando un Danone al cioccolato, cosa che dopo la fa

stare ancora più male. Chissà se ha avuto il numero del mio

cellulare. Tanto qui non prende. Speriamo allora che abbia avu-

to anche quello di casa. Nel dubbio va di corsa a rispondere a

ogni squillo del telefono. Ma quasi sempre le tocca segnare sul-

l'agenda il cognome di un'amica di sua madre. Andrea Palombi

telefona a Daniela almeno tre volte. La invidia. Il telefono squil-

la di nuovo. Un tuffo al cuore. Fa di corsa il corridoio, alza la

cornetta, non può che essere Step. Invece è Palombi, la quar-

ta telefonata. Chiama Daniela scongiurandola di non starci

troppo. Ingiustizie del mondo. A Daniela quattro telefonate, a

lei nessuna. Poi si rallegra. Una cosa è certa, con tutte le cor-

se che ha fatto, ha bruciato almeno metà delle calorie.

216

Step mangia a casa con il suo amico. Pollo gli svuota pra-

ticamente mezzo frigorifero. Apprezza molto la cucina di Ma-

ria. Lei è tutta felice di vedere la sua torta di mele sparire tra

le fauci di quel giovane ospite. Step un po' meno, visto che do-

vrà sorbirsi le lamentele di Paolo, quando tornerà. La torta di

mele in realtà è stata fatta per lui. Più tardi Maria va via e lo-

ro due riposano un po'. Step si rilegge tutti i suoi fumetti di Pa-

zienza. Controlla le tavole originali delle quali va tanto fiero.

Poi sveglia Pollo mostrandogliele. Malgrado sia la quarantesi-

ma volta che le vede, lui le apprezza come se fosse la prima.

Sono proprio molto amici, tanto che Step non può negargli

una telefonata. Anche se sa del vizio di Pollo. Come da copio-

ne, passa circa un'ora al telefono. Dovunque vada fa sempre

almeno una telefonata. Attacca a parlare per ore, con chiun-

que, anche se non ha niente da dire. Adesso poi che si è fatto

la donna, è incontenibile. Il suo sogno, confessa a Step uscen-

do, è rubare un cellulare.

"Ce ne ha uno nuovissimo mio fratello" è la risposta di-

vertita di Step. Agli occhi di Pollo, Paolo acquista subito tutto

un altro valore. Chissà se dopo la torta di mele non riuscirà a

fottergli anche il telefonino.

Piove. Babi e Daniela sono sedute sul divano di fianco ai

genitori. Guardano un film divertente e familiare sul primo.

L'atmosfera sembra più distesa.

Poi uno squillo. Daniela accende il cordless che tiene ac-

canto a lei sul cuscino del divano.

"Pronto?" Guarda Babi stupita. Non riesce a credere alle

proprie orecchie. "Ora te la passo." Babi si volta tranquilla ver-

so la sorella. "Babi è per te."

Le basta quell'attimo, uno sguardo, vedere la sua faccia

per capire tutto. È lui.

Daniela le passa il telefono cercando di controllarsi di fron-

te ai genitori. Lei lo prende delicatamente, quasi timorosa di

toccarlo, di stringerlo, come se una vibrazione di troppo po-

tesse far cadere la linea, farlo sparire per sempre. Lo porta len-

tamente vicino al viso dalle guance arrossate, alle sue labbra

emozionate anche per quel semplice... "Sì?".

"Ciao, come stai?" La voce calda di Step le arriva diretta-

mente al cuore. Babi si guarda intorno sgomenta, preoccupata

che qualcuno si sia accorto di quello che prova, il suo cuore a

duemila, la felicità che tenta disperatamente di nascondere.

"Bene, e tu?"

"Bene. Puoi parlare?" w JG CJ.AV tt

217

"Aspetta un attimo che qui non si sente niente." Si alza dal

divano portando via con sé il telefono e la sua vestaglia svo-

lazzante. Non si sa com'è, ma davanti ai genitori certi telefoni

non funzionano mai. Sua madre la guarda uscire dal salotto

poi si gira sospettosa verso Daniela. "Chi è?"

Daniela è rapida. "Oh, Chicco Brandelli, uno dei suoi cor-

teggiatori."

Raffaella la fissa per un attimo. Poi si tranquillizza. Torna a

seguire il film. Anche Daniela si volta verso la televisione con un

piccolo sospiro. È andata. Se sua madre l'avesse guardata anco-

ra un po' sarebbe crollata. È difficile sostenere quello sguardo,

sembra sempre che sappia tutto. Si complimenta con se stessa

per l'idea di Brandelli. Almeno quel gaggio è servito a qualcosa.

Le luci spente della sua camera. Lei contro il vetro bagna-

to dalla pioggia, con il telefono in mano.

"Pronto Step, sei tu?"

"Chi vuoi che sia?"

Babi ride. "Dove sei?"

"Sotto la pioggia. Vengo da te?"

"Magari. Ci sono i miei."

"Allora vieni tu."

"No, non posso. Sono in punizione. Ieri quando sono tor-

nata mi hanno beccata. Erano alla finestra ad aspettarmi."

Step sorride e butta la sigaretta.

"È vero allora! Esistono ancora le ragazze che finiscono in

punizione..."

"Già, e tu ti sei messo con una di quelle." Babi chiude gli

occhi terrorizzata dalla bomba che ha appena lanciato. Aspet-

ta la risposta. Ormai è andata. Ma non sente nessuno scoppio.

Lentamente apre gli occhi. Al di là del vetro, sotto un lampio-

ne, la pioggia è più visibile. Sta diminuendo. "Ci sei ancora?"

"Sì. Stavo cercando di capire che effetto fa venir incastra-

to da una furba."

Babi si morde il labbro, cammina felice e nervosa per la

stanza. Allora è vero.

"Se fossi veramente furba avrei scelto qualcun altro da in-

castrare."

Step ride. "Va bene, pace. Cerchiamo di resistere almeno

un giorno. Che fai domani?"

"Scuola, poi studio e continuo a stare in punizione."

"Be', posso venire a trovarti." ti

"Direi che non è proprio una delle idee migliori..."

"Mi vesto bene." '

I

218

Babi ride. "Non è per quello. È un discorso un po' più ge-

nerale. A che ora ti alzi domani?"

"Mah, dieci, undici. Quando viene Pollo a svegliarmi."

Babi scuote la testa. "E se non viene?"

"Mezzogiorno, l'una..."

"Ce la fai a venire a prendermi a scuola?"

"All'una? Sì, credo di sì." <$<

"Intendevo all'entrata."

Silenzio. "A che ora sarebbe?"

"Otto e dieci."

"Ma perché si va a scuola all'alba? E poi che facciamo?"

"Ma non lo so, fuggiamo..." Babi non crede quasi alle sue

orecchie. Fuggiamo. Dev'essere impazzita.

"Va bene, facciamo questa follia. Alle otto a scuola tua. Spe-

ro solo di svegliarmi."

"Sarà difficile, vero?"

"Abbastanza."

Rimangono un attimo in silenzio. Indecisi su cosa dirsi, su

come salutarsi.

"Be', allora ciao."

Step guarda fuori. Ha smesso di piovere. Le nuvole si muo-

vono veloci. Si sente felice. Guarda il telefonino. Dall'altra par-

te c'è lei in quel momento.

"Ciao Babi." Attaccano. Step guarda in alto. Alcune stelle

sono comparse timide e bagnate, lassù nel cielo. Domani sarà

una bella giornata. Passerà la mattina con lei.

Otto e dieci. Dev'essere impazzito. Cerca di ricordarsi

quand'è stata l'ultima volta che si è svegliato così presto. Non

gli viene in mente. Sorride. Appena tre giorni prima è tornato

a casa a quell'ora.

Nel buio della sua camera con il portatile in mano, Babi

continua a fissare il vetro per un po'. Lo immagina per strada.

Deve far freddo fuori. Prova un brivido per lui. Torna in salot-

to. Da il telefono alla sorella poi si siede accanto a lei sul di-

vano. Daniela senza farsi accorgere studia curiosa il suo viso.

Vorrebbe farle mille domande. Deve accontentarsi di quegli oc-

chi che a un tratto la fissano felici. Babi riprende a guardare

la televisione. Per un attimo quel vecchio film in bianco e ne-

ro le sembra a colori. Non capisce minimamente di cosa stia-

no parlando e si allontana rapita dai suoi pensieri. Poi torna

improvvisamente alla realtà. Si guarda intorno preoccupata

ma nessuno sembra saperlo. Domani, per la prima volta in vi-

ta sua, farà sega a scuola.

' Hittì i fKo't <t j'i ' i.

219

39.

;r -i'i.y{ "f ' '' " -"'*»' ' '

A * '

,' |*

Paolo è seduto al tavolo e sfoglia distratto il giornale. Si

guarda intorno. Strano. Avevo detto a Maria di fare la torta di

mele. Se ne sarà dimenticata. Ingenuo. Si ricorda di un ciam-

bellone che ha comprato per i casi di emergenza. Decide che

quello è uno di quei casi. Apre alcuni sportelli. Alla fine lo tro-

va. L'ha nascosto bene per resistere alla furia affamata di Step

e dei suoi amici.

Mentre ne taglia una fetta entra Step.

"Ciao fratello."

"Ti sembra questa l'ora di rientrare... Passerai tutto il gior-

no a letto, poi se va bene te ne andrai in palestra e la sera di

nuovo in giro con Pollo e quegli altri quattro delinquenti. Per

te è proprio bella la vita..."

"Bellissima." Step si versa del caffè, poi del latte. "Comun-

que si da il caso che non sto tornando adesso. Sto uscendo."

"Oddio che ore sono?"

Paolo guarda preoccupato l'orologio. Le sette e mezzo. Un

sospiro di sollievo. È tutto sotto controllo. Qualcosa non tor-

na lo stesso. Step non è mai uscito a quell'ora.

"Dove stai andando?"

"A scuola."

"Ah." Paolo si tranquillizza. Poi si ricorda improvvisamente

che Step ha finito l'altr'anno. "A fare che?"

"Cazzo, ma che sono tutte queste domande, all'alba poi...?"

"Fai quello che ti pare, basta che non ti metti nei guai. Ma

Maria non ha fatto la torta di mele?"

Step lo guarda con aria ingenua.

"Torta di mele? No, non mi sembra."

"Sicuro? Non è che ve la siete finita tu, Pollo e quegli altri

porci famelici dei tuoi amici?"

"Paolo, non offendere sempre i miei amici. Non è bello.

Che, io offendo mai i tuoi?"

220

Paolo rimane in silenzio. No che non li offende. Del resto

come potrebbe? Paolo non ha amici. Ogni tanto gli telefona un

collega o qualche ex compagno di università, ma quelli Step

non avrebbe proprio potuto offenderli. Sono già stati puniti

dalla vita. Tristi, grigi, con dei fisici da poeti.

"Ciao Pa', ti saluto, ci vediamo stasera."

Paolo fissa la porta chiusa. Suo fratello riesce sempre a stu-

pirlo. Chissà dove va a quell'ora del mattino. Beve un sorso di

caffè. Poi fa per prendere la fetta di ciambellone che ha lasciato

sul piatto. È sparita: con Step si finisce sempre per rimetterci.

"Ciao papa." Babi e Daniela scendono dalla Mercedes. Clau-

dio guarda le figlie avviarsi verso la scuola. Un ultimo saluto

poi si allontana. Babi fa ancora qualche gradino. Si gira. La

Mercedes è ormai lontana. Scende giù veloce e proprio in quel

momento incontra Pallina.

"Ciao, dove scappi?"

"Vado via con Step."

"Giura? E dove andate?"

"Non lo so. In giro. Per prima cosa a fare colazione. Sta-

mattina sono troppo emozionata per mandare giù qualunque

cosa. Ci pensi. È la prima volta che faccio sega..."

"Anch'io ero emozionata la prima volta. Ma ormai... Fac-

cio meglio io la firma di mia madre che lei stessa!" Babi ride.

La moto di Step si ferma rombando davanti al marciapiede.

"Andiamo?"

Babi saluta con un bacio frettoloso Pallina e poi monta

emozionata dietro di lui. Ha il cuore a duemila.

"Mi raccomando Pallina... Cerca di non prendere nessuna

insufficienza e segna quelle che vengono interrogate."

"Ok capa!"

"Ancora!? Non porta bene! E stai zitta, eh?"

Pallina annuisce. Babi si guarda intorno preoccupata che

qualcuno possa vederla. Poi si abbraccia stretta a Step. Ormai

è fatta. La moto schizza in avanti, fuggendo dalla scuola, dal-

le ore noiose di lezione, dalla Giacci, dai compiti e da quel suo-

no della campanella che a volte sembra non arrivare mai.

Pallina guarda invidiosa l'amica ormai lontana. È felice per

lei. Sale i gradini chiacchierando, senza accorgersi che qual-

cuno la sta osservando. Più in alto, una mano avvizzita dal tem-

po e dall'odio, abbellita da un vecchio anello con al centro una

pietra viola, dura come chi la possiede, lascia andare una ten-

dina. Qualcuno ha visto tutto.

221

Nella in B tutte le ragazze entrano preoccupate. La prima

ora è italiano e la professoressa Giacci interroga. È una delle

materie sicure alla maturità. Le alunne prendono posto salu-

tandosi. Un'ultima ragazza entra di corsa. Come al solito è in

ritardo. Chiacchierano nervose. Improvvisamente un muto e

ossequioso silenzio. La Giacci è sulla porta. Tutte scattano sul-

l'attenti. La Giacci squadra la classe.

"Sedute ragazze."

È stranamente allegra quella mattina. La cosa non pro-

mette niente di buono. Fa l'appello. Alcune ragazze alzano la

mano rispondendo con un rispettoso "presente". Una ragazza,

il cui cognome comincia per e, è assente. Alla F un'altra, nel

tentativo di diversificarsi, si lascia andare a un "eccomi" di

scarso valore. È ripresa al volo dalla Giacci che la prende in gi-

ro di fronte alla classe. La Catinelli come al solito dimostra di

gradire il sottile umorismo della professoressa. Così sottile che

alla maggior parte di loro sfugge.

"Gervasi?"

"È assente" risponde qualcuno dal fondo della classe. La

Giacci mette una "a" vicino al nome di Babi sul registro. Poi

alza lentamente lo sguardo.

"Lombardi."

"Sì, professoressa?" Pallina scatta in piedi.

"Come mai Gervasi non è venuta oggi?" Pallina è legger-

mente nervosa.

"Ma non so. Ieri sera l'ho sentita al telefono, mi ha detto

che si sentiva poco bene. Forse stamattina è peggiorata e ha

deciso di non venire." La Giacci la guarda. Pallina alza le spal-

le. La Giacci stringe gli occhi. Diventano due fessure impene-

trabili. Pallina sente un brivido correrle lungo la schiena.

"Grazie Lombardi, seduta." La Giacci riprende l'appello. Il

suo sguardo incontra di nuovo quello di Pallina. Sul viso del-

la professoressa si dipinge un sorriso beffardo. Pallina diven-

ta rossa. Si gira subito da un'altra parte, imbarazzata. Che la

prof sappia qualcosa? Sul banco la scritta che lei stessa ha in-

ciso con la penna "Pallina e Pollo forever". Sorride. No, è im-

possibile.

"Marini."

"Presente!"

Pallina si tranquillizza. Chissà dov'è Babi in quel momen-

to. Sicuramente ha già fatto colazione. Un bel maritozzo con

la panna da Euclide e uno di quei cappuccini tutta schiuma.

Desidera più che mai essere al suo posto magari con Pollo in-

vece di Step. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che pia-

222

ce, il suo proverbio preferito. La Giacci chiude il registro e co-

mincia a spiegare. Illustra la lezione con gioia, particolarmente

serena. Un raggio di sole colpisce le sue mani. Intorno a quel

dito con il quale gioca, l'antico anello brilla di luce viola.

Dai rumori della città appena sveglia, si allontanano così,

con le labbra lievemente sbavate da un cappuccino amaro e la

bocca addolcita dalla panna di un maritozzo. Facile previsio-

ne per quella tappa al grande Euclide sulla Flaminia, più se-

greto e più lontano, dove è più difficile essere incontrati. Van-

no verso la torre. Sulla Flaminia, avvolti dal sole mentre in-

torno prati rotondi, sfumati di verde, si perdono dolci tra orli

di boschi più scuri. Lasciano la strada. La moto piega le alte

spighe dorate che subito dopo il suo passaggio tornano su im-

perterrite e spavalde. La moto è ferma lì, dopo la collina, po-

co lontano dalla torre. A destra più in basso un cane tranquil-

lo controlla sonnecchiando alcune pecore spelacchiate. Un pa-

store in jeans ascolta una piccola radio scassata rumandosi una

canna ben lontano dai suoi colleghi da presepio. Si spostano

più in là. Soli. Babi apre la borsa. Compare una grossa ban-

diera inglese.

"L'ho comprata a Portobello quando sono stata a Londra.

Aiutami a stenderla. Ci sei mai stato tu?"

"No, mai. È bello?"

"Molto. Mi sono divertita da morire. Ho fatto Brighton per

un mese e Londra alcuni giorni. Sono partita con la EF."

Si stendono sulla bandiera scaldati dal sole. Step ascolta il

racconto londinese e di qualche altro viaggio. Sembra essere

stata in un sacco di posti e si ricorda tutto poi. Ma lui, poco in-

teressato a quelle avventure passate e per niente abituato a

quell'ora mattutina, ben presto si addormenta.

Quando Step apre gli occhi Babi non è accanto a lui. Si al-

za guardandosi preoccupato intorno. Poi la vede. Poco più in

basso, sulla collina. Le sue morbide spalle. È seduta lì, fra il

grano. La chiama. Lei sembra non sentirlo. Quando le è vici-

no si accorge perché. Sta ascoltando il Sony. Babi si gira ver-

so di lui. Il suo sguardo non promette niente di buono. Torna

a guardare i prati lontani. Step le siede accanto. Rimane per

un po' anche lui in silenzio. Poi Babi non resiste più e si toglie

le cuffie.

"Ma ti pare che ti addormenti mentre io sto parlando?" È

arrabbiata sul serio. "Questo vuoi dire non aver rispetto!"

"Ma dai, non fare così. Questo vuoi dire non aver dormito

abbastanza." t^ / r *« w-, , .vvu^nq fji',&

223

Lei sbuffa e si gira di nuovo. Step non può fare a meno di

notare quanto è bella. Forse ancora di più quando è arrabbia-

ta. Tiene alto il viso e tutto assume un'aria buffa, il mento, il

naso, la fronte. I suoi capelli illuminati dal sole ne riflettono i

raggi, sembrano respirare l'odore del grano. Ha la bellezza di

una spiaggia abbandonata, con un mare selvaggio che ne orla

i confini lontani. I suoi capelli, come onde spumeggiarci, le cir-

condano il viso, lo coprono ribelli a tratti e lei li lascia fare.

Step si china e raccoglie con la mano la sua morbida bel-

lezza. Babi cerca di sfuggirgli. "Lasciami!"

"Non posso. È più forte di me. Ti devo baciare."

"Ho detto lasciami. Sono offesa."

Step si avvicina alle sue labbra. "Giuro che dopo ascolto

tutto. L'Inghilterra, Londra, i tuoi viaggi, tutto quello che vuoi."

"Dovevi ascoltare prima!"

Step ne approfitta e la bacia al volo, cogliendo le sue lab-

bra impreparate, appena socchiuse. Ma Babi è più veloce di

lui e serra la bocca decisa. Poi una morbida lotta. Alla fine si

arrende, lentamente si lascia andare al suo bacio.

"Sei violento e scorretto."

Parole sussurrate tra labbra troppo vicine.

"È vero." Parole che quasi si confondono.

"Non mi piace che fai così."

"Non lo farò più, promesso."

"Ti ho già detto che non credo alle tue promesse."

"Allora te lo giuro..."

"Figurati se credo poi ai tuoi giuramenti..."

"Ok, d'accordo, lo giuro su di te."

Babi lo colpisce con un pugno. Lui accusa il colpo scher-

zando. Poi l'abbraccia e sprofonda con lei tra le morbide spi-

ghe. In alto, il sole e il ciclo azzurro, silenziosi spettatori. Più

in là una bandiera inglese abbandonata. Più vicini, due freschi

sorrisi. Step gioca per un po' con i bottoni della sua camicia.

Si ferma un attimo timoroso. I suoi occhi chiusi sembrano

tranquilli. Libera un bottone e poi un altro, con dolcezza, co-

me se un tocco appena più pesante spezzasse la magia di quel

momento. Poi la sua mano scivola dentro, lungo il fianco, sul-

la pelle tenera e calda. L'accarezza. Babi lo lascia fare e ba-

ciandolo lo abbraccia più forte. Step, respirando il suo profu-

mo, chiude gli occhi. Per la prima volta tutto gli sembra di-

verso. Non ha fretta, è tranquillo. Prova una strana pace. La

sua mano aperta scivola sulla schiena, giù lungo quel morbi-

do fosso fino all'orlo della gonna. Una lieve salita, l'inizio di

una dolce promessa. Si ferma. Lì vicino due piccoli buchi lo

224

r

fanno sorridere, come un bacio di lei un po' più appassionato.

Dolcemente continua ad accarezzarla. Torna su, fino a quel de-

bole elastico merlato. Si ferma sulla chiusura nel tentativo di

sciogliere il mistero e non solo quello. Due ganci? Due picco-

le mezzelune che si incastrano una dentro l'altra? Una "s" di

ferro che si infila da sopra? Indugia un poco. Lei lo guarda cu-

riosa. Step si sta innervosendo. "Come cazzo si apre?"

Babi scuote la testa. "Com'è che sei sempre così sboccato?

Non mi piace che parli così quando sei con me."

Proprio in quel momento il mistero si scioglie. Due picco-

le mezzelune si separano tirate da un elastico ormai libero. La

mano di Step vaga per tutta la sua schiena, su fino al collo, fi-

nalmente senza ostacoli.

"Scusami..."

Step non riesce a credere alle sue orecchie. Le ha chiesto

scusa. Scusa. Sente di nuovo quella parola. Lui, Step, si è scu-

sato. Poi, senza più volerci pensare, si abbandona come rapi-

to da quella nuova conquista. Si trova ad accarezzare il suo se-

no, a sfiorarle il collo di baci, a passare la mano sull'altro se-

no e ritrovare anche lì quel fragile accenno di desiderio e pas-

sione. Allora scivola più lentamente verso il basso, verso la sua

pancia liscia, verso l'orlo della gonna. La mano di lei lo ferma.

Step apre gli occhi. Babi è lì di fronte a lui e scuote la testa.

"No."

"No, che?"

"No, quello..." Gli sorride.

"Perché?" Lui non sta sorridendo affatto.

"Perché no!"

"E perché no?"

"Perché no e basta!"

"Ma c'è qualche ragione, tipo..." Step fa un piccolo sorriso

allusivo.

"No, cretino... nessuna ragione. Ci sono io che non voglio.

Quando imparerai a dire meno parolacce, allora forse..."

Step si gira su un fianco e comincia a fare delle flessioni.

Una dopo l'altra, sempre più veloce, senza fermarsi.

"Non ci credo, ditemi che non è vero. L'ho trovata."

Sorride parlando fra una flessione e l'altra, leggermente af-

fannato. Babi si riallaccia il reggisene e la camicia.

"Che cosa hai trovato? E smettila di fare le flessioni men-

tre parliamo..."

Step fa le ultime due su una mano sola. Poi si poggia su un

fianco e si mette a guardarla sorridente.

"Non sei mai stata con nessuno."

225

"Se intendi dire se sono vergine, la risposta è sì." Quella pa»

rola le costa moltissimo. Babi si alza. Si pulisce con la mano

la gonna. Alcuni pezzi di spighe cadono a terra. "E ora porta-

mi a scuola!"

"Ma che, ti sei arrabbiata?"

Step la prende fra le braccia.

"Sì. Hai un modo di fare irritante. Non sono abituata a es-

sere trattata così. E lasciami..."

Si libera del suo abbraccio e va spedita verso la bandiera

inglese. Step la rincorre.

"Dai Babi... Aspetta, non volevo offenderti. Scusami, sul

serio."

"Non ho sentito."

"Sì che hai sentito."

"No, ripeti."

Step si guarda intorno scocciato. Poi la fissa. "Scusami.

Va bene? Guarda che io sono felice se non sei mai stata con

nessuno."

Babi si china a raccogliere la bandiera inglese e comincia

a piegarla.

"Ah sì, e perché?"

"Be', perché... perché sì. Sono felice e basta."

"Perché pensi che sarai tu il primo?"

"Senti, ti ho chiesto scusa. Ora basta, falla finita. Come sei

difficile."

"Hai ragione. Tregua." Gli passa un bordo della bandiera.

"Tieni, aiutami a piegarla." Si allontanano. La stendono e poi

si avvicinano di nuovo. Babi prende dalle sue mani l'altro bor-

do della bandiera e gli da un bacio. "È che quell'argomento mi

innervosisce."

Tornano in silenzio alla moto. Babi sale dietro di lui. Si al-

lontanano così, lungo la collina, lasciandosi alle spalle spighe

spezzate e un discorso a metà. È il primo giorno che stanno

insieme e Step già le ha chiesto scusa due volte. Capirai... An-

diamo bene. Lei lo abbraccia felice. Sì, andiamo benissimo.

Babi è tranquilla ora, non pensa a niente. Non sa che un gior-

no, non molto lontano, affronterà con lui quel discorso che tan-

to la innervosisce.

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"Frena." Babi urla e stringe forte i fianchi di Step. La

to quasi inchioda al suo cornando. *

"Che succede?"

"C'è mia madre."

Babi indica la Peugeot di Raffaella ferma poco più avanti

di fronte alla scalinata della Falconieri. Mancano pochi mi-

nuti all'una e mezzo. Deve tentare. Bacia Step sulle labbra.

"Ciao, ti chiamo oggi pomeriggio." Si allontana tenendosi bas-

sa lungo la fila di macchine posteggiate. Giunta davanti alla

scuola si alza lentamente. Sua madre è lì, a pochi metri da lei,

la può vedere perfettamente attraverso il vetro di una Mini po-

steggiata. Sta trafficando con qualcosa sulle gambe. Poi Raf-

faella alza la mano sinistra e la controlla. Babi capisce. Si sta

facendo le unghie. Babi si accuccia contro la macchina, ri-

controlla l'orologio. Ormai ci devono essere. Guarda a destra

in fondo alla strada. Step non c'è più. Chissà cosa pensa di

me. Lo chiamerò più tardi. Improvvisamente si ricorda che

non può farlo. Non ha il suo cellulare. Non sa neanche dove

abita. La campanella dell'uscita suona. Le prime classi com-

paiono in cima alla scala. Cominciano a scendere le ragazze

più piccole. Un'altra campanella. È il turno delle seconde e

poi le terze. Ragazze più grandi. Una la guarda incuriosita.

Babi si porta il dito sulle labbra, facendole segno di stare zit-

ta. La ragazza guarda altrove. Sono tutte abituate a segreti di

ogni tipo. Finalmente è il turno della sua classe. Sua madre è

ancora distratta, forse alle prese con un'unghia spezzata. È

quello il momento di andare. Babi esce dal suo nascondiglio

e si mischia alle altre ragazze. Ne saluta qualcuna poi, senza

farsi vedere, controlla la macchina. Raffaella non si è accor-

ta di nulla. Ce l'ha fatta.

"Babi!"

Pallina le corre incontro. Le due ragazze si abbracciano.

227

Babi la guarda preoccupata- "Com'£ andata, hanno Sfcò-

perto qualcosa?"

"No, tutto sotto controllo."

"Tieni, questi sono i compiti che hanno dato oggi. Ci sono

anche le interrogazioni. Tutto preciso, potresti prendermi co-

me tua segretaria. Be', ti sei divertita?"

"Moltissimo." Babi infila il foglio nella borsa e sorride al-

l'amica.

"Lasciami indovinare." Pallina la fissa un attimo. "Cola-

zione da Euclide di Vigna Stelluti. Cappuccino e maritozzo con

panna."

"Ci sei quasi. Stesse cose ma a quello sulla Flaminia."

"Chiaro! Molto più riservato. Preciso. Poi fuga a Fregene e

sesso sfrenato sulla spiaggia, giusto?"

"Toppato!" Babi si allontana sorridendole.

"Fregene o il resto?"

"Ti dico solo che una cosa l'hai toppata."

Sale in macchina mentendo all'amica e lasciandola lì, di

fronte alla scuola, piena di curiosità. In realtà le ha sbagliate

tutte e due.

"Ciao mamma."

"Ciao." Raffaella si lascia baciare sulla guancia da Babi. La

situazione sembra tranquilla. "Com'è andata scuola?"

"Bene. Non mi hanno interrogato."

Arriva anche Daniela.

"Possiamo andare. Giovanna ha detto che torna per conto

suo da adesso in poi."

La Peugeot parte. Quella notizia ha riempito tutte di gioia.

Non dovranno più aspettarla. Mentre sono ferme al semaforo

di piazza Euclide, Babi sente improvvisamente qualcosa che

la punge. Senza farsi vedere si infila la mano nella camicetta.

Imprigionata nel reggisene c'è una piccola spiga dorata. La li-

bera e la mette in mezzo al diario. Poi la fissa per un attimo.

Quel piccolo grande segreto. Step le ha toccato il seno. Sorri-

de e proprio mentre scatta il verde, lo vede. È lì, fermo sulla

destra della piazza. Sventola ridendo una bandiera inglese, la

sua bandiera. Ma quando gliel'ha rubata? Poi si ricorda la co-

sa più importante. Step è come Pollo, anche lui ruba. Non ci

ha mai pensato prima. Si è messa con un ladro.

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La prima "a" è troppo dedotta, la seconda con la stanghetta

troppo lunga, poi troppo bassa, poi troppo sottile tutta la scrit-

ta. Babi riprova a imitare la firma della madre. Riempie alcu-

ni fogli del quaderno di matematica.

"Dani? Questa secondo te può sembrare la firma di mam-

V

ma?

Daniela guarda quell'ultima scritta. Rimane per un po' pen-

sierosa. "Il cognome mamma lo fa più lungo. No, non lo so. C'è

qualcosa di strano. Ecco. La "g" è troppo magra, le hai fatto la

pancia troppo piccola. Mamma inizia sempre il cognome con

la G molto più grossa. Guarda." Apre il suo diario e mostra al-

la sorella una firma di quelle vere. "Vedi?"

Babi la fissa per un attimo paragonandola con quella che

ha fatto lei. "A me sembrano identiche. È perché lo sai." Se ne

va più tranquilla in camera sua.

"Fai come vuoi. Per me la "g" è troppo piccola. Poi non

capisco perché mi chiedi sempre che ne penso se poi fai co-

me ti pare."

Chiude la porta.

Babi prende il diario alla pagina della giustificazione. Do-

ve c'è il motivo dell'assenza, scrive: "ragioni di salute". In fon-

do è vero. Sarebbe stata male all'idea di non fuggire con Step.

Poi viene il momento della firma. Ritorna seria. Ne prova an-

cora una su un foglio lì vicino. Sotto a decine di Raffaella Ger-

vasi. Quest'ultima le viene ancora meglio. È perfetta. Però, può

falsificare anche degli assegni, comprarsi FSH 50. Capisce di

aver esagerato. In fondo non ha bisogno di soldi, solo di esse-

re giustificata. Prende la penna e si butta decisa. Comincia con

la R e via giù, scivolando il più naturalmente possibile fino a

quell'ultimo puntino sulla "i". Poi, ancora tremante per la con-

centrazione, la fatica di copiare, di scrivere perfettamente ugua-

le a sua madre, guarda la scritta. È venuta ancora meglio. In-

229

credibile. Forse, il cognome è un po' tremolante. La confron-

ta con le altre firme di sua madre sul diario. Nessuna grossa

differenza. Nessun segno impreciso. Un'altra cosa poi gioca a

suo favore. Alla prima ora ha la professoressa di matematica,

la Boi. Occhiali spessi, una faccia larga sempre sorridente. An-

che quella volta quando si è scusata con la classe per aver per-

so i compiti e le ha pregate di non farne parola con nessuno.

Quel giorno Pallina era sicura di aver preso almeno sette. È

per questo che secondo lei la Boi se li era persi. L'ha fatto ap-

posta per non darle soddisfazione. Pallina crede che tutti i pro-

fessori ce l'abbiano sempre con lei e con i suoi voti. Babi chiu-

de il diario. Ora è più tranquilla. Quella firma la controllerà

solo la Boi e non si accorgerà di sicuro che è falsa. Comincia

a studiare. Poi ha una strana sensazione. Si guarda intorno ma

non nota nulla. Continua a fare i compiti. Se fosse stata più at-

tenta a guardare l'orario, avrebbe capito cosa la preoccupa. Al-

la seconda ora c'è la Giacci.

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o,«| 42.

Più tardi, quando i suoi genitori sono usciti, Step la pas-

sa a prendere. C'è tutto il gruppo giù che l'aspetta: Schello,

Lucone, Dario e Gloria, il Siciliano, Hook, Pollo e Pallina e

altri tipi su una Golf con un paio di ragazze. Vanno con le

moto verso Prima Porta, poi prendono a destra verso Fiano.

Quando arrivano Babi è tutta infreddolita. Il posto si chiama

II Colonnello ed è molto lontano. Babi non capisce perché

hanno scelto un posto come quello per mangiare. Sono due

grandi sale con il forno a vista e dei normalissimi tavoli. For-

se si spenderà poco, pensa. Un giovane cameriere arriva per

prendere le ordinazioni. Sono quindici e tutti cambiano idea

continuamente tranne lei che ha scelto fin dall'inizio un'in-

salata mista con poco olio. Il povero cameriere è distrutto.

Cerca ogni tanto di ricapitolare i primi per passare poi ai se-

condi ma quando è il momento dei contorni qualcuno ha già

cambiato idea di nuovo.

"Senti capo, fai due pappardelle al cinghiale."

"Anche per me." Si aggiunge subito qualcun altro e un altro

ancora. E subito dopo altri due decidono di prendere la polenta,

o la Carbonara. È il gruppo più indeciso che Babi abbia mai vi-

sto. Come se non bastasse, Pollo cerca di dare una mano ripe-

tendo ogni volta tutte le ordinazioni e creando ancora più con-

fusione. Alla fine tutti ridono divertiti. È diventato una specie di

gioco. Il povero cameriere si allontana sempre più confuso. L'u-

nica cosa certa è che deve portare quattordici medie chiare e

una... cosa ha ordinato quella bella bionda dagli occhi azzurri?

Ricontrolla il blocchetto pieno di cancellature ed entra in cuci-

na ricordandosi di portare anche una Diet-Coke.

La cena prosegue nel massimo della confusione. Ogni vol-

ta che viene portato un piatto, dal prosciutto alle ovoline alla

bruschettà, è una specie di arrembaggio, tutti ci si buttano so-

pra e dopo un attimo è tutto sparito.

231

Delle ragazze dagli occhi troppo truccati ridono divertite.

Babi guarda Pallina cercando un po' di comprensione. Anche

lei, però, sembra ormai essersi integrata perfettamente nel

gruppo. È arrivata la sua insalata mista con poco olio. La si-

tuazione non è proprio delle più allegre. Poi è la volta del rac-

conto del Siciliano. È la triste storia di un certo Francesco Co-

stanzi. Ha avuto la cattiva idea di infastidire la sua ex donna.

Neanche la donna, pensa Babi, la sua ex. Roba da pazzi.

Ma tutti ascoltano interessati e nessuno sembra muovere

questo appunto. Quindi pensa Babi, forse ha ragione lui. La

pazza sono io.

"Allora sapete che faccio?" Il Siciliano manda giù un sor-

so di birra. "Vado insieme a Hook da Marina che stava a casa da

sola."

Dall'altra parte della tavolata Hook con la benda sull'occhio

sorride. È al centro dell'attenzione e si sta prendendo giusta-

mente la sua fetta di gloria. Il Siciliano continua.

"Allora la faccio telefonare a questo coglione di Costanzi.

Lei lo chiama e gli dice se passa a salutarla. E sapete cosa fa

l'infame?"

Babi guarda stupita il gruppo. Sembra che non lo sappia-

no veramente. Azzarda lei la risposta.

"C'è andato." Il Siciliano si gira verso di lei. Sembra un po'

infastidito.

"Brava Babi. Proprio così. Ci va 'sto infame!" Lei sorride.

Poi incrociando lo sguardo scocciato di Step allarga le brac-

cia. Il Siciliano non se ne accorge e continua divertito il suo

racconto. "E ora viene la parte migliore. Quando questo arri-

va, Marina lo fa salire. Com'è entrato, io e Hook gli saltiamo

addosso e lo immobilizziamo. Poi, non sapete che ridere, lo

spogliamo e lo leghiamo a una sedia. Oh! Dovevate vedere la

faccia che c'aveva. Nudo come un verme. Poi prendo un col-

tello da cucina e glielo metto là in mezzo alle gambe. Inizia a

urlare. Secondo Hook perché il coltello era gelato! Poi entra

Marina. L'avevamo fatta vestire tutta di pizzo trasparente. Be',

le metto la musica e inizia a fare uno spogliarello. Io dico al ti-

po: oh, se vedo che ti piace e il coso da qualche segno di vita ti

giuro che te lo taglio. Oh, Marina rimane in reggisene e in mu-

tandine e il tipo non si muove, non so se m'avete capito, è co-

me morto l'affare."

Tutti ridono come pazzi. Una ragazza in fondo al tavolo

quasi si strozza. Anche Step sembra divertirsi. Babi non crede

alle sue orecchie.

"Zitti, zitti..." fa il Siciliano. "A un certo punto sentiamo il

232

rumore della porta. Non sono i genitori di Marina? Io e Hook

ci fiondiamo fuori e quelli non beccano il tipo nudo sulla se-

dia con Marina mezza spogliata? Vi giuro, una scena da mo-

rire, da sentirsi male. Dovevate vedere le loro facce."

"E che gli hanno fatto al tipo?"

Babi guarda Pallina. Ha anche il coraggio di fare queste

domande.

"Boh, non lo so. Noi siamo scappati. So solo che adesso

l'infame sta con una e ha seri problemi a farsela... Dopo la pro-

va che gli abbiamo fatto passare, sembra che ci ha perso l'abi-

tudine. Se vede una che si spoglia il coso non gli si tira più su."

È l'apoteosi. Tutti cominciano a ridere come pazzi. Poi non

si sa come accade. Un pezzo di pane vola. Subito dopo è una

pioggia, una vera e propria battaglia di avanzi di carne, pata-

te, birra. Si tirano di tutto. Le ragazze sono le prime ad ab-

bandonare le postazioni. Babi e Pallina si allontanano veloci

dal tavolo seguite dalle altre. I ragazzi continuano a lanciarsi

la roba da mangiare, con forza, con rabbia, fregandosene de-

gli altri tavoli, di colpire i clienti vicini. Il massimo è quando

il povero cameriere cerca di fermarli. Viene centrato in pieno

volto da un pezzo di pane casareccio bagnato. C'è una specie

di ovazione. Quel cameriere non ha mai avuto così successo in

vita sua. Poi è la volta del conto. Pollo si offre di raccogliere i

soldi. Step prende Babi sottobraccio e la porta fuori del risto-

rante. Uno dopo l'altro anche gli altri escono.

Babi tira fuori il portafoglio. "Quanto ti devo?" ;

Step le sorride. "Scherzi? Lascia stare." i

"Grazie."

"Non devi ringraziare me. Monta."

Step accende la moto. Babi sale dietro di lui.

"Allora chi devo ringraziare? Pollo stava raccogliendo i sol-

di."

"No, quella è la frase convenzionale." Proprio in quel mo-

mento Pollo esce di corsa dal ristorante e salta sulla sua mo-

to. "Via ragazzi!" Tutti partono sgommando veloci. Le moto

schizzano in avanti spegnendo le luci. Dal ristorante escono di

corsa il cameriere e qualcun altro. Gridano cercando inutil-

mente di leggere le targhe.

Il rumore delle moto echeggia forte negli stretti vicoli di

Piano. Uno dopo l'altro, piegati a tutta velocità, sbucano fuo-

ri dal paese attraverso le stradine, urlando e ridendo, suonan-

do i clacson. Poi, quasi volando, prendono la Tiberina, avvolti

dal freddo della strada, dal verde bagnato dei boschi vicini. So-

lo allora riaccendono le luci.

233

\ Pollo accosta Step. n

"Oh, non si mangia male da questo Colonnello..." ;,

"No. Si mangia bene." '-,

"Comunque volevano quaranta euro a cranio..." 1

"Allora hai fatto bene!"

Pollo da gas e ridendo sguaiatamente si allontana con Pal-

lina. Babi si sporge in avanti. *S

"Cioè vuoi dire che non abbiamo pagato?"

"Be', che c'è qualche problema?"

"Problema? Ma ti rendi conto che ti possono denunciare?

Magari hanno letto qualche targa."

"Non ci riescono con i fari spenti. Senti, lo facciamo sempre

e non hanno mai beccato nessuno. Quindi non portare sfiga!"

"Io non porto sfiga. Sto solo cercando di farti ragionare.

Anche se mi sembra molto difficile. Ma non pensi a quelli del

ristorante? Quella è gente che lavora, che sta tutto il giorno in

cucina a sudare sui fornelli, che apparecchia per te, che ti ser-

ve da mangiare, che sparecchia, che pulisce e tu non li consi-

deri minimamente."

"Come non li considero! T'ho detto pure che mi è piaciuto

un casino come si mangia in quel posto!"

Babi rimane in silenzio. È inutile. Si lascia andare indie-

tro sul sellino scostandosi un po' da lui. Intorno il vento della

notte e l'umidità dei boschi la sfiora dandole dei brividi di fred-

do. Ma non è solo quello. Sta con uno che non capisce, che non

può capire. Guarda in alto davanti a sé. È una notte limpida.

Le stelle brillano lontane. Piccole nuvole trasparenti accarez-

zano la luna. Sarebbe tutto bellissimo se solo...

"Ehi, Step." Hook lo accosta. "Ti giochi cinquanta euro a

chi arriva fino al centro su una ruota sola?"

Step non se lo fa ripetere due volte. "Preso." Scala e da

gas. La moto s'impenna. Babi fa appena in tempo a tenersi.

Di nuovo! Non ne posso più. Almeno stavolta non sto girata

a testa in giù!

"Step! Step!" Grida dandogli dei forti pugni sulla schiena.

"Smettila! Scendi." Step lascia andare dolcemente il gas. La

moto tocca terra con tutt'e due le ruote. Hook continua anco-

ra per un po' gridando vittoria.

"Ma che t'è preso? Sei impazzita?"

"Basta con le pinne, con le botte, con gli inseguimenti, non

ne posso più, hai capito?" Babi sta urlando. "Voglio una vita

normale, tranquilla. Di gente che va in motocicletta come tut-

ti. Non voglio fuggire dai ristoranti, voglio pagare come tutti.

Non voglio che tu faccia a botte. Non voglio sentire che uno

234

r

dei tuoi amici ha messo il coltello in mezzo alle gambe di uno

solo perché questo ha chiamato la sua ex donna e non vorrei

sentirlo neanche se fosse la sua donna! Io odio la violenza, odio

i picchiatori, odio i prepotenti, odio la gente che non sa vive-

re, che non sa parlare, che non sa discutere, che non ha rispetto

per gli altri. Hai capito? La odio!"

Rimangono per un po' in silenzio, lasciandosi cullare dal-

la velocità costante della moto, dal vento che sembra piano pia-

no calmarla. Poi Step scoppia a ridere.

"Si può sapere che c'è di tanto divertente?"

"Lo sai cosa odio invece io?"

"No, che?" s' - "

"Perdere cinquanta euro."

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38

Davanti al benzinaio di piazza Euclide, un gruppetto di ra-

gazzi e ragazze sta ascoltando un tipo molto divertente. Avreb-

be successo in un piccolo teatro di cabaret. Invece s'è ostinato

a prendere Economia e Commercio anche se davanti ai profes-

sori fa quasi sempre scena muta. Poco più in là, davanti a Pan-

demonium, si sono dati appuntamento dei ragazzi un po' più

grandi. Arriva una BMW z3. Dalla macchina scende una bruna

dalle calze perfette almeno quanto le sue gambe. Ha una giac-

ca nera e dei bermuda plissettati di seta traslucida. La macchi-

na è celeste e un pubblicitario non potrebbe creare niente di me-

glio. Quando scende lui però la magia svanisce. Ha pochi capelli

in testa e un po' di pancia. Un vero creativo non lo sceglierebbe

mai. Poco più avanti, di fronte al giornalaio, è ferma una ca-

mionetta. Due carabinieri controllano senza molta convinzione

alcuni documenti dei ragazzi lì intorno, poi se ne vanno.

Una macchina passa veloce strombazzando. Una ragazza

dai capelli biondi si affaccia dal finestrino salutando qualcu-

no e sparisce sgommando a destra, su per via Siacci. Una bru-

na entra al Caffè Shop a comprare le sigarette.

Poi, uno dopo l'altro arrivano loro. Suonando e sgasando.

Alcuni salgono con la moto sul marciapiede, altri la posteg-

giano, di fronte alla serranda chiusa dell'Euclide. Babi scende

dalla moto di Step, si passa i capelli indietro con la mano. In

quel momento le si avvicina Pallina.

"Forte, no?"

"Cosa?"

"Be', che siamo fuggite così, nella notte, senza pagare. Io

non l'ho mai fatto. Dai, è troppo divertente. E poi sono sim-

patici loro, no?"

"No. E non mi sono divertita affatto."

"Be', per una volta..."

"Non è una volta. Lo sai benissimo. Per loro è un'abitudi-

216

ne. Pallina, non capisci. È come se tu rubassi. Mangiando sen-

za pagare, tu hai rubato."

"Capirai! Un piatto di tortellini e una birra. La rapina del

secolo!"

"Pallina, quando non vuoi capire non c'è proprio verso, eh?"

Improvvisamente una mano le da due colpi non proprio

leggeri sulla spalla: è Maddalena. Mastica una gomma e la ris-

sa sorridendo.

"Guarda che tu qui non ci devi venire." i

"Perché?" "

"Perché io non ti ci voglio."

"Non mi risulta che questo posto sia tuo. Quindi non puoi

vietarmelo."

Babi si gira verso Pallina troncando ogni discussione. Cer-

ca di iniziare una qualsiasi conversazione. Ma stavolta uno

strattone violento la obbliga a girarsi.

"Forse non hai capito. Te ne devi anda'." Maddalena pic-

chia con la mano sulla spalla di Babi. "Intendi?"

Babi sospira. "Ma che vuoi da me? Chi ti conosce? Chi sei?"

Maddalena alza la voce. Diventa rossa. "Sono una che ti

spacca la faccia." Poi le si avvicina e le urla a un palmo dal vi-

so. "Hai capito?"

Babi fa una smorfia di disprezzo. Intorno qualcuno si è gi-

rato a guardare cosa sta succedendo. Piano piano la gente smet-

te di chiacchierare e le si fa intorno. Tutti sanno cosa sta per

accadere. Anche Babi lo sa. Cerca di allontanarla. Maddalena

le sta vicino, troppo.

"Senti, falla finita. Non mi piacciono le piazzate."

"Ah, non ti piacciono, eh? E allora staitene a casa..."

Maddalena avanza minacciosa. Babi allunga le mani e le

mette sulle sue spalle cercando di tenerla lontana.

"Senti te l'ho detto, non mi va di discutere..."

"Che fai?" Maddalena guarda la mano di Babi sulla sua

spalla. "Mi metti le mani addosso? Leva subito questa mano

da qua!" E da una botta forte al braccio di Babi.

"Va bene me ne vado. Step?"

Babi si gira per cercarlo. Ma proprio in quel momento sen-

te un bruciore foltissimo sotto lo zigomo destro. Qualcosa l'ha

colpita. Si volta. Maddalena è lì, di fronte a lei. Ha i pugni al-

ti, chiusi e minacciosi, e sorride. È stata lei a colpirla. Babi si

porta la mano sopra la guancia. Lo zigomo è caldo e le fa ma-

le. Maddalena la colpisce con un calcio in pancia. Babi si spo-

sta indietro. Maddalena la prende di striscio ma le fa male

ugualmente. Babi si gira per andarsene.

237

r

«* "Dove credi di andare, brutta stronza?"

Un calcio da dietro la prende in pieno nel sedere spingen-

dola in avanti. Babi riesce a non perdere l'equilibrio. Ha le la-

crime agli occhi. Continua a camminare lentamente. Intorno

a lei sente degli schiamazzi, facce che ridono, altri che la fis-

sano in silenzio, qualcuno la indica.

Delle ragazze la guardano preoccupate. Il rumore del traffi-

co lontano. Poi vede Step. È lì davanti a lei. Improvvisamen-

te sente dei passi di corsa dietro di lei. È Maddalena. Chiude

gli occhi e abbassa leggermente la testa. L'avrebbe colpita di

nuovo. Si sente tirare indietro di botto per i capelli, trasci-

nata quasi. Si gira su se stessa per non cadere. Si ritrova a

correre a testa bassa, tirata da Maddalena, da quella furia ur-

lante che la riempie di pugni sulla testa, sul collo, sulla schie-

na. L'attaccatura dei capelli sembra quasi volersi staccare e

un dolore atroce le raggiunge il cervello facendola impazzi-

re. Cerca di liberarsi. Ma ogni strattone, ogni resistenza so-

no una fitta acuta in più, un dolore lancinante. Allora la se-

gue rincorrendola quasi. Babi porta le mani avanti attaccan-

dosi al suo giubbotto, spingendo con tutta la forza, sempre

più vicino, sempre più veloce, senza vedere dove va, senza ca-

pire. Poi un forte rumore di ferro, del metallo che rimbalza.

Si ritrova improvvisamente libera. Maddalena è finita contro

dei motorini, è caduta a terra, trascinando con sé nella foga

un SH 50 e un vecchio Free. Ed ora è ferma lì sotto, mentre

una ruota sporca, dai raggi arrugginiti ancora gira, e un pe-

sante telaio e il manubrio la bloccano. Babi sente la rabbia

salirle improvvisamente come una marea, come un'onda enor-

me di odio. Sente il suo viso rosso, il respiro affannato, il suo

zigomo colpito, la sua testa torturata e in un attimo le è ad-

dosso. Inizia a colpirla scalciando come un animale, irrico-

noscibile. Maddalena prova a rialzarsi. Babi si piega su di lei

e la tempesta dì pugni, colpendola dappertutto, urlando, graf-

fiandola, tirandola per i capelli, disegnando sul suo collo lun-

ghe linee irregolari fatte di sangue. Poi due mani forti la sol-

levano da dietro. Babi si trova improvvisamente a scalciare

nel vuoto, divincolandosi, nel tentativo di liberarsi per tor-

nare a colpire, per mordere di nuovo, per ferire ancora. Nel-

l'allontanarsi un suo ultimo calcio preciso, ma non del tutto

voluto, colpisce un altro motorino. Un SH 50 si abbatte lento

vicino a Maddalena, ormai esausta.

"Oh, il mio motorino..." reclama un innocente.

Mentre viene trascinata via, Babi guarda la folla. Ora non

ridono più. In silenzio la fissano. Si allargano per farla pas-

238

sare. Si lascia andare all'indietro abbandonandosi a chi la por-

ta via. E una risata nervosa sale da lei verso il ciclo. Si ricor-

da quella ragazza sguaiata che stava a capotavola. Ride an-

cora e poi di più, più forte, ma dalla sua bocca non sente usci-

re più nulla.

Il vento fresco accarezza la sua faccia. Chiude gli occhi.

La testa le gira. Il cuore batte forte. Il suo respiro è spezzato

e onde violente di rabbia la scuotono a tratti, non ancora cal-

mate. Qualcosa sotto di lei si ferma. È sulla moto. Step l'aiu-

ta a scendere.

"Vieni qua."

Sono sul ponte di corso Francia. Sale i gradini. Si avvicina

alla fontanella. Step bagna la sua bandana e gliela passa sul vi-

so. "Va meglio?" Babi fa cenno di sì con la testa. Step si siede

sul muretto lì vicino, con le gambe aperte a ciondoloni. Rimane

a fissarla sorridente.

"Chi eri tu? Quella che odia i picchiatori? I violenti? Meno

male! Roba che se non te la levavo da sotto, l'ammazzavi quel-

la poveraccia."

Babi fa un passo verso di lui, poi scoppia a piangere. Im-

provvisamente, in maniera convulsa. È come se qualcosa si fos-

se rotto, una diga, una barriera liberando quel fiume di lacri-

me e singhiozzi. Rimane a fissarla, allargando le mani, non sa-

pendo bene che fare. Poi abbraccia quelle piccole morbide spal-

le che tremano.

"Dai, non fare così. Non è colpa tua. Ti ha provocato."

"Io non volevo colpirla, non volevo farle del male. Sul se-

rio... Non volevo."

"Sì, lo so."

Step le mette una mano sotto il mento. Raccoglie una

piccola lacrima salata, poi le alza il viso. Babi apre gli occhi,

tirando su con il naso, sbattendo le ciglia, sorridendo e ri-

dendo, ancora nervosa. Step lentamente si avvicina alla sua

bocca e la bacia. Sembra ancora più morbida del solito, co-

sì sotto di lui, calda e remissiva, leggermente salata. E lei si

lascia andare cercando conforto in quel bacio, prima dolce-

mente poi sempre più forte, disperata fino a quando si na-

sconde nel suo collo. E lui sente le sue guance bagnate, la

sua pelle fresca, i suoi piccoli singhiozzi nascosti là dietro.

"Ora basta." La scosta. "Su, non fare così." Step sale sul

muretto. "Se non smetti di piangere mi butto di sotto. Sul se-

rio..." Fa alcuni passi insicuri sul bordo di marmo. Allarga le

braccia cercando l'equilibrio. "Allora la smetti o mi butto...?"

Molti metri più sotto il fiume tranquillo e scuro, l'acqua ne-

239

ra dipinta dalla notte, le sponde piene di cespugli. Babi lo guar-

da preoccupata, ma singhiozza ancora.

"Non fare così... ti prego."

"Tu smetti di piangere!"

"Non dipende da me..."

"Allora ciao..."

Step fa un salto e gridando si butta di sotto. Babi corre ver-

so il bordo del muretto.

"Step!" Non si vede nulla, solo il lento scorrere del fiume

trascinato dalla sua corrente.

"Buuuu!"

Step spunta da sotto il muretto e la prende al volo per il ba-

vero del giubbotto. Babi grida.

"Ci avevi creduto, eh?" La bacia.

"Ci mancava solo questo. Non vedi come sto e mi fai pure

questi scherzi."

"L'ho fatto apposta. Un bello spavento è quello che ci vuo-

le, manda via tutto."

"Quello è per il singhiozzo."

"Perché, tu non stai singhiozzando? Dai vieni di qua." L'aiu-

ta a scavalcare il muretto. Si ritrovano al di fuori del ponte, so-

spesi nel buio, su un piccolo cornicione. Sotto di loro il fiume,

poco più lontano l'Olimpica illuminata. Avvolti dal buio e dal

lento sussurrare della corrente, si baciano di nuovo. Con pas-

sione e trasporto, pieni di desiderio. Lui le alza la maglietta e

le tocca il seno, liberandolo. Poi si apre la camicia e posa la

sua pelle morbida contro il suo petto. Rimangono lì a respira-

re il loro calore, ad ascoltare i loro cuori, a sentire la pelle sfio-

rarsi avvolta dal vento fresco della notte.

Più tardi, seduti sul bordo del muretto, fissano il ciclo e le

stelle. Babi si è sdraiata, ora calma e tranquilla, con la testa

poggiata sulle gambe di Step. Lui le accarezza i capelli. In si-

lenzio. Poi Babi vede una scritta.

"Tu non faresti mai una cosa del genere per me."

Step si guarda in giro. Una bomboletta romantica ha spruz-

zato la sua frase d'amore: "Cerbiatta ti amo".

"È vero. Io non so scrivere, lo dici tu."

"Be', potresti suggerirlo a qualcuno che lo scrive per te."

Babi porta la testa indietro sorridendogli al contrario.

"Ah, ah... e comunque scriverei qualcosa di questo genere,

mi sembra molto più adatto a te."

Su una colonna proprio di fronte a loro c'è un'altra scrit-

ta: "Cathia ha il secondo più bel culo d'Europa". "Secondo" è

stato aggiunto con una piccola parentesi. Step sorride.

240

r

"È una scritta molto più sincera. Anche perché tu hai il

primo."

Babi scende veloce dal muretto e lo colpisce con un picco-

lo pugno. "Porco!"

"Che fai? Picchi pure me? Allora è proprio un vizio il tuo..."

"Non mi piace questo scherzo..."

"Va bene, la smetto." Step cerca di abbracciarla. Babi gli

sfugge. "Non mi credi? Te lo prometto..."

"Certo... anche perché sennò ti picchio!"

241

44.

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- "Alessandri?" *-, n^

"Presente."

"Bandini?" |><t - , .->* . <.. » .' u«

"Presente."

La Boi sta facendo l'appello. Babi, seduta al suo banco, con-

trolla preoccupata la sua giustificazione. Ora non le sembra più

così perfetta. La Boi salta un cognome. Un'alunna che è presente

e che ci tiene alla sua identità si alza e dal banco glielo fa nota-

re. La Boi si scusa poi ricomincia l'appello da dove ha sbaglia-

to. Babi si tranquillizza un po'. Con una professoressa così for-

se la sua giustificazione passerà inosservata. Quando è il mo-

mento porta il diario alla cattedra con le altre due assenti del

giorno prima. Rimane lì, in piedi, con il cuore che le batte for-

te. Ma tutto va liscio.

Babi torna al suo banco e segue il resto della lezione rilas-

sata. Le arriva un biglietto sul banco. Pallina sorride dal suo po-

sto. È stata lei a lanciarlo. È un disegno. Una ragazza è stesa per

terra e un'altra sta lì vicino in posa da pugile. Sopra un grosso ti-

tolo: "Babi m". È la parodia di Rocky. Una freccia indica la ra-

gazza a terra. Sopra c'è scritto Maddalena, con, tra parentesi, la

bora. Vicino all'altra ragazza invece c'è una frase: "Babi, i suoi

pugni sono di granito, i suoi muscoli d'acciaio. Quando arriva lei

tutta piazza Euclide trema e le bore, finalmente, fuggono". Babi

non può fare a meno di ridere.

Proprio in quel momento suona la campanella. La Boi do-

po aver faticosamente raccolto la sua roba esce dalla classe. Le

ragazze non fanno in tempo a uscire dai banchi che entra la

Giacci. Tutte tornano silenziosamente al loro posto. La pro-

fessoressa va alla cattedra. Babi ha l'impressione che la Giac-

ci, entrando, si guardi in giro, come se stesse cercando qual-

cosa. Poi, quando vede lei, ha una specie di sollievo, sorride.

Mentre si siede Babi pensa che è solo una sua impressione. De-

242

ve smetterla, si sta fissando. In fondo la Giacci non ha niente

contro di lei.

"Gervasi!" Babi si alza. La Giacci la fissa sorridente. "Ven-

ga, venga Gervasi." Babi esce dal banco. Altro che impressio-

ne. In storia è già stata interrogata. La Giacci ce l'ha proprio

con lei. "Porti anche il diario." Quella frase la colpisce diretta-

mente al cuore. Si sente svenire. La classe comincia come a

ruotarle intorno. Guarda Pallina. Anche lei è sbiancata. Babi

con il diario tra le mani, terribilmente pesante, insostenibile

quasi, si avvicina alla cattedra. Perché vuole il diario? La sua

coscienza sporca sembra non avere niente da suggerirle. Poi

una piccola luce. Forse vuole ricontrollare la nota firmata. Si

attacca a quello spiraglio, a quell'improbabile illusione. Posa

il diario sulla cattedra.

La Giacci lo apre fissandola.

"Ieri lei non è venuta a scuola, vero?"

Anche quell'ultimo fragile barlume di speranza si spegne.

"Sì."

"E come mai?"

"Sono stata poco bene." Adesso sta malissimo. La Giacci si

avvicina pericolosamente alla pagina delle giustificazioni. Tro-

va l'ultima, quella incriminata.

"E questa sarebbe la firma di sua madre, vero?" La pro-

fessoressa le mette il diario sotto gli occhi. Babi guarda quel

suo tentativo di imitazione. All'improvviso le appare folle-

mente falso, incredibilmente tremolante, dichiaratamente

finto. Un "sì" talmente flebile esce dalle sue labbra che qua-

si non si sente.

"Strano. Ho parlato poco fa per telefono con sua madre

e non sapeva niente della sua assenza. Meno che mai di aver

firmato qualcosa. Sta venendo qui ora. Non mi sembrava fe-

lice. Lei ha finito con questa scuola, Gervasi. Verrà espulsa.

Una firma falsa, se denunciata a chi di dovere come farò io,

equivale a una definitiva sospensione. Peccato Gervasi, po-

teva prendere un bel voto alla maturità. Sarà per il prossi-

mo anno. Tenga."

Babi si riprende il diario. Ora sembra incredibilmente leg-

gero. Improvvisamente tutto le sembra diverso, i suoi movi-

menti, i suoi passi. È come se galleggiasse nell'aria. Tornando

al suo posto avverte gli sguardi delle compagne, quello strano

silenzio.

"Stavolta, Gervasi, ha sbagliato lei!"

Non capisce bene quello che segue. Si ritrova in una stan-

za con delle panche di legno. C'è sua madre che strilla. Poi ar-

243

riva la Giacci con la preside. La fanno uscire. Continuano a di-

scutere a lungo mentre lei aspetta in corridoio. Una suora pas-

sa sullo sfondo. Si scambiano uno sguardo senza sorriso né sa-

luto. Più tardi esce sua madre. La trascina via per un braccio.

È molto arrabbiata.

"Mamma, mi cacceranno?"

"No, domani mattina torni a scuola. Forse c'è una solu-

zione, ma prima devo sentire che ne pensa tuo padre, se è d'ac-

cordo anche lui."

Quale soluzione può essere, se sua madre ha bisogno an-

che del consenso di suo padre? Dopo aver mangiato, finalmente

10 sa. È solo una questione di soldi. Avrebbero dovuto pagare.

11 bello delle scuole private è che tutto si può risolvere facil-

mente. L'unico vero grande problema è "quanto" facilmente.

Daniela entra nella camera della sorella con il telefonino

in mano.

"Tieni, è per te." Babi, stanca dagli avvenimenti, si è ad-

dormentata.

"Pronto."

"Ciao, vieni con me?" È Step. Babi si siede meglio sul let-

to. Ora è completamente sveglia.

"Volentieri, ma non posso."

"Dai, andiamo al Parnaso, oppure al Pantheon. Ti offro una

granita di caffè con panna alla Tazza d'Oro. L'hai mai prova-

ta? È un mito."

"Sono in punizione."

"Di nuovo? Ma non è finita?"

"Sì, ma oggi la professoressa ha beccato la firma falsa, è

successo un macello. Quella ce l'ha con me. Ha fatto rapporto

alla preside. Avrei dovuto ripetere tutto l'anno. Invece mia ma-

dre ha messo a posto tutto."

"Forte tua madre! Bel caratteraccio... ma arriva sempre do-

ve vuole."

"Be', le cose non stanno proprio così. Ha dovuto pagare."

"Quanto?"

"Cinquemila euro. In beneficenza..."

Step fa un fischio. "Cazzai Bell'atto di bontà..." Segue un

silenzio imbarazzato. "Pronto, Babi?"

"Sì, sono qui."

"Credevo fosse caduta la linea."

"No, stavo pensando alla Giacci, la mia professoressa. Ho

paura che la storia non finisca qui. L'ho ripresa davanti a tut-

te e me la vuole far pagare a ogni costo!"

"Più di cinquemila euro?" ,. ". ,,. ,.

244

r

"Quelli li ha sborsati mia madre, chiaramente... sono una

specie di donazione. Ora se la prenderà con me. Che palle! Pen-

sa che sono messa così bene con i voti, la maturità sarebbe sta-

ta una passeggiata."

"Allora non puoi proprio venire?"

"No, scherzi, se telefona mia madre e non mi trova, succe-

de veramente il finimondo."

"Allora passo io da te." Babi guarda l'orologio. Sono quasi

le cinque. Raffaella sarebbe tornata molto più tardi.

"Va bene, vieni. Ti offro un té."

"Non ci sarebbe una birra?"

"Alle cinque?"

"Non c'è niente di più bello di una birra alle cinque, e poi

c'è un altro fatto, io odio gli inglesi." Attacca.

Babi scende veloce dal letto. Si infila le scarpe.

"Dani, faccio un salto giù all'alimentari, ti serve qualcosa?"

"No, niente. Chi viene, Step?"

"Ci vediamo fra poco." Compra due tipi di birra, una latti-

na di Heineken e una di Peroni. Fosse stato vino ne avrebbe

capito qualcosa di più. Ma di birra non ne sa proprio niente.

Risale veloce a casa e le mette nel freezer. Poco dopo suona il

citofono.

"Sì?"

"Babi, sono io."

"Primo piano." Spinge due volte il pulsante del citofono e

va alla porta. Non può fare a meno di controllarsi nel riflesso

di un quadro. È tutto a posto. Apre la porta. Lo vede salire su

facendo i gradini di corsa. Rallenta solo all'ultimo proprio per

permettersi quel sorriso che a lei piace tanto.

"Ciao." Babi si accosta alla porta facendolo passare. Lui la

supera poi tira fuori da sotto il giubbotto una scatola.

"Tieni, sono dei biscotti inglesi al burro. Li ho presi qua vi-

cino, sono favolosi."

"Biscotti inglesi al burro... Allora qualcosa degli inglesi ti

piace..."

"Veramente non li ho mai mangiati. Ma mio fratello ne va

pazzo. E lui è fissato con torte di mele e cose simili, quindi de-

vono essere sicuramente buonissimi. A me piace solo la roba

salata. Anche a colazione, magari mi faccio un toast o un tra-

mezzino. Ma i dolci, quasi mai."

Lei sorride. Leggermente preoccupata di quanto siano di-

versi anche nelle cose più semplici.

"Grazie, li mangerò subito." In realtà è a dieta, e quei pic-

coli rettangoli al burro friabili sono roba da cento calorie l'u-

245

no. Step la segue, anche lui è leggermente preoccupato. Quei

biscotti non li ha comprati per strada, li ha presi a casa sua.

Poi, pensandoci meglio, si tranquillizza. In fondo sta facendo

un favore a Paolo. Un po' di dieta non gli fa sicuramente ma-

le. Daniela esce apposta dalla sua camera pur di vederlo.

"Ciao Step."

"Ciao." Lui le da la mano sorridendole, sembra non aver

fatto caso più di tanto al fatto che lei sappia il suo sopranno-

me. Babi fulmina con lo sguardo la sorella. Daniela, capendo-

la al volo, finge di prendere qualcosa e torna subito in camera

sua. Poco dopo l'acqua bolle. Babi prende una scatola colora-

ta di rosa. Poi da un cucchiaino lascia scivolare piccole foglie

di té nel pentolino. Lentamente, un leggero profumo si sparge

per la cucina.

Poco dopo sono in salotto. Lei con una tazza di té alla ci-

liegia fumante tra le mani, lui con tutt'e due le birre, risolven-

do così ogni possibile dubbio. Babi prende un album di foto-

grafie dalla libreria e gliele mostra. Forse è l'Heineken, oppu-

re anche la Peroni, fatto sta che si sta divertendo. Ascolta i suoi

racconti coloriti che seguono ogni volta una foto diversa, un

viaggio, un ricordo, una festa.

Questa volta non si addormenta. Foto dopo foto la vede

crescere così, sfogliando quelle pagine incellofanate. Le vede

spuntare i primi denti, spegnere una candelina, andare in bi-

cicletta e poi, eccola lì, poco più grande, sulle giostre, con la

sorella. Sulla slitta con Babbo Natale, allo zoo con un cuccio-

lo di Icone tra le braccia. Piano piano vede il suo viso dima-

grire, i suoi capelli diventare più chiari, il suo piccolo seno cre-

scere, e all'improvviso, dietro quella pagina, lei è donna. Ora

non è più un semplice maschietto imbronciato con un bikini

e le mani sui fianchi. Un piccolo due pezzi copre il corpo ab-

bronzato di una bella ragazza, dalle gambe lisce, ora magre e

più lunghe. I suoi occhi chiari adesso sono in grado di capire,

la sua innocenza una scelta. Seduta su un pattino, le spalle ma-

gre, forse ancora troppo spigolose, compaiono dorate tra gli

ultimi ciuffi di capelli sbiancati dal mare. Sullo sfondo bagnanti

sfuocati non sanno neanche di essere stati immortalati.

A ogni pagina che sfogliano lei sembra assomigliare sem-

pre più all'originale che gli sta seduto accanto. Step incuriosi-

to dai racconti segue quelle foto, sorseggia la seconda birra, fa

ogni tanto qualche domanda. Poi all'improvviso Babi, che sa

già cosa l'aspetta, cerca di saltare una pagina.

Step, divertito da quelle sue mille piccole versioni, è più ve-

loce di lei. .*( u wjuuu i», .Vtf.u.ii^t .M,-,-

246

"Eh no, voglio vedere."

Lottano per fìnta, solo per abbracciarsi un po' e sentirsi più

vicini. Poi lui, dopo aver vinto, scoppia a ridere. Buffa e smor-

fiosa con gli occhi storti, è lì sorridente in mezzo alla pagina.

Quella foto a Babi non è mai piaciuta.

"Strano, è quella che ti assomiglia di più." Lei, finta offe-

sa, gli da una botta. Poi mette a posto l'album, prende la sua

tazza, le due lattine di birra ormai vuote e va in cucina. Step,

rimasto solo, gironzola per il salotto. Si ferma davanti ad al-

cuni quadri di autori a lui sconosciuti. Su un largo tavolo dal-

le corte zampe piccole scatole e portaceneri d'argento, senza

un ordine preciso, avrebbero fatto comunque la felicità dei suoi

amici.

Babi lava la sua tazza e butta le due lattine di birra vuote

nel secchio sotto il lavandino coprendole con il cartone del lat-

te finito e degli Scottex accartocciati. Non devono restare trac-

ce. Quando torna in salotto Step è sparito sul serio.

"Step?" Nessuna risposta. Va verso la sua camera. "Step?"

Lo vede. È in piedi vicino alla scrivania che sfoglia il suo

diario.

"Non è carino leggere le cose degli altri senza il permesso."

Babi gli strappa il diario dalle mani. Lui la lascia fare. Ormai

ha letto quello che gli interessa. Lo memorizza.

"Perché, c'è scritto qualcosa per cui potrei arrabbiarmi?"

"Ci sono cose mie."

"Mica ci saranno messaggi o scritte su quel farlocco con la

BMW?"

"No, quella è una storia così, un piccolo flirt." Gioca di-

vertita sulla pronuncia esagerata della parola straniera.

"È un piccolo flirt" le fa il verso Step.

"Certo, non è come la tua storia con quella furia scatenata."

"Ma di chi stai parlando?" Step fa finta di non capire.

"Dai, hai capito perfettamente a chi mi riferisco! A quella

brunetta, la picchiatrice che ieri ho messo al suo posto. Non

mi dirai che quella mi è saltata addosso solo per sport. Fra voi,

altro che flirt..."

Step ride e le si avvicina, la bacia, trascinandola con sé sul

letto. Poi comincia ad alzarle la maglietta.

"Dai no, fermo. Se arrivano i miei e ci beccano si arrab-

biano, se poi ci beccano in camera mia così, succede il fini-

mondo."

"Hai ragione." Step la prende e la solleva con facilità, abi-

tuato a bilancieri ben più pesanti di quel morbido corpo. "An-

diamo di là che è meglio." Senza darle il tempo di rispondere,

247

si infila nella camera dei genitori e chiude la porta. Poi l'ada-

gia sul letto, e baciandola nella penembra della camera, si sten-

de vicino a lei.

"Sei pazzo, lo sai vero?" gli sussurra all'orecchio. Lui non

risponde. Un piccolo raggio dell'ultimo sole filtra dalla tappa-

rella abbassata e illumina la sua bocca. Lei vede quei denti bian-

chi e perfetti sorridere e schiudersi prima di perdersi in un ba-

cio. Poi, senza sapere neanche come, si trova fra le sue braccia

senza più niente sopra. Sente la sua pelle sfiorarla, le sue ma-

ni impadronirsi dolcemente del suo seno. Babi ha gli occhi chiu-

si, le sue labbra morbide si aprono e chiudono con un ritmo co-

stante, cambiando di poco ogni tanto, piccola fantasia in quei

baci. Improvvisamente si sente più tranquilla, più libera. La ma-

no di Step silenziosa si impadronisce della sua cinta.

Sfila il passante. Nel buio della camera Babi sente il fru-

sciare del cuoio, il rumore della cinghia metallica. È attentis-

sima, pur continuando a baciarlo. Quella camera sembra so-

spesa nel vuoto. Solo il lento ticchettare di una sveglia lonta-

na, il loro respiro vicino, ora affannato d'amore. Poi una pic-

cola stretta. La cinta si stringe di più e quel chiodo lascia il ter-

zo buco dai bordi scuri, il più rovinato, il più usato, frutto del-

la sua dieta faticosa. E in un attimo i suoi Levi's si aprono. Pri-

gionieri bottoni d'argento, al tocco fatato di quel pollice e in-

dice, tornano liberi. Uno dopo l'altro, sempre più giù, perico-

losamente. Lei trattiene il respiro e qualcosa in quei baci in-

cantati improvvisamente accade. Un piccolo cambiamento

quasi inawertibile. Quella morbida magia sembra svanire. An-

che se continuano a baciarsi, è come se tra loro ci sia una si-

lenziosa attesa. Step cerca di capire qualcosa, un accenno, un

segno del suo desiderio. Ma Babi è immobile, non fa traspari-

re nulla. In effetti non ha ancora preso una decisione. Nessu-

no è mai arrivato fino a quel punto. Sente i suoi jeans aperti e

la mano di lui sul bordo della gamba. Continua a baciarlo, sen-

za voler pensare, senza sapere bene cosa fare. In quel momento

la mano di Step decide di rischiare. Si muove piano piano, de-

licatamente, eppure lei la sente lo stesso. Socchiude gli occhi

quasi in un sospiro. Le dita di Step sulla sua pelle, sopra quel

bordo orlato di rosa, le sue mutandine. Quell'elastico si allon-

tana leggermente dalla sua pelle e subito dopo gli sfugge di ma-

no per tornare veloce al suo posto. Un secondo tentativo più

deciso. La mano di Step sotto i jeans si impadronisce del suo

fianco e lì, spavalda e padrona, passa sotto l'elastico. Scivola

giù, verso il centro, accarezzandole la pancia, sempre più giù,

fino a bordi riccioluti, a confini inesplorati.

248

Ma ecco che qualcosa accade. Babi gli blocca la mano. Step

la guarda nella penembra.

"Che c'è?"

"Shh." Babi si alza su un fianco, con le orecchie tese oltre

la stanza, oltre la serranda, giù nel cortile. Un rumore im-

provviso, una sgasata a lei nota. Quella retromarcia. "Mia ma-

dre! Presto sbrighiamoci." In un attimo sono di nuovo più o

meno a posto. Babi tira su la coperta del letto. Step finisce di

infilarsi la camicia nei pantaloni. Bussano alla porta della ca-

mera. Rimangono per un attimo immobili. È Daniela.

"Babi guarda che è tornata la mamma." Non fa in tempo a

finire la frase. La porta si spalanca.

"Grazie Dani, lo so."

Babi esce trascinandosi dietro Step. Lui fa un po' di resi-

stenza.

"No, voglio parlarle, voglio chiarire una volta per tutte que-

sta situazione!"

Ha di nuovo quel sorriso strafottente sul viso.

"Smettila di scherzare. Non sai mia madre che ti fa se ti

becca." Vanno in salotto. "Presto, esci di qua così non l'incon-

tri." Babi fa scattare la serratura della porta principale. Esce

sul pianerottolo. L'ascensore da direttamente sul cortile. Lo

chiama. Si scambiano un bacio frettoloso.

"Voglio un appuntamento con Raffaella."

Lei lo spinge dentro l'ascensore.

"Sparisci!"

Step preme il bottone T e con un sorriso segue il consiglio

di Babi. Proprio in quel momento, l'altra porta, quella secon-

daria, si apre. Entra Raffaella. Posa delle buste sul tavolo del-

la cucina. Poi ha come un presentimento, sente qualcosa nel-

l'aria, forse lo scatto dell'altra porta.

"Babi sei tu?" Va subito in salotto. Babi ha acceso la tele-

visione.

"Sì mamma, sto guardando la tivù." Ma un lieve rossore la

tradisce. A Raffaella basta quello. Si affaccia veloce alla fine-

stra che da sul cortile. Un rumore di un motore che si allonta-

na, delle foglie d'edera in un angolo che ancora si muovono.

Troppo tardi. Chiude la finestra. Nel corridoio incontra

Daniela.

"È venuto qualcuno, qui?"

"Non lo so mamma, io sono sempre stata in camera mia a

studiare."

Raffaella decide di lasciar perdere. Con Daniela è inutile

insistere. Va in camera di Babi, si guarda intorno. Tutto sem-

249

bra a posto. Non c'è niente di strano. Anche la coperta del let-

to è perfetta. Ma potrebbe anche essere stata rimessa a posto.

Allora, senza che nessuno possa vederla, la sfiora con la ma-

no. È fresca. Nessuno ci si è sdraiato sopra. Tira un sospiro di

sollievo e va in camera sua. Si leva il tailleur, lo attacca a una

stampella. Poi prende un golf d'angora e una morbida gonna.

Si siede sul letto e se li infila. Ignara e tranquilla, senza poter

mai immaginare che, proprio lì, poco prima c'è stata sua figlia.

Abbracciata a quel ragazzo che lei non sopporta. Lì, dove ora

è seduta lei, su quella coperta ancora calda di giovani e inno-

centi emozioni.

Più tardi torna anche Claudio. Discute a lungo con Babi

della giustificazione falsa, dei cinquemila euro spesi, del com-

portamento di quegli ultimi giorni. Poi si mette davanti alla te-

levisione, finalmente tranquillo, aspettando che sia pronto da

mangiare. Ma proprio in quel momento dalla cucina lo chia-

ma Raffaella. Claudio raggiunge subito la moglie.

"Che succede ancora?"

"Guarda..." Raffaella gli indica le due lattine di birra che si

è bevuto Step.

"Be', della birra. E allora?"

"Era nascosta nel secchio della spazzatura sotto degli

Scottex."

"Capirai, avranno bevuto della birra. Che c'è di male?"

"Quel ragazzo è stato qui oggi pomeriggio. Ne sono sicu-

ra..."

"Quale ragazzo?"

"Quello che ha picchiato Accado, quello per il quale tua fi-

glia non è andata a scuola. Stefano Mancini, Step, il ragazzo

di Babi."

"Il ragazzo di Babi?"

"Non vedi com'è cambiata? Possibile che non ti accorgi di

nulla... E tutta colpa sua. Va a fare le corse sulla moto, firma

giustificazioni false... E poi hai visto quel livido sotto l'occhio?

Per me la picchia pure."

Claudio rimane senza parole. Altri problemi. Possibile che

abbia picchiato Babi? Deve fare qualcosa, intervenire. Lo avreb-

be affrontato, sì, lo avrebbe fatto.

"Tieni." Raffaella gli da un biglietto.

"Cos'è?"

"La targa della moto di quel ragazzo. Telefoni al nostro ami-

co Davoni, gliela dai, risali all'indirizzo e ci vai a parlare."

Ora sì che l'avrebbe dovuto fare. Si attacca a quell'ultima

speranza. , * » «. «

250

"Sei sicura che è giusta?"

"L'ho letta davanti alla scuola di Babi l'altro giorno. Me la

ricordo perfettamente."

Claudio si infila quel biglietto nel portafoglio.

"Non te la perdere!" Quelle parole di Raffaella sono quasi

più una minaccia che un consiglio. Claudio torna in salotto e

si lascia cadere sul divano davanti alla tivù. Una coppia parla

dei propri affari davanti a una donna dai modi un po' troppo

maschili. Come fanno ad aver voglia di andare a discutere in

televisione davanti a tutti, lui non ce la fa neanche a casa sua,

da solo, nella sua cucina. E ora dovrà andare a parlare con quel

ragazzo. Picchierà anche lui. Pensa ad Accado. Forse finirà nel-

la stessa camera d'ospedale. Si faranno compagnia. Anche que-

sto non lo rallegra. Accado non gli è poi così simpatico. Clau-

dio tira fuori il portafoglio e va al telefono. Stefano Mancini,

Step. Quel ragazzo gli è già costato cinquemila euro e due bir-

re. Prende il foglietto con la targa della moto e compone il nu-

mero di telefono del suo amico Davoni. Poi, mentre aspetta

che dall'altra parte qualcuno risponda, pensa a sua moglie. Raf-

faella è incredibile. Ha visto una o due volte la moto di quel ra-

gazzo e ne ricorda perfettamente la targa. Lui che ha da un an-

no quella Mercedes, ancora non sa a memoria la sua.

"Pronto, Enrico?"

"Sì."

"Ciao, sono Claudio Gervasi."

"Come stai?"

"Bene, e tu?"

"Benissimo... che piacere sentirti."

"Senti, scusa se ti disturbo, ma avrei bisogno di un favo-

re." Per un attimo Claudio spera che Enrico non sia poi così

gentile.

"Ma certo! Dimmi tutto."

È proprio vero, quando non hai bisogno di un favore tutti

sono disposti a fartelo.

ti il ).

~ub ut

251

45. ""

V

*

Non capisce se è sogno o realtà quel leggero ticchettio sulla

tapparella. Forse il vento. Si muove nel letto. Lo sente di nuovo.

Poco più forte, preciso, quasi un segnale. Babi scende dal letto.

Si avvicina alla finestra. Guarda tra le piccole fessure lasciate

aperte. Illuminato dalla luce della luna piena c'è lui. Alza sor-

presa la tapparella cercando di fare meno rumore possibile.

"Step, che ci fai qui? Come hai fatto a salire?"

"Facilissimo. Sono salito sul muretto e mi sono arrampi-

cato lungo i tubi. Dai, andiamo."

, "Dove?"

"Ci aspettano."

"Chi?"

"Gli altri. I miei amici. Dai, non fare storie, forza! Che sta-

volta, se ci beccano i tuoi, davvero sono cavoli amari."

"Aspetta che mi metto qualcosa."

"No, andiamo qua vicino."

-*** "Ma non ho nulla sotto la camicia da notte."

"Dai cretino. Aspetta un attimo." Accosta la finestra, si sie-

de sul letto e si veste velocemente. Reggisene, mutandine, una

felpa, un paio di jeans, le Nike ed è di nuovo alla finestra.

"Andiamo, ma passiamo dalla porta."

"No, scendiamo di qui, è meglio."

"Ma che, stai scherzando? Ho paura. Cado di sotto e mi

ammazzo. Sai se i miei si svegliano con un urlo e il mio botto

che succede? Dai, seguimi... ma fai piano!"

Lo guida nel buio di quella casa addormentata, tra piccoli

passi su morbida moquette e maniglie abbassate dolcemente.

Toglie l'allarme, prende le chiavi e via. Un piccolo scatto alla

porta che si chiude dietro di loro, accompagnata fino all'ulti-

mo, per non far rumore. Poi giù per le scale nel cortile, sulla

moto, in discesa, con il motore spento per non farsi sentire.

252

Superato il cancello, Step ingrana la marcia, mette la seconda

e da gas. Volano in avanti, ormai lontani e al sicuro, liberi di

andare ovunque insieme, per tutti addormentati e soli nei pro-

pri letti.

"Che c'è qui?"

"Seguimi e vedrai. Non fare rumore mi raccomando." So-

no in via Zandonai, sopra la chiesa. Entrano in un piccolo can-

cello. Percorrono una strada buia in mezzo ad alcuni cespugli.

"Ecco, passa qui sotto."

Step alza un pezzo di rete che è stata strappata alla base.

Babi si abbassa stando ben attenta a non rimanere impigliata.

Poco dopo camminano al buio su dell'erba tagliata corta di fre-

sco. La luna illumina tutt'intorno. Sono all'interno di un com-

prensorio.

"Ma dove stiamo andando?"

"Shh." Step le fa segno di stare zitta. Poi, scavalcato un pic-

colo muretto, Babi sente dei rumori. Risate lontane. Step le

sorride e la prende per mano. Superano un cespuglio ed ecco-

la che appare. È lì, sotto la luce della luna, azzurra e traspa-

rente, tranquilla, bordata dalla notte. Una grande piscina. Den-

tro ci sono alcuni ragazzi. Si muovono nuotando senza far trop-

po rumore. Piccole onde superano i bordi spegnendosi sull'er-

ba circostante. Si sente come uno strano respiro, quell'acqua

che va e viene, perdendosi nel vuoto di una piccola grata.

"Vieni." Alcuni ragazzi li salutano.

Babi riconosce i loro volti bagnati. Sono tutti gli amici di

Step. Ormai ha anche imparato qualche nome: il Siciliano,

Hook, Bunny. Sono più facili di quelle presentazioni normali

dove tutti si chiamano Guido, Fabio, Francesco. Ci sono per-

sine Pollo e Pallina che si avvicina al bordo nuotando.

"Cavoli, ero sicura che non saresti venuta. Ho perso la scom-

messa."

Pollo la tira via dal bordo. "Hai visto, che ti avevo detto?"

Ridono.

Pallina tenta di affogarlo, ma non ci riesce. "Ora devi pa-

gare."

Si allontanano schizzandosi e baciandosi. Babi si chiede

cosa avranno scommesso e le viene qualche vaga idea.

"Step, ma io non ho il costume."

"Neanch'io. Ho i boxer. Che t'importa, quasi nessuno ce

l'ha."

"Ma fa freddo..."

"Ho portato degli asciugamani per dopo, uno anche per te.

Dai, non farla lunga."

253

' Step si leva il giubbotto. Poco dopo, tutti i suoi vestiti so-

no per terra.

"Guarda che ti butto vestita ed è peggio. Lo sai che lo fac-

cio." Lei lo guarda. È la prima volta che lo vede spogliato. Pen-

nellate d'argento lunare ne mettono ancora di più in risalto i

muscoli. Addominali perfetti, pettorali squadrati e compatti.

Babi si leva la felpa. Il suo soprannome è giusto, pensa. Meri-

ta proprio 10 e lode. Poco dopo sono tutti e due dentro l'acqua.

Nuotano vicini. Un brivido la fa tremare un po'.

"Brr, fa freddo."

"Ora ti scaldi. Stai attenta a non andare sotto con gli occhi

aperti. È piena di doro. È la prima piscina aperta della zona,

lo sai? È una specie di inaugurazione. Tra poco arriva l'estate.

Bella, no?"

"Bellissima."

"Vieni qua."

Si avvicinano al bordo. Ci sono delle bottiglie che galleg-

giano un po' dovunque.

"Tieni, bevi."

"Ma io sono astemia."

"Ti riscalda." Babi prende la bottiglia e ci si attacca. Sente

quel fresco liquido leggermente agro e frizzante scenderle lun-

go la gola. È buono. Si stacca dalla bottiglia e la passa a Step.

"Non è male, mi piace."

"Ci credo, è champagne." Step da un lungo sorso. Babi si

guarda in giro. Champagne? Dove l'hanno preso? Sicuramen-

te hanno rubato anche quello. "Tieni." Step le ripassa la botti-

glia. Lei decide di non pensarci e ne beve un altro sorso. Cal-

cola male e ne beve un po' troppo. Quasi si strozza e lo cham-

pagne con tutte le sue bollicine le sale su per il naso. Si mette

a tossire. Step scoppia a ridere. Aspetta che si riprenda. Poi

nuotano insieme verso l'angolo opposto. Un cespuglio più gros-

so lo protegge dai raggi della luna. Fa filtrare solo alcuni ri-

flessi d'argento. Ben presto si spengono fra i suoi capelli ba-

gnati. Step la guarda. È bellissima. Le bacia le labbra fresche

e subito si trovano abbracciati. I loro corpi nudi si sfiorano ora

completamente per la prima volta. Avvolti da quell'acqua fred-

da cercano e trovavano calore fra loro, conoscendosi, emozio-

nandosi, scansandosi a volte per non creare troppo imbaraz-

zo. Step si stacca da lei, fa una piccola bracciata laterale e tor-

na poco dopo con una nuova preda.

"Questa è ancora piena." Un'altra bottiglia. Sono circon-

dati. Babi sorride e beve, stavolta lentamente, attenta a non

strozzarsi. Le sembra quasi più buono. Poi cerca le sue labbra.

254

Continuano a baciarsi così, frizzanti, mentre lei si sente gal-

leggiare e non capisce bene perché. È l'effetto normale del-

l'acqua o quello dello champagne? Lascia andare dolcemente

la testa indietro, l'appoggia sull'acqua e per un attimo smette

di girarle. Sente e non sente i rumori lì intorno. Le sue orec-

chie, sfiorate da piccole onde, finiscono ogni tanto sott'acqua

e strani e piacevoli suoni silenziosi la raggiungono stordendo-

la ancora di più. Step la tiene fra le sue braccia, la fa ruotare

intorno a sé, trascinandola. Lei apre gli occhi. Brevi increspa-

ture di corrente le accarezzano la guancia e piccoli e dispetto-

si schizzi ogni tanto raggiungono la sua bocca. Le viene da ri-

dere. Più in alto nuvole argentate si muovono lente sopra un

blu infinito. Si tira su. Abbraccia le sue spalle forti e lo bacia

con passione. Lui la guarda negli occhi. Le mette una mano

bagnata sulla fronte e accarezzandole i capelli li porta all'in-

dietro, scoprendo il suo viso liscio.

Poi scende lungo la guancia, fino al suo mento, lungo il col-

lo, e poi più giù sul suo seno orlato di acqua, increspato di fred-

do e d'emozioni, e ancora più giù, lì dove solo quel pomerig-

gio lui per primo, lui e solo lui, ha osato sfiorarla. Lei lo ab-

braccia più forte. Poggia il mento sulla sua spalla e con gli oc-

chi socchiusi guarda più in là. Una bottiglia semivuota galleg-

gia poco lontano. Va su e giù. E lei pensa al messaggio arroto-

lato che c'è dentro: "Aiuto. Ma non salvatemi". Chiude gli oc-

chi e comincia a tremare, e non solo per il freddo. Mille emo-

zioni la prendono e all'improvviso capisce. Sì, è lei che sta nau-

fragando.

"Babi, Babi." Si sente chiamare improvvisamente e scuo-

tere forte. Apre gli occhi. Davanti a lei c'è Daniela.

"Ma che, non hai sentito la sveglia? Dai, muoviti che sia-

mo in ritardo. Papa è quasi pronto."

La sorella esce dalla stanza. Babi si rigira nel letto. Ripen-

sa a quella notte, Step che è entrato in casa di nascosto. La fu-

ga in moto, il bagno in piscina con Pallina e gli altri. L'ubria-

catura. Lei e lui dentro l'acqua. La sua mano. Forse ha imma-

ginato tutto. Si tocca i capelli. Sono perfettamente asciutti.

Peccato, è stato un sogno, bellissimo, ma nient'altro che un so-

gno. Da sotto la coperta allunga la mano fuori e cerca a tasto-

ni la radio. La trova e l'accende. Spinta dalla nuova allegra can-

zone dei Simply Red, Fake, scende giù dal letto. È ancora leg-

germente assonnata e ha un po' di mal di testa. Si avvicina al-

la sedia per vestirsi. La divisa è poggiata lì ma il resto della ro-

ba non l'ha preparato. Che buffo, pensa, me ne sono dimenti-

255

cata. È la prima volta. Hanno ragione i miei. Forse sto cam-

biando sul serio. Diventerò come Pallina. È così disordinata

che si scorda tutto. Be', vorrà dire che saremo ancora più ami-

che. Apre il primo cassetto. Tira fuori un reggisene. Poi, men-

tre fruga in mezzo alla biancheria cercando un paio di mu-

tandine, trova una dolce sorpresa. Nascosto sul fondo, dentro

una piccola busta di plastica, c'è un completo bagnato. Un leg-

gero odore di cloro si sparge lì intorno. Non è stato un sogno.

Quel completo l'ha messo sulla sedia la sera prima, come sem-

pre, solo che quella notte l'ha usato come costume. Sorride.

Poi improvvisamente si ricorda di esser stata fra le sue brac-

cia. È vero, è cambiata. Molto. Comincia a vestirsi. Si mette la

divisa e alla fine, infilandosi le scarpe, prende la sua decisio-

ne. Non gli permetterà mai più di andare oltre. Finalmente

tranquilla, si guarda allo specchio. I suoi capelli sono quelli di

tutti i giorni, i suoi occhi gli stessi che ha truccato qualche gior-

no prima. Perfino la bocca è quella. Si pettina sorridendo, po-

sa la spazzola ed esce in fretta dalla stanza per fare colazione.

Non sa che molto presto cambierà ancora. Così tanto da pas-

sare davanti a quello specchio e non riconoscersi lei stessa.

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alati

La Giacci scende in sala colloqui. Saluta alcune madri che

conosce poi va in fondo alla sala. Un ragazzo con un giubbot-

to scuro e un paio di occhiali neri è seduto su una poltrona in

maniera scomposta. Ha una gamba su uno dei braccioli e, co-

me se questo non bastasse, fuma con aria strafottente. Tiene

la testa indietro e lascia andare ogni tanto boccate di fumo ver-

so l'alto.

La Giacci si ferma.

"Mi scusi?" Il ragazzo fa finta di non sentire. La Giacci al-

za la voce. "Scusi?"

Step finalmente tira su la testa.

"Sì?"

"Non sa leggere?" gli chiede indicando il cartello, ben visi-

bile sul muro, che vieta di fumare.

"Dove?" l

La Giacci decide di lasciar perdere.

"Qui non si può fumare." ,

"Ah, non me n'ero accorto." Step lascia cadere la sigaretta

per terra e la spegne con una botta secca del tacco. La Giacca"

si innervosisce.

"Che ci fa lei qua?" >

"Sto aspettando la professoressa Giacci."

"Sono io. A cosa devo la sua visita?"

"Ah, è lei, professoressa. Mi scusi per la sigaretta."

Step si siede meglio sulla poltrona. Per un attimo sembra

sinceramente dispiaciuto.

"Lasci perdere, allora, che cosa vuole?"

"Ecco, le volevo parlare di Babi Gervasi. Lei non deve trat-

tarla così. Vede professoressa, quella ragazza è molto sensibi-

le. E poi i suoi genitori sono dei veri rompicoglioni, capisce.

Quindi se lei la prende di petto, loro la mettono in punizione

e chi ci va di mezzo sono io che non posso uscire con lei, e que-

sto non mi va proprio professoressa, lei capisce, no?"

257

La Giacci è fuori di sé. Come si permette quel cafone di

parlarle così.

"No, non capisco assolutamente e soprattutto non capisco

cosa ci sta a fare lei qui. È un parente forse? E il fratello?"

"No, diciamo che sono un amico."

Improvvisamente la professoressa si ricorda di averlo già vi-

sto. Sì, dalla finestra. È il ragazzo con il quale Babi si è allonta-

nata da scuola. Ne hanno discusso a lungo, lei e la madre, po-

vera signora. Quello è un tipo pericoloso.

"Lei non è autorizzato a stare qui. Se ne vada o faccio chia-

mare la polizia."

Step si alza e le passa davanti sorridendo.

"Io sono venuto solo per parlare. Volevo trovare con lei una

soluzione, ma vedo che è impossibile." La Giacci lo fissa con

aria superiore. Non le fa paura, quel tipo. Con tutti quei mu-

scoli è pur sempre un ragazzo, una mente piccola, insignifi-

cante. Step le si avvicina come se volesse farle una confiden-

za. "Vediamo se capisce questa parola professoressa. Stia be-

ne attenta, eh: Pepilo." La Giacci sbianca. Non vuole credere

alle sue orecchie. "Vedo che ha capito il concetto. Quindi si com-

porti bene, professoressa, e vedrà che non ci saranno problemi.

Nella vita è solo questione di trovare le parole adatte, no? Si ri-

cordi: Pepilo."

La lascia così, in mezzo alla sala, pallida, ancora più vec-

chia di quello che è, con un'unica speranza: che non sia vero

niente. La Giacci va dalla preside, chiede un permesso, corre

a casa e quando arriva ha quasi paura di entrare. Apre la por-

ta. Nessun rumore. Niente. Va in tutte le camere gridando, chia-

mandolo per nome poi si lascia cadere su una sedia. Ancora

più stanca e più sola di quanto non si senta ogni giorno. Il por-

tiere compare sulla porta.

"Professoressa, come sta? È così pallida. Senta, oggi sono ve-

nuti due ragazzi a nome suo per portare a spasso Pepito. Io gli ho

aperto. Ho fatto bene, vero?" La Giacci lo fissa. È come se non

lo vedesse. Poi, senza odio, rassegnata, piena di tristezza e ma-

linconia, annuisce. Il portiere si allontana, la Giacci a fatica si

alza dalla sedia e va a chiudere la porta. L'aspettano giorni di so-

litudine in quella grande casa senza l'allegro abbaiare di Pepito.

Ci si può sbagliare sulla gente. Babi le è sembrata una ragazza

orgogliosa e intelligente, forse un po' troppo saputa, ma non co-

sì cattiva da arrivare a un'azione del genere. Va in cucina per pre-

pararsi da mangiare. Apre il frigorifero. Vicino alla sua insalata

c'è il cibo già pronto per Pepito. Scoppia a piangere. Ora è vera-

mente sola. Ora ha definitivamente perso. , v,in <,* m »«,-* ><,

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Quel pomeriggio Paolo finisce presto di lavorare. Tutto fe-

lice entra in casa. All'improvviso sente abbaiare. In salotto un

volpino dal pelo bianco scodinzola sul suo tappeto turco. Lì

davanti c'è Pollo con un cucchiaio di legno in mano.

"Pronto? Vai!" Pollo lancia il cucchiaio sul divano di fron-

te. Il volpino neanche si gira, minimamente interessato a do-

ve sia finito quel pezzo di legno. Piuttosto, comincia ad ab-

baiare.

"Cazzo, ma perché non va? 'Sto cane non funziona! Ab-

biamo preso un cane deficiente! Sa solo abbaiare."

Su una poltrona, Step smette di leggere il nuovo Dago.

"Mica è un cane da riporto questo. Non è predisposto, no?

Che pretendi?"

Step si accorge del fratello. Paolo è in piedi sulla porta con

il cappello ancora in testa.

"O Fa' ciao, come stai? Non ti ho sentito entrare. Come mai

così presto oggi?"

"Ho finito prima. Che ci fa questo cane in casa mia?"

"È nuovo. Ce lo siamo presi a mezzi io e Pollo. Ti piace?"

"Per niente. Non lo voglio vedere qui. Guarda." Si avvicina

al divano. "È già tutto pieno di peli bianchi, qua."

"Dai Fa', non fare il prepotente. Starà nella mia mezza casa."

"Cosa?!"

Il cane scodinzola e comincia ad abbaiare.

"Vedi, a lui gli sta bene!"

"Già mi svegli tu, quando rientri, figuriamoci con questo

cane che abbaia tutto il tempo. Non se ne parla proprio."

Infuriato, Paolo se ne va di là.

"Cazzo, si è arrabbiato." A Pollo viene un'idea, urla fino a

farsi sentire nell'altra stanza.

"Paolo, per i duecento euro che ti devo... me lo porto

via io."

259

Step si mette a ridere e ricomincia a leggere Dago. Paolo

compare sulla porta.

"Affare fatto. Tanto quei soldi non li avrei visti comunque,

almeno mi levo di mezzo questo cane. A proposito Step, si può

sapere che fine hanno fatto i miei biscotti al burro? Li ho com-

prati l'altroieri per fare colazione e sono già scomparsi."

"Boh, se li sarà mangiati Maria. Io non li ho presi, sai che

non mi piacciono."

"Non so com'è, ma qualunque cosa succeda è sempre col-

pa di Maria. Mandiamola via allora questa Maria, no? Fa solo

danni..."

"Che scherzi? Maria è un mito. Fa certe torte di mele. Quel-

la dell'altro giorno, per esempio..." interviene Pollo.

"Allora l'avete mangiata voi, ne ero sicuro!"

Step guarda l'orologio.

"Cazzo, è tardissimo. Io devo uscire." Anche Pollo si alza.

"Anch'io devo andare." Paolo rimane solo nel salotto.

"E il cane?"

Prima di uscire Pollo fa in tempo a rispondere.

"Passo dopo."

"Guarda che o te lo porti via o mi dai i duecento euro!"

Paolo guarda il volpino. È lì, in mezzo al salotto che sco-

dinzola. Strano che non abbia ancora fatto pipì sul suo tappe-

to. Poi apre la sua valigetta di pelle e tira fuori un nuovo pac-

co di biscotti inglesi al burro. Dove può metterli? Sceglie il pic-

colo armadio lì in basso, quello delle buste e delle lettere. In

questa casa non scrive mai nessuno. Difficilmente li troveran-

no. Li nasconde sotto un pacco ancora chiuso di buste.

Quando si rialza vede che il volpino lo sta fissando. Ri-

mangono così per un attimo. Magari questo me l'hanno la-

sciato apposta. Esistono cani da tartufi. Questo può essere un

cane da biscotti. E per un attimo Paolo, stupidamente, non è

più tanto sicuro del nascondiglio.

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Babi è dietro a Step. La sua guancia poggiata sul giubbot-

to, il vento rapisce la punta dei suoi capelli.

"Be', com'è andata a scuola oggi?"

"Benissimo. Abbiamo avuto due ore di buco. È mancata la

Giacci. Ha avuto dei problemi familiari. D'altronde, con una

come lei abbiamo problemi noi, pensa la sua famiglia..."

"Vedrai che da adesso in poi con lei andrà tutto meglio. Ho

come un presentimento."

Babi non capisce bene il significato di quelle parole e la-

scia cadere il discorso.

"Sei sicuro che non mi farà male?"

"Sicurissimo! Ce l'hanno tutti. Hai visto il mio com'è gran-

de. Sennò sarei morto, no? Tu te ne fai uno piccolissimo. Nean-

che te ne accorgerai."

"Non ho detto che lo faccio. Ho detto che vengo a vedere."

"Va bene, come vuoi, se non ti piace non te lo fai, d'ac-

cordo?"

"Ecco, siamo arrivati." Camminano lungo una stradina. Per

terra c'è della sabbia, portata fin là dal vento, rubandola alla

spiaggia vicina. Sono a Fregene, al villaggio dei pescatori. Ba-

bi per un attimo si chiede se non è pazza. Oddio, sto per esse-

re tatuata, pensa, devo farmelo in un punto nascosto, ma non

troppo. Immagina sua madre che la scopre. Si metterebbe a

urlare. Sua madre urla sempre.

"Stai pensando a dove fartelo?"

"Ancora sto pensando se farmelo."

"Dai, ti è tanto piaciuto il mio quando l'hai visto. E poi ce

l'ha anche Pallina, no?"

"Sì, lo so, ma che c'entra? Lei se l'è fatto a casa da sola con

gli aghi e la china."

"Be', questo è molto meglio. Con la macchinetta viene an-

che colorato poi... È una figata."

261

"Ma siamo sicuri che la sterilizzano?" " '

"Ma certo, che ti viene in mente?"

10 non mi drogo, non ho mai fatto l'amore. Sarebbe proprio

il massimo della sfiga prendersi l'Aids facendomi un tatuaggio.

"Ecco, è questa."

Si fermano davanti a una specie di capanna. Il vento muo-

ve le canne che coprono il tetto in lamiera. Alla finestra ci so-

no dei vetri colorati. La porta è di legno marrone scuro. Sem-

bra quasi di cioccolata.

"John, si può?"

"Oh, Step, vieni."

Babi lo segue. La colpisce un forte odore di alcol. Almeno

quello c'è, ora bisogna solo vedere se lo usano anche. John è

seduto su una specie di sgabello e sta trafficando con la spal-

la di una ragazza bionda seduta davanti a lui su una panchet-

ta. Si sente il rumore di un motorino. A Babi ricorda quello del

trapano del dentista. Spera solo che non faccia così male. La

ragazza guarda avanti. Se prova dolore, non lo da a vedere. Un

ragazzo, appoggiato al muro, smette di leggere il "Corriere del-

lo Sport".

"Ti fa male?"

"No."

"E dai che ti fa male."

*5j "Ti ho detto di no."

11 ragazzo riprende a leggere il giornale. Sembra quasi scoc-

ciato che non le faccia male.

"Ecco fatto." John allontana la macchinetta e si avvicina

alla spalla per guardare meglio il suo lavoro. "Perfetta!"

La ragazza tira un sospiro di sollievo. Allunga il collo per

vedere se anche lei è d'accordo con l'entusiasmo di John. Ba-

bi e Step si avvicinano incuriositi. Il ragazzo smette di legge-

re e si sporge in avanti. Tutti si guardano in silenzio. La ra-

gazza cerca in giro un po' di approvazione.

"È bella, eh?" Una farfalla di mille colori splende livida sul-

la sua spalla. La pelle è un po' gonfia. Il colore ancora fresco,

misto al rosso del sangue, sembra particolarmente lucente.

"Bellissima" le risponde sorridendo quello che deve essere

il suo ragazzo.

"Molto." Anche Babi decide di darle un po' di soddisfazione.

"Ecco tieni, mettici questa." John le mette una garza ade-

siva sulla spalla. "Devi pulirla ogni mattina per qualche gior-

no. Vedrai che non ti farà infezione!"

La ragazza stringe i denti e tira su con la bocca dell'aria.

Una cosa è sicura. Almeno dopo, John l'alcol lo usa. Il tipo

262

tira fuori cinquanta euro e paga. Poi sorride e abbraccia la sua

ragazza appena tatuata.

"Ahia. Mi fai male, no!?"

"Oh, scusa tesoro." La prende delicatamente più sotto ed

esce con lei da quella pseudocapanna.

"Allora Step, fai vedere come va il tuo tattoo..."

Step tira su la manica destra del giubbotto. Sul suo mu-

scoloso avambraccio compare un'aquila dalla lingua rossa

fiammeggiante. Step muove la mano come un pianista. I suoi

tendini guizzano sotto la pelle dando vita a quelle grandi ali.

"È proprio bella." John guarda compiaciuto il suo lavoro.

"Andrebbe un po' ribattuta..."

"Un giorno di questi magari. Oggi siamo qui per lei."

"Ah, per questa bella signorina, e che cosa vorrebbe farsi?"

"Prima di tutto non vorrei farmi male e poi... lei la steri-

lizza ogni volta quella macchinetta, vero?"

John la tranquillizza. Smonta gli aghi e li pulisce con Tal-

col proprio davanti a lei.

"Hai già deciso dove fartelo?"

"Ma, vorrei un posto che non si noti. Se se ne accorgono i

miei sono dolori."

Si pente di quella frase. Forse sono dolori comunque.

"Be'," John le sorride, "ne ho fatti alcuni sulle chiappe, al-

tri sulla testa. Una volta è arrivata un'americana che ha insi-

stito per farselo, sì, insomma, hai capito dove... no? Prima l'ho

dovuta perfino rasare!"

John scoppia a ridere davanti a lei mostrando dei terribili

denti gialli. Babi lo guarda preoccupata. Oddio, è un maniaco.

"John." La voce un po' dura di Step arriva dalle sue spalle.

John cambia subito espressione. "Sì, scusa Step. Allora non

so, potremmo fare sul collo, sotto i capelli, oppure sulla cavi-

glia, o su un fianco."

"Ecco, su un fianco va benissimo."

"Tieni, scegli fra questi." John tira fuori da sotto un tavolo

un grosso libro. Babi comincia a sfogliarlo. Ci sono teschi, spa-

de, croci, rivoltelle, tutti disegni terribili. John si alza e si ac-

cende una Marlboro. Ha intuito che sarà una cosa lunga. Step

le si siede accanto. "Questo?" Le indica una svastica nazista

dentro una bandiera dal fondo bianco.

"Ma che...!!"

"Be', non è male..."

"Questo?" Le indica un grosso serpente dai colori violacei

e la bocca aperta in segno di attacco. Babi non gli risponde

neppure. Continua a sfogliare il grosso libro. Guarda le figure

263

velocemente, insoddisfatta, come se già sapesse che lì non

avrebbe trovato nulla di buono. Alla fine Babi gira anche l'ul-

tima pagina, quella di plastica dura e richiude il libro. Poi guar-

da John.

"No, non mi piace niente."

John da un tiro alla sigaretta e butta fuori il fumo sbuf-

fando. Proprio come prevedeva.

"Be', è il caso di farsi venire un'idea. Una rosa?"

Babi scuote la testa.

"Un fiore in generale, no?"

< "Non lo so..."

"Be', figlia mia, dacci una mano sennò qua ci possiamo sta-

re pure tutta la notte. Guarda che alle sette ho un altro ap-

puntamento."

-i "Ma non lo so. Vorrei una cosa un po' strana."

John si mette a camminare per la stanza. Poi si ferma. "Una

volta ho fatto sulla spalla di uno una bottiglia di Coca-Cola. È

venuta benissimo. Ti piacerebbe?"

"Ma a me la Coca-Cola non piace."

"Be', Babi digli qualcosa che ti piace, no?"

"Ma io prendo solo gli yogurt. Mica mi posso far tatuare

uno yogurt sul fianco!"

Alla fine trovano una soluzione. La propone Step. John è

d'accordo e a Babi piace moltissimo.

Step la distrae raccontando la vera storia di John, il cinese

dagli occhi verdi. Tutti lo chiamano così e lui si da un sacco di

arie orientali. Si spaccia per tale contornandosi di roba cinese.

In realtà è di Centocelle. Sta con una tipa di Ostia dalla quale

ha avuto pure un figlio e l'ha chiamato Bruce, in onore del suo

idolo. In realtà si chiama Mario e ha imparato a fare i primi ta-

tuaggi al Gabbio. Quegli occhi a mandorla, poi, sono solo due

gradi di miopia corretti con lenti da quattro soldi. Mario, o me-

glio John, scoppia a ridere. Step paga cinquanta euro. Babi con-

trolla il suo tatuaggio: perfetto. Poco dopo, sulla moto, si lascia

il primo bottone dei jeans aperto, allarga la garza e lo guarda

di nuovo, felice. Step se ne accorge. "Ti piace?"

"Moltissimo."

Sulla sua pelle delicata, ancora gonfia di colore, una pic-

cola aquila appena nata, identica a quella di Step, figlia della

stessa mano, assapora il vento fresco del tramonto.

Il campanello della porta suona. Paolo va ad aprire. Da-

vanti a lui un signore dall'aria distinta.

"Buonasera, cerco Stefano Mancini. Sono Claudio Gervasi."

264

"Buonasera, mio fratello non c'è." . >" *

"Sa quando torna?"

"No, non so nulla, non ha detto niente. A volte non viene

neanche a cena, torna direttamente la sera tardi." Paolo guar-

da quel signore. Chissà cosa ha a che fare con Step. Guai in ar-

rivo. Al solito, un'altra storia di botte. "Senta, se vuole acco-

modarsi, magari torna fra poco oppure telefona."

"Grazie."

Claudio entra nel salotto. Paolo chiude la porta, poi non

riesce più a resistere.

"Mi scusi, posso aiutarla in qualche cosa?"

"No, volevo parlare con Stefano. Sono il padre di Babi."

"Ah, ho capito." Paolo fa un sorriso di convenienza. In

realtà non ha capito nulla. Non sa minimamente chi sia que-

sta Babi. Una ragazza, altro che botte. Guai ancora peggiori.

"Mi scusi un attimo." Paolo va di là. Claudio, rimasto solo, si

guarda in giro. Si avvicina ad alcuni poster attaccati al muro,

poi tira fuori il pacchetto di sigarette e ne accende una. Al-

meno tutta questa storia un pregio ce l'ha. Posso tranquilla-

mente fumare. Che strano, però, quello è il fratello di Stefa-

no, di quello Step che ha picchiato Accado, eppure sembra un

ragazzo così perbene. Forse la situazione non è poi così di-

sperata. Raffaella come al solito esagera. Magari non valeva

neanche la pena di venire. Queste sono cose di ragazzi. Si si-

stemano naturalmente fra loro. È una storia così, una cotta.

Magari a Babi passa presto. Si guarda in giro in cerca di un

portacenere. Lo vede su un tavolino dietro al divano. Si avvi-

cina per buttarci la cenere.

"Stia attento." Paolo è sulla porta con uno straccio in ma-

no. "Mi scusi. Ma sta camminando proprio dove ha fatto pipì

il cane."

Pepite, il piccolo volpino dal folto pelo bianco compare in

un angolo del salotto. Abbaia quasi felice di rivendicare la sua

bravata.

Step e Babi si fermano nel cortile sotto casa. Babi guarda

il loro posto macchina. È vuoto.

"I miei non sono ancora tornati. Vuoi salire un attimo?"

"Sì, dai." Poi si ricorda del cane lasciato a casa con suo fra-

tello. Tira fuori il cellulare. "Aspetta, prima chiamo mio fra-

tello, voglio sapere se ha bisogno di qualcosa."

Paolo va a rispondere.

"Pronto?"

"Ciao, Fa'. Come va? È passato Pollo a prendere il cane?"

265

"No, quel deficiente del tuo amico ancora non è venuto.

Aspetto altri dieci minuti e poi metto il volpino fuori della

porta."

"Dai, non fare così. Sai che non vanno maltrattati gli ani-

mali. Piuttosto bisognerebbe portarlo fuori per fargli fare pipì."

"Già fatto, grazie!"

"Ma dai, come sei previdente, sei troppo forte, fratello."

"Non hai capito. L'ha già fatta lui e ha bagnato tutto il tap-

peto turco!"

Paolo all'immagine di uomo manager efficientissimo pre-

ferisce quella di semplice sfigato con straccio in mano che

asciuga la pipì del cane. Tutto per far sentire in colpa Step.

Niente da fare. Dall'altra parte del telefono, una grassa risata.

"Non ci credo!"

"Credici! Ah, senti. Qui c'è un signore che ti sta aspettando."

Paolo si gira verso il muro cercando di non farsi sentire

troppo. "È il padre di Babi. Ma che, è successo qualcosa?"

Step guarda sorpreso Babi.

"Sul serio?"

"Sì, ti pare che scherzo con te e su cose di questo genere

poi... Allora cosa succede?"

"Niente, poi ti dico. Passamelo, va."

Paolo allunga la cornetta verso Claudio.

"Signor Gervasi, è fortunato. C'è mio fratello al telefono."

Claudio andando al telefono si chiede se è veramente un

uomo fortunato. Forse sarebbe stato meglio non averlo trova-

to. Cerca di fare una voce sicura e profonda.

"Pronto?"

"Buonasera. Come va?"

"Bene, Stefano. Senta, io vorrei parlarle."

"Va bene, di cosa parliamo?"

"È una cosa delicata!"

"Non possiamo parlarne per telefono?"

"No. Preferirei vederla e dirgliela di persona."

> "Va bene. Come vuole."

$j "Allora, dove ci possiamo incontrare?"

"Non lo so, mi dica lei."

"Tanto si tratta di una cosa di pochi minuti. Lei dove si tro-

va in questo momento?"

A Step gli viene da ridere. Non è proprio il caso di dirgli

che è a casa sua.

"Sto da un amico. Dalle parti di Ponte Milvio."

"Ci potremmo vedere davanti alla chiesa di Santa Chiara,

ha presente dov'è?" , («i

266

"Sì. Io però l'aspetto alla quercia lì davanti. Preferisco. Sa

qual è? C'è una specie di giardinetto."

"Sì, sì la conosco. Allora facciamo lì fra un quarto d'ora."

"Va bene. Mi ripassa mio fratello, per favore?"

"Sì, subito."

Claudio gli ripassa la cornetta.

"La rivuole."

"Sì Step, dimmi?"

"Paolo, mi hai fatto fare una bella figura? L'hai fatto acco-

modare? Mi raccomando eh, che ci tengo. È una persona im-

portante. Pensa che sua figlia si è mangiata tutti i tuoi biscot-

ti al burro..."

"Ma veramente..." Paolo non ha il tempo di rispondergli.

Step ha già attaccato.

Claudio va verso la porta. "Mi scusi, io devo andare, la sa-

luto."

"Ah, certo, l'accompagno."

"Spero che avremo modo di vederci in una situazione più

tranquilla."

"Certamente." Si danno la mano. Paolo apre la porta. Pro-

prio in quel momento arriva Pollo.

"Ciao, sono venuto a prendere il cane."

"Meno male, era ora."

"Be', io la saluto."

"Buonasera."

Pollo rimane perplesso a guardare andar via quel signore.

"Chi era quello?"

"Il padre di una certa Babi. È venuto a cercare Step. Ma

cos'è successo? Chi è questa Babi?"

"È la donna del momento di tuo fratello. Dov'è il cane?"

"Sta in cucina. Ma perché vuole parlare con Step? C'è qual-

che problema?"

"Che ne so io!" Pollo sorride vedendo il cane. "Vieni Arnold,

andiamo." Il volpino, ribattezzato da poco, gli corre incontro

abbaiando. Fra i due c'è una certa simpatia oppure il cane pre-

ferisce essere chiamato così piuttosto che Pepite. Forse la Giac-

ci non l'ha mai capito, ma in realtà lui è un duro.

Paolo lo ferma.

"Oh, ma non è che questa Babi è..." Fa con la mano un ar-

co, allargando la sua pancia già abbastanza rilassata per con-

to suo.

"Incinta? Ma figurati. Da quanto ho capito, Step non ci riu-

scirebbe manco se fosse lo Spirito Santo."

267

>< "Ehi Babi, ciao, devo andare!" Step la prende fra le braccia.

"Ma dove? Rimani un altro po'." s

« "Non posso. Ho un appuntamento." .5 "

Babi si ribella al suo abbraccio.

"Sì, lo so con chi ti vedi. Con quella terribile rompisca-

tole, con quella brunetta. Ma ancora non ha capito? Non le

sono bastate le botte che le ho dato?"

Step ride e l'abbraccia di nuovo. "Ma che dici?" Babi cer-

ca di resistergli. Lottano per un po'. Poi Step vince facilmente

e le da un bacio. Babi rimane con le labbra serrate. Alla fine

accetta la dolce sconfitta. Però gli morde la lingua.

"Ahia."

"Dimmi subito con chi esci."

"Non potresti mai indovinare."

"Non è quella che ho detto prima, vero?"

"No."

"La conosco?"

j "Benissimo. Scusa, ma prima di tutto chiedimi se è una

donna o un uomo?"

~f Babi sbuffa. "È una donna o un uomo?"

j, "Un uomo."

_ "Allora sono già più tranquilla."

"Mi vedo con tuo padre."

"Mio padre?"

"È venuto a cercarmi a casa. Quando ho telefonato stava

lì. Abbiamo appuntamento fra poco in piazza Giochi Delfici."

"E cosa vuole mio padre da te?"

"Non lo so! Ma quando lo saprò ti telefono e te lo dico. Va

bene?"

Le da un bacio prepotente. Lei lo lascia fare, ancora stor-

dita e sorpresa da quella notizia. Step accende la moto e si al-

lontana velocemente. Lei lo guarda sparire dietro l'angolo. Poi

sale in casa. Silenziosa, sinceramente preoccupata. Cerca di

immaginare il loro incontro. Di che cosa avrebbero parlato? E

dove? E cosa sarebbe successo? Poi, pensando soprattutto a

suo padre, spera solo che non facciano a botte.

168

<."JU

49.

Quando Claudio arriva Step è già lì, seduto sul bordo del

muretto a rumare una sigaretta.

"Salve."

"Buonasera Stefano." Si danno la mano. Poi Claudio si ac-

cende anche lui una sigaretta per sentirsi più a suo agio. Pur-

troppo non raggiunge il risultato sperato. Quel ragazzo è stra-

no. Sta lì che sorride in silenzio, fissandolo con quel giubbot-

to scuro. È diverso da suo fratello. Tra l'altro è molto più gros-

so. A un tratto, mentre sta per sedersi vicino a lui sul muretto,

ha come un ricordo improvviso. Quel ragazzo ha menato il suo

amico Accado, gli ha spaccato il naso. Ora sta insieme a sua

figlia. Quel ragazzo è un tipo pericoloso. Avrebbe preferito mil-

le volte parlare con il fratello.

Claudio rimane in piedi. Step lo guarda incuriosito.

"Allora, di che parliamo di bello?"

"Be', ecco Stefano. A casa mia ultimamente ci sono stati

dei problemi."

"Sapesse quanti ce ne sono stati da me..."

"Sì, lo so, però vedi, noi prima eravamo una famiglia mol-

to tranquilla. Babi e Daniela sono due brave ragazze."

"È vero. Babi è una ragazza veramente a posto. Senta Clau-

dio, non è che ci potremmo dare del tu? A me già non piace

parlare troppo in generale. Poi se devo pensare a tutti quei lei,

le, allora diventa proprio impossibile."

Claudio sorride. "Certo." In fondo quel ragazzo non è an-

tipatico. Se non altro non gli ha ancora messo le mani addos-

so. Step scende dal muretto.

"Senti perché non andiamo a sederci da qualche parte. Al-

meno parliamo più comodi, magari ci beviamo una cosa."

"Va bene. Dove andiamo?"

"Qua vicino c'è un posto che hanno aperto certi amici miei.

269

È come se fossimo a casa, non ci darà fastidio nessuno." Step

monta sulla moto. "Seguimi."

Claudio sale in macchina. È soddisfatto. La sua missione si

sta rivelando più facile del previsto. Meno male. Segue Stefano

giù verso la Farnesina. A Ponte Milvio svoltano a destra. Clau-

dio sta ben attento a non perdere quel fanalino rosso che cor-

re nella notte. Se fosse successa una cosa del genere Raffaella

non gliel'avrebbe mai perdonata. Poco dopo si fermano in una

piccola via dietro a piazzale Clodio. Step indica a Claudio un

posto vuoto dove può mettere la macchina mentre lui lascia la

moto proprio davanti all'entrata del Four Green Fields. Al pia-

no di sotto c'è una gran confusione. Molti ragazzi sono seduti

su degli sgabelli davanti a un lungo bancone. Tutt'intorno qua-

dri e stemmi di birre di vari paesi. Un tipo con dei sottili oc-

chialetti e dei capelli spettinati si aggira frenetico dietro il ban-

cone preparando cocktail di frutta e semplici gin tonic.

"Ciao Antonio."

f "Oh, ciao Step, che ti porto?"

J "Non lo so, ora decidiamo. Tu cosa prendi?"

Mentre vanno a sedersi, Claudio si ricorda che non ha man-

niente. Decide di tenersi sul leggero.

"Un Martini."

"Una bella birra chiara e un Martini."

Si siedono a un tavolo in fondo, dove c'è un po' meno con-

fusione. Quasi subito arriva da loro una bellissima ragazza dal-

la pelle color ebano di nome Francesca. Porta quello che han-

no ordinato e si ferma al tavolo a chiacchierare con Step. Step

le presenta Claudio che educatamente le da la mano alzando-

si. Francesca rimane sorpresa.

"È la prima volta che viene una persona così in questo

locale."

Trattiene la mano di Claudio un po' più a lungo del solito.

Lui la guarda leggermente imbarazzato.

"È un complimento?"

"Certo! Lei è signorilmente affascinante." Francesca ride.

I lunghi capelli corvini danzano allegri davanti ai suoi bellis-

simi denti bianchi. Poi si allontana sensuale, sapendo benissi-

mo che sarebbe stata osservata. Claudio decide di non delu-

derla. Step se ne accorge.

"Bel culo, eh? È brasiliana. Le brasiliane hanno un culo da

favola. Almeno così dicono. Io non lo so perché in Brasile non

ci sono ancora stato, ma se sono tutte come Francesca..." Step

si scola divertito mezza birra.

"Sì, è veramente molto carina." Claudio beve il suo Mar-

270

tini, un po' scocciato che quel suo pensiero sia stato così

limpido.

"Allora, che stavamo dicendo? Ah sì, che Babi è proprio

una brava ragazza. È verissimo."

"Ecco, sì, insomma e Raffaella, mia moglie..."

"Sì, l'ho conosciuta. Bel caratterino m'è sembrato."

"Sì, in effetti." Claudio finisce il suo Martini. Proprio in

quel momento passa di nuovo Francesca. Si aggiusta i capelli

ridendo e lanciando uno sguardo provocante al loro tavolo.

"Hai fatto colpo, Claudio, eh? Senti, ci prendiamo qualco-

s'altro?" Non gli da il tempo di rispondere. "Antonio mi fai por-

tare un'altra birra? Tu che vuoi?"

"Ma no grazie, io non prendo niente..."

"Come non prendi niente, dai..." *

"Va bene, prendo anch'io una birra, va'!"

"Allora due birre e un po' d'olive, qualche palatina, insom-

ma facci portare un po' di roba da sgranocchiare."

Poco dopo arriva quello che hanno chiesto. Claudio rima-

ne un po' deluso. A portargliela infatti non è Francesca, ma un

tipo brutto, un negro cicciotto dalla faccia buona. Step aspet-

ta che si allontani.

"Anche lui è brasiliano. Ma è tutta un'altra storia, eh?"

Si sorridono. Claudio assaggia la sua birra. È buona e fre-

sca. Stefano è un tipo simpatico. Forse pure più simpatico del

fratello. Anzi, senz'altro. E beve un altro po' di birra.

"Insomma, ti stavo dicendo, Stefano, che mia moglie è mol-

to preoccupata per Babi. Sai, è l'ultimo anno e ha la maturità."

"Sì, lo so. Ho saputo pure la storia della professoressa, dei

problemi che ci sono stati."

"Ah, hai saputo..."

"Sì, ma sono sicuro che le cose si risolveranno."

"Lo spero proprio..." Claudio manda giù un lungo sorso di

birra ripensando ai cinquemila euro che ha dovuto sborsare.

Step invece pensa al cane della Giacci e ai tentativi di Pol-

lo di insegnargli a riportare gli oggetti.

"Vedrai Claudio, andrà tutto a posto. La Giacci non darà

più fastidio a Babi. Quel problema non esiste più, ti assicuro."

Claudio cerca di sorridere. Come fa a dirgli che il vero pro-

blema adesso è lui?

Proprio in quel momento entra un gruppo di ragazzi. Due

di loro vedono Step e gli vanno incontro.

"Oh, ciao Step! Dove cazzo sei finito? Non sai quanto ti ab-

biamo cercato, ancora aspettiamo la rivincita."

"Ho avuto da fare." , j« »f 5 «,- ;»

271

- "Strizza, eh?"

"Ma che cazzo dici? Paura di che? Vi abbiamo distrutto...

Ancora parli?"

"Ehi calma, non t'arrabbiare. Non t'abbiamo più visto. Hai

vinto quei soldi e sei sparito."

Anche l'altro ragazzo prende un po' di coraggio.

"Che poi avete sculato su quell'ultima palla."

"Ringraziate che non c'è Pollo. Sennò me li rigiocavo su-

bito, altro che sculato. Abbiamo fatto una serie di palle incre-

dibili, una buca dopo l'altra."

I due ragazzi fanno un'aria poco convinta.

"Sì, vabbe'." Vanno a prendere da bere al bancone. Step li

vede che chiacchierano. Poi guardano verso di lui e si metto-

no a ridere.

"Senti Claudio, tu sai giocare a biliardo?"

"Un tempo giocavo spesso, ero pure forte. Ma adesso è una

vita che non prendo una stecca in mano."

"Dai, ti prego, mi devi aiutare. Io quelli li batto come nien-

te. Basta che tu appoggi le palle. A metterle in buca ci penso io."

"Ma veramente, scusa, dovremmo parlare."

"Dai, parliamo dopo. Va bene?"

Forse dopo una partita a biliardo sarà più semplice par-

largli. E se perdiamo? Preferisce non pensarci. Step va al ban-

cone dai due ragazzi.

"Allora preso. Dai. Antonio aprici il tavolo. Ce li rigiochia-

mo subito, quei soldi."

"E con chi giochi tu, con quello?" Uno dei due ragazzi in-

dica Claudio.

"Sì, perché, ti fa schifo?"

"Come ti pare, contento tu..."

"Certo, se c'era Pollo era tutta un'altra storia. Lo sapete pu-

re voi. Vorrà dire che vi regalerò questi soldi. Va bene?"

"No, se devi fare così non giochiamo. Che poi dici che ab-

biamo vinto perché non c'era Pollo."

"Tanto a voi due vi batto pure da solo."

"Sì, ancora!"

"Volete aumentare la posta? Facciamo duecento euro? Ci

state? Però una secca, perché ho poco tempo."

I due si scambiano uno sguardo. Poi guardano il compa-

gno di Step. Claudio, seduto in fondo alla sala, gioca imba-

razzato con un pacchetto di Marlboro sul tavolo. È proprio

questo forse che li convince.

"Ok, andata, dai andiamo di là." I ragazzi prendono la sca-

tola con le palle. »..»..". , ...*,»j

272

"Claudio, sai giocare all'americana? Una partita secca, due*

cento euro?"

"No Stefano grazie. È meglio se parliamo."

"Dai, ne facciamo solo una. Se perdiamo, pago io."

"Non è questo il problema..."

"Che fate, giocate a biliardo?" È Francesca. Si mette

davanti a Claudio sorridente, con tutto il suo entusiasmo

brasiliano.

"Dai, vi vengo a vedere e tifo per voi. Faccio la ragazza

pompon."

Step guarda Claudio incuriosito.

"Allora?"

"Una sola però."

"Yahooo! Andiamo di là che li sfondiamo." Francesca lo

prende divertita sottobraccio e vanno tutti e tre nella sala

vicina.

Le palle sono già disposte sul panno verde. Uno dei due ra-

gazzi leva il triangolo. L'altro si mette in fondo al tavolo e con

un tiro preciso spacca. Palle di tutti i colori si spargono sul

panno scivolando silenziose. Alcune si urtano con dei rumori

secchi poi, piano piano, si fermano. Cominciano a giocare. Pri-

ma colpi semplici, calibrati, poi sempre più forti, pretenziosi,

difficili. A Claudio e a Step toccano le palle fasciate. Step im-

buca per primo. Gli altri fanno due palle, una terza di fortuna.

Quando tocca a Claudio gioca una palla lunga. È fuori allena-

mento. Il tiro risulta corto. Non riesce neanche ad avvicinarsi

alla buca. I due ragazzi si guardano divertiti. Si sentono già i

soldi in tasca. Claudio si accende una sigaretta. Francesca gli

porta un whisky. Claudio nota che, come tutte le brasiliane, ha

un seno piccolo, ma sodo e dritto sotto la maglietta scura. Po-

co dopo tocca di nuovo a lui. La seconda palla gli va meglio.

Claudio la centra in pieno e con un effetto preciso, mettendo-

la al centro. È il quindici, i due gliel'hanno lasciata giocare si-

curi che la sbagliasse.

"Centro!" Step gli da una pacca sulla spalla. "Bel colpo!"

Claudio lo guarda sorridendo, poi manda giù un altro sor-

so di whisky e si piega sul biliardo. Si concentra. Colpisce la

palla bianca leggermente a sinistra, prende la sponda e poi giù

lungo il bordo, dolcemente effettata. Un calcio perfetto. Buca.

I due ragazzi si guardano preoccupati. Francesca applaude.

"Bravo!" Claudio sorride. Con la punta della lingua bagna

il gessetto azzurro e lo passa rapido sulla sua stecca.

"Un tempo sì che ero forte!" Continuano a giocare. Anche

Step ne imbuca alcune. Ma i due sono più fortunati. Dopo po-

chi colpi a loro sono rimaste da mettere in buca solo una pal-

273

la rossa e poi la uno. Ora però tocca a Claudio. Sul tavolo ci

sono ancora due palle fasciate. Claudio spegne la sigaretta.

Prende il gessetto e mentre lo passa veloce sulla stecca studia

la situazione. Non è delle migliori. La dodici è abbastanza vi-

cino alla buca di fondo, ma la dieci è quasi a metà tavolo. Do-

vrebbe fare un'uscita perfetta, fermarsi lì davanti e imbucarla

nella buca centrale sinistra. Un tempo forse ci sarebbe riusci-

to, ma ora... Quanti anni sono che non gioca? Si scola l'ultimo

sorso di whisky. Tornando giù incrocia lo sguardo di France-

sca. Tanti, almeno quanti sembra averne quella splendida ra-

gazza. Si sente leggermente stordito. Le sorride. Ha la pelle co-

lor miele e quei capelli scuri e un sorriso così sensuale. È an-

che tenera, nello stesso tempo. Le ha dato diciotto anni. For-

se ne ha anche qualcuno in meno. Oddio pensa, potrebbe es-

sere mia figlia. Perché sono venuto qui? Per parlare con Ste-

fano, il mio amico Step, il mio compagno. Apre e chiude gli

occhi. Sta sentendo l'effetto dell'alcol. Be', ormai sto giocan-

do, tanto vale finire la partita. Poggia la mano sul tavolo, ci

mette sopra la stecca e la fa scivolare tra il pollice e l'indice,

provandola. Poi inquadra la pallina bianca. È lì, ferma in mez-

zo al tavolo, fredda. In attesa di essere colpita. Fa un lungo re-

spiro, butta fuori l'aria. Ancora una prova e poi colpisce. Pre-

ciso. Con la giusta forza. Sponda laterale e poi di striscio la do-

dici: buca. Perfetto. Poi la palla bianca comincia a risalire. Ve-

loce, troppo veloce. No, fermati, fermati. L'ha colpita con trop-

pa forza. La palla bianca supera la dieci e si ferma più in là,

oltre la metà campo, davanti a Claudio, dispettosa e crudele. I

due avversar! si guardano tra loro. Uno dei due alza le so-

pracciglia, l'altro fa un sospiro di sollievo. Per un attimo han-

no temuto di perdere la partita. Si sorridono. Da quella posi-

zione è veramente un tiro impossibile. Claudio fa il giro del ta-

volo. Studia tutte le distanze. Difficile. Dovrebbe fare quattro

sponde. Sta lì in un angolo appoggiato con le mani sul bordo

del tavolo che ci pensa.

"Che ti frega, provaci." Claudio si gira. Step è dietro di lui.

Ha capito benissimo a cosa sta pensando.

"Sì, ma quattro sponde..."

"Embe'? Al massimo perdiamo... Ma se le fai, pensa come

cazzo ci rimangono!"

Claudio e Step guardano i loro due avversali. Si sono fatti

portare due birre e stanno già bevendo alla loro vittoria.

"Già che ci frega, al massimo perdiamo!" Claudio ormai è

ubriaco. Si porta dall'altra parte del tavolo. Ingessa la stecca,

si concentra e colpisce. La palla bianca sembra volare sul pan-

274

no verde. Una. Claudio ripensa ai tanti pomeriggi passati a gio-

care a biliardo. Due, agli amici di un tempo, quando si stava

sempre insieme. Tre, alle ragazze, ai soldi che non aveva, a

quanto ci si divertiva. Quattro. Alla giovinezza passata, a Fran-

cesca, ai suoi diciassette anni... E in quel momento la palla

bianca colpisce in pieno la dieci. Da dietro, con forza, sicura,

precisa. Un rumore sordo. La palla vola in avanti nella buca

centrale.

"Centro!"

"Yahooo!" Claudio e Step si abbracciano. "Cazzo hai pure

sculato. Guarda dove ti è uscita."

La palla bianca è ferma di fronte alla uno gialla a pochi

centimetri dalla buca di fondo. Claudio la mette dentro con un

colpo tacilissimo.

"Abbiamo vinto!" Claudio abbraccia Francesca e riesce per-

fino a sollevarla. Poi, ballando abbracciato a lei finisce addos-

so a uno dei due awersari.

"E levati dal cazzo." Il tipo da una spinta a Claudio, facen-

dolo finire contro il biliardo. Francesca si rialza subito. Clau-

dio, leggermente stordito, ci mette un po'. Il tipo lo prende per

la giacca e lo tira su.

"Hai fatto il furbo, eh? Sono tanti anni che non gioco... Ra-

gazzi sono fuori allenamento." Claudio è terrorizzato. Sta lì,

senza capire bene che fare.

"Era tanto che non giocavo, sul serio."

"Ah sì! Be', dall'ultimo colpo non si direbbe." <

"È stata solo fortuna."

"Ehi, basta, mollalo." Il tipo fa finta di non sentire Step.

"Ho detto lascialo." Improvvisamente si sente trascinare via.

Claudio si ritrova libero con la giacca di nuovo larga. Ripren-

de fiato mentre il tipo finisce contro il muro. Step gli tiene la

mano sulla gola. "Che, non ci senti? Non mi va di litigare. For-

za, tira fuori i duecento euro. Avete insistito voi a giocare."

L'altro si avvicina con i soldi in mano.

"Ci hai imbrogliato però, quello gioca dieci volte meglio di

Pollo."

Step prende i soldi, li conta e se li mette in tasca.

"È vero, ma mica è colpa mia... io neanche lo sapevo..."

Poi prende Claudio sottobraccio ed escono vincitori dalla

sala del biliardo. Claudio si fa un altro whisky. Stavolta per ri-

prendersi dallo spavento.

"Grazie Step. Cavoli, quello mi voleva spaccare la faccia."

"No, è tutta scena, è solo incavolato nero! Tieni Claudio,

questi sono i tuoi cento euro." .tox

275

"No, dai, non posso accettarli!"

« * "Come no? Cazzo la partita l'hai praticamente vinta tu!"

ì "Va bene, allora facciamo una bella bevuta. Pago io."

< Poco più tardi, Step, vedendo com'è ridotto Claudio, lo ac-

COmpagna alla macchina.

» " "Sei sicuro di arrivare fino a casa?"

»-> "Sicurissimo, non ti preoccupare."

. "Sicuro, eh? Non ci metto niente a scortarti."

« "No, sul serio, sto bene."

"Va bene, come vuoi. Bella partita, eh?"

"Bellissima!" Claudio fa per chiudere la portiera.

*\ "Claudio, aspetta!" È Francesca. "Che fai, non mi saluti?"

/«. "Hai ragione, ma c'era tutta quella confusione."

Francesca si infila in macchina e lo bacia sulle labbra, te-

neramente, con ingenuità. Poi si stacca e gli sorride.

"Allora ciao, ci vediamo. Vieni a trovarmi qualche volta. Io

sto sempre qui."

"Certo che verrò." Poi, mette in moto e si allontana. Ab-

bassa il finestrino. L'aria fresca della notte è piacevole. Infila

un ed nello stereo e si accende una sigaretta. Poi, completa-

mente ubriaco, batte forte le mani sul volante.

"Uau! Cazzo che palla! E che fica..." Improvvisamente si

sente felice come non lo è da tanto tempo. Poi, man mano che

si avvicina a casa, ritorna triste. Cosa posso dire a Raffaella?

Si infila nel garage ancora indeciso sulla versione definitiva.

La manovra, che già gli riesce difficile da sobrio, da ubriaco

risulta impossibile. Scendendo dalla macchina, guarda il graf-

fio sulla fiancata e la Vespa caduta contro il muro. La tira su

scusandosi da solo.

"Povera Puffina, ti ho abbozzato la Vespa." Poi sale a casa.

Raffaella è lì che lo aspetta. È il peggior interrogatorio della

sua vita, peggio di quello dei film polizieschi. Raffaella fa solo

il poliziotto cattivo, l'altro, quello buono, quello che nei film fa

l'amico e offre un bicchier d'acqua o una sigaretta, non esiste.

"Allora si può sapere com'è andata? Forza, racconta!"

"Bene, anzi benissimo. Step è una persona perbene in fon-

do, un bravo ragazzo. Non c'è da preoccuparsi."

"Come non c'è da preoccuparsi? Ma se ha spaccato il naso

ad Accado?"

"Magari è stato provocato. Che ne sappiamo noi? E poi Raf-

faella, diciamoci la verità, Accado è un bel rompicoglioni..."

"Ma cosa stai dicendo? Ma gli hai detto di lasciar stare no-

stra figlia, che non deve vederla, sentirla, andarla a prendere

a scuola?" > ** ^

276

"Veramente a quel punto non ci siamo arrivati."

"E che gli hai detto? Cosa hai fatto fino adesso? È mezza-

notte!"

Claudio crolla.

"Abbiamo giocato a biliardo. Pensa tesoro, abbiamo bat-

tuto due sbruffoni! Io ho fatto le ultime due palle. Ho pure vin-

to cento euro. Forte, no?"

"Forte? Sei il solito deficiente, un incapace. Sei ubriaco,

puzzi di fumo e non sei riuscito neanche a mettere a posto quel

delinquente."

Raffaella se ne va di là, arrabbiata. Claudio fa un ultimo

tentativo per calmarla.

"Raffaella, aspetta!"

"Che ce?"

"Step ha detto che si laurea." Raffaella sbatte la porta e si

chiude in camera. Neanche quell'ultima bugia è servita. Cavo-

li, dev'essere proprio arrabbiata. Per lei quel pezzo di carta è

tutto. In fondo a me non ha mai perdonato di non aver preso

la laurea. Poi, sconfortato da quell'ultima considerazione, agi-

tato dalla serata in generale, si trascina ubriaco in bagno. Al-

za la tavoletta e vomita. Più tardi, mentre si spoglia, dalla ta-

sca della giacca cade un foglietto. È il numero di telefono di

Francesca. La bella ragazza dai capelli corvini e la pelle color

miele. Deve avermelo messo quando mi ha baciato in macchi-

na. Lo rilegge. Sì, quella scena gli ricorda il film Papillon. Ste-

ve McQueen, in prigione, riceve un messaggio di Dustin Hoff-

man e per farlo sparire lo ingoia. Claudio impara il numero a

memoria poi preferisce buttare il foglietto nel water. Se aves-

se provato a mandarlo giù avrebbe vomitato di nuovo. Tira l'ac-

qua, spegne la luce, esce dal bagno e si infila nel letto. Rima-

ne così, galleggiando fra le lenzuola ancora leggermente ubria-

co, dolcemente trascinato da quei giramenti di testa. Che se-

rata grandiosa. Un colpo magnifico. Una carambola incredi-

bile. La birra, il whisky, il suo compagno Step. Hanno vinto

duecento sacchi. E Francesca? Hanno ballato insieme, l'ha pre-

sa fra le braccia e stretto quel corpo sodo. Ricorda i suoi ca-

pelli scuri, la pelle color miele, il suo morbido bacio in mac-

china, tenero e sensuale, profumato. Si eccita. Ripensa al fo-

glietto che ha trovato in tasca. È un chiaro invito. E fatta. Una

passeggiata. Domani la chiamo. Oddio, com'è il numero? Pro-

va a ripeterselo. Ma si addormenta con un senso di dispera-

zione. Se l'è già dimenticato. ,,, , .

27?

Si,

-*"! -.i-»»

. ^

"E avete vinto?" Pollo non crede alle sue orecchie.

"Gli abbiamo tolto duecento euro pari pari!"

i "Giura, quindi questo padre di Babi è un tipo simpatico?"

"Un mito, un vero fratello! Pensa che Francesca mi ha det-

to che le piace un casino."

"A me sembra un farloccone!"

"Perché, te quando l'hai visto?"

"Quando sono tornato a casa tua a prendere il cane."

"Ah, già. A proposito, Arnold come va?"

'Tortissimo. Guarda che quel cane è proprio intelligente.

Sono sicuro che fra un po' imparerà a riportare la roba. L'al-

tro giorno stavo sotto casa, gli ho tirato un bastone ed è anda-

to a prenderlo. Solo che poi s'è messo a giocare lì nel parco con

una cagnetta. Quello va con tutte, poveraccio, mi sa che la Giac-

ci non lo faceva chiavare mai!"

Step si ferma davanti a un portone.

"Siamo arrivati. Mi raccomando non fare casino." Pollo lo

guarda storto.

"Perché faccio mai casino io?"

"Sempre."

"Ah, sì? Guarda che sono venuto solo per farti un favore."

Salgono al secondo piano. Babi sta facendo la baby-sitter

a Giulio, il figlio dei Mariani, un bambino di cinque anni dai

capelli chiari come la sua pelle.

Babi li aspetta sulla porta.

"Ciao." Step la bacia. Lei rimane un po' sorpresa di vedere

anche Pollo. Lui borbotta qualcosa che deve essere un "ciao"

e si piazza subito sul divano vicino al bambino. Cambia cana-

le in cerca di qualcosa di meglio di quegli stupidi cartoni ani-

mati giapponesi. Giulio naturalmente comincia a fare storie.

Pollo cerca di convincerlo.

"No dai, adesso cominciano quelli più belli. Adesso arriva-

278

no le tartarughe volanti." Giulio ci casca in pieno. Si mette an-

che lui a vedere in silenzio // processo del lunedì, attendendo

fiducioso. Babi va in cucina con Step.

"Si può sapere perché l'hai portato?"

"Mah, ha tanto insistito. E poi Pollo ha un debole per i bam-

bini."

"Non mi sembra! Neanche è arrivato e già l'ha fatto pian-

gere."

"Allora diciamo che l'ho fatto per stare solo con te." L'ab-

braccia. "Certo che sono proprio sincero, tu tiri fuori il meglio

di me. Anzi, perché non ci spogliamo?"

La trascina ridendo nella prima camera da letto che trova.

Babi cerca di resistere, ma alla fine si lascia convincere dai suoi

baci. Finiscono tutti e due su un piccolo letto.

"Ahia."

Step si porta la mano dietro la schiena. Un carro armato

appuntito l'ha centrato proprio fra le due scapole. Babi si met-

te a ridere. Step lo butta sul tappeto. Libera il letto da guer-

rieri elettronici e alcuni mostri scomponibili. Poi, finalmen-

te tranquillo, accosta la porta con il piede e si dedica al suo

gioco preferito. Le accarezza i capelli baciandola, la sua ma-

no corre veloce sui bottoni della sua camicetta slacciandoli.

Le alza il reggisene e la bacia sulla pelle più chiara, dolce-

mente più morbida, rosata. Poi all'improvviso qualcosa tra-

fìgge il suo collo.

"Ahia." Step porta veloce la mano nel punto dove è stato col-

pito. Nell'oscurità la vede ridere, armata di uno strano pupaz-

zetto dalle orecchie appuntite. E quel sorriso così fresco, quella

sua aria così ingenua lo colpiscono ancora più in fondo.

"Mi hai fatto male!"

"Non possiamo stare qua, è la camera di Giulio. Pensa se

entra."

"Ma se c'è Pollo. Gli ho dato ordini precisi. Quel terribile

bambino è praticamente finito, immobilizzato. Non si può al-

zare da quel divano."

Step si rituffa sul suo seno. Lei gli accarezza i capelli la-

sciandosi baciare.

"Giulio è bravissimo. Sei tu che sei un bambino terribile."

Pollo sta mangiando un panino che ha preso dalla cuci-

na insieme a una bella birra gelata, quando Giulio si alza dal

divano.

"Dove vai?"

"In camera mia."

"No, devi stare qua." , ») *r -w|,

279

>« "No, voglio andare in camera mia."

Giulio fa per andarsene, ma Pollo lo tira per il piccolo golf

di lana rosso trascinandolo praticamente vicino a lui sul diva-

no. Giulio prova a ribellarsi, ma Pollo gli mette il gomito sul-

la pancia bloccandolo. Giulio comincia a lamentarsi.

"Lasciami, lasciami!"

"Dai, che adesso iniziano i cartoni animati."

"Non è vero." Giulio guarda di nuovo la televisione e, for-

se anche per colpa di un primo piano di Biscardi, scoppia a

piangere. Pollo lo libera.

"Tieni, la vuoi assaggiare questa? È buonissima, la bevono

solo i grandi."

Giulio sembra leggermente interessato. Si impadronisce con

tutt'e due le mani della lattina di birra e ne beve un sorso.

"Non rni piace, è amara."

"Allora guarda zio Pollo che ti da..."

Poco dopo, Giulio gioca felice per terra. Fa rimbalzare i

palloncini rosati che zio Pollo gli ha regalato. Pollo lo guarda

sorridente. In fondo ci vuole così poco per far felice un bam-

bino. Bastano due o tre preservativi. Tanto lui quella sera non

li avrebbe usati. Dalla camera da letto non viene nessun ru-

more. Neanche Step sembra averne bisogno, pensa divertito

Pollo. Poi, siccome si sta annoiando, decide di fare qualche

telefonata.

Nella penembra di quella camera piena di giocattoli, Step

le accarezza la schiena, le spalle. Fa scivolare la mano lungo il

suo braccio poi lo prende e lo porta vicino al viso. Lo bacia. La

sfiora con la bocca, lungo tutta la sua pelle. Babi ha gli occhi

socchiusi, dolcemente prigioniera dei suoi sospiri. Step le apre

la mano delicatamente, le bacia il palmo e poi la posa sul suo

petto nudo, abbandonandola ai suoi pensieri. Babi rimane im-

mobile, improvvisamente spaventata. Oddio, ho capito. Ma non

ce la farò mai. Non l'ho mai fatto. Non ci riuscirò. Step conti-

nua a baciarla teneramente sul collo, dietro le orecchie, sulle

labbra. Mentre le sue mani, più sicure e tranquille, più esper-

te, si impadroniscono di lei come morbide onde, lasciando in

quella spiaggia sconosciuta un naufrago piacere.

Poi all'improvviso, trascinata da quella corrente, da quel-

la brezza di passione, anche lei si muove. Babi prende corag-

gio. Si stacca lentamente da lì dove è stata lasciata e comincia

ad accarezzarlo. Step la stringe a sé dandole fiducia, tranquil-

lizzandola. Babi si lascia andare. Le sue dita scendono legge-

re su quella pelle. Sente la sua pancia, i forti addominali. Ogni

280

scalino per lei è un baratro, un abisso, un passo difficile da

compiere, quasi impossibile. Eppure ce la deve fare e, tratte-

nendo il respiro nel buio della stanza, improvvisamente salta.

Si ritrova così con le sue dita che accarezzano quell'accenno

di morbidi riccioli e poi più giù sui suoi jeans, su quel botto-

ne, il primo per lei in ogni senso. E in quel momento, senza sa-

pere perché, pensa a Pallina. Lei, già più sicura, più esperta.

Immagina quando glielo racconterà. Sai, allora lì non ce l'ho

fatta, non ci sono riuscita. Questo forse le da il coraggio, l'ul-

tima spinta. Improvvisamente lo fa. L'apre. Quel primo botto-

ne dorato esce dall'asola con un rumore leggero, jeansato. Nel

silenzio della stanza lo sente tutto, arriva nitido e chiaro fino

alle sue orecchie. Ce l'ha fatta. Fa quasi un sospiro. Ora è tut-

to più facile. La sua mano, ora più sicura, passa al secondo e

poi al terzo e poi più giù mentre i bordi dei jeans si allontana-

no fra loro, sempre più liberi. Step si stacca dolcemente da lei,

lascia andare la testa all'indietro. Babi lo raggiunge subito di

nuovo, rifugiandosi timida in quel bacio, vergognandosi di quel-

la minima lontananza. Poi un rumore improvviso. Delle porte

che sbattono.

"Che succede?"

E, come per incanto, si spezza quella magia. Babi leva la

mano e si tira su.

"Che cos'era?"

"Che ne so? Dai vieni qua." Step la tira di nuovo a sé. Un

altro rumore. Qualcosa che si rompe.

"No, cavoli, di là sta succedendo un macello!" Babi si alza

dal letto. Si mette a posto la gonna, si riabbottona la camicia

ed esce veloce dalla stanza. Step si lascia cadere sul letto con

le braccia aperte.

"Vaffanculo a Pollo!" Poi si richiude i jeans e quando arri-

va in salotto non crede ai suoi occhi. "Che cazzo fate?"

Ci sono tutti. Bunny e Hook stanno facendo una specie di

lotta sul tappeto. Vicino a loro c'è un lume rovesciato. Schello

sta seduto con i piedi sul divano, mangia un pacco di palatine

e guarda Sex and thè City. Lucone ha il bambino sulle gambe

e gli sta facendo fumare una canna.

"Guarda Step! Guarda che faccia da sconvolto ha questo ra-

gazzine." Babi si scaglia come una furia su Lucone, gli toglie la

canna dalle mani e la spegne in un portacenere.

"Fuori! Fuori di qui. Immediatamente."

Sentendo quelle grida, dalla cucina escono Dario e un al-

tro con una birra in mano. Arriva anche il Siciliano con una

ragazza. Sono rossi in viso. Step pensa che devono aver fatto

281

quello che lui e Babi non hanno neanche tentato. Beati loro!

Babi comincia a spingerli uno per uno fuori dalla porta.

"Uscite tutti da qui... Fuori!"

Divertiti, si lasciano trascinare facendo ancora più casino.

Step l'aiuta.

"Forza ragazzi fuori." Per ultimo spinge Pollo. "Con te fac-

cio i conti dopo."

"Ma io ho chiamato solo Lucone; è colpa sua che ha avvi-

sato gli altri."

"Stai zitto." Step gli da un calcio nel sedere e lo scaraven-

ta fuori dalla porta. Poi aiuta Babi a mettere a posto.

"Guarda, guarda che hanno fatto quei vandali."

Gli mostra il lume rotto e il divano macchiato con la bir-

ra. Le patatine sparse ovunque. Babi ha le lacrime agli occhi.

Step non sa più che dire.

"Scusami. Dai, ti do una mano a pulire,"

"No grazie, faccio da sola."

"Ma sei arrabbiata?"

"No, ma è meglio se te ne vai. Fra poco tornano i genitori."

"Sei sicura che non vuoi che ti aiuto?"

"Sicura."

Si scambiano un bacio frettoloso. Poi lei chiude la porta.

Step scende giù. Si guarda intorno. Non c'è nessuno. Monta

sulla moto e l'accende. Ma proprio in quel momento da dietro

una macchina spunta tutto il gruppo. Nella notte si alza un co-

ro. "Bravo baby-sitter, oh oh oh!" con tanto di applausi. Step

scende al volo dalla moto e comincia a correre dietro a Pollo.

"Oh, io non c'entro niente! Prenditela con Lucone! È col-

pa sua!"

"Mortacci tua, ti sfondo!"

"Dai che non stavi a fare niente di là. Ti stavi annoiando!"

Continuano a correre giù per la via tra le risate lontane de-

gli altri e la curiosità di qualche inquilino insonne.

Babi raccoglie i pezzi del lume, li butta nel secchio poi pu-

lisce per terra e smacchia il divano. Alla fine, stanca, si guar-

da intorno. Be', poteva andare peggio. Dirò che il lume mi è

caduto mentre giocavo con Giulio. Il bambino d'altronde non

potrà mai negarlo. È lì che dorme un sonno profondo, com-

pletamente fumato.

282

Ij» >*>

"i- > **«! *«. 51.

La mattina dopo Step si sveglia e va in palestra. Ma non lo

fa per allenarsi. Cerca qualcuno. Alla fine lo trova. Si chiama

Giorgio. È un ragazzine di quindici anni che ha un'ammira-

zione sconfinata per lui. Non è l'unico. Anche gli amici di Gior-

gio parlano di Step come di una specie di Dio, un mito, un ido-

lo. Sanno tutte le sue storie, tutto ciò che si racconta su di lui

e loro non fanno altro che alimentare ancora di più quella che

ormai è diventata una specie di leggenda. Quel ragazzine è uno

fidato. L'unico al quale Step può chiedere un favore di quel ge-

nere senza correre il pericolo di finire sputtanato. Anche per-

ché dove finisce l'ammirazione comincia il terrore.

Poco più tardi Giorgio è alla Falconieri. Cammina rasente

i corridoi senza farsi vedere e alla fine entra nella m B, la clas-

se di Babi. La Giacci sta facendo lezione, ma stranamente

non dice nulla. Babi rimane senza parole. Guarda sul suo

banco quell'enorme mazzo di rose rosse. Legge divertita il

biglietto: / miei amici sono un po' un disastro, ma ti promet-

to che stasera a cena da me saremo soli. Uno che non c'entra

niente.

La notizia fa presto il giro della scuola. Nessuno ha mai

fatto una cosa del genere. All'uscita Babi scende le scale della

Falconieri con quell'enorme mazzo di rose rosse fra le braccia

spazzando via gli ultimi dubbi. Tutti parlano di lei. Daniela è

fiera di sua sorella. Raffaella si arrabbia ancora di più e Clau-

dio naturalmente si prende un'altra strigliata.

Quel pomeriggio Step sta rimettendo a posto una raccolta

di tavole di Pazienza appena comprate quando suonano alla

porta. È Pallina.

"Oh, prima ho fatto la cupida, ora faccio la postina. La pros-

sima volta che mi toccherà fare?" Step ride. Poi le prende il

pacco dalle mani e la saluta. C'è un grembiule a fiorellini rosa

e un biglietto: Accetto solo se cucini tu e soprattutto se lo fai

283

mettendoti il mio regalo, p.s. Vengo io, ma alle otto e mezzo, non

prima perché ci sono i miei!".

Poco dopo Step è nell'ufficio di suo fratello.

"Paolo, stasera mi serve casa libera, assolutamente."

"Ma io ho invitato Manuela."

"E invece la inviti un altro giorno... Dai, Manuela la vedi

sempre. Cavoli, Babi viene solo stasera..."

"Babi? Ma chi è? La figlia di quello che è venuto a casa

nostra?"

"Sì, perché?"

"Quello mi sembrava arrabbiato. Ci hai parlato poi?"

"Come no. Siamo andati a giocare a biliardo insieme e ci

siamo pure ubriacati."

"Vi siete ubriacati?"

"Sì, insomma... Veramente si è ubriacato solo lui."

"L'hai fatto bere?"

"Ma che l'ho fatto bere. Ha bevuto lui. Ma dai! Ma che mi

frega. Allora siamo d'accordo, eh? Stasera esci. Va bene?"

Poi, senza aspettare la sua risposta esce veloce dall'ufficio.

È talmente preso da quello che deve fare che non si accorge

neanche del sorriso che gli fa la segretaria di Paolo.

Da casa telefona a Pollo. Lo avvisa di non passare, di non

telefonare e soprattutto di non fare casini di alcun genere.

"Guarda, ne va della tua testa. Anzi peggio, della nostra

amicizia e non sto scherzando!" Poi fa una lista della roba da

comprare, va al supermercato sotto casa e prende di tutto, per-

fino un pacco di quei biscotti inglesi al burro che piacciono

tanto a suo fratello. In fondo Paolo se li merita. Tutto somma-

to è un bravo ragazzo. Ha alcune fissazioni tipo la macchina,

il lavoro e soprattutto Manuela. Ma, con il tempo, gli sarebbe-

ro passate. Poi mentre sale in casa ci ripensa. No, Manuela non

gli sarebbe passata mai. Ormai sono sei anni che stanno in-

sieme e non da segni di cedimento. Bella cozza però e, da quan-

to ha capito, si è perfino fatta qualche storia per conto suo. A

parte suo fratello, non riesce a capacitarsi di quale pazzo pos-

sa avere una storia con Manuela. Brutta, antipatica e perfino

saputa. Una tuttologa. Non c'è niente di peggio. Povero Paolo.

In fondo sono affari suoi. Io mi farei la segretaria. E dopo que-

st'ultima considerazione positiva, accende la radio e va in cu-

cina a lavare l'insalata.

Alle otto è tutto pronto. Ha sentito la ultima new entry del-

la classifica americana, non si è messo il grembiule di Babi, ma

in compenso l'ha poggiato su una sedia pronto a mentire al mo-

mento opportuno. Guarda i risultati di quella faticaccia. Car-

284

paccio grana e rughetta. Insalata mista con avocado e una ma-

cedonia di frutta condita con del maraschino. Affiorano i ricor-

di. Quella macedonia la mangiava spesso da piccolo. Li lascia

passare tranquillo. È felice. Quella è la sua serata, non vuole che

nulla possa rovinarla. Controlla compiaciuto la tavola, mette me-

glio un tovagliolo. È proprio un grande chef, ma non sa che i

coltelli vanno messi dall'altra parte. Comincia a girare per casa

nervoso. Si lava le mani. Si siede sul divano. Si fuma una siga-

retta, accende la televisione. Si lava i denti. Le otto e un quarto.

Il tempo sembra non passare mai in certe occasioni. Fra un quar-

to d'ora arriva, ceneremo insieme, chiacchiereremo tranquilli.

Staremo sul divano senza che nessuno ci disturbi. Poi andremo

in camera mia e... No, Babi non lo farebbe mai. È troppo pre-

sto. O forse sì. Non c'è un presto per certe cose. Sarebbero sta-

ti un po' insieme, poi magari sarebbe successo. Cerca di ricor-

darsi una canzone di Battisti. "Che sensazione di leggera follia

sta colorando l'anima mia, il giradischi, le luci basse e poi...

Champagne ghiacciato e l'avventura può..." Cavoli. Ecco che mi

sono dimenticato! Lo champagne! Fondamentale! Step va velo-

ce in cucina, apre tutti gli sportelli. Niente da fare. Trova solo un

Pinot grigio. Lo mette in freezer. Be', meglio di niente. Proprio

in quel momento squilla il cellulare. È Babi.

"Non vengo." Ha una voce fredda e scocciata.

"Perché? Ho preparato tutto. Mi sono messo pure il grem-

biule che mi hai regalato" mente Step.

"Ha telefonato la signora Mariani. Le è sparita una colla-

na d'oro con dei brillanti. Ha dato la colpa a me. Non mi chia-

mare più."

Babi attacca. Poco dopo Step è a casa di Pollo.

"Chi cazzo può essere stato? Ti rendi conto? Begli amici di

merda."

"Dai Step, non dire così! Quante volte è capitato di andare

a casa di qualcuno e fottere la roba. Praticamente a ogni festa."

"Sì, ma mai a casa della donna di uno di noi!"

"Mica era casa di Babi..."

"No, ma c'è andata di mezzo lei. Devi aiutarmi a fare una

lista di quelli che c'erano..." Step prende un pezzo di carta. Poi

comincia a cercare frenetico una penna. "Oh, ma non c'è nien-

te per scrivere qua..."

"Non ce n'è bisogno. Io so chi ha preso la collana."

«/-il r\H

Chi?

Allora Pollo fa un nome, l'unico che Step non avrebbe mai

voluto sentire. È stato il Siciliano.

285

Step guida la sua moto nella notte. Non s'è voluto fare ac-

compagnare da Pollo. Quella è una questione fra lui e il Sici-

liano. Nessun altro. Stavolta non è una faccenda di semplici

flessioni. Questa volta la storia è più complicata.

Il sorriso del Siciliano non promette niente di buono.

"Ciao Siciliano. Senti, non voglio litigare."

Un pugno colpisce Step in pieno viso. Step barcolla all'in-

dietro. Questa proprio non se l'aspettava. Scrolla la testa per

riprendersi. Il Siciliano gli si scaglia contro. Step lo blocca con

un calcio dritto per dritto. Poi, mentre riprende fiato, pensa al-

la cena che ha preparato, al grembiule a fiori e a quanto avreb-

be voluto diversa quella serata. Una serata tranquilla, a casa,

con la sua donna fra le braccia. Invece no. Il Siciliano è lì, di

fronte a lui, in posizione. Con tutt'e due le mani gli fa segno di

avanzare.

"Vieni dai, vieni avanti."

Step scuote la testa e respira a fondo.

"Cazzo, non so com'è, ma i miei sogni non si realizzano mai."

Proprio in quel momento il Siciliano si getta in avanti. Step

stavolta è preparato. Scarta di lato, lo colpisce in faccia con un

diretto potente e preciso. Sotto il suo pugno sente il naso ac-

cartocciarsi, la cartilagine già morbida e provata scrocchiare

di nuovo. Le sopracciglia unirsi doloranti. Allora vede la sua

faccia, quella smorfia, il labbro inferiore che assaggia il suo

stesso sangue. Lo vede sorridere e in quel momento capisce

quanto tutto sarebbe stato difficile.

Babi è seduta sul divano. Guarda svogliatamente la tivù

sorseggiando una tisana alle rose quando suonano alla porta.

"Chi è?"

"Io."

Step è di fronte a lei. Ha i capelli arruffati, la camicia strap-

pata e il sopracciglio destro ancora sanguinante.

"Che ti è successo?"

"Niente. Ho semplicemente ritrovato questa..." Alza la ma-

no destra. Il girocollo d'oro della signora Mariani è lì che bril-

la nella penembra delle scale. "Ora puoi venire a cena?"

Babi, dopo aver restituito la collana alla signora e inevita-

bilmente perso il posto di baby-sitter, si lascia portare da Step

a casa sua. Ma quando aprono la porta hanno una terribile sor-

presa. Nel tavolino al centro del salotto illuminato da una ro-

mantica candela, c'è Manuela. Paolo arriva poco dopo dalla

cucina. Porta la macedonia preparata da Step e, come se non

bastasse, indossa il grembiule a fiori che gli ha regalato Babi.

286

"Ciao Step. Scusa eh... ma ho telefonato, non rispondeva

nessuno. Allora siamo venuti a casa, abbiamo aspettato un po'.

Ma poi erano le dieci. Allora ci siamo detti: ormai non verranno

più. E così abbiamo iniziato a mangiare. Vero?"

Cerca il consenso di Manuela che annuisce e accenna un

sorriso. Step guarda il suo piatto. Ci sono ancora dei pezzi del-

la sua insalata con l'avocado.

"E avete anche finito vedo. Be', com'era la cena? Almeno

era buona?"

"Buonissima." Manuela sembra sincera. Poi torna subito

zitta. Ha capito che è una di quelle domande che non voglio-

no risposta.

"Be', Paolo prestami la macchina va', che andiamo a pren-

dere qualcosa fuori."

Paolo posa la macedonia sul tavolo.

"Ma veramente..."

"Che cosa? Non ci provare, eh? Ti sei mangiato tutta la mia

roba, ti sei finito l'insalata che ho preparato con le mie mani

tutto oggi pomeriggio, e fai pure storie?"

Paolo tira fuori le chiavi dalla tasca e le abbandona nelle

mani del fratello con un timido "Vai piano, eh?".

Step fa per uscire.

"A proposito, ti ho comprato i tuoi biscotti al burro. Se vuoi

pure il dessert, stanno nell'armadietto della cucina."

Paolo abbozza un sorriso, ma i suoi pensieri ormai sono

tutti per la sua Golf grigio metallizzata e la fine che avrebbe

fatto.

Step e Babi vanno a mangiare delle crèpe calde dalle par-

ti della Piramide. Poi, pur sospinti da allegre bollicine di bir-

ra, scartano l'idea di tornare a casa sua. A Babi scoccia perché

c'è suo fratello. Allora Step, maledicendo Paolo e quella cozza

della sua donna, volta a sinistra per il Gianicolo. Posteggiano

nello spiazzo vicino ai giardini, fra altre macchine dai vetri già

appannati d'amore, piene di passioni sfrattate, di quello sco-

modo piacere consumato in fretta. Davanti a loro, lontano, la

città si sta addormentando.

Più vicino, a cavalcioni di un muretto, alcuni ragazzi si pas-

sano un'illegale boccata di momentanea allegria. Step cambia

stazione dello stereo. 92.70. La radio romantica. Si allunga ver-

so di lei e comincia a baciarla. Poi piano piano le è addosso.

Malgrado il dolore della sua spalla contusa, dello sterno colpi-

to, dei fianchi provati dai colpi del Siciliano. Quel fresco desi-

derio cancella i lividi. Baci appassionati superano difficoltà mec-

caniche. Il freno a mano diventa indisponente, la rotella dello

287

schienale orgogliosa. Step sente la sua pelle morbida e profu-

mata. Il suo respiro diventa irregolare di passione. Prova di nuo-

vo a tirare giù il sedile. Niente da fare, è bloccato. Allora, men-

tre con la mano destra gira la rotella in basso, punta un piede

contro il cruscotto e spinge con tutta la sua forza. Si sente un

crac, un rumore secco. Lo schienale va giù di botto e Babi con

lui e lui con lei, ridendo, senza pensare a niente, meno che mai

a Paolo, alla sua faccia scocciata, alla sua macchina metalliz-

zata. Ognuno si impadronisce dei jeans dell'altro, quasi fosse

una gara, una sfida sensuale. Poi Babi rallenta, inesperta e im-

barazzata, chiude gli occhi e alla fine abbracciandolo si emo-

ziona per quella sua tenera vittoria personale. Quando si ac-

corge che Step vuole andare ancora più avanti, lo ferma.

"No, che fai?"

"Niente. Ci si provava."

Babi lo allontana un po' scocciata.

"Ma dai, qui in macchina? La mia prima volta deve essere

una cosa bellissima, in un posto romantico con il profumo dei

fiori, la luna."

"La luna c'è." Step apre un po' il tettino. "Vedi, un po' co-

perta, ma c'è. Poi senti..." Aspira a fondo. "È pieno di fiori qua

intorno. Che cosa manca? Il posto è romantico, dai. Stiamo

pure su Tele Radio Stereo. È perfetto!"

Babi si mette a ridere.

"Io intendevo qualcos'altro." Guarda l'orologio. "È tardis-

simo. Se tornano i miei e non mi trovano finisco di nuovo in

punizione! Dai sbrighiamoci."

Si tirano su i jeans poi provano insieme a sistemare il se-

dile di Babi. Niente da fare. Tornano ridendo con lo schienale

rotto. Ogni volta che accelera Babi finisce stesa giù. Ipotizza-

no tutto quello che potrebbe dire suo fratello. Che serata... con

questo finale poi, è diventata tragicomica. Accompagna Babi

fino alla porta e la saluta. Guida veloce nella notte godendosi

quella "romantica" astinenza e quel profumo dei sospiri di lei

che rimane tra le sue mani.

"Ma dove sei finito? È un'ora che ti aspetto, devo riac-

compagnare Manuela a casa."

Paolo è già nervoso. Si immagina come sarebbe diventato

se solo gli avesse detto del sedile.

"Potevi prendere la moto, tanto ormai ti prendi tutta la ro-

ba mia."

Paolo non ride affatto e si chiude in salotto con Manuela.

Step va in camera, si spoglia e si infila nel letto. Spegne la luce.

È distrutto. Dal salotto arrivano delle voci. Cerca di sentire me-

288

r

glio. Sono Paolo e Manuela. Stanno discutendo di qualcosa. La

voce di suo fratello è ripetitiva e noiosa. , ,,.

"Dimmi la verità. Voglio sapere la verità."

"Te l'ho detta."

"Ho detto dimmi la verità."

"Ma è quella, te lo giuro."

"Te lo chiedo per l'ultima volta. Dimmi la verità, voglio sa-

pere la verità."

"Ti giuro che ti ho detto tutto." Anche Manuela sembra ab-

bastanza decisa. Nel buio della stanza Step scuote la testa. Non

so se sono peggio i cazzotti del Siciliano o le discussioni di mio

fratello. Chissà che vuole sapere Paolo, tanto Manuela non glie-

lo dirà mai. Una cosa è sicura. L'unica grande verità è che Ma-

nuela tornerà a casa distesa sul sedile. E a quel pensiero Step

si addormenta divertito.

289

52.

Babi sta a Fregene da Mastino con tutta la sua classe. Stan-

no festeggiando i cento giorni. Hanno finito di mangiare da un

po' e si sono messe a passeggiare sulla spiaggia. Alcune sue

amiche giocano a ruba bandiera. Lei si è seduta su un pattino

a chiacchierare con Pallina. Poi lo vede. Viene verso di lei con

quel suo sorriso, con quegli occhiali scuri e quel giubbotto. Ba-

bi ha un tuffo al cuore. Pallina se ne accorge subito.

"Ehi, non morire, eh?"

Babi le sorride poi corre incontro a Step. Va via con lui,

senza chiedergli come ha fatto a trovarla, dove la sta portan-

do. Ha salutato le sue compagne con un "ciao" distratto. Al-

cune di loro smettono di giocare e la seguono con lo sguardo.

Invidiose e sognanti, desiderose di essere al suo posto, ab-

bracciate a Step, a 10 e lode. Poi la ragazza al centro chiama

forte. "Numero.., sette." Due di loro arrancano nella sabbia,

correndo verso di lei. Si fermano una di fronte all'altra, con le

braccia larghe, guardandosi negli occhi, sfidandosi sorriden-

ti, accennando piccole finte, sostenute dalle compagne. Im-

provvisamente quel piccolo fazzoletto bianco sospeso nell'aria

diventa il loro unico pensiero.

Arrivata davanti alla moto, Babi lo guarda curiosa.

"Dove andiamo?"

"È una sorpresa." Step va dietro di lei e tira fuori dalla ta-

sca la bandana blu che le ha rubato e le copre gli occhi.

"Non imbrogliare eh... Non devi vedere."

Lei se lo sistema meglio divertita.

"Ehi, questo fazzoletto mi sembra di conoscerlo..." Poi gli

da una cuffia del suo Sony e partono insieme abbracciati sul-

le note di Tiziano Ferro.

Più tardi... Babi si tiene stretta dietro a lui con la testa pog-

giata sulla sua schiena e gli occhi coperti dalla bandana. Le

sembra di volare, un vento fresco accarezza i suoi capelli e un

290

odore di ginestra profuma l'aria. Da quanto sono partiti? Cer-

ca di calcolare il tempo del ed che sta ascoltando. Quindi è qua-

si un'ora che sono in viaggio. Ma dove stanno andando?

"Manca molto?"

"Siamo quasi arrivati. Non è che stai guardando?"

"No."

Babi sorride e si appoggia di nuovo alla sua schiena, strin-

gendolo forte. Innamorata. Lui scala dolcemente e va a destra,

su per la salita chiedendosi se lei ha capito.

"Ecco, siamo arrivati. No, non toglierti la bandana. Aspet-

tami qua."

Babi cerca di capire dove si trova. Ormai è pomeriggio tar-

di. Sente un rumore lontano, ripetitivo e soffocato, ma non rie-

sce a capire di cosa si tratti. A un tratto sente un rumore più

forte, come se fosse stato spaccato qualcosa.

"Eccomi." Step la prende per mano.

"Che è successo?"

"Niente. Seguimi." Babi timorosa si lascia portare. Ora

il vento è cessato, l'aria si è fatta più fredda, sembra quasi

umida. La sua gamba urta qualcosa.

"Ahi."

"Non è niente."

"Come non è niente. Ma la gamba è mia!"

Step si mette a ridere.

"E ti lagni sempre. Stai ferma qui." Step l'abbandona un

attimo. La mano di Babi rimane sola, sospesa nel vuoto.

"Non mi lasciare..."

"Sono qui vicino a te."

Poi un forte rumore continuato, meccanico, legnoso. Una

tapparella che si alza. Step le sfila dolcemente la bandana. Ba-

bi apre gli occhi e improvvisamente le appare tutto.

Il mare al tramonto splende davanti a lei. Un sole caldo e

rosso sembra sorriderle. E in una casa. Esce fuori, sotto la tap-

parella alzata, sulla terrazza. In basso a destra riposa romanti-

ca la spiaggia del loro primo bacio. Lontano le sue colline pre-

ferite, il suo mare, gli scogli conosciuti: Port'Ercole. Un gabbia-

no le passa vicino salutandola. Babi si guarda intorno emozio-

nata. Quel mare argentato, le gialle ginestre, i cespugli verde scu-

ro, quella casa solitària sulle rocce. La sua casa, la casa dei suoi

sogni. E lei è lì, con lui, e non sta sognando. Step l'abbraccia.

"Sei felice?" Lei fa segno di sì con la testa. Poi apre gli occhi.

Bagnati e sognanti di piccole lacrime trasparenti, lucidi d'amo-

re, bellissimi. Lui la guarda.

"Cosa c'è?" <f. *,v«*. t, **"},

291

"Ho paura." ,

"Di cosa?"

"Che non sarò mai più così felice come adesso..."

Poi pazza d'amore lo bacia di nuovo, sognante nel tepore

di quel tramonto.

"Vieni, andiamo dentro."

Si mettono a girare per quella casa sconosciuta, aprendo

stanze ignote, inventando la storia di ogni camera, immagi-

nandone gli ignari proprietari.

Alzano tutte le tapparelle, trovano un grande stereo e l'ac-

cendono. "Anche qui si prende Tele Radio Stereo." Ridono. Gi-

rano per quella casa aprendone i cassetti, svelandone i segre-

ti, divertendosi insieme. Separati, si chiamano ogni tanto per

mostrarsi anche la più piccola stupida scoperta e tutto sembra

magico, importante, incredibile.

Step stacca il bauletto della moto e rientra in casa. Poco

dopo la chiama. Babi entra nella camera. La grande finestra

da sul mare. Il sole ora sembra fare l'occhiolino. Sta scom-

parendo in silenzio dietro l'orizzonte lontano. Quell'ultimo

spicchio educato colora di rosa morbide nuvole sparse più

in alto. Il suo riflesso quasi addormentato corre lungo una

scia dorata. Attraversa il mare per spegnersi sulle pareti di

quella camera, tra i suoi capelli, sulle lenzuola nuove, appe-

na messe.

"Le ho comprate io, ti piacciono?" Babi non risponde. Si

guarda intorno. Un piccolo mazzo di rose rosse riposa in un

vaso vicino al letto. Step cerca di buttarla sullo scherzo. "Giu-

ro che non le ho comprate al semaforo..."

Apre il bauletto.

"E voilà! "

Dentro c'è del ghiaccio sciolto e alcuni cubetti ancora gal-

leggianti. Step tira fuori una bottiglia di champagne con due

coppe incartate nel giornale.

"Per non romperle" spiega. Poi dalla tasca del giubbotto

prende una piccola radio.

"Non sapevo se c'era."

L'accende, la sintonizza sulla stessa frequenza dello stereo

della casa e la posa sul comodino.

Una piccola eco di Certe notti si sparge per la stanza.

"Sembra quasi fatto apposta... anche se siamo ancora al

tramonto..."

Step le si avvicina, la prende tra le braccia e la bacia. Quel-

l'attimo le sembra così bello che Babi dimentica tutto, i suoi

propositi, le sue paure, i suoi scrupoli. Piano piano si lascia to-

292

gliere i vestiti, spogliandolo anche lei. Si trova fra le sue brac-

cia interamente nuda per la prima volta, mentre una luce ma-

gica, spargendosi sul mare, illumina timidamente i loro corpi.

Una giovane stella curiosa brilla alta nel cielo. Poi, tra un ma-

re di carezze, il rumore delle onde lontane, il verso di un alle-

gro gabbiano, il profumo dei fiori, accade.

Step scivola delicatamente sopra di lei. Babi apre gli oc-

chi teneramente sovrastata. Step la guarda. Non sembra im-

paurita. Le sorride, le passa una mano tra i capelli rassicu-

randola. In quel momento, dalla piccola radio lì vicina e in

tutta la casa attacca innocentemente Beautiful ma nessuno

dei due se ne accorge. Non sanno che quella sarebbe diven-

tata la "loro canzone". Lei chiude gli occhi trattenendo il re-

spiro, improvvisamente rapita da quell'emozione incredibi-

le, da quel dolore d'amore, da quel magico diventare sua per

sempre. Alza il viso verso il cielo, sospirando, aggrappando-

si alle sue spalle, abbracciandolo forte. Poi si lascia andare,

delicatamente più tranquilla. Sua. Apre gli occhi. Lui è lì,

dentro di lei. Quel morbido sorriso ondeggia d'amore sul suo

viso baciandola ogni tanto. Ma lei non c'è più. Quella ragazza

dagli occhi azzurri spaventati, dai tanti dubbi, dalle mille

paure, è scomparsa. Babi pensa a quanto da piccola l'ha sem-

pre affascinata la storia delle farfalle. Quel bozzolo, quel pic-

colo bruco che si tinge di mille splendidi colori e improvvi-

samente impara a volare. Allora di nuovo si vede. Fresca, de-

licata farfalla appena nata, tra le braccia di Step. Gli sorri-

de e lo abbraccia guardandolo negli occhi. Poi gli da un ba-

cio, morbido, nuovo, appassionato. Il suo primo bacio da

giovane donna.

Più tardi, distesi tra le lenzuola, lui le accarezza i capelli,

mentre lei lo stringe a sé con la testa poggiata sul suo petto.

"Non sono brava, vero?"

"Sei bravissima."

"No, mi sento negata. Mi devi insegnare."

"Sei perfetta. Vieni."

Step la prende per mano e la porta di là. Tra i fiori delle

lenzuola, un piccolo fiore rosso, appena sbocciato, si distingue

fra gli altri, più puro e innocente di tutti.

Di nuovo abbracciati nella vasca da bagno. Sorseggiano

champagne chiacchierando allegri, leggermente brilli d'amo-

re. Ben presto ubriachi di passione si amano di nuovo. Questa

volta senza paura, con più slancio, più desiderio. Ora le sem-

bra più bello, più facile muovere le ali, ora non ha paura del

volo, capisce la bellezza di essere una giovane farfalla. Poi pren-

293

dono degli accappatoi e scendono giù nella caletta privata. Si

divertono a inventare nomi che possono andare per quelle due

cifre sconosciute cucite sul loro petto. Dopo aver fatto a gara

a trovarne i più strani, li abbandonano sulle rocce.

Babi perde. Si tuffa per seconda. Nuotano così, nell'acqua

fresca e salata, nella scia della luna, sospinti da piccole onde,

abbracciandosi ogni tanto, schizzandosi, allontanandosi per

poi prendersi di nuovo, per assaggiare quelle labbra dal sa-

pore di champagne marino. Più tardi, seduti su una roccia,

avvolti negli accappatoi di Amarildo e Sigfrida guardano so-

gnanti le mille stelle sopra di loro, la luna, la notte, il mare

scuro e tranquillo.

"È bellissimo qui."

"È la tua casa, no?"

"Sei pazzo!"

"Lo so!"

"Sono felice. Non sono mai stata così bene in tutta la mia

vita. E tu?"

"Io?" Step l'abbraccia forte. "Sto benissimo."

"Da arrivare a toccare il cielo con un dito?"

"No, non così."

"Come, non così?"

"Molto di più. Almeno tre metri sopra il cielo."

Il giorno dopo Babi si sveglia e, mentre sotto la doccia le

ultime tracce salate abbandonano i suoi capelli, ripensa anco-

ra emozionata alla sera prima.

Fa colazione, saluta sua madre e monta in macchina con Da-

niela, pronta per andare a scuola come ogni mattina. Suo padre

si ferma al semaforo sotto il ponte di corso Francia. Babi è an-

cora insonnolita e distratta quando improvvisamente la vede.

Non crede ai suoi occhi. In alto, più in alto di tutte, sulla bianca

colonna del ponte, una scritta domina le altre, incancellabile. È

lì, sul freddo marmo, azzurra come i suoi occhi, bella come l'ha

sempre desiderata. Il suo cuore comincia a battere veloce. Per un

attimo le sembra che tutti possano sentirla, tutti possano legge-

re quella frase, proprio come sta facendo lei in quel momento. È

lì, in alto, irraggiungibile. Lì dove solo gli innamorati arrivano:

"Io e te... Tre meta sopra il cielo".

294

i t>

, fcf

24 dicembre.

È sveglio. In realtà non ha dormito affatto. La radio è acce-

sa. Ram Power. Uno lo vivi uno lo ricordi. Cosa c'è da ricordare?

Ha mal di testa e gli occhi gli fanno male. Si gira nel letto.

Dalla cucina vengono dei rumori. Suo fratello sta facen-

do colazione. Guarda l'orologio. Sono le nove. Chissà dove va

Paolo a quell'ora, la vigilia di Natale. Ci sono persone che han-

no sempre da fare, pensa, anche nei giorni di festa. Sente sbat-

tere la porta. È uscito. Prova un senso di sollievo. Ha biso-

gno di stare solo. Poi una strana sofferenza lo prende. Non

ne ha bisogno. È solo. A quell'idea si sente ancora peggio.

Non ha fame, non ha sonno, non prova nulla. Rimane così a

pancia sotto. Non sa per quanto tempo. A poco a poco rive-

de quella stanza in giorni più felici. Quante volte la mattina

svegliandosi ha trovato gli orecchini di Babi sul suo comodi-

no, quante volte il suo orologio, quante volte sono stati in-

sieme in quel letto, abbracciati, innamorati, desiderosi l'uno

dell'altra. Sorride. Si ricorda dei suoi piedi freddi, quelle pic-

cole dita gelate che lei ridendo poggiava sulle sue gambe, più

calde. Dopo che avevano fatto l'amore quando restavano lì, a

chiacchierare, guardando la luna dalla finestra, la pioggia o

le stelle, ugualmente felici, facesse caldo o piovesse. Acca-

rezzandole i capelli qualunque cosa fosse successa fuori, mal-

grado le guerre, i problemi del mondo, le strade nuove, la gen-

te. Poi la rivede andare verso il suo bagno, ammira di nuovo

innamorato quei segni più chiari sulla sua pelle, l'ombra di

un costume appena tolto, un reggisene slacciato. La sente ri-

dere da quella porta chiusa, la vede camminare con quel suo

modo buffo, con quei capelli sciolti, correre vergognosa ver-

so il letto, tuffarsi su di lui, ancora fresca d'acqua, di lavaggi

timorosi, ancora profumata d'amore e di passione. Step si gi-

ra di nuovo nel letto, guarda il soffitto. Quante volte, a ma-

295

lincuore, è venuta l'ora di vestirsi, di accompagnarla a casa.

Allora silenziosi e vicini, seduti su quel letto avevano comin-

ciato a vestirsi, piano piano, passandosi ogni tanto qualcosa

che apparteneva all'altro. Scambiandosi un sorriso, un bacio,

infilandosi una gonna, chiacchierando piegati, allacciandosi

le scarpe, lasciando la radio accesa, per poco, prima di tor-

nare. Dove sarà in questo momento. E perché. Prova una stret-

ta al cuore.

Nei giorni di festa si mette a posto la camera, ci si sente

più allegri o più tristi. Non si sa dove mettere alcuni pensieri.

"Dani, questa la vuoi? Sennò la butto." Daniela guarda la

sorella. Babi è sulla porta della sua camera con la giacca blu

in mano.

"No, lasciala, me la metto io."

"Ma è tutta scucita."

"La faccio mettere a posto."

"Come vuoi." Babi la lascia sul letto. Daniela la guarda usci-

re dalla camera. Quante volte lei e Babi hanno litigato per quel-

la giacca. Non avrebbe mai pensato che la buttasse. Sua so-

rella è proprio cambiata. Poi lascia perdere quel pensiero e si

mette a incartare gli ultimi regali. Babi sta finendo di liberare

l'armadio quando entra sua madre.

"Brava. Hai tolto un sacco di roba."

"Sì, tieni, questa è tutta da buttare. Non la vuole neanche

Dani."

Raffaella prende alcuni vestiti posati sul tavolo.

"Ne farò un pacco per i poveri. Dovrebbero passare oggi a

ritirarli. Più tardi usciamo insieme?"

"Non lo so, mamma." Babi arrossisce leggermente.

"Come vuoi, non ti preoccupare."

Raffaella sorride ed esce dalla camera. Babi apre alcuni

cassetti. È felice. È un periodo che va proprio d'accordo con

sua madre. Che strano. Solo sei mesi fa litigavamo sempre. Si

ricorda la fine del processo, quando è uscita dal tribunale e sua

madre l'ha raggiunta fuori correndo.

"Ma sei pazza, perché non hai detto come sono andate ve-

ramente le cose? Perché non hai detto che quel delinquente ha

colpito Accado senza ragione?"

"Per me le cose sono andate come ho detto. Step è inno-

cente. Non c'entra niente. Che ne sapete voi di cosa ha passa-

to? Cosa ha provato in quel momento. Voi non sapete giustifi-

care, non sapete perdonare. L'unica cosa che siete in grado di

fare è giudicare. Decidete la vita dei vostri figli sui vostri desi-

296

deri, su quello che pensate voi. Senza sapere minimamente co-

sa noi ne pensiamo. Per voi la vita è come giocare a gin, tutto

quello che non conoscete è una carta scomoda che non vorre-

ste aver mai pescato. Non sapete che farci, vi scotta averla tra

le mani. Ma non vi chiedete perché uno è violento, perché uno

è drogato, che vi frega, tanto non è vostro figlio, non vi riguarda.

Invece stavolta ti interessa mamma, stavolta tua figlia sta con

uno che ha dei problemi, che non pensa solo ad avere il GTI 16

valvole, il Daytona o ad andare in Sardegna. È violento, è ve-

ro, ma forse lo è perché non si sa spiegare tante cose, perché

gli hanno detto tante bugie, perché quello è l'unico modo per

reagire."

"Ma che stai dicendo? Sono tutte cretinate... E poi non ci

pensi? Che figura fai? Sei una bugiarda. Hai mentito davanti

a tutti."

"A me non me ne frega niente degli amici tuoi, di quello

che pensano, di come mi giudicano. Dite sempre che è tutta

gente che si è fatta da sola, che è arrivata. Ma dove è arrivata?

Che cosa ha fatto? Solo i soldi. Non parlano con i figli. Non

gliene frega niente in realtà di quello che fanno, di quanto sof-

frono. Di noi, non ve ne frega un cazzo."

Raffaella allora le da uno schiaffo in pieno viso. Babi si pas-

sa una mano sulla guancia, poi sorride.

"L'ho detto apposta, cosa credi? Ora che mi hai dato uno

schiaffo la tua coscienza è a posto. Ora puoi tornare a chiac-

chierare con le tue amiche e sederti al tavolo da gioco. Tua fi-

glia è stata educata bene. Ha capito cosa è giusto e cosa non

lo è... Ha capito che non bisogna dire parolacce e che ci si de-

ve comportare bene. Ma non lo vedi che sei ridicola, che fai ri-

dere? Mi mandi a messa la domenica ma se ascolto troppo il

Vangelo allora no, non va bene. Se amo troppo i miei simili, se

porto a casa uno che non si alza quando entri o che non sa sta-

re a tavola, allora storci la bocca. Dovreste inventare delle chie-

se per voi, un vostro Vangelo, dove non resuscitano tutti, ma

solo quelli che non mangiano in canottiera, che non firmano

mettendo prima il cognome, quelli che sai di chi sono figli,

quelli che sono abbronzati e belli, che vestono come dite voi.

Siete dei buffoni."

Babi se ne va. Raffaella rimane a guardarla finché la vede

salire sulla moto di Step e allontanarsi con lui.

Quanto tempo è passato. Quante cose sono cambiate. So-

spira, aprendo il secondo cassetto.

Povera mamma, quante gliene ho fatte passare. In fondo

ha ragione lei. L'ho capito forse solo ora. Ma ci sono cose più

297

importanti nella vita. Continua a mettere a posto la sua ro-

ba. Ma di quelle cose così importanti non gliene viene in men-

te neanche una, forse perché non ci vuole più pensare, per-

ché è più comodo così. Forse perché in realtà non ce ne so-

no poi così tante. È un rimorso o un reggisene sul quale lui

ha riso.

"Come sei sexy stasera." Uno dopo l'altro arrivano, impla-

cabili, malinconici e tristi, lontani. I ricordi. La festa dei suoi

diciott'anni ad Ansedonia. Alle dieci di sera, improvvisamente

un rumore di moto. Tutti gli invitati si sono affacciati dalla ter-

razza. Finalmente qualcosa di cui parlare. Sono arrivati Step,

Pollo e i suoi altri amici. Scendono dalle moto ed entrano alla

festa ridendo, spavaldi e sicuri, guardandosi in giro, gli amici

in cerca di qualche bella fica, lui di lei.

Babi gli corre incontro, perdendosi tra le sue braccia, tra un

dolce "tanti auguri tesoro" e un bacio in bocca strafottente.

"Dai, ci sono i miei..."

"Lo so, per questo l'ho fatto! Vieni, vieni via con me..."

Dopo la torta con le candeline e il Rolex che i suoi le han-

no regalato, scappano via. Si lascia rapire dai suoi occhi alle-

gri, da quelle sue proposte divertenti, dalla sua moto veloce.

Via, giù per la discesa, verso il mare notturno, nel profumo del-

le ginestre, lontano da inutili invitati, dallo sguardo sprezzan-

te di Raffaella, da quello dispiaciuto di Claudio che vorrebbe

ballare il valzer con sua figlia come fanno tutti i padri.

Ma lei non c'è più, lei è lontana. Piccola maggiorenne, si

perde danzando tra i suoi baci, sulle note di morbide onde sa-

late, di una romantica luna, del suo giovane amore.

"Tieni, questo è per te." Sul suo collo splende una collana

d'oro dalle pietre turchesi come i suoi occhi felici. Babi gli sor-

ride e lui baciandola riesce perfino a convincerla. "Ti giuro che

non l'ho rubata."

E la notte della maturità. Che ridere quella volta, a casa fi-

no a tardi a ripassare. Ipotesi continue, soffiate clandestine.

Tutti credono di sapere il titolo del tema. Ci si telefona sicuri,

certi che ognuno abbia quello giusto.

"È il cinquantesimo della televisione, è stato scoperto un

nuovo scritto del Manzoni, è sulla Rivoluzione francese, di

sicuro."

Alcuni dicono di averlo saputo dall'Australia dove è uscito il

giorno prima, altri da un amico professore, da uno in commis-

sione, qualcuno addirittura da un medium. Quando il giorno do-

po il futuro diventa presente, si scopre che quel professore non

è poi così amico, quel medium un semplice imbroglione, l'Au-

298

stralia una terra troppo lontana per prendersela con qualcuno.

Eppure quando sono usciti i quadri, quella grande sorpresa.

Babi ha preso cento. È corsa da Step felice, entusiasta del

risultato. Lui ha riso, scherzando con lei.

"Come sei matura... sei proprio una pesca matura..."

L'ha spogliata ridendo, prendendola in giro, sembra quasi

sapesse, si aspettasse quel voto. Hanno fatto l'amore. Poi lei si

è presa la sua rivincita ridendo.

"Te lo saresti mai immaginato? Tu qui, un semplice set-

tanta che hai l'onore di baciare un emerito cento... Ma ti ren-

di conto della fortuna che hai?"

Lui le ha sorriso. "Sì, me ne rendo conto." E l'ha abbrac-

ciata in silenzio.

Qualche tempo dopo Babi è andata a trovare la Giacci. In

fondo, dopo le loro discussioni, la professoressa sembrava aver-

la presa in simpatia. Ha cominciato a trattarla bene, con ri-

guardo, con fin troppo rispetto. Quel giorno, quando è anda-

ta a casa sua, ha saputo perché.

Quel rispetto non era che paura. Paura di restare sola, di

non avere più quel suo unico amico e compagno. Paura di non

rivedere il suo cane, paura della solitudine. Babi è rimasta sen-

za parole. Ha ascoltato la sfuriata della professoressa, la sua

rabbia, le sue parole cattive. La Giacci era lì di fronte a lei, di

nuovo con il suo Pepite tra le braccia. Quella donna anziana

sembrava ancora più stanca, più acida, più delusa da quel

mondo, da quei giovani. Babi è fuggita via scusandosi, senza

sapere più che dire, senza sapere più chi è, chi ha vicino, qua-

le sarebbe stato il suo voto, quello vero, quello che avrebbe

meritato.

Babi va alla finestra e guarda fuori. Alcuni alberi di Nata-

le si accendono e si spengono sui terrazzi delle case, nei salot-

ti eleganti della palazzina di fronte. È Natale. Bisogna essere

buoni. Forse dovrei chiamarlo. Quante volte però sono stata

buona. Quante volte l'ho perdonato. Giacci compresa. Si ri-

corda delle mille discussioni che hanno avuto, il loro modo di-

verso di vedere le cose, le litigate, il dolce fare pace sperando

che tutto potesse migliorare. Ma così non è stato. Discussioni

su discussioni, giorno dopo giorno, con i suoi che le fanno guer-

ra, telefonate nascoste, squilli notturni. Sua madre che ri-

sponde, Step che attacca. E il suo telefonino che a casa pur-

troppo non prendeva... E lei in punizione, sempre più spesso.

Quella volta che Raffaella ha organizzato una cena a casa sua,

costringendola a restare. Aveva invitato tutta gente perbene, il

299

figlio di un loro amico molto ricco. Un buon partito, le aveva

detto. Poi è arrivato Step. Daniela ha aperto senza pensarci,

senza chiedere chi è. Step ha spalancato la porta facendole

sbattere la testa.

"Scusa Dani, non ce l'ho con te, lo sai!"

Ha preso Babi per un braccio e l'ha trascinata via tra le inu-

tili urla di Raffaella e il tentativo del buon partito di fermarlo.

Quel tipo si è ritrovato per terra con il labbro spaccato e san-

guinante. Lei si è addormentata tra le braccia di Step, pian-

gendo.

"Com'è tutto diventato difficile. Vorrei tanto essere lonta-

na con te, senza più problemi, senza i miei, senza tutti questi

casini, in un posto tranquillo, fuori dal tempo."

Lui le ha sorriso.

"Non ti preoccupare. So io dove andiamo, nessuno ci darà

fastidio. Ci siamo stati spesso, basta volerlo."

. ,1, Babi lo guarda con gli occhi pieni di speranza.

"Dove?"

I- "Tre metri sopra il ciclo, dove vivono gli innamorati."

Ma il giorno dopo è tornata a casa e da lì è cominciato o

forse finito tutto.

Babi si è iscritta all'università, comincia a frequentare Eco-

nomia e Commercio, passa i pomeriggi a studiare. Comincia

a vederlo meno spesso, ora. Un pomeriggio con lui. Sono an-

dati da Giovanni a prendersi un vitaminico. Stanno chiac-

chierando fuori dal bar quando all'improvviso arrivano due ti-

pi tremendi. Step non fa in tempo a realizzare. Gli sono subi-

to addosso. Cominciano a prenderlo a capocciate tenendosi

abbracciati fra loro, colpendolo con la testa a turno, in una tre-

menda altalena di sangue. Babi ha cominciato a urlare. Step

alla fine è riuscito a liberarsi. I due sono fuggiti su un Vespino

truccato dileguandosi nel traffico. Step è rimasto a terra, in-

tontito. Poi, aiutato da lei, si è rialzato. Con dei fazzoletti di

carta, ha cercato di fermare il sangue che gli scende giù dal na-

so, sporcandogli la Fruit. Più tardi l'ha accompagnata a casa,

in silenzio, senza sapere bene che dire. Ha parlato di una ris-

sa di tanto tempo fa, quando ancora non stavano insieme. Lei

gli ha creduto, o forse ha voluto farlo. Quando Raffaella l'ha

vista entrare a casa con la camicetta sporca di sangue, le ha

preso un colpo.

"Che ti sei fatta? Babi, sei ferita? Che ti è successo? È col-

pa di quel delinquente vero? Non capisci che finirai male?"

Lei è andata in camera sua, si è cambiata in silenzio. Poi

è rimasta là, da sola, stesa sul letto. Ha capito che qualcosa

300

non andava. Qualcos'altro avrebbe dovuto cambiare. Non sa-

rebbe stato così facile, non come togliersi una camicetta e but-

tarla tra i panni sporchi. Qualche giorno dopo ha rivisto Step.

Ha un altro taglio sul viso. Gli hanno messo dei punti sul so-

pracciglio.

"Ma che ti sei fatto?"

"Sai, per non svegliare Paolo sono rientrato a casa e non

ho acceso la luce del corridoio. Ho sbattuto contro uno spigo-

lo. Non sai che male, una cosa bestiale."

Proprio come quella che ha fatto. La verità l'ha saputa da

Pallina per caso, parlando al telefono. Sono andati a Talenti

dallo Zio d'America, con bastoni e catene, guidati da Step. Una

rissa gigantesca, una vera vendetta. È uscito perfino un trafi-

letto sul giornale. Babi ha attaccato. È inutile discutere con

Step, avrebbe sempre fatto come voleva, a modo suo. Ha la te-

sta dura. Gliel'ha detto mille volte che lei odia la violenza, le

botte, i picchiatori.

Mette a posto gli scaffali, tira giù alcuni quaderni buttan-

doli sulla moquette, senza interesse. Quaderni degli anni pas-

sati, appunti del liceo, vecchi libri.

"Che facciamo stasera? Andiamo alle corse della moto? Dai,

ci vanno tutti."

"Stai scherzando spero, non esiste! Io in quel posto non ci

voglio mettere più piede. Magari rincontro quella bora scate-

nata e mi tocca farci di nuovo a botte. Abbiamo un dopocena,

se ti va di venire."

Step si è messo una giacca blu. È rimasto tutto il tempo se-

duto su un divano guardandosi in giro, cercando di trovare

qualcosa di divertente in quello che sentiva, non riuscendoci.

Lui quella gente l'ha sempre odiata. Si è imbucato a quelle fe-

ste, ha sfondato tutto, si è divertito un casino con gli altri a ru-

bare nelle camere da letto, a lanciare di sotto la roba. Gli altri.

Chissà dove sono in questo momento. Alla serra, pinnando a

centoquaranta, sulla moto con gli amici che fanno il tifo, con

Sica che prende le puntate, con le camomille, Ciccio e tutti gli

altri. Che palle questa festa. Incrocia lo sguardo di Babi. Le

sorride. Lei è scocciata, sa benissimo cosa pensa.

Babi riesce a prendere anche quel libro più su degli altri.

Poi se lo ricorda come fosse in quel momento.

Il citofono suona all'impazzata. La padrona di casa attra-

versa il salotto correndo, la porta che si apre e Pallina lì, pal-

lida, sconvolta che scoppia a piangere.

È una notte terribile. Smette di pensarci. Comincia a rac-

cogliere i libri che ha buttato per terra. Ne prende altri posan-

301

doli sul tavolo e quando si curva di nuovo, la vede. È lì, chia-

ra e secca, gialla, sbiadita come il tempo che è stato. Spezza-

ta, sulla moquette scura, priva di vita da tanto tempo ormai.

La piccola spiga che ha messo nel suo diario la prima volta che

ha fatto sega con Step. Quella mattina nel vento che annuncia

l'estate, quei baci che sanno di pelle profumata dal sole. Il suo

primo amore. Si ricorda quando era convinta che non ce ne

sarebbe mai potuto essere un altro. La raccoglie. La spiga si

sbriciola fra le sue dita, come vecchi pensieri, come leggeri so-

gni e deboli promesse.

Step guarda la caffettiera sul fornello. Il caffè ancora non

esce. Alza un po' la fiamma. Vicino c'è ancora un po' di cene-

re, un ultimo pezzo di foglio ingiallito. I suoi amati disegni, le

tavole di Andrea Pazienza. Sono degli originali. Li ha rubati in

quella redazione di un nuovo giornale, "Zut", quando Andrea

era ancora vivo e collaborava con loro. Una notte ha sfondato

il vetro della finestra con il gomito ed è entrato da sopra. È sta-

to facile, ha preso solo le tavole del mitico Paz e poi via velo-

ce dalla porta, dileguandosi nella notte, felice, con i disegni del

suo idolo fra le mani. Poco tempo dopo Andrea muore.

È giugno. Una sua fotografia su un giornale. Intorno ad

Andrea c'è tutta la redazione. Quella foto deve essere stata fat-

ta pochi giorni dopo il suo furto. Step raccoglie tra le gabbie

dei fornelli quel pezzo di carta. Quale tavola era? Deve essere

quella con la faccia di Zanardi. Ormai non importa più. Le ha

bruciate tutte quella sera dopo la telefonata. Era lì a guardare

colori bruciare, le facce dei suoi eroi accartocciarsi abbrac-

ciate dalla fiamma, le frasi miriche di poeti sconosciuti scom-

parire in dissolvenze di fumo. Poi è entrato suo fratello.

"Ma che stai facendo? Ma che, sei cretino? Guarda, stai

bruciando la cappa della cucina..."

Paolo ha cercato di spegnere quella fiamma troppo alta ma

lui l'ha fermato.

"Step ma ti da di volta il cervello? Poi la devo ripagare io,

no? Queste cazzate valle a fare fuori."

Step non ci ha visto più. L'ha sbattuto contro il muro, vici-

no alla finestra. Gli ha messo una mano alla gola, strozzando-

lo quasi. Paolo ha perso gli occhiali. Sono volati lontano, per

terra, rompendosi. Poi Step si è calmato. L'ha lasciato andare.

Paolo ha raccolto i suoi occhiali rotti ed è uscito in silenzio,

senza dire nulla. Step è stato ancora peggio. Ha sentito sbat-

tere la porta di casa. È rimasto lì, a fissare i suoi disegni che

bruciavano, rovinando la cappa della cucina, soffrendo come

302

non ha mai sofferto. Solo come non è mai stato. Gli viene in

niente Battisti. "Prendere a pugni un uomo solo perché è sta-

to un po' scortese, sapendo che quel che brucia non son le of-

fese." È vero, ha ragione. E a lui brucia ancora di più. Quel-

l'uomo è suo fratello. Il caffè esce improvvisamente, borbot-

tando, come se avesse anche lui qualcosa da dire. Step lo ver-

sa nella tazza poi lo manda giù. Nella sua bocca rimane un sa-

pore caldo e amaro, lo stesso gusto di ricordi abbandonati sul

suo cuore.

Settembre. I genitori di Babi le hanno comprato un biglietto

per Londra. Si sono messi d'accordo con la madre di Pallina.

Vogliono allontanarle da quelle nuove cattive amicizie.

È bastato poco. Un piano ben congeniato. Una corsa da un

amico in questura. I passaporti nuovi. Su quel charter per l'In-

ghilterra salgono in due, ma i biglietti, cambiati pochi giorni

prima, portano nomi diversi. Pollo e Pallina.

Sono quindici giorni indimenticabili per tutti. Per i geni-

tori di Babi, illusi e contenti, finalmente tranquilli. Per Pollo e

Pallina, in giro per Londra, nei pub e le disco, spedendo a tut-

ti cartoline comprate a Roma alla Lyon Book, cartoline ingle-

si, già firmate da Babi. E Step e lei, lontani da tutti, in quell'i-

sola greca, Astipaleia. Un viaggio epico. Con la moto fino a

Brindisi, poi in traghetto, abbracciati sotto le stelle, distesi sul

ponte, su colorati sacchi a pelo, cantando con gente straniera

canzoni inglesi, migliorando così la pronuncia, certo non co-

me avrebbero voluto i suoi. Poi i mulini bianchi, le capre, le

rocce, una piccola casa sul mare. La pesca all'alba, dormire il

pomeriggio, uscire di notte, passeggiare sulla spiaggia. Padro-

ni del posto, del tempo, soli, contando le stelle, dimenticando

i giorni, telefonando bugie.

Step sorseggia il caffè. Sembra ancora più amaro. Co-

mincia a ridere. Quella volta che Babi ha invitato tutti gli ami-

ci di lui a cena. Tentativo di socializzare. Si sono seduti a ta-

vola e si sono comportati abbastanza bene proprio come Step

si era tanto raccomandato. Poi non hanno più resistito. Uno

dopo l'altro si sono alzati, impadronendosi dei piatti, scolan-

dosi le birre, andando in salotto. Mai invitare di mercoledì.

Mai quando ci sono le coppe. Naturalmente è finita in manie-

ra tragica. La Roma ha perso, qualche laziale ha cominciato a

sfottere e c'è stato un inizio di rissa. Step ha dovuto cacciarli

tutti. Divergenze, differenze, difficoltà. Ha cercato di venirle

incontro. Festa mascherata. Si sono travestiti da Toni e Jerry

e proprio a quella festa sono arrivati Pollo e gli altri. Un sem-

plice caso del destino beffardo? O più semplicemente una sof-

303

fiata di Pallina? Tutti hanno fatto finta di non riconoscerlo.

Hanno salutato Babi, quel piccolo Jerry dagli occhi azzurri e

hanno ignorato Tom, ridendo ogni volta che passava quel gat-

tona dai muscoli gonfi.

Il giorno dopo, in piazza, Pollo, Schello, Hook e qualcun

altro gli si sono avvicinati con aria grave.

"Step, ti dobbiamo dire una cosa. Sai, ieri siamo stati a una

festa e c'era Babi."

Step li ha guardati facendo finta di niente.

"E allora?"

"Be', insomma, era travestita da topo e c'era un gattone che

ci provava... Come un porco. Sembrava pure uno grosso, uno

che mena. Se vuoi una mano che lo dobbiamo sistemare, dic-

celo. Sai, è un problema. Ci sono dei gattoni che hanno certi..."

Pollo non fa in tempo a finire la frase. Step gli salta addosso,

bloccandogli la testa sotto il braccio, frizionandogli la nuca con

il suo pugno duro. Tra le risate degli altri, fra le risate di Pollo,

tra le sue risate. Che amici! Improvvisamente si sente triste.

Quella sera. Perché è andato a quella festa, perché ci è andato,

invece di andare alle corse? Babi ha insistito tanto. Quante co-

se ha fatto per lei. Forse non sarebbe successo. Forse.

Il citofono suona all'impazzata. La padrona di casa attra-

versa il salotto correndo, la porta si apre. Pallina bianca in vol-

to, pallida, tremante compare sulla porta. I suoi occhi tristi,

lucidi di lacrime, di sofferenza. Step le si avvicina. Lei lo guar-

da trattenendo a stento quel primo singhiozzo.

"Pollo è morto." Poi l'abbraccia cercando in lui quello che

non può più trovare da nessuna parte. Il suo amico, il suo ra-

gazzo, quella risata forte e piena. Sono andati di corsa alla ser-

ra con Babi, con la YlO che da poco le hanno regalato i geni-

tori. Tutti e tre insieme, in quella macchina, con quel sapore

nuovo che si tinge di sofferenza e silenzio. Poi l'ha visto. Luci

lampeggianti intorno a quell'unico punto. La moto del suo ami-

co. Divise odiate e macchine della polizia intorno a Pollo, ste-

so lì per terra, senza più la forza di ridere, di scherzare, di pren-

derlo in giro, di dire cazzate. Qualcuno misura qualcosa ten-

dendo un metro. Qualche altro ragazzo guarda. Ma nessuno

può vedere o misurare tutto quello che se n'è andato. Step si

piega su di lui in silenzio, accarezza il volto dell'amico. Quel

gesto d'amore che non si sono mai fatti in anni d'amicizia, che

non gli è stato mai permesso. Poi sussurra piangendo: "Mi man-

cherai". E Dio solo sa com'è stato sincero.

Il caffè è finito. Improvvisamente gli viene voglia di sentir

leggere le ultime notizie del "Corriere dello Sport", di quel ti-

304

pò ingombrante che gli terrorizza la cameriera, che gli entra

in casa svegliandolo la mattina, che attraversa la sua vita fa-

cendo casino, ridendo. Poi si chiede da quanto non mangia un

tramezzino al salmone. Da tanto, da allora. Ma stranamente

in quel momento non gliene viene voglia. Forse perché, se vo-

lesse un tramezzino, lo potrebbe avere.

Babi guarda il regalo che ha comprato per Pallina. È lì, sul

suo tavolo, incartato con della carta rossa e un nastro dorato.

L'ha scelto con cura, le sarebbe perfino piaciuto, l'ha pagato

tanto. Eppure è ancora lì. Non l'ha chiamata, non si sono sen-

tite. Quante cose sono cambiate con Pallina. Non è più la stes-

sa, non si trovano, non riescono a parlarsi. Forse anche per il

fatto che dopo il liceo hanno preso due strade diverse. Lei Eco-

nomia e Commercio, Pallina un Istituto di grafica. Ha sempre

amato disegnare. Le vengono in mente tutti i biglietti che le

ha mandato durante le ore di lezione. Caricature, frasi spiri-

tose, commenti, facce di amici. Indovina, chi è questa? Era tal-

mente brava che a Babi bastava pochissimo. Guardava il di-

segno, alzava la testa ed ecco che la trovava. Quella compagna

dal mento sporgente, dalle orecchie un po' a sventola, dal sor-

riso eccessivo. E ridevano da lontano, semplici compagne,

grandi amiche. Ogni pretesto era buono per farsi riprendere,

quasi fiere di quell'allegria, di quei sorrisi non così nascosti.

Poi quella sera, e i giorni seguenti e il mese successivo. Si-

lenzi prolungati, pianti. Pollo non c'è più e lei non sa farsene

una ragione. Finché quel giorno è stata chiamata dalla madre

di Pallina. È corsa a casa sua. L'ha trovata là, distesa sul letto,

che rigetta. Si è scolata mezza bottiglia di whisky e ingoiato

una boccetta di valeriana. Il suicidio dei poveri, così Babi le ha

detto quando l'ha vista in grado di capire. Pallina si è messa a

ridere poi è scoppiata a piangere fra le sue braccia. La madre

le ha lasciate sole, non sapendo bene che fare. Babi le acca-

rezza la testa.

"Dai Pallina, non fare così, tutti passiamo dei momenti ter-

ribili, tutti abbiamo pensato almeno una volta a farla finita,

che non vale la pena di vivere. Ma ti dimentichi forse i cor-

netti di Mondi, la pizza da Baffetto, i gelati di Giovanni?" Pal-

lina sorride, si asciuga le lacrime con il polso, tirando su con

il naso.

"Anch'io, tanto tempo fa, quando mi sono lasciata con quel-

lo stronzo di Marco credevo di morire, di non farcela, che non

ci fosse più nessuna ragione valida per vivere. Ma poi mi sono

ripresa, tu mi hai aiutato, mi hai portato in giro, ho incontra-

305

to Step. Certo, adesso vorrei ammazzare lui e il suo modo di

fare, ma è meglio, no?"

Scoppiano a ridere. Pallina singhiozzando ancora un po',

Babi dandole un fazzoletto di carta per asciugarsi. Ma da quel

giorno qualcosa è cominciato a cambiare, qualcosa si è incri-

nato. Si sono sentite sempre meno spesso e quelle volte non

hanno avuto poi così tante cose da dirsi.

Forse perché farsi vedere troppo deboli da un amico poi ci

fa sentire in difficoltà. Forse perché pensiamo sempre che il

nostro dolore sia unico, improvabile, come tutto ciò che ci ri-

guarda.

Nessuno può amare come amiamo noi, nessuno soffre co-

me soffriamo noi. Quel mal di pancia, giustamente, "ce l'ho io,

mica te". Forse Pallina non le aveva mai perdonato di essere

andata alla festa con Step. Step, che se quella notte fosse sta-

to alle corse, non avrebbe permesso a Pollo di gareggiare, Step

che l'avrebbe salvato, che non gli avrebbe permesso di morire,

Step che era il suo angelo custode. Babi fissa il regalo. Forse

ci sono altre ragioni, più nascoste, più difficili da capire. L'a-

vrebbe dovuta chiamare. A Natale sono tutti più buoni.

"Babi!" È la voce di Raffaella. Avrebbe telefonato a Pallina

più tardi.

"Sì, mamma?"

"Puoi venire un attimo... Guarda chi c'è?"

Alfredo è lì, fermo sulla porta.

« "Ciao."

Babi diventa leggermente rossa. In questo non è cambia-

ta. Mentre va a salutarlo se ne accorge anche lei. Forse, in que-

sto, non sarebbe cambiata mai. Alfredo cerca di metterla a suo

agio.

i» "Fa caldo qua dentro."

j "Sì" dice Babi sorridendo.

.# La madre li lascia soli.

"Ti va di andare a vedere la mostra dei presepi a piazza del

Popolo?"

"Sì, aspetta che mi metto qualcosa addosso. Qui fa caldo.

Ma fuori deve fare un freddo..."

Si sorridono. Lui le stringe la mano. Lei lo guarda compli-

ca. Poi va di là. Che strano, vivono da tanti anni in quello stes-

so comprensorio e non si sono mai conosciuti prima.

"Sai, io ho studiato molto in questi ultimi tempi, sto pre-

parando la tesi e poi mi sono lasciato con la mia ragazza."

"Anch'io."

"Stai preparando la tesi?" Ha sorriso lui. -i *»

306

"No, mi sono lasciata con il mio ragazzo."

In realtà allora Step ancora non lo sapeva, ma lei aveva già

deciso. Una decisione difficile, fatta di litigi, di discussioni, di

problemi con i suoi e, in fondo, perché no?, anche di Alfredo.

Babi si infila il cappotto. Attraversa il corridoio. Proprio in quel

momento squilla il telefono. Babi rimane per un attimo a fis-

sarlo. Uno squillo, due. Raffaella va a rispondere.

"Sì?"

Babi le rimane vicino, la guarda interrogativa, preoccupa-

ta, chiedendole con lo sguardo se è per lei. Raffaella scuote dol-

cemente la testa, copre la cornetta con la mano.

"È per me... vai. Vai..."

Babi la saluta tranquilla, parole esili come quel suo bacio.

"Io torno più tardi."

Raffaella la guarda uscire, con un sorriso ricambia il salu-

to educato di Alfredo. La porta si chiude.

"Pronto? No mi dispiace, Babi è fuori. No, non so quando

torna."

Step attacca il telefono. Si chiede se è uscita davvero. Se

gliel'avrebbe detto. Solo su quel divano, ricordando, vicino a

un telefono muto, senza speranza. Giorni felici passati, sorri-

si, giorni d'amore e di sole. Lentamente la immagina più vici-

na a lui, fra le sue braccia, proprio su quel divano, così com'è

stato.

Illusione di un momento, violenti attimi di passione, ora

solitària. Dopo si sente ancora più solo, svuotato anche del-

l'orgoglio. Più tardi, camminando tra la gente, vede macchine

dalle coppie felici, nel traffico festivo, con i sedili pieni di do-

ni. Sorride. È difficile guidare quando lei si abbraccia a te,

quando vuole mettere per forza le marce e non è capace, quan-

do hai una mano sola per girare il volante e, nello stesso tem-

po, amare.

Continua a camminare tra finti Babbo Natale e odore di

castagne arrosto, fra vigili fischianti e gente con i pacchi, cer-

cando i suoi capelli, il suo profumo, la scambia per un'altra

che cammina veloce ed è costretto a rallentare il suo cuore

deluso.

Via di Vigna Stelluti, un giorno pieno di risate. Step la por-

ta in braccio come una bambina, baciandola sotto gli occhi di

tutti, ammirati da quella diversità. Poi entra all'Euclide, la pog-

gia delicatamente sul bancone e la gente guardandola lo sen-

te ordinare: "Un peroncino e una crostata alla crema per la mia

piccoletta". Poco dopo di nuovo fuori, per strada, lei in brac-

307

ciò a lui, fra la gente normale, diversa. Una coppia li guarda.

La ragazza sorride fra sé desiderando un lui così, esagerato e

pazzo. Poi ripensa al suo debole ragazzo, alla dieta non anco-

ra iniziata, a quando arriva lunedì.

I genitori di Babi, vedendola in braccio a Step, le corrono

incontro preoccupati.

"Che ti è successo? Sei caduta dalla moto? Ti sei fatta male?"

"No mamma, sto benissimo." Così li guardano allontanar-

si, chiedendosi un perché. Persone sempre in cerca di ragioni,

quel giorno tornano a casa a mani vuote.

Qualcuno lo urta, non si accorge neppure che è una bella ra-

gazza. Dovunque guarda vede ricordi. Le magliette uguali che si

sono comprate, lui un'extralarge, lei una tenera medium.

Estate. Il concorso delle miss all'Argentario. Babi ha par-

tecipato per scherzo, lui ha preso troppo sul serio un commento

peraltro sincero di qualcuno. "Oh, guarda quella che culo da

favola." Ed è subito rissa.

Sorride. È stato sbattuto fuori dalla discoteca, non ha po-

tuto vederla vincere. Quante volte ha fatto l'amore con Miss

Argentario. Di notte a Villa Glori, sotto la croce ai caduti, su

quella panchina nascosta dietro un cespuglio, sopra la città. I

loro sospiri baciati dalla luna. In macchina, quella volta che la

polizia ha interrotto i loro baci furtivi e lei scocciata ha dato i

suoi documenti. Step ha salutato i poliziotti, una volta lonta-

ni, con un divertito "A invidiosi!".

Quella rete bucata. Aiutarla a scavalcare di notte, abbrac-

ciarla vicino alle gabbie, amarsi impauriti su quella panchina,

tra ruggiti di bestie feroci e richiami di uccelli nascosti. Loro,

così liberi, in quello zoo pieno di prigionieri.

Si dice che quando muori vedi in un attimo passarti da-

vanti i momenti più significativi della tua vita. Allora Step cer-

ca di allontanare tutti quei ricordi, quei pensieri, quella dolce

sofferenza. Ma all'improvviso capisce. È tutto inutile. È finita.

Continua a camminare per un po'. Si ritrova quasi per ca-

so alla moto. Decide di andare a casa di Schello. I suoi amici

sono tutti lì per festeggiare il Natale.

I suoi amici. Quando la porta si apre prova una strana sen-

sazione.

"Ehi, ciao Step! Cazzo è una vita che non ti si vede. Buon

Natale. Stiamo giocando a cavallini. Sai come si gioca?"

"Sì, ma preferisco guardare. C'è una birra?"

II Siciliano gliene passa una già aperta.

Si sorridono. È acqua passata. Ne manda giù un sorso. Poi

si siede su uno scalino. La televisione è accesa. Su uno sfondo

308

natalizio dei concorrenti dalle coccarde colorate giocano a qual-

che stupido gioco. Un presentatore ancora più stupido ci met-

te troppo a spiegare quello successivo. Perde interesse. Da uno

stereo nascosto da qualche parte arriva della musica. La birra

è fredda e ben presto lo riscalda. I suoi amici sono tutti vesti-

ti bene o ci provano. Giacche blu un po' larghe su un paio di

jeans.

Questa è la loro eleganza. Qualcuno sfoggia un completo,

qualcun altro un paio di pantaloni di velluto un po' troppo stret-

ti. Improvvisamente si ricorda il funerale di Pollo. C'erano tut-

ti e tanti altri ancora. Vestiti meglio, con un'aria più seria. Ora

ridono, scherzano, si lanciano fiches e carte colorate, ruttan-

do, mangiando grossi pezzi di panettone. Quel giorno aveva-

no tutti le lacrime agli occhi. Un addio a un amico vero, un ad-

dio sincero, commosso, dal profondo del cuore. Li rivede in

quella chiesa, con i muscoli sofferenti, in camicie troppo stret-

te, con facce serie, seguire la predica del prete, uscire in silen-

zio. Sullo sfondo, ragazze scappate da scuola che piangono.

Amiche di Pallina, compagne di serate, di uscite notturne, di

birre al baretto. Quel giorno tutti hanno sofferto sul serio. Ogni

lacrima è stata sincera. Nascosti dietro Ray-Ban, Web, occhiali

a specchio o scuri Persol, i loro sguardi sono diventati lucidi

guardando quel "Ciao Pollo" fatto di crisantemi rosati. Firma-

to "Gli amici". Dio come mi manca. Il suo sguardo torna luci-

do per un attimo. Incontra un sorriso. È Madda. Sta in un an-

golo abbracciata a un tipo che Step ha visto spesso in palestra.

Le sorride poi guarda altrove.

Step beve un altro po' di birra. Gli manca da morire Pollo.

Quella volta davanti al Gilda quando facendo fìnta di essere

dei posteggiatori si sono inculati una Ferrari con tanto di te-

lefono. Sono stati in giro tutta la notte, chiamando tutti, te-

lefonando ad amici in America, a donne appena conosciute,

prendendo a parolacce genitori ancora insonnoliti. Quando so-

no andati a riportare il cane alla Giacci. E Pollo che non vole-

va restituirglielo.

"Cazzo, mi sono troppo affezionato ad Arnold. È un mito

questo cane. Perché glielo devo ridare a quella vecchia befa-

na? Sono sicuro che, se potesse scegliere, Arnold resterebbe

con me. Cazzo, non si è mai divertito così tanto in vita sua, lo

faccio chiavare tutti i giorni, dorme con me, mangia da favo-

la, che può volere di più?"

"Sì, però a insegnargli a fare il riporto non ci sei riuscito..."

"Mi basta un'altra settimana e ce la fa, ne sono sicuro."

Step ride, poi citofonano alla Giacci. Le lasciano il cane le-

309

gato al cancello con una corda al collo. Si nascondono là vici-

no, dietro una macchina. Vedono la Giacci uscire di corsa dal

portone, liberare il cane e abbracciarlo. Si mette a piangere

stringendoselo al petto.

"Mortacci, peggio di Merola" commenta Pollo da lontano.

Poi l'incredibile.

La Giacci toglie al cane quella specie di guinzaglio e lo get-

ta lontano. Arnold salta a terra, corre veloce, abbaiando come

un pazzo. Poco dopo torna dalla Giacci con la corda in bocca,

scodinzolando, fiero di quel riporto perfetto. Pollo non ce la fa

più. Sbuca fuori dalla macchina urlando di gioia: "Lo sapevo!

Cazzo lo sapevo! Ce l'ha fatta!".

Pollo si vuole riprendere Arnold. La Giacci urla come una

pazza correndo verso di loro, il cane continua a fissare quei

suoi due strani padroni con molti meno dubbi di Buck. Step

si carica l'amico sulla moto tirandolo per un braccio. E poi di

corsa, fuggendo veloci, gridando come mille altre volte. Di gior-

no, di notte senza fari, urlando a perdifiato, spavaldi, padroni

di tutto, padroni della vita. E questa consapevolezza gli fa an-

cora più male. Si sentivano immortali, e non lo erano.

"Come stai?"

Step si gira. È Madda. Il suo sorriso nascosto dall'orlo di

un bicchiere pieno di bollicine, i suoi capelli frizzanti come il

suo sguardo.

"Ne vuoi?" Step alza la sua birra.

"Ah." Madda è quasi delusa ma cerca di nasconderlo. "Che

fai di bello stasera? Dove ceni?" Gli si avvicina di più.

"Ancora non lo so, non ho deciso."

"Perché non resti qui? Stiamo tutti insieme. Come ai vec-

chi tempi. Dai!"

Step la fissa per un attimo. Quante notti, quanta passione.

Le corse insieme a lei, il suo giardino, la finestra, il suo corpo

caldo, fresco, le canzoni di Eros. Quello sguardo provocante,

lo stesso di quel momento. Step la guarda ancora per un atti-

mo. Vede un ragazzo sullo sfondo che lo fissa incuriosito, di-

sturbato, chiedendosi se è il caso di intervenire. Vede una ra-

gazza ancora più lontano, da qualche parte, in quella città, in

una macchina, a una festa, vicino a qualcun altro. Si chiede

com'è possibile. Eppure è tutta qui nel mio cuore. Step passa

la mano tra i capelli di Madda. Scuote la testa sorridendole.

Lei alza le spalle.

"Peccato."

Madda raggiunge il tipo dallo sguardo duro. Quando si gi-

ra Step non c'è più. Sullo scalino c'è solo la lattina di birra vuo-

310

ta. Il rumore dello stereo copre la porta che si chiude. Fuori

ora fa freddo. Step si chiude bene il giubbotto di pelle. Si tira

su il bavero coprendosi il collo. Poi senza quasi volerlo accen-

de la moto. Quando la spegne è sotto il comprensorio di Babi.

Rimane lì seduto sull'Honda, guardando la gente che passa,

frettolosa, piena di pacchi. Un ragazzo e una ragazza per ma-

no fìngono interesse per qualcosa dietro una vetrina. I loro re-

gali sono sicuramente a casa, già incartati. Ridono sicuri di

aver scelto bene e se ne vanno lasciando il posto a una madre

con una figlia, stesso naso ma di differente età. Fiore esce dal-

la guardiola, fa alcuni passi davanti al cancello e saluta Step

con un cenno. Poi senza dire nulla torna al caldo. Step si chie-

de se sa. Che sciocco. I portieri sanno sempre tutto. L'avrà vi-

sto di sicuro. Conoscerà di persona quello che io ho saputo so-

lo per telefono.

"Pronto?"

"Ciao."

Rimane per un attimo in silenzio, senza sapere che dire,

lasciando libero il suo cuore di correre sfrenato. Sono più di

due mesi che non batte così. Poi la domanda più banale: "Co-

me stai?".

Poi mille altre, piene d'entusiasmo. Piano piano perderlo

tutto, nelle sue parole inutili, piene di notizie cittadine, di no-

vità vecchie d'interesse, almeno per lui. Perché ha telefonato?

Ascolta il suo inutile parlare facendosi ogni momento quella

domanda. Perché ha chiamato? Poi improvvisamente lo sa.

"Step... mi sono messa con un altro."

Rimane in silenzio, colpito come non è mai stato in vita

sua, più di mille pugni, di ferite, di cadute, più di capocciate

in faccia, di morsi, di ciocche di capelli strappati. Allora fa-

cendosi forza rincorre la sua voce, la trova lì, in fondo al cuo-

re e la costringe a venir fuori, a controllarsi.

"Spero che sarai felice."

Poi più niente, il silenzio. Quel telefono muto. Non può es-

sere. È un incubo. Voler correre indietro nel tempo, e lì, poco

prima di aver saputo, in bilico fermarsi, senza più vivere, sen-

za andare avanti. In un magico, terribile equilibrio. Solo nel

letto, prigioniero della sua mente, di ipotesi, di idee vaghe sen-

za forma. Facce di persone intraviste, di possibili amanti ap-

paiono e si mischiano fra loro prestandosi nasi, occhi, bocche,

corpi. Si immagina lei tra le braccia di qualcun altro. Il suo vi-

so, vicino a quello di un lui immaginario ma purtroppo ben

esistente. Allora la vede sorridere. Quale può essere stato il lo-

ro primo approccio, il primo bacio. La immagina a casa pre-

311

pararsi nervosa prima di uscire, provando vestiti, accostando

colori, piena di entusiasmo, di novità. Sente il cuore di lei bat-

tere più felice al suono di un citofono. La vede uscire dal por-

tone bella come è stata tante volte per lui, più bella ancora per-

ché adesso non lo è più. La vede salire su una macchina sicu-

ramente ricca, salutare qualcuno divertita con un bacio sulla

guancia e allontanarsi con lui, già chiacchierando. Freschi e

frizzanti, pieni di cose facili da dirsi, assaggiando i profumi

dell'altro e fantasie comuni. E poi una cena di sguardi e di at-

tenzioni, di sorrisi, educazione, una cena tutta scena. Più tar-

di la vede passeggiare da qualche parte in quella città, lontana

da lui, dalla loro vita, dai mille ricordi. La vede spostare i ca-

pelli come ha sempre fatto ma adesso per un altro, vede lei che

sorride e lentamente le loro labbra avvicinarsi. Allora come

non mai soffre. Poi si chiede. Perché se un Dio c'è, l'ha per-

messo? Perché non l'ha fermata? Perché in quell'attimo non le

ha fatto vedere qualcosa di me, qualcosa di splendido, il ri-

cordo più bello, uno spiraglio d'amore trascorso? Qualunque

cosa che potesse non dar vita a un estraneo futuro, troppo tar-

di, a quel bacio ormai nato.

Step sente un brivido caldo per tutto il corpo, trema leg-

germente. Poi scende dalla moto e si mette a passeggiare. Qual-

cosa di un negozio gli piace. Entra a comprarla. Quando esce,

si sente morire. Una Thema passa veloce davanti a lui. Ma non

così veloce perché i loro sguardi non possano incontrarsi. In

quell'attimo si parlano di tutto, soffrono di molto, questa vol-

ta di nuovo insieme. Babi è lì, dietro quel vetro elettrico. Si in-

seguono ancora un po' con i loro vecchi ricordi, con una nuo-

va tristezza. Poi lei sparisce nel comprensorio. Perché? Dove

sono finiti tutti quei pomeriggi, quelle notti clandestine quan-

do i suoi erano fuori. E ora vicino a lei c'è quello. Chi cazzo è?

Che c'entra nella sua vita? Nella nostra vita? Perché? Si siede

sulla sua moto. L'avrebbe aspettato. Poi gli viene in mente tut-

to quello che gli ha sempre detto Babi.

"Io odio i violenti, se continui a fare come ti pare non sta-

remo più insieme, te lo giuro."

"Va bene, cambierò" ha abbozzato.

Ma ora? Ora sono le cose a essere cambiate. Non stanno

più insieme ora. Non hanno bisogno di nascondersi adesso.

Non deve più essere un altro. Può essere se stesso, come e quan-

do vuole. E libero, ora. Violento e solo. Di nuovo. La Thema si

ferma davanti alla sbarra. Aspetta che lentamente si alzi poi

esce dal cancello. Step accende la moto e mette la prima. Scen-

312

de veloce dal marciapiede e segue la macchina. Il tipo ora è so-

lo e guida veloce. Step da gas. Allo stop tanto dovrà fermarsi.

Sotto via Jacini c'è traffico, macchine in fila. Come sempre. La

Thema si ferma. Step sorride, si accosta alla macchina. Fa per

scendere dalla moto ma in quel momento capisce. A cosa ser-

virebbe colpire la sua faccia, vedere il suo sangue, sentire i suoi

gemiti? A cosa servirebbe prenderlo a calci, sfondargli la mac-

china, rompere i finestrini infilandoci la sua testa? Gli avreb-

be forse restituito nuovi giorni felici con lei, i suoi occhi inna-

morati, il suo entusiasmo? L'avrebbe fatto semplicemente dor-

mire soddisfatto quella sera. Forse neanche quello... Già gli

sembra di sentire le sue parole:

"Hai visto? Non mi sbagliavo su di te, sei un violento! Non

cambierai mai!".

Allora, senza guardare nella macchina da gas. La supera

tranquillo, libero, sulla sua moto, agile nel traffico di quel gior-

no di festa. Solo, senza curiosità, senza rabbia.

Continua ad accelerare sentendo il vento freddo sulla fac-

cia, l'aria della notte infilarsi nel suo giubbotto.

Vedi Babi, non è vero quello che pensi. Sono cambiato. E

poi si sa, a Natale sono tutti più buoni.

313

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Step entra in casa e attraversa il salotto poi all'improvviso

si ferma. Dalla stanza accanto vengono dei rumori, un allegro

cantare. Apre la porta della cucina. Paolo è lì, in piedi vicino

ai fornelli che traffica con delle pentole.

"Ehi, meno male, temevo non tornassi più! Sei pronto per

questo cenone favoloso?"

Step si siede a tavola. Non è in vena di scherzare ma è fe-

lice. Suo fratello si è dimenticato della questione della sera

prima.

"Come mai sei qui? Non dovevi andare a cena da Manuela?"

"Impegno rimandato. Preferisco stare con mio fratello. Fac-

ciamo un patto, però! Anche se il cenone fa schifo, tu lasci sta-

re i miei occhiali..." Paolo tira fuori dal taschino della giacca

un paio di occhiali nuovi di zecca. "Non ti dico quanto li ho

pagati sennò poi dici che penso sempre ai soldi. Comunque è

proprio vero, sotto Natale i negozianti se ne approfittano!"

Paolo posa sul tavolo vicino a Step un'enorme insalata con

rughetta, grana e pezzi di funghi chiari.

"Et voilà! Cucina francese!"

Step nota che si è messo un normale grembiule chiaro.

Quello a fiori che gli ha regalato Babi è attaccato vicino al la-

vandino. Si chiede se il fratello ci ha pensato.

"A parte gli scherzi, come mai non sei a cena da Manuela?"

"Ma che è stasera, un interrogatorio? È Natale, dobbiamo

essere felici, parliamo d'altro. È una brutta storia."

"Mi dispiace." Step prende un pezzo di grana e se lo met-

te in bocca.

"Sì, grazie. Cerca però di non finirti l'insalata, eh? Senti,

perché non vai di là e cominci ad apparecchiare? La tovaglia

è lì sotto."

Step ne prende una a caso.

"No, prendi quella rossa. È più pulita e poi è Natale. A pro-

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posito, hanno telefonato papa e mamma... volevano farti gB

auguri. Perché non li richiami?"

"Ho provato... è occupato." Step va in salotto.

"Perché non riprovi adesso?"

Step decide di non rispondere.

"Fai come vuoi... Io te l'ho detto." Paolo si brucia un dito

per controllare se la pasta è pronta. Anche lui decide di non in-

sistere.

Più tardi, sono seduti uno di fronte all'altro. Un piccolo al-

bero di Natale lampeggia su un mobile là vicino. La televisio-

ne è accesa ma senza volume, presentatori natalizi parlano sul-

la musica allegra dello stereo.

"Cavoli, Paolo, è buonissima questa pasta. Sul serio."

"Ci voleva un po' più di sale."

"No, secondo me va bene così." In un attimo ritorna pri-

gioniero dei ricordi. Babi metteva un altro po' di sale sempre

su tutto. Lui la prendeva in giro perché lo faceva comunque,

con ogni piatto, ancora prima di assaggiarlo.

"Ma provalo no, può essere che è già salatissimo."

"No, non capisci, a me piace proprio metterci il sale..." Dol-

ce testarda. No, non si capisce. Non si può capire. Com'è suc-

cesso? Come può non essere più? Come può stare con un al-

tro? Rivede quella macchina dalla guida sicura. Li immagina

stare insieme, abbracciati.

Di una cosa sono sicuro. Non potrà amarla come l'amavo

io, non potrà adorarla in quel modo, non saprà accorgersi di

tutti i suoi dolci movimenti, di quei piccoli segni del suo viso.

È come se solo a lui fosse stato concesso vedere, conoscere il

vero sapore dei suoi baci, il reale colore dei suoi occhi. Nessun

uomo mai potrà vedere ciò che ho visto io. Lui meno di tutti.

Lui reale, crudo, inutile, materiale. Lo disegna così, incapace

di amarla, desideroso solo del suo corpo, incapace di vederla

veramente, di capirla, di rispettarla. Lui non si divertirà a quei

dolci capricci. Lui non amerà anche la sua piccola mano, le

sue unghie mangiate, i suoi piedi leggermente cicciotti, quel

piccolo neo nascosto, non poi così tanto. Forse lo vedrà sì, che

terribile sofferenza, ma non sarà mai capace di amarlo. Non

in quel modo. La tristezza si impadronisce dei suoi occhi. Pao-

lo lo guarda preoccupato.

"Fa proprio schifo, vero? Se non ti va più, lasciala. C'è un

secondo favoloso."

Step alza il viso verso il fratello, scuote la testa cercando di

sorridere.

"No, Fa', è buona, sul serio." ' .iiwfc.'WM

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; "Ne vuoi parlare?" > , r.< , " * » " , , >, ,_

"No, è una brutta storia."

"Peggio della mia?" Step annuisce. Si sorridono. Uno sguar-

do fraterno nel vero senso della parola, forse solo allora per la

prima volta. Poi all'improvviso, il campanello della porta. Un

suono lungo e deciso spezza l'aria, portando con sé gioia e spe-

ranza. Step corre verso la porta, l'apre.

"Ciao Step."

"Oh, ciao Pallina." Cerca di nascondere la sua delusione.

"Vieni, vuoi entrare?"

"No grazie, sono passata a farti gli auguri. Ti ho portato

questo." Gli da un piccolo pacchetto.

"Lo apro adesso?"

Pallina annuisce. Step lo rigira tra le mani trovando il ver-

so giusto, lo scarta veloce. Una cornice in legno e dentro il re-

galo più bello che avesse mai potuto desiderare. Lui e Pollo

sulla moto, abbracciati, con i capelli corti, le gambe alzate, la

risata al vento. Qualcosa gli fa male dentro.

"Pallina, è bellissima. Grazie."

"Dio Step, quanto mi manca."

"Anche a me." Solo allora si accorge di com'è vestita Palli-

na. Quante volte ha visto quel giubbotto di jeans dietro la sua

moto, quante pacche gli ha dato, con amicizia, con forza, con

allegria.

"Step, ti posso chiedere una cosa?"

"Tutto quello che vuoi."

"Abbracciami." Step le si avvicina timoroso, allarga le brac-

cia e l'accoglie fra le sue. Pensa al suo amico, a quanto ne era

innamorata. "Stringimi forte, più forte. Come faceva lui. Sai

mi diceva sempre... Così non mi scappi più. Resterai sempre

con me." Pallina appoggia la testa sulla sua spalla. "E invece

se n'è andato lui." Comincia a piangere. "Me lo ricordi da mo-

rire, Step. Lui ti adorava. Diceva che solo tu lo capivi, che era-

vate uguali, voi due."

Step guarda lontano. La porta è leggermente sfuocata. La

stringe forte, più forte.

"Non è vero, Pallina. Lui era molto meglio di me."

"Si, è vero." Sorride tirando su con il naso. Pallina si stac-

ca da Step. "Be', ora vado a casa."

"Vuoi che ti accompagno?"

"No grazie. C'è giù Dema che mi aspetta."

"Salutamelo." «i-.hvr' u <, >' >. »\ . <^nr

"Buon Natale Step." "*> r f " '

"Buon Natale."

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316

La guarda entrare nell'ascensore. Pallina gli sorride un'al-

tra volta poi chiude le porte e spinge il bottone T. Mentre scen-

de tira fuori dal giubbotto il suo pacchetto di Carnei light. Si

accende l'ultima sigaretta, quella capovolta. Ma la fuma con

tristezza, senza speranza. Sa che il suo unico, vero desiderio,

è irrealizzabile.

Step va in camera sua e posa la foto sul comodino poi tor-

na a tavola. Vicino al suo piatto c'è un pacco incartato.

"E questo che cos'è?"

"Il tuo regalo." Paolo gli sorride. "Non lo sai che a Natale

ci si scambiano i regali?"

Step comincia ad aprire il pacco. Paolo lo osservava diver-

tito.

"Ho visto che ieri hai bruciato tutti quei disegni e ho pen-

sato che ora non hai più niente da leggere."

Step lo scarta del tutto. Gli viene quasi da ridere. I y

"II mio nome è Tex." r^a

II fumetto che più odia.

"Se non ti piace lo puoi cambiare."

"Scherzi Paolo, grazie. Non ce l'ho sul serio. Aspetta un at-

timo, anch'io ho qualcosa per te."

Poco dopo torna dalla sua camera con un astuccio. L'ha

comprato quel pomeriggio mentre aspettava sotto casa di Ba-

bi. Prima di vederla. Preferisce non pensarci.

"Tieni."

Paolo prende il regalo e lo apre. Un paio di Ray-Ban neri

Predator appaiono nelle sue mani.

"Sono come i miei. Sono durissimi e non si rompono mai.

Anche se qualcuno te li fa cadere per terra." Gli sorride. "Ah,

a proposito, non li puoi cambiare."

Paolo se li mette.

i "Come ci sto?"

"Benissimo! Cazzo, sembri un duro. Metti quasi paura."

Poi improvvisamente appare nella sua mente, lucida, per-

fetta, divertente.

"Senti Pa', ho un'idea ma non mi dire di no come al solito.

Oggi è Natale, non me lo puoi rifiutare!"

Il vento freddo gli scompiglia i capelli.

"Potresti rallentare, Step?"

"Ma se sto a ottanta."

"In città non bisognerebbe superare i cinquanta."

"Piantala, lo so che ti piace." Step accelera. Paolo lo ab-

braccia forte. La moto corre veloce per le strade della città, at-

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traversa incroci, supera semafori gialli, silenziosa, agile. I due

fratelli sono sopra di lei abbracciati. La cravatta di Paolo si li-

bera dal giubbotto e sventola allegra nella notte i suoi rombi

seri. Più in alto sotto i nuovi occhiali scuri, Paolo guarda ter-

rorizzato la strada, pronto a notare qualsiasi pericolo. Davan-

ti a lui Step guida tranquillo. Il vento accarezza i suoi Ray-Ban.

Alcune persone posteggiano frettolose in seconda fila davanti

a una chiesa. Vanno a messa. Religiosità natalizia, preghiere

appesantite dal sapore di panettone. Per un attimo viene an-

che a lui la voglia di entrare, di chiedere qualcosa, di pregare.

Ma poi si chiede cosa gliene può importare a Dio di uno

come me, di uno così. Niente. Dio è felice. Lui ha le stelle. Guar-

da in alto, nel cielo. Nitide, a migliaia appaiono immobili bril-

lando. Improvvisamente quel blu gli sembra lontano come non

mai, irraggiungibile. Allora accelera, mentre il vento gli pun-

ge la faccia, mentre gli occhi cominciano lenti a lacrimare e

non solo per il freddo. Sente Paolo che si stringe più forte a lui.

"Dai Step, non correre. Ho paura!"

Anch'io ho paura Paolo. Ho paura dei giorni che verranno,

di non farcela a resistere, di quello che non ho più, di quello

che sarà preda dei venti. Leva un po' di gas. Scala dolcemen-

te. Per un attimo gli sembra di sentire la risata di Pollo. Quel-

la risata forte e allegra. La sua faccia, la sua voce amica.

"Cazzo Step, ci divertiamo, eh?" E giù birra e giù nottate,

sempre insieme, sempre allegri con la voglia di vivere, di fare

a botte, con una siga a mezzi e tanti sogni. Allora da di nuovo

gas. All'improvviso, di scatto. Paolo urla, mentre la moto si al-

za. Step continua così, accelerando su una ruota sola, pinnando

come ai bei tempi, sorridendo a quel mazzo di fiori fermo sul

ciglio della strada.

Lontano, più lontano, sul divano di una casa elegante, due

corpi nudi si accarezzano.

"Sei bellissima." Lei sorride vergognandosi, ancora un po'

estranea. "Ma cos'è questo?"

.,»j Un leggero imbarazzo. "Niente, un tatuaggio."

"È un'aquila, vero?"

"Sì." Poi un'amara bugia. "L'ho fatto con una mia amica."

E in quel momento non c'è nessun gallo a cantare. Ma un

senso di tristezza le prende ugualmente il cuore. E un cattivo

destino radiofonico si accanisce contro di lei, quasi a punirla.

Beautiful. La loro canzone. Babi comincia a piangere.

"Perché piangi?"

"Non lo so." *> « tf, * *}'>>' " ,.n . /*" *> 1 >*"!<.>'>!>.,

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Non trova nessuna risposta. Forse perché non ce ne sono.

Altrove gente gioca urlando e facendo confusione. Fiches

colorate cadono su panni verdi. Stanche nonne vengono riac-

compagnate a casa. Una ragazza bruna si addormenta ro-

mantica stringendo il cuscino. Sogna di incontrare quel ra-

gazzo che ha visto passare.

Dolcemente la ruota torna a terra, così, come si è alzata,

senza problemi.

Paolo torna a respirare. Step rallenta. Sorride.

È estate. Sono tutti e due piccoli. Sua madre e suo padre

sono lì, felici sotto l'ombrellone. Chiacchierano su due sdraio

azzurre, quelle con il nome dello stabilimento sopra. Step esce

dall'acqua correndo verso di loro, con i capelli bagnati, con

gocce salate che gli scendono giù sulle labbra.

"Mamma, ho fame!"

"Prima cambiati il costume e poi ti do la pizza."

Allora sua madre lo avvolge con un grosso asciugamano.

Glielo tiene sulle spalle sorridendo. Lui si sfila ubbidiente il

costume. Poi, timoroso di restare nudo, si infila subito quello

asciutto. Cerca di non sporcarlo con la sabbia bagnata e più

scura che è lì sulle sue caviglie. Non ci riesce. Sorride ugual-

mente. Sua madre lo bacia. Ha delle labbra morbide e calde e

un profumo di sole e di crema. Step corre via felice, con il suo

pezzo di pizza bianca in mano. Morbido, ancora caldo, con il

bordo croccante, proprio come piace a lui.

Piano piano la moto inizia a curvare. È ora di tornare a ca-

sa. È ora di ricominciare, lentamente, senza strappi al moto-

re. Senza troppi pensieri. Con un'unica domanda. Tornerò mai

lassù, in quel posto così difficile da raggiungere. Lì, dove tut-

to sembra più bello. E nello stesso istante in cui se lo chiede,

purtroppo, sa già la risposta.

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