Federico Moccia

AMORE 14

In copertina: illustrazione di Valeria Maggiani.

cover design: ufficio grafico Feltrinelli

(c) Giangiacomo Feltrinelli Editore

Prima edizione ne "I Canguri" ottobre 2008

ISBN 978-88-07-70194-8

www. feltrinelli. it

L'AUTORE

Federico Moccia è nato a Roma nel 1963. È autore per la televisione e sceneggiatore per il cinema. Tre metri sopra il cielo (2004), il suo primo romanzo, ha superato la soglia di un milione di copie vendute diventando il caso letterario del 2004, vincitore del premio Torre di Castruccio, sezione Narrativa, e del premio Insula Romana, sezione Giovani adulti. Con Feltrinelli ha pubblicato anche Ho voglia di te (2006, premio Città di Padova) e 3MSC. Emozioni e sogno (2007); con Rizzoli, Scusa ma ti chiamo amore (2007), Cercasi Niki disperatamente (2007), La passeggiata (2007) e Diario di un sogno (2008). I suoi libri sono stati pubblicati in quindici paesi europei e inoltre in Argentina, Brasile e Giappone.

Dai suoi libri sono tratti i film omonimi Tre metri sopra il cielo (2004), Ho voglia di te (2007) e Scusa ma ti chiamo amore (2008, di cui Moccia è anche regista).

Indice

Introduzione

Settembre

Giovanni, il fratello di Carolina

Ottobre

Silvia, la mamma di Carolina

Novembre

Dario, il papà di Carolina

Dicembre

Gennaio

Luci, la nonna di Carolina

Febbraio

Tom, il nonno di Carolina

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Ringraziamenti

Federico Moccia

AMORE 14

A Giulia, mio bellissimo sole

È buffo. Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti.

J. D. SALINGER

Introduzione

È una di quelle giornate che inizia veramente con il sorriso. Sai quando ti guardi in giro e tutto ti sembra più bello, gli alberi che ti circondano, il cielo, qualche sciocca nuvola che sembra voler dire la sua. Bè, ecco, insomma, sei proprio in sintonia con il mondo. Sì, hai proprio un buon feeling... Con il mondo poi. Non che io sia andata così lontano da dove abito. Bè, ora che ci penso, l'altro inverno per la prima volta in vita mia ho oltrepassato i confini dell'Italia. Sono stata a Badgastein.

"Gran bella, ridente cittadina" ha detto mio padre. E io ho sorriso facendolo sentire così fiero di quelle parole. Secondo me le aveva lette da qualche parte, su uno di quei dépliant che aveva portato a casa quando aveva deciso per questo viaggio. Ma non ho voluto insistere più di tanto, ne fargliela pesare e per un attimo ho voluto perfino credere che fossero sue. D'altronde è la prima vacanza che mio padre si è preso d'inverno da quando io sono al mondo. E quindi da quasi quattordici anni. E così ho sorriso e ho fatto finta di niente, anche se ancora non lo avevo perdonato. Perdonato di cosa direte voi... Ma questo è un altro capitolo e non so se mi va tanto di affrontarlo. Di sicuro non adesso, perlomeno. Oggi è la mia giornata e non voglio che possa accadere qualcosa che me la possa rovinare. Deve essere perfetta. E infatti ecco le tre cose che mi sono voluta concedere:

1 ) prendere i cornetti di Selvaggi, i più buoni in assoluto almeno secondo me. Quattro. Due prima e due dopo. Dopo cosa direte voi... questo invece ho molta voglia di spiegarvelo ma lo farò tra poco;

2) farmi dare una bottiglia di vetro e riempirla di cappuccino. Ma quel cappuccino leggero, di caffè non bruciato, di latte magro che quando lo bevi chiudi gli occhi e quasi ti appare una mucca che ti sorride come a dire "ti piace, eh?". E tu fai sì con la testa e intorno alla bocca hai dei baffi leggeri, velati di schiuma color panna e caffè e sorridi felice della tua mattinata.

"Mi scusi, mi può dare un po'"di panna montata?"

"Va bene così, signorina?"

"Sì, grazie."

Dio come li odio quando ti chiamano signorina. Ti fanno sentire più piccola di quello che sei, come se uno non avesse dei pensieri all'altezza dei loro. E solo l'esperienza in meno che potrei o non potrei avere. Ma non certo l'intelligenza. Comunque faccio finta di niente e dopo che mi ha dato lo scontrino, vado a pagare alla cassa. Non faccio in tempo a mettermi in fila che una signora, e non certo signorina, mi passa avanti.

"Scusi?"

Mi guarda con aria da finta svampita e fa come se niente fosse. Lei, bionda mesciata con un profumo pesante e il trucco ancora peggio, con dell'azzurro che neanche Magritte avrebbe avuto mai il coraggio di usare in uno dei suoi quadri più esplosivi. Lo so perché l'abbiamo studiato a scuola quest'anno.

"Scusi?" le ripeto. E vero che oggi non mi va proprio di rovinarmelo, ma così ingoierei un sopruso e credo proprio che qualche volta durante la giornata potrebbe tornar su. E non vorrei che questo stupido ricordo arrivasse proprio in un momento di felicità. Perché sono sicura che oggi io sarò felice.

E così le sorrido lasciandole un'ultima possibilità. "Forse non se n'è accorta ma c'ero prima io. E poi, se le interessa, dopo di me c'è il signore."

E così dicendo indico il signore che sta accanto a me, un tipo elegante sui cinquant'anni o forse sessanta, insomma di sicuro più grande di mio padre. Il tipo sorride e fa "Bè, in effetti c'era prima lei".

Meno male che non ha detto "la ragazzina" e così, fiera del mio punto, passo avanti e pago. Cavoli, sono stata punita. 7,50 euro per un po'"di panna e tre cappuccini! Mah, in questo mondo non ci si capisce più nulla.

Infilo dentro il mio portamonete i 2,50 di resto e me ne vado.

Prima di uscire vedo che il signore elegante con un gesto fa passare la "colorata". E lei passa, come se niente fosse, anche alzando il sopracciglio e fa addirittura una strana smorfia, come a dire "e meno male". La guardo meglio: ha dei pantaloni troppo stretti in fondo, una cintura enorme con un" H centrale, una grossa collana d'oro o di qualcosa del genere con due grosse C e quando si gira per andarsene, sul sedere, che non è da poco, le spuntano una D e una G. Ma è tutta un alfabeto questa qua! E il tipo elegante l'ha fatta pure passare avanti!

Non c'è niente da fare. I maschi quando vogliono sanno proprio come farsi fregare.

Uno che non si farà mai fregare però è Rusty James. Io lo chiamo così perché secondo me ha qualcosa di americano. In realtà si chiama Giovanni, è tutto italiano e soprattutto è mio fratello. Rusty James. Erre Jay. R. J. ha vent'anni, capelli lunghi, è sempre abbronzato anche se non fa una lampada neanche a pagarlo, un fisico che tutte le mie amiche dicono da urlo, e io sottoscrivo, anche se non posso dire di più visto che sono sua sorella e sennò cadrei in peccati ancora più grandi di quello che commetterò oggi. Ma di quello parleremo dopo, l'ho già detto. E comunque R. J. è troppo forte. Mi sta sempre vicino e capisce tutto. A lui basta uno sguardo, poi mi sorride, scuote la testa, si mette a posto i capelli, mi riguarda e mi fa arrossire perché vuoi dire che ha già capito tutto. Cavoli quanto è forte R. J. ! Che poi non ci siamo mai detti nulla di che, ma abbiamo sempre avuto un gran bei rapporto d'amore, fatto di poche parole e grandi silenzi, di quelli che parlano però, che ti fanno capire che ti hanno capito insomma. Che ne so, quando sono stata sgridata a ottobre, o era febbraio? In effetti non è facile ricordarsele tutte, e sono stata messa in punizione come non mi capitava da tempo, è bastato un suo breve sguardo e subito mi sono ripresa. Mi ha ricordato il film che ho visto con Steve McQueen, Papillon.

Ecco, io ero reclusa nella mia stanza e lui è venuto lì, ha bussato e io ho aperto. Mi ero anche chiusa a chiave e lui mi ha sorriso e io pure ed è bastato quello. E non ci siamo detti niente. Ma io ho pensato che dovevo avere la stessa faccia di Papillon perché avevo pianto un sacco e quando mi sono guardata allo specchio mi sono spaventata talmente ero "consumata". Cioè, non che mi fossi stropicciata troppo gli occhi, ma li avevo comunque rossi e non si sa com'è, anche se non avevo un filo di trucco perché ancora non ho imparato molto sulla tecnica del "maqui", ma questo pure sarà un capitolo a parte, delle lacrime mi erano scese lungo le guance e mi avevano rigata tutta. Ma di questo me ne sono accorta solo dopo. E comunque R. J. mi ha fatto una carezza sotto il mento e poi mi ha sorriso e mi ha abbracciato forte, come solo lui sa fare e io da quel momento lì avrei potuto resistere ancora di più in quella mia prigionia. Anche se per fortuna non è durata tanto. Invece chi non si è proprio fatta vedere quel giorno, neanche un ciao o come va o un messaggino sul cel tanto per far sentire la sua solidarietà, è stata Ale. Mia sorella Alessandra. Che poi non sono mica sicura che sia mia sorella. Cioè, è l'opposto di me. Capelli scuri, lunghi, alta 1,65, formosa, anche troppo, con un seno che secondo me rasenta la quarta, trucco a gogò esattamente come il cambio uomini che fa, uno ogni mezza stagione. E per questo non poche volte è stata messa in punizione, eppure io ero sempre lì, puntuale e solidale con lei, con il suo dolore, più o meno reale forse. Ma chi siamo noi per mettere in discussione ciò che provano gli altri? E qui faccio un po'"la filosofa... E comunque io c'ero tutte le volte, mentre lei non si è fatta proprio vedere.

Forse perché ormai, anche con il fatto che abbiamo cambiato camera, le cose non sono più le stesse. Boh. Ma non ci voglio pensare. D'altronde ho un ottimo supporto in R. J. e questo è quello che conta. Anche perché chi mi ha sempre ricaricato il telefonino è stato lui, non certo lei... Ma non voglio sembrare troppo opportunista.

Comunque, ritorniamo al mio programma. E l'altra cosa che voglio assolutamente fare è questa:

3) i giornali.

"Buongiorno, Carlo, che mi da?"

"Eh già, Carolina... che ti do?"

Ha ragione a essere perplesso. Le ultime volte che sono andata da un giornalaio è stato per le "Winx" e "Cioè". E solo da un mese e mezzo che leggo "Repubblica". Cioè non per darmi delle arie, ma alla fine mi sono interessata sul serio. Lo trovavo a casa sua e ogni tanto me ne stavo in salotto perché "lui" aveva da fare con i suoi amici. E così mi sono messa a leggerla. All'inizio lo facevo più per, come si dice, sì insomma darmi un po'"d'importanza o comunque sentirmi occupata. Insomma che non stavo sprecando il mio tempo e che questo non dipendeva solo da lui e dalle sue decisioni. E alla fine ci ho preso gusto sul serio. Cioè mi fa strano perché mi sembra di essere un po'"cresciuta... però ora lo compro martedì, giovedì e venerdì e mi piacciono molto le cose che leggo. Uno che mi fa impazzire è Marco Lodoli. Compare lì in un angolo con tutti i capelli arruffati e dice sempre delle cose che mi fanno sorridere. Ho scoperto cercando su Google che ha scritto anche diversi libri. Ma per adesso non ne ho comprato neanche uno.

Ho fatto sul mio diario di scuola la nota spese di quest'ultimo mese passato, giugno, e devo dire che tra ricarica, compleanno di Clod e due magliette Abercrombie ho speso un botto. Quindi come dice mamma bisogna un po'"tirare la cinghia. Ma oggi no. Oggi è un giorno speciale. E non voglio avere limiti.

"Mi dia "Repubblicà, "Messaggerò, "Corriere dello Sport'e..." guardo un po'"fra le altre riviste che stanno tutte lì davanti e non ho dubbi ""Dovè. Prendo anche "Dovè."

Ha una foto fantastica, un'isola pazzesca con tanto di palma abbassata sulla spiaggia. Secondo me ormai queste isole le fanno con il computer. Non riesco proprio a credere che ci siano dei posti così belli. La tiro fuori da in mezzo ad altre due riviste e vedo con la coda dell'occhio che lì, sotto, ci sono 2 euro! Devono essere cascati a qualcuno, magari non se n'è accorto. Passo a Carlo la rivista e lui prende da sotto il banco una busta. Bene. Si è distratto. Faccio un tuffo in avanti e per fortuna che la mia mano è ancora magra, almeno lei... E così prendo i 2 euro. Carlo non si è accorto di nulla. Ma è un attimo. Ci penso su e poi capisco che oggi è proprio una giornata speciale.

"Ehi, Carlo, qui sotto c'erano questi."

Mi sorride. Gli allungo la mano con i 2 euro e lui se li lascia cadere nella sua.

"Grazie, Carolina."

Poi con fare tranquillo li mette sotto, dove ci deve essere una specie di scatoletta portasoldi. E mi sorride di nuovo. Chissà se se n'era accorto. Non lo saprò mai. Mi ricorda un po'"The Family Man, quel film con Nicolas Cage, quando c'è quella scena dove una ragazza va in un supermercato a fare la spesa e quello che sta alla cassa fa fìnta di sbagliarsi a darle il resto, proprio per vedere come quella ragazza si comporta. E il tipo alla cassa di quel film vi ricordate chi è? È Dio! Cioè è uno di colore che sta lì e ha il ruolo di Dio. Non che io ce l'abbia con quelli di colore, ma non posso proprio pensare che... O insomma, capisco che vado un po'"su un piano delicato ma capisco anche che non sarà certo un po'"di colore a determinare l'importanza del fatto più importante e cioè se Lui c'è veramente o no.

Mette i giornali dentro una busta.

"Uno, due e tre... allora sono 7,50."

Ormai sono abituata, questo è il mio prezzo fisso! E con quelli che invece ho restituito, avrei pagato solo 5,50 euro, ma oggi mi devo creare dei crediti, deve rimanere tutto positivo, non ci devoo essere torti o sbagli perché io lo possa ricordare sempre come Quel giorno perfetto: il giorno in cui ho fatto l'amore.

Ok, lo so... Ho quattordici anni e quasi mezzo e qualcuno potrebbe dire che è presto. Certo non ne ho parlato a casa e meno che mai con mio fratello. E nemmeno con mia sorella che comunque, sempre che vi possa interessare, ho scoperto, ascoltando una sua telefonata con Giovanna di qualche anno fa ma ancora la ricordo, che l'ha fatto a quindici anni. E la maggior parte delle ragazze a scuola c'è arrivata vicino, almeno così dicono. Insomma, ho guardato anche su Internet, letto alcuni articoli, cercato qua e là e vi assicuro che sono perfettamente in target. Bè, forse mi manca un mese per essere proprio precisi come direbbe Gibbo, il mio amico matematico di scuola, ma quando c'è l'amore, quando tutto è perfetto, quando perfino i pianeti si allineano (io Acquario e lui Scorpione, controllato anche quello), quando perfino Jamiro, il suo vero nome è Pasquale ma da quando fa le carte a piazza Navona si fa chiamare così, ha detto che tutto va nel verso giusto, che non bisogna fermare l'influsso, no dico, l'influsso... Chi sono io allora per dire di no all'amore? Ecco perché sto preparando questa supermegacolazione... Perché è per lui, per il mio amore. Tra poco sarò a casa sua. I suoi sono partiti ieri per il mare e lui naturalmente ha fato tardi coi suoi amici e così siamo rimasti d'accordo che l'avrei svegliato io stamattina.

"Non prima delle undici però ti prego, tesoro... Domani posso dormire."

Non è possibile... Quella parola. Tesoro. La parola più dolce, più importante, più delicata, più... più... "pianeica", sì, insomma, che raccoglie tutti i pianeti oltre la Terra naturalmente, detta da lui e in quel modo mi ha tolto ogni dubbio. Lo faccio, mi sono detta ieri sera dopo la telefonata. E naturalmente non ho dormito. Stamattina sono uscita di casa alle otto! Cosa che non succedeva neanche quando andavo a scuola prima per copiare i compiti.

Ma voglio raccontarvi meglio cosa è accaduto in quest'anno scolastico e di vita per farvi capire come la mia decisione di oggi sia frutto di una lunga e difficile riflessione, ma che mi vede sicura, serena e soprattutto innamorata. Che strano! Riesco a pronunciare questa parola. Prima non ne ero proprio capace. Ma come dice Rusty James, ogni cosa ha bisogno del suo tempo, e per dire questa parola per me ci sono voluti ben tre mesi. Per decidere di fare l'amore poi quasi un anno. Ma voglio spiegarvi meglio il mio cammino. Insomma è un po'"come se la vita ti passasse davanti come un film. Come una serie di momenti, di situazioni, di fasi, di cambiamenti che ti portano inevitabilmente a fare l'amore! Dicono che di solito quando vedi la tua vita scorrerti davanti è perché stai morendo. E io sto morendo... ma dalla voglia di stare con lui! E siccome sono... guardo l'orologio, un bellissimo V di quelli trasparenti con perline che mi ha regalato proprio lui! Le nove e dieci, ho tutto il tempo per ripercorrere l'anno che è stato.

Settembre

Cinque buoni propositi per il mese:

- Dimagrire due chili.

- Comprare ballerine nere col fiocchetto.

- Farsi regalare scheda con 500 sms in omaggio.

- Andare con Alis e Clod a vedere il concerto dei Finley.

- Comprare Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, dicono che è bello.

Nome: Carolina detta Caro.

Compleanno: 3 febbraio.

Dove vivi? Roma.

Dove vorresti vivere? New York, Londra, Parigi.

Dove non vorresti vìvere? A casa quando papà strilla.

Numero di scarpe: meno di quelle che vorrei! O intendevi la misura?!

Occhiali: grandi, da sole.

Orecchini: due, a volte, ma spesso no.

Segni particolari: quelli sul cuore.

Pacifista o Guerrigliera? Pacigu. Pacifista/ guerrigliera a seconda dei momenti.

Sesso? Il mio o se l'ho mai fatto?!

Settembre è un mese che mi piace tanto, se non fosse che ricomincia la scuola e finiscono le vacanze. Si può andare ancora in giro vestite leggere, come piace a me. Che bella l'estate... il mare, la spiaggia, stare lì a muovere la sabbia coi piedi disegnando i cerchi e facendo arrabbiare il bagnino che poi la sera deve riappiattire tutto perché il mattino dopo sia liscio! Gli ombrelloni li trovo invece inutili, tanto sotto non ci sto mai. I teli grandi coi disegni degli animali che mi si riempiono sempre di sabbia che non ho mai capito perché agli altri restano più puliti che a me. L'estate è la mia stagione preferita. Anche settembre è bellissimo, ma bisognerebbe che non ci fosse scuola, che fosse il mese finale delle vacanze, ma intero. Mi hanno detto che all'università si comincia a ottobre. Vedi, lì hanno già capito tutto.

Ho appena comprato il mio nuovo diario. Lo comincio così, con poca voglia di scrivere. Sì perché alla ne mi piacciono più gli sms e le mail e ovviamente Messenger. Però un diario di carta per scuola ci vuole, anche per le dediche delle amiche (soprattutto!) e così l'ho preso. La mitica Comix ovviamente, almeno ogni tanto mi faccio quattro risate!

Si entra alle 8.00 e questo già è drammatico. Si comincia subito con cose interessanti: quella di educazione tecnica ci ha detto di fare un parallelepipedo su cartoncino nero e di comprare l'album coi fogli squadrati. Poi ha detto "Portate anche tre quadrati di cartone di lato 1 cm, forbici, colla e lapis H". Cioè... che sono, una cartoleria? Ma che mi frega del parallelepipedo! Lo conosco già! Il mio cellulare è un parallelepipedo !

Finisce l'ora ma nemmeno un attimo di respiro che entra il professore di inglese. In una mano ha la sua scassatissima ventiquattrore, nell'altra tiene un lettore cd. Ci guardiamo tutti stupiti. Dietro i suoi occhialetti a fondo di bottiglia ci scruta tutti e poi fa "Per domani portate una rubrica per scriverci i nuovi vocaboli della canzone che stiamo per ascoltare. Ovviamente portate i compiti delle vacanze e pure due quaderni. Ripassate tutto!". Tutto che? Abbiamo appena iniziato! Mi sa che quest'anno butta male. Alis mi chiede il diario. Glielo passo. Vedo che scarabocchia qualcosa alla pagina del 18 settembre. Dopo mezz'ora me lo restituisce. Leggo:

"Parolando: Arrangiarsi = rimettere in sesto il Range Rover di papà. Bovino = grosso ruminante dedito al vino. Cosmico = comico spaziale". Smetto di leggere. La guardo. Lei se la ridacchia come una pazza. Non ho parole.

Chiude la carrellata il prof di italiano, Leone. "Per domani scrivete sul quaderno quali erano i bisogni dei vostri genitori quando erano piccoli." Ma che è? I bisogni di quand'erano piccoli? I bisogni bisogni? Tutti ridono. E te credo. Vi siete messi d'accordo? E poi tre materie per domani? Ho capito: mi toccherà fare le corse per uscire con Alis e Clod. Ci guardiamo.

"Ci si vede alle due e mezzo e bisogna fare tutto in un'ora e mezzo." Dopo infatti ci aspetta il giretto da Ciòccolati. Settembre mi piace anche perché hai tutta l'estate alle spalle da ricordare. E che estate! L'estate che ho baciato. Ok. Non è un titolo originale

sono d'accordo ma credo che niente è straordinario nella vita di nessuno se non proprio per quella persona lì. E comunque questa ve la voglio proprio raccontare o meglio, mi ricordo ancora come l'ho raccontato a loro due, le mie amiche del cuore: Clod e Alis.

Clod è una ragazza fantastica. Mangia tutto quello che le capita davanti, ti frega pure la merenda se non stai attenta, ma in disegno è un drago e così le permetti tutto. E infatti lei passava i compiti a mezza classe e se ne approfittava per spolverarsi le merende che le piacevano di più. La mia, pane all'olio con Nutella, era chiaramente quella che faceva la sua porca figura e che quindi spariva prima di tutte. Alis invece è una specie di principessa, è alta, magra, bellissima, elegante, con un non so che di nobile che sembra non avere niente a che fare con tutte noi, ma poi, all'improvviso, sa essere così divertente da non avere più dubbi! Anche se a volte sa essere di un cattivo...

Comunque eravamo all'entrata di scuola, inizio di settembre, appena tornati dalle vacanze, primo giorno di scuola.

"Yahooo!" Urlo come una pazza.

"E che hai da essere felice?"

Arrivo abbronzata come non sono mai stata, biondo chiara che sembro una svedese ultimo modello, una di quelle cantanti che sbucano così all'improvviso con tanto di capelli lunghi quasi bianchi, jeans rigorosamente strappati, piedi nudi, chitarra tra le mani e sguardo languido. Bè, io ero pressappoco così, tranne la chitarra e i piedi nudi... Oddio, la chitarra per un po'"ho pure provato a suonarla, ma sai quelle cose ereditate dai tuoi fratelli che provi a fare andare bene pure per te e invece alla fine ti arrendi, capendo che con te non c'entra proprio niente? Era di mio fratello, ora Rusty James se n'è fatta una nuova e lui sì che la suona benissimo. Bè, invece io c'ho provato un sacco, ho comprato spartiti e tutto il resto e anche se a scuola all'ora di musica andavo abbastanza bene, cioè avevo capito perfettamente dove si mettono le note, quali vanno tra gli spazi e quali sulle righe, quando poi provavo a riportare tutto sullo strumento, all'inizio andava bene ma tempo che trovavo la nota sulla corda della chitarra e la suonavo, mi ero già bella che dimenticata il suono precedente e ora che ritrovavo il primo e poi il secondo, arrivava mamma che urlava "È pronto a tavola!". Oh, non so com'è, ma la mia chitarra combaciava sempre con l'ora della cena! Bè insomma io credo che tutti siamo portati per qualcosa, che molte volte lo capiamo troppo tardi. Anche se, come dice il nostro prof Leone, non è mai troppo tardi per niente. E io credo di aver trovato la mia passione e comunque se è quella ci ho messo solo quattordici anni, cioè il tempo di capire veramente qualcosa, di guardarsi in giro e di poter scegliere. Non c'è niente di più bello di una scelta. E io ho scelto. "Ciauuu! "

Salto addosso a Clod e subito dopo ad Alis e quasi rotoliamo talmente sono felice!

"Roba da pazzi, roba da pazzi." Comincio a saltellare intorno a loro e agito le braccia in maniera strana. "Sì, sono uno strano polipo!" e m'infilo in mezzo a loro muovendo lenta le braccia e le gambe, m'insinuo, divento ora un'odalisca e poi una giraffa e un altro strano essere che può muovere così la testa. E loro stanno lì in piedi che mi fissano sbigottite. Alis è troppo forte. Premetto che è la più ricca della scuola, almeno questo è quello che dice la Brandi, la radio serva qui del Farnesina, che è la mia scuola. E lo deve essere sul serio vista la casa da sballo che ha. Sembra una di quelle case che si vedono solo nella pubblicità. Sai di quelle dove tutto funziona, dove tutto è pulito, dove i muri sono perfetti, dove premi un tasto e si accendono le luci e si abbassano e si alzano, dove tutti i mobili sono scuri e lucidi e neri e il televisore è di quelli piatti che stanno attaccati al muro e si accendono se uno li sfiora, e anche la musica è perfetta e i tappeti sono belli e le vetrate sono sempre pulite. Ecco, la sua casa è in via XXIV maggio e si affaccia su antiche rovine romane, quelle del grande impero che ci tocca studiare. E lei ci invita a casa sua a studiare direttamente dalla finestra e ci prende in giro, le indica apposta con una bacchetta.

"Quella è la rupe Tarpea... Quello è l'Arco di Costantino, quell'altro laggiù in fondo..."

"Il Colosseo" rispondiamo in coro io e Clod. E l'unico sul quale non ti puoi sbagliare.

Comunque Alis apre la borsa e tira fuori un Nokia N95, l'ultimo uscito, e mi fa una foto. "Questa me la voglio proprio ricordare, Caro!"

"E allora filmami che continuo il balletto! "

E Alis non se lo fa ripetere due volte e inizia a riprendermi con quel telefonino che è meglio di tutte le telecamere messe insieme. E mentre ballo davanti a lei comincio ad agitarmi come una pazza e muovo le mani e sono meglio di Eminem e 50 cent messi insieme, e così allargo le dita e rappo che è una meraviglia.

"E io lo bacio e sì che l'ho baciato, in una notte di luna piena con la voglia pazza di lui e soprattutto del suo fondoschiena. "

Alis e Clod ridono come pazze. Alis continua a filmarmi, mentre Clod balla a tempo e io continuo.

"E che bacio lungo e travolgente, nella barca in mezzo ai salvagente..."

Ma improvvisamente si fermano di botto e rimangono a bocca aperta come se avessero realizzato solo in quel momento che finalmente avevo fatto il grande salto. E allora continuo. "Sì, l'ho tutto tutto slinguazzato, gli ho morso il labbro e anche un po'"ciucciato." Ma improvvisamente capisco che la loro sorpresa dev'essere per qualcos'altro. E infatti... il prof Leone è alle mie spalle. E così rimango a bocca aperta anch'io e immagino in un attimo tutto quello che può aver ascoltato. Mi sorride.

"È stata una bella estate, vero Carolina? Ti vedo molto abbronzata e soprattutto molto allegra."

"Sì, prof."

"Ma adesso ricomincia la scuola e questo è l'ultimo anno. E l'ultimo anno vi dovete impegnare... Ma tu lo sai, Carolina, te l'ho sempre detto, c'è un tempo per ogni cosa... vero che lo sai?"

"Certo, prof."

"Ecco, per esempio il vostro tempo qui è finito. Ora dovete andare in classe."

Alis rimette il telefono nella sua Prada ultima versione. Clod si tira su meglio i pantaloni e tutte e tre ci dirigiamo verso la nostra mitica III B.

Eccomi qua, al mio nuovo banco vicino alla finestra. Non è che fuori ci sia questo gran panorama ma almeno viene la luce! Alis e Clod sono accanto a me. Per ora. Perché in classe mia c'è il vizio di far girare i posti ogni due mesi tirando a sorte banchi e file. È un'abitudine che i prof hanno preso in I per farci socializzare di più. E poi niente, appena socializzavi, zacchete, ti cambiavano posto. Comunque ora hanno fatto le file a tre a tre, meno male, a volle capiscono qualcosa anche i bidelli.

Ultimo anno delle medie. Ho un po'"di paura. L'esame? Boh. Più che altro il poi. Però che bello, la prossima estate sarò libera, libera, libera! Senza compiti! Tre mesi tutti come mi pare. Tra un attimo entrerà il prof Leone. Ci chiederà se abbiamo letto i cinque libri che c'aveva appioppato, se abbiamo fatto i temi, se abbiamo finito il libro degli esercizi. E poi come sempre fisserà la data del test d'ingresso. Che palle. Di sicuro domani, così stasera mi tocca di in stare fuori di meno sennò mamma rompe. Guardo di nuovo fuori dalla finestra... vorrei stare sopra quell'albero, lì davanti, appollaiata. A guardare quelli che passano sotto, il traffico, questa scuola, facendo la stecca a chi ora è seduto qui in classe. La finestra. Come la canzone dei Negramaro "se ti porti dietro il mondo, porta dietro pure me".

Mentre aspettavamo il prof ho cercato in tutti i modi di rubare il cell ad Alis ma non c'è stato niente da fare. Lei mi ha giurato che aveva cancellato il filmato.

"Te lo giuro Caro, perché non mi credi! "

"E allora dammi il cell così controllo."

"Ma perché non mi credi, eh? Tra di noi dobbiamo avere fiducia."

"E infatti io ce l'ho, ma stavolta vorrei avere anche quel cell e controllare, va bene?"

"Ok, allora ti dico come stanno le cose, eh? Non te lo posso dare perché ci sono dei mess che non puoi leggere, ok?"

"Ma come? Non mi fai leggere i mess? E perché scusa, avevi detto che dobbiamo avere fiducia... e di chi possono essere poi?"

E insomma abbiamo portato avanti la discussione fino all'ora di educazione tecnica e io ero talmente nervosa che, per la prima volta, ho segato e incollato tutti quei pezzi di legno direttamente dal disegno, senza neanche guardare, e alla fine quello strano incastro che sarebbe dovuto diventare un portapenne lo è diventato sul serio! Incredibile, per la prima volta ho preso buono! L'unica altra esperienza simile l'avevo fatta a educazione tecnica l'anno scorso, quando mi tagliai il dito indice della mano sinistra con la cosìddetta "sgorbiettina" ! Dicesi "sgorbiettina" un attrezzo che serve per fare le incisioni Adigraf. Sarebbe una tavola in plastica verde che s'incide. S'incide sì... anche il dito! Risultato: chiamarono mamma che mi portò al pronto soccorso. Tre punti. Ho visto Saturno con tutti i suoi anelli, poi Marte, Giove e anche Nettuno. Ancora i pianeti! E dopo la panoramica astronomica, sono tornata a scuola. Sì, proprio così. Chiunque altro sarebbe tornato a casa ma io no, perché mamma ha detto che andava bene così. Comunque ho perso un'ora di mate!

Va bè. Comunque del filmato incriminato con il prof Leone alle mie spalle nessuna traccia, neanche la possibilità di rivederlo almeno per farsi due risate. Niente. Anche questa cosa del filmato... delle tracce che restano di qualcosa che hai fatto... Voglio comprare una scatola, di quelle di cartone rigido coi disegni dei fiori sopra. Grande, grandissima, per metterci dentro le cose che da quest'anno non userò più. Perché mi sento un po'"più grande. Sono tante, quelle cose. Per esempio le Bratz, le Winx, i libri di Lupo Alberto, le magliette di Pinko Pallino che mia mamma mi comprava sempre anche se a me facevano rabbia, i diari segreti quelli col lucchettino che ho riempito di adesivi e scrutine varie, i libri di Geronimo Stilton, i dvd dei cartoni animati, le foto delle elementari,il calendario di quando avevo cinque anni, vestita da Carnevale, bruttissima, la scatola con le perline per fare i braccialetti, il matitone di plastica delle Bratz, l'astuccio con le matite di cera, i cerchietti per i capelli coi fiori di plastica. Tutto quello che ora mi sembra inutile. Anche se ho quasi quattordici anni! Mi sento diversa da quando quelle cose mi sembravano tutto.

Pomeriggio. Alis e Clod sedute davanti a me. Non ci vogliono credere.

"Allora vi racconto..."

Era giusto che fossi io a offrire, d'altronde la maggior parte delle volte offre Alis ed è pure naturale e le ho portate da Ciòccolati, un piccolo posto in via Dionigi, vicino a piazza Cavour dov'è l'Adriano, che tra l'altro non lo conoscevano e fa pure orario continuato.

Clod ha iniziato subito a mangiare, ha chiesto il Trilogy, che è peggio dell'anello di Bulgari come prezzo ma meglio come bontà. Infatti se l'è spolverato in un battibaleno.

Ci può portare anche due frappé al cioccolato e una tisana?"

Alis non sta nella pelle, la vedo che si agita, lei è nata per il gossip a tutto spiano da qualunque parte si cominci e dovunque si finisca. E ne devono succedere! Quello che ormai combinano Paris Hilton o Britney Spears quasi l'annoia.

"Allora Caro! Ci racconti o no? E dai!"

Anche Clod fa segno di sì con la testa e si lecca le dita come se si volesse mangiare pure quelle. Poi si asciuga con un fazzolettino di carta e a momenti fa fare una brutta fine anche a quello!

Ma Clod è da sempre così. Mi ricordo quando c'eravamo iscritte tutte e tre al catechismo per fare la comunione. Ci compravamo le bustine con le ostie dentro e lei, con la scusa che si doveva allenare, se le mangiava una dopo l'altra. Le teneva sotto il banco di scuola e sembrava una specie di mitragliatrice al contrario! Tum tum tum... se le sparava in bocca come se niente fosse e ogni tanto si bloccava, ma mica perché l'aveva beccata il catechista.. noooo! Perché gliene rimaneva qualcuna attaccata al palato. E allora tentava uno strano intervento semichirurgico cercando di "estrarla" con le sole due dita cicciotte e oltretutto colorate, visi o che amava il disegno, unica materia nella quale se la cavava senza problemi, le infilava su per il palato e scavava, scavava e guardarla era uno spettacolo tipo The Cell e The Ring e insomma anche Wes Craven avrebbe avuto dei dubbi se scritturarla o no per uno dei suoi orrori!

"Ma cosa aspetti Caro! E dai, non ce la faccio più! "

Alis non ha problemi mai a dirti le cose che pensa e questo mi piace proprio! Forse questo suo modo ha a che fare con i soldi? Ecco: i soldi danno la libertà. Mah, forse sto diventando troppo filosofa.

"La tisana?" La signorina arriva al nostro tavolo con un vassoio.

"È per me, grazie." Alzo subito la mano con una velocità incredibile, come quelle poche volte che il prof Leone fa qualche domanda generale e per caso, dico per puro caso, mi capita di saperla.

"Quindi i frappé sono per voi due."

La guardo e sorrido dentro di me. Bè, non doveva andare molto bene in matematica la tipa. La sua sottrazione è talmente scontata che non ho parole. E comunque tutte sorridiamo e diciamo di sì, almeno ce la togliamo dai piedi e posso cominciare il mio racconto. Finalmente se ne va. "Allora?"

"Lore, come lo chiamo io, è un raga dolcissimo. Lo conosco da quando siamo piccoli e ci frequentiamo da sempre anche se ha due anni più di me..." Bevo un po'"di tisana. "Ahia, brucia!"

Alis mi mette la mano sul braccio. "Appunto, lascia stare, vai avanti ! "

Perfino Clod è talmente presa dalla storia che si è fermata con un pezzo di cioccolato a mezz'aria ed è rimasta a bocca aperta a fissarmi. "Sì, dai Caro, vai avanti..."

E così poggio la mia tazza sul serio e sorrido alle mie due amiche dl cuore. "Allora, e dai! Non farti pregare!"

Ok. E in un attimo sono di nuovo laggiù.

Anzio. Agosto. Quasi fine dell'estate. Una grande pineta, Villa Borghese, una strada in mezzo ai boschi piena di foglie, di aghi di pino e di cicale. E poi il caldo di quel sole lungo tutta la giornata. Un'eco lontana, il rumore delle onde del mare.

"È pericoloso qui, vero?"

Avanziamo in gruppo. Siamo in cinque. Stefania, io, Giacomo, Lorenzo e Isabella che da sempre chiamiamo Isabrutta anche perché lo è. Stiamo in mezzo ai viottoli della pineta, dobbiamo camminare nascosti perché non si può oltrepassare la grande recinzione della villa. E invece noi l'abbiamo fatto, abbiamo deciso di correre il rischio, di darci all'avventura. Andiamo a vedere il casello di Villa Borghese.

"Ma è pericoloso..."

"Ma che pericoloso! È che se ci beccano, il guardiano ci fa la multa."

"Sì ma qui in mezzo è pieno di vipere!"

"Ma che! Le vipere non ci sono di sera!"

"come no, è quasi il tramonto e questa è l'ora che escono perché hanno fame!"

"ma no, vi dico di no." Stefania è fissata. Crede di sapere tutto lei. non lho mai sopportata quando fa così. Però sua madre fa una crostata da sogno e per pranzo in spiaggia ce la offre e così ci conviene tenercela buona. Lorenzo guida il gruppo, è il più coraggioso. Giacomo che da sempre, o almeno da quando li conosco, è amico suo, sembra avere più paura di noi, forse perché è più piccolo.

Track. Lorenzo allarga le braccia e ci fermiamo tutti di colpo. Un rumore sordo alla destra del cespuglio. "Fermi, può essere un animale... sembra grosso."

"Magari un riccio" fa Stefania. Ma poi sentiamo qualcuno che ride. Isabrutta è in fondo alla fila e ride come una pazza, anzi si lascia andare ancora di più, ride proprio a crepapelle. Con una piccola pigna nella mano sinistra e un pezzo di legno nell'altra. Deve aver tirato lei qualcosa e provocato quel rumore. Giacomo stringe gli occhi. "Come sei, sei... sei proprio cretina!" Lorenzo alza le spalle. E io ci metto il giusto.

"Ma dì bene le cose se devi dirle... È una stronza e basta, ci ha fatto prendere un colpo."

Stefania scuote la testa. "Bè, è stata furba, ha buttato la pigna proprio nel cespuglio con le palline rosse..."

"E allora?"

"Ma che non lo sapete, le favine rosse sono quelle che mangiano le vipere!"

Io non so che cosa diventerà Stefania nella vita. Ma se non si occuperà di ortobotanica e animali vari, farebbe un grande sbaglio! Quasi come quello che abbiamo commesso noi a portarcela dietro! Ma non riesco a ridere dei miei pensieri perché proprio n quel momento... "Ehi voi! Dove state andando?" Lo scorgo da lontano, in mezzo agli alberi che avanza minaccioso. Dietro di lui sul bordo della strada la sua vecchia Seicento grigia con la portiera aperta.

"È il guardiano! Scappiamo!" E iniziamo a correre a più non posso andare avanti, tra le piante, in mezzo agli alberi. Lorenzo mi prende per mano e mi tira dietro di sé.

"Vieni, andiamo, dai, corri veloce! Andiamo di qua che ci sono le grotte."

"Ma io ho paura!"

"Ma paura di che, non devi avere paura, sei con me!"

E così cominciamo a correre in mezzo alle piante alte, nel bosco, in mezzo ai cespugli, sempre più veloci, dritti per dritti.

Giacomo e Stefania invece sono andati a sinistra, mentre Isabrutta corre più lenta, quasi arranca dietro di noi. Non c'è nulla da fare, non c'ha proprio il fisico quella ragazza.

"Ecco, presto, vieni."

Lorenzo mi trascina dentro una delle grotte. Sono alte almeno dieci metri e diventano improvvisamente fredde e buie, ma così buie che dopo due passi non si vede più niente. E nessuno può vedere te e così ci appiattiamo contro il muro. Silenzio e uno strano odore di verde come se fosse umido, bagnato. Poi vediamo il guardiano passare lontano, attraverso le assi di legno che fanno da porta alla caverna, di quelle che se solo le sfiori ti si ficcano nelle mani delle schegge che fanno un male...

Si vede un po'"di luce e il verde del bosco con qualche riflesso del sole sulle foglie più grandi. Ma fa freddo in questa caverna e quando respiriamo si formano delle piccole nuvolette davanti alla bocca, come se fumassimo.

"Senti Lore, ma..."

"Shhh..." mi fa lui e mi mette una mano sulla bocca. Appena in tempo. Perché il guardiano si affaccia sulla porta di assi e guarda a destra e sinistra e allora noi ci appiattiamo ancora più contro il muro. E lui non vede niente. Allora tira indietro la testa e si allontana. Dopo qualche secondo Lore mi leva la mano da sopra la bocca.

"Fiuuu." Lascio andare il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento.

"Meno male."

"Hai avuto paura?"

"No, con te no."

Gli sorrido. E nell'oscurità vedo i suoi occhi, prendono un po'"di luce e sono grandi e profondi e belli e non capisco se mi guarda o no, ma sorride. Vedo i suoi denti bianchi nel buio della caverna. E un po'"in realtà ho avuto paura. Un po'"no. E comunque non voglio dirglielo.

"Dai che un po'"hai avuto paura. Se ci scopriva..."

"Bè! " Ma non faccio in tempo a continuare perché lui si avvicina e... mi bacia. Sì, mi bacia! Sento le sue labbra sulle mie e per un po'"sto con la bocca ferma e non so bene cosa fare. Ma sento che lui preme. E ha una bocca morbida. E che strano, piano piano la apre... e allora la apro anch'io. E il primo pensiero è meno male che non ho l'apparecchio! L'ho portato fino a quell'inverno e adesso sono belli che dritti i miei dentini. Ma se lo avessi portato, Lore se ne sarebbe accorto. È uno attento. Ecco, mi piace un sacco perché è un tipo attento, cioè pensa a te, se hai paura, se ti va, se ti piace andare al castello, insomma si interessa ai tuoi pensieri.

Ehi ma che succede? Sento qualcosa di strano nella bocca. Siamo ;il buio nella caverna e ora così vicini, non mi accorgo neanche se mi sta guardando o no. Apro piano un occhio, sbircio un po'"ma si vede assolutamente niente. Allora lo richiudo. È la sua lingua! Ma aiuto... Però... Non mi da fastidio. Meno male. Che bello. Ho sempre pensato a questo momento e forse ci ho pensato troppo, sul serio. Perché alla fine senti talmente tante storie dagli altri che ti fanno preoccupare più di quanto già lo sei tu per conto tuo.

E così finalmente mi lascio andare e lo abbraccio e continuiamo a baciarci. E le sue labbra sono morbide e ogni tanto sbattiamo con i denti ma poi ridiamo e riprendiamo così, leggeri, sorridiamo nell'ombra e lui mi bacia un sacco e ho tutta la bocca intorno bagnata. Ma non mi da fastidio... Sul serio, non mi da fastidio.

Alis e Clod sono davanti a me, tutte e due con i frappé in mano, il bicchiere fermo davanti alla bocca aperta.

Si avvicina la cameriera. "Ragazze volete qualcos'altro?"

"No!" Rispondono insieme all'unisono senza degnarla neanche di uno sguardo. La cameriera si allontana scuotendo la testa.

Alis poggia il bicchiere. "Non ci credo."

"Neanch'io..."

Clod però manda giù un bel sorso. "E poi? E poi?"

"Ma scusate, se non ci credete..."

"Bè, intanto racconta, sì racconta che comunque ci piace un sacco! "

Scuoto la testa. Oh, non c'è niente da fare, Alis è troppo curiosa.

"Ok, ok, e comunque sappiate che è tutto vero! Allora dov'eravamo rimaste?"

In coro "Che ti stava baciando!".

"Ah sì... certo."

E così ritorno in quella caverna. Buio. Sembra un film. E sento che mi stringe a se, forte, più forte... E io lo abbraccio. E infila la sua mano sotto la camicetta ma dietro, dietro la schiena. E non mi dà fastidio. Sono stranamente serena. E mi piace ani sentirmi così tra le sue braccia... ma sta fermo, non si muove, non sale su a slacciare il mio piccolo reggiseno. Non adesso perlomeno. Però inizia ad accarezzarmi. E il suo bacio continua. E ora si è un po'"staccato e mi bacia con la lingua sul labbro. E come se me lo punzecchiasse e la sua mano dietro la schiena comincia a salire, lo sapevo... Ma non mi preoccupo. Improvvisamente sentiamo dei passi veloci. Ci stacchiamo e guardiamo verso l'entrata della caverna. È Isabrutta che passa correndo davanti alla porta. Corre sempre più veloce, fuori, in mezzo all'erba alta quando all'improvviso cade per terra!

"Ahhh." Fa un urlo pazzesco. "Aiuto! Ahia! Ahhh" e continua a urlare. Sembra una sirena. Dopo un secondo arriva il guardiano che la aiuta a rialzarsi.

"Che ti è successo? Che hai fatto?"

Isabrutta gli mostra la mano. "Mi ha morso un animale qui, mi fa malissimo, era un serpente, è stata una vipera, morirò, aiuto ! Aiuto! " strilla e sbatte i piedi.

"Ferma, stai ferma, non ti agitare, vieni con me, presto!"

Il guardiano le prende il braccio e con tutte e due le mani le stringe il polso e spariscono dietro alcuni alberi. Non riusciamo più a vederla! Lore e io ci guardiamo solo un secondo.

"Vieni, andiamo ! " Corriamo verso l'uscita della caverna e quando siamo fuori facciamo appena in tempo a vedere la vecchia Seicento grigia che sparisce dietro l'angolo. Dopo un secondo ci raggiungono anche Giacomo e Stefania.

"Ma dov'eravate?"

"Nella caverna."

"Nella caverna? Ma sul serio?" Giacomo non ci crede. "E che stavate facendo?"

Ci guardiamo ma è solo un secondo, poi Lorenzo gli da una spinta.

"Che dovevamo fare? Ci nascondevamo!"

"Ah, sarà. Ma avete visto il guardiano? Si è portato via Isa! Secondo voi l'avrà rapita? Altro che brutta, quello vuole chiedere un riscatto, cioè i genitori di Isa sono di Milano, sono ricchissimi!" Giacomo è completamente fuori. Oddio prima sulla caverna un po'"ci aveva preso... Ma su questo!

"Ma che... Isa è stata morsa da una vipera."

Stefania sorride. "Ma che... non è possibile."

"Ma l'abbiamo vista! "

"Ma le vipere al tramonto scompaiono! "

"Bè, lei ha detto così e il guardiano le stringeva forte il braccio forse per non far scorrere il veleno nel sangue. "

Stefania alza le spalle "Tsh, pure il guardiano allora non ci capisce nulla. Al massimo poteva essere un colubro".

Lore e io ci guardiamo. "Eh?" Anche leggermente schifati. "Un colubro?"

"Sì, una biscia, mordono di più, girano anche al tramonto e non sono velenosi."

"Ah, certo..."

"Comunque torniamo all'entrata di Villa Borghese che sta facendo buio."

E così corriamo in mezzo al bosco verso il bar che sta all'entrata della villa, dove ci sono i campi da tennis e la segreteria del circolo. E quando arriviamo tutti trafelati un sacco di gente è intorno a un tavolo. Isabrutta è distesa lì sopra. Sembra mezza morta. Ma poi quando ci avviciniamo ci accorgiamo che è mezza viva. Piange e tira su con il naso e si stringe la mano e un signore lì vicino le ha appena fatto una puntura al braccio. Deve essere una specie di dottore.

"Ecco fatto!" le scompiglia i capelli e Isa accenna un sorriso. "Così non ci dovrebbero essere problemi..." Butta la siringa in un cestino lì vicino.

Ma io dico: perché ogni volta che uno sta male e poi ce la fa o comunque sopravvive o insomma supera il dramma, tutti gli scompigliano i capelli? Oltretutto magari sei sudato e comunque a me darebbe fastidio che uno che non conosco mi metta la mano tra i capelli. Boh. Poi si avvicina un tipo, che sta sempre alla segreteria del circolo e che fino all'anno scorso insegnava tennis e prende la mano di Isa.

"Fai un po'"vedere!" Guarda il punto dove deve essere stata morsa. Il signore sorride e scuote la testa. Poggia piano il braccio vicino al fianco di Isa,

"Ti puoi alzare, non c'è proprio pericolo, ti ha morso una biscia." Poi si rivolge al guardiano, "Abbiamo sprecato una fiala di antidoto."

Stefania si gira verso di noi e allarga le braccia. "Visto, che vi avevo detto? Una biscia. Certo quello fa il guardiano e neanche se ne è accorto..."

"Ma come lo capiva se non riconosce il morso?"

"Bastava che Isa gli dicesse se aveva la pupilla verticale o rotonda."

"Ma chi, il serpente?"

"Eh!"

"Cioè, ma tu sei pazza, già uno cade, poi viene pure morso da un serpente che deve fare scondo te? L'acchiappa e gli apre l'occhio per vedere come ce l'ha?"

"Eh sì, certo! Perché se è verticale, allora è una vipera! Tanto ormai comunque ti ha morso... ma almeno lo sai!"

Mi fermo nel racconto.

Alis ride e scuote la testa.

"Oh, ma questa Stefania è assurda."

Clod è d'accordo. "Sì, tutte tu le conosci."

Alis gira il cucchiaino dentro il frappé, poi ne prende un po'"e se lo mette in bocca. poi lo riposa dentro il bicchiere e ne assaggia un'altra puntina. Anche in queste piccole cose è elegante!

"Mai poi cos'altro è successo?"

"Scusi," fa Clod, "mi porta questo?" indicandolo nella lista, "delisie ai cioccolati neri."

"Clod!"

"Senti, ma lo voglio provare. Magari non mi piace e lo lascio."

"Ho capito, ma se ti piace? Ingrassi!"

"Sì, ma tanto dalla prossima settimana riprendo ginnastica e hai voglia a dimagrire. E poi voi non lo sapete, l'ho letto su un giornale, tornano di moda le buzzicone. Sì, le buzzicone. Va bene? Non le anoressiche! La moda italiana rilancerà una linea in tutto il mondo che finalmente apprezza quelle che non sono proprio uno stecchino!"

La guardo e do un sorso alla mia tisana.

"Secondo me quell'articolo lo hai scritto tu!"

"Sì." Alis è d'accordo. "Oppure una di quelle che non riescono a dimagrire e che quindi sperano in questa moda! Conviene, si risparmia e non si fa fatica. Hai detto niente!"

Clod alza le spalle. "Pensate quello che volete..."

Comunque ormai l'ha ordinato e infatti quell'antipatica della cameriera glielo porta al volo. Oh, non è mai stata così veloce in vita sua, delle volte ci mette una cifra per portare anche le cose più semplici, che ne so una tisana e adesso, tac, è stato un attimo. Secondo me ha sentito la nostra discussione. Comunque Clod non è che ci sta a pensare tanto. Per lei è come avere un pacco di popcorn enorme mentre sei al cinema, solo che questa è la mia storia! Assaggia uno dopo l'altro i diversi tipi di cioccolato, non tutti eh, è furba, ne prova n pezzo e poi lo riposa nel piatto per vedere quello che le conviene mangiare per ultimo, il famoso boccone del re! E poi naturalmente si lecca il dito.

"Allora Caro? Ma insomma, con questo Lore poi che è successo?"

"Ehi, ma che ti aspetti... Di vedere un film porno?"

"Eh, magari."

"Ma và và ..Già è un miracolo che l'ho baciato!"

"Eh, capirai!"

"E certo!"

Ma guarda che tipe le mie amiche, ci vanno serene loro. Che gliene importa! Loro il capitolo bacio l'hanno archiviato tutte e due l'altra estate. Almeno questo è quello che mi hanno raccontato. Su Alis ci ho creduto subito, su Clod qualche dubbio ce l'ho ancora. Comunque per loro sarà stato più facile, e certo, mica lo portavano l'apparecchio. Anche quando non ce l'hai dà una qualche difficoltà, cioè pensi sempre di averlo in bocca e anche se ti viene voglia di baciare qualcuno, anche se ti viene solo il pensiero, comunque un attimo controlli lo stesso, anche se poi quello lì non lo baci... cioè te lo domandi proprio: oh, ma non è che c'ho l'apparecchio?

Comunque se devo credere a quello che mi hanno raccontato, tutte e duehanno baciato un anno prima di me e tutte e due d'estate. Alis al mare, in Sardegna, al solito villaggio dove va lei. è stata tutto il giorno distesa sul pontile chiacchierare con un tipo conosciuto a colazione alle dieci e l'ha baciato alle due, dopo appena quattro ore! E sotto il sole cocente! No, dico io, pensa come erano sudati! E la bocca? La bocca doveva essere asciutta. Boh, a immaginarmelo non mi è piaciuto. Anche perché il tipo credo si chiamasse Luigi.

Alle quattro le ha detto "Oh, che vieni in camera mia che facciamo roba?"

Ora non so se Alis ci sarebbe andata o meno, ma c'è anche un modo migliore per chiedere certe cose, o no? Va b", che quello della Sardegna è un villaggio per ricchi, e i ricchi a volte, soprattutto i ragazzi, anche perché sono i solo che ho conosciuto, hanno un modo sgraziato di muoversi, insomma per dirla tutta sono proprio bori. Anzi vorrei coniare un termine proprio per loro: sono "chiapposi", cioè a volte dicono delle cose che uno potrebbe proprio evitarsi, come quel Luigi là.

Clod invece è andata in quei campi da tennis dove va sempre lei e quell'estate che ha baciato, è diventata perfino "cerbiatto scelto". Newl suo racconto ha dato un bacio a un ragazzo molto carino del suo corso che però era ilo più scarso di tutti a tennis. ora, non dico che uno carino non possa essere scarso, ma secondo me Clod non ce la racconta giusta. Oh, non so com'è ma nella vita i belli e i ricchi sono sempre bravi in tutto e se uno è scarso a tennis non me lo figuro tanto carino. Boh, è come dire che non mi tornano i conti... Che ne so, ogni volta che a Roma mi capita di andare a vedere gli Internazionali con i miei nonni che amano tanto il tennis, vedo solo giocatori bravi anzi bravissimi che sono tutti dei grandi fichi, anzi per essere precisi dei grandi fìchissimi, giusto? Ora, quello lì o impara in fretta a giocare a tennis o si da a un altro sport oppure, cosa purtroppo probabilissima, non è così carino come racconta Clod!

Comunque, finalmente le ho raggiunte e devo dire che il fatto che fossi rimasta un po'"indietro mi stava sinceramente preoccupando. Non per la mia bellezza, insomma diciamo che è vero, non gioco proprio a tennis ma in quel caso le donne non fanno testo. Non sono forse elegante come Alis ma neanche rotonda come Clod, insomma ero perfettamente in linea con la mia possibilità di essere baciata almeno quanto le mie amiche. Solo che fino a questa estate non era mai successo. Ma quello che è capitato poi, a metà agosto, non era mai successo neanche a loro.

Così le guardo e alla fine decido. "Ok, voglio raccontarvi tutto, ma proprio tutto tutto..." e vedo all'improvviso Alis e Clod che cambiano espressione. Capiscono subito che quello che sentiranno è veramente qualcosa di nuovo.

Notte. Notte incantata, leggera, fatata. Notte di stelle cadenti, di desideri pazzeschi e folli, quasi stupefacenti. Era la notte di quella settimana dove ognuno esprime il suo desiderio più segreto seguendo le stelle cadenti. Eravamo tutti lì, sul bagnasciuga, Stefania, Giacomo, Isabrutta che si era ripresa dal morso del colubro e un sacco di altra gente. Ma soprattutto c'era Lorenzo. Non ci eravamo più parlati da quel giorno che ci eravamo baciati. Mi aveva quasi evitato. Ogni tanto cercavo di incrociare il suo sguardo ma lui era come se non mi vedesse. Cioè io mi accorgevo che guardava nella mia direzione, ma poi, quando cercavo di incontrare i suoi occhi non mi dava mai soddisfazione, non incrociava mai il mio sguardo. Era come se fuggisse. Boh, valli a capire certi ragazzi. Bè, non è che in realtà avessi tutti questi esempi, Lore era il primo che avevo baciato... e soprattutto l'unico! Ma questa cosa non mi dava preoccupazione anzi, per certi lati mi faceva sentire sicura. Boh, so che non mi sto spiegando molto bene ma sono quelle cose che quando le provi vanno così e basta. Eravamo comunque tutti in torno a un pattino, qualche asciugamano poggiato sulla sabbia tutti seduti a cercare di tenere il sedere all'asciutto ma era talmente umido, che alla fine i miei jeans erano un po'"bagnati.

"Ecco ne ho vista una! Ho espresso il mio desiderio."

"Ne ho vista un'altra!"

"Anch'io, l'ho vista anch'io!"

"Ma io non riesco a vederne neanche una!" Cioè, secondo me mi stanno prendendo in giro. Ma ti pare che le vedono sempre e solo loro.

"Scusate, scusate... Ho una domanda da fare. Ma se si vede la si essa stella insieme, allora il desiderio vale a metà? " E tutti mi guardano male. Ma un dubbio gliel'ho messo. Vedo Giacomo che fìssa Lorenzo, Lorenzo che guarda Isabrutta che a sua volta guarda Stefania che, guardando gli altri del gruppo, stavolta alza le spalle.

"Non lo so..." ammette sconfitta. E per me è già una vittoria. Poi cerco di recuperare.

"Ma no, ho letto una volta su "Focus Junior" che comunque la stella che cade è un semplice riflesso avvenuto anni luce prima e vale per intero per chiunque l'abbia vista..."

Lorenzo fa un sospiro. "Meno male..." Chissà cosa ha chiesto nel suo desiderio!

Poi Corrado tira fuori dalla sua fodera scura, in pelle, una chitarra ultimo grido, dice lui. Corrado Tramontieri è un tipo impeccabile nel vestire. Bè, almeno secondo lui. Non fa altro che vantarsi delle sue scelte e citare tutta una serie di negozi che io sinceramente non ho mai sentito. Porta delle camicie assurde tutte a righine e alla fine c'è un super colletto celeste con un superdoppio bottone blu e anche i polsini sono dello stesso colore. Corrado Tramontieri è di Verona, dicono che anche lui sia molto ricco ma a me sembra solo molto sfigato. Gli è successo di tutto in questa vacanza. Tanto per dirne una, hanno fregato la macchina al padre e quello stesso giorno, mentre era fermo dal gelataio prima di Villa Borghese dove si comprano dei gelati che non è che sono più buoni, sono gli stessi ma costano un po'"meno, gli hanno fregato la bicicletta, così padre e figlio si sono incontrati a Villa Borghese e se lo sono raccontato! Si sono abbracciati divertiti. Cioè, nessuno dei due era rimasto male per il furto. Ora dimmi tu se questo non è un insulto alla povertà.

"Questa chitarra è quella che ha usato Alex Britti nel suo primo concerto." Poi ci ripensa un attimo e capisce di non essere credibile.

"È lo stesso modello..."

E comincia con qualche accordo. Poi guarda la luna come se cercasse l'ispirazione. Rimane così con gli occhi chiusi, in silenzio davanti a un falò che abbiamo acceso. Secondo me non si ricorda le parole. Di nessuna canzone. E comunque alla fine alza le spalle e attacca.

"O mare nero o mare nero o mare ne... tu eri chiaro e trasparente come me..."

Lo sapevo, lo sapevo. E la stessa che ha fatto l'altr'anno. E anche l'anno prima! Certo che con tutti i soldi che c'ha, invece della bici nuova, si potrebbe prendere qualche lezione con un maestro di chitarra !

Mi avvicino a Lore e glielo dico all'orecchio. "Secondo me sa solo questa..."

Lore scoppia a ridere.

"Vieni." Mi prende per la mano e mi tira via e quasi cadiamo sul fuoco e ci bruciamo e saltiamo su con tutte e due le gambe e ridiamo e corriamo via verso il buio della notte, con il fiato corto per la corsa e mi trascina dietro di lui e affondiamo nella sabbia fredda. Arranco dietro di lui. "Ehi, non ce la faccio più! " E improvvisamente si ferma davanti a una barca a vela grossa, poggiata lì, su dei cavaletti, con la prua verso il mare. Sembra quasi già pronta a spiccare il salto per prendere il largo verso il buio di chissà quale orizzonte. Ma così non è.

Lorenzo si appoggia allo scafo. Io mi avvicino. Ho il fiatone.

"Finalmente... non ce la facevo più."

E all'improvviso mi tira verso di sé. E mi da un bacio che mi avvolge, che quasi mi rapisce, mi aspira, mi risucchia... Bè, non so come spiegarmi... Ancora non sono così pratica. Ma insomma mi prende tutta, mi toglie il respiro e le forze e ogni pensiero. E vi giuro che comincia a girarmi la testa e allora apro gli occhi e vedo le stelle. E per un attimo vedo passare una luce lassù e vorrei dire eccola, è la mia stella cadente e vorrei esprimere mille desideri ma alla fine è uno, è lui. È questo momento, e non ho bisogno di chiedere niente. È già esaudito. Sono felice. Felice. Sono felice! E vorrei gridarlo al mondo intero. E invece rimango in silenzio e continuo a baciarlo. E mi perdo in quel bacio. Lore... Lore... Ma è questo l'amore? E sappiamo di sale, di mare e d'amore! Boh, sì, forse è proprio questo. E le nostre labbra sono così morbide, come quando sei in acqua e magari lotti su quei canotti e scivoli e perdi l'equilibrio e ridi e cadi in acqua. E allora un po'"bevi e un po'"ridi e un po'"riprendi la lotta. Ma la nostra non è lotta. No! Sono baci morbidi, prima lenti poi improvvisamente veloci che si mischiano al vento della notte, al rumore delle onde, al sapore del mare. E io faccio un respiro lungo. E quasi lo sussurro tra le labbra.

"Finalmente..."

Lore apre un occhio e anche lui sospira tra le labbra. "Finalmente cosa?"

"Finalmente mi hai baciata un'altra volta..."

"Eh..." sorride nella penombra, "non sapevo se ti era piaciuto."

Questa volta sorrido io e non so cos'altro dire. Certo che mi è piaciuto! Mi è piaciuto un casino. Forse in certi casi è meglio star zitti per non sembrare banali e così continuo a baciarlo tranquilla. Sapete quando una è proprio rilassata, no? E mi piace perché le sento che mi fa una carezza lenta sulla guancia, poi si infila tra i pelli e io mi appoggio con la testa alla sua mano... Sai quelle coi che hai visto in certi film e che ti piacciono un casino? E c'è puif una musica lontana ma non quella di Corrado, che è sempre la stessa, è una musica più forte di qualche discoteca. Non ci posso credere. Hanno scelto per noi un pezzo di Liga. Voglio volere. E mi piace un sacco tutto questo e mi lascio andare ancora di più. "Voglio trovarti sempre qui ogni volta che io ne ho bisogno. Voglio volere tutto così voglio riuscire a non crescere. Voglio portarti in un posto che tu proprio non puoi conoscere." Sembrano perfette queste parole... E chiudo gli occhi e canto dentro di me, baciandolo, tranquilla, serena, sicura, quando all'improvviso... sento qualcosa. Un movimento strano. Oddio che c'è? No, forse mi sono sbagliata. Ma che sbagliata! E la mia cintura! Sì! Aiuto! L'altra sua mano è alle prese con la mia cintura. La mia cintura? Sì! Me la sta aprendo. E io che faccio? Ma per fortuna risolve tutto lui.

Mi sorride e mi fa: "Posso?".

E che gli dici in questi momenti? Certo, prego... certo, prego? Ma che! Oppure: sì, sì, approfitta pure... approfitta pure? No, non posso dirglielo! Ma neanche posso dire, scusa meglio di no... Non so neanche di che si tratta! Cioè, un po'"me lo immagino... Ma non so bene cosa accade veramente. Alla fine gli dico un mezzo sì facendo solo cenno con la testa. E Lore non se lo fa ripetere due volte. Prende improvvisamente velocità e diventa quasi famelico e respira più veloce e quasi mi preoccupa. Anzi è affannato, si agita, lotta con la mia cintura. E alla fine vince e infila la mano nei miei jeans. Ma qui improvvisamente rallenta, lo sento... e per fortuna la sua mano è calda e si sposta lungo il bordo delle mutandine. E Lore mi da un bacio più lungo, quasi per rassicurarmi e poi, senza pensarci due volte, infila del tutto la mano.

Mi fermo nel racconto. Prendo un po'"di tisana. Bevo lentamente e le guardo.

"E allora?" Clod è nervosissima. Anche Alis è stranamente attenta. "Sì, sì, e poi?"

Clod mi scuote prendendomi con una mano per le spalle facendomi quasi rovesciare la tisana. "E dai! Vai avanti! Vai avanti! " E mangia a ripetizione tutti i possibili pezzetti di cioccolato che trova nel piattino, briciole minuscole che raccatta poggiandoci sopra le sue dita cicciotte e poi se le spiaccica sulla bocca. Le sorrido.

"E poi... mi ha toccata lì."

"Lì... lì?" Fa Clod spalancando gli occhi sorpresa, stupita, non crede alle sue orecchie.

"Lì... lì. E certo. Lì! E dove se no..."

Ma guarda che questa qui è assurda certe volte!

Alis ha ritrovato il suo autocontrollo, sta sorseggiando il suo frappé in maniera tranquilla, come se niente fosse, come se sentisse cose di questo genere ogni mattina. Poggia il bicchiere sul piattino in maniera delicatissima. Poi mi guarda negli occhi.

"E ti è piaciuto?"

Anche Clod subito la segue. "Eh sì, sì... ti è piaciuto?"

"Boh, non so... Mi ha fatto un po'..."

"Un po'...?"

"Un po'..."

"Male?"

"No, ma che! È stato dolcissimo."

"Quindi ti ha fatto bene! " Alis e la sua praticità. Se non è male, è bene!

"No... mi ha fatto..."

"Ti ha fatto?"

"Il solletico."

"Il solletico?"

"Eh sì, il solletico, cioè mi veniva da ridere. Certo non è che sono scoppiata a ridere in faccia a Lore mentre mi toccava! Però dentro di me mi tenevo da morire. Vi giuro non sapete come stavo..."

Alis scuote la testa. "Senti un po', ma dove ti toccava?"

"Te l'ho già detto..."

"Sì, lo so, ma in superficie?"

"Cioè?" La guardo interessata. "Ora ti spiego. Scusi?" Alis chiama la cameriera. "Che, mi può portare un foglietto e una penna?"

"Sì..." la cameriera sbuffa. Come se quello non fosse il suo compito. E certo che non lo è. Comunque viene pagata. Anche per essere gentile, no? Mentre aspettiamo, Alis da un ultimo sorso al suo frappé. Poi sicura ci sorride.

"Ora vi faccio vedere. Comunque è chiarissimo, si vede che anche per Lore era la prima volta."

"Questo non gliel'ho chiesto!"

Alis si tira su le maniche. "Calma, calma, ora vi spiego..."

Proprio in quel momento al tavolo arriva un foglio con una penna.

"Ecco qua... Poi ridatemi la penna."

La cameriera si allontana scuotendo la testa. Ma che roba, non ci posso credere! Che poi è una specie di Bic! Comunque Alis sta iniziando la sua spiegazione.

"Allora, voi sapete che Laura, mia sorella più grande, è medico, no? Si è laureata in Medicina."

"Eh...e allora?"

"Allora mi ha spiegato tutto! Come si prova piacere e non solletico per esempio..." E fa uno strano disegno, una specie di ovali. Che quando capisco a cosa si riferisce rimango senza parole.

"Alis, ma veramente vuoi farci una lezione sul sesso qui?"

"Certo, perché no? Un posto vale l'altro..."

"Ok, come vuoi."

"Vai avanti." Ma poi me ne viene in mente un'altra. "Ma tua sorella non è ortopedico?"

"Sì, ma che c'entra?"

"Come che c'entra, ti avrà spiegato cosa si deve fare quando ci si rompe un braccio o una gamba. Ma ancora di quella parte lì non ti si è rotto niente!"

"Come sei cretina!"

"Salve ragazze, che state facendo qui?" Rosanna Celibassi. La signora più snob, ma che dico snob, più super snob di tutto il Farnesina. Ci si piazza davanti e ci guarda curiosa e pungente come sempre. Non c'è niente da fare, è tutta sua figlia. Michela Celibassi. Sono identiche. La figlia vuole sempre sapere tutto di tutti, si informa addirittura, fruga nei diari anche per sapere quello che faciamo. Io per fortuna tengo tutte le informazioni, pensieri, riflessioni, decisioni, e soprattutto fidanzamenti, sempre che accada qualcosa, dentro il mio cellulare. Il mio fantastico Slide Nokia 6500. Ci sono affezionata da morire. L'ho chiamato NokiToki. Ma questa è un'altra storia, un po'"più triste o forse più bella non lo so, so solo che oggi non mi va proprio di parlarne. Anche perché ora c'è il problema Celibassi!

"Oh, salve signora, niente... prendevamo un frappé..." Alis è veloce a piegare il foglio e nasconderlo dentro la sua agenda Comix. "Stavamo chiacchierando."

"Alice, ti ricordi di domani sera vero?"

"Certo signora."

"È alle 21. Sto andando a ordinare tutto proprio per voi..." la signora Celibassi rimette il suo elegante portafogli in borsa. "Sarà felice Michela, vero? Anche lei mi ha parlato di questo posto, dice che ha le torte zabaione e cioccolato più buone di Roma. Sai se le piace qualcos'altro? La vorrei fare proprio felice..."

Alis sorride e piega un po'"la testa. "No no, così va benissimo, non mi viene in mente niente altro. "

"Ok, allora ci vediamo domani." La signora Celibassi si allontana con tutto un rumore di ciondoli e catene e bracciali e ogni tipo d'oro che penzola da tutte le parti. Roba che se qualcuno la spogliasse, dopo un primo spavento, si potrebbe fare di sicuro due settimane alle Maldive. Clod aspetta che si sia allontanata.

"Ehi, non ci avevi detto niente."

Alis è un po'"imbarazzata.

"Di cosa?"

"Sì, fai pure finta di non capire."

"Cioè... c'è la festa di Michela domani sera?"

"È che non vi volevo far rimanere male."

Clod alza le spalle. "Figurati, non ci sarei mai venuta... vi annoierete."

Alis fa segno di sì con la testa.

Poi Clod la guarda meglio. "Ma chi ha invitato, lo sai?"

"Boh." Anche Alis alza le spalle. "Non lo so. Qualcuno della classe..."

"Ma ci sono anche Marchetti, Pollini, Faraoni, insomma loro?" Clod è andata in agitazione. Loro sarebbero i Topi. Ma vi pare che un gruppo di ragazzi più o meno deficienti può avere come soprannome i Topi? Boh, stanno nell'altra sezione, la D. E fanno solo casino e sono degli idioti. Oddio, qualche volta mi hanno pure fato ridere un sacco. Sono stati alla festa della Bezzi, Arianna, quella che si crede quasi più della Celibassi e uno di loro, ancora non si è saputo chi, ma io qualche sospetto ce l'ho, ha fatto una cacata pazzesca. Ma non una cacata tanto per dire. Una cacata sul serio e l'ha pressata dentro la lavatrice, dove c'erano i panni bianchi. Camicie, camicette, golf di tutta la famiglia e poi l'ha fatta partire a tutto spiano. Ora vi renderete conto che razza di frullato è uscito lì in mezzo? I Topi hanno fatto anche altri scherzi alcuni troppo divertenti ma ora non me li ricordo. E comunque mi ha raccontato tutto sempre Matt. Matt, vero nome Matteo, piuttosto grassottello ma carino di viso, ha i capelli lunghi biondocastani, un po'"più scuri dei miei ed è molto simpatico, poi veste sempre molto fico, ha le magliette e i pantaloni giusti, almeno è così da quando ci siamo lasciati a luglio scorso. Non l'ho ancora rivisto. È lui che mi ha raccontalo del soprannome del gruppo dei Topi. Io gli ho chiesto da dove veniva ma non mi ha voluto dire più di tanto. "Un giorno forse te lo spiego..." È stato piuttosto vago, si è tenuto "sghiscio" come diciamo io e le mie amiche, insomma quando uno nasconde qualcosa, ma io una vaga idea di quel soprannome me la sono fatta, ma temo che sia una borata super. D'altronde quei Topi là se non dicono porcate non si divertono.

Comunque questa cosa della festa della Celibassi non mi va giù. Alis prende subito il biglietto del conto.

"Pago io... " Me lo strappa quasi dalle mani quando arriva la cameriera. Secondo me si sente in colpa. È anche vero che ha sempre pagato lei i conti!

Clod si è mangiata un ultimo pezzetto di cioccolata rubandolo dal mio piattino e alla fine siamo uscite. Ce ne siamo andate un po'"ciondolanti, sai quelle amiche che comunque vivono una certa amarezza. Insomma, forse pensandoci bene Clod ha ragione, Alis ce lo avrebbe dovuto dire.

"Ciao ciao... Ci vediamo..."

Ecco, me ne accorgo subito che c'è qualcosa che non va, non mi viene da fare il mio solito ciauuu! E così me ne vado. Alis sale sulla macchinetta. Clod la saluta e monta sulla sua. Io faccio fìnta di niente e cammino per conto mio, ma appena svolto l'angolo, faccio subito uno squillo a Clod. No! Cavoli, non ci voleva! Ho fìnito il credito. Speriamo che mi richiami. E dopo un secondo mi arriva un messaggio. "Che succede?"

Vorrei poterle rispondere ma non ho credito. Uffi. Sempre nelle situazioni più diffìcili. Oddio non è che sia così complicato, poi. Speriamo che Clod capisca. Dopo un altro secondo mi squilla il cell. È lei. Rispondo.

"Scommetto che non hai credito."

"Brava! Allora?"

"Allora che?"

"Madò, brutta "sta cosa di Alis, eh?"

"Pessima." Rimane per qualche secondo in silenzio, chissà cosa sta pensando. Tanto paga lei. Poi come se finalmente avesse messo a fuoco. "Forse non dovremmo vederla più, eh?"

"Ma, non so, mi sembra troppo..."

Altro silenzio. "Sì, hai ragione. Ma che, vuoi un passaggio?"

"No, no, ora mi faccio una camminata, mi voglio rilassare, questa cosa mi ha troppo innervosita."

"Sai dovremmo farle capire che avrebbe dovuto rinunciare per solidarietà."

"Già..."

Ma sento che non siamo convinte nessuna delle due e così decido di chiudere.

"Va bè ci sentiamo. Ci becchiamo più tardi su MSN, ok? Tanto..."

Che poi non so cosa voglia dire quel tanto, però è un periodo che lo uso un sacco. Cioè secondo me è bello, ti da libertà... Lascia comunque un po'"di spazio all'immaginazione... E" come a dire: "Tanto qualcosa può accadere... Tanto è solo una festa oppure tanto la vita va avanti". O almeno io lo uso e lo leggo così.

"Sicura che non vuoi un passaggio, eh?"

"No, no, te l'ho detto, ora voglio camminare. Grazie, torno più tardi con i mezzi."

"Ok. Allora a dopo."

"Sì, a dopo."

Clod è quasi spaventata a volte. Cioè ha paura di chiudere le telefonate, pensa sempre a cose strane, come se mettendo giù ci si perdesse per sempre. Forse perché i suoi lavorano sempre e a casa sua non c'è nessuno. Boh. Non è che la mia situazione sia diversa, eppure non ho come lei questa necessità continua di sentirmi con qualcuno.

Alis è quella che sembra soffrirne meno di tutti. E dire che i suoi sono separati e lei ha una sorella che non c'è mai. Mah! Questi sono i misteri della vita. Anzi, i misteri del mondo. Soprattutto il fatto che lei è sempre quella invitata alle feste, anche se noi abbiamo parlato molto più spesso di lei con la Celibassi. Ah, ma questa volta non la mando giù. E in un attimo mi viene l'idea. E sorrido. Ho trovato il modo per essere anch'io a quella festa!

"Buongiorno, desidera?"

"Volevo fare una sorpresa alla mia amica del cuore, Michela Celibassi, dovrebbero ritirare più tardi la torta per il suo compleanno."

"Ah sì, certo."

"Ecco allora le spiego, io e le mie amiche abbiamo pensato questa cosa..." E non so com'è ma riesco a convincerlo e mi lascia fare e mi porta in cucina e si distrae un attimo, quell'attimo che basta perché io possa mettere a punto tutto il mio piano diabolico.

"Grazie, ho fatto! Lei è stato veramente gentile. Li fa tutti lei questi dolci, vero? "

"Bè, sì."

"Ecco, lei è il pasticciere migliore che io abbia mai conosciuto!" E il tipo con il suo bel cappelletto in testa, certo non alto e grosso come quelli che vedi di solito in tivù, un cappelletto più semplice, insomma tipo quello che usano i medici di ER solo che è tutto bianco, mi sorride felice. Poi si compiace con la sua assistente lì vicino, una donna con quello stesso tipo di cappelletto, e divide con lei tutto quello che si merita. "Sul serio, siete bravissimi..." E li lascio così, fieri del loro lavoro. Anch'io sorrido. D'altronde quello che volevo fare l'ho fatto.

E così esco da Ciòccolati e mi sento un po'"più sollevata. Mi suona il telefonino. E" Clod.

"Eh, che c'è?"

"Ma secondo te siamo le uniche due della classe che non ha inviato?"

"Ma che ne so... Ma che ti importa. Comunque in un modo o nell'altro ci andiamo anche noi due a quella festa."

"Cioè? Ci imbuchiamo?"

"Non proprio... saremo una sorpresa. Poi ti spiego."

"Caro, sei troppo forte!"

"Ora scusa ma devo proprio attaccare."

"Ma mica spendi tu? Ti ho chiamato io!"

"Lo so lo so, ma devo fare una cosa! "

Che piattola Clod quando ci si mette. Non ti molla più. Io a volte ho bisogno di stare da sola. Oggi poi sono proprio in vena creativa! Cammino sul ponte e mi sento una di quelle straniere che vedo per Roma. Vanno sempre dritte per la loro strada e a volte non hanno neanche una cartina in mano! Si lasciano portare da quello che vedono.

La prima cosa che voglio fare, quando potrò, è viaggiare. Mi piace troppo l'idea e così cammino sorridente, un po'"straniera e un po'"no, attraverso il ponte Cavour e a un certo punto guardo giù. Che bello. Abbiamo sotto questo grande Tevere, che scorre e che ne ha viste di tutti i colori. Dagli antichi romani, agli anni sessanta quando ancora ci si faceva il bagno. Ogni tanto mi è capitato di vedere di mattina, quando sono restata a casa perché stavo male, quei film in bianco e nero dove c'era un attore tutto muscoli e belloccio con la faccia simpatica che mi sembra si chiamasse Maurizio e del quale non mi ricordo bene il cognome. E lui e i suoi amici si tuffavano nel Tevere, e c'erano poche macchine e tutti sembravano simpatici e ospitali e le feste erano aperte.

"Scusa..." Si ferma davanti a me un boro in motorino, con un casco bello alto, anzi enorme, sotto una fascia colorata gialla che raccoglie i suoi tanti capelli da semirasta. Oddio che vorrà? Già lo immagino. Adesso prova a rimorchiarmi.

"A bella, che sai dò sta via Tacito?"

Allora primo, già il fatto che mi chiami così, ma chi ti conosce. Secondo, ma che sono il tuo navigatore?

"Sì certo, allora guarda, devi tornare indietro, dopo il semaforo sempre dritto, prendi verso via della Conciliazione e poi giri a sinistra. E" lì."

"Va bè, se vede..." E parte con il motorino, sgasando e con la marmitta mezza sfondata. Insomma fa un casino.

E terzo, non mi hai detto neanche grazie. Ma questo già lo sapevo e un po'"me lo aspettavo. Ma la cosa più grave è che mi hai fermato non per conoscermi, ma per chiedermi una strada! Ma ti rendi conto? E così riprendo a camminare, un po'"scocciata all'inizio, ma poi serena e divertita. Io straniera per la mia città. E sorrido e poi comincio a ridere e inizio a correre per il ponte. Via, via, veloce. Che se mi ribecca quello... E chi lo ha mai saputo dove sta via Tacito!

"Buongiorno!" Entro alla Feltrinelli di galleria Sordi, in piazza Colonna, cioè prima in realtà ho fatto un salto da Zara. Avete presente qual è? E" quel negozio fichissimo lì di fronte, che vende tutta roba spagnola che costa molto meno di quella che abbiamo noi. E il materiale è pure bello, vi giuro. Solo che non mi sono comprata niente. C'era un giubbotto che mi faceva impazzire. Ma in questo periodo sono veramente a corto, dovrei inventarmi qualcosa con mia madre o forse con mio fratello. Rusty James un giubbotto così me lo farebbe subito ma anche lui è messo quasi peggio di me. Nonna. Nonna potrebbe essere la mia carta vincente. Nonna Luci. Si chiama Lucilla mia nonna e io sono la sua prima nipote, nel senso di nipote preferita come dice lei, ma anche questa è un'altra storia molto romantica. Di sicuro ve la racconterò per bene ma in un altro momento, perché oggi mi sento molto più portata per le scienze.

Questa storia di Alis non mi suona bene e non mi va che ho sofferto il solletico solo per ignoranza! Voglio sapere, documentarmi, capire. E non so se io e Lore siamo fidanzati, se ci siamo messi insieme, sì insomma, quella roba lì... So che quel bacio mi è piaciuto moltissimo e la cintura, il pantalone, sì, insomma, anche tutto il resto... E conservo la bottiglietta con la sabbia e la conchiglia per non dimenticare il nostro appuntamento. Ma non voglio più arrivare impreparata.

"Scusi, dov'è il reparto di scienze?"

"Anche qui..."

"Ah." Mi guardo in giro. C'è un po'"di tutto. Il signore con tanto di cartellino con scritto "Sandro" e sotto "Feltrinelli" mi guarda curioso.

"Che cercavi?" Ehm... Non so veramente cosa rispondergli, che gli dico?! Aiuto. Mica posso dire un libro che mi spieghi bene tutto così quando Lore mi tocca lì non soffro più il solletico! Immagino la sua faccia. Cerco di essere la più seria possibile.

"Un libro sull'educazione sessuale."

Il commesso con grande professionalità mi indica un reparto.

"Guarda, tutto quello che abbiamo lo trovi laggiù."

E così faccio un bel respiro e mi dirigo verso quel reparto. Ehi, ma c'è un sacco di roba qui. Pensavo che le cose da sapere alla fin fine non fossero poi così tante!

Educazione sessuale (10-13 anni) Educazione sessuale come prevenzione. Nuovi modelli per la famiglia, la scuola, i servizi: La sessuologia del 2000 e l'educazione all'amore.

E questo poi... La tana del coniglio. Consigli e suggerimenti per l'educazione sessuale degli adolescenti. Con schede operative. La tana del coniglio! Ma quindi stando a questo libro... io sarei come una coniglietta? Un po'"come quei giornali che una volta ho visto a R. J., sì, una coniglietta di "Playboy"! Aiuto!

Inizio a sfogliarne uno. Nelle prime pagine ci sono un sacco di spiegazioni tecniche e di termini. Eiaculazione precoce. Frigidità. Orgasmo. Petting. Punto G. Punto K e C. Punto L. Vaginismo. E quei disegni che sono impressionanti rispetto a quello che ci stava proponendo Alis. Apro il libro a metà. "L'adolescenza con le sue trasformazioni fìsiche (pubertà) richiede anche alcune conoscenze che ci permettono di capire meglio che cosa stia succedendo al nostro corpo e quali siano le più importanti novità del nostro "crescerè e della nostra diversa sessualità di ragazzi e di ragazze." E fin qui... Sfoglio ancora. "Prendetelo come un gioco, insomma. E solo questione di esercizio e poi si proverà ugualmente un intenso piacere con la massima sicurezza..." E capendo il significato quasi arrossisco. E lo chiudo di botto e mi guardo subito in giro sperando che non ci sia nessuno che conosco. Ci manca solo di incontrare un parente o peggio un insegnante. Ecco, una come la profesoressa Boi per esempio, quella spiffererebbe tutto a mia madre. Bè certo, non è come quel giornaletto che hanno tirato fuori i Topi a quella festa.

Mi ricordo il giorno che Matt aveva fatto la cresima, ci aveva invitati tutti a casa sua nel pomeriggio. Ed eravamo andati tutti lì.

Ed era niente male sul serio. C'era un bel sole che entrava dalle finestre e avevano preparato un buffet di quelli proprio buoni, dove ci sono i tramezzini come si deve che non sono asciutti, con il pane alto e morbido, di quelli proprio gustosi insomma e con un sacco di scelta. Devi solo spostare quello sopra se non ti piace e andare a cercare un po'"più sotto finché non trovi quello giusto. Giusto... che poi uno giusto non c'è! Quello che piace a te insomma, che ne so io, per esempio cercavo quello con il caviale... Che poi, mi ha spiegato Clod che sa tutto su queste cose, in realtà sono uova di lompo! Oppure mi sarebbe andato bene anche uno di quelli all'uovo e salame che mi piacciono da morire, solo che non li mangio mai, non fosse altro per la ipotetica possibilità di baciare qualcuno, cosa che allora non era ancora successa. Metti caso che finalmente uno ti si avvicina, magari spalanca e tu.. ti basta un respiro uovo e salame e l'hai bello che steso! Quindi non si proponeva proprio lontanamente l'idea... Va bè, insomma, comunque era un buffet da sballo, c'erano pure le pizzette rosse, quelle prese da Cutini a via Stresa, fresche e piene zeppe di pomodoro, una vera rarità. Di solito le trovi asciutte e con poco pomodoro, non so perché, non credo che ci sia un costo diverso. Mah...

E Clod era lì, praticamente spalmata su quel buffet, felice come una Pasqua. Anche questa cosa, felice come una Pasqua, la dice sempre nonna Luci. Ma io mica l'ho tanto capito bene cosa significa. Cioè, perché uno a Pasqua deve essere per forza felice? Mi ricordo che per esempio Ale, mia sorella, si è lasciata proprio a Pasqua con il ragazzo. E per lei quei giorni sono stati drammatici! Aveva comprato un uovo con tanto di sorpresa dentro ed è stata tutto il giorno seduta a un tavolo a guardarselo e una cosa è sicura, non era felice proprio per niente, anzi! E allora in quel caso come si dice? Era triste come un Natale? Anche se magari è proprio Pasqua. Bè, lasciamo stare anche perché Ale alla fine ha rotto quell'uovo e non ha fatto in tempo a finire tutta la cioccolata che già si era messa con un altro, ma anche questa è un'altra storia.

Ma a quella festa la cosa più strana era Clod. Cioè mentre si ingozzava di tramezzini e di pizzette, riusciva contemporaneamente a mettersene perfino alcune nel piattino, come se ci fosse il pericolo che finissero! Cioè voi l'avreste dovuta vedere, sembrava un "polilame", il polipo della fame. Non so se esiste un animale del genere, ma so solo che Clod muoveva le mani come se ne avesse mille. Con una mangiava, con l'altra prendeva un tramezzino e lo metteva nel piatto, di nuovo con l'altra prendeva una pizzetta e se la metteva in bocca e con l'altra mano ne poggiava una nel suo piattino, insomma una macchina da guerra o meglio una macchina da fame!

Io invece ero un po'"a dieta e così me ne andavo girando per il salotto, sai quando non hai niente da fare e un po'"ti annoi e allora guardi le foto e cerchi di capirne un po'"di più di quella famiglia, la foto dei genitori da giovani quando si sono sposati, e poi i genitori dei genitori quando si sono sposati pure loro e poi quando è nato qualcuno, le prime foto di Matt da piccolo, che poi sono uguali alle mie, cioè quando si è piccoli sembriamo un po'"tutti uguali, abbiamo gli occhi sbarrati di fronte alla macchina fotografica e non possiamo certo immaginare cosa accadrà.

Bè, a un certo punto mi guardo intorno e mi accorgo che, non so com'è, la maggior parte dei ragazzi che erano in salotto sono spariti. Mi avvicino allora a Silvio Bertolini. Oh, è un tipo simpatico lui. Bè, simpatico forse è una parola esagerata. Insomma ogni tanto ti fa ridere. Il problema è che non lo fa volontariamente! Ha degli occhiali spessi e un apparecchio ai denti e la madre, una signora grassa, una certa Maria Luisa, gli sta sempre addosso. Appena lo vede uscire di scuola gli mette a posto la sciarpa e poi il cappello, li tira su il cappotto, insomma lo fa veramente soggetto e lui inciampa, cade, sbatte, insomma gli succede di tutto. Secondo me è colpa della madre! E comunque noi lo chiamiamo Silvietto.

"Ma che fine hanno fatto gli altri?"

Quasi si gira di soprassalto. Ha una strana tartina tra le mani e sia cercando di levare tutta la maionese perché non gli piace. La spalma sul tovagliolo poggiato sul tavolo. E quando lo chiamo fa un tale balzo che la tartina gli salta via dalle mani, fa una capriola su se stessa e atterra proprio sul tovagliolino, rimischiandosi a tutta la maionese e rendendo così del tutto inutile il lavoro fatto fino a quel momento.

"Eh! Che c'è?"

"Dicevo dove sono gli altri? Non vedo più nessuno dei maschi!"

"Di là!" Indica infastidito un corridoio nella penombra.

"Ok, grazie." Silvietto riprende la tartina e ricomincia meticoloso il "toglimaionese" come se null'altro lo interessasse. Io mi infilo nel corridoio: ci sono alcune vecchie stampe attaccate al muro, sopra un termosifone c'è una piccola mensola con sopra un vasetto in legno. Lo riconosco, è quello che abbiamo fatto nell'ultima lezione di applicazione tecnica. Dentro ci sta qualche fiore secco visto che è stato fatto in cotto, ma è talmente brutto che se ci si mette l'acqua dentro si rischia di innaffiare tutto il parquet e fare nascere lì sul serio qualche fiore!

Matt non è stato capace di farlo per bene, ha un sacco di crepe! A me è venuto meglio, ho preso buono, ma quando l'ho portato a casa è sparito. Devo indagare. Mi sa che mia sorella l'ha regalato a qualcuno dei suoi fidanzati inventando pure che l'ha fatto lei. Se è così rischia grosso, visto che sotto c'è scritto con tanto di pennello a olio Carolina III B. Ma anche se questo capitasse, lei sa sempre come uscirne.

Ecco, vedo una luce. L'ultima camera in fondo al corridoio ha la porta socchiusa. E sento uno strano silenzio. Mi avvicino in punta di piedi e mi appoggio alla porta. Forse non c'è nessuno. No, no. Guardo dalla fessura, stanno tutti qui, alcuni seduti sul letto e altri per terra. Ma perché stanno così in silenzio?

"Ohhhh." All'improvviso un'esclamazione di stupore e qualche altro commento che però non afferro bene. Apro la porta e tutti si girano all'improvviso, stupiti, attoniti, senza parole, quasi spaventati.

"Ma che state a fare?"

Matt è il più veloce di tutti. "No, no, niente..." e cerca di chiudere qualcosa che ha lì sul letto in mezzo agli altri. Ma qualcuno lo tiene fermo apposta e così io lo vedo. Delle figure, delle foto, e senza volerlo spalanco la bocca.

"Noooo. Non ci posso credere."

Donne nude e uomini e altre donne che tengono in mano il loro "coso" e altre ancora che ne combinano di tutti i colori.

Matt prova di nuovo a chiudere quel giornalino ma Pierluca Biondi, che è da sempre quel maiale porco allupato che io e tutte le mi amiche conosciamo, gli ferma il braccio.

"Ma no no, lasciala guardare, così magari ci da la sua interpretazione..." e poi mi fissa con una faccia da lupo, tipo quelli dei cartoni animati, con un sopracciglio che si alza e un po'"di bavetta che gli si forma all'angolo della bocca. E sorride, il porco. "Allora Caro... che ti sembra, eh? Che ne pensi?"

E io faccio una smorfia e sorrido maliziosa peggio di lui.

"Ah quello... E" vecchio. Dovete vedere l'ultimo, lì sì che ci sono belle scopate!"

Ma proprio in quel momento una mano si poggia sulle mie spalle.

"Ragazzi, ma che fate qui?" È la mamma di Matt.

Il giornalino stavolta sparisce in un attimo, finisce sotto il cuscino del letto e Pierluca Biondi ci si siede sopra con una specie di tuffo.

"Anche tu Carolina, cosa dicevi?"

"Eh no dicevo, non è bello che ve ne andate..."

"Infatti, sì, ha ragione."

"Sì, mamma, ma stavamo decidendo per la prossima partita di pallone di domenica al campetto della scuola."

"Sì lo so Matteo ma non è carino, dai... Gli altri stanno tutti in salotto, forza, venite di là a parlare..."

E così piano piano uno dopo l'altro, Pierluca, Matteo e tutti gli altri arrapati lasciano la stanza e la madre, una volta che sono usciti tutti, chiude la porta.

"Dai, andate di là che vi porto i dolci."

"Sì, mamma." E lei sorride. E Matteo torna a essere uno dei bambini più buoni del mondo. Almeno questo è quello che può credere sua madre.

Quando entriamo in salotto, Bertolini è finalmente riuscito a pulire la tartina. Se la guarda tutto fiero del suo lavoro, la sta per mangiare ma Pierluca gli da una pacca sulla schiena.

"Bella Silviè." E la fa volare di nuovo, questa volta per terra e ;i faccia in giù.

Ora non so com'è, ma perché ogni volta che qualcosa deve restare pulita cade per terra e soprattutto cade a faccia in giù sporcandosi irrimediabilmente? È strana questa storia. E" un po'"come quel diario della Legge di Murphy, quello che fa tanto ridere Rusty James e i suoi amici. Quello delle regole sciocche, che se una cosa deve andare male andrà male... E così via. Boh. Loro ci ridono un sacco. Comunque raggiungo Matt nel salotto.

"Ehi."

"Eh." Non mi guarda in faccia, forse un po'"si vergogna. "Che "è? Cosa vuoi?" Finalmente mi guarda. "Sei contenta che sei venuta di là, che ci hai scoperto?"

E io scuoto la testa: "Ma che dici, ma ringrazia che coprivo la porta... Vi ho dato tempo: se entrava tua madre e vi trovava che guardavate quel giornaletto tutti arrapati... Pensa che figura ci facevi, proprio il giorno della tua cresima!".

"Ma che c'entra mica è peccato quello! Era un divertimento e con gli amici..."

"Sì, ma dopo quando lei ti ha chiesto cosa facevate, tu le hai mentito... Proprio il giorno della tua cresima..."

"Oh senti, ma hai finito di rompere? Sì, mi scoccia, mi sento in colpa per questo, l'ho pensato. Ma tu cosa vuoi? Perché mi stai facendo tutta questa storia, eh? Cosa vuoi da me?"

"Quel giornaletto."

"Quello?" Mi guarda con gli occhi sbarrati, poi torna a sorridere. "Ma non l'avevi già letto?"

"Dai..." Non mi voglio far vedere imbarazzata, questa volta sono io che non lo guardo.

"Ok Caro, te lo do... però posso chiederti una cosa?"

"Che cosa?" Lo guardo di nuovo negli occhi.

"A che ti serve?"

"Non mi va che noi donne arriviamo sempre del tutto impreparate."

"Aaaah" e fa uno strano accenno con tutta la testa, come se sul serio avesse capito qualcosa.

Ora, il resto del pomeriggio era passato tranquillo, tranne qualche sguardo stupido che mi aveva lanciato Biondi prima che finisse la festa alludendo a quello che avevamo visto in camera. E alla fine della giornata vado in camera di Mat, lui è lì che mi aspetta. Ha già messo il giornaletto dentro una busta e me lo passa in fretta.

"Presto, mettilo nella tua borsa." E io ce lo infilo in fretta e furia ma prima di andarmene faccio finta di dover andare in bagno. Sapete non vorrei che poi una volta arrivata a casa ci trovo dentro "Topolino" o "Dylan Dog" o peggio uno di quei fumetti manga che tappezzano praticamente la camera di Matt. E così vado in bagno, apro la borsa e dentro quella busta c'è proprio lui, quel giornaletto spinto con tanto di vietato ai minori di diciotto. Richiudo in fretta e furia come se qualcuno potesse vedermi e quando esco qualcuno mi chiama. "Carolina è arrivata tua madre, è giù che ti aspetta." E così vado spedita verso la porta del salotto e quasi non saluto nessuno talmente ho il cuore a duemila. Esco sul pianerottolo e sono tutta felice perché sto per prendere l'ascensore da sola. E invece all'improvviso arriva Biondi con suo padre e non faccio in tempo a uscire, che lui ha già spinto il bottone con la T. "Scendi con noi?" "Sì certo." E così mi faccio quei piani con Biondi che mi fissa e sorride. E poi all'improvviso...

"Che fai Carolina... Dormi subito o vedi la tivù quando arrivi a casa?"

"Boh, non lo so, perché?" Salivazione a zero.

"Bè, perché non si sa mai. Magari c'è che ti metti a letto e leggi..." e sorride e mi sento morire. Matt gliel'ha detto! E infatti mi guarda e poi guarda la borsa e alza il mento come a indicarla. "Non ti piace leggere?" Oddio, mi sento svenire e se ora cado, scivolo e si apre la borsa e il padre vede quel giornaletto? Che figura ci faccio? Ma per fortuna mi viene in soccorso proprio lui.

"E dai, lasciala stare... Ma farà quello che vuole! Se è stanca va a dormire."

Faccio un sospiro. Fiuuu...E proprio il padre che mi salva. "Dai esci, siamo arrivati" e lo spinge fuori dall'ascensore. "Saluta i tuoi, Carolina."

"Grazie..." Non so di cosa veramente lo ringrazio ma quello stupido di Biondi insiste.

"Ci vediamo domani a scuola così poi... mi racconti."

Non lo saluto, non lo calcolo proprio. Vado alla macchina di mia madre e mi ci infilo come un razzo. Mi guarda. Di sicuro mi trova pallida.

"Ehi, che hai, non ti sei divertita alla festa?"

"Ma che! Avevo paura che mi tiravano un gavettone dall'alto! "

Mia madre non è tanto convinta di quello che le ho detto. Si sporge, guarda dal vetro anteriore. Non c'è nessun terrazzo con le luci accese. Mi fissa negli occhi cercando di scoprire qualcosa, di cogliere anche il minimo impercettibile battito di palpebre diverso. Io guardo avanti. Faccio la vaga.

"Uhm...?" Mi fìssa ancora. Non ce la faccio più. Pensa se mi esce ora dalla borsa il giornaletto porno, le prenderebbe un colpo. Allora mi giro lentamente verso di lei, curiosa, ingenua, un po'"sorridente ma non troppo. Ma soprattutto... falsissima.

"Che c'è mamma? Perché mi guardi così?"

"Niente.."

In questi casi conviene partire sempre al contrattacco. Perché Ii spiazzi e quella che può essere stata la loro sensazione giusta, diventa solo un qualcosa di strano che si vede avevano avvertito, sbagliando. Infatti mamma fa un bah, solleva le spalle, poi accende il motore e fila via spedita verso casa. Mentre io, senza farmi accorgere, tiro un sospiro di sollievo.

La notte sto fuori di testa. Mi agito nel letto e non riesco a prendere sonno, controllo ogni due minuti lo zainetto sotto la sedia dov ci stanno i libri di scuola e soprattutto... il mitico pornogiornaIino! Penso a quel deficiente di Biondi che ha immaginato me che sono tornata a casa e mi sono chiusa in camera a leggerlo! A Biondi... ma mica sono tutti malati come te! Non ho neanche avuto il coraggio di tirarlo fuori dalla busta! L'ho infilato direttamente così dentro lo zaino di scuola. E anche il giorno dopo. Da paura! Nel vero senso della parola. Sono andata a scuola in autobus come sempre. Ma non so com'è, quella mattina tutti quelli che stavano sull'autobus sembrava che sapessero, sì, che in un modo o nell'altro ce l'avessero con me. Sai quando vedi quelle facce che sono proprio furbe, che sembra che ti dicono "A bella... A chi la vuoi dare a bere eh? E dai faccelo vedere anche a noi... Lo so che cosa c'hai lì sotto, che ti credi!". E poi quegli altri, quelli un po'"più viscidi, quelli più laidi... Quelli sembra proprio che guardino te, solo te, e soprattutto che ti dicano "Te piaciuto, eh? Ora hai capito che cosa facciamo tutti noi...".

Insomma mi sentivo in colpa, tanto che sono scesa alla fermata prima e ho iniziato a correre come una pazza per arrivare in tempo a scuola prima che chiudessero il cancello. Sono entrata quasi in scivolata mentre Lillo, il custode, lo stava proprio chiudendo. "Buongiorno! Corri corri Carolina... che oggi sono guai!" Oddio! Pure lui lo sa! O l'ha detto tanto per dire?!? Non ci penso, continuo a correre su per i gradini a due a due, e anche a tre a tre, ma ce la faccio solo una volta, poi quasi inciampo al secondo tentativo e arrivo tutta trafelata nel corridoio che porta alla mia classe. Rallento un attimo. No sul serio, ci ripenso. Ma che voleva dire Lillo? Oggi sono guai? E perché mai ha detto così? Ma che, mi beccano sul serio il giornaletto? O cos'altro può succedere? E così nel dubbio provo a chiamare Jamiro. Faccio al volo il numero del telefonino ma niente, è staccato. Uffa, ma il mio cartomante di fiducia dorme fino a tardi? Ma uno che se ne fa delle previsioni astrologiche da mezzogiorno in poi?!? Per noi è la mattinata la base della nostra vita, è da come purtroppo andranno le cose a scuola che dipende molto di quello che accadrà nel pomeriggio e ancor di più se ci sarà o meno la possibilità di uscire la sera! Riprovo, niente. Staccato. E così non ho più dubbi. Devo prendere una decisione da sola. E improvvisamente sento il bisogno di andare in bagno. E quando ne esco mi sento molto più leggera. Forse perché mi sono tolta un peso fondamentale, ma non fisiologico... diciamo spirituale. Quello con la mia coscienza. Ho mollato il giornaletto in alto, dietro lo sciacquone del bagno. Lo conosco perché una volta a casa ho aiutato mio fratello R. J. ad aggiustarlo! E stato uno spasso Ero la sua assistente idraulica, alla fine ci siamo fracicati completamente perché si è rotto un tubo! Ma non sai le risate, sono quelle cose che non ti dimentichi più. E anche se l'acqua schizza e fa danni e prendi secchi e stracci e cerchi di trovare una soluzione, alla fine scivoli, cadi e ti appoggi o ti attacchi a una tenda e la strappi o rompi qualcos'altro e subito dopo magari semplicemente si rovescia un secchio che avevi appena riempito d'acqua e inizi a ridere come una sciocca. E qualcosa capita anche a lui. E ridete ancora di più. E vi guardate e vi sembra che tutto vada nel verso giusto per farvi ridere, e allora ridi, e ridi ridi ancora e sembra che il destino sia d'accordo con te, sì, val roprio la pena di ridere un sacco. Ecco, credo che ancora oggi sia una di quelle cose che ricordo con più piacere, perché abbiamo passato un pomeriggio di quelli che veramente ti si stringe la pancia e ti fa male per quanto ridi. In quegli attimi non c'è cosa più bella di quella risata, ti dimentichi un po'"tutto quello che ti è andato storto e ti senti veramente in pace con il mondo. E allora finisci di ridere, fai ancora qualche piccola risata nervosa, ma poi ti senti quasi soddisfatta e tiri un sospiro lungo, come di sollievo. Ecco, questo è vivere, ridere così, alla grande, con una persona che ami e che ti fa sentire amata. E anche se spero che ne accadano di meglio, so già che quella storia del tubo e dell'acqua sarà una delle cose più belle che mi ricorderò!

E comunque entro di corsa in classe, proprio appena in tempo prima che arrivi il prof della prima ora. No. Non ci posso credere! Non me lo ricordavo. Ma vi rendete conto dell'assurdo? E" don Gianni! Cioè avrei fatto la prima ora di religione con il peccato accanto a me... Gli sarebbe bastato uno sguardo, il mio rossore e patatrac, avrebbe fatto di sicuro una perquisizione a fondo.

"Ehi Clod..."

"Che c'è?"

"Chiama Alis."

"Che le devi dire?"

"Una cosa che dico anche a te."

"Ok... Alis!"

Alis si gira e ci vede che la stiamo fissando. "Che volete? Non si parla di colazione già da adesso."

"No," scuoto la testa guardandola, "ma figurati! Ho una cosa incredibile per voi quando suona la ricreazione, non scendete subito, fermatevi al piano che vi devo far vedere una cosa."

E così le prime tre ore sono volate. Non ce la facevo più, vedevo che ogni tanto Alis e Clod mi guardavano cercando di capirci un po'"di più. Niente. Sono riuscita a non dire niente. E alla fine ricreazione.

"Venite. Venite di qua..." Passiamo lungo i corridoi strusciando quasi contro i muri, sembriamo le tre di quella serie che mi piace da morire, Charliè s Angels o ancora peggio tanto per rimanere in tema, quelle di Sex and the City con qualche piccola differenza.

Noi siamo più giovani!

"Ecco. Entrate qua dentro." Mi guardo solo un secondo in giro e vedendo che non c'è nessuno le spingo una dopo l'altra nel bagno.

"Ehi ma che vuoi fare?" Clod è piuttosto preoccupata. "Ma che, c'hai la droga?"

"Ma che!" Alis alza le spalle! "Al massimo vuole fare una di quelle scritte sfigate che ogni tanto qualcuno fa... E vuole il nostro aiuto. "

"No... Ho una cosa da farvi vedere."

Salgo con i piedi sul water e mi sporgo con la testa dietro lo sciacquone. Metto la mano, poi più in fondo, ancora, e cerco, frugo, sempre più veloce. Poi riscendo giù.

"Niente! Che stronzi! Qualcuno se l'è fregato."

"Ma cosa? Cosa avevi là dietro?"

Gli racconto tutto, la cresima di Matt, la festa, i Topi chiusi in camera, la scoperta del giornaletto porno, il nascondiglio di stamattina nel bagno e alla fine il furto. Mi ascoltano curiose ma alla fine le vedo indecise.

"Che c'è, non mi credete?"

Le guardo tutte e due.

"Non credete che ci fosse un giornaletto porno là dietro?"

Alis fa una strana smorfia "Oh sì, sì...". Ma sai quando te lo dicono tanto per dire, senza crederci neanche un po'. Clod invece ha già tutt'altri pensieri.

"Sentite, scendiamo giù che tra un po'"finisce ricreazione?"

E così poco dopo siamo già per le scale che portano in cortile.

"Comunque vi assicuro che c'era..." E alla fine lasciamo stare il discorso e facciamo ricreazione. Clod si sfonda come al suo solilo, affoga in un pacchetto di Chipster, dimenticando subito la storia del bagno, del giornaletto e di tutto il resto.

Alis, dopo aver mangiucchiato una pizzetta e averla poi buttata perché non era di suo gusto, mi da una pacca sulla spalla. "Dai Caro, non era così importante." E si allontana lasciandomi comunque nel dubbio che lei non ha mai creduto sul serio a tutta quella storia del pornogiornaletto.

So solo una cosa, ho evitato in tutti i modi di incontrare Biondi e Matt, che avevano spifferato tutto e gli altri Topi, che di sicuro sapevano. E poi un'altra cosa mi ha colpito di quella giornata... Quando sono uscita di scuola, Liio, il custode, mi ha salutato sorridendomi. "Ciao Carolina! " Non l'aveva mai fatto prima. Ed era particolarmente strano, come se fosse stanco ma anche allegro e soddisfatto. Ma che me l'abbia fregato lui quel pornogiornaletto?

Alle mie spalle mentre sto ancora sfogliando il libro, compare lui, Sandro, il commesso della libreria.

"Allora che fai, non lo prendi?"

Me lo dice quasi con aria di sfida. Come se non avessi il coraggio... Ma figurati che me ne importa a me. E alla fine opto per un altro e neanche rispondo. Faccio finta di niente. Non lo calcolo proprio. Non mi piace rispondere e dare giustificazioni ai miei, figuriamoci a questo qua! Giro libera tra alcuni scaffali. Poi decido di ascoltare un cd di James Blunt. All the Lost Souls. Mi infilo le cuffie, e scelgo la traccia che piace a me. Mi trovo così, riflessa in quello specchio della colonna. Ecco, inizia la canzone. Sorrido. Sola, indipendente, con una giornata tutta per me... Ah, che bello. Eccola, eccola, comincia. Shine on. Mi piace quando dicono "Are they calling for our last dance? I see it in your eyes. In your eyes. Same old moves for a new romance. I could use the same old lies, but ì ll sing, Shine on, just, shine on!". E" proprio vero. E così chiudo gli occhi. E mi lascio andare e mi accorgo di dondolare un po'... E seguo il tempo. Ma quando riapro gli occhi, vedo un i tipo riflesso nello specchio che mi guarda. Ha gli occhi azzurro intensi, i capelli scuri, è alto, magro ed è più grande di me. Poi improvvisamente mi sorride. E allora ho un tuffo al cuore. Abbasso Io sguardo e mi manca il respiro. Oddio, che mi succede? E quando rialzo lo sguardo è ancora lì. Ora i suoi occhi mi sembrano anche più buoni. Piega la testa di lato e continua a guardarmi così, con quel sorriso bellissimo e uno sguardo spavaldo. Sembra un po'"troppo convinto. E a me non piacciono quelli troppo convinti. Però quanto è bello. Non ci posso credere. Mi ha fatto arrossire. Abbasso gli occhi di nuovo. Oddio, ma cosa mi sta succedendo?

Non ci posso credere. Non è possibile. Ma quando li rialzo non è più lì. Svanito. Ma che, ho sognato? Che bel sogno, però.

Mi avvicino alla cassa.

"Buongiorno... Prendo questo."

Si avvicina di nuovo Sandro, il commesso. "Ah, Scusate se ho quindici anni di Zoe Trope... " Lo prende e se lo rigira tra le mani. "E" un buon libro. Lo sai che però non si sa chi è sul serio la scrittrice o lo scrittore? E" uno pseudonimo, qualcuno si nasconde lì dietro." Sorride e me lo allunga. "Però non è male."

"Grazie..." Ma che vuole questo qui?

"E comunque si vede che chi lo ha scritto non ha proprio quindici anni."

Non capisco, ma me lo deve distruggere per forza? Non capisco proprio. Ci deve essere un messaggio all'interno oppure Zoe Trope, o chi per lui, ha fregato la ragazza a questo Sandro. Boh.

Pago. Esco e comincio a camminare. Mi fermo davanti a una vetrina. Queste scarpe piacerebbero moltissimo a mamma. Mi sembrano comode. Sono basse, eleganti ma anche un po'"sportive, nere lucide. Mia madre lavora tutto il giorno all'interno di una grande tintoria. È un lavoro faticoso, sei sempre a contatto con il ferro da stiro, il vapore. Fa caldo. Si suda e si lavora un sacco. Stiri, lavi, fai i bucati. Le stesse cose che poi le tocca fare anche a casa. Solo che qui non ti pagano. Mentre lì se non sono pronte le cose o se vengono male, sono dolori. Ci sono clienti maleducati. Almeno questo è quello che mi racconta. Ci sono stata solo una volta dove lavora, quando ero piccola. Un giorno che non sapeva a chi lasciarmi e la guardavo, non si fermava mai. Dice che si tiene in forma così senza pagare niente! Costano 89 euro le scarpe e io che li sto mettendo da parte ci sono quasi. Poi all'improvviso una voce che sorride.

"È questo vero?" Compare davanti a me il cd di James Blunt. E sento anche la musica, proprio quel pezzo che piace tanto a me. Sembra quasi una magia. Mi spavento, arrossisco, sorrido anch'io. E lui è lì, riflesso nella vetrina alle mie spalle, dietro di me. Quasi mi circonda con le braccia. La musica viene fuori dal suo telefonino. Poi spunta dalla mia spalla sorridendo. Quasi mi annusa. Mi gira intorno, mi guarda e non dice niente sempre sorridendo.

"Tieni. L'ho preso per te." E me lo mette nella tasca della borsa. Lo lascia cadere lì. "Mi sembrava che ti piacesse..."

Sorride e spegne il suo telefonino. E io rimango in silenzio. Mi ricorda una scena di quel film che ho visto una volta a casa di nascosto, fregandolo dalla videoteca di R. J. insieme a Clod e Alis. Come si chiamava? Ah sì. Nove settimane e mezzo. Lei è Kim Basiner, va al mercato e vede uno scialle che le piace un sacco ma che costa troppo. Allora lui glielo compra e poi all'improvviso compare alle sue spalle e glielo poggia addosso e mentre lei mette lo scialle sulle spalle la abbraccia. E lei sorride. Mi è piaciuta quella scena. E lui è Mickey Rourke. E questo tipo qui è un po'"come lui, però prendo il cd dalla borsa e glielo ridò.

"Grazie, ma non lo posso accettare."

"Te l'ha detto mamma eh? Ma quello vale per le caramelle dagli sconosciuti. Questo non te lo devi mica mangiare! "

Lo spinge di nuovo verso di me.

"Lo puoi ascoltare quando vuoi..." e mi sorride.

E" gentile. Sembra simpatico. Avrà vent'anni, diciannove forse. Sì, mi piace più di Mickey Rourke. E non è più convinto come allo specchio quando si sono incrociati i nostri sguardi. Sorride e mi fissa. Mi fìssa e sorride. Sembra più tenero. Teneroso mi verrebbe da dirgli... ma mica voglio rovinare tutto sul nascere, no? Così sto zitta e mi rimetto il cd nella borsa. E cominciamo a camminare. E non so perché ma mi sento più grande. Forse perché lui lo è e si è interessato a me. E chiacchieriamo.

Che fai, che non fai... E mento un po'"e mi do delle arie.

"Studio inglese." E ancora "Ho fatto un provino perché mi piace cantare..." E spero che non mi metta mai alla prova perché sono un po'"stonata.

"Sei mai stata al Cube?"

"Oh sì, ogni tanto" e spero proprio che non mi chieda com'è! Un po'"mi sento in colpa e un po'"no. E ci prendiamo un gelato. Prendilo prima tu."

"Va bene, allora doppia panna, castagna e pistacchio!"

"Anche per me."

E mi piace un casino! Abbiamo gli stessi gusti cioè... veramente a me piace solo la castagna... Ma lo prendo identico al suo così sembriamo proprio simbiotici.

"No, no, questo te lo offro io, almeno questo."

E lui rimette il portafogli in tasca. E dice ok, e sorride e mi lascia fare. E io apro il piccolo astuccio Ethic e conto i soldi, ho solo spicci. Nooo! Questo non ci voleva proprio ma alla fine, quattro, quattro e cinquanta, quattro e novanta! Ce l'ho fatta, meno male. Che figuraccia se no. E non so perché sull'età non mento o meglio mi aiuto un po'. "Quattordici anni..." E lo vedo per un attimo perplesso, come se la mia età non andasse bene. Cerco il suo sguardo, ma fa finta di niente.

"Che c'è?

"Cosa?"

"No, mi sembrava che..."

Ma non mi dà il tempo.

"Vieni andiamo! " E mi prende per mano e cominciamo a correre tra la gente. Turisti stranieri, persone di colore, tedeschi, francesi e qualche italiano. E io quasi inciampo e mi trascina dietro di lui nel suo incredibile entusiasmo.

"Dai, dai, che quasi ci siamo! " E io corro e rido e cerco di stargli dietro e alla fine come due perfetti stranieri ci fermiamo senza fiato di fronte alla fontana.

"Sei pronta? Tieni." Mi da una moneta e poi si gira, chiude gli occhi e butta la sua dietro le spalle. E io lo seguo. Chiudo gli occhi ed esprimo un desiderio, e la mia moneta vola in alto e gira, gira e poi cade lontana nell'acqua e lentamente con delle strane curve raggiunge il fondo. Ci guardiamo negli occhi. Chissà se abbiamo espresso lo stesso desiderio. Lui invece è più convinto. Anzi non ha proprio dubbi.

"Sono sicuro che abbiamo espresso lo stesso desiderio..." E mi guarda in maniera intensa. E per me è come se all'improvviso avessi di colpo diciott'anni. E per un attimo mi imbarazzo. E molto. E divento rossa. E il cuore mi batte a duemila. E abbasso la testa e cado in affanno e guardo in giro e cerco una scialuppa. Oddio sto naufragando... E improvvisamente, così come mi ha fatto finire sott'acqua, lui mi salva. "Comunque sono Massimiliano..."

"Ciao... Carolina." E ci diamo la mano e rimaniamo così guardandoci negli occhi.

E poi, mi fa un sorriso bellissimo.

"Vorrei rivederti."

Vorrei dire anch'io... ma non ci riesco. Mi sento negata. Dico solo "Sì, certo".

Ma vi rendete conto? Sì certo... Ma che vuoi dire! Dio, quando lo sapranno Clod e Alis. E poi mi da il suo numero di telefono. Ma lo fa in un modo strano, lo scrive sulla vetrina di un negozio con un pennarello. Fa ridere e io me lo registro sul cell.

"Segnati anche tu il mio."

Massimiliano mi sorride.

"No. Io non voglio scocciarti. Non voglio il tuo... ti chiamerei ogni momento. Cercami tu quando avrai voglia di ridere come oggi pomeriggio. "

E se ne va così, di spalle, monta su una moto poco più lontano. Si gira un'ultima volta e poi quel sorriso, bellissimo. Mi lascia lì, così, con due uniche certezze. Uno: sarà un caso o il fatto di avere cercato un libro sull'educazione sessuale mi ha fatto invece trovare lui? E due: Lore di quest'estate non mi piace improvvisamente più, o meglio, è passato subito al secondo posto.

Salgo al volo sull'autobus 311 che mi porta a casa. In mezzo alla gente, tanta gente, mi sento quasi sola. Piacevolmente sola. Persa tra i miei pensieri. Sorrido. Vorrei già mandargli un messaggio:

"II destino ci ha fatto incontrare". No, troppo fatalista. "Grazie del gelato!" Pratica. "È forse amore?" Sognatrice eccessiva. "Oh, ma lo sai che sei proprio bono!" Realista eccessiva! "Grazie, bel pomeriggio..." Ragazza vecchia. "ai visto, non resisto..." Ragazza facile. "Ecco il mio numero. Chiamami quando vuoi." Rinunciataria paurosa di prendere iniziative. Che palle! Niente. Non mi viene in mente nulla. Sbuffo e alzo le spalle. E così decido di non mandare un bel niente.

Si libera un posto al volo perché scende un signore. Faccio per andare a sedermi ma vedo una donna anziana come mia nonna ma molto più grassa, con alcuni pacchetti in mano. È stanca. Mi guarda per un attimo e io le indico il posto con la mano. "Prego..." E lei i ringrazia e ci si adagia sopra con un sorriso, tirando su le gambe. Ha dei calzerotti che le arrivano sotto il ginocchio. Si vedono solo ora che la gonna si è alzata e sbuffa e ha le gambe corte e si tira indietro con il sedere poggiandosi sul gomito per raggiungere lo schienale. Poi tira su tutti quei pacchi e se li mette sulle gambe e finalmente sta comoda. Fa un bei sospiro, soddisfatta della sua fatica.

E io guardo fuori, i ragazzi che passano, la sera che lentamente scende. Massimiliano... Ecco il messaggio: "Massi sei il massimo". Ragazza super banale.

Che ore sono? Guardo l'orologio, le otto e dieci. Che pizza. I miei staranno per mettersi a tavola e io arriverò in ritardo. Qualuno alle mie spalle si sporge e suona il campanello. Prossima fermata, acceso. Ecco. L'autobus si ferma. Qualcuno per scendere mi urta. Di nuovo. Mi spinge contro il ferro della porta. Anche un'altra persona si appoggia a me. Di nuovo. Questa volta più a lungo. Non riescono a scendere. Un'ultima spinta e sono giù. Li vdo sali. ie giù dall'autobus. Sono due ragazzi. Hanno i capelli corti. Sembrano stranieri, forse rumeni. Uno da una pacca all'altro sulla schiena e quello fa segno di sì con la testa poi si voltano verso di me e sorridono. L'autobus riparte. E loro spariscono così, correndo. E io continuo a guardare fuori gli ultimi negozi che stanno chiudendo, commesse stanche che tirano giù saracinesche, una sale in macchina. Qualcuna attraversa velocemente la strada, una donna al teleono ride organizzando la sua serata, un altro aspetta in mezzo alla strada scocciato del ritardo di qualcuno. Scendo dall'autobus e vado di corsa a casa. Non mi fermo neanche un secondo. Corro, corro, strada, piazza, destra, sinistra, guardo, attraverso, cancello aperto. Bene. Suono per far aprire il secondo portone.

"Chi è?"

"Io!"

Aprono al volo. E via per le scale primo, secondo, quarto piano. Neanche una delle atlete più premiate. La porta è aperta, la chiudo alle mie spalle.

"Eccomi. Sono arrivata!"

"Lavati le mani e vieni a tavola."

Vedo passare mia madre che porta un piatto di portata con la pasta fumante. Lo poggia in mezzo al tavolo, cercando di non farlo sbattere, non riuscendoci.

Alessandra è già a tavola, R. J. non c'è. Papà si serve per primo. Io vado a lavarmi le mani.

E prima di spingere il tappo per fare uscire il sapone mi viene in mente una cosa. Ecco l'idea. Finalmente l'ho trovato. Mi tocco i jeans. Niente. Com'è possibile? Mi tocco l'altra tasca, poi davanti. E ancora. Niente, niente, niente. Eppure ce l'avevo qui. Corro in camera da letto e apro la borsa. Niente. C'è solo il cd, le chiavi, un cappellino e qualche trucco ma niente. Non ci posso credere. No, no. Non è possibile. Vado in cucina. È arrivato anche Rusty James.

"Avevo già detto che arrivavo in ritardo."

"E certo, tu fai sempre come ti pare e che ti frega. Non hai neanche avvisato... Tanto no... Siamo tutti ai tuoi comodi, vero? Questo è un albergo."

Non ci credo. Non ci posso credere, sempre la stessa storia, addirittura le stesse frasi. "Mamma è vero che ti avevo avvisato?"

R. J. guarda mamma. E lei sorride. E abbassa lo sguardo. "Sì", lo dice a bassa voce levando un piatto dalla tavola, fìngendo qualcosa da fare. Mamma non è capace di mentire.

"E certo! Tu lo copri sempre. Figurati! Ma io mi sono rotto! Capito? Rotto!"

"Papà potresti urlare più piano?" Mia sorella Alessandra. È sempre lei. Come si può urlare più piano? O si urla o non si urla, o no?

"Questa è casa mia e io urlo quanto mi pare, è chiaro? Chiaro?" Rusty James si alza da tavola. "Non ho più fame." "E invece ora resti." Papà si alza da tavola e prova a prenderlo per il maglione, ma R. J. è più veloce, se lo sfila e fugge via, quasi scivola sul tappeto del salotto, ma poi si riprende in curva, dribbla una sedia e in un attimo si chiude la porta alle spalle. Alessandra comincia a mangiare in silenzio, papà se la prende con mamma.

"Brava, brava... sei contenta? Complimenti... Viene su bene."

Mamma per cercare di calmarlo gli mette qualcosa nel piatto. E papà inizia a mangiare borbottando ancora qualcosa ma non si capisce più niente, le parole si perdono tra i bocconi, si sentono solo pezzetti di frasi.

"E certo, e ti pareva... E certo, perché sono io il deficiente..."

Secondo me si capisce solo quello che lui veramente vuoi far sentire. Sposto la sedia e mi siedo anch'io. Non ho il coraggio di dirlo. Mamma mi sorride. E inizia a mettermi qualcosa nel piatto. Uhm. Buono, sento il profumo. Ha fatto delle tagliatelle al pomodoro e il profumo è così dolce. Poi faccio un respiro lungo e prendo coraggio.

"Ho perso il cellulare."

Tutti smettono di mangiare nello stesso momento e mi guardano. Papà lascia cadere la forchetta nel piatto, allarga le braccia.

"E certo, certo... che gliene frega anche a lei. Chissà dove lo ha Iasciato!"

Mamma mi prende la mano. "Tesoro ma era quello che ti avevamo regalato per il compleanno?"

Alessandra non riesce mai a stare zitta. "Sì, mamma quello. Lo Slide Nokia 6500, e costa 370 euro." Lo dice facendole un falso orriso. "Sì, quello più piccolo del tuo."

Alessandra alza le spalle.

"E certo," papà riprende a mangiare, "tanto pago io. Come se i soldi li trovassi sugli alberi."

A parte che nella nostra zona purtroppo non ci sono tanti alberi, ma comunque questa immagine non mi sembra proprio giusta. Mamma mi stringe la mano.

"Magari se pensi dove sei stata, i giri che hai fatto..."

E in un attimo ripercorro tutto il pomeriggio e mi accorgo che l'ultima volta che ho preso in mano il telefonino è stato con Massimiliano quando... quando ho segnato il suo numero! E" vero! Ce l'avevo solo lì. E ora? Come faccio ora? Non ho più il suo numero. Non lo posso chiamare. E vedo come al rallenty quella scena. Lui che sorride... "Non lo voglio il tuo... ti cercherei sempre... Chiamami tu quando vorrai ridere di nuovo come oggi." E chiudo gli occhi. Non riderò più. Non posso ridere. E soprattutto... non posso chiamarlo! E un attimo dopo rivedo la scena. Io che mi metto il cellulare nella tasca dei jeans come sempre e salgo sull'autobus e poi è come un dettaglio: la mano... Una mano che si infila nella mia tasca. E loro che mi spingono per scendere dall'autobus. Mi spingevano apposta! E poi i due ragazzi, i due stranieri, la porta dell'autobus che si chiude, il loro sguardo, le pacche sulla schiena di uno all'altro e quello che si gira e mi guarda e sorride.

"Cazzo! Ce l'ha lui il mio telefonino!"

"Carolina!"

Mamma rimane a bocca aperta.

Papà riposa la forchetta.

"Brava, brava, hai visto? Che ti avevo detto? Continua così e vedrai come verranno su i tuoi figli. E poi ti sorprendi, quando al Tg danno quelle notizie dei figli che uccidono i genitori. Di cosa ti sorprendi eh? Di cosa?"

Non aspetto altro. Non ne posso più. Mi alzo e vado verso camera mia.

"Dove vai tu? Eh? Dove vai?"

"Hai ragione papà." Torno e mi siedo. "Posso andare in camera mia?"

"Dopo che avrai mangiato."

Inizio a mangiare un boccone dopo l'altro.

"E mangia piano. Piano, devi mangiare piano."

E Alessandra naturalmente si intromette. "Prima digestio fit in

ore."

La guardo male. Ma invece lei sorride. Spiritosa. Mi hanno dato una nemica, non una sorella. Ma perché è così stronza? Che poi sondo me non sa neanche che cosa vuoi dire quella frase. Che la digestione ci mette un'ora!

Finalmente mangio l'ultimo boccone. Mi pulisco educatamente la bocca con il tovagliolo... "Mi posso alzare?"

Mio padre non parla neanche, mi fa un gesto con la mano come a dire "vai vai". io scappo via e mi chiudo in camera mia. Mi metto sul letto.

Lo so che non dovrei dirlo ma a volte quando litigo a casa come oggi penso che Alis è fortunata. No, non perché è straricca e sta in un mega villone. Perché i suoi genitori sono separati. Sì, lo so. È bruttissimo avere i genitori separati, ma uffa almeno ne vedi uno alla volta e non insieme. Per esempio, è possibile che mia sorella può fare quel cavolo che le pare e nessuno le dice mai nulla? Stanotte è tornata alle 3. E non aveva avvertito. Alle 3 di martedì! E stamani aveva scuola. Ovviamente aveva sonno e non si è alzata. Ha detto alla mamma che le faceva male la testa per via del raffreddore. Poverina! Mentre mi preparavo sentivo che parlottavano in camera. Mamma le diceva che però così non è giusto, che non poteva non andare a scuola solo perché aveva fatto tardi. E lei, ma mamma scusa, sai, mica lo sapevo che Ilenia si sarebbe sentita mal e dovevamo portarla al pronto soccorso. Ecco! Il colpo di scena! Quando non ce la fa con le scuse normali, ci mette il carico da venti. Inventa sempre una marea di scuse e così fa come le pare. E mamma le crede pure! Perché è troppo buona. Questa cosa mi fa troppo rabbia. Per mamma... si sbatte dalla mattina alla sera al lavoro, sempre disponibile con tutti, sempre pronta a dire una parola buona, a capire gli altri e anche a casa fa tante cose e mia sorella che fa? La prende in giro.

Comunque, a parte mia sorella, qui il problema è più serio. Non ci POSSO credere, avevo tutto in quel cellulare ! Musica, avevo i Green Day, Mika, i Linkin Park, Elisa, Vasco, The Fray e quel fìchissimo di Paolo Nutini... E poi un filmato di Clod, Alis e io alla gita dell'altro anno e i tuffi dell'estate e poi tutti i messaggi che mi conservavo. Perfino quello di Lore di questa estate... e soprattutto c'era il numero di Massimiliano. Appena registrato. Cioè, non ho fatto in tempo a metterlo sul mio cellulare che me l'hanno fregato! Provo un attimo a ricordare il numero. Il prefìsso iniziava per 335, no 338, anzi 334, no era un 339, no un 328, anzi no, un 347, no, no, era un 380, no, ecco! Era un 393... Ma perché avete fatto tutte queste aziende! Non era meglio una sola! No, eh?! Ogni volta che c'è qualcosa dove si può guadagnare ci si buttano sopra subito tutti... Eh capirai! Che te lo dico a fà? E poi il numero com'era? C'erano dei 2, più 2 e poi anche degli 8... Forse un 7...

E così prendo un foglio e comincio a scrivere dei numeri e compongo le soluzioni più diverse. Sembro Russell Crowe in quel film, come si chiamava? Ah sì, A Beautiful Mind, dove attaccava fogli dappertutto e vedeva delle persone che stavano sempre con lui ma che in realtà non esistevano! Aiuto, era un pazzo, un folle matematico no... sto facendo questa fine? Mi sembra anche quel gioco che mi fa fare sempre Gibbo!

Gibbo è un mio carissimo amico, adora la matematica anche perché è la sola materia nella quale va bene... E ama da morire giocare a Strike and Ball! Dove devi indovinare quattro numeri a caso e io devo dire se tra i quattro che ho scelto io e quei quattro che mi dice lui c'è uno strike, cioè uno degli stessi numeri che però non è capitato al posto giusto o un ball cioè che ha azzeccato non solo il numero ma anche la posizione. Insomma.. un mal di testa! E" chiaro

che poi si diventa pazzi e vedi delle altre persone vicino a te, perché sono come tu non sei ma vorresti essere!

In credo che la matematica serva a vedere se spendi troppo, se puoi ancora spendere e soprattutto... se ti puoi comprare o no quel telefonino! E nel mio caso adesso hai voglia a fare calcoli... Anzi,non è proprio il caso di farli. Devo bloccare la scheda. Lo so perché era già capitato a mamma e papà ne ha fatto un caso internazionale, nel senso che con la sua scheda, che è con il contratto, potevano chiamare anche all'estero. Nel mio caso non vanno oltre Firenze... Mi erano rimasti 5 euro! Cioè... Avevo appena registrato il suo numero sul telefonino e mi hanno fregato il cellulare! Ora ho capito cosa devo pensare di Massi: che porta sfìga! Oppure, peggio, che avrei sofferto! Oppure che con lui sarei stata troppo felice e quindi è qualcuno che mi porta jella e non vuole la mia felicità. Su questo ho almeno due nomi, ma questa è un'altra storia.

Mi siedo al tavolino e apro subito il mio Mac e vado su MSN.

Non avevo dubbi! Lo sapevo che c'era. Scrivo veloce e Alis dopo un attimo mi risponde.

"Tutto ok? Che hai fatto?"

"Dramma e felicità!" rispondo. "Da una parte ho conosciuto l'uomo della mia vita. Dall'altra mi sono persa lui e il telefonino! "

"Ma dai, t'ha dato un bacio e nel frattempo ti ha fregato il telefonino?"

"Non mi ha dato un bacio."

"Ah, s'è fregato solo il telefonino?"

"Non è stato lui..."

"Ma questo chi è?"

"Mi ha messo della musica..."

Insomma continuiamo a scriverci così per un bei po', fino a quando non entra mia madre senza bussare.

"Carolina! Ma sei ancora sveglia? Domani c'è scuola!"

Chiudo al volo il computer.

"Ho mandato dei compiti a Clod, la relazione sul film che c'hanno fatto vedere stamani in saletta proiezioni La grande guerra di Monicelli, quello con Sordi e Gassman, lei non aveva voglia di farla... a me invece è piaciuto un sacco!"

Salto sul letto e in un tuffo unico mi infilo quasi sotto le coperte. Mamma si avvicina e me le rimbocca.

"Ho capito, ma così non impara nulla e poi perché dobbiamo pagare tutta questa elettricità per la sua ignoranza... proprio non lo capisco!"

Sono sicura che questo è un pensiero di mio padre, tradotto in maniera più dolce e gentile da mia madre. Che poi infatti mi sorride. Lo ha detto tanto per dirlo, non è suo, non c'è niente da fare, si vede. Allora mi fa una carezza con quella dolcezza che può essere solo sua, che non mi da fastidio, che mi fa sentire amata e sicura.

"Dormi bene amore..." E con un sorriso mi addormento.

Ora non so bene cosa abbia sognato, ma so solo che la mattina quando mi sveglio in un attimo mi è tutto chiaro. Arrivo a scuola e la prima ora vola via come se niente fosse, anche perché non devo essere interrogata e neanche Clod. Quindi non devo stare lì a cercare di suggerirle. Alis non ho capito perché ma non è venuta, non c'è. Ma lo poteva pure dire! E che roba... abbiamo parlato di tutto la sera e non mi dici che non vieni? Boh, valla a capire. Ma non faccio in tempo a finire il mio pensiero che squilla la campanella, finisce la prima ora... Ed eccola lì. Alis entra in classe sorridendo, ha una camicia di lino con dei colori mélange e qualche disegno trasparente e una gonna lunga su degli stivali scuri, mosci, di quelli che calano giù sulla caviglia. Mi guarda e mi sorride. Sembra una modella alla sua sfilata tra i banchi, più che la mia amica del cuore. "Ehi, ma come ti sei vestita?" Mi passa vicino al banco. "Volevo farmi un regalo oggi, ne avevo proprio bisogno..." e mi sorride. Un po'"triste, un po'"malinconica, con quello sguardo che è sempre velato da un po'"d'amore mancato. Forse è colpa dei suoi che sono separati da sempre, del fratello che non ha, di una sorella più grande che però le manca. Me lo dice ogni giorno. "Tu sì che sei fortunata, tu hai una casa piena d'amore..."

E io le sorrido e non riesco a dire un bel niente, al massimo "eh già". Mica le posso dire che mio padre è sempre arrabbiato con tutti, che mia madre a volte è troppo stanca per scherzare, che mia sorella invece mi rema contro e che l'unico che amo veramente è R. J. che però non c'è mai!

Ci abbracciamo e la sento trafficare alle mie spalle... Allora mi scosto sorpresa.

"Ehi, che fai?"

"Io niente." Arrossisce un po', ma poi sorride e torna allegra come è spesso. "Mi si stava slacciando l'orologio! " E corre veloce verso il suo banco in fondo alla classe, proprio mentre entra il prof Leone.

"Allora, vogliamo andare ognuno al proprio posto?"

La classe si riordina lentamente e piano piano ognuno torna al proprio banco. Il prof si guarda un po'"in giro, così, tanto per farci un po'"preoccupare, poi tira su da per terra una vecchia borsa tutta lisa e consumata, la apre, prende un libro e comincia a spiegare.

"Allora, quella che vi racconterò vi potrà sembrare una favola ma è storia... storia, capite? La storia di come una terra diventò un mito di libertà e spietatezza insieme, di come l'oro attaccò la febbre a tutti e di come avvenne la famosa conquista del West." E la storia che racconta il prof mi piace Mi sta pure prendendo e credo che sia importante che quest'uomo, Toro Seduto, di cui ci sta raccontando, abbia avuto il coraggio di fare tutto questo. E che ormai è scritto nella storia! Ormai è sui libri, tanto che noi, e tutti quelli di prima e anche quelli di dopo, parleremo di lui.

"Non ha avuto paura! Ha avuto il coraggio di proteggere le sue terre."

E poggio il viso sulle mani con i gomiti ben piantati sul banco. Mi piace proprio il prof Leone. Cioè mi piace come racconta. Si vede che c'è passione in quello che fa. Non si annoia, potrebbe essere un buon attore, sì, un attore di teatro anche se io non è che ne ho visti tanti. La cosa che mi piace è che quando riprende a raccontar qualcosa lo fa sempre con grande precisione, riparte dal punto giusto senza confondersi. E come quella serie che mi è piaciuta tanto, Lost, cioè ogni volta facevano un piccolo riassunto e poi ripartivano. Non ti sfuggiva mai nulla. Non come mamma quando ero piccola. Ogni sera mi raccontava una storia per farmi addormentare e quella che mi piaceva di più era quella di Brunella e Biondina. Ora lei diceva che queste due bambine, un po'"fate, un po'"streghe, erano sul serio esistite. E a me la loro storia piaceva! Il guaio è che quando le chiedevo dopo qualche giorno di raccontarmi di nuovo quella storia... bè succedeva sempre qualcosa di strano.

"Ma mamma, non era Brunella che si perdeva le chiavi di casa, era Biondina..."

"Ma no mamma, era Biondina che veniva invitata alle feste del principe..."

Insomma, c'erano dei fatti che non tornavano con troppa facilità. Quindi le cose erano due: o la storia di Brunella e Biondina era tutta una fantasia di mia mamma, e se le cose non sono reali uno le può confondere facilmente, oppure era tutto vero e mia madre non aveva una gran memoria. Una cosa era certa: comunque la mettevi, la colpa era di mamma. Ma quando glielo dicevo lei sorrideva e mi faceva una carezza sulla guancia e aveva subito la frase pronta:

"Ah, non era così? Allora ci penserò su... E ora dormi che ti aspetta Morfeo tra le sue braccia". E mi tirava su le coperte e me le allisciava per bene sotto il mento. E io la guardavo uscire dalla mia camera. Con un unico dubbio. Ma come sarà questo Morfeo? Ma siamo sicuri che è un tipo a posto? E che sogno mi metterà stanotte? Come se fossero dei dvd da mettere nel mio lettore. E se invece mi mette un incubo? Allora proprio una gran brava persona non deve essere.

Ma in un attimo torno alla realtà. Proprio mentre il prof Leone continua la sua storia sul West, sento la suoneria di un cellulare. Oddio, ma chi è così pazzo che si è dimenticato di spegnerlo? O almeno di metterlo su silenzioso o vibra. Ma lasciarlo acceso e pure sulla suoneria alta questo no, eh. Proprio no. Che strano. Ma ha la suoneria come quella che avevo io. A proposito appena esco devo comunque andare in un centro telefonico e farmi dare la nuova Sim. Niente. Il telefono continua a suonare.

"Allora!" Il prof sbatte un pugno sulla cattedra. "Lovoletespenere o no questo telefonino?" E tutti si girano verso di me, nella mia direzione. E mi guardano. Seee... Magari fosse il mio. Me l'hanno rubato ieri. Ma che strano però, il suono viene proprio dal mio banco. E continua. Guardo sotto. Niente. Ma non è che è caduto a qualcuno ed è finito proprio sotto il mio banco? Boh... Niente, suona ancora.

"Allora! Carolina? ! ? Bolla! " Mi chiama per cognome. Si sta arrabbiando sul serio. "Ma prof io..." E proprio mentre sto per dirlo improvvisamente capisco. Guardo dentro la borsa, quella che prima avevo sul tavolo, alle mie spalle, proprio quando mi ha abbracciato Alis, quando le si stava slacciando l'orologio... E improvvisamente lo vedo. Eccolo lì. Nokia 6500 Slide! Non ci posso credere! Ma allora... Ma che l'avevo lasciato in borsa? Lo prendo, a mi basta un attimo per capire tutto. Ha ancora la pellicola sullo schermo! È nuovo! Me l'ha comprato lei, Alis! Mi giro e la vedo che sorride. Chiude il telefonino che ha sulle gambe e se lo infila in tasca. E poi si ricompone facendo finta di niente. Io scuoto la testa guardandola, lei mi sorride. Poi mi giro verso di lui.

"Mi scusi prof, me l'ero completamente dimenticato acceso, era mia madre... alla fine mi ha mandato un messaggio... Non può passare a prendermi a scuola."

Il prof Leone allarga le braccia, alza le spalle. "Ma se abiti a tre palazzi da qui..."

"Sì ma dovevano andare da nonna che siccome loro poi partono allora mamma mi aveva chiesto di accompagnarla e siccome non sanno ancora come fare perché nonno non vorrebbe andare con lei, vorrebbe raggiungerla e allora..."

"Ok, ok. Va bene va bene, basta così," il prof Leone si arrende, "se no qui si finisce che devo parlare di un libro nuovo, un libro fatto solo per questa classe, l'Odissea di Carolina." Tutti ridono, stranamente straconvinti della battuta del prof... e certo, quest'anno abbiamo l'esame! Chi non è convinto che convenga ridere a qualunque cretinata dice? ! ?

Metto il telefono su silenzioso e faccio finta di seguire la spiegazione. In realtà non me ne può importare di meno di cosa succede a questo punto nel West, tanto quello che accade accade, è, come dire, già scritto! E invece levo la pellicola dallo schermo, mi nascondo dietro la Pratesi che è bella cicciotta. Niente a che vedere con Clod certo, ma è comunque una discreta copertura!

Allora, lo guardo bene. Non ci posso credere, l'ha preso proprio come quello che avevo io, l'ha impostato proprio sulla mia stessa canzone! E" troppo forte Alis! Ma dove la trovo io una come lei? E" così carina. Cioè non ti fa pesare per niente mai nulla. E" bisognosa d'amore certo, e lo dimostra esigendo sempre mille attenzioni, ma lo fa a modo suo, senza essere esagerata. E poi cerca comunque di pensare anche a te, e lo fa come se fosse la cosa più semplice e naturale, per poi finire dentro quel grande cesto dove tutto si confonde e quello che è mio è anche tuo. Quel cesto che si chiama amicizia. Oh, lo so che quando dico queste cose sono un po'"come dire... patetica, ma di fronte a questa sorpresa del telefonino mi sono commossa! Che ci posso fare? Vi giuro, sono emozionata come una stupida che poi non c'è niente di male a emozionarsi. Lo so. Non è che una che si emoziona deve essere per forza stupida! Anzi... È più stupido chi di fronte a queste cose qui non si emoziona. Bè, ora mi sto un po'"intorcinando con questo discorso ma la cosa più assurda è che a un certo punto mi arriva un messaggio!

"Che figuraccia che hai fatto con il prof! "

E" Clod che come al solito non ha capito nulla. E certo, d'altronde a lei mica gliel'ho detto ieri sera che mi avevano rubato il cellulare, ma se adesso mi ha scritto... Ma allora... allora dentro c'è anche la mia scheda! Apro il retro del telefonino! Sì, c'è il mio numero! Alis è incredibile. Non riesco proprio a capire come ci sia riuscita. Non è facile avere la scheda, di un'altra persona poi è proprio impossibile! Ma a ricreazione mi spiega tutto. Appena scendiamo giù in cortile le salto addosso.

"Grazie! Grazie! Sei troppo forte! Ma come hai fatto? Come hai avuto la scheda Sim del mio numero?"

"Sono andata da Telefonissimo, ma quello sotto casa mia, gli ho dato il mio documento e ho spiegato la tua storia, il furto del cell e tutto il resto..."

"E loro?"

"Loro mi hanno creduto."

"Sul serio?"

"E certo! Sono stati molto comprensivi, soprattutto se hai una madre come la mia."

"Già..." Oh, calcolate che la mamma di Alis cambia quasi tutto ogni giorno perché deve essere sempre alla moda, è in gara con le sue amiche e vuole sempre e subito il meglio di ogni cosa, perfino in fatto di figli deve essere la più forte di tutti! E questa cosa pesa moltissimo su Alis. La madre al posto del buongiorno di solito attacca così: "Ma sai che la figlia di Ambretta, Valentina, ha fatto così e così... e sai anche che la figlia di Eliana, Francesca, ha fatto così e così... E pensa che invece la figlia di Virginia, Stefania, ha fatto così e così...!". E lei non ha ancora capito che e proprio per questo che Alis alla fine fa sempre così e... cosà! Alis sorride e alza le spalle.

"Insomma se non mi davano la tua nuova Sim hanno capito perfettamente che non avrei mai preso il Nokia 6500..."E per un attimo arrossisco. Mi ricordo perfetamente il costo di quel telefonino. I miei avevano risparmiato per cercare di comprarmelo e avevano portato pure il mio vecchio Nokia 90 da rottamare. Bè... in un modo o nell'altro comunque adesso ce l'ho di nuovo e così,

forte dell'euforia del ritrovato Nokia, racconto a Clod e Alis tutla la storia di Massi, il cd regalato, la passeggiata, il gelato e tutto il resto.

"Insomma... credo, sì, ne sono quasi sicura, sì, io... mi sono innamorata!"

"E Lorenzo?"

"Ma perché mi freni così... E comunque chi lo rivedrà più Massi! Dovrei fare miliardi di tentativi con tanto di diversi prefissi per trovare il suo numero..."

"Sono circa novanta milioni di combinazioni!

"Gibbo! Hai sentito tutto!"

"Certo..."

È il mio amico matematico. Ama il film Gemo ribelle che ha già visto almeno dieci volte. Ogni tanto ci invita a casa sua e ce lo ripropone spiegandoci che tutto è legato alla matematica, anche l'amore, ma non come un calcolo, come una dimensione. Questa non l'ho mai capita.

"Ehi, bella frate!" Arriva pure quell'assurdo di Filidoro. Ma vi rendete conto che nome gli hanno dato i suoi? Filidoro. Sembra uno di quei vecchi cartoni animati. Va bè che ora lui si è ribattezato Filo, che poi non è neanche male. Ma farlo partire con quell'handicap no, eh... E" divertente, Filo, anche lui è sempre alla moda, ma non come la mamma di Alis, lui solo nel campo musicale. Ama ogni nota.

"Ehi, l'avete sentita questa? E" l'ultima di Jovanotti. Fa così..." E ti canticchia un pezzo con tutte le parole. E" veramente incredibile. Ma come fa a ricordarsele tutte poi! E a scuola invece ha pochissima memoria.

Gibbo si fa più insistente. "Ehi, ma di chi parlavate prima?"

"Prima quando?" Alis fa la sostenuta.

"Un secondo fa! Il tipo del telefonino perso di Caro. Guarda che ho sentito tutto..."

"Ma che dici, ti sei sbagliato, eccolo qui il mio telefonino" e lo tiro fuori dalla tasca al volo e mai mi è sembrato più opportuno e fondamentale averlo.

"Visto? Spari un sacco di cavolate!"

"Sarà..." Non è convinto Gibbo, ma per fortuna suona la campanella che ci salva.

"Ok ragazzi noi andiamo, bella fratè, stasera da te?"

"Sì..."

"Perché non venite?"

"Sì, certo..." e poi tutte in coro, "a vedere Genio ribelle!"

"Eh! " Gibbo fa una strana faccia buffa.

E noi scappiamo via ridendo.

In classe mando un messaggio ad Alis con tanto di disegno. Una bottiglia di champagne con il tappo che parte e tante stelline.

"Essere tua amica è come feseggiare ogni giorno! Grazie."

Lei mi guarda e sorride, vedo che scrive qualcosa. E infatti mi arriva un messaggio.

"Un buon non compleanno a te! "

Ad Alis piace da morire quel film. Forse perché quell'Alice lì è amata da tutti. Forse perché vive nel Paese delle Meraviglie e non è mai sola. Il dolore dell'amore. Come sono poetica oggi! Vedo che Alis si è rimessa a scrivere qualcosa sul diario, frenetica come fa sempre lei quando le viene in mente qualcosa. Così non scrivo più niente e la guardo da lontano, sorridendo. La mia amica. La mia più cara amica. Insieme a Clod, naturalmente.

"Com'è andata a scuola?"

"Benissimo..." Non mi hanno interrogato, vorrei aggiungere, ma perché sottolineare una cosa così? Mamma sta preparando il pranzo.

"Vi va la fettina?"

"Ma chi siamo?"

"Tu e tua sorella."

"Ma ancora non è arrivata a casa?"

"Sta in camera sua."

"Ah... " Devo approfittarne adesso, prima che arrivi. Voglio racontare solo a mamma di Alis, di quanto è generosa e superfantastica la mia amica, dello splendido regalo che mi ha fatto appena ha saputo del telefonino!

"Mamma, ho una sorpresa bellissima."

"Anch'io ne ho una per te..."

Non faccio in tempo a dirle niente che lei si gira. Accaldata di cucina, con il viso sorridente e gli occhi buoni di mamma. Come solo una come lei può essere. Lei che fatica. Lei che si sveglia presto la mattina. Lei che prepara il caffè per papà e la colazione per noi e torna a casa a pranzo e ritorna al lavoro il pomeriggio. Mamma che fatica, che è bella, che non va mai in vacanza. Mamma. La mia mamma, che quando mi sorride mi fa stringere il cuore.

"Guarda che ti ho preso..." e lo mette lì sul tavolo, nuovo, ancora dentro la scatola. Il Nokia 90, quello che avevo prima che mi i regalassero l'altro, quello semplice, con le funzioni base, che non può fare le foto. Quello che costa poco. E sento il cuore che mi si stringe e non so che dire e che fare. Ma poi sorrido e mi viene la cosa più naturale del mondo.

"Mamma! È bellissimo... grazie!"

E l'abbraccio stretta stretta, con quel grembiule tra di noi un po'"umido. E lei mi accarezza i capelli e stavolta non mi da fastidio. Chiudo gli occhi e mi viene un po'"da piangere e non so bene perché.

"Sai, sono riuscita a scappare via dal lavoro... Ho chiesto un permesso e sono corsa nel primo negozio che ho trovato di telefonini lì vicino e ho preso questo... ma ti piace veramente?" Mi allontana un po'"e mi guarda negli occhi e io sono commossa e faccio segno di sì con la testa. E lei capisce e mi riabbraccia.

"Solo che non mi hanno voluto dare la Sim del tuo numero, hanno detto che ci devi andare tu di persona. Ma ti rendi conto! Non posso fare le cose per mia figlia." Poi rimane un attimo perplessa. "Forse non me l'hanno data perché hanno paura che io volessi usare il tuo numero, che ne so, per leggere i tuoi messaggi. Non sanno che noi non abbiamo segreti? "

E mi lascia andare. E riprende a cucinare, di spalle, con quei capelli tirati su e quel collo lungo dove svolazza qualche ciuffo più scuro. Poi si gira con un bel sorriso, felice del suo regalo, di quella bontà che vorrebbe non conoscere limiti. "Ehi, ma tu che mi dovevi dire? Qual è la tua sorpresa?"

E io per un attimo la guardo con gli occhi spalancati, timorosi di dire una bugia ed essere scoperta. Poi cerco di ritrovare la calma più grande, di non dirle nulla di Alis, del telefonino che mi ha regalato super costoso. E più brava di Meryl Streep, di Glenn Close, di Kim Basinger e perfino di Julia Roberts, insomma un'attrice perfetta, pur di non deluderla le sorrido.

"Mamma, sai che c'è?"

"Cosa amore?"

"Ho preso buono! "

II pomeriggio dopo mangiato.

Ho nascosto il telefonino di Alis, cioè il mio nuovo, l'ho dovuto spegnere perché da brava attrice ma non troppo scaltra non ho detto che avevo già preso la Sim, anche se in realtà quella me l'aveva presa sempre Alis.

Discussione a pranzo con Ale che, vedendo il mio telefonino nuovo da parte di mamma, vuole cambiare il suo.

"Ma mamma allora il mio... Guarda, la batteria si tiene con l'elastico!"

E io sciocca sono caduta nella sua trappola.

"Sì, ma il tuo funziona perfettamente e fa anche le foto..."

Mamma si preoccupa. "Ma perché, Caro, il tuo non le fa?"

"No, perché ha poca memoria! "

Alessandra è veramente assurda, non solo, ma insiste.

"Allora ho capito... devo far finta di essermelo perso o che me l'hanno rubato per averlo nuovo anch'io."

"Guarda che a me l'hanno rubato sul serio! Ma ti pare che mi invento queste cose per farmi regalare il telefono da mamma." Cioè mi metto a discutere io quando non è neanche questo il problema. Ora di telefonini ne ho due e non posso neanche dirlo!

Unica cosa positiva di Ale: mi ha fatto passare la fame. Meglio, perché avevo deciso di stare un po'"a dieta. Mamma ha insistito perché mangiassi, poi vedendo che ormai era una partita persa, mi la sbucciato una mela.

Nel frattempo subito dopo la discussione, quando io e Ale non ci parliamo più, è arrivato Rusty James che si è seduto subito a tavola ed è stato felice di mangiarsi la mia pasta. Era ancora calda e fumante e non gli spettava, visto che lui comunque non era previsto.

"Ehi che succede? Cos'è tutto questo silenzio... non è da voi!"

Rusty ha un modo assurdo di fare, cioè, capita sempre quando meno te l'aspetti e riesce a dire, nel momento giusto, la cosa che non andrebbe detta! Ale si arrabbia e se ne va in camera sua, io mi mangio felice la mela, Rusty la mia pasta. Mamma se ne torna al lavoro con un'unica raccomandazione. "Per favore, non litigare con tua sorella..."

Appena sente sbattere la porta, Rusty mi chiede curioso.

"Scusa, ma che è successo?"

E così gli racconto tutto. Gli dico per bene anche del telefonio di Alis. Con lui non posso certo mentire, così li tiro fuori dalla borsa e li metto sul tavolo.

"Ecco vedi... ora ne ho due! "

Rusty ride e scuote la testa.

"Sei unica, scusa ma non potevi dirlo subito a mamma... Che male c'è?"

"Ma no... ci rimaneva malissimo! Ha chiesto un permesso al lavoro, ha speso i suoi risparmi per prendermi un telefonino e farmi una sorpresa, magari avrà anche discusso con papà... e io... le dico che già ce l'ho? Dai, sei proprio un insensibile!"

Rusty sorride divertito. "Adesso è colpa mia... Ok ok, comunque mi è venuta un'idea..."

E me la dice e poi ride e si diverte. E in effetti non è niente male sul serio. Non mi era venuta in mente.

"Ehi Rusty, ma lo sai che sei proprio forte..."

"Lo so." E mi sorride. "Che fai ora, Caro?"

"Oh, non lo so, studio un po'"e poi magari esco..."

Rusty torna serio. "Anch'io devo studiare, che pizza, non mi va minimamente. Pensa che mi mancano ancora una marea di esami per diventare medico e papà non sa cosa ho deciso."

Lo guardo curiosa. "Perché cosa hai deciso?"

"Ancora è presto..." e se ne va in camera sua lasciandomi in cucina. Addento un ultimo pezzo di mela rimasto nel piatto e vado in camera mia. Accendo il computer. Con la scusa delle ricerche, dello studio e di tutto il resto sono riuscita a farmelo regalare dai miei. Stanno pagando le rate da non so quanto. Metto la mia password e vado subito su MSN. Ecco, lo sapevo. Mi ha scritto Gibbo.

"Allora ho pensato che tolti tutti i numeri delle persone che conosciamo, se vuoi trovare il numero del tuo "amatò sconosciuto le possibilità sono circa ottantanove milioni e seicentocinquantamila... O mandi un messaggio a tutti, il che vuoi dire che sei più ricca di Berlusconi e Paperone messi insieme, oppure chiami questo numero 347 8002001 e la fai finita."

Che scemo. Naturalmente quel numero è il suo. Ha ragione. E" impossibile. Però a volte nella vita... così chiudo gli occhi e provo in qualche modo a rivedere quel numero. Me lo ha scritto scherzando sulla vetrina e lo vedo... 335 no 334... Ecco sì, 334... E continuo a fantasticare fino a quando lo vedo nitido, chiaro, di fronte a me.

Proprio come era ieri lui. E allora lo scrivo su un foglio e poi sul telefonino e alla fine rimango lì, con il numero sospeso. Indecisa sul da farsi. Poi veloce apro la casella messaggi e scrivo una frase.

"Ehi come stai? Sei Massi, vero? Ci siamo divertiti ieri. Sono Caro!" la invio a quel numero sperando, sognando, fantasticando. E vedo quel ragazzo. Eccolo, è lui, Massi. Starà studiando o giocando a tennis o a pallone o facendo canottaggio nella vasca, quella con la barca fìssa a terra. Ecco, me lo immagino che sente il telefonino suonare o vibrare. Il messaggio che è arrivato. Lo apre, lo legge e ride... Ride! Poi indeciso si mette a pensare cosa scrivere, come rispondere. Poi sorride tra sé e sé. Ecco. Ha trovato la frase che fa per lui... O per me. La scrive veloce. Preme il tasto invio e il messaggio parte, attraversa la città, le nuvole, il cielo, le strade e piano piano si infila in mezzo alla serranda dentro la mia casa e poi nella mia stanza e infine nel mio telefonino.

Bip. Bip.

Lo sento suonare. Oh, ma sul serio mi è arrivato ora un messaggio. Non ci posso credere! Apro veloce il telefonino, arrivo nella cartella messaggi ricevuti. Ecco, lo vedo. Non è firmato. Non è un amico, qualcuno che conosco. C'è quel numero. Quindi è lui. Non ci posso credere! L'ho beccato. Mi sono ricordata il numero. Poi leggo il messaggio.

"Forse ha sbagliato numero. Comunque ho quarant'anni, uomo e non sono sposato. Quindi cara Caro perché non ci vediamo?"

E" un attimo, cancello il messaggio e spengo il telefonino. Terrore. Cara Caro. Pure spiritoso. O almeno un tentativo drammatico di esserlo. Niente. Vita infame. Non era lui. E così, purtroppo, non mi resta che mettermi a studiare. Peccato. A volte i sogni ti si sbriciolano così, tra le dita. Soprattutto quando la scelta è tra il desiderio di rivedere Massi e di studiare l'Orlando innamorato.

Ora, non che questo Orlando sia così malaccio e mi rendo conto che la sua storia è bellissima. E infatti man mano che leggo, la soluzione mi appare davanti. Specie a un certo punto. "La rana avvezza el pantano, se ell'è al monte torna al piano. Ne per caldo o per freddo o poco o assai si può la rana trar dal fango mai... " E certo. Come a dire, l'inevitabile è inevitabile. Si può Caro trar dal Massi mai... Non ho dubbi, ma certo. Come ho fatto a non pensarci prima. Ho due possibilità.

"Io esco." Prendo il giubbotto e me lo infilo. Poi mi metto in tasca la mia seconda possibilità. Ci sbatto sopra la mano sapendo che grazie a lei troverò di sicuro Massi e tutte le possibili informazioni su di lui.

Esco di corsa dal portone e proprio in quel momento lo vedo passare.

"Eccomi arrivo! " grido al conducente dell'autobus come se posse sentirmi. Figurati. Arranco cercando di raggiungere la fermata prima che arrivi e riparta. Niente. Non ce la farò mai. L'autobus si è fermato. Il conducente sembra guardare nello specchietto.

"Eccomi, eccomi..." Accelero ma non ce la faccio proprio. Ho la lingua di fuori. E temo che da un momento all'altro possa ripartire. Le persone sono già scese e chi doveva salire è già salito. Sono sicura che non mi aspetta, mi farà un dispetto, partirà proprio quando arrivo. Niente. Non ce la posso fare. E invece l'autobus è ancora lì che mi aspetta con le porte aperte, arrivo di corsa e salgo, proprio quando ormai pensavo di non farcela più. "Fiuuu..." Ce l'ho fatta." Le porte si chiudono. "Grazie..." Riesco a dire con quel filo di fiato che mi rimane. Il conducente mi sorride dallo specchietto, poi riprende il grande volante tra le mani e ricomincia a guidare. Mi guarda mentre mi sistemo su uno dei sedili. E" mezzo vuoto l'autobus e procede veloce e spedito verso il centro. C'è poca gente per strada. E io riprendo fiato mentre penso a come poter fare quella domanda.

"Mi scusi...?"

"Sì..." Una giovane commessa mi viene incontro. "In cosa posso esserle utile? "

E vorrei dire: sa... ieri ho visto delle scarpe bellissime ma che comunque costano troppo. E soprattutto non è proprio per quelle che sono qui... Non è l'approccio migliore. Meglio essere diretti.

"Ieri c'era una scritta sulla vostra vetrina... Un numero di telefono. "

"Sì, non me ne parlare. Guarda, l'ho pure chiamato quel numero di telefono. Era di un ragazzo, si vede che aveva dato appuntamento a qualcuno. Si è messo a ridere... Non aveva nessun appuntamento. Ha detto che era per la sua prossima ragazza! "

"Così ha detto?" E mi viene da ridere. E" proprio pazzo.

"Sì, ha detto così... E allora? Che c'è, perché ride? E" un suo amico?"

"No, no."

"Comunque è un cafone, si è messo a ridere e poi mi ha messo giù."

Non mi viene in mente altro che questo: "No, è che aveva il mio teleonino nello zaino e così se lo è portato via e io non ho il suo numero".

Non so se ci crede ma la sua risposta è secca.

"Non ce l'abbiamo neanche noi. L'abbiamo cancellato... e dimenticato." Poi si gira, mi da le spalle e si allontana.

Esco fuori e guardo la vetrina. Ma che, non si legge più. Provo a guardarla meglio. L'hanno pulita per bene. Mi metto in controluce. Mi piego a filo con il vetro. Niente, l'hanno pulita benissimo e come se non bastasse dietro la vetrina vedo la commessa che mi guarda. Incrociamo gli sguardi e lei scuote la testa, si gira e mi da le spalle. Di nuovo. Mi alzo. Ha fatto proprio bene Massi ad attaccarle il telefono in faccia. Beata lei che l'ha potuto chiamare però. E detto questo non mi resta che la mia seconda e ultima possibilità.

"Salve..." Trovo dietro il bancone della Feltrinelli alla cassa una bella ragazza con i capelli castani tirati su. Ha anche lei il suo cartoncino con tanto di nome: Chiara.

"Buongiorno, dimmi."

Tiro fuori dalla borsa il cd che mi ha regalato Massi.

"Ecco, ci sarebbe questo cd che ho preso ieri..."

La ragazza lo apre, lo guarda da un lato, poi se lo rigira tra le mani e controlla un piccolo bollino d'argento.

"Sì... è nostro. Che c'è? E" difettoso? Aspetta che chiamo la persona che sa tutto di queste cose." E spinge un pulsante vicino alla sua postazione.

Non faccio in tempo ad aggiungere altro che compare lui. Sandro. Quello del libro sull'educazione sessuale. Mi riconosce purtroppo. Mi vede e sorride.

"Che succede. Ci hai ripensato?" Chiara prende in mano la situazione.

"Ciao Sandro, scusa se ti ho chiamato, ma questa ragazza ha comprato ieri questo ed e credo che ci siano dei problemi." Poi, come se se ne fosse ricordata all'improvviso... "Piuttosto ce l'hai lo scontrino? Se no, non lo possiamo cambiare."

Non faccio in tempo a rispondere che interviene Sandro.

"Ma scusa, volevi prendere un libro sull'educazione..." Guarda la sua collega e decide di risparmiarmi. "Poi hai scelto quello di Zoe Trope e invece alla fine hai preso un cd... Ma così non impari nulla."

Mi sorride allusivo e fastidioso.

"Non era per me."

"E" difettoso, si sente bene?"

"Benissimo..."

"Ok, ma ce l'hai lo scontrino?"

"Non lo voglio cambiare."

"E allora qual è il problema?"

"Ecco..." li guardo leggermente imbarazzata.

"Ho capito. Ferma." Sandro mi guarda e diventa serissimo. "Hai eluso la sorveglianza. L'hai rubato e ora ti senti in colpa e vuoi restituirlo! Perché ormai voi siete tutte così, ci sono le baby gang, andate in giro, rapinate la gente, gli fregate il telefonino, i soldi, perfino i giubbotti... Sei il capo di una banda?"

Non ci posso credere! E non so più come fermarlo. Sì, lei ci ha scoperto: siamo io, Alis e Clod. Le tre ribelli del Farnesina. Abbiamo fatto anche un colpo: mezza cioccolata per uno!

"Scusi, mi può ascoltare un attimo?"

Finalmente si placa.

"Questo cd me lo ha regalato ieri un ragazzo."

Gli racconto tutta la storia, la vetrina, il suo numero scritto, poi l'autobus, il mio cellulare rubato, i due ragazzi rumeni. Quelli sì che sono una vera baby gang e neanche troppo baby. Gli racconto perfino il regalo di Alis del giorno dopo.

"Forte la tua amica, è stata gentile." Poi Sandro rimane un po'"perplesso. "Ma allora io cosa posso fare per te?"

"Ecco, vorrei sapere chi è questo ragazzo, magari ha pagato con la carta, c'è pure il cognome oppure ha chiesto la fattura, ci sono pure i suoi dati, il suo indirizzo..."

E Sandro mi guarda così, curioso, spiazzato, alla fine perfino un po'"sbigottito. Poi alza il sopracciglio forse non del tutto convinto della mia storia. Cerco in tutti i modi di fargli capire che è vero e non vedo altre soluzioni che dirglielo.

"Il tipo, quello che mi ha regalato il cd, mi piace un casino..."

E per la prima volta lo vedo sorridere. E forse perché pensa che potrei essere sua nipote, o che in fondo sta per iniziare o potrebbe iniziare una storia d'amore o semplicemente perché stavolta ci crede che non gli ho detto una bugia, mi fa "Vieni con me e andiamo nell'ufficio lì dietro".

Percorriamo un lungo corridoio. Sopra la porta c'è la targhetta con scritto "Uffici. Vietato l'ingresso".

"Su, vieni vieni... non ti preoccupare."

Apre la porta e mi fa passare, poi si siede a una scrivania, accende un computer poi tira fuori da un cassetto degli scontrini e inizia a controllarli.

"Allora, 15 settembre... Libri, libri, film, cd doppio, ancora libri, libri... Eccolo qua. Questa persona ha comprato solo un cd. James Blunt, All the Lost SouIs, scontrino n. 509. " Guarda sul computer. "Comprato alle 18.25."

Sì, con l'ora ci siamo. E" proprio lui. Ero uscita da qualche secondo. Sandro scorre il monitor per controllare come è stato fatto il pagamento. Sento battere sempre più veloce il mio cuore, sempre più forte. Sandro sorride. E" un attimo, un istante. Poi quel sorriso scompare dal suo volto. Si affaccia da dietro il computer. Mi guarda e non sorride più.

"No. Mi dispiace. 20,40. Ha pagato in contanti."

"Grazie lo stesso."

Esco dalla Feltrinelli affranta. Niente. Non ho più possibilità, Massi non lo rivedrò mai più. Ma non sapevo quanto mi stavo sbagliando.

Prendo l'autobus e tutto mi appare più triste, meno colorato, quasi in bianco e nero. C'è poca gente e tutti mi sembrano appannati, neanche una coppia, uno che rida, uno che ascolti un po'"di musica, che tenga il tempo muovendo la testa. Non c'è niente da fare, quando svanisce un sogno anche la realtà sembra più brutta. Ehi... Però! Questa me la devo segnare sul diario delle mie citazioni. In verità non ce l'ho ancora, però me lo vorrei tanto prendere! Ho raccolto sì qualche mia citazione ma le ho scritte sul diario di scuola e sul telefonino che quei due mi hanno rubato.

Mi viene in mente all'improvviso la mail che mi ha scritto ieri Clod. Sta leggendo un libro di Giovanni Allevi, che tra parentesi a lei piace un casino non tanto per come suona ma per come è, si intitola La musica in testa. Mi ha copiato una cosa che mi sembra fortissima e che ci sta troppo bene adesso: "Quando insegui un sogno nella tua strada incontri tantissimi segnali che ti indicano la direzione, ma se hai paura non li vedi". Ecco. Non li vedi. Piuttosto, mi guardo sospettosa dietro le spalle. Non è che mi fanno fare la stessa fine anche a quello che mi ha regalato Alis? E così, tanto per stare più sicura, lo sposto dalla tasca dietro a quella davanti. Ah bene, mi sento un po'"più sollevata. Com'era quella frase che avevo sul telefonino? Sì, perché poi a essere sincera era una sola. Sì, me la ricordo: "Non c'è niente di più bello di una cosa iniziata per caso e finita bene!".

Mi piace un sacco e non so perché mi fa pensare di nuovo a Massi e a tutto quello che sarebbe potuto essere e... Ehi, ma questa è la mia fermata ! Suono appena in tempo il campanello della prenotazione fermata e l'autobus frena bruscamente. L'autista mi guarda sempre nello stesso specchietto e poi scuote la testa. Una signora un po'"cicciotta non riesce ad afferrare in tempo l'asta di ferro e precipita tra le braccia di un anziano signore. Ma lui non si arrabbia. Anzi, sorride. La signora si scusa in tutti i modi possibili. E lui continua a sorridere.

"Ma non c'è problema. Non mi sono fatto niente." Intanto io scendo e alla fine sorrido anch'io. Chissà magari questa mia distrazione ha cambiato il destino di qualcuno.

L'autobus riparte, mi passa davanti mentre cammino. Vedo lui e lei, l'anziano signore e la signora cicciotta, che chiacchierano ridendo. Magari ho creato una nuova coppia. Forse non lo sapremo mai, ma a volte siamo proprio noi a far capitare qualcosa nella vita degli altri. A volte volendolo, a volte no. Arrivo sotto casa e improvvisamente li vedo tutti lì, come sempre. Come allora. Le ragazze sedute sul muretto, i ragazzi che giocano a pallone. Corrono nel cortile sudati e appassionati con delle porte improvvisate che prendono spunto da un garage dalla serranda arrugginita e dall'altra parte il palo è una pompa verde dell'acqua, un po'"ingiallita dal sole, e subito dopo, qualche metro più in là, dei giubbotti buttati per terra. I ragazzi del cortile. Corrono, gridano, urlano il loro nome.

"Vai retta, vai Fabio! Passala, dai! Fabio, Ricky, vai Stone, vai." Si passano un pallone mezzo sgonfio, ormai scuro, segnato dai tanti calci. E corrono. Corrono sotto l'ultimo sole, sudati da quel pomeriggio di gioco, con ai piedi degli scarpini fasulli, dei vecchi mocassini da festa ormai rigati da quelle pietruzze dell'asfalto impreciso. E poi loro, le tifose del cortile. Anto, Simo, Lucia, Adele. Una lecca un ChupaChups, un'altra sfoglia annoiata un vecchio "Cioè", lo riconosco. È di almeno due mesi fa. C'era dentro il poster di Zac Efron. L'altra cerca disperatamente sul suo iPod, che poi in realtà è un vecchio Mp3, chissà quale canzone. Mi vedono. Adele mi saluta.

"Ciao Cà."

Anto alza la testa e fa un segno con il mento, Simo mi sorride. Lucia continua a leccare il ChupaChups e abbozza un "Ao..." che dovrebbe essere ciao, se non fosse che vuole ingrassare per forza.

E si rimettono a guardare quell'improbabile partita. E io le saluto tutte come al solito con il mio mitico "Ciauuu! " e scappo via. Entro di corsa nel portone e chiamo l'ascensore. Ma siccome non mi va di aspettare, salgo le scale di corsa, i gradini a due a due. E passando li vedo attraverso il vetro del pianerottolo. Riccardo corre come un pazzo. Ha la palla ai piedi. E non la passa. Bretta è lì, al so fianco, gli corre vicino, lo segue. Stanno in squadra insieme.

"Dai passala! Passala!" Ma Fabio, che gioca contro, è più veloce e gliela ruba e parte verso l'altra porta insieme a Stone. E Bretta si arrabbia, si gira e corre pure lui verso la sua porta.

""Ti avevo detto di passarla, te lo avevo detto!" Troppo tardi. Stone e Fabio fanno goal con una pallonata forte sulla saracinesca del garage arrugginito che rimbomba fino su per le scale. Ricky rimane in mezzo al cortile con le braccia sui fianchi. Fa un respiro lungo per riprendere fiato. Poi con la mano si porta indietro i capelli. Sono sudati, lunghi come sempre. Bretta passa lì vicino arrabbiato e da un calcio a una molletta rotta caduta da chissà quale stendino.

"Siamo tre a zero per loro..."

"E capirai! Ora li rimontiamo."

"Seee, va bè..."

Poi Ricky guarda in su, in direzione delle scale. E mi vede. I nostri sguardi si incrociano. Mi sorride. E io un po'"arrossisco e scappo via. Corro veloce su per le scale e in un attimo sono di nuovo lì. Allora. Tre anni prima. Io avevo undici anni, lui tredici. Ero innamoratissima di Riccardo. Di quell'amore che non sai bene cosa significa, che non sai dove inizia ne dove finisce. Ti piace vederlo, incontrarlo, parlarci, ti sta simpatico e dopo un po'"che non lo vedi ti manca. Insomma quell'amore lì che è di un bello... perché è assurdo. E" amore allo stato puro. Senza l'ombra di un pensiero, solo felicità e sorrisi. E voglia di fare regali, come quelli che desideri ricevere tu dai tuoi genitori e che a volte però loro non ti fanno perché in quel caso non è compito loro.

14 febbraio. San Valentino. È stata la mia prima volta. Il mio primo regalo a un uomo. Un uomo... un ragazzo! Un ragazzo... un bambino. Mi fermo qui và, perché dopo quello che ho scoperto su di lui, non so più quale parola dovrei usare.

Drin.

"Carolina vai tu ad aprire che io ho le mani sporche, sto cucinando..."

"Sì mamma.

"Prima di aprire chiedi chi è! "

Alzo gli occhi al cielo. Ma ti pare che mi dice sempre le stesse cose!

"Hai capito?"

"Sì mamma." Mi avvicino alla porta. "Chi è?"

"Riccardo." Apro e me lo trovo di fronte con i suoi capelli lunghi, così lunghi... ma pettinato. Con una camicia di jeans leggera, in tinta con i suoi occhi blu, un sorriso felice, per niente imbarazzato che poi finisce per sottolineare quello che ha tra le mani.

"Tieni, ti ho portato questo."

"Grazie." Rimango lì sulla porta. Poi prendo quel pacchetto e lo giro, lo guardo meglio. E una piccola panchina di ferro con due cuori seduti sopra. Sono di stoffa rossa, un cuore ha le trecce, l'altro i capelli neri.

"Siamo noi due..." Sorride Ricky. "E lì sotto ci sono dei cioccolatini."

"Tieni," glielo ridò, "aspetta, aprilo tu. Io vado un attimo dentro."

E torno poco dopo, proprio quando è riuscito a togliere il nastro e tirar via la carta trasparente e finalmente prende un cioccolatino dalla scatola e lo guarda per vedere di che sapore è. Ma io sono più veloce. Non se lo aspetta.

"Tieni." Gli do anch'io un pacchetto, Ricky lo guarda confuso, se lo rigira tra le mani.

"È per me?" E certo, vorrei dirgli. E per chi se no? Ma sorrido e faccio solo sì con la testa. E lui è felice e scarta veloce il suo pacchetto. E se lo ritrova così tra le mani. Un cappellino. "Che bello. Blu come piace a me. L'hai fatto tu?"

"Ma che! " rido. "Le iniziali, sì! " E gliele faccio notare sul bordo: R e G. Ricky Giacomelli. Ma in realtà mento. E chi le sa fare! Cucire? Se solo prendo un ago mi buco. Peggio delle rose del giardino. Però ho dovuto mettere a posto la cucina non so quante volte per avere poi il coraggio di chiedere a mia madre di fare quelle iniziali sul cappellino. E non era tanto per la cucina da mettere a posto, quanto per le domande che già sapevo che ci sarebbero state su quelle iniziali. E per chi sono? Come mai glielo regali? E cosa avete fatto? E cosa abbiamo fatto, mamma! Ma saranno pure affari nostri. Anche perché non c'è niente di peggio che non avere il coraggio di ammettere neanche con se stessi che non sai proprio cosa fare... Non ti immagini assolutamente nulla.

Ricky se lo mette.

"Come ci sto?"

"Benissimo" sorrido e rimaniamo così sulla porta a guardarci. Poi Ricky prende un cioccolatino.

"Ti piace fondente?"

"Sì, molto." E me lo passa. Lui lo prende al gianduia. Li scartiamo insieme, guardandoci, sorridendo, appallottolando le carte stagnole dorate. Poi lui mi prende la mia dalle mani e la mette intorno alla sua, facendo così una palla dorata più grande, la lascia cadere nel vuoto e la colpisce al volo con un calcio, gli fa fare un arco e la fa volare fuori da una finestra aperta sulle scale.

"Ehh... goal." Fa lo spiritoso e alza tutte e due le mani al cielo. E io batto le mani divertita. "Bravo! Forte!" Ma poi tutto rientra nel silenzio delle scale. In quel pomeriggio invernale, a un passo da quella pioggia sottile che cade un po'"più in là, dov'è finito quel piccolo pallone da calcio improvvisato. E così rimaniamo in silenzio a guardarci. Ricky si leva il cappellino. Ci gioca tra le mani, ora leggermente imbarazzato. Guarda giù, guarda le sue mani, poi di nuovo i miei occhi. Così faccio io. Poi improvvisamente Ricky si avvicina, la sua testa ondeggia verso di me... Come se... Come se... Sì, mi vuole baciare. E io verso di lui. Proprio oggi, il primo bacio, San Valentino, la festa...

"Che carini! I due innamorati che si stanno per baciare! "

Mia sorella, che idiota!

"Ci stavamo solo salutando!"

"Sì, sì... salutatevi presto allora perché di là ha detto mamma che è pronto."

Poi per fortuna se ne va.

Ci guardiamo solo un attimo, imbarazzati. Poi Ricky cerca di risolvere la situazione. "Vieni stasera?"

"Dove?"

"A casa di Bretta, fa la festa."

"Ah sì, è vero! Me ne ero completamente dimenticata! " E rimaniamo così sulla porta. Guardandoci in silenzio. "A tavola!" Ripassa mia sorella. E ride. Giuro che la odio. "Bè, ciao. Ci vediamo stasera" e chiudo la porta. Ricky corre su di corsa felice, si infila il cappellin. E sorride. Stasera la rivedo. Ma non parlava di me! Parlava di Rossana. E sapete chi è? La mamma di Bretta. Già perché questo l'ho scoperto solo la sera della festa. E mi ha fatto crollare il mondo. Una delusione incredibile. Poi ho capito che il mondo dei maschi non può crollare. E" fatto così.

Ora vi racconterò cosa è successo, cosa andava avanti da settimane a mia insaputa. Ho raccolto indizi, dettagli e qualche cosa me l'ha raccontata perfino Bretta. Ma mai e poi mai avrei creduto che Riccardo, quel ragazzo romantico e carino che mi aveva regalato la panchina con i due cuori innamorati, potesse arrivare a tanto.

Riccardo abita in un attico, all'ultimo piano del nostro palazzo e proprio di fronte a lui c'è il palazzo di Bretta. Che poi il suo vero nome è Gianfranco. Da cosa e come è uscito fuori Bretta non l'ho mai capito. Ma questa è un'altra storia. E sinceramente troppo diffìcile per me. Comunque un giorno Riccardo stava studiando in camera sua. Uno di quei noiosi pomeriggi dove non si riesce a far entrare in testa niente. Era lì e ormai stava tramontando, e studiava sul tavolo di fronte alla finestra ancora ben illuminato e non aveva ancora acceso la luce del tavolo, quando improvvisamente nel palazzo di fronte al suo, nell'appartamento di Gianfranco, ehm Bretta se no uno si confonde, si accende una luce. E" un attimo. Come se stesse per accadere qualcosa. Quella stanza vuota, quella luce accesa, nessuno che entra, quell'attesa che crea una lenta suspense. Ed ecco che nella stanza entra Rossana. E" nuda, completamente nuda, senza niente addosso. Ha appena fatto la doccia. Si asciuga i capelli frizionandoseli con un asciugamano. Riccardo non crede ai suoi occhi. Si alza dal tavolo e chiude la porta della sua stanza, anche se non c'è nessuno in casa, così, solo per stare più sicuro. E continua a guardarla.

Lei, Rossana, la madre del suo amico, non particolarmente bella, ma che seno grosso che ha. E poi non so, il fatto di... sì, insomma, di spiarla in qualche modo. Bè, questa cosa lo eccita ancora di più. Rossana butta l'asciugamano sul letto e sparisce di là, uscendo dalla stanza.

Riccardo rimane un pochino al tavolo aspettando. Ma i secondi passano, i minuti anche, mentre la sua voglia resta. E così dopo un po'"non facendocela più, gli viene un'idea. Va in camera di sua madre, ancora non aveva il telefonino ma sapeva che a casa di Bretta non avevano il "chi è" sul telefono fisso e compone il numero di casa di Bretta. Poi corre di nuovo al tavolo in camera sua e si siede trafelato e ancora più eccitato. Dopo poco vede entrare di nuovo in camera da letto Rossana. E" ancora nuda. Ma i capelli un po'"più asciutti e va veloce verso il telefono, alza la cornetta ma naturalmente dall'altra parte non c'è nessuno.

"Pronto? Pronto?"

Riccardo sorride, poi chiude il telefono guardandola mentre nuda scuote la testa. Si friziona i capelli, apre l'armadio indecisa su cosa mettersi. Rimane lì con il suo corpo che spunta ogni tanto nudo e rosato da quell'anta mezza aperta. Si vede la sua schiena che sa da lontano di bagnoschiuma e crema. E quell'asciugamano ormai umido buttato sul letto e quella sensualità che esce dalla finestra semiaperta. Rossana va di là. Riccardo compone di nuovo il numero. E lei torna nuda come prima. E si avvicina al telefono. E Riccardo è già di nuovo lì di fronte, al suo tavolo. E la vede rispondere, nuda come prima.

"Pronto? Pronto?" Rossana aspetta un secondo guardando la cornetta muta. "Ma chi parla?"

Poi si gira proprio verso di lui, con il suo seno nudo, grande, ancora più grande nella luce di quella stanza. Riccardo sorride nella penombra, nel silenzio della sua stanza si sente solo il rumore di una zip che scende, quella dei suoi pantaloni. Poi un sospiro eccitato che si perde tra i suoi movimenti e quelli della donna lì di fronte. Lei si piega, si infila lentamente un paio di mutandine prese da un cassetto dell'armadio troppo in basso per non essere ancora più eccitante. E questa storia, quando Riccardo è a casa da solo, continua per settimane.

Rossana è una donna che alla fine di ogni giornata ama farsi una doccia e non ha problemi a girare nuda per casa. E spesso sola ed è costretta troppo spesso a rispondere a quel telefono muto. Mentre Riccardo è sempre lì, nella penombra della sua stanza la guarda. Sorride. Immagina di essere lì. Vicino a lei, nella camera accanto. Seduto su quel letto. Se per caso lei si allontana, Riccardo vede accendersi la luce del salotto o del bagno, e allora ricompone il suo numero di telefono per farla tornare in camera da letto, per guardarla di nuovo, per poterla ammirare in tutta la sua nudità. Lei, così tanta, così piena, con quel seno così grosso. E tutto sembra procedere quasi in maniera perfetta al limite del noioso.

Fino a quella sera.

14 febbraio, San Valentino, la festa degli innamorati. E anche il compleanno di Bretta.

"Ciao! Ciao! Come stai?"

Si baciano uno dopo l'altro, quella masnada di ragazzi e ragazze che entrano a casa di Bretta. C'è Anto, Simo, Lucia e tutte le ragazze e ragazzi dei due palazzi. Bretta ha invitato tutti, giustamente. E arrivato anche Riccardo che saluta educatamente la mamma di Bretta, Rossana.

"Buonasera signora..."

"Ciao Riccardo, come stai?"

"Bene grazie, e lei?" E si sorridono, così educati nel loro ruolo. Riccardo la guarda allontanarsi con quell'abito lungo, osserva il suo incedere lento tra gli invitati. La mamma di Bretta saluta gli altri e anche se quel castano è scuro, Riccardo vede comunque quelle curve che conosce fin troppo bene.

Chissà se ha messo quel reggiseno tutto di pizzi bordeaux o quell'altro nero trasparente... Ma viene improvvisamente rapito o meglio richiamato alla realtà.

"Ricky, ci sediamo vicini?"

Lo guardo e gli sorrido pensando ancora alla panchina con i due cuori che mi ha regalato, al cioccolatino mangiato insieme, a quel silenzio imbarazzante ma così romantico... E poi anche a mia sorella che invece è proprio una stronza!

"Certo! Dai, sediamoci subito vicini, prima che gli altri ci prendano i posti."

E così un attimo dopo siamo già a tavola. E subito dopo arrivano tutti come se avessimo dato noi due il via alla cena.

"Dai, io mi metto qui."

"Io sto a capotavola."

"No, qui c'è Maria."

"Qui c'è Lucia."

E alla fine, dopo qualche piccola discussione, siamo tutti seduti. Conto. Siamo diciotto. E io sono di un felice. Riccardo è alla ia destra e a un certo punto sposta la tovaglia "Guarda...". Mi indica la sua tasca sinistra.

Nooo... troppo carino! Ha il cappello blu che gli ho regalato io. Con le mie cifre. Ehm, cioè di mamma, ma lui non lo sa, che gli esce dalla tasca. Mi sorride, gli stringo la mano sotto la tovaglia e proprio in quel momento arriva la mamma di Bretta.

"Ecco qua le prime cose da mangiare. Allora, ho fatto dei frittini buonissimi, mozzarella, supplì, fiori di zucca, cominciamo con le olive ascolane. Li metto io però nei piatti, eh..."

E così passa dietro di noi e posa nel piatto di ognuno il primo fritto.

"Eccola qua, un'oliva per te, una per te, un'altra a Lucia..." Che è poco prima di Riccardo ma arrivato a lui stranamente lo salta. "Ecco, questa è per te Carolina. Questa è per te... e questa è per te, Adele." E finisce il giro. E tutti ci mangiamo la nostra oliva... Io do solo mezzo morso.

"Ne vuoi un pezzo?" La avvicino alla bocca di Riccardo che però scuote la testa.

"No no, grazie, non mi va."

E così me la finisco io in un boccone. Ecco, si vede che glielo ha detto che non gli piaceva! Proprio in quel momento arriva di nuovo Rossana con un altro grande piatto.

"Ed ecco i supplì! " E comincia il giro. "Uno per te, uno anche per te..." Sono caldi, li prende con un tovagliolino dal piatto per non bruciarsi e li poggia nei piatti che abbiamo davanti. "Questo è per te, e questo è per te Lucia..." E salta di nuovo Riccardo. "E questo è per te Carolina! "

Riccardo a questo punto si gira verso di lei sorridendole.

"Scusi Rossana, ma è la seconda volta... non mi ha messo nulla nel piatto."

Rossana si ferma, si gira verso di lui e gli sorride. "Bè che c'entra... per te faccio gli spogliarelli, no?"

Riccardo diventa tutto rosso di botto, gli altri rimangono in silenzio e si guardano non capendo bene cosa voglia dire quella frase. Bretta e Stone invece ridono tra loro e guardano Riccardo che vorrebbe sparire sotto il tavolo. Invece la cena continua, lui rimane in silenzio, non parla con nessuno e chiaramente non mangia nulla. Tutto il resto della serata lo passa in un angolo del salotto con uno strano sorriso, guardando noi che giochiamo al tavolo a un gioco con le domande. Ogni tanto mi giro, lo guardo e gli faccio un sorriso tanto per tenerlo un po'"su, ma non so neanche bene cosa dirgli, se invitarlo a giocare con noi. Allora anche lui fa un sorriso ma sembra tristissimo e noi invece ci divertiamo un sacco mentre lui non aspetta altro che la serata finisca. Dal giorno dopo Riccardo nella camera dove studiava ha sempre tenuto la tapparella abbassata. A casa di Bretta non sono più arrivate quelle strane telefonate mute e chiaramente la nostra love story è iniziata e finita quel 14 febbraio.

E così torno al presente. A vederli giocare ancora in cortile. Come se il tempo non fosse mai passato! Anzi riescono a fare un goal a Stone e Ricky abbraccia retta! Ma roba da pazzi. Se uno spiasse mia madre in quel modo gli spaccherei la faccia, non lo abbraccerei mai più. Chissà come lo hanno scoperto. Questa è una di quelle cose che non saprò mai. E così abbandono gli amici del cortile. Forse per sempre. E un po'"mi mancheranno. Com'era divertente giocare il pomeriggio dopo quei pochi compiti che ti affibbiava la scuola. I giochi preferiti erano un due tre stella, campana e l'elastico. All'elastico ero fortissima, a campana me la cavavo, a un due trè stella mi annoiavo. Quello che mi divertiva più di tutti era nascondino. Una volta sono riuscita a fare tana libera tutti passando dal giardino dei nostri vicini. E" pieno di piante, di ortiche, di rovi dall'altra parte. Ma io li ho attraversati tutti, neanche fossi l'ultimo Rambo! E alla fine... tana libera tutti! Sono stata l'idolo del pomeriggio. Forse perché erano stati tutti scoperti e io ero l'ultima che poteva salvarli e così è stato. E sapete chi era sotto? Riccardo. Ancora non sapevo niente di quella storia. E pensare che scrivevo il suo nome ogni sera sul mio diario. Non avevo ancora il cellulare dove nascondere tutto. Eh... A volte la vita ti da modo di vendicarti senza che tu lo sappia.

Suono il campanello. Ancora non mi hanno dato le chiavi. Non faccio in tempo a entrare a casa che mamma mi assale.

"Si può sapere dove sei stata?"

"A scuola. Avevo da fare una ricerca con le amiche."

"E perché non mi avvisi? Mi lasci un biglietto. Qualcosa! Possibile che devo stare sempre in pensiero per te?"

La vedo rossa in viso. Affaticata, stanca. Stava stirando dopo una giornata di lavoro. Mamma, ero andata a cercare tracce di Massi! Ma questo forse non è proprio il caso di dirglielo.

"Mamma, guarda..." Tiro fuori dalla tasca il telefonino nuovo he mi ha regalato Alis. "L'ho ritrovato!"

"Bene... Sono felice." E fa un sospiro. E" ancora arrabbiata. Poi alla fine mi abbraccia. Si abbassa e mi stringe forte. Poi si allontana e mi guarda negli occhi. "Non mi devi far preoccupare. Non sapere dove sei, mi fa impazzire. Già mi preoccupano tanto i tuoi fratelli..." Mi scompiglia i capelli. "Non ti ci mettere pure tu."

E proprio in quel momento arriva Ale. Le sorrido mentre si avvicina.

"Ho ritrovato il mio vecchio telefonino. Tieni. " Mi metto la mano nell'altra tasca e prendo quello nuovo che mi ha regalato mamma, "questo è per te..."

E le do il telefonino. Ale lo prende e lo guarda. Poi mi fìssa con una smorfia.

"Ah certo... Perché io secondo te mi prendo gli scarti! " E si gira e se ne va. Alzando le spalle, sbuffando, scocciata. Però intanto il telefonino nuovo, lo scarto, come dice lei, se l'è tenuto.

Seguito del pomeriggio molto tranquillo. Studio serena in cucina con mamma mentre lei cuce. Ripeto ogni tanto ad alta voce e vedo che lei quando lo faccio, sorride. Ha spento la tivù che guardava quasi senza sonoro. "Se no poi ti distrai..."

Quando all'improvviso sento vibrare il telefonino. Lo tiro fuori dalla tasca senza farmi vedere. Apro la cartellina ricevuti e vedo il messaggio. E" Alis. Do un'occhiata a mamma. Non si è accorta di niente. Lo apro. Nooo! Troppo forte!

"Ciao. Sono riuscita a farvi invitare a tutte due dalla Celibassi, Clod viene per conto suo. Io ti passo a prendere alle otto e mezzo, ok?"

E senza pensarci mando il messaggio di risposta. Perfetto! Con tanto di smile. Ma ora chi glielo dice a mamma. Lei vuole essere avvisata almeno tre giorni prima. E come se improvvisamente si fosse accorta di qualcosa, mamma si gira verso di me.

"Senti, ti va di mangiare la pasta al tonno stasera? Piace pure ad Alessandra.. Tanto Giovanni non c'è. Che ne dici?"

"Ecco... mamma. A proposito di questo ti volevo dire una cosa... Cioè lo so che te lo avrei dovuto dire prima, ma non lo sapevo, cioè non è che non lo sapevo, è che lo speravo, lo speravo perché non ero invitata." Insomma, gliela impapocchio in un modo, ma in un modo che alla fine è quasi costretta a dirmi di sì, anzi è come un sollievo per lei. Le ho detto che ci andavano tutte, che venivano perfino i professori, che ne sarebbe andato del mio anno di scuola, che lì si deciderà anche che liceo poi avremmo preso, che c'erano tutte le mie amiche e poi le dicevo sempre "Ma se vuoi non vado, eh..." che è la cosa migliore per farla crollare e che comunque era una festa elegante.

Tanto che alla fine mi ha detto "Ti prego vacci, vacci, guarda. Sono felice se vai! ".

E non me lo faccio ripetere due volte. Da che ero fintamente depressa e leggermente indecisa, mi prendo del tutto la mia piccola vittoria.

"Grazie mamma! " e le salto addosso e l'abbraccio, la bacio. La stringo forte al collo e le stampo lì un bacio d'amore, ma sopratutto una frase che non mi viene affatto diffìcile: "Ti voglio bene mamma, ciauuu!" e scappo via nella mia cameretta. E inizio a tirare giù roba dall'armadio. Il top nero. I jeans scuri, ma magari ci sono i Topi. Devo far colpo su Matteo a questo giro, Matt come vuole essere chiamato lui. E Massi? Non ci pensi a Massi? Già è vero. Metto su il cd e lo ascolto e ballo mentre mi preparo. E scelgo qualcosa e me lo metto addosso, tanto non può entrare nessuno nella mia cameretta. Zona libera! Ma vietata per voi! Vietato l'accesso! Ci sono anche tre cartelli sulla porta. Eppure Ale non si fa mai problemi. Entra senza bussare.

"Scusa puoi abbassare che sto studiando!"

Lei è così. E non dice altro, se ne va, antipatica più che mai. Alla fine scelgo queste tre cose: pantalone tranquillo Miss Sixty da far vedere a mamma. Poi vedo che Ale anche se ho abbassato il cd è data in salotto e così mi fiondo in camera sua, trovo subito quello che cercavo. La cosa assurda tra me e mia sorella è che sotto abbliamo la stessa misura... Per fortuna, così le posso fregare tutto qello che voglio, proprio come ho fatto ora. Per quanto riguarda il sopra... bè, ci vorrà un po'"di tempo. Ma non sono preoccupata, tutto sta andando per il verso giusto. Torno in camera mia, prendo altre due cose che secondo me mi stanno veramente a pennello e poi i trucchi, anche se per adesso uso solo un filo di rimmel. Infilo tutto in una piccola busta e poi senza farmi sentire esco piano piano sul pianerottolo e chiamo l'ascensore. Ecco. E" arrivato.

Entro dentro in punta di piedi e metto la busta sopra, in quel piccolo scomparto sotto le lampadine. Poi più tranquilla rientro in casa. Chiudo la porta piano piano e torno in punta di piedi in camera mia. Rimetto la canzone di Massi. È troppo bella. Ballo per un attimo a occhi chiusi e sogno... Poi di colpo li riapro. Forse non lo incontrerò mai più e questa cosa mi distrugge. Mi butto sul letto e sfoglio veloce il libro che sto leggendo, Scusate se ho quindici anni rileggo la frase che mi aveva tanto colpito ieri. "Ti conosci meglio di quanto riuscirà a conoscersi certa gente. Loro finiscono incasellati e interrompono il flusso del sangue nei loro cuori e sorridono come se fosse la cosa più naturale del mondo." Ma ora che ci ripenso non ne sono più tanto convinta. Una che invece mi ha colpito è questa: "E sto perdendo me stessa, perdendomi in qualcosa

che nemmeno riesco a trovare. Magari è questo il problema. Non riesco a trovarlo. Non riesco a raggiungerlo. Non riesco proprio ad arrivarci". E mi metto a guardare fuori. La sera che avanza. Prime stelle che scorgo brillare. Come sono poetica... E" che ho voglia di innamorarmi. E proprio in quel momento ricomincia la canzone del cd di Massi, è il destino! E come se non bastasse vibra pure il telefonino sul tavolo. E" Alis.

"Scendi?" Rispondo al volo.

"Five minutes."

Sono un po'"english oggi.

"Mamma, vado bene così?"

Appaio in tutta la mia tranquilla bellezza in cucina. Mamma poggia l'ago, il filo e la calza che stava rammendando sul tavolo. Poi mi guarda, mi squadra un po'"dall'alto verso il basso, mi gira intorno con i suoi occhi e sorride. "Sì."

Tutto sembra andare per il meglio.

"Sono già qui sotto?"

"Sì."

"Ok, vai e non fare tardi. Tieni il telefonino acceso e vicino a te, e alle undici a casa."

Le do un bacio al volo sulla guancia ed esco di corsa prima che arrivi papà. Lì sarebbe un po'"più dura. Esco sul pianerottolo e proprio in quel momento esce il nostro dirimpettaio. O no, questa non ci voleva proprio. E ora come faccio? E un tipo simpatico. Si chiama Marco, lavora in tivù e deve avere quarant'anni. Devo rischiare. Apro la porta dell'ascensore, poi lo guardo sorridente.

"Che fa, scende a piedi e si tiene in forma o prende l'ascensore?"

Marco mi guarda improvvisamente perplesso, alza il sopracciglio.

"Perché? Dici che sono ingrassato?"

Qualche chilo secondo me l'ha messo su. Ma se glielo dico e poi si offende? E dura in questi casi. Bisogna essere diplomatici e io purtroppo a volte non lo sono. Oppure spiritosi. E in questo riesco meglio.

"Cosa preferisce... Una bugia o una drammatica verità?"

"Ho capito." Mi sorride ma un po'"sembra essersela presa. "Scendo a piedi! "

"Ma no... Scherzavo!" Ma non gli do il tempo di ripensarci. Entro nell'ascensore, chiudo le porte e spingo il pulsante T. Appena partito l'ascensore fa solo un piano e spingo alt. Ho pochi minuti per cambiarmi. Ecco, via, veloce. Prendo il sacchetto da sopra, levo la roba che c'è dentro e mi spoglio velocemente. Via le scarpe, i pantaloni, la camicetta e su il top, la gonna corta e gli stivali. Raccolgo tutte le cose per terra e le infilo dentro la busta, poi prendo i trucchi. E comincio a passarmi un po'"di rimmel e ancora un po'"di fard e poi un po'"di eyeliner, ecco, così, sono a posto. E in quel momento sento qualcuno che bussa dal pianoterra sulla porta e grida,

"Ascensore! Ascensore!"

Qualche altra voce, "Ma che, si è bloccato?"

Metto anche i trucchi dentro la borsa e poi spingo T. Mi sembra di stare come quei film d'azione alla Mission impossible, solo che non sono Tom Cruise e soprattutto... non posso cambiarmi la faccia come lui. Così quando arrivo al pianoterra apro la porta. C'è Marco vicino alla signora Volpini, quella del secondo piano.

"Ma che è successo?"

"Eh..." sorrido ingenua, più giovane e ragazzina che posso. "Non so, si è bloccato."

Ma Marco, che deve avere buon occhio e un'ottima memoria, guarda prima meglio dentro l'ascensore se per caso c'è un'altra me e poi scuote la testa.

"Ecco perché improvvisamente ero ingrassato."

"Già..." Sorrido andando verso il portone. "Ha visto? Un po'"di moto e li ha persi subito! "

E corro via. Poi mi fermo e mi viene un sospetto. E se fosse come penso? Se ne accorgerebbe? Penso proprio di sì. A una mamma non scappa mai niente neanche da lontano. Apro il telefonino e chiamo subito casa. Risponde Ale.

"Mi passi mamma?"

"Ma dove sei?"

"Passami mamma." Non mi risponde. Abbassa la cornetta e la sento chiamare mentre si allontana. "Mamma, al telefono..." Tengo il telefonino vicino all'orecchio, mi sporgo un po'"dal portone la vedo proprio in quel momento rientrare dalla finestra. Lo sapevo che era lì! Non aspetto altro e inizio a correre verso il cancello. Intanto sento la sua voce al mio telefonino.

"Sì, chi è?"

"Sono io."

"Caro, che c'è? Ma dove sei?"

"Sono già in macchina con Alis."

"E perché mi hai chiamato?"

"Ti volevo dire una cosa. Ti voglio troppo bene, mamma."

La sento sorridere dall'altra parte del telefono, più dolce e più mamma di sempre e per un attimo mi sento in colpa.

"Anch'io! Ma non fare tardi."

"Certo mamma..." E chiudo, e mi sento più serena, mi passa il senso di colpa e mi infilo in macchina di Alis con un'unica certezza: "Stasera ci divertiamo un casino!".

Alis parte a duemila. "E certo! Lo sai chi c'è?" E inizia una sfilza di nomi che non finisce più che quasi non me la ricordo dopo qualche minuto. Mentre parla, va a una velocità incredibile. Alis ormai è un mostro con la sua macchinetta. E" troppo forte, si è fatta una Aixam bianco panna e ha fatto fare tutti gli interni rosa e fuori ha fatto dipingere due occhioni rosa alla Hello Kitty. E ha fatto fare pure il collegamento per il suo iPod! Così possiamo sentire la nostra musica. Metto subito un pezzo che mi piace un casino: Stop! Dimentica di Tiziano Ferro. E ballo a tempo di musica. Poi mi viene un dubbio.

"Ehi, ma come hai fatto?"

"Che cosa?"

"Come hai fatto a farci invitare, a me e Clod?"

"Oh, facile. Ho detto che stavate organizzando una festa pazzesca al Supper, sai quel locale tutto bianco dove è diffìcilissimo entrare?"

"Ma noi non stiamo organizzando niente."

"Ma lei che ne sa?"

"E se lo scopre?"

"C'avete ripensato! Perché uno non ci può ripensare?"

"Sei matta!"

"Sì, come una farfalla folle!" E posteggia con una sterzata improvvisa che mi sbatte contro lo sportello che quasi esco dal finestrino se non era chiuso!

"Ehi, hai frenato!"

E ride. Stacca l'iPod e se lo mette in tasca. Scendiamo. Ci sono una marea di macchinette Chatenet, Aixam e Lieger lì sotto. Le riconosco tutte. Samantha, Simona, Elettra, Marina. Quanto mi piacerebbe averne una. Tra poco farò quattordici anni. Chissà se i miei ci stanno pensando. Gliel'ho fatto capire in tutti i modi che la vorrei tanto, mi sono perfino addormentata diverse volte con il catalogo delle Chatenet addosso, aperto sul viso, come un giornale! Anche quello degli usati, se magari vogliono risparmiare qualcosa! I miei lavorano sodo e a casa non è che passano tutti questi soldi Certo io ho la mia paghetta, vado in una buona scuola e non mi posso lamentare. Mia sorella Ale ha avuto un motorino verso i quattordici anni e mezzo. Rusty James a quindici anni ma da allora non ha voluto più niente e se l'è cavata sempre da solo, inventandosi mille lavoretti, dalle feste per i locali a lavorare in qualche pub per permettersi la moto che ha adesso. Il suo sogno è farsi una macchina, lo dice sempre. "Vorrei una vecchia Pagoda Mercedes come quella di Richard Gere in American gigolò, me la farei celeste pallido..." non l'ho visto quel film ma se ne parla così, la macchina deve essere veramente bella!

Guardo meglio in mezzo alle macchinette dei miei amici, ce n'è una nuova, è blu scura metallizzata, con dei numeri chiari agli sportelli di diversa grandezza. Sembra come una strana sequenza: uno di quei casi complicati alla Codice da Vinci. Boh, chissà di chi è.

"Buonasera!" Alis saluta il signore alla porta che ha una lista in mano. "Sereni e Bolla."

Il tipo controlla sulla lista, poi con un sorriso si sposta di lato lasciandoci entrare. Che villa! Che posto splendido. Ha l'entrata sulla curva di Parioli, ne ho sempre sentito parlare ma non c'ero mai stata.

"Eh, siete arrivate! " Da un albero dietro la curva spunta Clod, era nascosta.

"Ma che stavi facendo?"

"Eh, indovina. Vi stavo aspettando."

"Ma c'è mezza classe lì dentro, potevi andare."

"Ohhh che pizza che sei... Ma mi vergognavo, dai entriamo insieme."

E così facciamo. Girato l'angolo ci appare la casa in tutta la sua bellezza. Sembra uno di quei vecchi casali che si vedono nelle foto di campagna, solo che quelli di solito sono in Toscana o in Umbria e comunque fuori Roma, ma questo qui è in pieno centro! E oltretutto c'è una musica a palla.

"I Finley! " Un dj in un angolo sotto il porticato tiene il tempo con la testa, si morde il labbro, ha un cappello con la visiera al contrario e ci saluta alzando il mento verso di noi. "E vai! " E infila un altro pezzo scratchando. "Eccolo!"

Alis si stacca dal gruppo e raggiunge delle ragazze che ballano sul bordo della piscina, si leva al volo le scarpe e rimane a piedi nudi. E la musica è pazzesca. E il tipo ha capito che piace e alza il volume. E i woofer delle casse rimbombano fino ad arrivare alle stelle. Alis è vestita troppo carina. Solo ora me ne accorgo. Ha un abito tutto a frange, bianco, con tante cordicelle o qualcosa del tipo e si muovono a tempo. Apre la borsa che ha poggiato lì vicino e tira fuori un nastro e se lo mette intorno alla fronte e agita la mano verso il cielo roteandola "Yuuuhh" come se fosse una ragazza selvaggia a cavallo, non c'è niente da fare, lei che di solito è tutta precisa, impazzisce come sente un po'"di musica. E continua così, saltando fra gli altri, ballando tutto intorno.

"Che facciamo, andiamo anche noi?" Guardo Clod aspettando una sua risposta.

"No... Io mi vergogno!"

"Ma di che! Dai che ci divertiamo, senti che musica." E la prendo per un braccio. E me la tiro dietro. "E dai, vieni! " Ma lei fa un po'"di resistenza e io arranco.

"Ehi!" E ride. "Cosa?" E io rido. "Lo sai!" E" di un pesante. Comunque un po'"vuole venire, anche perché se solo si fermasse e chi ce la farebbe a tirarsela dietro? E così alla fine, in questo modo sciocco, arriviamo vicino ad Alis e cominciamo a ballare e mi accorgo che ci sono le altre della classe: Martina, Vittoria, Stefy, Giuli e anche Lallo e gli altri... Ci sono pure i Topi. Vedo Luca e Fabio... Qualcuno mi bussa sulla spalla.

"Ehi! Ma sei Caro! " Mi giro e sorrido: è Matteo, Matt! Continuo a ballare davanti a lui e alzo la voce. Urlo un po'"per superare la musica.

"E chi cercavi!?!"

"Te...Ma non ti riconoscevo. Sei bellissima." Arrossisco un po'. Ma continuo a ballare di fronte a lui, guardandolo negli occhi. Cavoli luna, aiutami tu, dimmi che non si vede che sono rossa come un peperone. Dimmelo, ti prego! E continuo a ballare e lo guardo negli occhi e sorrido, sono completamente ebete. Ma perché mi prende così quando lo incontro e mi fa un complimento? Secondo me lui lo ha capito e lo fa apposta. Poi finalmente riesco a dire qualcosa di più o meno sensato. "Dici così solo perché sono più truccata."

"Ma che... Non me ne ero accorto. Vieni!"

E questa volta mi prende lui per un braccio e mi tira così forte che quasi inciampo. E gli corro dietro mentre Alis e Clod mi vedono schizzare via come tirata da un elastico.

"Ehi, ma dove vanno?" Clod si avvicina ad Alis.

"Ma che, non lo sai che Matt, come lo chiama lei, le piace da una vita?"

Per fortuna non faccio in tempo a sentirle, sono già lontano, oltre il giardino, oltre il buffet, trascinata dall'entusiasmo di quel folle di Matt. Vede che ho visto la roba sul tavolo.

"Dai dopo torniamo a mangiarci qualcosa, ok? " Gli faccio cenno di sì. Ma figurati se me ne importa qualcosa. E così mi trascina dentro casa e attraversiamo antichi salotti pieni di quadri e di statue e di busti di marmo poggiati su eleganti colonne. Sembra di stare dentro uno di quei musei dove siamo capitati qualche volta in visita con la scuola.

"Vieni, ti devo far vedere una cosa..." e Matt mi sorride. Mi sembra più bello di come me lo ricordavo. Oddio, com'e la storia? Ah sì, ha cambiato scuola perché i genitori hanno cambiato casa. E" alto, magro, capelli biondo scuri, occhi nocciola. Un incrocio tra Colin Farrell, Brad Pitt e Zac Efron. Insomma avrete capito di chi sto parlando? Un bono della malora. Come se non bastasse veste fichissimo: jeans militari, scarpe North Sails, golf a pelle con collo a V, toppe ai gomiti ricucite doppie, leggermente più scure rispetto al colore del golf, blu polvere. Un mito. Ma che ve lo dico a fà? E non ce lo dire! Direbbero Clod e Alis. Meno male che non sentono i miei pensieri... e meno male che non li sente lui! Almeno spero.

"Ma a cosa stai pensando?"

"Eh?" Vedo che sorride. "No, a niente. Niente... A quanto è grande questa casa." Mi sorride. Secondo me non ci crede. E ti pareva. Arrossisco di nuovo. E due.

"Ecco siamo arrivati!" Entriamo in una sala tutta piena di armature.

"Guarda..." E piena di antichi fucili, di archibugi e poi spade lunghe lance ed elmi e strane bandiere. Matt mi porta per mano in mezzo a tutte quelle vecchie armi e vessilli e stemmi fino ad arrivare a un incredibile vestito indossato da un manichino, fatto di perle e piccole pietre di mille colori e un corpetto di rombi d'argento e oro bianco di poco più chiaro e filamenti dorati, che si intrecciano come magiche trame. E con la mano mi spinge fin lì, poi mi lascia andare così che finisco dietro quel manichino.

"Ecco, fermati lì..." E tira fuori dalla tasca un Nokia N95. Lo riconosco da lontano. Era il mio secondo preferito. "Ferma... Stai ferma. Ecco così, metti la testa dritta! "

E io mi trovo così, immobile dietro quel manichino, come se indossassi anch'io quell'antico vestito prezioso. E lui punta il telefonino verso di me, mi inquadra, poi scatta una foto. Flash. "Ecco..." sorride. "Sei la mia principessa." Cavoli. Non ci va leggero. Ma non faccio in tempo a pensare altro, che mi prende di nuovo per mano quasi mi fa girare su me stessa. E gli corro dietro arrancando. Supera altre due semplici armature, poi in fondo alla stanza si ferma, mi guarda con un'aria maliziosa e anche un po'"furba.

"Shh, di qua. E" un passaggio segreto! " E si infila dietro un camino, in un passaggio stretto che porta a una scala, illuminata con piccole lampadine dalla luce fioca che quasi traballa, come fossero delle candele. E io lo seguo su per quella scala di legno a chiocciola fino ad arrivare a un piccolo cancelletto.

"liiih." Cigola aprendolo. E usciamo fuori nel grande terrazzo della casa. Come se fossimo arrivati lì da un piccolo abbaino. E uno spiazzo grande sotto il cielo, all'angolo di questo terrazzo ci sono quattro guglie.

"Questo doveva essere un vero e proprio castello! Vieni." Matt mi prende di nuovo per mano e io naturalmente lo seguo. E nel buio della notte arriviamo al bordo del terrazzo. C'è solo una vecchia ringhiera bianca un po'"scrostata. Lui ci si appoggia sporgendosi un po'"in avanti.

"Guarda, ci sono tutti sotto che ballano." Mi sporgo anch'io. Vedo Alis lì in mezzo agli altri che si sta scatenando insieme a Clod e Simona e tutte le altre della scuola. Adesso stanno facendo una specie di trenino, la musica viene su leggermente ovattata, spezzata dal vento che porta qualche nota più lontana.

"Andiamo a vedere dall'altra parte..." E così si sposta all'altra ringhiera dal lato opposto. Lontano da tutto e tutti. Da quel rumore. Arriviamo sotto dei grandi alberi verde scuro, bui come la notte intorno, come la città che sembra lontana. Più in là solo le mille luci delle strade che portano verso il centro.

"Vedi, quello laggiù è l'Altare della Patria." Indica lontano con la mano. Cerco di seguire il suo dito in una direzione finché lo trovo. O almeno è quello che dovrebbe essere.

Poi ne indico uno io. "E quello laggiù in fondo tutto illuminato che cos'è?" Matt mi sorride. "Fammi vedere..." Si mette quasi appoggiato sul mio braccio con la guancia e poi avanza piano piano cercando di capire cosa sto indicando, come se il mio dito fosse n mirino. "E" proprio quello che hai puntato?"

"Sì sì, certo..." Sento la sua guancia calda sul mio braccio, poi alla fine mi prende la mia mano con la sua e mi tira a sé. Mi guarda negli occhi.

"Non lo so, so solo che hai le mani fredde." Già me l'aveva detto qualcuno. Oddio chi era? Ah sì, Lorenzo. E io che cosa ho risposto? Ah sì, tremendo... Mani fredde, cuore caldo. Terribile come risposta e già sentita. Però poi Lorenzo mi ha baciato. Sì ma Matt è diverso. Rischio.

"Eh sì, un po'. Ma non ho freddo..."

Mi sorride. Mi prende anche l'altra mano. Ce l'ha tutte e due tra le sue.

"È vero, l'altra è un po'"più calda."

Mi guarda ancora negli occhi, in maniera intensa, troppo intensa. Fa scorrere le mie braccia tra le sue mani, fino al gomito, piano piano mi sta avvicinando. E anche lui si avvicina. Non ci posso credere. Dopo due anni. Due anni. No dico... Due anni! Vorrei gridarlo. E" due anni che mi piace!

"Matteo!"

Una voce improvvisa. Ci giriamo tutti e due verso il cancello da dove siamo usciti. C'è una ragazza e poi delle altre persone. Ed è un attimo, è come se quella magia svanisse. Matt lascia cadere subito le mie braccia e si scosta da me. Dal fondo arriva la ragazza che l'ha chiamato accompagnata da altre due.

"Ma dove eri finito?" Matt sembra un po'"in difficoltà.

"Ero qua sopra..."

"Sì, lo so. Ti ho visto da sotto. E lei?"

"Anche lei era qua sopra."

Rimaniamo un attimo in silenzio. Sembra non passare mai. Le altre due mi fissano.

A Matt ritorna la parola. "Ci siamo incontrati qui... Anche lei stava in classe mia, prima..."

Ma la tipa sembra non starlo a sentire.

"Io sono la sua ragazza."

E vorrei dirle beata te o meglio e chissenefrega o ancora ma che te l'ha chiesto qualcuno? E invece me ne esco solo con un inutile "Ah, bene...". E tutto potrebbe in qualche modo precipitare, ma proprio in quel momento arriva la mia salvezza. Eccoli, sono alle loro spalle.

"Gibbo! " Ci sono anche Clod e Alis. "Hai visto che era lei, che ti avevo detto!"

Poi rivolta a me: "Ti abbiamo visto da sotto! ".

Oh, ma invece di ballare questi stavano tutti a guardare qui sopra? Mah. E così mi allontano.

"Carolina..." Mi giro un'ultima volta verso Matt.

"Quello che indicavi era San Pietro."

Mi guarda e sorride. Forse è anche leggermente dispiaciuto. Forse.

Mi giro e me ne vado senza neanche rispondergli. Prendo al volo Gibbo sottobraccio.

"Dai, andiamo a ballare! "

"Ma se ho smesso ora."

"Andiamo, che questa è bellissima."

"Ma se non si sente... da qui!"

"E andiamo! " e me lo trascino giù per le scale senza che possa più dire nulla!

Mi raggiungono anche Alis e Clod. Mi giro verso di loro.

"Ehi, ma voi lo sapevate che Matt era fidanzato?"

Alis allarga le braccia "E certo".

"E pure tu?"

Clod fa sì con la testa. "E chi non lo sa! "

"Io! Ma non me lo potevate dire?"

"Ma sei scappata via così, quando ti ha presa..."

"Rapita, caso mai!" Clod mi da una pacca sulla spalla. "Vero?"

"Eh infatti... Scusate, eh, ma come mai voi lo sapevate?"

Alis e Clod si guardano un attimo e poi scoppiano a ridere. "Perché è sempre piaciuto da morire anche a noi! "

"Che infami... E non mi avevate mai detto niente! "

"Bè, vedevamo che ne parlavi sempre in un modo così esagerato, come potevamo permetterci di dirti qualcosa..."

"Poi certo, dopo che ci hai raccontato la storia con Lore quest'estate e con Massi l'altro giorno, allora abbiamo pensato: adesso sì che Matt può essere nostro!"

"Non vi azzardate! "

E gli salto addosso, scherzando, cercando di colpirle. Gibbo dietro di noi rimane senza parole. "Ehi! Ma che fate? Che succede? Buone, che qui crolla la scala!" Alis e Clod si liberano e corrono giù veloci.

"E guerra... Chi ci riesce... ci riesce!"

Io cerco di rincorrerle, ma inciampo e gli ultimi tre scalini me li faccio rotolando. Alla fine per fortuna freno con le mani.

"Ahia, ahia... Ahi." Mi guardo il palmo per vedere se mi sono ferita. Ma che, niente, è tutto a posto.

"Ehi..." Arriva Gibbo che mi aiuta a tirarmi su... "Ma che combini?"

"Mi sono fatta male." Mi massaggio dietro il fondo della gonna. "Ho sbattuto il sedere!" Poi, preoccupata per Ale, mi guardo dietro. "Ma che, si è strappata la gonna per caso?"

"Fai vedere?" Mi fa girare. Aspetto un po'.

"Allora?" Mi giro e vedo Gibbo che sorride.

"No, no, niente... Mi sembra tutto a posto, tutto molto a posto!"

"Cretino! Dai andiamo a ballare!" E corro via così, leggermente indolenzita ma piena di voglia di vita, di ballare, di urlare, di sognare... Di innamorarmi alla faccia tua, Matt, e di quella "sua ragazza". E così piombo in mezzo a loro e ballo come una pazza, non per niente ma meglio di loro, e tengo il tempo che è una meraviglia e canto: "Ho aspettato a lungo qualcosa che non c'è, invece di guardare il sole sorgere...".

"Giuratemi una cosa..." Clod mi guarda sorpresa e alza i sopracciglio.

"Ora? Ma che c'hai stasera!"

"Sì ora! Perché è importante: ora, adesso e per sempre!"

Alis è più arrendevole. "Ok, dicci..."

"Sentiamo."

"Che nessun uomo ci farà mai litigare, che piuttosto che tradire la nostra amicizia resteremo chiuse a casa, non faremo mai una cazzata simile, nessuna lacrima per colpa nostra, fiducia eterna, tranquillità totale, segreti solo per gli altri..."

Poi le guardo indecisa e allargo tutte e due le braccia con i palmi delle mani rivolti verso l'alto. "Vi prego... giurate!"

Ed è un attimo. Poi sorridono. E ci abbracciamo tutte e continuiamo a ballare come se fossimo un unico corpo, saltando qua e là, felici, a tempo di musica. E ci guardiamo negli occhi unite, cantando tutte e tre insieme, a squarciagola. E in questo momento sono la persona più felice del mondo. E chiudo gli occhi e ballo, stretta alle mie amiche del cuore, senza poter mai immaginare quello che un giorno sarebbe successo.

"Ecco la torta!" qualcuno grida e tutti si radunano intorno a un tavolo. Arriva con al centro una marea di candeline alte e di tuti i colori che formano il numero 14 e poi c'è sotto la scritta: "Tani auguri Michela!". E infatti subito la festeggiata arriva e tutti si spostano facendole posto e lei raggiunge lo spazio che hanno lasciato libero proprio davanti alla torta.

Poi sorride guardando tutti noi, gli invitati, le amiche, gli amici, qualche parente, diversi camerieri pronti con i piatti e le posate poco più in là e sua madre, che ha già la macchinetta fotografica in mano, è tutta emozionata e la fa ballare un po'"davanti ai suoi occhi cercando di inquadrare... "la sua figlia stupenda!". Michela guarda in giro tutti.

"Posso?"

"Vai! Vai!" grida qualcuno.

Qualcun altro per farsi credere un po'"interessato tira fuori il telefonino e scatta qualche foto. Poi Michela prende la rincorsa e soltia su tutte le candeline, riuscendo a spegnere anche le ultime solo dopo aver ripreso fiato e una seconda volta fingendo che fosse sempre la stessa.

"Aspetta, aspetta rifallo... Mi è scattata prima." Era mamma. E ti pareva.

"Mamma, ma uffa..." Anche Michela è d'accordo con noi.

"Dai mamma così non vale, se lo rifaccio è falso..."

Ma qualcuno vedendo la madre così dispiaciuta tira fuori al volo un accendino dalla tasca dei pantaloni, dichiarando davanti a tutti che già fuma, ma dando così a quella madre una seconda e ultima possibilità.

"Ecco, sono accese, dai!"

"Mamma, non sbagliare perché poi non soffio più, eh?"

"Va bene."

"Hai capito? Guarda che non lo rifaccio."

"Si, ti ho detto di sì... Michela! Perdi più tempo a discutere che a soffiare, l'avevi già fatto a quest'ora! "

Michela soffia di nuovo sulle candeline e la madre per fortuna riesce finalmente a immortalare quell'attimo.

Poi Michela va dal dj e si capisce perfettamente che le piace un sacco.

"Ehi Jimmy, mi metti quella che mi piace tanto, per favore?"

Jimmy sembra invece abbastanza disinteressato al prodotto Michela.

"Ma quale?"

"Dai, quella che fa così, nananana..."

Prova a canticchiare malamente qualcosa.

"Aho, ma perché non vai alla Corrida, c'hai più speranze di vincere là che io capisca di che canzone si tratti."

"E dai!" sorride Michela, facendo finta di niente, non dandosi l'importanza della festeggiata e soprattutto ritentando la melodia. "Nananana..." Jimmy scuote la testa. "E dai che mi prendi in giro! Hai capito benissimo qual è, dai, quella cantata dai Negramaro!"

"Ah... E potevi dirlo prima!"

E così Jimmy fa partire quel disco che in effetti non assomiglia minimamente a quella strana cantilena di Michela. Sembra quasi un segno, tutti i camerieri cominciano a passare alcuni piatti con pezzi di torta tagliata ai ragazzi più affamati. E io mi trovo vicino a Clod proprio quando arriva il suo. E poi il mio.

"Prego signorina, questo è per lei."

"Grazie."

È buffo quando delle persone così più grandi anche se potresti essere la figlia o al massimo la sorella più piccola ti danno del lei.

Uhm... che profumo che ha questa torta. Cioccolato purissimo, amaro al punto giusto. Ne spezzo un po'"con il cucchiaio. Caldo dentro, con questa crema sempre al cioccolato che cola giù. Dal profumo dev'essere buonissimo. E certo, ancora me lo ricordo, l'hanno preso da Ciòccolati. Eì dove poi io... siccome non ci avevano invitato alla festa... Sto portando il cucchiaino alla bocca quando improvvisamente me lo ricordo.

Nooo! Ma come ho fatto a non pensarci prima.

"Ferma Clod!" Capirai. Mi guarda proprio mentre sta per infilarsi un boccone enorme in bocca. "Non mangiarla..." E quando si ferma... Cosa mai potrebbe fermare una come Clod in un momento come quello che lei più di ogni altra cosa ama? E infatti alza le spalle come a dire e perché mai. E lo butta giù tutto d'un fiato, un unico boccone anche se è enorme, gli da due masticate veloci e con un sorriso paffuto e compiaciuto lo fa sparire del tutto. Poi scuote un po'"la testa e mi sorride.

"E perché non dovevo mangiarlo? E" così buono."

"Ah sì..? C'è solo un problema, è anche strapieno di peperoncino."

Mi guarda e fa "tsk" con la bocca come a dire "ma che stai a dire".

"Te lo ricordi? Te lo avevo detto. In un modo o nell'altro saremmo state a questa festa... E chi poteva immaginare che grazie ad Alis saremmo state invitate! "

Ho appena finito la frase che Clod strabuzza gli occhi, spalanca la bocca ed emette una specie di urlo ma senza fiato. "Ahhh, brucia! Brucia! E terribile!"

Vado subito a prenderle un bicchier d'acqua e glielo porto correndo. '

"Tieni, tieni, bevi..." Clod lo prende e lo fa sparire in un sorso solo.

"Mi raccomando non dire niente." Mi porge il bicchiere vuoto, scuotendo la testa. "Ancora, ancora..." Corro subito a prendere altra acqua come se dovessi tornare indietro a spegnere un incendio. In effetti ha la gola in fiamme. E gli altri non sono da meno.

"Aiuto!"

"Ahhh!"

"Brucia! Ma che è? Brucia da morire."

"Ci vogliono avvelenare!"

La madre di Michela, la fotografa negata, si avvicina alla torta ci passa il dito sopra e poi lo assaggia come la migliore delle bambine viziate. Poi storce improvvisamente la bocca capendo di cosa si tratta. "Peperoncino!" E poi un'altra affermazione ancora più grave. "Domani quelli di Ciòccolati mi sentono."

E a me invece non resta che un unico pensiero: quelli di Ciòciati... capiranno che sono stata io?

Clod mi guarda storcendo la bocca. "Ma quanto ce ne hai messo?"

"Tantissimo! Ero rimasta troppo male che eravamo le uniche due non invitate alla sua festa."

"E certo..." scuote la testa.

Io le do una spinta. "Guarda che metà l'ho messa pure per te, eh."

Intanto altri gridano "Acqua, non c'è più acqua... Potete portarne ancora?"

E i camerieri arrivano veloci uno dopo l'altro, come se apparissero dal nulla, hanno diverse bottiglie d'acqua, alcune meno fresche delle altre, le passano agli ospiti, qualcuno ci si attacca direttamente, altri più educati versano l'acqua nei bicchieri agli assetatidisperati della serie "pizzica da morire". E in mezzo a tutta quella fila per bere, alla calca intorno ai tavoli e ai camerieri con le bottiglie, vedo Matt. Tiene per mano quella che mi ha dato come nome solo "la sua ragazza". Ha la lingua di fuori e se la sventola con la mano come se potesse fare qualcosa quella specie di ventaglio improvvisato. Bene! Me ne ero completamente dimenticata ma come vedi c'è sempre qualcosa che merita una vendetta. E così mi nasce una nuova massima da segnare sul diario: una vendetta non viene mai sprecata.

"Ehi vieni con me?" Arriva Gibbo che mi prende per mano. E che è stasera, la sera dei rapimenti?

"Dove?"

"Qui fuori, è una sorpresa." Mi guardo un po'"in giro, "E dai che con questa storia del peperoncino invece di dare uno sprint a questa festa, qui è diventato un mortorio. Anche il dj s'è bruciato la gola! Senti che musica orribile... Sai quanto ci vuole prima che riprenda un po'"di divertimento? Almeno quarantadue minuti... sempre che riprenda. Vorrei sapere chi ha avuto l'idea del peperoncino sulla torta... Sempre che non sia stato sul serio un errore del pasticciere..."

Vorrei dirglielo. Ma forse è meglio non far girare troppo questa storia.

"Perché?"

"Perché è stato geniale."

Vedi, potevo dirglielo. "E perché è stato geniale?"

"Perché mi da la possibilità di fuggire con te."

E così mi prende per mano e mi trascina via.

In un attimo siamo fuori dalla villa.

"Ecco, fermati qui e chiudi gli occhi."

"Perché?" lo guardo preoccupata.

Mi sorride e allarga le braccia.

"Te l'ho detto, è una sorpresa! "

Ci penso su. Gibbo non è certo il tipo che se chiudo gli occhi prende e mi bacia. E comunque se anche fosse... Dopo la delusione di Matt non sarebbe male. Stasera è pure fico: vestito jeans stretti con risvolto alto, felpa Abercrombie blu notte, cappellino a quadretti celeste bianco e blu. Anzi fichissimo! Comunque non lo farebbe mai o almeno non così a tradimento. Chiudo gli occhi. Sento che si avvicina, poi mi prende la mano. Per un attimo mi spavento. "Vieni, seguimi."

Continuo a tenere gli occhi chiusi.

"Ehi, non mi far cadere. E non mi far pestare qualche "portafortunà!"

Gibbo ride. "Mai vista una strada così pulita. Secondo me ci vengono gli spazzini speciali a pulire."

Rallenta un poco.

"Sei pronta? Siamo arrivati. Apri gli occhi!"

Fino a quel momento li avevo tenuti chiusi sul serio, primo perché mi piace essere sincera, bè certo, quando è possibile, e secondo perché mi piacciono le sorprese. E quella era veramente una sorpresa coi fiocchi, insomma speciale, incredibilmente speciale! Insomma una di quelle sorprese che non bastano le parole.

"Allora, ti piace?"

"Ti sei fatto la macchinetta! Se mi piace?" Giro intorno e me la mangio con gli occhi. E" quella che abbiamo visto arrivando. E certo, tutti quei numeri lì di chi potevano essere? Poi tutta metallizzata così, blu scura con i riflessi azzurri.

"Ma l'hai fatta fare tu così?"

"Certo! Hai visto le strisce sui bordi con il bianco e celeste che partono dalle ruote davanti e arrivano fino a dietro?"

"Fichissima!"

"Perché non hai visto dentro! "

Schiaccia un pulsante e subito scattano le quattro frecce.

"Pure l'allarme!"

"E certo, con tutto quello che ci ho messo se me la rubano come se avessero svaligiato un negozio di elettrodomestici!"

"Esagerato!"

Però in effetti, quando apre lo sportello, si accendono le luci azurre freddo gelate che illuminano sotto la macchina.

"Ma dai, sembrano quelle luci che c'erano in quel film..."

"The Fast and the Furious... E l'abbiamo visto da te e ti erano tanto piaciute. Per quello le ho messe."

E sorrido. E non so se è vero. Ma comunque mi piace anche solo che lo ha detto. E così salgo su. Gibbo si siede accanto a me. "Sei pronta?"

"Sempre pronta!"

Gibbo accende e partiamo. Ma pensavo che facesse solo qualche metro per farmela provare, invece non si ferma!

"Ma dove andiamo?"

"Un giro da sogno."

"E Alis e Clod?"

"Le vedi domani a scuola."

Ah già, non ha tutti i torti.

"Tanto la festa è finita ormai, dai."

"Ok, fermati un attimo però, devo prendere una cosa da Alis."

Gibbo gira e torna indietro, intanto io le mando un messaggio. Dopo un secondo Alis esce dal cancello.

"Che succede?"

Scendo al volo.

"Devo prendere la sacca che ho in macchina da te."

"Te ne vai? Non dirmi che Matt ci ha ripensato! "

In quel momento Gibbo scende dalla macchinetta nuova

"Ah Gibbo..."

"Ciao."

"Ciao."

Alis mi apre la macchina e mi da la sacca.

"Oh ormai dopo che Lore ti ha acceso... e chi ti ferma più."

"Ma che, facciamo un giro."

"Sì, sì, chiamalo giro."

"Ha la macchinetta nuova."

"Tutte le scuse sono buone! "

"Ma è vero!"

Si avvicina Gibbo. "Ti piace? È la mia nuova Chatenet. Vuoi venire con noi?"

La guardo e le sorrido come a dire "vedi?".

E monto con Gibbo che parte subito a tutta velocità.

"Guarda" spinge un bottone e si alza uno schermo.

"Hai anche la tivù!"

"Certo, e guarda qui" spinge un altro bottone e parte il video di Elisa.

"No! Non ci posso credere! La amo da morire! Ma è pazzesco, assurdo, superfantastico, un caso del destino, lo trasmettono ora su MTV!"

"Ma che! E" il dvd! " Apre una busta e lo tira fuori. "Tieni, è per te, sapevo che ti piaceva tanto!"

"Grazie!" Lo stringo al petto. "È la cosa più bella che potevi regalarmi."

E ballo muovendo la testa a tempo e canticchio. "Quante cose che non sai di me, quante cose che non puoi sapere... quante cose da portare nel viaggio insieme..."

Poi guardo meglio gli interni della macchina.

"Cavoli, ma è fìchissimo qui."

Numeri colorati blu con ombre e lucidi che fanno da tappezzeria alla macchina. Due casse piccole davanti e un woofer enorme dietro. Il video piatto davanti.

"Quanto è grande?"

"Quindici pollici, come un computer grosso. E ho fatto montare i vetri scuri alla macchinetta così si può vedere anche di giorno ! "

Mi guarda tutto fiero e intanto continua a guidare.

"E" troppo forte! Bravo... mi piace un sacco." Gli sorrido e Gibbo è proprio felice. Ce l'avessi io una macchinetta, anche basic, senza tutte queste cose, cioè con tutto quello che ci ha montato sopra è come se se ne fosse comprate due. Allora una me la poteva anche regalare! E come se mi avesse letto nel pensiero.

"E comunque Caro ora con questa ti posso venire a prendere sempre! Ti posso anche riaccompagnare a casa."

"Ma io abito a un passo da scuola."

"Va bè, che c'entra, passo a prenderti, ti porto a fare colazione e poi ti accompagno a scuola!"

"Ah sì, mi piace, e allora sai dove mi devi portare, a prendere il cappuccino al Bar Due Pini."

"Certo che lo prendiamo lì." Poi Gibbo all'improvviso fa una curva stretta. Mi tengo alla maniglia dello sportello e lui ride, accelera, guida veloce, con la musica a palla e la marmitta che fa un casino.

Poi mi guarda con la faccia furbetta. "Si sente che ho montato la marmitta Aston, va più veloce così."

"Si sente, si sente..."

Dobbiamo alzare la musica a palla per capire le parole. Gibbo si infila all'inizio di Trastevere, in una piccola stradina a destra. San Pancrazio. Fa veloce una serie di curve e in poco tempo siamo al Gianicolo.

"Hai visto dove ti ho portato?"

"Sì, bellissimo..."

La Chatenet blu metallizzata cammina lentamente ora nella piazza. La marmitta borbotta molto più silenziosa. Gibbo posteggia in uno spazio libero, poco lontano da un muretto che si affaccia sulla città.

"Scendiamo?" faccio io.

"Certo."

Ci mettiamo a camminare, arriviamo al muretto, mi ci appoggio, è freddo gelato.

"Guarda Caro... Guarda quelle macchine che corrono laggiù. Le vedi con i fanalini illuminati? Bello, no?"

"Sì, magari sono tutte macchinette. Ma non belle come la tua! "

"Come sei carina."

"Lo penso sul serio." Poi restiamo così, un po'"in silenzio a guardare tutta quella parte di città sotto di noi.

"Fa freddo, eh?"

"Un po'."

Mi stringo le braccia intorno al corpo.

"E" che qui ci sono un sacco di alberi." Gibbo sorride. "Sì, questa zona è verde almeno per il 70%. Sai sono le piante che producono questo freddo perché in realtà ossigenano l'aria ogni quattro minuti al 60% e così la rendono più fredda! E" per questo che fa più freddo dove c'è il verde. "

"Ah, non lo sapevo." In realtà credo di non sapere neanche l'1% delle cose assurde che sa lui.

"Invece Gibbo, so che cosa mi piacerebbe ora."

"Cosa?"

"Una cioccolata!"

"Proviamo a vedere se c'è qualche posto aperto qui intorno."

"Dai, magari... Mi andrebbe un sacco! Sai quale mi piacerebbe da morire? Quella da Ciòccolati, è cioccolato nero fondente," gardo l'orologio, "ma a quest'ora è chiuso di sicuro."

Gibbo sorride e cammina un po'"spavaldo.

"E se te la facessi direttamente io in macchina?"

"Sì, bum! Quella di Ciòccolati poi..."

"Sì, proprio quella di Ciòccolati."

"E che, hai la macchinetta magica?"

"Proprio così. Allora?"

"E dai, fai vedere! " Vado verso la macchinetta. E lui mi ferma.

"No, non ce l'ho!"

"Visto? Lo sapevo."

"Ah sì? E ne sei sicura?"

"Al cento per cento, quasi come quella storia degli alberi, che insomma alla fine se fa freddo è colpa loro..."

Gibbo ride. "Allora scommettiamo..."

"Ok, quello che vuoi."

Gibbo alza il sopracciglio. Mi preoccupa.

"Ehi, senza esagerare!"

"Decidi tu allora."

"No, tu."

Gibbo ci pensa un attimo su.

"Ok, allora se ti faccio in macchina una cioccolata calda..."

"Al nero fondente di Ciòccolati..."

"Al nero fondente di Ciòccolati tu..."

Ci pensa un po'"su... mi guarda.

"Io?..."

Poi fa un sospiro.

"Tu mi dai un bacio."

Rimango in silenzio.

"Un bacio... bacio?"

"E certo, e che la cioccolata non è cioccolatacioccolata?"

Rimango in silenzio. Vuole un bacio? Sorride mentre ci penso.

"Ma scusa, hai detto che intanto non ce l'ho... che ti frega, no? Non puoi perdere."

Lo sta facendo apposta. E" un bluff. Oppure no.

"Gibbo, visto che tu hai sempre la capacità di fare tutti quei calcoli, quante sono le mie probabilità?"

"Bè, visto che c'è anche il fatto che non deve essere una cioccoata qualsiasi ma con un cioccolato fondente tipo Ciòccolati..."

"Ah certo, quello è fondamentale!"

"E allora le possibilità sono il 30% che vinca io e il 70% tu." E allarga le braccia. Lo guardo un attimo negli occhi. Me lo studio bene bene. Voglio vedere se sta mentendo. Fa la faccia tranquilla, di chi non ha nulla da nascondere.

"Ok. Accetto."

Saliamo in macchina. Gibbo sorride e spinge un bottone, tac. Non ci credo. Si apre un cassettino sotto il cruscotto con tanto di pentolino, acqua, piastra elettrica, filo che si collega all'accendino e tante buste diverse di Ciòccolati: al latte, gianduia e cioccolato fondente! Non solo, ma anche con le diverse percentuali di amaro, 75, 85, 90%.

"Ma così non vale! "

"E certo, per te non vale mai quando vince l'altro! "

"Ma tu lo sapevi!"

"E tu potevi dire di no..."

Gibbo apre subito la bottiglietta d'acqua e la versa nel pentolino, prende la piastra e ce lo mette sopra, poi collega il cavo allo spinotto dell'accendino e accende il motore.

"Mica ti ho costretto, no?"

"Questo è vero..."

Gibbo prende le bustine in mano.

"75,85 o 90?"

"85."

Versa la cioccolata nel pentolino e la mischia con un cucchiaino. Ha perfino il cucchiaino! In un attimo la cioccolata è pronta.

"Però mi hai fatto credere che tu non ce l'avevi."

"No, questo no. Tu mi hai detto: che, hai la macchinetta magica? E io ti ho detto no, non ce l'ho."

Versa la cioccolata in due tazze. "E questo è vero" mi passa la mia. "Mica è magica la macchinetta. E" solo ben organizzata."

E poi guardo la tazza. "Nooo non ci posso credere. Ma c'è scritto Caro!"

"Sì" sorride e beve la sua cioccolata. E io bevo la mia, buonissima.

"Uhm, buona. E" venuta veramente buona."

E alla fine rimaniamo un po'"in silenzio. E allora Gibbo mette un altro cd con una musica bellissima. Credo sia Giovanni Allevi, l'ho sentita anche in una pubblicità. E io cerco di perdere tempo con la mia cioccolata ma non mi è rimasto quasi niente sul fondo.

Lui se ne accorge, mi prende la tazza dalle mani e la rimette nel cassettino. Poi mi da un fazzoletto. "Tieni."

"Grazie... Ma che hai altre tazze con i nomi di tutte le ragazze che ci porti? !"

"No, ce ne è solo una di tazza." Si avvicina. "E con il tuo nome."

"Sì?"

Si avvicina di più.

"Sì..."

Si avvicina ancora di più. Sorrido.

"E" tardi. Dovrei andare a casa."

"Ma devi anche pagare una scommessa."

Mi giro e guardo fuori. Poi ci ripenso e mi giro verso di lui, lo guardo, scuoto la testa.

"Non ci credo! Ma Gibbo, siamo amici da sempre."

"No. Da ottocentoventiquattro giorni, da quando ci siamo conosciuti e da circa ottocentoventitré mi piaci."

A questo punto non posso veramente fare più nulla. "Ma scusa, e lo potevi dire pri..."

Non mi lascia finire. Mi dà un bacio. Per un attimo resisto ma poi mi lascio andare... In fondo ho perso, è giusto pagare le scommesse e poi... sa di cioccolato, è buono!

Dopo un po'"ci stacchiamo.

"Ecco. Ho pagato la mia scommessa..." faccio fìnta di essere un po'"arrabbiata.

"Ora andiamo?"

"Sì, certo" e Gibbo accende il motore, fa una curva e comincia a riprendere la strada per andare verso casa mia. Oddio e ora che ci siamo baciati? Come cambierà la nostra amicizia? Non saremo più amici. Lo guardo con la coda dell'occhio, vedo che sorride. "Che hai? A cosa pensi?"

Si gira verso di me. Ora è proprio divertito.

"Pensa quando lo sa Filo!"

"Ma perché, glielo dici?"

"No, no" si scusa Gibbo. "Ma magari sai esce, si viene a sapere!"

"E come? Se non lo diciamo o io o te, non è che ci sono tante possibilità..."

Poi lo guardo meglio. "Ehi... Non è che avevi una scommessa pure con lui?"

"Ma che dici?"

"Che stasera mi baciavi. Guarda se è così dillo subito che se lo scopro non ti parlo mai più."

Gibbo lascia il volante e porta la mano sinistra in alto e la destra sul petto.

"Te lo giuro che non è così."

"Tieni il volante!"

"Ok." Lo riprende. "Ma mi credi?"

Lo guardo per un po', mi guarda cercando di convincermi, sostiene lo sguardo.

"Ok, ti credo. Anche se prima abbiamo fatto lo stesso gioco e mi hai imbrogliato."

"Ma lì era diverso..."

"Perché?"

"Perché ti volevo baciare! "

"Cretino."

"Dai scherzavo, non litighiamo..."

"Ok."

Fa un sospiro. Anch'io. Speriamo sul serio che non lo sappia Filo. Una volta mi ha chiesto un bacio e io non gliel'ho dato, dicendo che in quel modo avremmo rovinato la nostra amicizia. Poi all'improvviso mi viene una curiosità.

"Scusa, eh?! Ma se invece della cioccolata ti chiedevo un cappuccino che comunque mi piace tanto, non ti avrei dovuto baciare! "

Gibbo rimane perplesso.

"Vuoi la verità?"

"Sempre!"

Apre di nuovo il cassettino e lo fa ruotare su se stesso Dietro ci sono tutti i caffè e decaffeinati possibili.

"Ok, ok..."

Mi metto la mano sui capelli. "Portami a casa! "

Per fortuna mette Lenny Kravitz. l'II Be Waiting. E la cosa va un po'"meglio. "H broke your heart, he took your soul, you rè hurt inside, "cause therè s a hole, you need some time, to be alone, then you will fin, what yoù ve aiways known, Vm thè one who really love ya, baby, l" ve been knockin'at your door. "

E ora? Come faccio ora che ci siamo baciati! No, non ci posso credere, cioè, per assurdo è stato anche bello. È che c'è troppa simpatia tra di noi, ci divertiamo un sacco, ci diciamo tutto... e se da adesso in poi le cose non dovessero andare bene tra di noi? Cioè, mi troverei veramente in un bei casino. Soprattutto... perché lui mi aiuta sempre in mate!

"Ecco, siamo arrivati."

"Posteggia un po'"più avanti."

Gibbo si porta in fondo a via Giochi Istmici e poi si ferma.

"Mi devi fare un piacere."

Gibbo sorride.

"Certo, tutto quello che vuoi."

Sorride troppo! Aiuto. Mica penserà che siamo fidanzati... Bè, non ci voglio pensare. "Allora, devi scendere e controllare che non arrivi nessuno, ok?"

"E tu?"

"Io rimango in macchina."

"A far che?" Giustamente Gibbo non può capire.

"Una cosa."

"Ma che cosa?" Bè d'altronde ha ragione. La macchina è sua e poi comunque dopo mi vedrebbe scendere.

"Mi devo cambiare. Ero uscita vestita tutta in un altro modo."

"Ah..." Ora sembra aver capito, scende dalla macchina e si allontana. Poi si ferma e resta di spalle. Ma non voglio sorprese. Apro il finestrino.

"Ehi, non ti azzardare a girarti." Gibbo si gira e sorride.

"No, no, stai sicura."

"Ma se ti sei girato!"

"Ma perché mi ha chiamato."

"Eh, non ti girare più." Comincio a infilarmi i pantaloni sotto la gonna.

"Neanche se mi chiami?"

"No, neanche in quel caso. E comunque non ti chiamo."

Ma si rigira lo stesso.

"Sicura? E se succede qualcosa?"

"E dai... girati!"

Gibbo si gira e ora viene la parte più diffìcile. Preparo la camicetta; poi controllo e mi levo il top. Gibbo non si gira, per fortuna. Sta fermo in fondo alla strada, sempre di spalle. Ma proprio in quel momento... Tum, tum. Mi bussano sul vetro e mi prende un accidente. "Caro... Ma che stai facendo?"

Sono mezza nuda con la testa infilata per metà dentro la camicetta. Ne sbuco fuori sorridendo.

"Niente! " Per fortuna è Rusty James. Mi infilo al volo le scarpe e scendo.

"Come niente?"

"Ma dai niente, mi stavo cambiando" e risistemo tutto dentro la busta.

"E" che mamma non voleva che uscissi così e allora..."

Gibbo vedendomi con qualcuno si avvicina.

"Lui è Gustavo, mi ha accompagnato a casa! "

Naturalmente non racconto tutto il resto...

"Lui è mio fratello Giovanni."

"Ciao" si salutano senza darsi la mano.

"Bè, io vado a casa allora, ci vediamo domani a scuola."

"A che ora arrivi?"

"Oh, alla prima."

"Ok, ciao."

"Ciao... Gibbo."

Monta in macchina e si allontana velocemente. La marmitta è na sinfonia assurda nella notte.

"Ha una Aixam che passa inosservata..."

"E" una Chatenet..."

"Stai diventando precisa come papà." RJ. mi guarda e sorride. "Spero che non avrai preso sul serio da lui, se no io e te non andremo mai d'accordo. Ci allontaneremo sempre di più man mano che crescerai..."

E in quel momento mi prende una tristezza che non so capire. Sai quando ti assale qualcosa senza un preciso perché. Che poi fino a quel momento mi ero così divertita. E così gli do una spinta.

"Non dirlo neanche per scherzo." E poi mi metto vicina. Mi appoggio, così magari mi abbraccia come solo RJ. sa fare. E infatti è proprio così e mi sento protetta. Allora alzo un po'"il viso e lo guardo.

"Non ci allontaneremo mai, vero?"

E lui ride. "Come la luna e le stelle..."

E io sorrido. "Sempre nel cielo blu. Come io e tu!" E ci mettiamo a ridere. Non so come ce la siamo inventati, questa è uscita una notte d'estate. Stavamo a guardare il cielo in cerca di qualche stella cadente e alla fine, siccome non ne vedevamo neanche una, ci siamo inventati questa poesia. Che poi io l'ho messa anche in un tema e il prof Leone me l'ha corretta e io gli ho spiegato, spiegato... ho cercato di trattare, facendogli capire che quel "Io e tu.." è sbagliato, sì, ma è una licenza poetica per far venire la rima. Insomma alla fine mi ha dato sufficiente. Anche se secondo me quel tema avrebbe meritato molto di più.

"Caro, vieni, ti voglio dire una cosa" e ci andiamo a sedere su una panchina in via dell'Alpinismo, proprio vicino a scuola, dove c'è il piccolo parco per i cani. E sono un po'"preoccupata. Quando fa così, R. J. ha sempre qualche grossa novità.

L'ultima volta che ci siamo seduti qui ha voluto raccontarmi che aveva lasciato la sua ragazza. Debbie, così si chiama ed è una forza e anche molto bella. R. J. ha sempre avuto ragazze belle ma questa sembrava che potesse durare più delle altre.

Debbie rideva un sacco, era sempre allegra, mi faceva gli scherzi e mi diceva che io e R. J. ci assomigliavamo un sacco. E poi mi teneva sulle gambe e chiacchierava con me e mi faceva le feste. E una volta quando è andata a trovare suo padre, che vive a New York, mi ha portato anche una maglietta Abercrombie fichissima.

Mi manca Debbie e non per quella maglietta, ma non è certo una cosa che posso dire a R. J., d'altronde se ha deciso così avrà avuto pure le sue ragioni.

"Vieni, mettiti qui vicino a me."

E io mi siedo e sono serena. C'è uno strano silenzio nel parco e in qualche posto è un po'"buio ma vicino a R. J. non ho paura.

"Sei pronta Caro?" Faccio segno di sì con la testa. E lui si infila una mano nel giubbotto e tira fuori delle pagine di un giornale e lo apre tutto soddisfatto.

"Eccolo qua." E mi indica un pezzo scritto con alla fine in fondo il nome Giovanni Bolla.

"Sei tu!"

"Eh già, sono io. E questo è il mio primo articolo. Cioè, è un racconto" e me lo comincia a leggere. E mi piace e lo ascolto con piacere. È il racconto di un ragazzo che fugge di casa all'età di dodici anni, che prende la bicicletta dal garage dopo aver litigato e discusso con il padre e scappa via. E mentre l'ascolto mi ricordo che una volta mi aveva raccontato che una cosa del genere l'aveva fatta proprio lui. E divertente questo racconto, pieno di dettagli, di passione. E" veloce, non annoia, diverte ed emoziona, insomma forse mi piace anche per come lo legge lui. E ogni tanto rido perché questo personaggio, Simone, a volte è un po'"imbranato ed è divertente sul serio. Quando ha finito, R. J. gira il foglio.

"Allora? Che te ne sembra? E" il mio primo racconto."

"E bellissimo..." Vorrei dirgli qualcos'altro ma mi viene solo "Fa sognare!".

"Bè, non è poco."

"E anche un po'"autobiografico, no?"

"Bè, più o meno a tutti una volta o l'altra è capitato di litigare con il proprio padre."

"Ah, certo."

Con il nostro poi è proprio facile. E mi viene fuori la domanda più assurda e mentre la faccio me ne pento, ma ormai è troppo tardi.

"Ma ti hanno pagato?" E R. J. non si arrabbia, anzi è felice.

"Certo! Non molto, ma mi hanno pagato." Si infila il giornale in tasca.

"Ci pensi, sono i primi soldi che ho guadagnato scrivendo."

"Eh già..."

Si alza dalla panchina. "Dai Caro andiamo a casa và, è quasi mezzanotte, poi mamma si preoccupa per te! "

E così camminiamo verso il nostro palazzo. E lo facciamo in silenzio e mi piace questo momento. Poi improvvisamente mi fermo e non so com'è ma me ne esco così.

"Ma la vedi più Debbie?"

R. J. mi sorride. "La sto sentendo..." ma non vuole dirmi di più.

"Mi piaceva un sacco." Non gli dico della maglietta e tutto il resto.

"Oh, anche a me. E" per questo che l'ho richiamata! "

E si mette a ridere. Poi apre il portone e mi fa passare.

"Dai entra."

"R. J., mi fai un piacere?"

"Un altro?" La dice sempre questa cosa. Poi si mette di nuovo a ridere.

"Dai, dimmi Caro."

"Me lo dai il tuo primo racconto? Lo voglio incorniciare."

Giovanni, il fratello di Carolina

Mi chiamo Giovanni. Rusty James come mi chiama Carolina. Sono suo fratello. Scrivere è il mio sogno. Mettere un mondo intero su una pagina. Sentire i tasti del computer che ticchettano o meglio ancora vedere asciugarsi l'inchiostro di una stilografica su un taccuino tenuto a malapena insieme da un po'"di colla e un elastico. Ecco la mia passione. L'attimo in cui mi sento più vivo è quando rileggo una frase, un passaggio, un'idea che ho fermato per sempre sul bianco. E quel bianco l'ho trasformato e fatto mio. Diffìcile far capire questo a chi pensa che la vita sia solo la carcassa di un sogno che un tempo credevi vero, a chi ha smesso di emozionarsi, preso dalle tante difficoltà della vita. Come se le difficoltà fossero solo scocciature, quando invece sono occasioni, possibilità di dimostrare che ce la possiamo fare. Sono un idealista? Un pazzo? Un sognatore? Non lo so. Ho vent'anni, mi guardo intorno e vedo quanto è dura la vita. Sì, ma anche splendida. Conosco i problemi del mondo, non metto la testa sotto la sabbia, è duro prendere un mutuo per comprarsi un buco di nido, è difficile trovare un lavoro che non ti dia solo da sopravvivere ma ti faccia esprimere e vivere dignitosamente. E so anche quante ingiustizie e violenze ci circondano. Eppure sono uno che ancora spera. Mi commuovo di fronte a un'alba, per un amico darei tutto quello che ho senza sentirmi per questo povero. Danzo con la vita, la invito a ballare, la stringo ma non troppo, la guardo negli occhi, rispettandola e amandola, così come amo lo sguardo di una donna innamorata. Ecco. Vorrei essere in quello sguardo, dentro, sempre, essere il suo sogno, tarla sentire preziosa e unica come la stilla di rugiada che al mattino illumina all'improvviso il petalo di una mammola. Sono il contrario di mio padre e un po'"ci sto male. Vorrei che mi capisse.

Ma, come dice lui, ho solo vent'anni quindi io che ne so della vita? Mi viene in mente Ligabue che canta quando hai solo diciott'anni quante cose che non sai, quando hai solo diciott'anni forse invece sai già tutto non dovresti crescer mai...". E" proprio vero e forse è inevitabile essere così diversi. Mi trovo in perfetta sintonia invece con lei, Carolina. La mia Caro. Con il suo entusiasmo, i sorrisi e l'energia con cui vive tutto è davvero trascinante. Siamo super affini, ci capiamo senza bisogno di tante parole. Le voglio bene e spero che abbia una vita felice. Se la merita proprio. Lei che si fida di me, crede in me, mi rispetta e si fa rispettare. Lei che è leale con gli altri, così diversa e matura. Saggia. Sì, Carolina è saggia anche se ancora non lo sa! Ed è giusto così, è giusto che conservi quest'innocenza sognante che non significa essere troppo ingenui o farlocchi, ma capaci ancora di stupirsi. E poi c'è anche mia madre a cui voglio un bene dell'anima perché si è sempre sacrificata senza mai lamentarsi e tutto per farci avere quel che ci serviva, anzitutto l'amore. Mi piacciono le sue mani un po'"sciupate, il sorriso che ha negli occhi quando parla di noi, l'odore della sua pelle quando sta ai fornelli. Odora di antico, di qualcosa che mi ricorda l'infanzia. Un odore buono. Mia sorella Alessandra invece non riesco a capirla. Vorrei che si aprisse di più con me, in pratica non la conosco, non abbiamo mai parlato davvero. E poi sembra quasi gelosa di sua sorella e ogni volta che, proprio per paura di questo, cerco di darle attenzione e importanza, è come se lei la rifiutasse. Si sta indurendo e non capisco perché. Adoro i miei nonni, le radici di ciò che sono, la loro semplice schiettezza di saggi che hanno visto il mondo e le cose. Li adoro perché tra sessant'anni vorrei essere così, innamorato ancora della vita e magari della donna che con me l'ha condivisa e trasformata Una vera scommessa da giocare con lealtà. Ora amo una donna, bella, dolce, sincera. La amo e spero de questo sentimento non finisca, che mi faccia sentire bene coe sta accadendo adesso. Eppure ogni tanto mi viene addosso una strana paura, come se dovesse finire presto o se non fosse la mia strada. Non so perché. Sensazioni. Intanto me la vivo, anche perché è veramente bella. Viva la vida.

Ottobre

Wishlist

L'ultimo cd dei Radiohead e dei Finley.

Una fascia per capelli lucida e nera, stile anni '30.

Pettinarmi i capelli all'indietro e non vomitare quando mi guardo allo

specchio.

Comprare il cofaneto di High School Musical.

Andare a Pulp Fashion in via Monte Testaccio per curiosare un po'"nel vintage anni '70.

Farmi una lampada! E poi papà mi uccide.

A ottobre non è successo granché. Cioè... a parte aver litigato con don Gianni, il prete che ci fa religione a scuola, aver discusso con Gibbo sugli sviluppi del bacio e aver baciato Filo per mettere pace tra i due. Ah sì, dimenticavo, Rusty James se ne è andato di casa. Insomma ripensandoci bene è stato un mese abbastanza movimentato, ma andiamo per gradi.

"Buongiorno raga!."

Neanche è entrato che escono subito quattro alunni, gli esonerati dalla sua ora. Ora non so se questa è ragione di peccato o altro, ma secondo me è importante restare, non abbandonare la partita. Anche a costo di discutere e dirne di tutti i colori, ma mai ritirarsi. E" un po'"come dargliela vinta secondo me. Almeno io sono rimasta. E l'ho sempre pensata così. Fino a quel giorno.

Don Gianni li guarda e poi sospira "Poverini... Non sanno ciò che fanno".

E questa se la poteva pure risparmiare perché, se delle persone se ne vanno e lasciano una classe con tanto di permesso autorizzato, vuoi dire che comunque l'hanno chiesto a casa, ne avranno parlato o magari glielo hanno suggerito proprio i genitori. Insomma comunque sanno di certo quello che fanno ! E comunque passi pure, perché è un suo intercalare, un modo di dire. Ma quello che ha detto dopo non me lo dimenticherò mai. "Ragazze oggi, finalmente, possiamo parlare di un caso preciso che ci può far capire meglio gli aspetti dell'amore..."

E già a queste parole ho chiuso il diario, messo di lato il telefonino, ben nascosto sotto l'astuccio e drizzato le antennine, curiosa dell'argomento.

"Sì, perché una vostra amica mi ha raccontato alcune sue esperienze e io vorrei portarle come esempio per spiegarvi alcuni atteggiamenti... Posso vero, Paola Tondi?"

E Paola, Paoletta come la chiamiamo noi, si accascia su se stessa, quasi sprofondando nella sedia. Poi si guarda un po'"intorno e alla fine riemerge come uno di quei sottomarini delle guerre quando sbucano all'improvviso dal mare facendo un tuffo fuori dall'acqua per poi planare in mezzo alle onde.

"Certo, sì, certo..." dice con voce tremante.

E cos'altro poteva rispondere ormai? Insomma vi giuro che è stata una sorpresa generale. Cioè, nessuna di noi si sarebbe mai potuta immaginare che quella Paola Tondi lì, Paoletta tanto per capire, potesse essere presa come esempio per le nostre esperienze sessuali!

No, cioè vi spiego. Alta, anzi bassa uno e quaranta, larga abbastanza, apparecchio naturalmente in ferro e vistoso, capelli crespi e tanti, viso un po'"butterato, naso adunco e occhi un po'"a palla. Ora, se questo non bastasse, puzza anche! Avete capito di chi stiamo parlando? Io vorrei sapere chi ha avuto il coraggio, chi è stato l'intrepido che si è lanciato in una missione del genere!

E don Gianni se ne approfitta. Paoletta in un suo momento particolare, un giorno che magari aveva proprio bisogno di parlare con qualcuno e non sapeva a chi rivolgersi, ha raccontato tutto a don Gianni, e lui che fa? Lo usa con tutta una serie di dettagli particolareggiati, per farci sopra la sua lezione. Ma vi rendete conto?

"Ragazze, tenete ben presente quello che ora vi dirò: l'amore non ha età e anche una ragazza di tredici, quattordici anni come la Tondi si può trovare di fronte a un dubbio come questo: è forse presto per avere un rapporto?"

Don Gianni ci guarda cercando di capire qualcosa dai nostri volti. Ha messo le mani avanti, quasi al bordo della cattedra e si spinge in avanti, ci passa in rassegna, come una mitragliatrice pronta a sparare. Ma noi niente, facciamo finta quasi di non esistere, continuiamo ad ascoltare con visi inespressivi, di totale purezza, indifferenza e ingenuità. E tutte restiamo in assoluto silenzio e qualcuna magari vorrebbe pure crollare e dire: " No, che non è presto!".

In effetti ci sono Lucia, Simona ed Eleonora che stanno da più di un anno con un ragazzo, credo. Ma sarebbe comunque presto. E comunque soprattutto, sarebbero affari loro. E comunque non capisco proprio come sia venuto in mente a Paola Tondi di raccontare una cosa del genere a don Gianni e soprattutto cosa gli ha raccontato, cosa è vero e cosa è falso!

"Allora, Paola, tu devi essere un esempio per le tue amiche e per i tuoi compagni... Devi aiutarli a non avere dubbi come purtroppo è successo a te. Allora eri a casa da sola perché i tuoi erano andati fuori per il weekend, giusto?"

Paoletta fa cenno di sì con il capo.

"E tu invece hai detto a tua nonna che loro sarebbero partiti molto più tardi, la sera, in maniera che avevi casa libera nel pomeriggio, giusto?"

Paoletta fa di nuovo segno di sì con la testa.

"A questo punto hai chiamato quel ragazzo che ti piace da un po', giusto?"

Paoletta annuisce.

E la cosa va avanti. "Che è il figlio del padrone dell'alimentari sotto casa..." E continua così. E sta diventando molto imbarazzante perché entra sempre più nei dettagli e anche perché questa Paoletta non dice mai una parola, non muove più neanche la testa. Che poi don Gianni ogni tanto sorride pure e questo mi da fastidio. Ed è proprio questo che mi fa scattare in piedi.

"Ma scusi? Ma perché sorride? No, dico, perché ride? Cioè, può essere una storia d'amore, una passione, anche un errore di fronte al Signore, certo... ma lei invece di capire, di farci vedere come ci comprende, sembra che si diverta, cioè che insegnamento è? "

"Bolla, non vedo la ragione del tuo intervento. Sto cercando di insegnarvi come comportarvi in certe situazioni, e questo vale per tutti, anche per te... Che forse ne hai bisogno."

"E che cosa vuoi dire con quest'ultima frase, scusi? Ma dopo tutte le cose che sono successe proprio a voi preti, lei viene a dire che io ne ho bisogno? E di cosa? Non certo di venirlo a raccontare a lei se poi ne fa quest'uso... Complimenti, non vede come è in difficoltà Paola Tondi dopo quello che sta raccontando?"

"Non è vero."

"Sì che è vero."

"Allora glielo chiedo." Don Gianni si rivolge alla nostra Paoletta con un sorriso viscidissimo. "Dimmi Tondi, sei in difcoltà?"

"Aspetti, e no, così non vale, così la obbliga a rispondere quello che vuole lei, non quello che magari pensa veramente", esco dal banco e mi metto davanti a Paoletta coprendole la vista di don Gianni. "Sei in difficoltà? A me puoi dirlo."

"E no, anche così non vale." E don Gianni scende dalla cattedra e si mette davanti e continuiamo così per un po'.

"Sei in difficoltà? Dillo a me."

"No, dillo a me, a me puoi dirlo..."

"No, ti ho detto di dirlo a me!" tanto che alla fine Paoletta non ne può più e scappa via piangendo. E vedendo questa scena i quattro che di solito escono per non fare la lezione rientrano al volo. "Ecco, avevamo ragione noi!" E tutta la classe inizia a fare macello e chi urla e chi sbatte con i pugni sotto il banco e chi lancia qualcosa. Alla fine don Gianni esce dalla classe e c'è una specie di ovazione. "Oooooolé!" E tutti ridono e si fa ancora più casino fino a quando arriva il preside. Insomma, morale della storia, dalla prossima settimana anch'io non farò più l'ora di religione. E dire che in fondo un po'"mi divertivo.

Sono da sola nel giardino della scuola, ora di ricreazione. Alis e Clod stanno facendo un po'"di casino con le altre amiche. Non so perché ma mi ha preso così, un momento di solitudine non costretta. Non chiedetemi perché, perché non ve lo saprei proprio dire. Comunque sto compilando una delle mie wishlists.

La canzone che vorresti aver scritto:

L'alba di domani, Tiromancino.

Quella che vorresti fosse stata scritta per è:

Se è vero che ci sei, Biagio Antonacci.

Quella che i fa venire in mente la tua infanzia;

Parlami d'amore, Negramaro.

Quella dei tuoi genitori:

Almeno tu nell'universo Mia Marini.

Quella della sera:

Que Hiciste, Jennifer Lopez.

Quella che descrive un momento bello dela tua vita:

Girifriend, Avril Lavigne.

Quella da suonare con gli amici:

What Goes Around. Comes Around, Justin Timberlake.

Quella che dedicheresti a lui:

How To have a Life, The Fray.

Quella per quando sei incavolata:

Makes Me Wonder, Maroon 5.

Quella col miglior inizio:

Hump de Bump, Red Hot Chili Peppers.

"Ehi, ma che hai, che è un po'"che mi sfuggi?" Gibbo mi raggiunge in giardino.

Gibbo mi raggiunge in giardino.

"Io?"

"Sì, non fare fìnta di niente. E" così. Non era buona la cioccolata?" Mi guarda e sorride. E sempre così carino e gentile e certo mi passa anche i compiti. Ma c'è un unico problema, mi piace per un bacio ma niente di più. Ma come glielo dico? Bè, ci provo.

"Ecco Gibbo... io ci sto malissimo..."

"Per cosa? Che è successo?"

"Se penso di perderti come amico."

"E perché dovresti? Anzi è diventato tutto più facile."

"Cioè?"

"Bè, perché alla fine era un pensiero che avevo e che se non fosse accaduto così come un gioco, quella scommessa persa, ci sarebbero comunque state altissime probabilità, più del 77%, che in quel caso a nostra amicizia sarebbe finita." Poi mi guarda, mi sorride, si avvicina, come per darmi un altro bacio.

"Invece adesso, che finalmente stiamo insieme..."

E prova a darmelo, ma appena arriva alla mia bocca io mi giro e me lo stampa sulla guancia.

"Ecco, è proprio questo" mi alzo. "Noi non stiamo insieme. Anzi è proprio quello il rischio, se continuasse così alla fine noi non avremmo ne l'uno ne l'altro... Ci perderemmo di vista."

Gibbo allarga le braccia. "Ma scusa non l'hai visto Harry, ti presento Sally?"

"E allora?"

"Loro sono molto amici, anzi così amici che addirittura cercano sempre un altro uomo o un'altra donna per l'altro ma poi alla fine capiscono che gli unici che possono andare bene per loro sono proprio loro stessi, lei per lui e lui per lei, non ci sono altre possibilità."

E si avvicina di nuovo per baciarmi, ma io mi giro veloce dall'altra parte e così mi bacia anche sull'altra guancia.

"Già, ma c'è solo un piccolo dettaglio..."

"E cioè?"

"Che quello è un film mentre la nostra è una triste realtà."

E me ne vado così, di spalle. Un po'"esagerata, eh? Ho fatto l'uscita figa con la frase a effetto, ma almeno lui ci pensa. Gibbo rimane sul fondo del giardino e allarga le braccia. "Ma scusa, perché triste realtà? Mi sembrava che ci divertissimo un sacco noi due!"

Faccio finta di non sentire, rientro e salgo su per le scale. E sembra quasi un film sul serio.

Ma non passa un secondo che incontro Filo che mi prende per il braccio.

"Scusa, puoi venire un attimo?"

Mi trascina per il corridoio e qualcuno dei ragazzi appoggiati al muro se ne accorge e ci guarda pure un po'"sorpreso.

"Vieni, vieni, entra qui."

Apre la porta dei bagni dei prof e mi spinge dentro.

"Ahia Filo, mi fai male al braccio! "

Mi lascia andare.

"No, spiegami questa cosa che ho sentito, no spiegamela."

Mi si piazza davanti e mi mette nell'angolo. Cerco in tutti i modi di sfuggirgli ma mi tiene le braccia alte intorno alla testa, appoggiate al muro.

"Ma cosa?" Anche se temo di capire di che parla. Alis e Clod... mai una volta che sanno tenere la bocca chiusa. Brave! No, brava tu che continui a raccontargli le cose.

Provo a sfuggire, ma Filo ogni volta mi blocca nell'angolo.

"Allora?"

"Allora cosa?"

"È vero?"

"Ma cosa! " gli urlo in faccia.

"Che hai baciato Gibbo?"

"Sì..."

"Come sì?" quasi urla.

"Cioè no."

"Ah, allora no..." E più tranquillo.

"Cioè sì e no."

"Ma che vuoi dire?"

"Te l'ho detto, sì e no." Gli passo sotto e riesco a fare il giro dall'altra parte, ma subito mi blocca di nuovo.

"Che vuoi dire sì e no? Non può essere, o l'hai baciato oppure no. Mi spieghi?"

"Ok. Però lasciami stare eh, mi devi lasciare stare, mi devi lasciare libera, ok? Dammi un po'"di spazio che mi stai soffocando. Ok?"

"Ok."

Filo sembra tranquillizzarsi. Si sposta un po'"ma controlla sempre, in modo che non posso scappare.

"Allora ok," lo guardo negli occhi, "ora te lo dico."

Faccio un bei sospiro lungo. "L'ho baciato."

Filo stringe gli occhi. "No. Non ci posso credere. Non è vero. Mi stai dicendo una cavolata! "

"Ma perché scusa, me lo hai chiesto, no?"

"Ma perché l'hai baciato? Quando te l'ho chiesto io mi hai detto di no, che non era possibile, che eravamo troppo amici! E che, con lui non lo sei? "

"Sì, infatti ti ho detto sì e no."

"E cioè?"

"Che l'ho baciato, ma gli ho già detto che non lo farò mai più."

Filo rimane un attimo perplesso. Poi alza il sopracciglio. "Va bè, però siccome te lo avevo chiesto prima io, dovevi baciare prima me."

"Ho capito, ma si vede che quello non era il momento. Sono poi successe delle cose, magari sono cambiata."

"Sei cambiata?"

"Sì, sembro uguale, ma sono cambiata."

"Ok, allora, da cambiata, ora devi baciare anche me."

"Che cosa? Ma non esiste proprio."

E veloce come una saetta riesco a fare una fìnta e uscire dal bagno dei prof. Dopo un secondo Filo mi raggiunge e mi prende sottobraccio. Un po'"stringe.

"E dai Caro, così non vale! "

"Non stringere, Filo."

"Ok, però non vale. C'ero prima io. Lo devi dare anche a me un bacio, non è giusto. Poi torniamo a essere di nuovo tutti amici... alla pari, come eravamo prima."

E lo vedo lì, capriccioso e bambino, e forse sul serio ferito e in Fondo anche più bello del solito, con quel suo viso imbronciato, con quei capelli arruffati. È scuro di carnagione Filo, più alto di Gibbo, magro, con i capelli lunghi e le labbra carnose, gli occhi scuri e qualche lentiggine nascosta sugli zigomi qua e là. Piace a un sacco di ragaze Filo, ma non so com'è, da un anno a questa parte e entrato in fissa con questa nostra storia. Mi fermo e lo guardo negli occhi. E lui sorride.

"Giusto, Caro? Siamo onesti... Per dirla bene come stanno le cose. Ho ragione?"

"Ma che ragione! Un bacio è un bacio. Lui mi ha corteggiato, mi ha fatto una sorpresa, mi ha fatto ridere. Ha avuto una bella idea, mica mi ha chiuso in un bagno... e mi ha costretto a darglielo! "

E lo lascio lì. Mi giro e me ne vado. E Filo rimane fermo così, mezzo al corridoio, a fissarmi. Poi urla.

"Ok! È giusto! Una bella idea, eh? Va bene. Vuoi dire che la troverò!"

Non mi giro, continuo a camminare, sorridendo, anche se lui non lo può vedere.

Però, quanta fatica devono fare i ragazzi per cercare di conquistarci. Ma vale anche per noi. Come si fa a beccare qualcuno che ti piace? Cioè, a parte quelli a cui piaci già un po', che ti cercano loro, che è un'altra storia, che poi, non so com'è ma quelli non ti piacciono mai o se ti sono piaciuti, quando scopri che gli piaci pure tu, puff, tutto svanisce. No, davvero, è così. Io invece dico quelli che piacciono solo a te, che loro cioè neanche lo sanno e tu in qualche modo vuoi farglielo capire. Alis dice sempre: "Conviene fare "la preda che fuggè". Primo teorema di Alis! Dice che è la tattica migliore. Secondo Clod invece a fare così si perde solo un sacco di tempo, magari a quello gli piaci già veramente e poi gli passa. Bisogna essere diretti, dirglielo subito, senza pensarci troppo. Prima legge di Clod! Alis dice anche che bisogna controllarsi per non diventare troppo rosse quando passa lui... perché così lui pensa che all'inizio ci piaceva ma che già adesso non ce ne importa poi molto. Ecco così è perfetto perché se per caso gli piacciamo pensa che ci sta perdendo! Eh, ho capito... come se si potesse controllare il rossore! Dice, sempre Alis, di non considerarli mai più di tanto e di farci vedere sempre che si parla anche con altri ragazzi. Poi vedere che fa. Comunque io in realtà ho un altro problema da risolvere, ci piacciamo da morire e ce lo siamo detti! Ma dove sei Masssiii! Oh, come se non bastasse, alla quarta ora il prof di italiano ci ha dato per casa una fotocopia con delle domande su un racconto dal titolo Che cosa veramente state cercando. Cioè... Me lo sono guardato e gli volevo dire... Ma che, parla di me?

Casa dei nonni Luci e Tom

La casa dei nonni è bella. Non è che sia particolarmente grande o ricca. E" calda Ma di quel calore particolare che non arriva dai termosifoni. E in tante piccole cose. Nei quadri, nelle foto che riprendono la vita di mamma, di quando era piccola, di quando cresceva. Nella cura di tutte queste cose da parte di nonna Luci.

"Caro, con più energia però! Sennò non viene bene! "

Non mi è mai riuscito di far lievitare bene la pasta per la pizza. Mi rimane tutta bassa e molliccia. Ma mica è un fatto semplice prepararla! Verso la farina a fontana sul marmo del tavolo. Poi ci sbriciolo nel mezzo il lievito di birra e lo sciolgo con qualche cucchiaio di acqua tiepida. Poi sale e olio. Ma mi sembra sempre di sbagliare le dosi o il metodo. E qui arriva il bello: bisogna ottenere un impasto morbido, dice a nonna. E ci vuole forza!

"Devi arrivare al punto che l'impasto ti si stacca dalle dita. Poi puoi fare la palla e la infarini, la copri con un tovagliolo e si lascia riposare al riparo da correnti d'aria per circa due ore. O comunque finché l'impasto raddoppia di volume."

Solo che a me non aumenta! Per questo mi arrendo e lo faccio sempre fare alla nonna. Altra cosa che non mi riesce ma mi diverte preparare con lei, quando vado a trovare i nonni specie, è il risotto ai funghi. Mi piace troppo e mamma non me lo fa quasi mai, nonostante nonna Luci glielo abbia insegnato.

Stare insieme in cucina è bello. Ho anche il mio grembiule personalizzato con ricamato sopra il mio nome e due mestoli ai lati, fatto a mano da nonna. Si può parlare tranquillamente di tante cose mentre si tagliano le verdure, si fa il soffritto, si sceglie la carne e così via. Cucinare insieme è un po'"come essere più amici. Mi ricordo la scena del film Chocolat, quando Vianne vuole andarsene dal paese che non l'accetta perché la considera pericolosa e diversa. Così nonostante le proteste di sua figlia, fa le valigie. Poi scende le scale, apre la porta della cucina e vede tutte quelle persone che stanno preparando insieme tante prelibatezze al cioccolato. Persone che fino a qualche giorno prima non si capivano, non si parlavano, ora sono lì, una accanto all'altra e sembrano felici e unite. Ed il merito è anche suo. Così quando "il vento irrequieto del Nord parla a Vianne di paesi ancora da visitare, di amici bisognosi ancora da scoprire, di battaglie ancora da combattere..." lei chiude la finestra e rimane a vivere lì, con quelle persone ormai amiche. Mi piace un sacco quel film. L'ho visto con nonna Luci.

Con mamma non c'è mai tempo di cucinare insieme. Solo a volte di domenica, ma non è che prepari cose particolari. E poi entra sempre nel mezzo Ale che ci prende in giro o peggio ci fa ammatire, o papà che dice di sbrigarci e che non capisce a che serve perdere delle ore per preparare cose complicate quando basterebbe fare uno spaghetto al burro. Insomma, non restiamo mai davvero sole e non c'è gusto. Invece dai nonni è più divertente perché nonno Tom si fa vedere pochissimo, si affaccia solo ogni tanto alla porta e dice "Le mie donne!" e se ne va di là e non vuole sapere cosa stiamo preparando perché vuole la sorpresa!

Mentre la pasta della pizza lievita e non certo grazie a me, in attesa di preparare il risotto, parlo con la nonna che ha sempre tante belle cose da raccontare. Si comincia da un discorso e non si sa mai dove si andrà a finire. Oggi ad esempio si parlava di bellezza, donne magre, donne cicciotte e così via. Nonna mi diceva che ai suoi tempi avere qualche chiletto in più era una fortuna perché agli uomini piacevano le curve.

"Anche a quelli d'oggi, nonna, piacciono le curve!"

"Mah, non saprei, sono circondati da tutte quelle secche preoccupate da ogni grammo in più. Cioè, non è un problema di essere magri o no. Basta che ci sia equilibrio, che ci si senta bene.''

"Sì nonna, però è più facile a dirsi che a farsi. A scuola ci sono delle ragazze un po'"in carne che non si piacciono per nulla e stanno sempre a lamentarsi. Anzi, peggio, alla fine fanno le antipatiche con quelle che secondo loro sono più carine e le tengono lontane. Così è come se ci fossero due fazioni: le belle e le brutte. Ma chi l'ha deciso com'è una o com'è l'altra?"

"Sì, ma tu ad esempio hai un'amica che non si fa di questi problemi e infatti sta simpatica a tanti."

"Sì ma Clod è un caso a parte, magari fossero tutte così. Lei ha un bel carattere. Le piace mangiare e mangia. Le piace un ragazzo e non si tira indietro. Le piace prepararsi e vestirsi. Se qualcuno la prende in giro, se ne frega. Anzi, ci ride su. Ieri per esempio a ricreazione c'era uno della III F che rompe sempre le scatole e le ha detto "A Clod, sei così grassa che quando devi dormì t'addormenti a ratè... E lei: "A originale, cambia fonte invece de copià sempre da Zelig", ma tranquilla eh, mica gliel'ha detto arrabbiata!"

"Bene. Vuole dire che è consapevole di sé. E così è anche più bella. Perché la vera bellezza non sta nella taglia o nella faccia che si ha. Ti ho mai raccontato cosa diceva Audrey Hepburn?"

"No."

Nonna si alza e prende un libro dalla mensola, uno di quelli belli, grandi, pieni di foto proprio di quell'attrice. Si rimette a sedere e lo sfoglia.

"Ecco qua... ascolta." Nonna inizia a leggere con la sua voce ancora fermissima. "Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili. Per avere uno sguardo amorevole, cerca il lato buono delle persone. Per avere un aspetto magro, condividi il tuo cibo con l'affamato. Per avere capelli bellissimi, lascia che un bimbo li attraversi con le proprie dita una volta al giorno. Ricorda, se mai avrai bisogno di una mano, le troverai alla fine di entrambe le tue braccia. Quando diventerai anziana, scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stessa, la seconda per aiutare gli altri. La bellezza di una donna aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell'estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa nella propria anima..." Poi chiude il libro. Con una serenità speciale, che mi piace tanto.

"Che bello..."

"Cerca di ricordarlo, Caro, perché è così. Non si tratta di chili, si tratta di armonia. Dai, cominciamo a fare il risotto... senza accorgercene sono quasi passate due ore! Mentre spiano la pizza e la condisco, inizia a preparare il risotto... Tanto ti aiuto. I funghi secchi li avevo già messi nell'acqua tiepida e il brodo vegetale è pronto. Prendi la pentola e mettici un fondo d'olio e una noce di burro. Non l'accendere ancora."

Seguo alla lettera la nonna.

"Quanto ci vuole?"

"Circa quarantacinque minuti. Ora prendi la cipolla bianca, vedi là, sul tagliere, l'avevo già tritata e taglia a spicchietti i funghi."

M'impegno davvero. "Così?"

"Sì. Accendi la padella e fai sciogliere il burro. Dopo aggiungi cipolla e funghi e fai rosolare tutto. Metti un pizzico di sale."

"Ma se brucia?"

"E noi stiamo attente, no? Dai, che vai bene. Tra poco ci metteremo anche un po'"dell'acqua dov'erano stati i funghi secchi. Non l'hai buttata, vero?"

"No no."

"Ora bisogna mettere il riso e deve tostare."

"Ma scricchiola!"

"Eh, deve scricchiolare, lasciacelo per qualche minuto. Prendi il vino bianco, lì, accanto al lavandino, in quel bicchiere. Mettilo in padella. Alza la fiamma. Quando sarà evaporato, spegniamo tutto e si lascia riposare per dieci minuti."

È questo che mi piace di nonna Luci: l'esatto calcolo dei tempi. Non sbaglia mai. E poi fa sembrare tutto così facile e mi fa sentire brava, mi fa sentire cuoca. Intanto lei ha già infornato la teglia grande della pizza. L'ha divisa e condita in quattro modi diversi, margherita, funghi, salsiccia e rossa, senza mozzarella.

"Nonna, ma quando hai imparato a cucinare?"

"Da bambina, in pratica. Ero la più grande e i miei andavano sempre a lavorare insieme nella maglieria di papà, così toccava a me dare da mangiare ai miei fratelli. Ma mi aiutava la mia nonna, per fortuna. È lei che mi ha insegnato. Ora riaccendi la fiamma, metti a fuoco medio. Dobbiamo aggiungerci il brodo d'ora in poi. Un mestolo alla volta. E girare... così fai anche ginnastica. Ah, senti come stiamo a sale."

Assaggio e sembro proprio una del mestiere. Nonna mi guarda e sorride mentre apparecchia.

"Bene!"

"Ora continua così. Vuoi che ti do il cambio?"

"No, nonna, ormai oggi cucino io!"

Lei ride e annuisce. Continua a sistemare la tavola con amore e gusto, come ha sempre fatto. Dai nonni non manca mai ad esempio un piccolo vaso di fiori al centro.

Mi fa sempre sentire importante, la nonna. Mi fa anche credere che so cucinare! In realtà ha fatto tutto lei, aveva anche già preparato gli ingredienti, io c'ho messo solo le mani.

Passano vari minuti. Ho continuato ad aggiungere brodo e a girare. Nonna viene ad assaggiare.

"Mmmmmh, brava! Buono! Ora prendi quel piatto, vedi, quello col formaggio grana grattugiato e un po'"di mozzarella da pizza. Ecco, brava, ora spegni la padella e aggiungili." Lo faccio. "Copri tutto con questo..." e mi da un coperchio di vetro che, appena appoggiato sopra, si appanna per via del vapore. "Bisogna aspettare cinque minuti."

Poi prende tre scodelle e subito dopo ci mette il risotto. "Ecco, ora una bella spolverata di prezzemolo tritato..."

"Uhm... Che buon profumino! Ho una fame..."

"A tavola..." grida forte nonna.

"Arrivo!" risponde il nonno dalle stanze in fondo. "Sì ma sul serio..." urla ancora mentre porta i piatti a tavola. "Vieni prendi quello Caro..." La seguo con il pane. "Tuo nonno lo devi chiamare un'ora prima, rimane nel suo studio a disegnare, sembra che per lui il tempo non passi mai..." Poggiamo le cose sul tavolo. Le sorrido.

"Si vede che gli piace moltissimo..."

"Sì ma poi non vuole il risotto scotto o freddo! Non si può avere tutto!"

"Eccomi... Eccomi... Hai visto come sono stato puntuale?" Si sorridono e si danno un bacio leggero sulle labbra e io, non so perché, un po'"mi imbarazzo e guardo da un'altra parte.

Ci sediamo a tavola tutti e tre, il nonno da il primo boccone e fa la faccia stupita. "Ma è buonissimo... Chi è questa cuoca così brava?"

"Lei..." Diciamo in coro nonna e io indicandoci e scoppia a ridere e continuiamo così, godendoci tutto quello che abbiamo preparato che ha un gusto diverso rispetto a quando mangi al ristorante. Alla fine del pranzo nonno si alza.

"Ferme lì... Non vi muovete." Nonna Luci prova ad alzarsi.

"Ma intanto metto su il caffè."

"No, no, un attimo solo... Torno subito." E sparisce veloce nel salotto lì vicino ma poco dopo eccolo che riappare. Ha la sua macchina fotografica in mano. "Eccoci, eccoci, a posto, a posto..." E mette la macchina fotografica su una mensola lì vicino, preme il pulsante dell'autoscatto e corre verso me e la nonna, ci abbraccia appena in tempo. Click! "Ecco la foto di noi tre belli sazi!" E ci abbraccia forte. "Ecco Carolina, questo è per te..." E puff... Appare da dietro la sua schiena un libro. "Nonno, grazie!"

Mi guarda tutto fiero e felice. "Sono sicuro che diventerai una gran cuoca..." E così lo prendo e vado di là in salotto e mi butto su quella grossa poltrona bordeaux con anche il poggiapiedi. E" di un comodo, tanto nonna quando lava i piatti e mette a posto la cucina non mi vuole tra i piedi. Mi ha regalato Kitchen di Banana Yoshimoto. Lo apro.

"Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano. Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire. Mi piacciono col pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche che la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi, di una grandezza esagerata. Con un frigo enorme pieno di provviste che basterebbero tranquillamente per un intero inverno, un frigo imponente, al cui grande sportello metallico potermi appoggiare..."

Lo chiudo e me lo poggio sulle gambe. Guardo dal salotto mentre nonna è li che infila i piatti dopo averli sciacquati dentro la lavastoviglie. Mi piace la cucina dei nonni perché la usano davvero, la vivono. Poi arriva il nonno, le va vicino. Prende un bicchiere, ci versa dell'acqua, poi le dice qualcosa e ridono. Lei si asciuga le mani nel grembiule che ha intorno alla vita e poi si sistema i capelli. Hanno ancora tanto da dirsi. E così mi rituffo nel libro che nonno mi ha regalato. Ecco. Mi piace perché la loro è una cucina piena d'amore.

12 ottobre.

Il prof ci ha fatto studiare la scoperta dell'America per via dell'anniversario. Ci ha ricordato che è grazie a Cristoforo Colombo che noi oggi possiamo mangiare la cioccolata! E Clod ovviamente mi faceva tutti i versi dal banco, tipo V di vittoria e poi mimava con le mani un cerchio sulla testa stile aureola! San Cristoforo! Però poi le vengono i brufoli e si lamenta! Ottobre è anche il mese delle castagne. Mamma a volte, quando ha il turno di mttina e torna verso le due, anche se si è alzata presto (alle sei, povera! ), si mette a fare il castagnaccio! Anche quello mi piace da morire.

Tolgo sempre tutti i pinoli, uno a uno e li mangio prima della fetta! Sì, ottobre è proprio un bel mese... il mese del gialloarancione, dei primi giubbotti tirati giù dalla soffitta, aspettando Halloween. Però è anche il mese prima di novembre che invece non mi piace per niente.

Comunque sono stata tutta la sera su MSN con Clod e Alis sempre per il discorso di Filo.

Clod non aveva dubbi.

"Ma perché non l'hai baciato? E" diventato un figo, e poi è troppo simpatico, è il primo ad aver personalizato la macchinetta molto prima di Gibbo! "

Alis invece era esattamente sull'altra posizione.

"Brava, fallo soffrire, che poi questi se ne approfittano, che ti credi, è solo una gara tra maschi, se tu non avessi baciato Gibbo credi che gliene sarebbe importato qualcosa di te?" Ecco, questa dev'essere la seconda legge di Alis! Insomma tutta una serie di valutazioni che chiaramente lasciano il tempo che trovano. Anche perché io dalla mia rispondevo al volo cercando di spiegare la mia posizione all'una e all'altra.

"A parte che già l'anno prima me l'aveva chiesto lui di baciarlo! "

E Alis e Clod: "Sì, sì, sono d'accordo, ma ora che fai? Li fai litigare?".

"Ma che, siete matte? Come se i miei baci fossero la carità! "

"Ma no, è che è carino..."

"Può essere anche molto carino, ma io penso solo a Massi ora."

"Ma se hai baciato Gibbo."

"Ma che c'entra! Quello è perché avevo perso la scommessa, era come un gioco, se no non lo avrei mai baciato. Io penso a Massi! "

E Clod "Ma quando lo rivedrai mai quello lì! La tua è solo immaginazione, secondo me ti piace proprio perché non c'è!".

E Alis ancora più determinata: "Lo vedi? Volevi Lorenzo e una volta che lo hai avuto... Tac, ora non fai altro che cercarne altri".

Avuto poi. E" una parola bella grossa... Ma non faccio in tempo a rispondere che entra mamma.

"Caro! Ma sei ancora al computer? Ma quando dormi, ma domani hai scuola... Ma..."

Ma quanti ma!

"Ma mamma, stavamo discutendo le ultime cose sulla tesina di scuola."

Le lascio solo un attimo di respiro.

"Però ora chiudo perché in effetti è tardi! "

E mi infilo a letto.

"Hai lavato i denti?"

"Certo, prima, appena finito di mangiare! Senti..." E le faccio un sospiro lungo. E mamma si mette a ridere e agita la mano davanti al viso. "Uhm terribile... Ci sono ancora i broccoletti che vi ho fatto stasera!"

"Ma mamma..." E faccio fìnta di essermi offesa e mi tiro su le coperte fin sopra la testa! Poi non sentendo più niente, mi rigiro dalla sua parte e mi accorgo che sta fissando il muro. C'è l'articolo di Rusty James che ho fatto incorniciare da Salvatore, il signore in fondo a via della Farnesina.

Mamma lo guarda e fa un lungo sospiro. Mi siedo sul letto e la guardo.

"Bello vero? E" un racconto bellissimo per me, parla dei sogni dei giovani... Lo sai che sono stata la prima di tutti a vederlo? Me l'ha detto lui!"

"Sì, l'ho letto diverse volte. E" bravo." Poi esce dalla stanza. Leggermente dispiaciuta o preoccupata, chissà. Certo per noi Rusty James non può che essere bravo... Ma lo è sul serio? Bè, per me lo è! E con quest'ultima convinzione mi addormento. E sogno non so bene cosa. Ma quando mi sveglio sento che quella sarà una giornata diversa. Ma sai di quelle sensazioni, ma di quelle sensazioni... che alla fine senti che deve accadere per forza qualcosa! Così scendi dal letto, ti prepari, fai colazione, saluti al volo tutti, esci di corsa e ti guardi in giro... Senti che sei in ritardo su tutto e per fortuna fai in tempo a entrare a scuola prima che chiudano il cancello e in classe passa tutto liscio come l'olio.

Nessuna interrogazione, nessuna discussione ne con il prete ne con gli altri prof. E alla fine, quando esco di scuola... La sorpresa.

Lo sapevo, lo sapevo, me lo sentivo proprio! Attaccata al cancello c'è una busta con scritto "Caro" III B, mi avvicino, la prendo, dentro c'è un biglietto con una scrittura a stampatello che non riconosco proprio.

"Seguimi... il filo di Caro!" E c'è un cucchiaino con attaccato u filo, uno di quei fili morbidi, strani, come di gomma che credo usino per legare le piante. Così inizio a seguirlo e lo arrotolo mentre cammino. E mi sembra di stare dentro una favola, ma non mi ricordo bene quale, vista tutta la confusione che faceva sempre mia mamma quando me le raccontava da piccola.

Mi ritrovo a camminare dentro il piccolo parco dietro la scuola, con dei signori che mi guardano mentre arrotolo questo strano filo... di Caro! E delle bambine su un'altalena mi indicano, diverite da questa buffa ragazza che passa seguendo un filo, ma lungo.

Alla fine arrivo in un angolo del piccolo parco, il filo sparisce li, dietro l'ultimo cespuglio. Così chiudo gli occhi prima di girare. E un sogno... anzi no, è un miracolo. Ora giro e ci sarà lui, Massi. E così supero il cespuglio lentamente, con il lo ancora in mano e lì dietro c'è lui: Filo.

"Nooo!" Scoppio a ridere. "Ma sei matto!"

Si è messo un grembiule bianco e ha davanti a lui, disposte su un tavolino di legno, diverse coppette di gelato. E si è fatto pure un cappellin con un foglio bianco a quadretti ripiegato più volte come quelli che usano i gelatai. Almeno quelli che conosco io! Ha una bacchetta in mano e diversi cucchiaini colorati nel taschino della camicia. "Allora signore e signori... Vado a illustrare i prodotti di questa nuova gelateria: Fic! Ma non capite male... Filo ice cream."

Ce la mette tutta, anche un po'"di inglese! Dopo la prima delusione, nel non aver trovato Massi, ora mi sto divertendo un sacco. E batto le mani e sembro proprio una bambina.

"Sì, sì, vediamo." E mi metto su quella sedia che ha portato n lì con tanto di tavolino e ascolto annuendo le proposte di questo strano gelataio.

"Allora se non ricordo male... ecco qui, i suoi gusti preferiti sono cioccolato bianco e fondente, crema, zabaione, gianduia e pistacchio e naturalmente castagna!"

Se li è ricordati proprio tutti tranne...

"E cocco...!"

Anche quello! Incredibile. Filo mi sorride.

"Giusto? Ti vedo sempre mangiare il Bounty! "

"Che memoria, ma dove li hai presi?"

"Giù da Mondi."

"Uhm, il mio preferito. Allora mi faccia una coppetta..." e inizio a ordinare uno dopo l'altro dei bicchierini gustosissimi. E me li spolvero che è una meraviglia. E" un gelato talmente buono che mi dimentico completamente i miei propositi di dieta. Tanto sto a quarantanove, quindi un po'"posso sgarrare.

E alla fine Filo si siede per terra vicino a me e se lo mangia pure lui di gusto. E ha anche i fazzolettini di carta e perfino un po'"di panna. Bè, che dire? È stata proprio una bella sorpresa. Ora però ci sarà il piccolo pegno. Piccolo... Dipende dai punti di vista. E così dopo aver fatto questa bella e dolce scorpacciata, riportiamo sedia e tavolino al bar e torniamo verso casa.

"Hai visto? Sono stati proprio gentili, eh?"

"E già."

Rimango per un po'"in silenzio mentre camminiamo verso casa mia. Alla fine decido che tanto vale affrontare subito l'argomento.

"Senti Filo, è stata proprio carina come sorpresa."

"Grazie." Filo mi guarda curioso, poi alza il sopracciglio. "Però..."

Mi giro e gli sorrido.

"Però?"

"Sì, ho capito, mi stai per dire qualcosa che inizia con però..."

Sorrido. "Infatti. Credo che sia meglio se non ci baciamo."

"Non hai messo il però ma il senso è lo stesso. Ma scusa, avevi detto che ci voleva la sorpresa, e la sorpresa te l'ho fatta, o non ti è piaciuta? "

"Sì che mi è piaciuta."

"E infatti l'ho visto, non è rimasto neanche un gusto, hai finito con il dito anche la panna. "

"Sì, infatti era tutto buonissimo."

"E allora cosa c'è che non va? Scusa, ti ho chiesto prima di lui di baciarmi, hai detto che lui ti ha fatto una sorpresa e ora te l'ho fatta anch'io. Siamo a posto, no?"

"No. Non siamo a posto. Le cose devono capitare per caso, questa è troppo..."

"E" troppo?"

"E" troppo costruita! "

"E sì sì... Ma inventatene un'altra! Se ti facevo una sorpresa non costruita era troppo facile, invece te la faccio bene con il filo, i gusti che ti piacciono... allora è troppo costruita! "

"Ma che c'entra, non la sorpresa... la situazione!"

"Ma se me l'hai detto tu!"

"Ma cosa?"

"Che ci voleva una sorpresa! E non può capitare così per caso, senza una situazione costruita, come ci può essere la sorpresa? E" impossibile!"

"Va bè lasciamo stare, rinuncio."

"Che vuoi dire rinuncio? Eh no! Io la sorpresa te l'ho fatta! Ora voglio il bacio!"

"Shhh, ma che ti urli! Dicevo che rinuncio a spiegartelo. Vieni."

Apro il cancello e lo faccio entrare. Andiamo nell'androne e per fortuna il portone è aperto. Ci infiliamo dentro.

"Seguimi" apro un'altra porta.

"Ma dove stiamo andando?"

"Shhh, che ci sentono... Siamo nelle cantine." Chiudo la porta alle mie spalle. Poi rimaniamo nella penmbra. Solo qualche spiraglio di luce entra da sotto le porte di ferro che conducono ai garage.

"Bello qui."

"Già..." mi guardo in giro. "Dai, facciamo presto."

Stavolta è lui che si lamenta.

"Ma così non riesco. Così è troppo..."

"Basta, mi sono scocciata." Prendo e lo bacio. Dopo qualche secondo mi stacco.

"Costruita..." fa Filo sorridendo nella penombra.

"E piantala, scemo! Bè, ora così siamo a posto, eh?"

"Ma che, per me questo non valeva."

"E perché?"

"Te lo devo dare io."

Piega la testa di lato. Ancora. Poi mi sorride. E" carino. Tenero però. E piano piano si avvicina e mi bacia. Finalmente. Come si deve. Uhm... Sa di mirtillo. Buono il mirtillo! Lui per sé aveva preso tutti i gusti alla frutta. Per me gli altri. Filo bacia con passione, mi abbraccia, mi tira a sé. E proprio in quel momento sento aprire l'altra porta di ferro, quella dall'altro lato, in fondo alle cantine, quella che da al garage grande, dove mette la moto mio fratello. Mio fratello? Guardo verso la porta in fondo... Ma è mio fratello!

Prendo Filo per una mano e gli dico sottovoce "Vieni, presto ! ". E corro verso la porta che rida nell'androne. La apro veloce. Poi la chiudo alle mie spalle.

"Vai vai, presto! " Lo accompagno al portone.

"Ma non vale! E il bacio?"

"Te l'ho dato, anzi te ne ho dati due! "

"Sì, ma non come intendevo io."

Apro il portone e lo spingo fuori. "Esci dai!"

Filo mi sorride.

"Ma io lo volevo... un po'"più... costruito!"

"Ma và, và!" E gli chiudo il portone, poi vado verso l'ascensore proprio mentre mio fratello apre la porta delle cantine.

"Ciao."

"Oh, ciao!"

Faccio la sorpresa cercando di non guardarlo in volto. Vedo che invece lui mi fissa.

"Com'è andata a scuola?"

"Bene."

Lo guardo per un attimo, sta sorridendo. Guardo da un'altra parte.

"Ah, quindi la scuola è andata bene... E com'è andata prima?"

"Eh?" Lo guardo di nuovo. Vedo che sta proprio ridendo. "In cantina..."

"Ah prima, ma no, niente. Sai, si era perso una cosa e..." cerco di inventarmi qualcosa ma non mi viene assolutamente niente. E così mi arrendo.

"No... Comunque... Non stava andando."

"Ah sì...? Sai se arrivava papà dove andavi a finire invece?" E così dicendo scuote la testa ed entriamo in ascensore. E saliamo su al quarto piano. E sapete quei silenzi che ogni tanto si creano, quelli che più vai avanti e più diventano grandi, più diventano grandi e più non ti viene in mente niente da dire; più non ti viene in mente niente da dire e più non vedi l'ora di arrivare. Infatti appena si apre l'ascensore schizzo via, suono e appena aprono la porta mi infilo a casa a duemila.

"Ciao mamma! Sono andata bene a scuola. Discreto nel compito di storia..."

Faccio il corridoio in una volata e mi fiondo in camera mia, più per rilassarmi un po'"che per altro, ma dopo tutta questa tensione! Metto il cd di Massi, mi distendo sul letto e poggio le gambe sul muro. Sono con la testa all'ingiù mentre ascolto quel pezzo che mi piace troppo. Faccio il punto e alla fine mi sento un po'"colpevole. Cioè mi sono innamorata di un ragazzo che non ho baciato e ne ho già baciati tre dei quali non sono minimamente innamorata ! Così non va. E no, proprio no. Basta, non bacerò più nessuno almeno fino a quando... Bè, meglio non darsi dei traguardi che poi non riesco a mantenere. Fino a quando... ci riuscirò! Ecco così va molto ma molto meglio.

"A tavola! " Mia madre mi chiama.

"Arrivo!" Scendo dal letto. Bene, con questo nuovo programma bacereccio sono molto più rilassata e mi è venuta pure un po'"di fame, non troppa però, visto che ho mangiato tutti quei gelati.

Pomeriggio tranquillo. Ho studiato fino alle cinque a casa da sola. Ale è uscita con una sua amica, una certa Sofia. Vanno sempre e solo per negozi. Ale ha talmente tante cose che non c'entrano più nell'armadio, e molte di quelle che ha non se le mette mai. Non a caso l'altra sera non si è neanche accorta che avevo usato una sua gonna. Bè, meglio così, e comunque sono affari suoi, io così ci guadagno e basta. Poi ci è passata a prendere la mamma di Clod e siamo andate a ginnastica.

Clod su certe cose mi fa morire. Cioè siamo giù nella palestra del CTI sul Lungotevere che a lei piace da morire, solo che si vergogna, per cui un sacco di cose non le fa. Anche se poi in ginnastica artistica va benissimo. Certo, è un po'"tonda. Un po'"molto tonda. Ma ha ritmo, passione e determinazione. Solo sulle parallele una volta si è proprio impiccata.

E quella volta c'era Aldo.

Aldo è un tipo troppo divertente, sta sempre a fare il buffone, ride, scherza, fa un sacco di imitazioni, solo che ogni volta che le fa ci dice a tutte: "Siete pronte? E ora chi sono? Eh? Chi sono?". E fa una voce. E io e Clod ci guardiamo. Io non riconosco mai nessuno e non mi viene neanche in mente un nome, uno qualsiasi. Clod invece dice tutti i personaggi italiani del passato e del presente e anche gli stranieri, che ne so Brad Pitt, Harrison Ford Johnny Depp che poi è assurdo perché comunque parlano in italiano, quindi, nel caso, dovrebbe dire i nomi dei doppiatori.

Insomma Clod vorrebbe indovinare a tutti i costi. Io smetto quasi subito perché è impossibile capire chi è e mi scoccio, Clod invece continua con i nomi più impensabili, ma i più assurdi, alcuni che non ho neanche mai sentito. Secondo me se li prepara apposta. E comunque alla fine è sfinita. Io ho mollato da un pezzo e Aldo ci guarda divertito, prima lei, poi me, poi di nuovo lei e poi me.

"Vi arrendete eh? Vi arrendete?"

Io guardo Clod. Poi non ho dubbi. "Sì, sì guarda... ci arrendiamo. "

"Era Pippo Baudo!"

"Pippo Baudo?"

"Eh, sì!"

Io mi giro e me ne vado. Clod invece rimane lì,

"Bravo, guarda bravissimo. E" vero, era proprio lui... Infatti! Ce l'avevo proprio sulla punta della lingua. Non mi veniva il nome! "

Quando viene a cambiarsi nello spogliatoio femminile, io le dico "Ma non ci credo! Ma come fai a essere così falsa. Quello poteva essere tutti meno che Pippo Baudo! Lo vedi sempre in tivù, che non lo riconosci? Allora lo so fare molto meglio io!".

"E allora?" è scocciata, si siede sulla panca e si cambia solo le scarpe.

"Allora cosa?"

"Se anche lo faccio per fargli piacere a te cosa te ne importa! "

"A me? A me niente! E che forse dobbiamo comportarci bene con noi stessi, essere oneste."

Clod si alza e si mette la giacca della tuta. "Come fai a non capire?"

"Guarda, proprio non ti seguo."

"Non è così difficile... anzi per te è proprio facile! " e fa per andarsene. Così la raggiungo, la prendo per le spalle e la giro.

"Scusa, che vuoi dire? Ma a me che me ne frega se quello lì sa fare o no le imitazioni? Per me può pure andare a fare le gare. Che volevi dire con "per te è proprio facilè?"

"Niente."

"Come niente! L'hai detto! Allora? Cosa è facile per me?"

"Facile. E" facile perché...."

Proprio in quel momento entra Carla, la mamma di Clod.

"Siete pronte?"

"E" facile per te... che ne hai baciati tre!" ed esce correndo lasciandomi così da sola, con Carla che mi guarda a bocca aperta. Faccio finta di niente, mi cambio la maglietta e mi infilo la tuta.

"Ecco, ho fatto! " poi prendo la sacca ed esco insieme a lei.

Vi giuro che il viaggio di ritorno verso casa è stato terribile. Proprio perché non potevo parlare con la mia amica Clod perché c'era la madre, e secondo perché lei le aveva dato quella notizia in pasto. Cioè, cosa può pensare ora quella signora? Ne parlerà con mia madre? Ci rimane male per me? Cioè, ormai non mi farà frequentare più la figlia perché sono una ragazza sbagliata? Boh. Vi giuro che è stato peggio dei peggiori mal di testa. E quel silenzio in macchina. Un silenzio che pesava. E poi tutta una serie di pensieri che non riuscivo più a fermare, un vortice, un uragano. Un odio verso Lorenzo, e poi verso Gibbo e soprattutto verso Filo. E poi un odio assurdo verso le mie amiche Alis e Clod che sapevano tutto, e poi un odio ancora più assurdo verso me stessa che gliel'avevo raccontato! E un odio particolare verso Carla, la mamma di Clod, ma proprio in quel momento doveva entrare! E che cavolo! Scendo dalla macchina.

"Arrivederci... e grazie" e scappo dentro il portone senza aggiungere altro. Salgo le scale di corsa. Chissà cosa si diranno in macchina al ritorno. Figurati! Saranno contro di me. Ale mi apre.

"Ciao" e vado in camera mia. Mi levo la giacca e mi metto subito a scrivere su MSN. Per fortuna c'è Alis e così le racconto tutto.

"Ma è normale che avete discusso, non hai mai pensato perché proprio lei ti ha detto facile per te?"

E così insisto e cerco di farmi spiegare, ma alla fine dice che ci devo arrivare da sola. E così mi stendo sul letto. Metto il cd di Massi, sono sicura che mi darà una mano. E pensa che ti ripensa, una soluzione alla fine mi viene in mente. Ma sarà proprio quella? Mi metto subito su MSN e per fortuna c'è proprio Clod, la trovo.

"Scusami... Non c'avevo pensato. Forse ho capito... Ma non è stato facile neanche per me! TVB..." E non ci diciamo altro e ci promettiamo di parlarne a scuola.

E così il giorno dopo, durante la ricreazione, ce ne andiamo in un angolo.

"Clod... Non è vero che hai baciato quel ragazzo anche tu quest'estate, vero?"

Clod mi guarda un po'"seria.

"Perché?"

"Dimmi se ci ho preso."

"Uhm..." annuisce dispiaciuta. E io le sorrido e alzo le spalle.

"Ma non è così importante. A me è capitato per caso, non me l'aspettavo. E andata così con Lorenzo."

"Sì, e poi con Gibbo e Filo! Stai già a tre! "

"Ma non me ne importa niente! Io devo baciare Massi."

"Pure!"

"Solo! Ho baciato quelli che non volevo quindi in un certo senso non vale."

Clod si mette a ridere. "Guarda che sei incredibile, hai la capacità di rigirare le cose come una frittata! Lo dice sempre mia madre..."

"Hi! Che cosa ha detto ieri quando ci siamo lasciate?"

"Ti ha attaccata..."

Cioè?

"Ha detto che non ci si comporta così. Ma io ti ho difesa, ho detto: "Senti mamma ma tu che ne sai? Non dire niente, non ne puoi parlare se non sai, non è giusto. E poi è una mia amicà. E lei:

"Sì, ma non è che perché è una tua amica allora può sbagliare!'. E io le ho detto: "Ma non ha sbagliato... si è trovata coinvoltà. E lei:

"Bè, allora spero proprio che tu non rimanga mai coinvoltà. "E invece sì!' le ho detto! "Spero proprio di rimanere coinvolta!' E sono scesa dalla macchina,"

La guardo. Mi ha difeso malgrado le dia fastidio quello che ho fatto perché lei non l'ha fatto. Mi ha difeso davanti a sua madre. Questa è una grande prova di amicizia. Le sorrido.

"Clod, non ti preoccupare. Accadrà quando meno te lo aspetti. Non è così importante." Allora mi guarda. Ha gli occhi un po'"filati di tristezza.

"Ho capito, ma siete tutte già così avanti. Alis è stata fidanzata tutto l'altr'anno con Giorgio, quello che stava in III D. Si baciavano pure all'uscita davanti a tutti. Sai com'è lei, lo faceva apposta, magari non gliene importava nulla, ma intanto lo faceva! Quand'è che io bacerò?"

Sorrido e allargo le braccia. "Presto vedrai, molto presto..." e così le metto il braccio intorno alle spalle, l'abbraccio e la porto via con me. "Ti offro la merenda, vuoi? Non l'ho ancora mangiata la mia. E" buona, pane all'olio e Nutella."

Ma quando l'apro ci rimango un po'"male. Oh no... Mamma ha cambiato. Ci ha messo dentro il salame, quelle fettine sottili sottili. Che pizza! Le ho detto di avvisarmi quando cambia quello che ci mette dentro! Oh niente, eh, lei è fatta così.

"Ma beata te che tua mamma ci pensa! " E detto questo mi sfila il panino dalle mani e da un bel morso. Quando stacca la bocca, è rimasto un semicerchio oltre la metà. Alla faccia! Ma non dico niente, la tengo abbracciata mentre continua a mangiarsi il mio panino. Poi si gira, mi guarda e sorride.

"Solo una cosa, Caro. Non t'azzardare a baciare Aldo!"

La stringo un po'"più forte.

"Non lo so, bella mia, proprio non lo so, ci devo pensare... Ma voi poi... mi volevate fregare Matt! E poi l'avete detto voi, siamo amiche dobbiamo dividere tutto! Giusto? E lasciami un po'"di merenda!" le frego il mio panino dalle mani e scappo via.

"Brutta..."

"Ciauuu! " Ma prima che lei mi prenda, sono già in classe.

Nel pomeriggio niente di speciale. Ottobre, dolce far niente... ma non era aprile? Boh. E poi piove. Che cavolo "piovi" a fare? Provo a fare un gioco. Un passo. Ti trovo. Due passi no. Tre forse domani. Quattro tra un po'. Cinque non fa per me. Invento un nuovo gioco sulle mattonelle quadrate di camera mia. Faccio un salto a occhi chiusi. Se coi piedi cado nella stessa mattonella, vale un passo e ritroverò Massi. Se invece ne tocco due non lo troverò più. Se per caso salto più largo e ne tocco tre forse è proprio domani che lo vedrò. Se poi ne tocco quattro lo rivedo tra una settimana e se però sono cinque ho proprio sbagliato tutto. Una volta nonna mi ha raccontato che esisteva il bacio della mattonella. O era il ballo? In ogni caso mi manca sia quello da baciare che quello con cui ballare, che poi per me sarebbe la stessa persona, Massi. Va bè, io ci provo. Ecco... ho saltato tenendo le gambe un po'"larghe. Non ci credo. Stessa mattonella. Massi... Ti troverò! E visto che oggi le cose mi vanno bene, decido di fare un test.

Ne ho trovati tanti in Internet, con domande diverse. Mi piacciono. Se poi uno va a rileggersi le risposte dopo del tempo, vede com'è cambiato!

Che ore sono? 19.00.

Dove sei? In camera mia.

Cosa stavi facendo? Ascoltavo i Tokio Hoel vedendo il video di By our Side su ou Tube.

Sei di buonumore? Abbastanza, ma meglio stamattina.

Cosa hai fatto ieri? Uscita con Alis e Clod.

Credi di riuscire a rispondere alle seguenti domande? Se non mi rapisce Huibù sì.

Ti piacciono i pigiami di Benetton? In che senso? Perché poi proprio quelli? Sei di parte?

Ti piace l'odore che fanno i fiammiferi appena spenti? Sì.

Ti piace farti abbracciare dalle persone alte? Sì, mi sembrano un tetto.

Fai spesso promesse? Solo quelle che posso manenere.

Sei fiducioso al momento? Sì.

Hai cambiato opinione su qualcosa recentemene? Sì, sui colpi di fulmine!

II posto dove sei davvero felice di non essere in questo momeno? In classe.

Il posto dove vorresti essere? In moto con Massi.

Vorresti chiamari Chantal? Ma anche no.

Che figura c'è sul tappetino del tuo mouse? Un cane.

Guarda alla tua destra, cosa vedi? Le mensole coi libri e lo sgabello.

Guarda alla tua sinistra... La porta.

Che cosa fai di solito il sabato sera? Di pomeriggio esco con Alis e Clod, dopocena solo qualche volta ma devo tornare alle 23 e stare vicino a casa.

Il locale che ti piace di più? La piccola sala da tè Ombre Rosse in Trastevere.

Ti piace bere? L'acqua sì.

Se dovessi cambiare look? Oserei l'emo... Ma non so se poi sarei bene. Convers o Vans, unghie nere, capelli stirati con frangia asimmetrica. Secondo me sarebbe meglio a Clod. Comunque ho trovao un sito ortissimo: www. starstyle. com per copiare il look delle star! Indovinate chi me l'ha detto? Alis!

Dopo il test sono uscita e sono tornata alla Feltrinelli a vedere se per caso passava di nuovo Massi. Mentre ero in autobus ho provato a immaginarmi la sua vita, quello che fa, chi è... Secondo me... No secondo me. Alcune cose le so. Allora: è romano, ha circa diciottodiciannove anni visto che se ne è andato con una bella molo sportiva, nuova. Deve essere quindi di buona famiglia. Potrebe anche abitare in centro. Oh, quasi cado! L'autobus balla che è una meraviglia. Va veloce questo conducente però... Mi tengo a una maniglia che penzola dall'alto cercando di non perdere l'equilibrio. Guardo fuori e per un attimo mi sembra di vederlo. Lo superiamo. No. Non è lui. Oddio ho le traveggole! Lo vedo dappertutto, ma questo è troppo alto! Però... Non è male. No, non va assolutamente bene, sta con una. E poi... molto meglio Massi. E comunque non riuscirei mai ad avere una storia con uno che ha già una. Ma scusa, siamo talmente tanti che proprio uno occupato dovrei andarmi a scegliere? Roba che poi lo baci che ha ancora il sapore di quell'altra che ha baciato prima. E" un po'"come se una baciasse direttamente lei. Puah! Che schifo. Eppure i giornali, la tivù non parlano d'altro. Io una volta che finalmente mi bacia uno come Massi me tengo stretto stretto, e chi se lo lascia più scappare? Anche perché io credo che lui sia veramente perfetto. Potrebbe essere un grande sportivo, mi ha detto che studia, l'ho conosciuto in una libreria quindi è uno che legge. E comunque non è un secchione perché poi è anche uno che conosce la musica. Mi ha regalato James Blunt! Ma conosceva pure Amy Winehouse e Eddie Vedder! Quindi deve essere proprio il massimo. Non solo... Per un po'"l'ho visto dentro la Feltrinelli e mica si è messo a giocare con quelle stupide Playstation o tutte quelle altre cose che fanno certi ragazzini. E anche certi grandi. In questo anche mio fratello è diverso da quelli che conosco. Oddio, non è che ne conosca poi così tanti... Comunque Rusty James per me è il massimo, dovrebbe essere così il mio ragazzo! Uno che ama scrivere, dipingere, fare foto, uno che ha una vena creativa, insomma sempre pieno di sogni. Il suo racconto poi era bellissimo. Mi è piaciuto un sacco e se lo hanno pubblicato deve essere piaciuto anche a certe persone importanti! Mica è raccomandato, quindi vuoi dire che è valido quello che ha scritto. Sicuramente ha colpito nell'immaginario. Oppure è andato lì dove c'è il giornale e ha portato l'articolo e magari il capo è una donna. Sì ecco, una donna un po'"più grande di lui. Anche questa cosa è strana. Ne succedono di tutti i colori... Anche il fatto che una donna si innamori di un ragazzo più giovane a me fa strano. Forse perché già quelli della mia età io a volte li trovo così infantili. Se dovessi essere più grande dei miei compagni di scuola, li considererei ancora di meno! Mah! E poi da sempre gli uomini hanno una donna più giovane accanto. Bè, nella storia ora non mi ricordo bene. Adamo ed Eva per esempio erano sicuramente come dico io, anche se di poco magari, visto che lei non è altro che il risultato della costola di lui. Certo che sono stati strani, stavano in un posto fantastico, senza traffico, con una pace, pieno di verde, senza scritte, senza smog, senza la scuola... No, insomma, in Paradiso, e c'era bisogno di rovinare tutto per mangiarsi una mela! E stai a dieta no? Oppure scegliti un altro frutto. Ti hanno detto di non prenderla, e non la prendere! Mica ci vuole tanto a resistere a una mela. E poi chi te l'ha detto! Mica uno a caso! Te l'ha detto Lui! E tu che fai? Te la prendi lo stesso! Ma allora te la cerchi proprio!

Mah, meglio non pensarci. Entro alla Feltrinelli. Alla fine queste librerie sono cambiate un bei po'"da prima. C'è molta musica, il bar interno, alcune televisioni, schermi piatti e video in continuazione. C'è una guardia che controlla tutti quelli che escono e non so perché ogni tanto c'è qualcosa che suona. Secondo me in realtà lui ferma le persone a caso, pensando forse dal loro viso o da come sono vestite che avrebbero potuto rubare qualcosa.

"Scusi signora..." e ferma una donna ma di un serio, di un serio che prima che quella rubi qualcosa io allora ho svaligiato una banca.

"Sì" e la signora sorride. Secondo me pensa che se la vuole rimorchiare!

"Posso?" La guardia si avvicina alla sua busta. La apre, prende lo scontrino che giace sul fondo e se lo mette davanti agli occhi e lo legge controllando quello che effettivamente la signora ha nella busta.

"Grazie..." Sembra tutto a posto. La signora non risponde. Alza il mento, poi tutta la testa e alla ne il corpo, e con fare altero, se ne va! Ci sperava proprio che la guardia ci provasse. E dopo questa scena troppo divertente decido di fare un giro. Passo tra gli scaffali. Niente. Di Massi neanche l'ombra. Ecco, era proprio qui dove ci siamo visti la prima volta. O meglio, dove ho incrociato il suo sguardo... e lui il mio. Mi prendo la cuffia e mi metto ad ascoltare di nuovo James Blunt, il cd che mi ha regalato. E se fosse un rito magico che lo fa apparire ogni volta? Chiudo gli occhi mentre lo ascolto. Tengo le mani sulle cuffie, muovo un po'"la testa. Ti prego fai questa magia. E canticchio anche un po'"mentre lo penso. I" eco, la traccia che piace a me sta per finire. Apro piano piano un occhio, poi l'altro. Niente. Il posto dove mi era apparso è vuoto. Poi nooo, non ci posso credere.

"Ciao Carolina. Ma non ce l'hai già quel cd? Non è quello che i i ha regalato il ragazzo che ti sei persa?"

E" Sandro, il solito commesso. Mi levo le cuffie. Ma possibile? È una specie di calamìta o calamità? Ogni volta che passo di qui c'è sempre lui... E mi becca sempre! Ma faranno pure dei turni, no?

"Oh, sì, è quello che ho, ma volevo risentire un pezzo... Mi è presa voglia."

Sandro alza il sopracciglio, sembra non crederci molto. Ma poi decide di fare il suo lavoro. "Pensavo avresti ascoltato i Tokio Hotel! Sai che è uscito il nuovo di Justin Timberlake, è fortissimo! Piace molto alle ragazzine della tua età."

lo guardo. Ma perché quanti anni pensa che io abbia? Boh! E sinceramente non me ne importa poi molto.

"Bè, a me non piacciono, preferisco i Finley comunque sono venuta perché devo prendere un libro."

"Oh, bene, finalmente lo hai finito quell'altro... Ti è piaciuto Zoe Trope?"

"Abbastanza."

Mi la compagnia mentre camminiamo in mezzo ai reparti. In effetti poi non ho letto nient'altro in questo ultimo periodo, vuoi perché la scuola mi prende un sacco di tempo, vuoi perché secondo me non c'è niente di buono da leggere. Insomma non uno di quei libri che appena li apri e li inizi ti colpiscono! Prima leggevo Piccoli Brividi che non erano male. Non mi piaceva molto Geronimo Stilton, mi sono invece divertita un sacco con Harry Potter, ma al terzo episodio ho mollato.

"Hai mai letto Moccia?" Sandro entra nei miei pensieri come una bomba a mano.

"No!" Sono l'unica forse che in classe non l'ha letto, ma credo che sia proprio assurdo che uno ci racconti delle storie come le sue.

"E come mai? È piaciuto un sacco, soprattutto alle ragazze della tua età!"

"Appunto per questo! Io non capisco perché parla solo di gente bella, senza neanche un brufolo, straricca poi, hanno macchine bellissime, vanno a tutte le feste, vivono in posti fantastici, poi si innamorano e finiscono tre metri sopra il cielo!"

Mi sorride. "Bè, certo alla gente piace il ricco e il bello ma poi c'è dell'altro Carolina, guarda che le cose non stanno proprio così..."

Oh, ma questo che è... un amico di Moccia? "Bè io la penso così... E poi ho visto il film con Scamarcio..."

"E ti è piaciuto?"

"Lui sì, il film insomma.." Passa una bella ragazza vicino a noi, deve essere la sua collega. Ha il cartellino anche lei, si chiama Chiara. "Ciao Sandro, sono arrivati i nuovi moleskine, se li cerchi li ho messi dietro la prima cassa."

"Ok." Lo vedo arrossire. Poi continuiamo a camminare. Si gira un attimo a guardarla. Lei cammina veloce, è alta, ha le gambe lunghe e forti e i capelli castani che le scivolano giù verso una gonna nera mentre sopra ha un gilè bordeaux come quello di Sandro, deve essere una specie di divisa.

"E" carina..."

Sandro mi guarda. "Già."

"E" molto carina."

Sandro mi guarda di nuovo, ma stavolta non dice niente, anzi cerca di cambiare discorso. "Sai qual è un libro che ti potrebbe piacere? I love shopping di Sophie Kinsella. Racconta come alla fine fare shopping sfrenato sia un'arte."

"A me già una che suggerisce come spendere un sacco di soldi, mi fa venire il nervoso".

Sandro si mette a ridere. "Sì, hai ragione, ti capisco."

Arriviamo davanti a delle pile di libri con sopra scritto Narrativa. Lo guardo. "Ma tu leggi molto?"

"Abbastanza, mi piace leggere e poi per fare bene il nostro mestiere credo che tu debba sapere veramente cosa vendi, conoscere le storie, cosa voleva dire quello scrittore o quell'altro... non puoi solo limitarti a sapere quello che racconta un libro dalla quarta di copertina o nei trafiletti in seconda o terza o nei pezzetti che leggi qua e là aprendolo a caso, o ancora peggio quello che ne dicono sui giornali i critici o quello che ti hanno raccontato magari vagamente i venditori. Un libro è un momento particolare nel quale alcuni personaggi prendono improvvisamente vita, leggendo quello che pensano, dicono, provano, vivono e soffrono, tu puoi capire se uno scrittore è bravo. Perché ogni sua parola è diventata parte di quei personaggi che così hanno preso vita... ma solo per chi li ha veramente letti loro sono realmente vivi. " E mi guarda e alla fine sorride. Avrà trent'anni.

"Cavoli... belle queste parole. Cioè forti questi concetti che hai detto... sei fortunato."

"Perché mi dici questo?"

"Non lo dico io. Lo dice sempre la mia mamma. E" fortunato chi fa il lavoro che gli piace. " Proprio in quel momento ripassa la sua collega Chiara. "Ehi, vi trovate bene voi due, eh? Chiacchierate un sacco! Che bello..." Poi si allontana. Sandro rimane così, estasiato, la guarda e sorride. Ahia... Prevedo guai. O felicità. "Sei doppiamente fortunato." Sandro mi sorride. "E tu sei molto furbetta. Tieni..." Prende un libro da uno scaffale. "Questo te lo regalo io."

Torno a casa e sono molto contenta. Ora mi è simpatico Sandro. All'inizio avevo pensato che fosse uno di quegli strani tipi ai quali piacciono le ragazzine, non che io sia così piccola, però insomma se uno di trent'anni entra in fissa con una come me, non deve essere normale. E comunque non ci starei mai io con uno di quell'età. Ma è un gran lavoratore e poi ama il suo lavoro e alla fine ho capito che la sua era solo simpatia. Anzi, ha proprio preso a cuore il mio disperato e fallimentare tentativo di rintracciare Massi... E questa cosa mi ha fatto pensare per un attimo che lui fosse un ragazzo di trent'anni circa al quale non piacciono le ragazzine come me... ma gli uomini. Non so perché mi era venuta in mente questa strana idea. Forse perché oggi mi sembra raro che la gente possa trovare il tempo di occuparsi di qualcun altro senza che sotto sotto non ci sia nascosta una ragione. Ma poi, dopo che ho visto come guarda Chiara, non ho più dubbi. Non è che gli piacciono le donne. Di più! E strainnamorato di quella bella ragazza e chissà se ha fatto qualcosa, che ne so, qualche tentativo, oltre che sbavarle dietro come uno stupido. Non c'è niente di peggio che farsi trovare così imbambolati di fronte alla bellezza dell'amore. E che cavolo! Mica

capita spesso nella vita. Io lo sapevo e infatti quando è arrivato Massi ero strapronta a giocarmi tutte le mie carte. E" stato il destino a farmi lo sgambetto. Il furto del telefonino non ci voleva proprio, era impossibile da immaginare. Basta, non ci voglio più pensare.

Sono all'autobus di ritorno verso casa. Ho trovato pure posto a sedere. Questo libro che mi ha regalato Sandro è troppo divertente. Pensi qualcosa, lo apri a quella pagina e lui ti da la risposta. È il Libro degli oracoli. Ed è un mito. Di solito ti fai un sacco di domande per conto tuo e non trovi mai la risposta e soprattutto non hai il coraggio di chiederle a nessun altro perché se solo sapessero quello che stai pensando, forse la maggior parte della gente si sbellicherebbe dalle risate. Invece avere tra le mani un libro come questo è perfetto. E oltretutto... non può ridere! Bè, la prima domanda mi sembra scontata, ma la devo fare per forza. Incontrerò di nuovo Massi? Chiudo gli occhi. Poggio le mani sul libro, così tanto per trasmettergli un po'"di fiducia e soprattutto fargli sul serio sentire la voglia che posso avere nel rivederlo... No, glielo voglio far capire bene. Poi apro gli occhi e apro sicura a circa metà libro. E la frase che troneggia al centro della pagina sembrava avermi letto nel pensiero.

"Non disperare. Accadrà presto."

Bene! Anzi... Benissimo! Era proprio quello che volevo sentirmi dire. Grazie libro. Tu sì che sai ascoltare le mie preghiere. Ma solo un'altra domanda, no? Così tanto per essere un po'"più precisi... Cosa intendi per presto? No, sai perché a volte presto può essere inteso come qualche giorno, o settimana, oppure mesi, anni! E insomma io quel presto lo vorrei interpretare bene. Così ci penso su, chiudo gli occhi, poggio la mano sulla copertina per ritrasmettere tutta la mia curiosità e riapro il libro a metà. Ea risposta stavolta va interpretata sul serio.

"Bisogna essere pratici. "

Dillo a me! Io sarei subito pratica con Massi! Che bora. Ma, libro mio, cosa vuoi dire? Che devo cercarlo ancora, devo sforzarmi di più? Oppure essere pratici vuoi dire lasciar perdere Massi e trovarmene uno nuovo, che è più facile? Insomma mille domande mi assalgono. Così sto per ritentare la lettura di una pagina del libro, quando capisco di avere un'unica certezza: ho saltato la mia fermata! Suono subito il campanello. Mi prenoto per la fermata subito dopo, solo che è lontanissima da casa!

"Scusi..." Mi rivolgo al conducente. "Che può fermarsi ora per favore? Ho saltato la mia fermata. La prego."

Mi si rivolge senza neanche guardarmi. "Non possiamo, è il regolamento..."

"Grazie, eh." Ringrazio ma in realtà penso ben altro. Che pizza, sbuffo e me ne torno alla porta centrale. E certo che non potete, che non lo so? Per questo gliel'ho chiesto così gentilmente! Ma che risposte sono? Ci vorrebbe così poco a essere gentili con il prossimo. Niente, che palle... mi tocca arrivare alla fermata dopo. Che poi, non potrebbero metterle un po'"più vicine? Una signora che ha sentito la mia domanda al conducente entra nei miei pensieri.

"Non possono aprire ogni volta che uno lo chiede, se no a che servirebbero le fermate?"

Mi guarda come a dire "Come fai a non capirlo da te?". Vorrei risponderle: "Sulle fermate posso essere d'accordo, ma a che serve invece una rompiscatole come lei? Guardi che quello lo so da sola! Invece cosa mi aggiunge lei, eh? Cosa mi dice di più?". Ma proprio in quel momento l'autobus si ferma, mi incollo alle porte e appena si aprono, salto giù di corsa e inizio a correre come una pazza verso casa.

Suono il citofono.

"Chi è?"

Io.

Salgo le scale di corsa. Suono la porta, mi apre Ale.

"Ciao..." Poi attraverso il corridoio. "Mamma. Sono tornata."

Ma dove sono? Non c'è nessuno in cucina. Le porte di vetro del salotto sono chiuse. Ale mi passa accanto. "Sono di là. Secondo me ne avranno per un bei po'... Io mangio." E se ne va in cucina. Magari la raggiungo. Prima però voglio sapere cosa sta succedendo. Sono troppo curiosa. E così mi avvicino. Sento la voce di mia mamma.

"Ma magari ci ripensa."

Mio padre che come al solito urla. "E certo, è per questo... E" colpa tua che ogni volta lo difendi! "

E attraverso uno spiraglio vedo la scena. Ci sono loro due e poi mio fratello. Rusty James serio in mezzo a loro. "Ma perché litigate? Perché alzi la voce, papà? Perché te la prendi sempre con mamma? Lei non ha colpa. E" una mia decisione. Ho quasi vent'anni... potrò prendere le mie decisioni, giuste o sbagliate che siano, o no?"

"No! Va bene? No, perché sono sbagliate! " mio padre urla di nuovo. "Non possono che essere sbagliate... E" chiaro? Lasci l'università! E cosa ci può essere di giusto in questo?"

"Che a me non piace fare Medicina."

"Eh certo, vuoi la passione. Vuoi diventare uno scenografo."

"Uno sceneggiatore. "

Mio fratello scuote la testa e si siede sul bracciolo della poltrona. Mio padre ricomincia. "Ah certo... e tutti i soldi che io ho speso

per farti studiare, per farti laureare in Medicina, per darti un domani un posto? Che ne fanno? Persi, tutti soldi buttati. Tanto a te che ti frega, no? "

Mio fratello sospira.

"Te li ridarò, va bene? Ti restituirò tutto quello che hai speso per me. Così non avremo più debiti. "

Vedo papà che si muove dal tavolo e arriva da lui e lo prende per il giubbotto e lo tira per la manica e lo fa quasi cadere dal bracciolo, strattonandolo con rabbia. "Senti non fare lo strafottente con me..." Rusty James quasi scivola. Si rialza e finisce davanti a lui, in piedi. Papà è più basso. Ma finiscono lo stesso per mettersi uno di fronte all'altro e mio padre lo prende per il bavero. "Hai capito? Eh? Hai capito?" Urla sempre più forte, con la bocca spalancata tenendolo per il collo del giubbotto con la sua faccia a un millimetro da quella di Rusty. Urla sempre più forte. "Hai capito o no?" Speriamo che non succeda niente. Sembrano quelle scene da film dove poi qualcuno ha un coltello o una pistola, oppure entra un tipo che dice mani in alto e comunque spara e insomma alla fine uno finisce sempre per terra, morto. Ma quello è un film, però. Mentre qui... Papà e Rusty si avvicinano sempre di più. Papà lo tiene per il collo del giubbotto. Rusty è irremovibile, duro, poi inizia a spingere con il petto per mandarlo indietro. Anche papà spinge, i suoi piedi scivolano sul parquet del salotto, sul tappeto rovinato. Papà indietreggia, Rusty lo spinge, papà resiste ma non ce la fa. Rusty sorride. Papà leva una mano dal bavero, gliela mette in faccia e Rusty James gira il viso dall'altra parte come un cavallo che scalpita, che sfugge al suo padrone, ribelle, rabbioso, imbizzarrito, è quasi lo scontro.

"Fermi, fermi!" Mamma si mette in mezzo a loro. Prima che sia troppo tardi, prima di finire sul giornale, prima che quello stupido gioco diventi qualcos'altro. "Fermi!" Meno male... se no sarei entrata io nella stanza. Bè, insomma, sì, forse lo avrei fatto. "Basta... Non litigate, non fate così..."

Rusty James si allontana. Respira profondo. Ha una faccia che non gli avevo mai visto. Anche papà respira, ma lo fa in maniera più veloce. Come se gli mancasse il fiato, se avesse fatto troppo sforzo in quello strano gioco, comunque violento, di spingersi. Poi ritrova la parola, si pettina quei pochi capelli scomposti e quasi annaspa quando comincia a parlare.

"Io non gli pago da mangiare e da dormire perché non combini un cavolo nella vita. Io mi sveglio ogni mattina all'alba e vado in ospedale a lavorare, ad aprire la strada per lui in modo che un giorno, dopo l'università, diventi medico e lui che fa? Lo strafottente, sputa sui soldi che gli ho dato, sul mangiare, sulla nostra casa."

"Io non ci ho mai sputato..."

"Lo stai facendo adesso! Dovresti avere rispetto! Dovresti avere almeno il coraggio di ammetterlo. Non ti sta bene? Allora non accetti neanche di stare qui e di mangiare per poi fare quello che vuoi... Dovresti avere il coraggio di andartene..." Papà lo guarda sorridendo, sfidandolo quasi... Poi si lascia cadere su una delle vecchie sedie del salotto. E continua a guardarlo quasi ridendo, con un'espressione beffarda, strafottente, con cattiveria, come lo può essere solo papà.

"Ma già, che sciocco... tu non hai coraggio..."

E Rusty James fa una cosa che non mi sarei mai aspettata. Mette la mano destra improvvisamente dietro, nella tasca dei jeans. Oddio tirerà fuori il coltello o peggio, la pistola come dicevo prima. Invece no. Tira fuori una busta. È una lettera. Guardo meglio. C'è scritto per mamma. Infatti gliela da "Tieni... è per te". E mentre gliela consegna guarda per l'ultima volta papà. "Vedi... Sapevo già quello che avresti detto. Sei scontato." E questa volta ride lui andandosene. Ma la sua è una risata triste, amareggiata, delusa, priva di vero divertimento. Faccio appena in tempo a nascondermi. Vado nell'altra stanza mentre lui esce veloce. Attraversa il corridoio e va verso la porta di casa. La sento sbattere. Allora torno subito al mio posto, nel mio nascondiglio da dove ho seguito fino a quel momento tutta la scena. Mamma ha aperto la busta, ha tirato fuori la lettera, la sta aprendo. E così mi avvicino un po'"di più alla porta. Ecco. Mamma comincia a leggere con gli occhi pieni di timore, su e giù velocemente destra e sinistra, divorando le parole come se cercasse qualcosa, qualcosa che già sa. E papà la guarda, forse infastidito, socchiude gli occhi, un po'"sconfitto dal fatto che Rusty James aveva già immaginato tutto. Poi sbatte la mano sul tavolo.

"Non lo so! Se mi vuoi leggere qualcosa anche a me! Così eh, chissà che ci sto a fare io in questa casa."

E mamma fa un lungo respiro, poi comincia: "Mamma, non prendertela, ma se ti ho consegnato questa lettera vuoi dire che ormai è andata così. Credo che tu sia una persona stupenda... Che fatichi ogni giorno, che ti svegli presto la mattina..."

"E" già! Perché invece io dormo, non faccio niente io, non lavoro io, no, vero?" Mamma si ferma un attimo. Lo guarda. Papà alza la mano verso di lei. "Sì, sì, vai avanti, vai avanti! "

Mamma ricomincia a leggere. "Questa lettera ormai la porto in tasca da sei mesi. E questa sera l'ho riscritta perché dicendo che avrei lasciato l'università a papà sapevo già quello che sarebbe accaduto, e che quindi non ci sarebbe stato più tempo per lasciartela. Sono stato bene in tutti questi anni..." Mamma si ferma un attimo, ha una specie di singhiozzo. Poi fa un respiro lungo, un altro e poi un altro ancora più lungo, e ricomincia a leggere. "Ma credo che a vent'anni io debba ancora cercare di essere felice. Quando papà mi ha iscritto a Medicina, ho cercato in tutti i modi di fargli capire che quello non era ciò che avrei voluto fare nella mia vita. Ma lui niente, testardo com'è, con il fatto che pensa di conoscere tutti i baroni medici...".

"E certo, perché invece li conosce lui i veri sapientoni. Ma voglio proprio vedere che farà se non studia, che fa? Come mangia? Dove va a stare? Tanto qui deve tornare!"

Mamma lo guarda e stringe gli occhi, improvvisamente si indurisce, papà non sa che se uno le tocca Rusty James lei può diventare una tigre.

Poi mamma fa un respiro lungo, ancora più lungo dei precedenti e riprende a leggere.

"So tutta la tua fatica, la tua pazienza e il tuo amore, e non ho dubbi che tu capirai la mia scelta di lasciare Medicina e di fare quello che veramente mi piace: scrivere. Ti ricordi quando ti leggevo i temi di italiano? Tu una volta mi hai detto che ti divertivano, che facevano ridere e poi ti commuovevano. Ecco mamma. Io vorrei che tu capissi che in qualche modo mi hai dato tu il coraggio di non ignorare la mia passione. Non voglio vivere una vita triste fatta di giorni uno dopo l'altro a sperare solo che il tempo passi, senza un sorriso, un'emozione, la speranza di un successo desiderato, sì, magari cadere ma poi però rialzarsi e rimettersi ancora con più impegno a cercare di riuscire, di farcela. Ho la possibilità di vivere quell'entusiasmo che anche tu in qualche modo hai dovuto soffocare. Voglio diventare uno scrittore, scrivere per il cinema, per il teatro o scrivere un romanzo, mi piace leggere e studiare e conoscere i testi di altri, quello che non è mai interessato a papà. Mille volte ho cercato di comunicargli il mio desiderio e ogni volta aveva qualcosa di meglio da fare: guardare la partita, leggere il "Corriere dello Sport", andare a giocare a carte con i suoi amici. Non credo neanche che gliene importi veramente molto della mia decisione. Lui è così, non può ammettere che gli altri abbiano almeno loro una passione. Grazie mamma per tutto quello che mi hai dato, e soprattutto perché sei stata tu a darmi questo coraggio. Ne sono sicuro, non poteva che arrivare da te e puntare in alto, fare una vita diversa da quella che qualcun altro, senza amore nei miei confronti, avva già deciso per me."

Papà non ci vede più. Si alza di botto, sfila di mano a mamma a lettera. "Brava. Brava, hai visto? È colpa tua se mi tocca sentire a quest'ora, dopo una giornata di lavoro, tutte queste stronzate!" E la strappa in almeno tre pezzi.

"Nooo! Fermo! " Mamma gli si avventa addosso. E lottano. E riesce a fermarlo prima che la faccia in mille pezzi. Poi cadono a terra alcuni frammenti di quella lettera. Mamma si piega, comincia a raccoglierli mentre papà scuote la testa ed esce dal salotto. Faccio una corsa e mi infilo di nuovo nel mio nascondiglio e vedo passare anche lui che se ne va in camera da letto. E sbatte la porta. E" il segnale. Esco di nuovo. E piano piano entro nel salotto. Mamma è in ginocchio, sta raccogliendo ancora dei pezzi della lettera, poi mi vede, mi guarda con il viso un po'"dispiaciuto, ha gli occhi teneri e tristi, anche un po'"lucidi, come se volesse piangere ma frenasse le sue lacrime. Allora mi chino vicino a lei, e piano piano l'aiuto a raccogliere tutti quei pezzetti di carta. E poi, quando per terra non c'è più niente, ci alziamo e li disponiamo sul tavolo, e inizia a metterli insieme. E cerchiamo di allisciarli perché alcuni pezi sono troppo rovinati. E io non so perché ma me ne esco così: "E come fare un puzzle...". E non vorrei averlo mai detto, ma per fortuna lei sorride. Poi quando finalmente abbiamo indovinato tutti gli incastri e ogni frase anche se spezzata ha il senso giusto, il suo significato, mamma si allontana, va all'armadio, quello con le vetrine, con i vecchi piatti importanti he usiamo solo per le feste. Apre un cassetto e tira fuori lo scotch, lo porta al tavolo e inizia a farlo scorrere, ne fa una striscia lunga i poi lo strappa con la bocca perché i dentini della macchinetta on funzionano più. Prende quel primo pezzo e lo attacca sul folio, così da fermare quelle parole strappate e io con tutte e due le mani tengo ferma la pagina. E in silenzio fa combaciare bene il primo pezzo di carta. Poi prende un altro pezzo di nastro adesivo, lo tira, lo taglia con i denti e lo mette su un altro strappo, questa volta dall'alto verso il basso. E mi guarda, e mi sorride, piena di dolore. Poggiando la sua mano sulle mie, allisciando il foglio, spingendo sullo scotch appena messo perché tenga meglio. E continuiamo così, in silenzio, per un bel po'.

Alla fine mamma tira su dal tavolo delicatamente quel foglio riparato. Lo tiene con tutte e due le mani. Sembra una pergamena appena ritrovata, tirata fuori da chissà quale scavo, con sopra segnate le indicazioni per chissà quale tesoro. Mamma sorride. Il suo tesoro. Il nostro tesoro. Rusty James... per ora scomparso.

"Ehi ma si può sapere che state facendo? Ma non venite a mangiare?" Ale compare sulla porta. Sta praticamente ancora masticando. "Oh. Io ho finito! Mi ero rotta di aspettare... Vado in camera mia!" Mamma non dice niente. Io ho un solo pensiero: ma invece di Rusty, non se ne poteva andare lei?

E così andiamo in cucina e mangiamo io e mamma. Mi fa un piatto di spaghetti al pomodoro, buonissimi. E anche se dovrei stare un po'"a dieta, in realtà sono salita solo di mezzo chilo e ne avevo persi due quindi posso ancora permettermelo, decido di gustarmelo senza problemi.

"Uhm buona questa pasta! Pizzica un po', ma mi piace..."

Mamma sorride. Ci ha messo del peperoncino! E mangiamo sorridendo, chiacchierando del più o del meno. Decido di raccontarle di Massi, così, tanto per distrarla.

"Sai mamma, ho conosciuto uno..."

Ma la vedo improvvisamente cambiare espressione. Quest'argomento mi sa che non la distrae molto... Anzi, la preoccupa! Così cambio subito direzione. "All'inizio mi piaceva ma dopo che ci ho parlato un po'"non mi è piaciuto più. Ma è normale? Ci sarà mai uno che mi piacerà fino in fondo?" E così con questa ultima falsa domanda, la vedo distrarsi per bene.

"Oh sì, non ti devi preoccupare di questo, ogni cosa ha bisogno del suo tempo..."

E continuiamo così e l'ascolto mentre l'aiuto a sparecchiare. Mettiamo i piatti sporchi nel lavabo, a sinistra, e lei parla, parla, mi racconta di quando era piccola come me... del primo ragazzo che aveva conosciuto. E ogni tanto le faccio anch'io qualche domanda. "Ed era un bel tipo?" E mamma sorride. E io non mi sento in colpa per Massi, sì, le ho detto che non mi piaceva ma così, per rassicurarla, se poi mai un giorno lo dovessi incontrare, mamma mica sa che era proprio lui la persona di cui parlavo e che magari continuerà a piacermi. Mi sbuccia una mela, me la mangio con lei e poi me ne vado a letto con la sua solita raccomandazione. "Caro... i denti."

"Certo..." Poi mi infilo a letto. Ma li sento litigare. Papà e mamma. Urlano, discutono, sbattono anche le porte e tanti altri rumori forti. Così mi metto l'iPod. Dalla mia stanza si vede quella di mio fratello. La porta è ancora aperta. Rusty James non è tornato. Lo sapevo, sta resistendo. Lui è fatto così. Non credo che tornerà. E per un attimo mi piacerebbe chiamarlo e dirgli due cose e fargli sentire che comunque mi dispiace quello che è successo, che è mio fratello e che già mi manca. Ma ci sono momenti in cui bisogna resistere alla voglia di fare una telefonata, che magari uno è arrabbiato e ha bisogno di stare da solo, di non sentire nessuno, neanche quelle persone che ti vogliono più bene. Ma al libro degli oracoli, almeno quello che vorrei tanto sapere glielo posso chiedere. Me lo poggio sulla pancia. Ho la cuffia dell'iPod alle orecchie. Ho messo random, così capita una canzone a caso. Mi piace restare sorpresa dalla scelta musicale che capita, finisci per sentire una traccia che non ti aspetti perché non l'hai scelta tu, ma chissà, potrebbe avere qualche signicato... Poi metto la mano sulla copertina del libro. L'accarezzo ed esprimo con chiarezza la mia domanda:

Tornerà presto Rusty? Poi dopo qualche secondo apro. Me lo poggio dritto sulla pancia per poterlo leggere meglio.

"Alcune cose è meglio che vadano così." E leggendo quella frase mi sento morire. Non ci credo. Non è possibile. No. Non tornerà mai più. E quasi mi viene da piangere. E come se non bastasse proprio in quel momento dall'iPod parte. Ligabue. "Questa è la mia vita... sempre io che pago... non è mai successo che pagassero per me... " E delle calde lacrime mi scendono sulle guance e mi sento improvvisamente sola, senza quella certezza che solo lui sapeva sempre darmi: mio fratello. E continuo a piangere. Vorrei tanto dire a qualcuno tutte le cose che in questo momento mi passano per la mente. Ma non so a chi rivolgermi. Oppure vorrei che ora improvvisamente nella mia stanza entrassero mio padre e mio fratello e mi dicessero: "Scusa Caro, non piangere! Era uno scherzo". Ma non è così. E non sapevo quante altre cose sarebbero cambiate.

Silvia, la mamma di Carolina

Sono la mamma di Carolina. Mi chiamo Silvia. Ho quarantantun anni, non mi sono laureata, ho fatto il linguistico e non mi è servito a niente. Lavoro in una tintoria. Il mio sogno è vedere felici i miei figli. Davvero. Tutti. Soddisfatti e capaci di camminare con le proprie gambe. Questo è il motivo per cui mi alzo al mattino e rientro stanca dopo tante ore. Ma non mi pesa. Sono i miei figli e li amo tantissimo. Così diversi, fragili. Giovanni e Carolina hanno legato molto e so che si daranno sempre una mano e questo mi tranquillizza. Alessandra ha le sue manie estetiche e certe debolezze che a volte la fanno comportare un po'"diversamente da com'è in realtà. Perché Ale è buona, io lo so. Giovanni è così bello. E bravo. Non tanto all'università, perché ha dato pochissimi esami e so, sento che non è la sua strada, che la fa controvoglia solo per far contenti noi e specialmente il padre. Parlo dello scrivere, di come riesce a farmi commuovere quando racconta qualcosa. Anche Carolina lo dice sempre. Lei ci crede. Come vorrei che Rusty James, come lo chiama Carolina, riuscisse nel suo intento. Se lo meriterebbe proprio. Ma ho paura che resti deluso. Suo padre non lo appoggia e come lui faranno anche altre persone che pensano che quello dello scrittore non è un mestiere ma solo una passione che non ti fa mangiare. Si sente dire che pubblicano solo quelli che hanno delle spinte e lui di certo non le ha. Non abbiamo conoscenze importanti per aiutarlo, purtroppo. Non in quel campo. Dario, mio marito, ha speso tempo e attenzione nei confronti dei "baroni", i medici che girano in camice per i corridoi dove lavora. Spero che Rusty James abbia la forza necessaria per affrontare tutti i "no" che riceverà e che nonostante questo non si fermi mai. Mi piacerebbe sapere di avergli anzitutto insegnato questo, ai miei figli: che la vita è nostra e nessuno ci regala niente, che siamo noi a costruircela in base a quello che vogliamo davvero. Ma bisogna crederci tanto, altrimenti accadrà l'esatto contrario. Le nostre paure prenderanno il sopravvento e saremo noi stessi a mandare in aria tutto, continuando a incolpare di ciò gli altri. La mia vita è semplice e magari agli occhi degli altri potrebbe apparire modesta e senza soddisfazioni. Non è così. Vivo come so vivere e nel modo che mi permette comunque, pur con tanti sacrifici, di mandare avanti la mia famiglia. Una famiglia che ho fortemente voluto così com'è. E Carolina, la mia Caro che alla fine è quella che mi capisce di più, ogni tanto mi dice che mi stima e che non serve che io guadagni tanti soldi o che faccia chissà che lavoro "chic". Dice che sono una brava mamma, onesta e vera. E di questo io vado fiera.

L'amore. Nella mia vita avrei voluto che fosse stato come quello tra i miei genitori, ma un sentimento così è davvero raro. Non sono invidiosa, amo mio marito ma so che forse lui, col tempo, si e un po'"perso nelle sue frustrazioni. In fondo è un uomo buono e ini ricordo quanti progetti e idee aveva da giovane, quando voleva spaccare il mondo e regalarmi il "benessere". Forse non ha mai capito, perché magari non sono stata capace di farglielo sentire, che il mio "benessere" sarebbe di sentirlo un po'"più sereno, di non vederlo scattare e urlare come a volte fa. Anche se so che è solo il suo modo di dimostrare amore, di chiedere comprensione. Cosa sogno? Che i miei figli mi rendano fiera di loro e possono farlo solo in un modo: essendo davvero felici, coraggiosi, forti e fiduciosi nella vita. Consapevoli sempre che essere vivi è davvero un regalo meraviglioso, che gli altri, tutti, anche quelli che ci sembrano diversi o distanti, hanno qualcosa di buono in fondo, se solo si da loro fìducia. Che non importa avere pochi o tanti soldi, perché i veri valori, quando sono radicati dentro, sono una ricchezza inesauribile. E" così che ho sempre cercato di vivere. E ne sono felice.

Novembre

Quando avrò ottant'anni vorrei poer dire che ho:

- passato un week end in Alaska.

- Fato danza del ventre.

- Baciato più di cinque ragazzi e per ultimo Massi.

- Comprato un vestito bianco lungo.

- Usato un tostapane a scatto.

- Comprato uno di quei mega frigoriferi americani.

- Bevuto un caffè col cantane dei Finley!

Sono andata con mamma a fare un giro al cimitero. Ogni volta che vado poi mi devo consolare con Alis e Clod. Magari un gelato e un giro. Mi mette addosso una tristezza... Mamma si mette lì e sistema i fiori appena comprati dal fioraio nel gabbiotto davanti. Io non so mai che dire. Tutte quelle persone nel ricordo del loro dolore. Qualcosa che non capisco bene, perché per fortuna ancora non ho perso nessuno. Ho ancora i miei nonnetti, Luci e Tom, e tutte le persone più care con me. Forse per questo mi sento a disagio lì. Lo so, potrei non andare, ma mamma me lo chiede sempre, mi dice di farle compagnia perché altrimenti sarebbe sola. Papà non va mai al cimitero. Figuriamoci Ale. Prima l'accompagnava Rusty, ma ora l'ha chiesto a me, e poi mi spiace lasciarla sola. Lì ci sono alcuni suoi zii. Le do una mano a prendere la scala, le passo i fiori, prendo l'acqua, gliela do. E lei si mette a sistemare. Mentre l'aspetto faccio dei giri e leggo sulle lapidi più vecchie le scritte, le preghiere. Ce ne sono di brevi e suonano un po'"strane. Poi osservo quelle foto sbiaditissime in cui si riconoscono a malapena i tratti dei volti. E quei nomi che quasi non si usano più, nomi lontani come quelle vite... Poi mamma mi ha chiamato e ce ne siamo andate. Così. Come siamo venute.

Novembre è stato un mese di quelli strani, un mese di passaggio, di quelli che non dimenticherai mai facilmente nella vita. Per la prima volta mi sono sentita... come dire... donna. E questo grazie a mio fratello. Era un venerdì. Il venerdì è sempre un po'"strano quando sei a scuola. Forse perché senti che stanno arrivando sabato e domenica e così si fa ancora più casino.

"E dai, non farglielo! Le fai prendere un colpo! "

Ma Cudini non ha voglia di sentire nessuno. Che tipo che è. Magro magro e alto alto. Porta sempre delle felpe bellissime, dice che gliele regala un suo zio dall'America, uno che è sempre in giro per lavoro. Oggi ne ha una pazzesca, militare, un blu misto grigio e verde, direttamente da Los Angeles. Lo zio di Cudini compra di tutto all'estero e lo porta in Italia: film per la tivù, oggetti per i negozi, quadri per amici, costumi per ragazze, magliette e jeans per le jeanserie, birra per i locali. E ha sempre un biglietto aereo aperto, anche per suo nipote. Oltre a tutti i regali che gli fa. E Cudini ama le felpe e soprattutto ama fare questo scherzo alla prof Fioravanti, quella di educazione tecnica. Lo chiama "il cascamorto". Mette il cappuccio della felpa attaccato all'attaccapanni in classe e poi si lascia cadere giù a peso "morto" come dice lui! E quando arriva la prof Fioravanti, bè, ne succedono di tutti i colori.

"Eccola, eccola, arriva!"

Alis rientra di corsa in classe. La diverte un sacco fare il palo. "Via, via, tutti a sedere! "

Prendiamo tutti posto, ognuno torna al suo banco e sembriamo proprio una classe perfetta quando la Fioravanti entra. Si ferma proprio alle spalle di Cudini appeso all'attaccapanni.

"E che succede? Siete così buoni e silenziosi... Che è successo? Mi devo preoccupare?"

Non fa in tempo a finire che Cudini inizia a scalpitare, a sbattere, a dimenarsi, urlando poi "Ah ah!" Grida come un folle, come un corvo colpito, come un uccellaccio rapace che si allontana in chissà quale vallata. E agita le braccia e muove le gambe, appeso per il cappuccio della felpa e fa sbattere forte l'attaccapanni al muro. "Ah, ah..."

La Fioravanti fa un salto.

"Aiuto, che succede!" Si porta la mano al cuore. "Che spavento! Ma cos'è?"

E vede quella specie di pipistrello umano attaccato al muro che urla, strepita e si dibatte. "Ah ah ah..." urla a più non posso Cudini!

Allora la Fioravanti prende la sua cartella e gliela da addosso più volte sulla schiena, con forza, cercando di placare quello strano animale. Cudini sotto tutte quelle botte sulla schiena alla fine inciampa, non riesce più a reggersi bene sulle gambe e perde l'appoggio. Rimane appeso solo per la felpa a quell'attaccapanni e alla ne si lascia andare. La felpa si tira tutta, il cappuccio rsiste, lo tiene ancora per un po'... ma poi Cudini cade giù tirandosi dietro l'attaccapanni di legno, che si stacca con tutti gli stop e cade a terra con un gran botto. "Ahia! " Cudini rotola a terra e l'attaccapanni gli arriva addosso. Noi scoppiamo a ridere, un boato, qualche altro pazzo sale in piedi sul banco, tutti urlano, fanno casino, inventano versi di strani animali. "Hiahia!" "Giù giù!" "Roar roar!" "Sgrumfsgrumf!"

La Fioravanti con la sua cartella continua a colpire Cudini anche adesso che è a terra sotto il legno. "Prendi questo e questo..."

"Ahia! Ahia, Prof! Prof, ma sono io! "

Finalmente riesce a togliersi l'attaccapanni di dosso, via il cappuccio della felpa e mostra il suo viso. "Cudini! Sei tu? Pensavo a un ladro!"

Cudini si rialza indolenzito. "Ahia, ahia... Mi hanno fatto uno scherzo, i compagni mi hanno attaccato lì..."

"Ma come mai ti fanno questo scherzo ogni volta, proprio a te! E ci caschi sempre. E dire che non ti faccio scemo!"

E a questo punto Cudini non ha potuto dire più nulla. Si è preso una bella nota e ha dovuto passare il pomeriggio a seguire i lavori per ristuccare il muro e rimettere a posto l'attaccapanni. E soprattutto ha dovuto presentare il conto del muratore ai suoi genitori. Sembra non abbiano usato la cartella della Fioravanti ma direttamente i calci, quelli di suo padre. Comunque tutto il pezzo dello scherzo del "cascamorto" è stato ripreso da Bettoni, amico da sempre di Cudini, con il suo telefonino, con tanto di zoom. E poi l'ha messo sul sito www. scuolazoo. com e sembra sia entrato in classifica! Comunque non ci siamo mai fatti tante risate come oggi. Ma quello che mi ha sorpreso di più è accaduto all'uscita. "Ciao Gibbo! Ciao Filo." "Ehi Clod, ci sentiamo dopo?"

"Certo, che fai?"

"Forse Alis voleva andare a fare una passeggiata in centro." E proprio in quel momento "Peee peee!" sento il clacson. E non posso non riconoscerlo. E" lui! Mio fratello. Non lo vedevo ne sentivo da una settimana. E mi dispiaceva. Cioè pensavo che tornasse a casa subito dopo l'ultima litigata con papà, o magari dopo un giorno, massimo due. Invece ha resistito una settimana fuori, non so da chi ha dormito, e poi è passato a prendersi tutta la sua roba! Che fico Rusty James! Cioè, da una parte mi mancava, ma mi piacciono le persone che quando dicono una cosa poi la fanno.

"Allora che fai?"

Mi sorride da sopra la sua moto, una bellissima Triumph blu con le marmitte tutte in argento, cromate e un sellino lungo, nero, in pelle.

"Vieni con me?" E mi guarda, allungando un secondo casco. "Ho una sorpresa." Poi fa un sorriso pazzesco. Non c'è niente da fare. Mi piace troppo Rusty James. E sempre abbronzato, forse perché ha la carnagione scura e i denti così bianchi che risaltano ancora di più. Forse perché va in moto e sta sempre in giro. Oppure perché come dice mamma: "II sole bacia i belli!". Bè, non lo so. Comunque corro verso di lui, gli sfilo il casco e me lo metto veloce e poi l'abbraccio e monto al volo, poggio il piede sulla pedalina et voilà, metto l'altra gamba dall'altra parte, come se montassi sulla cavallina. Mi stringo forte intorno alla sua vita. E Alis e Clod e anche le altre ragazze mi guardano. Rusty piace un casino... anche di più! Tutte vorrebbero un fratello così o anche un amico o un uomo, insomma in un modo o nell'altro tutte vorrebbero stare ora al posto mio... Ma ci sto io!

"Ciauuu!"

Riesco a salutare liberando il braccio destro verso di loro. Ma è un attimo. Rusty ha messo la prima e la moto schizza in avanti. Faccio appena in tempo a riabbracciarlo che voliamo via in mezzo al traffico. Vento tra i capelli. Mi guardo nello specchietto davanti. Ho gli occhi socchiusi e punte di capelli, ciocche biondo chiare escono dal casco. Trovo gli occhiali RayBan dentro la mia sacca. Me li metto con una mano sola, lentamente, la stanghetta all'inizio mi si impiglia un po'"tra i capelli, poi dietro l'orecchio, poi finalmente è a posto. Ecco, così. Ora il vento mi da meno fastidio. Ora vedo bene la strada. Lungotevere. Direzione centro. Ci stiamo allontanando da scuola, da casa...

"Ehi, ma dove andiamo?" urlo per riuscire a farmi sentire.

"Cosa?"

"Dove stiamo andando?"

Rusty James sorride. Lo vedo nello specchietto, che incrocia il mio sguardo. "Ti ho detto che è una sorpresa!"

E accelera un po'"di più e io lo stringo forte e fuggiamo via così, lontano da tutto e tutti, persi nel vento.

Poco più tardi. Rusty James rallenta, scala le marce e prende a sinistra. Scende giù, lungo il fiume. Si alza sulle pedaline della moto per saltare l'ultimo piccolo gradino. Faccio lo stesso per non sbattere il sedere sul sellino. Mi vede e sorride. "Brava! "

Poi saltiamo giù tutti e due, ci risediamo e lui riprende a correre, scala le marce, accelera, da gas, così, via, lungo la pista ciclabile, lungo il fiume, ora più vicino.

"Ecco..." Poco dopo rallenta. "Siamo arrivati..."

Spegne la moto in corsa e fa gli ultimi metri nel silenzio della campagna lì intorno. Solo qualche gabbiano più in alto interrompe con i suoi versi il tranquillo scorrere del Tevere.

Rusty James mette il cavalietto e mi aiuta a scendere.

"Sei pronta?! Ecco qua..."

Mi mostra un bellissimo barcone davanti a noi. "Da oggi quando mi cerchi mi puoi trovare qua. Prego! "

"Ma dai... sul serio è tuo? E l'hai comprato?"

"Ehi, ma per chi mi hai preso? Dai sali."

Mi fa passare avanti. "No, no, vai per primo tu."

"Ok."

Così sale per primo sulla passerella che unisce il barcone alla riva.

"Forse un giorno lo comprerò, ma chissà. Per adesso sono in affìtto e ho pure ottenuto un buon prezzo."

Non glielo chiedo. Già ho fatto una bella cretinata a pensare che se lo poteva comprare. Ma ci pensa lui a soddisfare la mia curiosità.

"Ci pensi, me lo hanno dato a soli quattrocento euro al mese."

Soli penso io! E" quello che riesco a mettere da parte in un anno. Ma se mi ha detto così vuoi dire che è un prezzo fantastico e che mi devo far vedere entusiasta.

"Bè, bravo... mi sembra buono."

"Buono? E ottimo. Allora, questo è il salotto" e mi mostra una stanza grande con un tavolo al centro e delle poltrone vecchie abbandonate di lato. E" tutto molto vecchio e molto rovinato ma non glielo voglio far notare.

"E" grande come salotto..."

"Sì, è un po'"antico, non è abitato da tanto. Vieni, questa è la cucina."

Entriamo in una stanza tutta bianca, molto luminosa. Ha una vetrata in alto e in fondo una scala che porta sul tetto. Al centro ci sono dei grossi fornelli, tutti fatti in ferro, e non sono per niente arrugginiti.

"Vedi" apre uno sportello. "Qui sotto ci va la bombola del gas. "

"Come al mare!"

Lo diciamo insieme e ci mettiamo a ridere. E lo guardo un attimo e rimango in silenzio. Allora Rusty James allunga la mano destra.

"Sì, lo so a cosa stai pensando, dai, facciamolo..."

Allora tutt'e due avviciniamo la nostra mano destra, poi uniamo i mignoli, sorridiamo e facciamo quella strana altalena coi mignoli uniti: "Uno, due, tre... Floc! ". E li liberiamo.

"Bene!" Si mette a ridere. "Allora quello che abbiamo desiderato, si avvererà !"

E chiaramente non gli dico il mio desiderio, se no non si avvera, e non lo dico neanche a voi. Ma tanto lo potete immaginare, no?

"Vieni, questa è la camera da letto..." poi apre una porta in fondo. "Con il bagno... Che te ne pare?"

Io allargo le braccia e tiro su le spalle. "Bè, non so proprio cosa dirti. E... è... bellissima" e poi torno verso il salotto. "È enorme, c'è un sacco di spazio!"

"Già, qui voglio mettere un tavolo per me. Qui due quadri, qua un piccolo armadio..." Rusty gira per tutto il salotto e mi indica ogni punto. "Qui delle tende bianche, qui più scure, qui una lampada da terra, qui il mobiletto della televisione con sopra la tivù. Qui un divano grande per vederla e qui un tavolo basso dove mettere delle cose..."

Lo seguo, mi piace, sembra avere le idee chiare su come disporre le cose e i colori e le luci.

"Da questa parte, che ho visto che sorge il sole, voglio mettere delle tende celesti, e qui fuori dei fiori" poi si ferma. Sembra tranquillizzarsi. "Ci vorrà un po'"di tempo per trovare tutte queste cos, oltre naturalmente a un po'"di soldi."

Mi guarda e mi fa tenerezza e per la prima volta mi sembra un po'"più piccolo di quello che è. Ma è solo un attimo.

"Oh, ma non c'è problema... Qualche soldo da parte già ce l'ho, sto continuando a scrivere e propongo in giro le mie cose, prima o poi qualcosa uscirà. E" che ormai i divani, i mobili e i tavoli non ne parliamo... costa tutto moltissimo!"

"Bè, però c'è quel posto, come si chiama, fanno sempre la publicità nei cartelloni per strada, dove tutto costa pochissimo! Ah, si, Ikea. L'unica cosa è che poi te li devi montare da solo!"

"Oh, lo sai Caro che mi hai dato una bellissima idea! Aspetta che faccio una telefonata..." prende il telefonino dalla tasca e spinge qualche tasto. Non ci credo. Rusty James ha anche il numero di Ikea?

"Mamma..." mi guarda e sorride, "ciao, sono qui con Caro. Ti volevo dire che torna più tardi... Sì, mangia con me, ok? No, non da McDonald" s, giuro! Eh? Quando ci vediamo... Quando ci vediamo..." Mi guarda e fa l'occhietto. "Presto, molto presto... ti devo far vedere una cosa... Eh, sì, appena è pronta ci vediamo! Ok, sì, ti chiamo presto. Ciao, mamma." Poi chiude il telefono. "Hai visto? Fatto! Giura che non le dici niente. Voglio farle una sorpresa e invitarla quando è tutto sistemato."

"Giuro!"

"Bene, allora andiamo."

"Dove?"

"Come dove? Sei stata così geniale... da Ikea!"

Bè, dopo poco eravamo già arrivati e vi giuro che non mi sono mai divertita tanto. Allora, per prima cosa abbiamo mangiato lì ed è stato un po'"come andare in Svezia. Cioè, in realtà non ci sono mai stata, però c'è una specie di selfservice dove i nomi dei cibi sono svedesi, i piatti e anche i disegni e anche quello che mangiamo. Tranne i cassieri che dovevano essere del Tufello o giù di lì, visto che parlavano un romanaccio che a parte qualche amico portantino di papà al Policlinico dove lavora lui, non avevo mai sentito. Comunque abbiamo preso un trancio di salmone buonissimo con delle patatine al forno da sogno e poi uno strano pane nero sempre svedese, con la mollica piccola e compatta che ti fa pensare che non ingrassi poi tanto! E questo pensiero in fondo mi ha rincuorato. E poi è stato bellissimo. Ikea è una vera città! Piena di mobili di ogni tipo, camere, camerette e vetrate e finestre e tende, salotti, tutto già montato così ti puoi fare un'idea. E ancora piatti, bicchieri, lampade, asciugamani, candele. Insomma, qualunque cosa cerchi lì c'è! E così siamo andati in giro e ci ha accompagnati un commesso, un certo Severo, che nome, eh? Che poi tutto era meno che veramente severo, anzi... Praticamente io e Rusty James facevamo fìnta di essere una coppia e io potevo decidere sempre, come accade a volte veramente in alcune coppie. Alla fine è sempre la donna che fa le scelte, soprattutto se si tratta di cose per la casa. E l'uomo... bè, l'uomo paga!

"Ecco, Rusty, vorrei quelle di tende, con quel comodino e poi quel tappeto per la camera e poi quel tavolo e poi quello... poi quell'altro..." E Rusty ride e dice di sì e mi fa scegliere tutto. E solo ogni tanto su certe cose mi ci fa riflettere su. "Ma non è meglio che lo prendiamo un po'"più chiaro? Ti ricordi la cucina? È bianca."

"Sì, è vero, hai ragione."

E Severo continua a guardare in basso i codici di ogni cosa che scegliamo. E alla fine abbiamo preso un sacco di roba.

"Ecco fatto, ci dovrebbe essere tutto! " Severo passa il foglio a Rusty che controlla l'elenco.

"Sì, tutto a posto."

Poi vanno insieme verso la cassa. Severo gli spiega che se paga una piccola cifra in più gli consegnano i mobili tra due giorni al barcone e se paga un'altra cifra, glieli montano addirittura loro.

"No, a quello ci penso io, ma se me li portano con un furgone fino a lì non è male."

Così Rusty James firma e andiamo tutti contenti verso l'uscita.

"Aspettate, aspettate..."

Severo ci corre dietro.

"Vi siete dimenticati questo..." e ci da una fotocopia con tutto quello che abbiamo scelto e poi un catalogo di Ikea. "Se vi accorgete che vi manca ancora qualcosa, potete guardare qui dentro..." E ci consegna il catalogo. Poi rimane lì in piedi davanti a noi e ci sorride.

"Vi posso dire una cosa?" Ma non aspetta neanche che diciamo sì. "Siete una coppia troppo carina. Non ho mai visto nessuno andare così d'accordo" e ci fa un bei sorriso soddisfatto. Cioè, che tipo questo Severo! Non c'entra proprio niente con il suo nome, che ne so, da quel momento io l'avrei chiamato Dolcissimo o Simpaticone o Allegro oppure ecco, Sereno! Ma non certo Severo!

Comunque Rusty James mi abbraccia e gli sorride.

"E" tutto merito suo se andiamo così d'accordo" e mi stringe di più e mi porta via come se fossi sul serio la sua ragazza. E in quel momento vi giuro che mi sembrava di avere almeno quindici anni o sedici, oppure diciotto, insomma, mi sono sentita una donna. Ma soprattutto la donna più felice del mondo.

Simple Pian, When l" m gone. Sto ascoltandola all'iPod e penso a come sarebbe se all'improvviso io me ne andassi. No, non parlo di morire. Di andare via. Come ha fatto Rusty James. Però tipo a vivere a Londra. E lasciare tutti qui. Scriverei solo a mamma e a mio fratello. E forse sarebbero gli unici a essere tristi per la mia partenza. Comunque a parte ciò, che tanto è solo un sogno, ritornando alla realtà stamani Cudini ha tentato di battere i record e di entrare in classifica su www. scuolazoo. com. Secondo me rosicava perché un certo Ricciardi di una scuola di Talenti stava sopra a lui. Ci ha fatto vedere la foto sul sito all'ora d'inglese, nel laboratorio con tanto di computer di cui certo l'utilizzo dovrebbe essere un po'"diverso, va bè, ma sono nozioni anche queste.

"Guarda... guarda... Che faccia da soggetto che ha ed è primo! Cioè "sto Ricciardi mi sta battendo. Ma vi rendete conto?"

Cioè questo Ricciardi, che poi a me non sembra male, ha un bel viso, ma soprattutto ha fatto uno scherzo al suo prof troppo forte! È entrato vestito da prete su dei trampoli, ha benedetto la classe ed è uscito dalla porta abbassandosi senza cadere!

"Bè, è divertente."

"Sì ma poi Ricciardi è della Roma!"

"Ma che c'entra?"

"Bè, per me c'entra."

Come se questa gara fosse un po'"senza frontiere, vale tutto. Cioè Cudini è nero. Non ci sta proprio.

"Boh, per me è così. Comunque ho un'idea. Bettoni, vieni qua" e si mettono a chiacchierare in un angolo. E Cudini gli racconta tutto all'orecchio e ogni tanto si stacca. "Hai capito?" E poi riprende all'orecchio di Bettoni. "Forte no?"

Bettoni ride come un pazzo. "Oh, bravo, fortissima... Lo batti di sicuro "sto stronzo di Ricciardi."

Cioè, ormai ce l'hanno tutti con lui. Ci fosse almeno una ragione. Mah!

Solidarietà Farnesina. Così la chiamerò, con il nome della nostra scuola.

Torniamo in classe perché tra un po'"c'è italiano. Stiamo tutti a chiacchierare come al solito mentre aspettiamo il prof, tranne Bettoni che è lì con il suo telefonino che cerca di prepararlo al meglio, come se fosse uno che ha fatto sempre e solo cinema.

"Come lo vuoi, con lo zoom? O in panoramica?"

Cudini lo guarda perplesso. "Aho, ma che mi stai a prendere per il culo? Come ti pare! Basta che non sbagli, che mi riprendi per bene. Oh, guarda che ne posso fare uno solo perché poi tutti avranno sgamato e allora non vale più !"

Già, la cosa assurda è che ormai con questi telefonini si fa tutto. Cioè, prima servivano solo per comunicare. Ora sono degli iPod, delle telecamerine, dei computer per andare su Internet e chissà quante altre cose che io sinceramente non so fare. Ecco però perché costano così tanto. Ed ecco perché mi hanno fregato il mio! Che poi in quel caso il grande valore era il numero di Massi! Ma non ci voglio pensare. Proprio in quel momento arriva il prof Leone.

"Buongiorno, ragazzi. Forza, andate a posto!"

Il prof va verso la cattedra e si siede. Appoggia la borsa, la apre e tira fuori i suoi registri.

"Allora oggi, com'eravamo d'accordo, interrogo." Apre il suo elenco e controlla i nomi che si era segnato. Cudini guarda Bettoli e gli fa un gesto con la testa come a dire "Oh, tutto a posto? Tuti o ok, sto riprendendo ! ". Bettoni come al solito fa con il pollice il so segno "Tranquillo, tranquillo, tutto ok".

Perché con Bettoni non bisogna mai preoccuparsi, secondo lui. A me invece Cudini sembra tesissimo.

Il prof Leone con il dito indice segue il suo registro.

"Allora, il primo interrogato dovrebbe essere.. dovrebbe essre... Cudini!"

Il prof Leone alza la testa verso di lui. Cudini guarda un attimo Bettoni che sta già girando con il telefonino e fa segno di sì con la testa, sta filmando il prof. Poi Bettoni gira il telefonino verso Cudini che deglutisce e inizia.

"A prof lei oggi non m'interroga, e sa perché? Perché mi do alla fuga!" E così dicendo prende la rincorsa, salta sul tavolo della Raffaelli, la più secchia della classe e vola dalla finestra.

"Aaaaaah!" E poi bum!, un botto pazzesco! Il prof Leone e anche noi e anche Bettoni insomma corriamo tutti alla finestra. Cudini è in mezzo al cortile, disteso, con la gamba tutta storta.

"Oddio, ma è pazzo! Si è rotto la gamba! Si è fatto male!" urla il prof Leone.

Bettoni continua a girare con il telefonino. Io scuoto la testa. "Oh, Cudini è veramente pazzo! E" saltato dal secondo piano! O pensava di essere ancora in il B, quando stavamo al primo..."

Bettoni chiude il telefonino. "Bene, basta. Stop alle riprese! Ma che primo e secondo piano. Cudini pensava che ci fosse il terrazzo anche sotto questa finestra!"

Bettoni guarda la Raffaelli, che pulisce il suo banco dove Cudini ha poggiato i piedi prima di saltare. "Io l'ho sempre detto che quella porta sriga."

E così Cudini è stato portato in ospedale. Morale: gli hanno ingessato la gamba e dovrà tenere il gesso per un mese. Il prof Leone, per proteggerlo dai casini che ci sarebbero stati col Provveditorato, ha detto che mentre scherzava era scivolato e gli ha dovuto comunque mettere una nota sul registro. Ma la cosa più importante è che il suo video, con tanto di botto finale, perfettamente ripreso da Bettoni, ora domina la classifica su www. scuolazoo. com, addirittura in prima posizione! Sopra a Ricciardi il romanista, come lo chiama lui.

"Evvai!"

Si è fatto riprendere anche all'ospedale, così da rifinire sul sito.

"Aho, per far vedere a tutti che non è un fotomontaggio come fanno molti... Io sò vero! "

E proprio pazzo, Cudini. Comunque a turno siamo andati a trovarlo un po'"tutti.

"Aho, la Raffaelli nun la fate venì sennò non so come, ma me se rompe pure l'altra gamba!"

"E dai, non dire così. E brutto che poi una si porta dietro l'etichetta di portasfiga..."

"Portasfìga, eh? Intanto tu non la fà venì! Che poi non diciamo niente a nessuno, va bene?"

Cudini sorride e apre i cioccolatini che gli ha portato Alis, seguito naturalmente da Clod! E" proprio incorreggibile, Clod! E a modo suo anche Cudini! Però mi è diventato simpatico. Non so se perché si è fatto male. Forse perché con la storia del gesso è dovuto stare un po'"più fermo, più tranquillo. Prima era esagitato. Filo dice sempre che è posseduto dal demonio, che prima d'invitarlo a casa bisogna chiamare l'esorcista. Comunque quel giorno che stavo all'ospedale era in buona, tutto gentile, quasi educato.

"Mi fai una bella scritta sul gesso? Fammela bene Caro, che alla tua ci tengo... cioè fatta da te sarà bellissima! Disegni troppo bene."

Veramente gliel'avevo già sentito dire anche a Silvia Capriolo e Paoletta Tondi, che poi loro sì che sono due che disegnano veramente bene, cioè capiscono le prospettive, le dimensioni, le ombre e i chiaroscuri. Io diciamo che me la cavo più in chiave fumettistica. E infatti.

"Ma che, me la fai così?"

"Oh Cudini, ho portato apposta i pennarelli da casa. Non rompere eh ! "

E così in quattro e quattr'otto mi concentro sul gesso. E celeste e blu, e poi arancione per il becco e i contorni in nero e gli faccio pure gli scarpini! Alla fine dopo circa mezz'ora quando mi sollevo dal gesso, Cudini non sta più nella pelle.

"E dai, spostati, spostati che lo voglio vedere..." E" troppo curioso,

'"Mazza..." rimane a bocca aperta.

"Ti piace?"

"Un mucchio! " Lo guarda soddisfatto. E mi riavvicino col pennarello nero.

"Aho, che fai, nun me lo rovinà, non fare niente che è venuto perfetto."

"Ma voglio mettere la firma! " e scrivo Caro mentre Cudini mi sorride.

"Aho, a Caro, me sta troppo caro quest'aquilotto che m'hai disegnato. Biancoazurro come il mio cuore, come il cielo, come le mutandine della ragazza dei miei sogni..."

"E dai!"

Proprio in quel momento entra la madre di Cudini.

"Francesco, come stai? Come va la gamba?" E inizia a baciaro sulla guancia. "Figlio mio, mi hai fatto così preoccupare. Non ci dormo la notte" e continua a dargli baci sulla guancia.

"E dai mamma che c'ho gente."

lo, Alis e Clod ci guardiamo sorridendo.

Alis, che è sempre pronta. "Non si preoccupi signora."

Ma Cudini si agita nel letto. "Sì, ma la gamba è mia. A mà, te ce sei scaricata sopra."

"Scusa, scusa. Guarda chi t'ho portato. Sono venuti pure zia con Giorgia e Michele" ed entra una signora che dovrebbe essere molto elegante, solo che è troppo profumata e ha una pelliccia esagerata, gonfia... Roba che io non ho mai visto neanche nei documentari un animale così. E poi è tutta truccata con degli orecchini e una collana enorme, roba che se inciampa e casca, ma chi la rialza più?

"Francesco... ma che combini?" e anche la zia, degna sorella della mamma, si butta su Cudini e comincia a baciarlo.

"Ahiazì!"

"E che sarà mai..."

"No mica... te sei tuffata tu e tutta la borsa sul gesso."

"Ah, scusa."

"E no, vedi tu."

Poi Cudini saluta i suoi due cugini. "Ciao, Giorgia, come stai?"

"Come stai tu!" sorride la ragazza. E più moderata della madrezia uragano forza quattro, è un po'"timida e molto carina, con un filo di trucco, i capelli lisci castano chiari, dei jeans e un maglione color arancione. Il fratello invece è in tuta. Ha una bella Adidas nera con la borsa sportiva a tracolla e infilate dentro due racchette.

"Aho, me pari Nadal" ride Cudini indicandolo. Michele abboza un sorriso. "Caso mai Federer. Gioco più nel suo stile e sono meno boro."

"Sì sì, intanto vince sempre Nadal!"

"Sul campo in terra." Michele sembra completamente diverso da Cudini. E più basso, ha i capelli un po'"sul rosso, tagliati corti. E preciso, magro ma non troppo, insomma robusto. E" carino e poi sembra educato. Per questo è il contrario esatto di Cudini. Clod si pulisce le dita che sanno ancora di cioccolato e se ne esce come al solito con una delle sue.

"Giochi a tennis insomma..."

E Cudini non se la lascia scappare. "No, con quelle racchette ce fa lo spazzino... Aho, quando te ce metti sei comica col botto! " Poi Cudini fa finta di rattristarsi. "Il guaio è che non ne sei consapevole..."

Alis e Giorgia ridono. Michele cerca di non metterla in difficoltà. "Sì, sto facendo un torneo qua vicino. E" dove vado tra poco... E poi ogni tanto nel pomeriggio do anche delle lezioni di tennis per guadagnare qualcosa." Lo guardo. Incrocia il mio sguardo e mi sorride. E" carino. Poi forte questa cosa che insegna tennis per guadagnare qualche soldo. Un po'"come Rusty James. Insomma anche Michele non vuole pesare sui suoi, anche se per loro non credo che sarebbe proprio un problema, a differenza dei nostri.

"Costa molto una lezione?" Decido d'intervenire nella chiacchierata.

"Oh... non molto e poi mi metto sempre d'accordo in un modo o nell'altro. Il tennis è troppo bello per non provarci almeno una volta."

Gli sorrido. "Mi divertirebbe..."

Michele diventa professionale. "Ma tu sai giocare?"

"Mai provato, magari però sono portata. Vado bene nello sport. "

Clod annuisce facendo vedere che non dico bugie. Alis fa la faccia sufficiente. Non so perché è un po'"gelosa a volte delle mie situazioni. Ma scusa, potevi parlare tu, no? Sembra che facevamo tutti scena muta.

Clod si è un po'"ripresa e decide di intervenire. "Io una volta ci ho provato... Non sono andata male." Cudini non se la lascia scappare.

" Sì, è fortissima nello sport... all'ora di pallacanestro poi la usiamo come palla! " e scoppia a ridere da solo. Come al solito deve rovinare tutto, proprio in quel momento per fortuna entrano due infermiere,

"Scusate, dovete lasciare la camera... Dobbiamo fare le pulizie, controllare i malati prima che passino i professori. Grazie." Una delle due è bionda, un po'"cicciotta ma carina forte, un po'"troppo truccata forse, ma con un seno che neanche mia sorella quando esagera di push up ci arriva. E infatti Cudini poggia i gomiti sul letto e si tira un po'"indietro con il sedere, come per darsi una certa sistemata, per rendersi più presentabile, sempre che questo sia possibile. E per la prima volta sembra essere d'accordo con una richiesta ufficiale.

"Sì, sì, dovete uscire..." Mamma e zia lo sbaciucchiano, stavolta in maniera più frettolosa e alla fine ci troviamo tutti nei corridoi dell'ospedale.

"Ciao..." Michele e Giorgia ci salutano.

Michele è come se volesse dire ancora qualcosa, ma poi ci ripensa e se ne va. Anche la mamma di Cudini ci saluta. "Arrivederci ragazze, grazie di essere passate." E anche la zia. " Sì, siete state molto carine."

Così rimaniamo per un po'"nel corridoio a chiacchierare.

"Oh... ma qui non c'è una macchinetta della cioccolata o altre cose da bere?"

"Clod, ma ti sei mangiata poco fa tutti i cioccolatini da Cudini..."

"E infatti ora mica ho fame, ho sete. Ma possibile che non c'è nanche una fontanella, niente?"

"Sì, sì, te che c'hai sete."

"Ho sete, ho sete, mi sto disidratando... e poi sapete che bere aiuta a dimagrire, scioglie i grassi."

"Sì ma non quello che vuoi bere tu... la cioccolata!"

"Madonna come sei fiscale..."

In quel momento passa un dottore. "Scusi." Clod gli si avvicina. "Che, sa se ci sono delle fontanelle, quelle con lo zampillo in su... insomma per bere dell'acqua?" e guarda noi, anzi per essere più precisine, come a dire hai visto... cosa ti credevi? "Sì guarda, la trovi di fronte ai bagni, giù in fondo." E così Alis, Clod e io ci dirigiamo in fondo al corridoio. Clod, forse per il fatto che finalmente si leva la sete, sembra risvegliarsi. "Oh, comunque non era male il cugino di Cudini." Anche Alis sembra d'accordo. "Se non altro è più educato... E poi è pure carino."

Anch'io sono d'accordo con loro. Poi vedevo che mi guardava e non c'è niente da fare, quando ti accorgi che a uno tu gli interessi, automaticamente un po'"ti piace... o almeno per me adesso è così.

Clod si mette a ridere.

"Che c'è, perché ridi? A cosa stai pensando?" Clod si avvicina alla fontanella. "Che era troppo fico... tutto vestito sportivo..."

Alis alza un sopracciglio guardandola. "Bè, come diceva Cudini prima, tu sei la palla da basket, io invece vorrei essere la sua pallina da tennis!"

Clod gira la manopola e si mette a bere. "Aho, ti stai cudinando."

Clod smette di bere e mi guarda. Ha ancora le labbra bagnate e la faccia da bambina curiosa. "Ma che vuoi dire, Caro?"

"Che Alis sta diventando proprio bora!"

"Se, figurati, vuoi dire che a te non ti piaceva Michele."

"Non mi piaceva" dico serena senza problemi.

"Ma ti guardava..."

"Sentite, che facciamo?" Clod si intromette nella nostra discussione. "Perché non andiamo a..."

"No, io devo studiare..."

"Anch'io e poi domani c'è il compito di matematica,"

"Alla seconda ora... Hai voglia a studiare."

"Ma alla prima che c'è?" "Religione."

"Appunto... stai a posto, puoi pure fare la preghiera sperando che ti vada bene."

E usciamo così, ridendo divertite dal'ospedale. Certo se uno poi un po'"ci pensa, non dovremmo farlo, visto che le persone che entrano lì lo fanno perché hanno qualche problema. Ma il fatto che Cudini stia così, bè, a noi ci fa solo allegria e l'ospedale ala fine è un posto come la scuola... della serie, se non tocca a te è il massimo! Ma quando arriviamo fuori dal cancello, vicino alle macchinette di Clod e Alis, lì dove vorrei tanto che ci fosse anche la mia, invece c'è lui: Michele. Sta in piedi con la sacca delle racchette da tennis sulle spalle e l'aria un po'"imbarazzata.

Alis, Clod e io ci guardiamo. Clod sorride.

"Sta aspettando me."

Ma Alis in questo è sempre terribile. "Sì, magari! Sta aspettando Caro..."

"Sei sicura?"

"Mille per mille."

Io non ho detto niente. A volte conviene star fuori da certe discussioni. Però alla fine per essere un po'"carina con Clod ho detto "Ma perché dici così?".

Man mano che ci avviciniamo in effetti non ci sono più dubbi. Michele viene dritto verso di me, Alis alza il sopracciglio e guarda Clod. "Visto? Che ti aspettavi?"

Clod, che non sa come risponderle, cerca di uscirne alla meglio. "Dicevo tanto per dire... stavo scherzando."

Michele ormai è quasi di fronte a me. Clod e Alis mi fanno un bellissimo sorriso come se fossimo super amiche, che poi lo siamo eccome, solo che ce la stavamo un po'"giocando con lui "Caro, noi andiamo...".

"Sì, ci vediamo domani a scuola."

Michele le saluta alzando la testa e le lascia andare via.

"Hai anche tu la macchinetta?"

Che palle, ecco, comincia bene, mette il dito nella piaga.

"No."

"Ah, allora posso darti un passaggio?"

"Certo, come no."

Inizia a camminare.

"Ma scusa, non avevi il torneo?"

Michele mi sorride. "Sì, ma ero finito contro Grazzini. Avrei perso di sicuro. E il più forte. Così è meglio se non ci vado, così posso sempre immaginare che avrei avuto la possibilità di batterlo."

Sorrido "Giusto. Però prima o poi dovrai affrontarlo questo Grazzini. "

"Prima o poi. Meglio poi!" E ridendo mi apre lo sportello di una Smart Cabrio troppo carina. E l'ultimo modello, la Double two. Fa il giro e mette la sacca con le racchette dietro. Cavoli, è bella all'interno, sedili in pelle, tutto il cruscotto nero, la radio con ed e schermo piatto per il dvd. Bellissima. E una macchina da grande. Ma quindi lui è grande! Oddio, questo non lo avevo pensato.. Si infila nella Smart e sorride. Anch'io sorrido, leggermente imbarazzata però Madonna, ma quanti anni avrà? Ecco perché è così preciso, il torneo, la macchina, quel modo di parlare, le sue risposte per far sentire a proprio agio Clod... Basta, non ce la faccio più. Meglio che glielo chiedo subito.

"Scusa ma... questa macchina è proprio bella." Non ce l'ho fatta. E che, la prima domanda che faccio a uno è quanti anni hai? E come ammettere che ho paura di qualcosa. Ma di cosa poi. Per fortuna interviene nei miei pensieri.

"Ti piace... Me l'hanno regalata i miei due mesi fa... Per il mio compleanno." Lo guardo e gli sorrido. Poteva dire però quanti anni aveva fatto, no? "Per i miei diciott'anni."

Sembra leggermi nei pensieri. Poi Michele mi guarda.

"Ah..." sorrido tutta felice.

"Posso farti una domanda?"

"Certo..."

"Ma tu quanti anni hai?"

Rimango per un attimo in silenzio.

"lo?"

"Sì" mi sorride di nuovo. E certo. A chi lo poteva chiedere, che stupida.

"Quattordici..." Tralascio qualche mese. A volte ci sono dettagli che non sono poi così importanti, no? Michele sorride. Sembra soddisfatto della mia risposta.

"Senti, ma devi andare subito a casa o possiamo fare un giro? Tanto ormai il torneo è saltato. "

"Facciamo un giro."

E così parte ed è troppo divertente. Sembrava serioso e invece no! Apre il tettuccio della macchina e mi passa un cappellino e gli occhiali.

"Sai, ne porto sempre un doppio. Magari l'altra persona non li ha."

"Già." Sorrido e m'infilo il cappellino e me lo tengo con la mano. E mi metto anche gli occhiali. Dei grossi D&G con le lenti sfumate e le sigle grosse sulle stanghette, un po'"anni settanta, niente male però. Coprono bene gli occhi e non arriva un filo di vento. In realtà un paio di occhiali ce l'ho in borsa. Ma mi sembrava brutto dirglielo. E" così gentile. Carina questa Smart. Non c'ero mai salita, con il tettuccio tutto aperto poi è bellissima. Anche Rusty James vorrebbe tanto una macchina. Scoperta poi è il suo sogno. Mi ha detto che per lui il massimo sarebbe una di quelle vecchie Mercedes, una Pagodina celeste. Mi ha detto che non costano molto quelle vecchie. Certo però chissà quando potrà permettersela, per adesso ha potuto prendere il barcone e già mi sembra una bella cosa. Anche i mobili da Ikea però, anche se mi ha detto che li pagherà a rate. Anzi, chissà se gli sono arrivati. Più tardi lo voglio proprio chiamare.

"Ehi, ti va qualcosa di caldo?"

Sì, in effetti siamo a novembre, è un po'"assurdo andarsene in giro così. Sembriamo due tipi fanatici a Miami con cappellino e occhiali da sole su quelle macchine che corrono lungo la spiaggia. Solo che qui in effetti un po'"fa freddo.

"Sì, volentieri!"

Michele mi sorride e fa una curva portandomi chissà dove. Non glielo chiedo. Non ho fretta. Sono curiosa e rilassata. Mi appoggio allo schienale e mi sento un po'"padrona del mondo. Chissà, magari un giorno avrò anch'io la mia macchinetta. Ci vorrebbe un po'"di musica.

"Che hai qualche cd, Michele?"

"Chiamami Lele... Tieni, attacca questo." Mi passa l'iPod. "Nel cruscotto c'è il cavetto. Poi scegli il pezzo che vuoi."

"Ok, grazie... Caro."

"Cosa? Ma che mi dici "grazie carò?"

"No, scusa." Scoppio a ridere. "Ti dicevo grazie per l'iPod e poi Caro... Caro è come invece mi puoi chiamare tu! "

"Ah, non avevo capito. " E continuiamo a ridere. Ed è stata proprio buffa la situazione e alla fine scelgo Moby che mi piace un sacco, In My Heart. Certo, non vorrei che sembrasse un messaggio. Ma ride Michele, anzi Lele. E sembra non farci troppo caso. Sto bene e non ci voglio pensare. Alla fine mi porta in un posto fichissimo a via del Pellegrino che si chiama Sciam e ha tutti i tipi di te anche le tisane. E poi puoi fumare il narghilè. Così lo facciamo. A me sembra più una specie di canna tipo quelle che si fa Cudini ogni tanto e che solo a respirarla t'instupidisce! Cioè è vero che ti fa sorridere. Ma ti deve fare anche male. Clod, che un po'"fuma, una volta ha provato a dare qualche tiro ma nel pomeriggio ha vomitato. Era disperata. Secondo me più perché in qualche modo era dimagrita che per il resto. Comunque ci stiamo divertendo un sacco, io e Lele. Scelgo un narghilè alla rosa canina e miele. Niente male. E poi ci portano dei dolcetti, buoni sul serio, e così ne mangio qualcuno, sono leggeri e poi è bello perché qui intorno si sentono un sacco di odori: liquerizia, gelsomino, frutti tropicali, essenze naturali, miste a tabacco. Poi arriva un certo Youssef, credo che sia il proprietario, che ci fa notare appeso sul muro un cartello con la scritta Vietato fumare. "Qui da noi sono banditi sigari e sigarette, è permesso solo il narghilè. E" una cosa del tutto naturale..." E così ci fa provare una pipa per due persone e fumiamo insieme un po'"di tabacco toscano con del miele ed essenza di mela! E un po'"rido e un po'"mi viene da tossire però alla fine è stata una cosa forte. Ecco, sono di nuovo nella Smart, ho un sapore buono in bocca, un po'"dolce e non mi da fastidio e sembriamo tutti profumati di incenso.

"Ehi grazie, sono stata molto bene."

"Figurati, anch'io mi sono molto divertito. Tu abiti qui?"

"Sì" gli indico il mio palazzo. "Al quarto piano."

"E come ti chiami di cognome?"

"Bolla..."

"Ok, tieni, ti ho scritto qui il mio numero di telefonino," e mi da il foglietto del locale dove siamo stati, "così puoi scegliere. O vai a prenderti una tisana con qualcuna delle tue amiche o mi chiami... Ho dato disposizioni che non ti facciano entrare accompagnata da un altro. Eh, scusa, quel posto te l'ho fatto scoprire io!"

"Va bene..." prendo il biglietto e me lo metto in tasca. E vorrei dire qualcosa di spiritoso. Ma alla fine credo che non mi venga un granché. "Allora neanche tu ci devi portare un'altra però."

Lele mi sorride. "Certo."

Scendo dalla macchina e scappo via. Mi sembra di aver già detto abbastanza.

Quando entro in casa mamma mi fa un cazziatone. "Ma dove sei stata? Il tuo cellulare non prendeva. Te l'abbiamo regalato perché così potevamo stare tranquilli..."

Uffa un po'"mi innervosisce, ma che ne so che lì non prendeva, non ci ho fatto caso veramente. Ma posso sempre stare a pensare se il cell prende o no? Non mi sento libera! Ma io non sono libera e questa cosa mi fa venire sul serio i nervi. Vorrei dirle che questo è quello che mi ha regalato Alis, ma lascio perdere.

"Scusa mamma, non mi ero accorta che non prendeva. Siamo state a trovare Cudini all'ospedale, quello che s'è rotto la gamba."

"Lo so chi è... chi se lo dimentica. Preferirei che non frequentassi quelli così..."

"Mamma, ma ci andavano tutte."

"Tutte chi?"

"Alis, Clod..." e ce ne infilo altre tre o quattro della classe, tanto per far vedere che non potevo mancare. "Se non ci andavo poi sembrava brutto."

Mamma si avvicina e sembra più tranquilla. Poi mi da un bacio. "Ma che..." fa una faccia strana, leggermente sorpresa. "Caro, ma che hai fumato?!?"

Rimango senza parole. Non c'ho pensato! Si sente! Valle a spiegare che non ho fumato o meglio che ho fumato il narghilè, ma solo aspirato poi, senza mandare giù. Capirai, le prenderebbe un colpo. Narghilè. Già mi vedo portata in uno di quei centri di recupero... Insomma, stavo per dirglielo ma subito cambio idea.

"Ma no, mà... ma ti pare?!? E che volevano fumare tutte, all'ospedale non si poteva se non in bagno, e sono andate tutte lì e allora sono andata anch'io, che facevo da sola fuori nel corridoio, ma gli ho fatto solo compagnia! "

Fa una faccia strana. Non sa se crederci o no, ma alla fine in un modo o nell'altro decide di farla passare. "Va bene, vai in camera o in salotto che quando è pronto ti chiamo..." Faccio per andarmene. Ma lo sapevo che non era finita. "E lavati le mani..."

"Sì mamma!"

Serata tranquilla alla fine. Ho mandato un sms a Rusty James:

"Allora come va il "nostrò barcone? Sono arrivati i mobili?". Mi ha risposto dopo un secondo. "Ancora no! Eri preoccupata, eh? Ecco perché eri spenta! "

Cavoli, mi ha cercato pure lui? Controllo le chiamate. E" vero. Eccolo qui. Bè, meglio così se non sono ancora arrivati i mobili. Mi diverte dargli una mano a montarli.

Cena favolosa con hamburger e doppio piatto di patatine fritte. Della serie sono crollata. E come quella pubblicità che ho visto per strada. Mi piace troppo. "Resisto a tutto tranne che alle tentazioni. Oscar Wilde." Secondo me quello lì doveva essere un genio. Ne sapevo anche un'altra, me l'ha detta Alis che l'ha letta su un blog: "Di moda è quello che indosso io, fuori moda quel che indossano gli altri". Cioè troppo fico. Comunque la difficoltà vera nel resistere noi ce l'abbiamo quando c'è qualcosa che ci piace, mica negli altri casi. Quando siamo di fronte alla tentazione, per esempio le patatine. Oh, io non lo so se è come le fa mamma, ma tagliate da lei e fritte in quel modo un po'"bruciacchiate, bè potrei non fermarmi mai, ne mangerei una montagna. Con altre tentazioni già è diverso. Per esempio: "Lele mi piace?". Per adesso no. Cioè è divertente, è stato gentile, ha rinunciato al torneo per me, per fare un giro. Troppo carino. Ci sta tutto. Ma da qui a piacermi, ancora ce ne vuole. Per esempio, Massi mi piace da morire perché è stato subito strano tutto, come ci siamo conosciuti, quello che è successo, il giro che abbiamo fatto. E poi, già il fatto che sia comparso così all'improvviso in quella libreria, il caso insomma... Il destino fatale! Che poi, sempre questo cavolo di destino, mi ha fatto perdere il telefonino con tutti i numeri. Mi ricordo che Rusty James sullo zaino alle superiori c'aveva scritto: "La più eccitante attrazione è esercitata da due opposti che non si incontreranno mai". Era di un certo Andy qualche cosa, uno strano pittore che per diventare famoso si era inventato di fare tutte immagini di Marilyn Monroe e della CocaCola con tanti colori diversi. E invece, incontrare una persona in un ospedale che tipo di attrazione è? Cioè, Lele mi è apparso nella camera d'ospedale di Cudini che ha la gamba rotta. Tutt'al più è un'attrazione normale anche un po'"ingessata al massimo. Ah, ah. Una cosa è sicura: se per caso mi perdo il foglietto, Lele lo ritrovo quando voglio. Nel dubbio me lo segno comunque sul telefonino. E poi anche sul diario. E alla fine il foglietto lo metto nel primo cassetto della scrivania. Insomma, caro Lele, se ti voglio chiamare non ho dubbi, il tuo numero lo trovo facilmente. Il problema è: Lele, ma io... ti voglio chiamare? E come se non bastasse questo mio personale dilemma, non faccio in tempo a entrare in MSN che subito arrivano! Come due oche starnazzanti o peggio, come due avvoltoi sulla tenera carne o come gazze ladre sull'oro luccicante. Ma tutti questi paragoni con gli uccelli vorranno forse dire qualcosa?! Aiuto... sto degenerando! Comunque eccole, Alis e Clod, le due rapaci del gossip

Allora? L'hai baciato? Com'è? Simpatico? Che avete fatto? Ti ci sei messa?

E che sarà mai, neanche delle mitragliatrici da computer. Non so nemmeno se esistono! Neppure mamma quand'è preoccupata!

Le rassicuro subito. Niente ragazze, non è successo niente.

Naturalmente non ci credono. Oh, non so com'è, ma quando uno dice la verità non ti credono mai. E" più facile che passi una bugia. Su certe cose però non si può mentire. No. In certi casi proprio no. Come dire: i conti tornano. Solo che a me il giorno dopo non sono tornati affatto! Avevo il compito di matematica! E me n'ero completamente dimenticata. Cioè, in realtà me ne sono ricordata mentre stavo per addormentarmi. Ma ormai era troppo tardi. Mi sembrava di sentire la voce di nonna Luci: "Quando Morfeo arriva non devi resistergli...". E chi meglio di me non vuole essere sconfitta subito? Il vero problema a scuola sono state le mie risorse. Quel giorno le cose non sono andate come mi aspettavo.

Le mie basi scolastiche mi hanno tradito, o meglio, quella base di nome Gibbo!

"Ehi, che fai? Me lo passi il mio o no? E dai! "

Gibbo si gira verso il mio banco e mi fa: "Shh, sono indietro, non riesco già col mio. Non mi distrarre... Abbiamo ancora tempo!".

E così ho cercato di abbozzare il primo esercizio, poi il secondo, poi il terzo e alla fine anche il quarto all'ultima pagina. Ad abbozzare non ci vuole nulla. E far venire un risultato il problema, nel vero senso della parola. Oh, ho riprovato gli esercizi una marea di volte, mai che fosse venuto un risultato uguale al precedente. Io sono il vero genio ribelle ! Cioè ho visto quel film in tivù anche l'altra sera, l'ho pure registrato, e mi è piaciuto un sacco. C'è Matt Damon che piace un casino a Clod che fa Will Hunting e Ben Affleck che piace un casino a me e Alis. Noi glielo abbiamo detto a Clod.

"Scusa, ma ci spieghi come fa a piacerti uno come Matt Damon quando nello stesso film c'è uno come Ben Affleck?"

E lei ci ha risposto: "Perché io sono più realista. Io una possibilità che mi noti uno come Matt ce l'ho, voi con Ben no! ".

Ma roba da pazzi. Ma se uno sogna sogna in grande, no? Poi il personaggio di Matt Damon per me è più scarso rispetto a quello interpretato da Ben. Mi ricordo una frase che il prof Sean che poi è Robin Williams dice a Will, Matt Damon. Ho mandato la cassetta piano indietro per capire bene le parole e me la sono copiata sul diario: "Non sai cos'è la vera perdita, perché questa si verifica solo quando ami una cosa più di quanto ami te stesso. Dubito che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto. Io ti guardo e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé. Vedo un bullett che si caga sotto per la paura; ma sei un genio Will, chi lo nega questo? Nessuno può comprendere ciò che hai nel profondo, ma tu hai la pretesa di sapere tutto di me perché hai visto un mio dipinto e hai fatto a pezzi la mia vita del cazzo". Ecco, se un prof la dicesse a me mi farebbe piangere. Ma forse non esistono più professori passionali come quello...

Comunque questa mattina qua invece è da incubo.

"Gibbo... allora?"

"Che succede là dietro? Silenzio ragazzi."

La prof si è accorta che parlavamo. Che palle! E sempre distratta, legge il giornale o sfoglia qualche rivista leccandosi quell'indice ogni secondo e poi quando finalmente ho bisogno che sia sul serio un po'"distratta, niente, diventa attenta. Oh, non si può

mai fare affidamento su di lei. Ci riprovo. Mi sporgo dal banco e gli faccio sottovoce.

"Gibbo, allora? E dai, sta per suonare."

"Sono indietro anche coi miei..."

" Ok, ma tu c'hai la media del distinto ! Io sono un disastro ! Dai, fammene almeno uno..."

Oh, non l'avessi mai detto, m'ha preso in parola. L'ha fatto velocemente e me ne ha consegnato solo uno, scusandosi però.

"Oh, sono riuscito a fare solo questo! " Ha sbattuto il foglio sul banco.

"Ma come? Mi fai solo questo?" Che poi è tutta una finta. Non è che con uno che ti fa un favore puoi prendertela più di tanto. Però... ecchecavolo. Io se tutto va bene arrivo a una media del quasi sufficiente. Va bè, roba da non crederci. Alla fine ho cercato di metterci un po'"del mio, mancavano dieci minuti e qualcosa mi sono inventata. D'altronde è sempre meglio fare o comunque tentare, piuttosto che consegnare in bianco. In quel caso hai solo una certeza... quella del fallimento! E devo dire che le mie ipotesi sono andate molto oltre il previsto.

Due giorni dopo la prof entra coi compiti.

"A posto, a posto, forza. Ma come mai fate sempre tutta questa confusione? Ma che c'avrete mai da dire? Forza, prendete posto, muoversi, che voglio proprio vedere dopo chi ha ancora voglia di scherzare."

In effetti non ha tutti i torti. Ecco i compiti.

"Gravemente insufficiente, insufficiente, gravemente insufficiente..." Sembra una catastrofe. E" una specie di processione. Tutti arrivano alla cattedra, prendono il compito, lo controllano solo per vedere se hanno preso veramente quel voto e poi tornano al loro posto. Se all'ora prima, quella di italiano, ridevano e scherzavano tutti, ora è una tristezza generale. Perfino i più grandi, nel senso di secchioni, crollano. Perfino la Raffaelli, mito puro della matematica. Crollata. Insufficiente. Una catastrofe.

"Bolla" mi chiama, tocca a me, è il mio momento, è la mia fine.

"Allora, con te apriamo uno strano capitolo... Vieni, vieni qua che ti spiego meglio."

Mi avvicino alla cattedra.

"Allora, il primo esercizio è giusto senza ombra di dubbio." Incrocio lo sguardo di Gibbo che mi sorride e muove la testa su e giù come dire "eh... hai visto, e che t'aspettavi?". "Sugli altri tre invece tu mi hai dato delle opzioni" apre il foglio protocollo e me lo mostra in tutti i modi. "Cioè... Mi hai dato per ogni esercizio tre risultati diversi. Ma Carolina! In realtà solo uno di questi è giusto."

"Sì però, in un modo o nell'altro è esatto, giusto?"

"Sì, ma tu fai il calcolo delle probabilità. Può una consegnare un compito con tre risultati diversi? Due sbagliati e uno giusto per ogni eserciio?"

"Professoressa, me lo dice sempre mia nonna Luci: c'è chi guarda un bicchiere e dice che è mezzo pieno e chi invece quello stesso bicchiere lo vede mezzo vuoto. Dipende da come uno prende la vita."

Bè, dopo questa cosa voi non ci crederete ma la prof mi ha messo sufficiente meno meno. Certo, ci sono due meno ma c'è anche un sufciente lì in mezzo! Forte no? E poi dicono che non sono io il vero genio. Matt Damon i calcoli li sapeva fare sul serio in quel film, io sono completamente negata e prendo lo stesso sufficiente meno meno. Ma sono o non sono un genio ribelle?

Non ci credo. Non ci posso credere. Sono tornata a casa e ho trovato un regalo per me, con tanto di biglietto. Mamma e Ale sono in salotto che mi fissano.

"Ma te lo aspettavi? Ma chi te lo ha mandato? Ma chi è?"

Figurati. Ale non sta nella pelle.

"Ma se ancora non ho aperto il biglietto, come faccio a saperlo?"

Inizio a pensarle tutte. Gibbo. Gibbo che si scusa perché ha fatto solo un esercizio di matematica? Uhm. Non ha di questi pensieri così carini. Filo per scusarsi del bacio rubato? E" passato troppo tempo. E che, uno ci ripensa così tardi? Alis e Clod? No, in questo momento lo vorrebbero loro da me... Come se mi dovessi scusare perché ho segnato troppi punti ultimamente. E così mi metto a pensare. Mi vengono in mente le persone più diverse. Matt che si è lasciato con la donna e mi vuole far vedere chissà quali altri panorami di Roma. Della serie: magari ma è impossibile. Lorenzo! Soffre in qualche modo perché l'estate è ancora troppo lontana. Ma se non ci siamo mai sentiti durante l'anno cittadino... Secondo me non sa neanche dove abito! E improvvisamente mi viene un'ipotesi assurda. E se fosse Ricky che ha superato la vergogna di quella sera e vuole recuperare? Sono passati troppi anni. Al massimo ha di nuovo tirato su la tapparella. Poi la folgorazione, il miracolo, una specie di giudizio... universalsentimentale. E se Massi avesse trovato il mio indirizzo? Se quel giorno mentre parlavamo io e lui gli avessi dato qualche traccia, gli avessi detto qualcosa, un indizio, un dettaglio e lui, dopo tante ricerche, finalmente mi avesse trovato? Prendo il pacco e lo soppeso un attimo. Eo faccio saltellare in aria. E bello leggero. Se c'è la scarpetta di Cenerentola, dev'essere una sayonara di sughero!

"Allora, apri o no?"

"Sì e dai, che siamo troppo curiose" adesso si è aggiunta pure mamma.

Le guardo e sorrido. "Ma se lo apro adesso finisce la sorpresa."

Le vedo perplesse. Cioè io la penso così. Finché una cosa è incartata, finché un biglietto non è aperto può ancora succedere di tutto. La vera felicità è tutto ciò che può essere l'attimo prima! Lì dentro c'è Massi, la sua dichiarazione, gli occhiali che mi piacciono tanto o l'iPod Touch incartato per non farmelo capire o qualunque altro sogno!

"Ok." Decido comunque di non essere antipatica. "Facciamo così: prima scarto il regalo e dopo il biglietto, va bene?"

Non è che non possono essere d'accordo poi. Sono tutte cose mie. Ale come al solito riesce a essere insopportabile. "Oh, basta, che ti dai una mossa! Che poi devo uscire."

Ed esci subito le vorrei dire. Ma chi ti trattiene! Che palle che è... ma non glielo dico, più per mamma che per altro. Comincio a scartare il pacchetto. Faccio veloce e alla fine lo prendo in mano. Tutte e due allungano la testa per veder meglio.

"Che cos'è?"

"Un cappellino con sopra scritto il mio nome. " Lo guardo perplessa. E" carino, rosa leggero, è morbido, con lo strep dietro e "Caro" scritto davanti in rilievo.

"Ma chi te l'ha mandato?"

"Boh." Sul serio. Non mi vengono idee. Non mi viene in mente neanche un nome. Non mi resta altro che aprire il biglietto.

" Ciao! Mi piacerebbe darti qualche lezione di tennis, dove vuoi, quando vuoi con o senza questo cappellino in testa. Un maestro a completa disposizione di un'alunna promettente." E poi c'è la firma. "Lele. P. s. Se per caso hai fumato il narghilè con qualcun altro, allora tutta la mia proposta crolla... Scherzo! P. p.s. Ma che l'hai fumato davvero con qualcun altro?"

Mi metto a ridere. Carina la chiusura col doppio p. s.!

"Allora, si può sapere chi è?" Ale è proprio impaziente. Anche mamma è sulle spine ma resiste e non dice nulla.

"Un mio amico, mi vuole insegnare a giocare a tennis."

Ale se ne va alzando le spalle. "Capirai, chissà che mi aspettavo."

Mamma è più carina, almeno si finge curiosa. "E tu che farai?"

"Voglio iniziare subito, così, appena divento brava, prendo a pallate Ale!"

Ho telefonato a Lele e l'ho ringraziato di tutto, cappellino e lezione di tennis compresa.

"Oh Lele, però tu devi essere paziente... Guarda che io non sono brava. Ma proprio per niente, eh."

"Pazientissimo. Dopo averti visto fumare il narghilè e tossire in quel modo non possiamo che avere successo in tutto il resto."

Non è che ho capito molto cosa volesse dire ma ho riso per cortesia. "Eh già."

"Allora ti passo a prendere lunedì prossimo, giochiamo alle tre che è l'orario migliore."

"Ok, perfetto." E ci lasciamo così. C'è solo un piccolo dettaglio: non ho la racchetta. Anzi per essere precisi ci sono altri piccoli dettagli: non ho le palline e soprattutto non ho un completo da tennis, non ho le scarpe, la maglietta, i polsini, i calzettoni, insomma non ho nulla di nulla e soprattutto... non ho un euro! Però ho una mamma... Una mamma dolcissima che ha capito tutto senza che io le dicessi niente e mi ha fatto una bellissima sorpresa. Mi ha fatto trovare una busta con dentro 100 euro e un biglietto troppo tenero. "Per la tua lezione di tennis. Perché vada tutto sempre come desideri. Basta che non prendi a pallate Ale. La tua mamma che ti vuole tanto bene."

Cioè la frase "basta che non prendi a pallate Ale" mi ha fatto troppo ridere. Ma poi mi sono commossa. Vi giuro, mi sono venuti due lacrimoni sotto gli occhi, e non so proprio come non sono scesi giù. E alla fine tutto questo mi ha rattristato un sacco. Invece di farmi felice, mi ha fatto pensare a papà che la tratta sempre male, che non sa capire quanto è dolce e carina e quante cose fa e quante ne vorrebbe fare se solo potesse... e poi adesso anche questo fatto che Rusty James se n'è andato. Sono sicura che lei, anche se non dice niente, ci sta troppo male. Non sempre le persone fanno vedere quello che provano. Mamma meno che mai. Forse perché vorrebbe sempre vedere tutti felici. Secondo me, se uno su tre lo è, allora è già un miracolo. Che poi... felicità. Sembra una parola facile e invece mi sa tanto che è una parola difficile, cioè tutti ne parlano ma nessuno sa veramente cos'è e soprattutto dove si può trovare. Ho guardato un po'"su Internet e ho capito che fin dall'antichità, greci, romani, filosofi, studiosi, anche contemporanei, hanno cercato di spiegarla e di spiegarsela. Altri, molti di più, hanno semplicemente cercato di raggiungerla. Ora io sono abbastanza felice in certi momenti, e dopo aver letto tutto quello che hanno detto, fatto e scritto sulla felicità, credo che molto dipenda un po'"da noi. L'unica cosa che mi sembra assurda è che mamma a volte dice che non studio.

Uscita di scuola. Monto sulla macchinetta di Clod al volo.

"Solo tu puoi aiutarmi! "

"E che è, un'altra delle tue missioni impossibili?"

"Più o meno. Ho avvisato casa che non torno. Dai, manda un mess ai tuoi.."

"Ok." Si mette a scrivere a duemila sul suo LG rosa. Troppo forte Clod. E un'amica perfetta. Non chiede. Esegue. E" felice di stare con me. Anche Alis devo dire che è un po'"così! Però per questa "mission" è meglio Clod. Alis farebbe tutto di testa sua. Lo vorrebbe risolvere lei il mio problema e mi sentirei troppo imbarazzata. Già è passata la storia del telefonino e mamma ci ha creduto. Questa volta sarebbe davvero impossibile.

Clod chiude il telefonino. "Ok, fatto!" Poi mi sorride. "Allora? Dove andiamo?"

"Boh, dimmelo tu. Ho 100 euro e mi devo vestire dalla testa ai piedi per giocare a tennis."

"Scusa, 100 euro... minimo minimo due Mac!"

"Ma Clod, almeno oggi..."

Si sporge dalla mia parte e mi apre lo sportello. "Vai, via, filare. Allora non ti posso proprio aiutare..."

"E perché?"

"Se non mangio non connetto."

"Sì va bè" richiudo il mio sportello. "Le inventi tutte, eh? Dai andiamo" e naturalmente siamo andate proprio da Mac.

"È più forte di te, eh?"

"Ma scusa, c'è il menù offerta. Due Mac, le patatine e la Coca solo dieci centesimi in più rispetto a due Mac e basta! Non c'è paragone. Se vuoi ti do un po'"di Coca,"

"Capirai... ti sei sprecata!"

Va bè, con lei almeno sul mangiare è partita persa. E siccome non voglio "perdere la partita" visto che poi di tennis alla fine si tratta, l'accontento. E mi frego pure qualche patatina.

Dopo un po'"che mangia, Clod mi fa:

"Sai, l'altro giorno ho mandato un mess ad Aldo".

"Ma dai. E che gli hai scritto?"

"Niente, una cosa così."

"Sì, ma così come."

Vedo che non vuole tanto parlare. "Ma, scusa eh, prima me lo dici e poi alla ne non me lo dici."

"Ok niente." Mi sorride. "Gli ho scritto che mi piacevano le sue imitazioni."

"No! Non ci credo! " Mi mangio altre due patatine veloci. Oh, m'è venuta fame. Com'era? Ah sì, una di quelle di nonna Luci "Chi va al mulino s'infarina". O anche "Chi va con lo zoppo impara a zoppicare". Però la cambierei "Chi va con Clod finisce per mangiare!".

"Oh, ma che stai a pensare?"

Mi scuso. "No, niente, niente..." Mi riconcentro su di lei. "Cioè, non ci credo Clod. Ma tu a quello lì gli stai dando delle false sperane, quello si sente un grande imitatore, quello alla fine sul serio è convinto d'andare in tivù, di fare delle trasmissioni, di andare a teatro! Perché non gli dici che ti piace e basta?" Mi mangio altre due patatine e vedo che mi guarda preoccupata. Mastico mentre parlo. "Così magari lascia perdere questa storia delle imitazioni." Mangio un'altra patatina. "Poi se lui vuole comunque continuare..." un'altra patata "...allora è una vera passione, ed è giusto, ma non è stata colpa tua! Anche perché diciamocelo... Aldo è negato!" E dopo questa precisazione mi mangio un'altra patata. "Sei d'accordo?"

"Sì, sì, sono d'accordo..." Prende tutte le patate e se le sposta dalla parte sua. "Soprattutto sul fatto che sei furbetta, perché mi fai tutto questo discorso, mi distrai e intanto ti stai mangiando tutte le patatine!"

"Ma che dici! " M'infilo tra le sue mani per prenderne un'altra ma lei è veloce, si sposta e le copre tutte. Allora provo dall'altra parte con l'altra mano, ma lei le copre tutte abbracciandole. E io insisto e mi infilo e cerco di liberare le patatine prigioniere e le allargo le mani.

"No, e dai, no! " E le tiro un braccio, poi l'altro e le prendo una mano. "No, aiuto." E intanto Clod cerca con la destra di prenderne qualcuna e di mangiarsela comunque. "Le faccio sparire! " "No, dammele" e la tiro con più forza. E lei si oppone.

"No, ho detto di no! " Allora la lascio andare di botto. E lei finisce all'indietro, fa come un tuffo, giù dallo sgabello. Le patatine saltano via, in aria, insieme al piatto e al vassoio e a tutto quello che resta della Coca. E Clod atterra sul pavimento, con le risate di qualche ragazzino più piccolo che la indica ridendo. Arrivano subito due persone un po'"più grandi che l'aiutano a rialzarsi.

"Che, si è fatta male?"

Clod si rialza. "No, no, tutto a posto..." si pulisce i pantaloni dietro, sul sedere, poi sorride soddisfatta: "Meno male che i Mac me li ero già mangiati! ".

La guardo e allargo le braccia. "Vedi, a non essere generosi ci si rimette ! "

Morale. "Certo eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati, ma avevamo ragione." Abbie Hoffman. Cavoli, come ha ragione. Nelle citazioni famose trovo le risposte che spesso io non ho. Mi piacciono. Questa l'avevo trovata l'altro giorno in Internet e me la ricordo! Me le scrivo sempre sul diario! E direi che stavolta ci sta troppo bene! Perché ho avuto ragione!

"Vai piano, piano, gira di qui, devi mettere a freccia, Caro."

Sto guidando la sua macchinetta. Clod è seduta vicino a me e mi fa un po'"di lezione. Se mai dovessi averne una. Mi piacerebbe tanto.

"Ecco, ora vai dritta, di là, dritto e poi a destra. Metti la freccia..." In realtà mi ha lasciato guidare solo perché si è fatta comprare un altro cartoccio di paatine e se le sta mangiando tutta tranquilla, senza possibili attacchi da parte mia. "Ecco..." si mangia una patatina, si lecca il dito, poi mi indica un posto "Posteggia lì che si può".

M'infilo con una manovra perfetta in un posto libero. Non so come lo ha visto!

"Peeeeeee!" suona una macchina dietro di noi. "La freccia!" urla un signore anziano di almeno almeno trentacinque anni, stressato dal traffico e dalla vita.

Mi affaccio al volo dal finestrino "L'avevo messa! ".

"Ma de che! La devi mettere prima! " E si allontana veloce così che non possiamo continuare quella nostra bella discussione "aerostradale".

Clod mi guarda e scuote la testa. Io allargo le braccia. "Tanto con te è sempre colpa mia! " e le frego l'ultima patatina scendendo al volo dalla macchinetta.

Poco dopo camminiamo con il naso all'insù, sbalorditi dalla grandezza. "Ehi, ma come l'hai scoperto questo posto? E fichissimo!"

"Una volta mi ci ha portato mia madre. Abbiamo comprato un sacco di cose per Natale per tutti i miei parenti. E siamo riuscite a stare nel budget!"

"Forte!"

Continuiamo a camminare in silenzio. Clod non ha fratelli. Ha solo una serie di cugine e cugini sia da parte del padre che da parte della madre, che a loro volta hanno un sacco di fratelli e sorelle e tutti hanno avuto una gran voglia di fare figli. Insomma, alle feste comandate casa sua è una specie di parco giochi. C'è di tutto di più. Dal bambino appena nato a quelli già cresciuti, a quelli che sono così cresciuti che si sono appena sposati. Insomma non manca nessuna fascia d'età. Mancano solo i soldi. Però a quasi tutti, così non ci sono quelle invidie inevitabili che accadono sempre nelle famiglie. Che poi il papà di Clod si occupa di vari appartamenti e palazzi, nel senso che è amministratore. E lui dice sempre che se prendesse 1 euro per ogni discussione che gli tocca sentire, diventerebbe milionario. Ma così non è. La casa di Clod è semplice. E" arredata in modo buffo, le tende sono tutte diverse e ogni stanza è piena di colori, di poltrone strane, ognuna fatta a modo suo, forse perché sua mamma ha uno strano negozio in centro dove vende mobili di ogni tipo. Ma alla fine Clod non si lamenta. E" riuscita ad avere una macchinetta usata e i suoi non le fanno mancare niente. E poi vanno d'accordo, non li ho mai sentiti discutere. Chissà perché Clod allora mangia così tanto. Magari perché le piace e basta. Boh... comunque.

"Come si chiama questo negozio?"

"Mas! Vieni, andiamo al secondo piano che c'è lo sport!"

Corriamo su per le scale. Bè, vi giuro che è un posto pazzesco. Ci sono tute appese in ogni angolo, ma non cento, mille, e tutte a 3 euro! Poi magliette di tutte le marche, Nike, Adidas, Tacchini, Puma e tutte a 2,50 euro.

"Guarda questa, come mi sta?" Clod se ne appoggia una addosso, è carina, bianca coi bordini sulle maniche blu e rossi. Ma secondo me le sta cortissima. Anzi, non c'entra proprio. "Carina, ma a che ti serve?"

"Bè," la riposa nel mucchio, "per ginnastica!"

Le ho spiegato tutta la storia di Lele. Ha detto che è stato troppo carino a mandarmi quel pacchetto. "Si era capito subito che gli piacevi. "

"Va bè, Clod, se lo dici tu. Facciamo così, se poi imparo qualcosa a tennis t'insegno."

"Sì sì, voglio proprio vedere!" Prende un'altra maglietta. "E questa?" E azzurra coi bordini celeste chiaro e bianchi. Le sta un po'"più larga.

"Meglio. Mi piace di più." Guarda il prezzo, 4 euro. Le sembra troppo.

"Dai, prendila, te la offro io! "

In realtà dopo Mac siamo già scesi da 100 a 93 euro e 40, meno la maglietta sua 89,40. Ormai come "genio ribelle" sono fortissima, almeno su questo non posso più toppare. Certo pure Clod! Tra tutte quelle che c'erano ha scelto la più costosa!

"E questa ti piace?" le faccio vedere una maglietta bianca con delle righette davanti beige e blu. Clod la guarda, piega la testa. "Non è male, ma mi sa che non è famosa. Che c'è scritto là sopra, sul petto?"

"IL."

"Boh... mai sentito."

Prendo la maglietta e guardo la targhetta dietro. "C'è scritto Fila."

"Sì, Fila via! Con quelli non prendi neanche una pallina."

"Ma che dici! Guarda che è famosa" le indico sul muro. Ci sono attaccate le foto dei più grandi giocatori di tennis che le hanno indossate.

"Nooo, troppo forte..." Clod legge il nome su uno dei pannelli, sotto la foto. "Ma se l'è messa pure... Dmitry Tursunov!"

"E chi è?"

"Che ne so, questo della foto. Se lo mettono qui vuoi dire che non è negato."

"Quanto sei cretina! "

"Sì, intanto tu prendila, vedrai che giocherai benissimo!"

"E questa? E" Sergio Tacchini! " E continuiamo così, pescando dentro delle grandi ceste di ferro piene di magliette e tute di ogni genere, moderne e del passato, ma è tutta roba nuova, mai usata e a un prezzo incredibile. Pescano con noi in queste ceste di ferro le persone più diverse. Donne grandi e grosse, ragazzi magri e piccoli, un tipo di colore, un asiatico, un vecchietto, una ragazza di trent'anni, una di quaranta e poi una coppia di venti. E poco più in là ci sono le gonnelline da tennis e in un'altra cesta i calzettoni e poi altre magliette e poi degli scaffali con tutti i tipi di scarpe sportive centinaia di racchette, da quelle da 15 euro a quelle da 150. Quest'ultime però sono tutte legate tra loro da una piccola catena di ferro e se le vuoi devi chiamare un commesso o una commessa come quella ragazza che sta aiutando un nonnetto a trovare una tuta Adidas adatta a lui.

"La voglio nera con le strisce bianche. Senza altri colori però, semplice, come quelle cose che facevano una volta! Ha capito?"

E la commessa continua a cercare nella cesta. "Così?" Ne tira fuori una. Il vecchietto la guarda e si solleva un po'"gli occhiali per vedere meglio. "Ma questa è blu... Che, pensava che non me ne accorgessi?"

La commessa la lascia cadere nella cesta. "Ma no! Volevo dire come questo modello..."

"Sì ma io la voglio nera... Nera." E così il vecchietto batte i piedi per terra e scuote la testa, come se in un attimo avesse perso tutta la saggezza dei suoi anni e fosse tornato bambino.

Poco dopo siamo fuori. Allora, da sotto a sopra: scarpe da tennis, calettoni, gonna con sotto pantaloncino Adidas, maglietta Fila, tuta Nike, racchetta e due polsini. Certo, non sono proprio abbinata, però sono molto colorata e soprattutto costo dell'operazione...

"Sai quanto abbiamo speso?"

"Quanto?"

"81 e 50!"

Clod si sfrega le mani tutta felice. "Evvai! Abbiamo risparmiato. Ci scappano pure due belle cioccolate calde..."

"Ma Clod..."

"Ma fa freddo!"

"Sì, lo so, ma un minimo di dieta, no?"

"Ma proprio per questo, fa freddo, quindi bruci! "

Eccola là. Bruciata nel vero senso della parola. Arriviamo alla macchina e proprio in quel momento un vigile sta mettendo una multa sulla sua Chatenet. Clod fa una corsa cercando di arrivare prima.

"E no, scusi! No, eccoci, eccoci qua, siamo arrivate ora!"

"Eh lo so, anche la multa è arrivata ora! "

"Ma la prego, siamo scese un attimo e siamo tornate subito! "

"Ma che dici? Ho fatto tutta la fila e sarà almeno mezz'ora che questa macchinetta è parcheggiata qui..."

"E" che dentro c'era molta gente..." Clod si accorge che come scusa non basta. "Poi la mia amica non si decideva mai su cosa prendere." Vede che non basta ancora. "E poi c'era un sacco di fila anche alla cassa!"

"Scusa, eh," fa il vigile, "ma se c'erano tutte queste difficoltà, non era meglio pagare il biglietto del parcheggio? Con 2 euro per due ore eri a posto. Risolvevi tutto, hai voglia a problemi..."

"E non può risolvere tutto lei ora? Per favore."

"Mi dispiace ma non posso. La prossima volta mi raccomando, pensaci quando posteggi."

Ecco qua. Ci starebbe bene la frase che mi ha detto una volta nonna Luci: "Del senno di poi son piene le fosse". Ma non gliela dico a Clod, sennò si arrabbia ancora di più.

"Grazie eh?" Aspetta che il vigile si allontani. "Che ci metteva a farmi un piacere, sono proprio stronzi. A loro che gliene frega, tanto.." Prende la multa e la apre. "Guarda, 73 euro! E chi ce li ha! Mamma quando lo sa, si arrabbia da morire!"

"Mi dispiace, è colpa mia."

"Ma no, ti ho detto io di metterla lì. Che poi neanche si vedevano le strisce blu."

In realtà si vedevano perfettamente, è che non c'abbiamo proprio pensato.

"Dai, la dividiamo..."

"Mano..."

"Ma sì, sei venuta fin qui per me. Dai, tieni, ho 10 euro. Te ne devo 25, anzi no, 26,5, giusto?"

Clod prende i 10. "Dai, va bene, quando puoi mi dai gli altri

25. Così intanto io questi li uso bene..."

"Li dai a tua madre per pagare la multa?"

"5, il resto a Ciòccolati per due super cioccolate calde con tanto di panna. Ci stai? E dai! Tanto offro io! "

Sono tornata a casa. Mamma ha voluto vedere come mi stava tutto.

"Ma non c'era un completo intero, cioè con la gonna come la maglietta?" Si è seduta sul letto un po'"perplessa.

"Ma mamma, a tennis ora si gioca così, non va tutto preciso. Non hai visto Nadal?"

"No, chi è?"

"Dai, quello che vince sempre, è fortissimo e poi è un sacco bello. Ecco, lui per esempio ha dei pantaloni larghi blu e li porta bassissimi, cioè il cavallo qui in mezzo" porto la mano sotto le gambe "E" un fico pazzesco ! "

Mia madre fa una faccia assurda, troppo divertente. "E come fa a giocare a tennis e a non inciampare?"

"Ma mamma sono elastici! "

"Ah."

"E poi porta sempre una maglietta ascellare." Cioè?

"Tutta aperta qui, senza maniche."

"Ed è un gran fico?"

"Fichissimo!"

"Se lo dici tu. Dai, lavati le mani che tra un po'"andiamo a cena."

"Ok."

"Un'ultima cosa... Non mi portare mai uno come Nadal a casa."

Rido. Sì, magari ci casca. Ma questo naturalmente non glielo dico.

Esce dalla camera. Mi guardo allo specchio. Sto troppo bene con questo completo... vintage. Ecco, così lo posso chiamare. Completo vintage. Mi metto il cappellino con scritto Caro. Poi me lo giro. Mi metto la visiera dietro. Ecco, così. Poi provo un colpo ma senza racchetta perché sennò rompo di sicuro qualcosa. E" troppo piccola la mia stanza per uno smash. Stock. Provo il mio colpo, convinta e sicura. Un bei dritto non c'è che dire. In quel momento passa Ale.

""Mazza, forte. Ma non ti vergogni a uscire vestita così? Ma che ti sei data al softball?"

"Al tennis." E le chiudo la porta in faccia. Tanto la promessa fatta a mamma di non prenderla a pallate non vale!

Settimana quasi volata via. Tranquilla. Nessuna interrogazione determinante. Tema d'italiano andato strabene, buono, anche se il prof Leone alla fine mi ha messo tra parentesi sul foglio una nota:

"Attenta a non acquistare troppa sicurezza, divaghi troppo". L'ultima volta mi aveva scritto che ero stata troppo breve. E non gli va bene mai niente! E che roba! Fra l'altro aveva pure un titolo particolare: Cos'è la vera bellezza. Eh. Come fai a sapere se sei bella? Che c'è, il bellometro? Domanda scema ma alla fine se la fanno tutte. Chi decide se sono bella? I ragazzi che mi guardano? Io credo di essere carina... ma quanto? I complimenti dei genitori non valono. Mica sono veri. Tutti i genitori pensano che i propri figli siano i più belli del mondo. Papà dice ad esempio che sono troppo normale. Ecco, vedi? Normale. Una come tante. Ma io sono io! Carolina! Unica! Uffa. Ma perché non mi ci sento così? Magari fossi come Alis. Lei è pazzesca, troppo forte. Assomiglia un po'"ad Angela Hayes di American Beauty, quel film che Rusty James mi ha fatto vedere l'anno scorso in dvd. Ha solo i capelli più scuri. E allora come si fa insomma a sapere se sono bella? Le amiche? Alis lice che sono carina ma che potrei migliorare il look. Clod dice che invece mi invidia perché ho un bei fisico ma di faccia le piaccio meno. Uffa. Io mi vedo a volte carina, altre volte proprio un cesso. Comunque nel compito ho scritto una serie di cose, quelle che mi venivano in mente. Non credo ci siano sempre degli argomenti sui quali parli alla stessa maniera! Su certe cose hai da dire di più e i interessano maggiormente, altri temi invece li fai e ne parli tanto perché li devi fare. Questo comunque mi è piaciuto come argomento. Invece mi ricordo un tema che il prof Leone ci aveva dato I" anno scorso. L'importanza di riciclare. Ma cosa si poteva dire più di tanto? Una volta che hai detto dell'ambiente e la natura che sono in pericolo per via del'inquinamento, magari citi Al Gore, poi dici delle auto a idrogeno e basta, l'argomento è esaurito. Ecco, sarebbe bello fare un tema che poi, quando ti sei un po'"scocciata, diventa un altro tema e allora dici altre cose e poi, se le hai finite, via, un altro tema ancora ma sempre nello stesso foglio protocollo. Un po'"come quando si parla insomma. In fondo la scuola serve per arrivare preparati nella società. E che, quando t'invitano da qualche parte tu parli sempre della stessa cosa? Diventeresti noiosissimo e nessuno t'inviterebbe più. Va bè, se un giorno per caso dovessi diventare che ne so, ecco, ministro della scuola, cambierei un sacco di cose. Tipo ad esempio non mettere i compiti in classe al lunedì alle prime due ore. Questa è la prima cosa! E" ovvio che può capitare che uno la domenica fa tardi. Spesso quello è l'unico giorno della settimana nel quale ti mandano a una festa e così la mattina dopo uno si deve un po'"riprendere, non può avere subito il tema o le interrogazioni. Oppure quando un prof sbaglia a correggerti una cosa nel compito, per esempio quando era successo una volta a mate che la Raffaelli aveva trovato una correzione ma che poi era sbagliata, allora, scusate, anche a quel prof che ha sbagliato si da una specie di punizione costruttiva. Cioè che ne so, per esempio viene interrogato a turno da tutti quelli della classe! Perché no? Loro spesso si inventano punizioni che non esistono. Tipo quella volta che abbiamo fatto casino in classe e la prof di matematica c'ha chiesto di scriverle una lettera di scuse! Una lettera di scuse! Dovevamo scusarci per come ci eravamo comportati e "suggerire delle soluzioni perché ciò non accada più". Ma si è mai visto? Comunque una volta mi avevano proposto di fare la rappresentante di classe e io ho strarifiutato. Cioè, erano venute Alis e Clod e altre tre o quattro. E nessun ragazzo. Oh, ai maschi non è che gliene freghi molto di come si organizzano e cosa si decide su certe cose. Loro fanno casino e basta. Poi però quando qualcosa ormai è stata decisa e dopo a loro non gli va bene, allora cominciano a discutere. Ma ormai è troppo tardi ! E così fanno di nuovo casino e basta. Insomma, con loro ogni spunto, ogni argomento è buono per farlo. Va bè, comunque questa è un'altra storia. Ma io solo all'idea di dover tornare ogni tanto a scuola il pomeriggio, fuori lezione, per fare la rappresentante di classe, bè, mi devono prendere... ma perché sono matta! E così alla fine è stata decisa come rappresentante la Raffaelli, l'unica che secondo me voleva farlo sul serio e che invece faceva finta che non le interessasse più di tanto. Secondo me solo perché aveva paura che poi lei non venisse eletta... E comunque fare la rappresentante di classe è perfetto per lei. Anche perché lei è veramente matta! Comunque sono tornata a casa felicissima.

Pomeriggio con ginnastica artistica e nessuna imitazione da parte di Aldo. Incredibile! Allora è migliorato! Ha capito che non è capace, che deve migliorare, che si eserciterà da solo a casa nella sua stanza, dove nessuno lo vede. No, molto più semplice. Non è venuto perché stava male. Clod gli ha mandato un mess.

"Mi dispiace."

E lui le ha risposto: "Anche a me".

Che questo dia inizio a una possibile storia? Mah. Troppi pochi elementi per poter esprimere qualsiasi tipo di giudizio. La cosa che ci ha fatto ridere di più è che a un certo punto Aldo le ha mandato una frase strana e alla fine sapete cosa ha scritto? "Indovina chi sono?!?"

No, ma vi rendete conto? Un'imitazione via sms. E la cosa più assurda è che Clod gli ha risposto: "Pippo Baudo!".

"Brava! Allora lo faccio bene! "

Sì, c'ho ripensato, forse si metteranno insieme. D'altronde se questo non è amore...

Serata superserena. Papà non è tornato per cena, aveva una serata coi colleghi. Ale è uscita per andare al cinema con dei suoi amici e così finalmente cenetta tranquilla con mamma. Ha fatto le patatine fritte che mi piacciono tanto e poi la carne alla siciliana, che è una fettina di carne tutta con la mollica sopra, ma che viene fatta arrosto e non fritta, buonissima, è la mia carne preferita. Il guaio e che piace anche ad Ale e ogni volta le fettine le devo dividere con lei che si mangia sempre quelle più grandi.

"Uhm, buone queste, mamma, sono da sogno."

"Ma sono quelle di sempre."

"No, più buone!" e faccio un boccone grande e stranamente non mi dice niente ma mi sorride. E dico la verità: se dovessi sceliere un'amica perfetta, bè, sceglierei lei.

Poco più tardi siamo davanti alla tivù, sempre a casa da sole, come due amiche che dividono un salottino. Stiamo tutte e due sul divano con le gambe indietro sotto i cuscini. Mamma è stata carina. Guardiamo Amici che a lei non è che poi piaccia così tanto.

"Ma dai, questo programma vi piace perché ci sono delle belle canzoni."

"Ma mamma, Maria piace un sacco!"

"Quando fa C'è posta per te mi piace. Lì sì, quando fa incontrare quelle persone che non si vedevano da tanto, quando fa rimtter insieme una coppia, o quando fa riavvicinare genitori e figli. Ecco, lì Maria mi piace, lì è brava!"

Troppo forte mamma. Come se in quel caso Maria fosse un'altra persona.

Suona il mio telefonino. Lo guardo.

"È Rusty James!"

Mamma ride. "Ma ancora lo chiami così?"

"Certo, per sempre!" Apro il telefonino e rispondo al volo. "Ciao, RJ., come va? A che punto sei?"

"A un ottimo punto."

"Allora quando posso venire?"

"A finire ciò che non hai finito?" Rido. In effetti è stata una cosa assurda. Il giorno che è arrivato tutto quel che aveva ordinato da Ikea, mi ha mandato un mess. "È tutto qui. Mi aiuti?" Ho risposto ok! Così mi è passato a prendere a scuola e siamo andati da lui. Oh, non ci crederete ma i mobili Ikea sono assurdi! Ti trovi dei fogli con delle spiegazioni molto semplici per dei mobili che invece sono complicatissimi, tutti a incastro, con delle viti che giri e si bloccano e delle altre che devi sistemare in modo esattissimo per bloccarne un'altra che così non si muove più. Insomma, se ci riesci sei un drago. E io diciamo che sono un draghetto. Cioè, ho montato solo una sedia ed ero sfinita. Mi sono accasciata a terra e quando Rusty mi ha visto, ha detto: "Ok, ho capito và...". Mi ha lanciato il giubbotto. "Andiamo che ti accompagno a casa..."

Sono arrivata, ho mangiato, ho fatto la doccia e sono andata subito a dormire! Mai successo! Ero stravolta. Se penso che mancavano altre cinque sedie, due comodini, un letto, tre tavoli, due armadi e non mi ricordo neanche tutto il resto... Bè, potevano ricoverarmi.

"Sul serio, Rusty, a che punto sei?"

"Tutto montato. Se aspettavo te... era più facile che falliva Ikea! Dove sei?"

"A casa con mamma..." poi guardo mamma e le sorrido, "Da sole, noi due!"

"Bene! Avevo deciso che chi trovavo in casa invitavo! Allora vi aspetto domenica per pranzo, vi va?"

Salto sul divano, mi tiro su in piedi e continuo a saltare. Mamma mi guarda. Le sembro una pazza. Sono troppo felice.

"Che c'è? Che succede?"

"Ci ha invitati! Mamma, un posto bellissimo, troppo fico, fìchissimo!"

Le passo il telefonino.

"Ciao, come stai?"

"Bene, mamma, tutto bene..." sento che dice Rusty con la voce che gracchia un po'"dall'altoparlante.

Vedo che mamma un po'"deglutisce. Speriamo che non si metta a piangere. Smetto di saltare sul divano.

"Sicuro? Non ci sono problemi... ti manca qualcosa?"

"Ma no, mamma, è tutto ok, sul serio e poi lo dicevo anche a Caro, vi ho invitato domenica a pranzo da me, vi va?"

Mamma a momenti scoppia a piangere. Si mette la mano contro il naso, sulla bocca, come per fermare qualcosa. Forse un'emozione troppo forte.

"Pronto, mamma, ci sei?"

Mamma chiude gli occhi. Fa un respiro lungo, più lungo. Poi li riapre. "Sì, sì, ci sono..."

"E che, già sei preoccupata su cosa vi faccio mangiare? Ancora non ci ho pensato!"

"Che sciocco che sei..."

"Comunque solo cose semplici! Mica sono bravo come te. Scommetto che Caro ha voluto la carne che piace a lei e patate fritte."

Si mette a ridere. "Sì, bravo, ci hai preso..." Il momento sembra essere passato. Mi guarda, le sorrido.

"Allora vi aspetto?"

"Veniamo di sicuro. Posso portare anche Ale se può?"

Batto i piedi sul divano. Agito i pugni. Ma perché? Sento ridere dall'altra parte del telefonino. "Ma certo, ci mancherebbe. Se è d'accordo Caro!"

Mi guarda.

"Caro ha detto di sì."

Mamma mente e chiude.

"Ma non è vero, non è vero. Io non sono d'accordo! Non ho detto di sì!"

"E dai, buona, che poi ci rimani male se non lo dici a tua sorella."

Mi tira giù sul divano, mi fa cadere sui cuscini e poi lotta con me. "No, mamma! Non resisto! Non mi fare il solletico! Non ce la faccio!" Scalcio, agito la testa a destra e sinistra, cerco di liberarmi.

"E" vero che vuoi che venga Ale? "

"Sì, sì, basta, basta, sono felicissima se viene! Ahia! Basta!"

Mamma mi lascia andare. "Oh, così mi piace la mia piccola figlia."

Mi sistemo meglio sul divano. "Ok, viene, ma se dopo che glielo abbiamo detto non vuole venire per ragioni sue, perché ha altro da fare, giuro che se divento brava a tennis la prendo a pallate!"

Mamma si mette a ridere e riesce solo a dire una cosa. "Non giurare Caro!"

Mi sono sempre chiesta come fanno a infilare le navi nelle bottiglie di vetro. Mi sembra un po'"come quando provo a farmi entrare in testa le regole di geometria. Sono troppe per le dimensioni della mia testa!

Nonno Tom ha tre bottiglie così in salotto e tutte le volte che le guardo mi pare impossibile.

"Nonno, lo so che me l'avrai già spiegato da piccola, ma non me lo ricordo più!"

"Cosa, Carolina?"

"Come si fa a mettercele dentro se sono più grandi del collo della bottiglia?"

Nonno si gira e mi vede vicino alla mensola, con una nave in mano. Si mette più comodo sulla sua grande sedia nera, al tavolo da lavoro. Appoggia bene la schiena e sorride.

"Sì che te l'ho raccontato."

"Ma ridimmelo, così magari capisco come fare con geometria... "

"Che c'entra geometria?"

"Poi te lo spiego. Dai, dimmi! " e mi metto per terra a gambe incrociate.

"Va bene... Allora, una volta la gente aveva paura di andare per mare perché non era come oggi, le imbarcazioni erano meno sicure, si viaggiava per giorni senza sapere quel che sarebbe successo. Così i marinai si affidavano alla buona sorte e alla preghiera. Per rendere tutto questo più concreto si portavano dietro degli oggetti portafortuna, un po'"come fai tu con quel coso di pelo quando vai alle interrogazioni."

"Ma dici il cucciolo di orso, il portachiavi?"

"Quello."

"Non lo uso più da una vita, nonno! "

"Brava, si vede che sei cresciuta..."

Mi prende in giro. "Ma che! Deve aver perso i suoi poteri... alle ultime interrogazioni avevo preso insufficiente!" Si mette a ridere.

"Si vede che non ci credevi più abbastanza. Invece i marinai ci dovevano credere tanto se pensavano che qualche santino, amuleto o ciocca di capelli potesse proteggerli da tempeste, ammutinamenti e pirati. Il problema era però conservare e proteggere questi oggetti, specie quelli che si rovinavano più facilmente, in un luogo sicuro dall'umidità. Mica avevano le casseforti personali o stagne, L'unica soluzione era proprio una bottiglia! E pian piano, l'oggetto che si cominciò a vedere più spesso nelle bottiglie era proprio il simbolo della loro vita, la nave. Per infilarcela facevano così. Facevano passare dentro il collo il modellino completo, con vele ed alberi piegati a cui erano attaccati dei lunghi fili che poi venivano tirati e così si alzava l'alberatura."

"Ah!"

"E le usavano come portafortuna ma anche come mercé di scambio."

"Ma tu ne hai mai fatta una?"

"Sì, una di quelle tre! Quella più alta."

"Noooo! E come hai fatto?"

"Si costruisce prima la nave fuori, poi si smonta e si costruisce all'interno col metodo del filo."

"Ma ci vuole un sacco di tempo! "

"E di pazienza! Come nella vita."

"Nonno, ne facciamo una?"

"Ma se l'hai detto tu che ci vuole tanto tempo... Caro, ti annoieresti dopo dieci minuti. E per questo tipo di hobby ci vuole costanza!"

"Sì però allora voglio fare qualcosa con te, sei così bravo! Che si potrebbe fare?"

"Oggi c'è vento, vero?"

"Sì, perché?"

"Allora che ne pensi se regaliamo a nonna una cosa?"

"Sì! Quale?"

"Facciamole una girandola da mettere in qualche vaso del terrazzo. Così ogni volta che girerà, penserà a te. Le diciamo che l'hai fatta tutta tu, da sola. Anzi, ne facciamo più di una! Come fosse un campo eolico casalingo."

"Dai, che bello! Ma come si fa?"

"Facilissimo. Vai a prendere là, nel mio mobiletto, i cartoncini colorati."

Faccio come mi dice. Apro lo sportello e ne prendo uno giallo, uno verde, uno rosso.

"Bisogna tagliarli di circa queste dimensioni... come dei quadrati" e mi fa vedere. "Caro, senza farti accorgere vai in cucina e prendi le cannucce. Sono nel cassetto sotto il tavolino in marmo, dove stanno le posate. "

"Va bene!"

Mi sento come quando da piccola dovevo rubare qualcosa dalla dispensa e mi batteva forte il cuore. Bene, la nonna è di là, sento i rumori. Sta mettendo qualcosa a posto negli armadi. Trovo le cannucce. Ne prendo qualcuna e torno nello studio del nonno.

"Ora ci servono colla, pennarelli e matita, ma ho tutto qui."

"Sembri una cartoleria! "

"Guarda, si fa così..."

Il nonno piega il quadrato lungo le diagonali. "Ora colora i triangoli come più ti piace. "

E mi metto lì, come una bimba, mentre lui taglia anche gli altri cartoncini.

Quando abbiamo finito, il nonno incolla le punte quasi al centro dei quadrati e poi taglia dei cerchi e li incolla sopra le punte per tenerle più ferme. Poi prende degli spilli, quelli con le capocchie un po'"grandi, fa un foro al centro della girandola e ce ne infila uno. Dall'altra parte inserisce la cannuccia e poi ferma tutto con lo scotch, stando attento a lasciare un po'"di spazio fra la girandola e la cannuccia stessa. Faccio come lui e preparo anche le altre tre girandole. Dopo alcuni minuti abbiamo finito. Sono bellissime!

La nonna, che non ci disturba mai quando siamo nello studio, non ne sa niente. Nonno mi fa l'occhiolino e poi apre la porta dello studio. "Amore, ci prepari un buon tè che Carolina e io ne abbiamo proprio bisogno...?"

La sua voce arriva dalla camera da letto. "Certo..."

Così prendo le girandole ed esco fuori in terrazza, senza fare rumore. Le sistemo dentro i vasi di fiori. Ecco fatto. Sono bellissime. E arriva subito un po'"di vento che le fa girare.

Mi nascondo dietro l'angolo e aspetto.

Dopo un po'"la nonna esce con la sua tazza di tè verde in mano. "Ma dove siete?" Si guarda intorno. La spio da dietro le foglie del gelsomino. Vedo la sua espressione cambiare.

"Tom! Tom!"

Arriva il nonno. "Dimmi!"

"Ma ci sono delle girandole! "

"Delle girandole?"

"Sì, qui, le hai messe tu?"

"Io no."

"Ma dov'è Caro?"

E mi cercano, con il nonno complice che fa finta di nulla.

Dopo qualche minuto salto su.

"Eccomi, nonna!"

"Ma che ci fai lì?"

"Ti piace il nostro regalo?"

"Nostro?" dice il nonno. "Ma se hai fatto tutto tu!" Poi guarda nonna Luci che sa benissimo come sono andate le cose. "Veramente, te lo giuro... E" tutta opera sua!"

"Non giurare..."

E dopo quel bacio leggero che si danno, ci mettiamo lì, seduti in terrazza, a guardare le girandole che sfrecciano veloci dentro i vasi, poi cala il vento e allora si fermano ma all'improvviso arriva una nuova folata e allora ripartono. E quando girano così veloci i diversi colori si mischiano e diventano uno solo. Ed è bellissimo e bevo un po'"di tè. Nonno e io ci guardiamo orgogliosi. Devo dire che qui da loro si sta veramente bene.

Ultimi giorni di novembre. Oggi a scuola a tutto amore. E amore pure soffertissimo! Il prof di italiano ci ha raccontato di Dino Campana e Sibilla Aleramo. Dice che non gli va che Campana resti sempre fuori programma, che è un autore che non si fa mai ed è un peccato. E ha scelto di cominciare dalla storia di lui e lei. Io un po'"la conoscevo già perché Rusty mi fece vedere il lm in dvd. Bello. Anche se parecchio triste. Quante cose ha scritto lui per lei. Ma come mai gli amori impossibili sono quelli che ci rendono più creativi? Mentre il prof ci leggeva "Abbiamo trovato delle rose, erano le sue rose, erano le mie rose, questo viaggio chiamavamo amore", tutti erano un po'"distratti mentre io stavo stranamente attenta. Una volta secondo me si parlava con più passione dell'amore. Usavano parole diverse. Cosa dirà Massi dell'amore. Speriamo non lo stia dicendo troppo a qualcun'altra! Eh no, prima ci sono io. Anzi, ci sono solo io! Certo, avere un uomo che ti dice parole così deveeessere bellissimo... "Perché io non potevo dimenticare le rose, le cercavamo insieme..." Nemmeno io posso dimenticare. E poi figurati, nessuno mi ha mai portato una rosa. L'amore è un fiore che nessuno ti ha mai regalato e che ricorderai per sempre. Sono poetessa anch'io! Poi, grande sorpresa. Esco di scuola e mi arriva un mess.

"Ti ricordi che oggi abbiamo la prima lezione? Le palline ci sono, il campo e il maestro anche, manchi solo tu! Ti passo a prendere? Il campo è alle quindici."

Torno a casa che non sono una furia... di più! Mi riprovo in un attimo tutte le cose che ho. Ed ecco il grande dilemma. Completo con pantaloncino corto oppure gonnellino? Alla fine opto per restare in tuta e giocare così. Mi siedo a tavola. Mamma è riuscita a tornare per prepararci qualcosa ma io naturalmente sono troppo nervosa!

"Che fai, Caro, non mangi?"

Non faccio in tempo a rispondere. Ci pensa Ale con il boccone in bocca.

"No! Oggi ha softball."

Mamma mi guarda stupita. "Ma non avevi detto che giocavi a tennis?"

"Sì, è lei che fa la cretina... Hanno suonato! Vado io!" Corro al citofono.

"Ciao... qui è il maestro, può scendere la sua alunna preferita?"

"Certo! Arrivo..." Corro in camera a prendere la racchetta. "Mamma, io vado."

"Non tornare tardi! "

"No!"

Ale smette per un attimo di mangiare. "Buon softball!"

"Simpatica."

Chiamo l'ascensore ma poi sono troppo agitata. Salto sul posto. E alla fine non ce la faccio ad aspettare. Esce il signor Marco, quello della tivù.

"Le ho chiamato l'ascensore, lo prenda lei."

"Grazie."

"Sì, stavolta sono io a dieta!"

Salto giù gli ultimi scalini e arrivo al pianerottolo. Lo vedo scuotere la testa. Sorrido e continuo a scendere veloce, senza dargli poi troppa importanza. Esco dal cancello.

"Eccomi!"

Lele si sporge dalla parte mia e mi apre la portiera. Salgo al volo sulla Smart e chiudo. Lele parte mentre mi metto la cintura. "Oh, guarda che io sarò pure la tua alunna preferita, ma forse sono la peggiore..."

"Forse, ma di sicuro sei quella che preferisco!"

E perché mi dice questa cosa? E carino ma l'ha detto in maniera strana... Allude a qualcosa? O no, eh... Mica ho capito. Lele mi guarda e mi sorride. "Sei la mia unica alunna!"

Resoconto del tennis.

Allora, avete presente una giocatrice di softball? Quelle ragazze che aspettano ferme la palla e poi la colpiscono con una forza pazzesca, tanto da mandarla fuori dal campo? E che poi corrono piano piano, di base in base, alzando le braccia, tranquille proprio perché la palla l'hanno spedita lontanissimo? Ecco, quella ero io. Solo che se fai così a softball sei un campione, se lo fai a tennis, sei una schiappa! Mannaggia ad Ale! Aveva ragione. Ogni palla che mi arrivava la colpivo e la spedivo nell'altro campo, ma non dell'avversario, in quello vicino. Cioè invece di giocare a tennis praticamente giocavo a scusarmi.

"Scusate, ho sbagliato."

"E si vede! " Due ragazzi simpatici, i nostri vicini di campo.

Lele invece continuava a prendere le palline dal cesto e spedirmele sempre nello stesso punto, sempre con la stessa velocità, sempre con lo stesso ritmo. Una macchina da guerra... paziente.

"Piegati, guarda la palla, colpisci in avanti... brava!"

"Aho, maestro, nun je dì bugie alla tua alunna!" Ancora più simpatici i nostri vicini.

Alla fine è stato un pomeriggio divertente. Dopo la lezione ci siamo seduti al circolo a bere una cosa. Un buon Powerade che ti rimette in sesto, anche se io tranne che raccogliere le palline un po' dappertutto, non è che abbia corso poi così tanto. Però un poi ho sudato e questo è bene. E poi con la mia tuta ho comunque tatto la mia porca figura. I due vicini di campo sono ripassati alla fine.

"Facci sapere quando rigiocate... così veniamo con l'ombrello!"

Lele si è messo a ridere, poi si è rivolto a me. "Bè, magari la prossima volta prendiamo il campo in fondo!"

"Ok, volentieri..." Ho sorriso bevendo l'ultimo sorso del Powerade. Molto educata. Molto carina. Molto tennista. Con un unico pensiero: ma è sul serio così paziente questo Lele? E quindi... ci sarà sul serio una prossima volta? Bene. Ormai ragazza molto tennista, anche con una certa sicurezza. Mi metterò il completino con la gonna... E sorrido divertita a quel pensiero. Non sapevo invece tutto quello che poi sarebbe successo!

Domenica.

"Dai, prendi quella, che è carina!"

"Quale?"

"Quella lì, con tutti quei fiori."

"Ok." Scendo al volo dalla macchina. "Mi da questa pianta?"

"Questa?"

"Sì, grazie.

Mamma è in macchina e mi aspetta. Mi rigiro verso di lei.

"Prendo pure un bigliettino? Dai, che così scriviamo una cosa carina. "

"Va bene."

Il fioraio mi mette una busta di cellophane intorno alla pianta e me la da.

"20 euro, prego."

Pago e risalgo in macchina.

"Allora dove vado?"

"Sempre dritto, prendi per il Lungotevere."

"Ma è vicino?"

"Vicinissimo!"

Mamma continua a guidare tranquilla. "Se lo dici tu!"

"Ci sono stata! " Ho pure montato una sedia, vorrei aggiungere, ma mi sembra un po'"riduttivo. "Gli ho pure dato una mano a montare i mobili."

"Ah..."

Così va meglio. Ho questa pianta in mezzo ai piedi, e il fiordaliso sale su e profuma un sacco, ma ogni tanto mi va in faccia e un po'"mi pizzica il naso e allora mi sposto a destra e sinistra per non finire tra le foglie. Ma mi da molto meno fastidio di Ale, che come immaginavo, non è potuta venire.

"Mamma, che gli scriviamo?"

"E che ne so... sei tu la scrittrice! Con tutto quel diario che fai! "

Mi viene in mente che ieri mattina Alis mi ha fatto leggere una frase troppo bella, trovata su Internet: "L'amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono insieme per annusarsi. Martina 5 anni". Cioè, troppo forte. Troppo vero. Ce ne vorrebbe una buffa così!

"Ma che, quello che scrivo nel diario mi serve per ricordarmi quello che ho fatto... Casomai lo scrittore è lui! "

"Speriamo! " Mamma fa una strana smorfia. E" preoccupata. Ma alla fine decide di non pensarci. "Vado dritto?"

"Sì, sempre dritto, tra poco siamo arrivate. Ecco, mi è venuta, sei pronta?"

Mamma mi guarda. Sorride.

"Sì, certo. Dì un po'."

"Perché possa sbocciare tutto quello che vuoi..." La guardo un po'"interrogativa. Veramente più che una frase per uno scrittore, mi sembra per un fioraio. Ci penso da sola a rispondermi. "No, no, è una cretinata." Continuo a pensare. Ecco: "Per la tua nuova casa...". No! Anche perché è un barcone, ma questo a mamma ancora non gliel'ho detto. Ecco, mi viene un'altra frase.

"Per te con tutto il nostro amore."

Mamma è tutta felice. "Questa mi piace! "

Ci ripenso.

"Sì, ma è troppo da comunione."

"Cioè?"

"Mette tristezza!"

"Ma che vuoi dire?"

"Che non è allegra. Non va, non va" e continuo a ipotizzare una serie di frasi che non so proprio come mi vengono. A un certo punto me ne esco perfino con un "Per un futuro celeste..." perché i fiori di quella pianta sono chiaramente di quel colore! E alla ne trovo qualcosa che sembra andare bene a tutt'e due.

"Gira, gira qui!"

Mi sono distratta e glielo dico all'ultimo. Mamma segue subito le mie indicazioni, prende e fa una curva quasi a gomito scendendo giù per la discesa che porta al Tevere. La macchina slitta un po', sembriamo due pazze.

"Ma stiamo andando sul ume."

"Eh..." Non dico altro. Fa ancora qualche metro.

"Ecco, siamo arrivate!"

Mamma rimane a bocca aperta. "Ma è un barcone! "

"Eh, bello, vero?" Suono il clacson tra le mani di mamma sul volante e scendo veloce dalla macchina portandomi dietro la pianta.

"Rusty... siamo arrivate, siamo qui!"

R. J. esce sorridendo dal barcone e corre sulla passerella.

"Ecco le mie donne preferite! " e mi prende in braccio e mi fa fare un giretto sporgendomi sul fiume con tutta la pianta in mano.

"Aiuto!" Ma tra le sue braccia non ho paura. Poi mi posa facendomi cadere sulle tavole in legno dopo la passerella e corre fuori a prendere mamma.

"Vieni... vieni che ti faccio vedere."

"Ma non è pericoloso? Non ci sono i topi?"

"Ma che! Guarda che ho fatto..." indica per terra una serie di piattini pieni di alici, lungo la strada. "Ho i gatti da guardia..."

"I mickey mouse non possono passare se non come fumetto. Venite, venite, che vi faccio vedere" ed entra dentro e ci mostra tutto il barcone. "Allora, qui c'è la cucina, questo è il salotto, e qui invece c'è la camera da letto. "

E noi lo seguiamo estasiate. Non ci posso credere, l'ha trasformata sul serio, sembra un altro posto. Tende azzurre e bianche e celesti e tavoli chiari di Ikea perfettamente montati.

"Ecco, tutti questi mobili mi ha aiutato a montarli Caro..."

Mamma mi guarda soddisfatta.

"Ma non è vero, ho fatto solo qualcosìna."

"No, no, ha fatto molto. E infatti guarda qua" e ci conduce in una piccola stanza tutta chiara, che si affaccia sul fiume con una bellissima vetrata e un tavolo grande, con sopra anche il suo computer che mi piace tanto... anche perché è molto più veloce del mio!

"Questa è la tua stana, Caro. Quando vuoi, vieni qui a studiare. Tra poco avrò anche l'ADSL e così non ti mancheranno le tue amiche Alis, Clod e tutti quelli su MSN..."

" No ! Non ci posso credere, mi hai messo anche la foto di Johnny Depp! Cavoli, ma è stupenda questa stanza! " Anche perché è molto più grande della mia. Ma questo non lo dico.

"Mamma, posso venire qualche volta a studiare?"

"Certo, basta che studi sul serio, secondo me qui ti distrai e basta."

Rusty mi abbraccia. "Ma no. Qui c'è una calma, una tranquillità, nessuno che urla o fa rumore. Molto più che a casa."

Mamma e lui si guardano. Rimangono per un attimo in silenzio. Poi Rusty vede la pianta o forse fa finta che se ne accorge solo in quel momento.

"Ehi, che bella! Ma cosa mi avete portato... Un fiordaliso" si avvicina e prende il biglietto. "Per il nostro scrittore, perché tu sia felice!"

Rusty sorride. Chiude il biglietto e se lo mette nella tasca del giubbotto. "Lo sono, ora che siete qui, lo sono. Forza, andiamo a tavola!"

Bè, vi assicuro, un pomeriggio bellissimo. Rusty James ha preparato la tavola in salotto, vicino alla finestra più grande, quella baciata dal sole. Perché oggi, anche se siamo a fine novembre, c'è stato un sole bellissimo.

Insalata di riso, vari antipastini prima, di quelli che piacciono a me, mozzarelle piccole, piccoli wurstel, e poi olive, piccoli pomodori conditi, piccoli peperoni, di quelli tondi ripieni con tonno e capperi. Insomma, tutto piccolo.

"Questa è una specialità, l'ho presa apposta per voi... sono i tomini alle erbe."

Boh, io non sapevo cos'erano. Neanche mamma. Però l'abbiamo assaggiato e c'è piaciuto. Un formaggio morbido, non troppo grasso, non troppo saporito, con sopra tutte delle erbette. E poi uno spumante bello freddo, ghiacciato. Pum! E bello quando saltano liberi, i tappi, senza essere trattenuti da niente. E Rusty l'ha aperto indirizzandolo fuori dalla finestra aperta, verso il fiume. E il tappo ha fatto un volo lunghissimo e poi... spluk! E atterrato in mezzo al Tevere, è andato sott'acqua ed è tornato subito su, in superficie. L'abbiamo guardato scivolare via, così, libero, nella corrente, diretto chissà dove.

"Mamma, posso berlo anch'io?"

"Per oggi..."

"Sì, certo." E così lo bevo e mi metto lì ad assaggiare anche quella bella insalata.

"Ma che sono queste?"

Rusty sorride. "Foglie di spinaci."

"Così grandi?"

"Sì, così grandi."

Mamma le taglia con il coltello. "Uhm, buone, ci hai messo dentro anche la pera, il formaggio parmigiano", poi sposta alcune foglie e arriva al fondo. "Pinoli e uvetta! "

"Sì, e l'ho condita con l'aceto balsamico."

Assaggio meglio. "Ecco cos'è questo sapore che pizzica."

"Non pizzica!"

"Per te pizzica sempre tutto! " E ridiamo. E mi sembra di stare come a casa, anzi, in una nuova casa, più tranquilla però. E vero, non ci sono rumori. Si sta proprio bene. E mangiamo in silenzio. Rusty ha anche un piccolo stereo in salotto. A un certo punto si alza e mette un cd. Coldplay. X&Y. Bellissimo, l'ho sentito una volta sola ma mi è subito piaciuto. Forse perché c'è quella canzone con quella frase che dice "You don" t have to be alone, You don" t have to be... all alone at home..."

Poi va in cucina e ricompare poco dopo. Ha una piccola torta al cioccolato, quella che mi piace da morire. E una candelina al centro!

"Ma dai, che forte, che festa è?"

"Del buon non compleanno!"

Sa che mi piace un sacco Alice.

"Ma no, scherzo, è perché siete i primi ospiti qui."

Chissà se è vero, ma mi fa piacere pensarlo. Soffiamo tutti e tre sulla candelina. E poi mamma inizia a tagliare la torta e la divide perfettamente in tre e vengono identiche, quelle fette, uno di quei rari casi che uno ne voleva proprio così, non un pezzetto di più ne un pezzetto di meno.

Poi Rusty fa il caffè ma lo bevono solo loro e ci mettiamo fuori, su delle sedie a sdraio a prendere il sole coi piedi appoggiati alla ringhiera.

Io ho la sedia più vicina perché sono la più corta. Ma chiudo gli occhi e sto di un bene che è proprio raro. Certo, mi piacerebbe avere Massi qua vicino su un'altra sdraietta accanto. Ma forse oggi non c'entrerebbe proprio nulla.

Rusty James ci guarda soddisfatto.

"Si sta bene qui, eh?"

Mamma gli stringe la mano. "Sì..."

E almeno su questo siamo tutti d'accordo.

Poi si sente all'improvviso un rumore strano. "Ciaff... ciaff..."

E poi dei respiri affannati. All'improvviso spunta dalla curva, a pochi metri davanti a noi, una canoa con due ragazzi che insieme remano andando a tempo.

"Ciauuu!" Li saluto con la mano e loro, senza smettere di remare, sorridono. Uno alza il mento di scatto, come per salutare e poi però spariscono così, come sono arrivati, veloci, seguendo la scia della corrente del Tevere.

Allora io mi siedo di nuovo, mi stendo al sole sulla mia sdraietta, appoggio la schiena e chiudo gli occhi. Sì. Si sta proprio bene e posso proprio dirlo: è stato il pomeriggio più bello di tutto novembre.

Dario, il papà di Carolina

Sono il padre di Carolina. Mi chiamo Dario. Ho quarantotto anni, mi sono laureato e lavoro al policlinico. Una cosa che non sopporto sono tutti questi discorsi inutili. E mai nessuno che s'impegni davvero nelle cose che servono. Quelle pratiche. Quelle serie. Quelle che da sempre mandano avanti il mondo. Lavori da una vita, ti sei sempre sbattuto per questo e per quello e sempre poco per te. Pensi di aver fatto il tuo dovere, di esserti sacrificato abbastanza ma poi il conto non torna mai e a partire dalla famiglia i crediti che avanzi nessuno te li restituisce. E va avanti così finché non muori. La vita. Tutti che chiedono e non danno. Tutti che rubano e gli va sempre bene. E tu che provi a fare l'onesto ci rimetti ogni volta. Anche in casa. Dove non posso mai stare in pace. Vorrei rientrare almeno una volta e trovare tutto fatto, tutto che scorre. Vorrei vedere mio figlio Giovanni che studia per dare gli esami su dei libri seri, invece di perdere tempo con quelle cavolate inutili dei suoi sogni e la sua voglia di scrivere. Tanto non ce la farà. Questo mondo non è dei sognatori. Basta guardarsi intorno. Con una laurea in Medicina in tasca, invece, almeno qualcosa combinerebbe. Poi con quello che costano le rette. Almeno si comprerebbe una casa e qui ci sarebbe un po'"più di spazio. Perché nessuno ci pensa mai ma non è che stiamo tanto larghi. E quando uno cresce un figlio fino a vent'anni vorrebbe che gli desse delle soddisfazioni, no? Alessandra spero mi deluda meno. Non va benissimo a scuola, ma secondo me un diploma lo strappa e poi potrebbe andare a fare la segretaria in qualche studio legale o commerciale. Ce la vedrei bene. Tanto a lei dell'università non importa. Mi piacerebbe anche che si vestisse un po'"meglio. E" bella, sì, ma a volte esagera a mettersi in mostra. Dice che è la moda di oggi. A me non piace e sopratutto non mi piace la gente che fa commenti. Cerco di trasmetterle qualcosa ma non c'è nulla da fare su questo. E" la madre che le fa fare sempre come vuole. Carolina poi ancora devo capirla bene. Più cresce più mi sembra simile a Giovanni. E questo mi preoccupa. Quando discuto con mio figlio lei si schiera con lui, poi anche mia moglie. Non si fa così, cioè i genitori dovrebbero avere una linea di condotta comune e non che uno contraddice l'altro davanti ai figli. Ti credo che allora crescono così. Vorrei che Carolina stesse un po'"più in casa, ha solo quattordici anni. Poi ci si lamenta che le cose vanno male e si sentono quelle storie alla tivù. Ci vuole disciplina. E un padre che sta tutto il giorno fuori a lavorare per portare i soldi a casa, vorrebbe che la moglie tenesse tutto un po'"più sotto controllo, no? Sennò che ci sta a fare? Che si fanno a fare le famiglie? E poi davvero, troppi discorsi inutili, quelli dei miei figli. Frequentano troppo gente che ha sempre la scodella pronta e non ha dovuto faticare. I sogni e l'amore. Magari! Ma prima ci vogliono i soldi! Poi con quelli stai sicuro che i sogni li realizzi e l'amore lo trovi facile. Ma i soldi non si fanno coi lavori umili come quello mio o di mia moglie e meno che mai scrivendo i libri. Dico, ma ci vuole tanto a capirlo per i miei figli? Che se gli dico di impegnarsi e avere meno la testa tra le nuvole, lo faccio per il loro bene e non per farli soffrire? Ma sembra che nessuno lo capisca e mi fanno sempre arrabbiare e urlare. Mai nessuno che mi appoggi, solo Alessandra ogni tanto, ma più per avere qualche permesso che per altro. Vorrei che anche mia moglie mi stesse un po'"più vicino. A letto la sera andiamo a orari diversi, lei prima, io dopo e quando arrivo dorme già. Non so nemmeno se ci amiamo o stiamo insieme per abitudine... Si è lasciata anche andare, non si cura molto. Magari qualche sera si facesse trovare un po'"in tiro, pettinata truccata invece che sempre con quel viso bianco e gli abiti uguali. Secondo me, comunque, l'amore nelle coppie finisce sempre dopo al massimo un anno. Poi, se va bene, ci si stima e ci si vuole bene. L'amore è roba da cinema o da libri.

Dicembre

3 cose che odio: quando non mantengo una promessa, i problemi di geometria solida, i capelli quando fanno come gli pare,

3 cose che amo: i biglietti di Natale fatti a mano, i regali lasciati il

24 notte nella cassetta delle lettere, il 31 dicembre.

3 cibi che adoro: riso alla cantonese, cioccolato, patate fritte fatte da mamma.

3 cose che non possono mancare nel mio zaino: iPod, deodorante, diario.

3 cose della mia camera che amo: i pupazzi, i cuscini del letto, le tantissime foto sulla scrivania.

3 cose della mia camera che vorrei cambiare: l'armadio piccolo, il tappeto vecchio con i cerchi, il piano di uno dei cassettini rotti del comodino.

Dicembre è stato un mese ancora più incredibile. Mi ha fatto scoprire una cosa che non avrei mai immaginato o meglio ne avevo sentito parlare e avevo anche in qualche modo cercato di capirla. Ma pensavo fossero tutte esagerazioni, cioè, mi era sembrata impossibile. La fine di un amore.

Ma prima vi racconto del buono più che ho preso in italiano. Ho ascoltato Parlo con te di Giorgia. Il silenzio. Tutto quel vuoto che a volte c'è. Com'è vero. Quante parole dico alla gente senza dirgliele mai. Sarà che è dicembre. Sarà che mi mette un po'"di malinconia per le giornate corte. Sarà che domani c'è il compito di inglese e devo finire la ricerca di arte e non ne ho voglia. Sarà, ma quando ascolto questa canzone è verissima. Delicata, mia. Sarà che, come vi dicevo, stamani m'ha riportato il compito di italiano. Buono più. Che non ho mai capito che sia quel più. Buono pieno? Buono vero? Mah. Comunque già il titolo mi aveva fatto sorridere e messo di buonumore: Descrivi te stessa ai tuoi genitori. Quello che non sanno, quello che vorresti dirgli e quello che non avrai mai il coraggio di dire.

Una parola. Ovvio che bisogna sempre mentire un po'. Comunque ho accettato la sfida, anche se penso che i professori danno questi titoli perché sono peggio dei servizi segreti. Comunque, alla fine, qualcosa ho scritto e mi sono tenuta la brutta.

"Cari papà e mamma, mi chiamo Carolina, ma questo lo sapete già perché il nome l'avete scelto voi. Gli amici mi chiamano Caro. Per descrivermi direi che vanno bene le canzoni Fango di Jovanotti o Parlo con te di Giorgia. Dicono che sono carina. Lo dite anche voi, ma non ci credo. La cosa strana è che quando mi guardo allo specchio e guardo voi non mi sembra che ci somigliamo tanto ma la prof di scienze, che poi è la stessa di matematica, dice che è normale: è la genetica. Di me cambierei tante cose, tipo l'altezza. Ma non ne sono sicura.

"Leggo tanti libri, anche quelli che non capisco subito bene, perché magari hanno tanti temi e contenuti difficili. Ma io ci provo. Sono i libri dello scaffale di Giovanni, mio fratello, detto anche Rusty James. Mi piace tanto la musica e vorrei fare la dj ma mi vergogno. Ho due amiche del cuore, Alis e Clod, che in realtà si chiamano Alice e Claudia ma è più bello Alis e Clod. Come sapete faccio la terza media e vado... dipende, ne benissimo ne malissimo. "C'ho i picchì come dice il prof Leone, che non sono quegli uccelli un po'"sciocchi che provano a fare per ore dei buchi negli alberi, ma dei risultati inaspettati che portano su i miei punteggi. Ho tanti sogni ma non ho ancora il coraggio di realizzarli. Cioè ci credo ma ho anche paura. Mi piacerebbe che pranzassimo tutti insieme e con la tivù spenta ma non succede mai. Coi miei fratelli vado d'accordo, meno con mia sorella, più con mio fratello. Amo i tramonti perché significa che ho passato un'altra giornata, magari bella. Amo il mare perché c'è l'acqua e l'acqua è morbida e diventa quello che vuoi. La scuola mi piace anche se ci sono sempre molti compiti e interrogazioni da fare. Cerco di fare del mio meglio sempre. Quando mi interrogano mi vergogno un po'"e divento rossa, ma parlo tanto e alla fine me la cavo. La gente a volte non capisce che faccio così proprio perché sono timida, anche se non sembra proprio perché sono una chiacchierona. A te papà vorrei dire di ascoltare un po'"di più, che magari a volte hanno ragione anche gli altri e di non stare sempre sulla difensiva, che la vita è bella e te la devi godere. A te mamma dico che sei fantastica, dolcissima e ci vorrebbero molte più persone come te. A mia sorella vorrei dire di essere un po'"meno superficiale, mentre a mio fratello dico che è un mito. Lui è il mio modello, gli voglio un bene dell'anima perché porta avanti le sue scelte con coraggio e credo che farà molta strada. Forse è la persona cui somiglio di più in famiglia. Mentre Ale è identica a papà... E mamma, pur essendo quella che ci ha messo al mondo, poi si è messa in mezzo a dividere, insomma, per non far litigare nessuno. Quali sono le cose che non avrei mai il coraggio di dire ai miei genitori? Ma se le dicessi qui mi sembrerebbe di andare fuori tema! O meglio mi sembrerebbe di non aver avuto sul serio il coraggio di dirle direttamente a loro, non le sembra giusto come ragionamento, prof? Bè, comunque io ho un carattere allegro, sono un po'"imbranata ma questo fa anche parte della mia simpatia, dicono. E soprattutto, sono molto diretta che a volte può essere un bene e a volte un male. In questo caso, e posso dirlo senza problemi, questo tema mi è proprio piaciuto. "

E poi ho chiuso con qualche citazione! Oh, tre colonne e mezzo! E anche quella riflessione sul coraggio di dire sul serio qualcosa ai miei, dell'uscire dal tema e quel rivolgersi direttamente al prof, secondo me ha contribuito al voto! Insomma è andata strabene e sono felice per questo. Ma la cosa che ha dato veramente un senso a questo dicembre è stata la fine di un amore. Andiamo per ordine.

Sono migliorata a tennis. Questa è sicuramente una notizia importante. Ale non mi ha più presa in giro e dire che mi ha vista uscire di casa almeno altre quattro, cinque volte vestita, come diceva lei all'inizio, da softball. Secondo me ha capito che la prenderò a pallate. Mi sono già studiata la posizione, lei arriverà all'incrocio dove di solito si ferma col motorino. E io ben appostata a circa cinque metri la centro perfettamente sulla spalla o sul casco, oppure, se va veramente bene, in piena guancia. E comunque vada sono dolori. I suoi. Ci ho pensato. O le faccio un top spin o uno slice. Come a dire: ho anche imparato i termini. Sì, perché Lele è stato davvero un maestro paziente. Perfino i vicini di campo della prima volta, rivedendomi giocare, hanno detto: "Ehi, sei migliorata! Superi anche la rete!".

E a parte le battute credo che notassero qualche miglioramento. Sul serio, non lo dico per darmi delle arie. Sono migliorata.

Ma poi quel 7 dicembre è cambiato completamente il nostro rapporto e non solo dal punto di vista tennistico.

"Ehi, che facciamo? Riesci a farti una doccia al volo e poi andiamo a mangiare?"

"Certo, come no..."

Salgo e chiedo il permesso a mamma. Stranamente riesco subito a convincerla. Bè, in realtà ho coinvolto anche tutta la classe, insomma c'è una specie di super festa in pizzeria per Giacomini che fa gli anni.

Prima di uscire me lo segno sul diario, non vorrei che poi le stesse persone festeggiassero i compleanni più volte. Mamma non ha una buona memoria ma su certe cose, non so com'è, o le sente o le ricorda sul serio. Oppure, cosa più probabile, si accorge quando le dico una bugia. Avevamo pensato con Clod che non sarebbe male se esistesse un "corso di bugia". C'è quello di teatro che fanno proprio lì nella nostra scuola, e con quel corso il pomeriggio ho visto qualche ragazzo migliorare, cioè fare una recita a fine anno molto meglio delle altre volte. Ma un corso di bugia servirebbe un po'"a tutti farlo. Chi è che non si trova prima o poi a doverne dire una, anche per non far soffrire o non dare un dispiacere o semplicemente non far sapere qualcosa di un'altra persona. Eppure se non sei preparato arrossisci immediatamente e questo mi da un fastidio! Cioè per esempio a me quando mi capita lo sento subito e capisco che chi mi guarda se ne accorge, e allora arrossisco un altro po'! Insomma è una trappola che non finisce più...

Con Clod abbiamo pensato che un'insegnante perfetta sarebbe Alis. Lei riesce a dire le bugie in un modo, ma in un modo... che solo lei! Con una freddezza, una tranquillità, un sorriso... Bè, mi sembra Hilary Duff, non perché anche lei dica tante bugie, oddio, questo proprio non lo so, ma perché recita bene e mi sta troppo simpatica e così a immaginare Alis come lei, mi sembra di darle la giusta importanza, viste le sue capacità.

Cioè ancora mi ricordo un giorno che eravamo a casa sua. Stavamo a ballare e saltare sul suo letto ovviamente larghissimo, è l'unica che a quattordici anni ha il letto matrimoniale! Tivù accesa a tutto volume. MTV. Video dei Finley Questo sono io. E li imitavamo perfettamente! Mi piace un sacco quando facciamo così noi tre! In più Alis, perché deve essere sempre lei, stava fumando e ci voleva far provare anche a noi, cosa che non ci andava proprio.

"E dai, provate."

"Ma non ci va."

"Ma è una fìgata! " Poi si ferma improvvisamente.

"Shhh... zitte!"

"Che c'è, Alis? Che succede?"

"L'ascensore... dev'essere mia madre."

Apre la finestra e butta la sigaretta, prende una gomma e la mastica velocemente. Si lecca le labbra e poi la butta nel cestino. Appena in tempo.

"Alice? Alice, ci sei?"

"Sì, mamma, sono in camera."

Arriva la madre. "Ciao... ah, sei con le tue amiche?"

"Buonasera, signora."

Grazia, la madre di Alis, si guarda intorno e tira su con il naso due volte per annusare meglio l'aria.

"Ma che, stavate fumando?"

Alis la guarda e lascia cadere le braccia. "Sì, mamma.."

La madre rimane sorpresa e Alis cambia improvvisamente espressione.

"Ma ti pare, sto scherzando! È che è passato prima Giorgio e si è acceso una sigaretta."

"Ma..."

"Gliel'ho detto che tu non volevi e infatti ho aperto la finestra... Scusa, mamma" e le corre incontro e l'abbraccia, e le da un bacio che sa di menta.

"Ok, ok... diglielo però a questo Giorgio che fumare fa male... Se inizia a quest'età!"

"Ok, glielo dico, mamma."

La madre esce dalla stanza con un grande sorriso, tutto per quella figlia così innocente. Cioè, ma vi rendete conto? È geniale. Ha scherzato perfino sulla cosa proprio per far credere che fosse possibile, che poteva perfino dirglielo, ma che invece non era vero. E invece è tutto vero! E com'è uscita, ormai passato il pericolo e anche il fatto che potesse tornare a sentire l'odore del fumo, Alis e ha fatto? Si è riaccesa la sigaretta! Bè, se non è la super campionessa di bugie lei! Comunque nel mio piccolo quel 7 dicembre me la sono cavata anch'io o forse mamma mi ha voluto credere e comunque le ho detto che mi passava a prendere Lele, un amico del finto festeggiato Giacomini, che ha quindici anni e mezzo. Anche perché fortunatamente quella sera c'era solo mamma a casa e alla finestra lei poteva scambiare tranquillamente la Smart di LeIe per una Aixam.

"Che c'è, perché ridi, Caro?"

"No, niente, Lele..."

"Niente non è possibile!"

"Ok, stavo ridendo perché già so che stasera sgarrerò la mia dieta!"

Lele mi guarda e sorride. "Bene! Adoro chi adora mangiare e poi con tutto lo sport che abbiamo fatto, sei giustificatissima."

Gli sorrido. In realtà stavo pensando che ho qualche piccolo problema con l'età. Mi tocca comportarmi un po'"alla Alis. A mamma ho detto che Lele ha quindici anni e mezzo e a Lele ho detto che ne ho quattordici e mezzo!

"È vero" gli sorrido di nuovo. "Ho una fame stragiustificatissima!

Piazza Cavour. Un cinese che dal profumo mi sembra buonissimo. Ci sediamo e dopo neanche un minuto arriva Paolo per prendere le ordinazioni. Cioè, un cinese che si chiama Paolo. Troppo divertente.

"Tu che prendi?"

"Io involtini primavera, riso alla cantonese e pollo al limone."

"Anche per me, tranne che il pollo, prendo pollo alle mandorle. Ah... e se mi porta anche dell'acqua naturale..."

Poi si rivolge a me. "O vuoi quella minerale?"

"No, no, naturale va benissimo."

"Allora, una naturale e una birra cinese."

Paolo fa per andarsene e Lele gli sorride. "Grazie."

Ecco, mi piace quando una persona è gentile anche con quelli che ti servono. Cioè anche se tu vai nei posti e paghi, e loro quindi comunque devono essere gentili con te, è bello dare loro importanza. In questo Alis è strana per esempio. Cioè lei non ringrazia mai nessuno! Quando va nei posti, è come se tutto le fosse dovuto. E" strano. Invece con noi è sempre gentile, sembra darci sempre tanta importanza, ci fa sentire come se noi venissimo prima di lei e anche di tutti gli altri. Mah.

Comunque arrivano i piatti che abbiamo ordinato e in un attimo cominciamo a mangiare e quasi non parliamo più, se non "Uhm... che buono...".

"Posso?"

"Certo."

"Buono anche il tuo..."

Ci sorridiamo. Sono buoni sul serio. E poi Lele mangia proprio bene. Oddio, capisco che è un pensiero un po'"difficile, ma mangiare bene vuol dire molto per me. Cioè, mangiare a bocca chiusa, masticando lentamente, bocconi piccoli, senza fretta, chiacchierando ogni tanto. Cioè, ci sono delle persone con le quali non li trovi così bene a tavola. Nomi? Mio padre. Ale, mia sorella, che ha preso da lui in tutto e per tutto secondo me, mentre io e mio fratello abbiamo preso da mamma. E anche Clod che però a modo suo alla fine, anche se mangia in quel modo, riesce a farmi ridere. Ma non so se sono io di parte.

Racconto a Lele un po'"della scuola, delle mie amiche.

"Ci sono diverse ragazze in classe che sanno giocare a tennis, ma tutte fanno finta di non saper giocare perché la Raffaelli, che è una insopportabile che porta pure un po'"sfìga, magari poi vuole giocare con loro. E tu?"

"Io cosa?"

"Come ti trovi all'università?"

"Oh bene, tranquillo. Sto facendo il primo anno. Sto preparando Diritto romano. Scusi..." Chiama Paolo che subito si avvicina.

"Tu vuoi qualcos'altro?"

"Mi andrebbero quelle palline..."

"Il gelato fritto?"

"Eh, sì."

"Ok, allora ci porta tre palline di gelato fritto e il conto, grazie.

E poco dopo mangiamo quelle palline ridendo e io mi mangio quella al cioccolato perché è la più buona. E poi Lele prende una grappa alle rose e usciamo.

È notte. Sono le dieci. Fa freddo.

"Andiamo allo Zodiaco?"

"Sì, ma cosa c'è?"

"Dovrebbero aver montato il presepe..."

Saliamo su lungo le curve. Riusciamo a posteggiare la Smart con facilità.

Qualche altra persona, per la maggior parte grande d'età, guarda il presepe.

"Hai visto, manca ancora il Bambino Gesù."

"Quello lo metteranno il giorno di Natale."

"Ah, certo."

Che sciocca. E cominciamo ad allontanarci. In silenzio. Camminiamo lungo un piccolo viale che si sporge sulla città.

"Roma da quassù di notte è bellissima..."

"Sì..."

Lele si appoggia alla staccionata. Mi sorride. "Anche tu..."

Poi mi prende la mano, ci gioca per un attimo e alla fine mi tira a sé, veloce e mi da un bacio. Chiudo gli occhi e mi ritrovo persa tra le sue labbra.

C'è un vento leggero, fresco, non particolarmente freddo. E mi lascio portare così, dal suo bacio. E non so cosa pensare, cioè mi piace sì, ha un buon sapore. Però... Ecco! Insomma, sul serio, io non me l'aspettavo!

Il bacio sta finendo e restiamo ancora un po'"in silenzio con le bocche vicine. Poi ci stacchiamo. Ci sorridiamo. Lele fa un respiro lungo, molto lungo.

"Scusa."

"Di cosa?"

"Bè... ti ho tirato con forza a me e..."

"No, no, va bene..."

Si avvicina di nuovo. "Sei bravissima a giocare a tennis" e mi bacia di nuovo. Lentamente questa volta, senza fretta. Con dolcezza, accarezzandomi i capelli. Ok. Va tutto bene. Ma quella frase se la poteva pure risparmiare! Che vuoi dire! Mi voleva dare un contentino? Cioè, se non diventavo brava non mi baciava? Forse sto esagerando. Forse sto facendo troppi pensieri. Però è la prima volta che usciamo oltre il tennis. Sì, insomma, non me l'aspettavo proprio che mi baciasse stasera! E, infatti, più tardi in macchina, andando a casa, uno strano imbarazzo. Cioè, quegli strani silenzi che man mano che vai avanti, sì insomma, più si prolungano e più diventano grandi e più ci pensi e più non trovi le parole con le quali iniziare. E poi alla fine, come capita spesso...

"Allora, che dici?"

"Perché non facciamo..."

Si parla tutti e due nello stesso momento. E poi lo fai di nuovo.

"No, volevo dire..."

"Ecco, dicevo..."

E alla fine ridi e in qualche modo devi pur prender una decisione.

"Ok, Caro, parla tu!"

"No, volevo dire, secondo te qualche volta potrei fare una partita? Cioè, sono in grado?"

"Oh sì, certo... Ti stavo per dire proprio questo, una volta potremmo veramente giocare, diventa più competitivo, si corre di più, si fa più sport insomma. E poi così puoi veramente mangiare quanto vuoi!"

Mi metto a ridere ma poi dentro di me penso: ma che vuoi dire? Che in realtà non ho corso abbastanza? Cioè che quando gioco è come se non giocassi? Ma allora perché ha detto che sono diventata bravissima? Per baciarmi? Ecco, arriviamo sempre lì... Bè, ormai siamo proprio arrivati a casa.

"Eccoci qua."

Lee si ferma un po'"più avanti del mio cancello.

"Sono felice che siamo usciti, stasera."

"Anch'io..."

Lele mi guarda. Rimane in silenzio. Io abbasso la testa e guardo le chiavi che ho tirato fuori dalla tasca. Ci gioco tra le mani. Già. finalmente me le hanno date, anche se credo sia solo per stasera.

Lele poggia la sua mano sulla mia. "Mi piacerebbe rivederti."

Guardo la sua mano. Poi lui. Non ho capito tutti quei discorsi sul tennis, ma di una cosa sono sicura e gliela voglio dire.

"Anche a me piacerebbe molto rivederti, però ti devo dire una cosa."

"Cosa?"

"Ho tredici anni e mezzo."

"Ah." Lele leva la sua mano dalla mia. Poi lentamente si gira verso il finestrino. Rimango per un attimo in silenzio. Lo guardo. Lui guarda fuori.

"Lele, mi dispiace, non volevo dirti una bugia. Non so neanche perché l'ho detta... Ma io sono sempre io. O ti piaccio oppure no. Non credo che sia quel mezzo anno in più che mi fa diventare un'altra."

Ancora silenzio. Poi Lele si gira verso di me e improvvisamente mi sorride.

"Hai ragione. Non so cosa mi è preso. Giochiamo lunedì?"

"Certo! Facciamo partita!"

E questa volta mi spingo io verso di lui e gli do un bacio. Però sulla guancia. Poi faccio per aprire lo sportello. Invece lui mi ferma per il braccio e mi tira a sé. Mi da un bacio. Sulla bocca. Un pochino più lungo di prima. Ma non so perché stavolta mi sembra che si agiti troppo. E come se la lingua fosse impazzita. Mi viene da ridere ma non posso. E alla fine vedo che mi poggia anche una mano sulla tetta! No! Lo fa in modo troppo veloce, quasi la stringe, neanche fosse una pallina! Ma che roba! Riesco a sfilarmi dalla sua stretta e poi pian piano, con dolcezza... "Devo andare... ci sentiamo domani." E scivolo via dalla Smart fuggendo dentro il portone, senza neanche girarmi.

Ascensore. Ho le palpitazioni. Comincio a fare dei respiri lunghi. Più lunghi. Mi devo calmare. D'altronde... meglio di Cenerentola, eh... sono le undici e trenta. Però non staranno mica tutti dormendo. Giro piano le chiavi nella porta. Infatti.

"Caro, sei tu?"

"Sì, mamma."

Viene dal salotto verso di me. "Allora? Tutto bene? Com'è andata la serata?"

"Oh, benissimo, siamo andati a mangiare in pizzeria qui vicino."

"Chi eravate?"

"Un gruppo..." Vedo che cerca il mio sguardo.

"Un gruppo, eh."

"Sì, altra gente di scuola, non li conosci." Faccio per andare in camera mia.

"Caro?"

"Sì, mamma, che c'è?"

"Vorrei un bacio..."

Mi avvicino e sento che oltre a darmi un bacio, mi annusa profondamente. Forse vuole sentire se ho fumato. Almeno su questo va tutto liscio. La vedo sorridere più tranquilla.

"Ah, un'ultima cosa, Caro..."

"Che?"

"Le chiavi."

Me le tiro fuori dalla tasca dei pantaloni e le consegno nelle sue mani. Come volevasi dimostrare. Mamma sorride.

"Vedrai che presto le avrai, è solo questione di tempo. E di fiducia."

Vado in camera mia. Mi spoglio. E d'improvviso una serie di pensieri che non c'entrano niente. Forse per dissimulare l'emozione. Per tuffarmi un attimo nella normalità. Domani è la festa dell'Immacolata. Festa a scuola! A letto fino a tardi! Sì, mi piacerebbe... mamma non me lo permette mai. Mi sveglia massimo alle nove e mi mette a fare le pulizie in camera. Anche Ale dovrebbe. Ma tanto lei tornerà tardi, c'avrà sonno, si alzerà a mezzogiorno, pranzerà, si farà la doccia, si farà bella e uscirà di nuovo. Quindi dov'è il tempo di fare le pulizie? Così rimedia mamma... Mamma. Che oggi dovrebbe aver portato giù luci, addobbi e l'albero fìnto perché noi siamo una famiglia ecologica. Non vedo l'ora che arrivi il 24 per andare a sbirciare di notte i pacchetti. Sì, io lo faccio ancora anche se lo so che Babbo Natale non esiste. Ma perché mi vengono in mente queste cose ora? E improvvisamente realizzo, come se fosse apparsa la mia cometa personale; oh, Lele m'ha baciato! Accendo il computer. Internet. MSN. Anche se mamma non vuole ma non posso farne a meno. È più forte di me. "Ci sei?"

Dopo un secondo Alis risponde. "Certo e dove dovrei essere? Allora, com'è andata?" Le racconto tutto per filo e per segno, dall'inizio alla fine, anche del fatto che gli avevo detto una bugia e che lui c'è passato sopra e della tetta trattata a mò di pallina da tennis. Alla fine Alis mi scrive un sacco di cose, mi tranquillizza e mi tranquillizza mi fa capire che la storia di Lele potrebbe funzionare e che la storia della pallina è solo il fatto che a volte i ragazzi vengono presi da desideri improvvisi che non riescono a dominare. Mi piace Alis. Mi dice proprio quello che vorrei sentirmi dire, tutto quello che vorrei poter raccontare a qualcuno come mia madre ma mi vergogno troppo e poi non so come reagirebbe. Insomma, Alis è veramente perfetta in questo, diciamo che è una specie di mamma virtuale più elastica di quella vera.

Oh, neanche l'avessi chiamata che apre la porta.

"Caro! Che fai? Ma non ci credo, stai ancora al computer! Ma hai fatto tardi e dai che devi dormire!"

"Hai ragione, ma dovevo capire una cosa sui compiti della settimana prossima."

"Adesso?"

"Sì, mi era preso un dubbio e se non lo risolvevo, già so che non sarei riuscita ad addormentarmi."

Spengo il computer. Faccio un salto sul letto e mi infilo al voli sotto piumino e lenzuola. Mamma si avvicina e mi rimbocca le coperte.

"Invece ora è tutto a posto?"

Faccio cenno di sì con la testa e siccome già so qual è la prossima domanda, l'anticipo. Apro la bocca. "Denti lavati... senti..." e le respiro in faccia.

Mamma ride e mi da un altro bacio e mi spinge con dolcezza la testa sul cuscino. Poi va verso la porta uscendo.

"Mamma..."

"Sì... ho capito."

E uscendo mi lascia un pezzetto di porta aperta. Forse non è virtuale, ma mi capisce benissimo anche lei. E con un sorriso mi tuffo sul cuscino e poco dopo sprofondo nel mondo dei sogni.

Quello che mi diverte un sacco e nello stesso tempo mi preoccupa un po'"a dicembre è il fatto che arriva Natale. Mi diverte un sacco fare regali. Mi preoccupa che non ho soldi. Per essere più precisi e sinceri, mi preoccupa ancora di più non ricevere i regali che vorrei. Bè, ormai lo sanno tutti che io vorrei tanto un cane. Cioè l'ho detto veramente a chiunque, perfino al giornalaio e a quello del bar dove ogni tanto faccio colazione le poche volte che sono arrivata prima a scuola. Cosa rarissima, insomma lo ammetto... Anche se quest'ultimo anno secondo me ha un po'"confuso le idee a tutti con il fatto che ho cambiato desiderio di regalo. Perfino Franco, il pizzettaro di via della Farnesina, me lo ha voluto precisare l'altro giorno. Mi ero appena presa un bei pezzo di pizza con sopra wurstel e patatine, cioè praticamente un super pranzo completo! Solo lui s'è inventato questa pizza. Io la chiamo Pizza Palla! Cioè secondo me neanche te la sei finita che già ti sei trasformato in una palla.

Comunque gli ho comunicato il mio nuovo desiderio in fatto di regali, visto che mamma va spesso a prendere la pizza da lui quando fa tardi, e così mi sono detta: lo dico anche a lui che magari una volta che passa mamma, gliela butta là. E Franco mi ha guardato sorpreso e mi ha detto "Caro.. ma... ma non era il cane? Ora ti vuoi fare una macchinetta? Chi ti capisce è bravo! ".

"Perché? E" così facile..." e me ne sono andata mangiando un pezzo di super Pizza Palla. Macchinetta e cane insieme! Non è possibile? E chi lo ha detto? Comunque il cane lo vorrei tanto ancora, forse perché poi quando sono più grande avrò talmente tante cose da fare che non avrò più il tempo. Boh. Almeno così immagino. Non ci voglio pensare. Comunque se me lo fanno, me lo prendo. E se mi fanno la macchinetta, mi prendo pure quella. L'altro giorno cercavo qualche nuova citazione da mettere sul diario, perché ho visto che usandole con misura con il prof Leone funzionano eccome e ho trovato questa: "La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta". L'ha detta un certo Adorno e io sono assolutamente d'accordo con lui. Quindi tra cane e macchinetta... tutt'e due!

E poi un altro regalo che vorrei è... Massi! Io e te. Uniti per sempre anche se non lo sai. Oltre il tempo. Complici perfetti. Diversi, ma sennò che gusto c'è? Te ne accorgi? Mi vedi? Ho visto un video bellissimo dei Rooney, Tell Me Soon: una bimba in una camera da letto tutta rosa col gruppo che entra e le canta una canzone! Poi alla fine arrivano anche tutte le amiche della protagonista. A me queste cose mai, eh?!? Poi va bè il cantante è miticissimo. Nella mia scuola mica ce ne sono così! Filo un po'"gli somiglia ma è meglio se non glielo dico. Sennò mi organizza un concerto con una cover band e alla fine mi richiede un altro bacio con la scusa che così è come se baciassi il cantante vero!

Devo dire che quest'anno me la sto cavando meglio. Ho fatto delle foto con il telefonino alle persone alle quali tengo di più e me le sono scaricate sul computer. Appena finisco di sistemarmi il blog che Gibbo mi ha "regalato" aprendomelo su Splinder, ce le carico tutte, magari tipo slide, che è bellissimo quando scorrono sul monitor tutte in fila, magari con qualche effetto speciale... Ora intanto ci lavoro. Voglio fare dei biglietti di Natale belli colorati, con tanto di foto e frasi di autori famosi che mi piacciono da mettere sotto. Ne ho trovate di pazzesche. Tipo: per il prof Leone: "Insegnare è imparare due volte", Joseph Joubert. Non male, no? E anche per la prof Boi, quella di matematica. Foto più frase. Tipo una fortissima che ho trovato su Internet: "E senz'altro possibile insegnare a un tacchino a salire sugli alberi. Perché però non assumere direttamente uno scoiattolo?", dice che è presa da un manuale di tecniche di selezione e gestione del personale! Per quella di matematica, visto che è la materia dove vado peggio, non posso toppare. Cartoncino rosso. Ho fatto una foto dove per fortuna è venuta bene, e non era facile perché è un po'"tonda ma soprattutto ha la faccia a luna piena con attorno tutti i capelli gonfi e stopposi, ricordo lontano di riccioli. Come frase ho pensato a "Si deve insegnare agli uomini, per quanto è possibile a tutti gli uomini, che il sapere non si trae dai libri ma dall'osservazione del cielo e della terra", Comenio. Che non so se suona bene ma mi sembra abbastanza positiva, insomma una che la riceve potrebbe chiudere un occhio su qualche mia insufficienza, visto che magari pensa che non studio troppo sul libro ma imparo direttamente dalla vita! O nel caso di mate... da Gibbo!

I regali che di sicuro dovrò fare sono per la mia famiglia, per Gibbo, Filo, Clod e Alis. Per esempio alle mie amiche vorrei fare un regalo personalizzato. Loro hanno tutte e due già la macchinetta! E allora vorrei fargli... il pieno! Sì, con questa storia che il carburante costa un sacco, compro due buoni al distributore e magari glieli regalo ! Uno ad Alis e uno a Clod ! Così possono viaggiare per Roma grazie a me! Poi a Clod, che m'ha appena mandato un sms scemo, "Due polli chiacchierano il 24 dicembre dentro il frigo. "Siamo alla vigilia di Natale... non so se mi spiedo...'", magari le regalo anche una raccolta di mess pronti e più decenti! Ah, e naturalmente uno per Lele. Certo a Massi vorrei tanto fare un regalo. Ma perché non me ne fa lui uno bellissimo... e si fa trovare? E a questo proposito mi viene in mente quella di Eraclito: "Chi non spera l'insperabile non lo scoprirà". L'avevo scelta per il biglietto con foto della prof d'inglese.

Anche lì non è che vado in maniera particolare ma con questo... chissà, potrebbe accadere proprio "l'insperabile"! Mi è piaciuta così tanto che alla fine me la sono attaccata sulla mia scrivania. E il fatto che si sta avvicinando il Natale mi fa pensare che potrebbe avvenire un miracolo. Sul serio. Mi sembra possibile incontrare di nuovo Massi. E così, con questa speranza nel cuore, vado alla Feltrinelli. Ma che, niente, neanche dipinto. Non c'è nulla da fare. È come la notte al mare delle stelle cadenti. Una volta che ne hai vista una, devi avere già pronto il desiderio e senza ombra di dubbi. Può essere che non ne passa più nessuna per chissà quanto! A me a volte è successo. Passava la stella e io non ho fatto in tempo a dire il desiderio perché me ne giravano in testa troppi e mi sono confusa! In fondo come diceva Hugo "L'anima è piena di stelle cadenti". Forse allora abbiamo già dentro le stelle cadenti senza bisogno di guardare il cielo? Boh.

Voglio fare il totoregali. Cosa mi arriverà? Un altro cd dei Finley o di Giovanni Allevi? Una trousse che tanto userà mia sorella? Un libro? Sciarpa e guanti da mamma? Una chiavetta USB per il computer? Un abbonamento al cinema da parte di Rusty James? O mi darà il cofanetto di Smallville? Ma il regalo che mi piacerebbe di più sarebbe trovare un certo bigliettino d'auguri nella cassetta delle lettere, messo a mano... con una certa firma. Intanto qui alla Feltrinelli mi faccio il solito giro e... "Buongiorno Carolina! "

"Salve."

Bè, se non altro ormai Sandro si ricorda del mio nome. E" pure vero che l'ho sfinito con la storia di Massi.

"Ho il libro per te, vieni! "

Lo seguo in mezzo agli scaffali.

"Eccolo qua... Tré metri sopra il cielo. Ti piace?"

"Boh, non so. L'ha letto una mia amica e le è piaciuto un sacco... Però poi finisce che si lasciano! "

"Ho capito... ma poi lui nel seguito che si intitola Ho voglia di te capisce che non bisogna restare attaccati a una storia che si è vissuta..."

Lo guardo. Alzo il sopracciglio. Ma che sta parlando di me? Magari ! Ma io con Massi non ho vissuto proprio un bel niente. Non è finita o andata male. Non è proprio iniziata. Non ho dubbi.

"No, grazie... Adesso voglio solo farmi qualche risata."

"Ok, allora c'è questo molto divertente... Il diario di Bridget Jones. È la storia di una ragazza che è arrivata a trent'anni, le amiche sono sposate o comunque hanno una persona, un fidanzato e lei invece è l'unica single. Fa morire dal ridere!"

Ma che me la stà a tirà? Forse però è un modo per esorcizzare la jella di questa eventualità. Mancano sedici anni e due mesi ai trenta. Mica mi andrà come questa qua! Ok, meglio capire cosa potrebbe accadere... per evitarlo!

"Ok, lo prendo. Senti, in realtà io ero venuta per fare dei regali alle mie due amiche. E ai miei due amici..."

Lele non so neanche se legge e poi non lo conosco abbastanza.

"Ok, dammi qualche idea però, fammi capire che tipi sono e vediamo cosa ti posso trovare per loro."

E così mi trovo a parlare di Clod, Alis, Gibbo e Filo. E devo dire che ho messo su proprio un bel gruppetto. Ognuno ha il suo carattere, le sue particolarità, ma sono tutti troppo forti. E, non so perché, mi sento io il collante di questo gruppo. Poi è vero: quando sei con uno sconosciuto ti viene più facile dire le cose vere dei tuoi amici, cioè non reciti e anzi li metti sotto la luce migliore perché non hai paura che li giudichino e poi ti dicano ad esempio "ma che ci esci a fare", come invece farebbe mamma se le dicessi tutto di Alis. O "cosa combina Gibbo". Alla fine non so come ma mi riirovo a parlare anche di Rusty James e di lui parlo un'ora, secondo me, cioè non mi fermo più. E Sandro ride sentendo quel che gli racconto.

"Ehi, ma sei proprio innamorata di tuo fratello!"

"Oh sì! Vorrei trovare una persona così... ma forse non esiste oltre lui." Vorrei aggiungere oltre Massi, ma mi prenderebbe per ripetitiva e così decido di lasciar perdere. "E poi c'è mia sorella Ale. Ma non ha mai letto niente in vita sua."

"Non ci credo!"

"E non ci credere. Cioè vede II grande fratello e qualche volta L'isola... e basta!"

Sandro sorride. "Ma sei troppo distruttiva, non ci credo neanche un po'... Perché ce l'hai con tua sorella?"

"E" lei che ce l'ha con me."

Sandro scoppia a ridere. "Ho capito. Qui ci vuole un bel regalo... Un bei libro che vi faccia fare pace a tutte e due."

"Ma no, è che siamo così diverse. Mentre a me sta bene tutto di lei, lei mi prende sempre in giro e non le sta bene niente di me! "

Proprio in quel momento passa Chiara, la sua collega che gli piace tanto. Perché si vede che gli piace da come la guarda. Ha i capelli sciolti questa volta.

"Ehi, ma ormai fate coppia fìssa voi due... sono gelosa!" E ride. E si allontana. Con un bellissimo sorriso. Una persona allegra, sul serio, piena di felicità e la esprime da tutti i pori. Cioè magari poi non è nemmeno vero, magari fa una vita normalissima senza nessuna fortuna particolare, io che ne so, e magari è piena di problemi. Ma quello che conta è che poi agli altri mostra il suo lato migliore, il sorriso. Forse è proprio questa la sua capacità di reagire alle cose. O almeno penso. O almeno è quello che mi sembra quando passa, parla o sta con gli altri. E non credo sia solo perché è una commessa, una abituata a dover essere gentile per lavoro. Certe cose o le hai o non le hai, e alla fine, bè, per me si sentono. Mi sembra buona e generosa. E forse troppo perfetta per andare d'accordo con Sandro. Ma anche di questo io che ne so in fondo? Questo comunque non glielo dico. Ormai è lontana. Piuttosto mi è venuta in mente un'altra cosa. "Ma perché non gliel'hai detto?"

Sandro mi guarda strano. "Che cosa?"

"Che ne so, quando ti ha detto quella cosa potevi risponderle tipo: "Allora se sei gelosa... facciamo coppia io e te!'."

Sandro arrossisce. Io lo capisco e forse non avrei dovuto dire niente, fare come fanno molti, finta di niente, ma così almeno si da una mossa. E poi è bello interessarsi sinceramente agli altri. A me piace. Non lo faccio per essere pettegola, anzi, proprio invece perché ci tengo che gli altri siano felici e se vuoi che lo siano loro... finisci per esserlo anche tu! Lo diceva Ligabue. "Credo a quel tale che dice in giro che l'amore porta amore... "

E quindi insisto. "Guarda che una donna certe cose se le vuole sentire dire, eh... Magari le stai pure simpatico... ma se non provi che ne sai?"

"Quindi?"

"Quindi dobbiamo trovare un libro pure per te, ti devi dichiarare!"

Sandro scuote la testa e si mette a ridere. "Andiamo a cercare i libri per i tuoi amici, và..."

E così dopo circa un'ora e mezza sono uscita con 99 euro in meno e un sacco di regali in più e precisamente:

L'amico ritrovato di Uhlman per mia sorella Ale, e magari che ci ritrovassimo sul serio... Poi I ragazzi della 56a strada per Rusty James, visto che il suo nome lo abbiamo tirato fuori da quel film che lui cita sempre ma che non vede mai perché non ce l'ha; per Gibbo un portacellulare in tessuto con la scritta "Genio ribelle" e in più un librettino sulla matematica coi test; per Filo un biglietto per vedere a teatro il musical di Notte prima degli esami; per Clod il dvd di Chocolat più scatolina di tartufi al cioccolato d'Alba; per Alis il dvd di II diavolo veste Prada e per Lele invece non ho trovato nulla. Nel senso che non ho trovato nulla che mi soddisfacesse. D'altronde non ci conosciamo poi così bene e non è che ci siamo visti così tanto, a parte tutte le partite a tennis e la sera dello Zodiaco. Quell'unica sera! Io penso che i regali non debbano essere fatti a caso e nemmeno bisogna scegliere qualcosa che vorremmo facessero a noi.

A Lele non so, mi piacerebbe regalargli una felpa, sì, una bella felpa color azzurro. Anzi, meglio! Mi è venuta un'idea troppo forte. Voglio proprio vedere se riesco a farla!

Vado in giro un po'"per il centro e trovo un regalo per i miei, è carino, secondo me gli serve e poi costa poco. Lo prendo e continuo a camminare. Che strano, a dicembre queste vie assumono tutto un altro aspetto. Vedo dall'alto scendere giù tutte le stelline luminose e i disegni di Babbo Natale attaccati a ogni negozio e l'ovatta messa dietro le vetrine per far fìnta che sia la neve. Ragazzi e ragazze camminano ridendo, alcuni si tengono per mano, altri più frettolosi da soli, dietro chissà quale strano pensiero. Due amiche un po'"più grandi di me, e anche di Alis e Clod, camminano abbracciate. Una di loro ha la mano infilata dietro, nella tasca del jans dell'altra. Poi quella davanti le frega qualcosa dalla borsa, ti do un biglietto, e comincia a correre. Anche l'altra subito parte dietro di lei.

"Fermati, dai! Non voglio che lo leggi, e dai!"

E spariscono così, in mezzo alla folla che continua tranquilla il

suo scorrere, lenta come un fiume umano, con i suoi pensieri, i suoi dolori, la sua felicità.

Bè... Basta con questi strani pensieri. Mi sento Carolina filosofa... Quanto vorrei essere invece Carolina innamorata. Sono arrivata alla fermata dell'autobus. Ecco, l'aspetto qui. Mi guardo un po'"in giro. Dietro di me c'è un'altra vetrina piena di vestiti, camicie a 170 euro, maglioni a 280, giubbotti a 370 euro. Ma chi si può permettere cose di questo genere? Cioè, ma cosa fanno nella vita i genitori di una ragazza che si veste con questo tipo di abbigliamento?

Bè, a dire la verità Alis ne ha anche di più costosi. E i suoi genitori cosa fanno? I separati! Non ho capito se separarsi ti fa diventare ricca o essere ricca ti fa separare. Lo devo chiedere ad Alis. Magari dicendoglielo nel modo giusto.

Ecco l'autobus. Scorre davanti ai miei occhi. Indietreggio un po'"perché mi fa proprio il pelo. Ma no... Non ci posso credere. Si ferma, si aprono le porte e scendono i due ragazzi che mi hanno rubato il telefonino. Sono loro! Non ho dubbi. Uno dei due ha lo stesso terribile giubbotto. Me lo ricordo come fosse ieri. Mi spingeva, più volte, prima di scendere e io ho visto solo quel giubbotto verde chiaro orribile, come i suoi capelli, come la sua faccia, come la sua stupida risata da brutto ladro... rumeno. E non lo dico perché sono razzista. Cavoli, no che non lo sono. Per me poteva anche essere dei Parioli. Rispetto tutti. E soprattutto voglio che rispettino me e le mie cose. Al di là della nazionalità. Anche i bulletti di famiglie ricche italiane che a scuola si fregano le cose e ti minacciano li odio. Odio i vigliacchi, odio chi prevarica sugli altri, di dovunque sia e comunque si chiami o si vesta. Odio chi non ha rispetto della vita e della serenità altrui. Odio chi invece di chiedere qualcosa che non è suo, lo ruba. E ti lascia così, indifeso, impotente, spiazzato e triste. E vorresti essere un supereroe con le armi segrete e i poteri magici che gli basta guardare il tipo e puff! Farlo sparire.

L'autobus ha chiuso le porte e se ne è andato via. Ma io non sono salita. Sono dietro di loro. Con il mio pacco natalizio incartato con dentro il piatto di Natale per mamma e papà e la busta coi regali per gli amici.

E ora che gli dico? Boh, qualcosa m'inventerò. Devo essere gentile. Cioè li devo mettere a proprio agio. Ma ti rendi conto. Mi sembra assurdo! Mettere a proprio agio due che mi hanno fregato il telefonino. E soprattutto con dentro il numero di Massi.

Più li seguo e più ci penso. Più ci penso e più m'innervosisco. Più m'innervosisco e più vorrei essere grande, grossa e menare un casino. Oppure più semplicemente avere con me Rusty James. Oh, allora sì che sarebbero dolori per i due. In fondo non sono neanche tanto grossi. Sono due tipi qualunque. Ops. Ma sono due... e soprattutto si sono accorti che li sto seguendo.

"Oh, ma che ce l'hai con noi?"

"Ehm... sì.. cioè no... cioè sì."

"A ragazzì... sì o no?"

E meno male che erano rumeni! Questi due sono di Roma e di brutto. Bè, forse ci capiremo meglio.

"Allora, qualche tempo fa credo di essermi persa il telefonino. Un Nokia 6500 Slide ecco come..." Mi viene in mente di prendere dalla tasca quello nuovo che mi ha regalato Alis. E se poi mi fregano pure questo? "Ecco, come quello che si vede sui cartelloni..."

"Nun ce l'ho presente, "mbè?" Fa uno dei due, quello più grosso e sembra anche il più cattivo.

"Bè, non è importante... e insomma l'ho perso sull'autobus, su quello stesso autobus dov'eravate voi due."

"Noi?"

"Sì, ma stavate chiacchierando e io vi ho notato e siccome magari l'avete trovato e l'avete raccolto..."

Mi guardano.

"Sì insomma, io sono scesa e mi è caduto e voi l'avete raccolto e me lo volevate dare, ma l'autobus ha chiuso le porte ed è partito all'improvviso... e voi non avete potuto..."

Ora sono tutti e due piuttosto perplessi.

"Ma che, ce stai a pijà pè "r culo?"

"Non mi permetterei mai... No, volevo dirvi solo questo... non è che avete per caso ancora la tesserina, sì, insomma, la mia Sim...?"

Uno alza il sopracciglio. L'altro pure. E ora come ne esco? Non so che fare. Che altro dire. Potrei rinunciare a qualcuno dei regali e offrirglielo come riscatto. Ma che gliene può fregare a due come loro di Chocolat o peggio de L'amico ritrovato Questi pensano che li prendo solo per il culo. E allora gioco la carta pietosa.

"C'era il numero di un mio amico... Gli volevo molto bene. Non'è più, è scomparso, non lo trovo. Forse è morto. Stava così male... Volevo sentirlo almeno a Natale... Se non lo chiamo cosa potrà pensare? E il suo numero era su quella Sim lì, solo su quella! Non mi serve il telefonino, solo la Sim... La mia Sim..."

Mi guardano un'ultima volta, ""Nnamo và..." E si girano e se ne vanno via così, senza degnarmi di una risposta, una qualsiasi risposta. Meglio così. Credo di averla scampata... Fiuuuu... Massi... non dire che non ho tentato l'impossibile.

Sono tornata a casa e ho nascosto i regali nel mio armadio. Mi sono fatta una doccia veloce, cena leggera, con Ale nessuna discussione e sono andata a dormire. Sai quando sei così distrutta ma così distrutta che non aspetti altro che di toccare il letto? Mi dispiace che non ci sia Rusty James. Lui sarebbe venuto a raccontarmi qualcosa o a leggere un pezzo dei suoi racconti. E" strano quando manca anche una sola persona in un posto dove si è abituati che ci siano tutti, come improvvisamente tutto di quel posto cambia. Almeno per me è così. E dopo questa strana sensazione mi perdo sfinita nei miei sogni. Ma prima di addormentarmi, un pensiero. E mi viene da sorridere. E mi sembra tutto così bello. Sono nella mia macchinetta, è estate e c'è Massi vicino a me e naturalmente ascoltiamo James Blunt. Lui ha tutti e due i piedi fuori dal finestrino e si muove a tempo di musica e fa lo spiritoso e mi lascia guidare. Io ho gli occhiali che mi piacciono tanto e anch'io ballo con la testa a tempo di musica... E a destra abbiamo il mare. E" Sabaudia, il lungomare che mi piace tanto dove qualche volta mi hanno portato i miei. C'è la pineta e subito attaccate tante dune di sabbia spazzate dal vento. E io sono lì con Massi. Scendiamo dalla macchinetta. Siamo sulla spiaggia, onde del mare e liberi aquiloni nel cielo e lui mi tiene la mano e io sono felice.

Ecco, vorrei fare un sogno così nella realtà. E dopo quest'ultimo pensiero mi addormento sul serio.

Quanto mi piacciono le assemblee d'istituto indette dai rappresentanti di classe, di quelle inutili per decidere ad esempio quali film d'interesse per i giovani dovrebbero essere fatti l'anno prossimo in saletta proiezioni. Mi piacciono ancora di più quando le fanno alle ultime due ore del venerdì mattina. Si poteva decidere se restare o uscire prima con l'autorizzazione dei genitori. E mamma ha firmato, perché le ho detto che tanto era una cosa inutile e preferivo venire a casa a studiare per un compito in classe che ci sarà lunedì. Così eccomi qui alle 11.30! Certo, se proprio voglio essere pignola, avrebbero potuto metterla alle prime due ore, almeno dormivo di più ma non si può avere proprio tutto tutto.

A quest'ora di venerdì a casa non c'è nessuno. Mamma è sempre al lavoro, papà al policlinico o al bar con i suoi amici per il break che fa a quest'ora e Ale è a scuola. Il momento più bello. Mi piace stare in casa quando non c'è nessuno. C'è silenzio e posso fare quello che voglio. Per esempio mi piace andare in camera dei miei e provare qualche cosa di mamma, tipo una maglia o una gonna. Non so perché. Forse per sentirmi vicina a lei. Forse per mettermi qualcosa di diverso. Non che mamma abbia vestiti alla moda, anzi, ce li ha più Ale ovviamente, ma la sua roba non mi piace. Ale non ha molto gusto, si vestirebbe tutta provocante e fasciata anche per andare al gabinetto. Mamma ha delle cose semplici, senza troppi colori, un po'"tutte uguali. Ma sono sue e me le mettevo di nascosto anche da piccola. Ero buffa, perché mi stavano grandi. Apro l'armadio e vedo che, sopra le altre, c'è una maglietta che non ho mai visto. Dev'essere nuova. Ieri c'è stato il mercato e forse mamma se l'è comprata lì. Mamma in pratica non va per negozi. Dice che al mercato si trovano le stesse cose a meno e non ci sono commesse a farti i complimenti finti. La gente del mercato è diretta e genuina, puoi provarti le cose senza che nessuno ti stressi. La maglietta è carina, bianca a righine blu, con i bordi rimarcati di rosso, un po'"stile marinaro come va quest'anno. Dovrebbe starle bene. Magari qualche volta gliela ruberò per uscire. Tanto non se ne accorge. Anzi, quasi quasi me la provo ora che non c'è. Sto per togliermi la maglietta quando sento suonare.

Driiin.

Il campanello.

Driiin.

Ancora. Uffa, mi tocca rimandare.

Arrivo. E chi è a quest'ora? Forse è mamma che sa che sto a casa. Magari voleva farmi una sorpresa ma si è dimenticata le chiavi. Mi pare strano. E pure papà. Ale poi non torna prima delle due. l'Orse è il postino. Arriva sempre verso mezzogiorno, dice mamma. Alo il citofono.

"Sì?"

"Hem, ciao."

Non riconosco la voce lì per lì. "Chi sei?"

"Debbie."

"Debbie! Ciao! Ti apro!"

Premo sul citofono il tasto del portone giù e aspetto. Debbie? E" tanto che non la vedo. Troppo! E mi dispiace perché per me è fortissima. Chissà che vuole. A quest'ora poi. Apro la porta di casa e sento l'ascensore che sale. Si ferma. Debbie esce e mi vede che l'aspetto.

"Ciao, Caro, allora eri proprio tu al citofono. Non credevo fossi a casa. Pensavo fosse tua mamma."

"Debbie! Vieni, entra. No, oggi siamo usciti prima. Mamma è al lavoro..."

Mi segue e chiudo la porta.

"Vieni, andiamo di là. Vuoi qualcosa da bere?"

"No, grazie." Mi sembra un po'"strana. Si guarda in giro. "Ma sei sola?"

"Sì, sono tutti fuori. Torneranno tra un po'."

Non capisco ancora bene che ci fa qui. "Allora, Debbie, come stai? Che mi racconti?"

"Bè, tutto abbastana ok."

"Lavori ancora in quel negozio?"

"Sì, quello di abbigliamento. Mi trovo bene, poi con l'orario parttime riesco anche a seguire qualche lezione in Facoltà, la mattina. E tu che mi racconti?"

"Eh, a scuola va come sempre, quest'anno ho l'esame e sto sempre con le mie amiche Alis e Clod! "

"E coi tuoi tutto bene?"

"Bè, sì, le solite cose. I litigi perché secondo loro esco troppo, Ale che mi stressa come una vecchia babbiona di cent'anni e R. J. che è sempre R. J. Ma questo tu lo sai bene! "

Le sorrido e faccio la complice. Cala uno strano silenzio. Debbie è una tipa che mi piace tanto, è simpatica, intelligente e mi ha sempre trattato come una sorella. E poi è la ragazza di Rusty James e lui fa sempre le scelte giuste ! Però oggi c'è qualcosa che non va. Non mi sembra la stessa Debbie.

"Senti, Caro..."

"Dimmi!"

Prende la sua borsa e la apre. La riconosco. Me l'ha fatta vedere Rusty quando gliel'ha comprata, prima di regalargliela. E" di quelle grandi, quadrate e schiacciate che si portano a tracolla. Cerca qualcosa.

"Potresti farmi un favore?"

"Certo!"

Tira fuori una busta color celeste, di quelle fatte con la carta tutta lavorata a strati, che sembra ricamata, molto bella. Chiusa ma non sigillata.

"Potresti dare questa a Giovanni, dopo, quando torna?"

Ci sono domande che ti spiazzano. Che non capisci se sei scema tu che non le capisci o sono proprio loro che non hanno senso. Nel dubbio ti viene da stare zitta. Come dopo, quando torna?, penso. Giovanni non torna. Ma come, Debbie non lo sa? Impossibile. Non riesco a dirle niente. Che vuoi dire? Che succede?

Debbie mi porge la busta. La prendo.

"Ma non puoi dargliela tu quando lo vedi, scusa?" le dico.

Debbie sta zitta. Si guarda i piedi. Nonno Tom dice sempre che quelli che si guardano i piedi vorrebbero scappare. Cavoli, ma allora... ma che, vuole scappare Debbie? E perché? Voglio capirci qualcosa.

"Tanto è sabato, vi vedrete stasera quando esci dal negozio, no? Poi mi sa che lo vedi più spesso tu che io, Rusty..."

"In che senso?"

"Come in che senso, da quando è andato via mica lo vedo tutti i giorni. Cioè, ci vado al barcone, ho anche la mia stanzetta, ma non ci vado sempre sempre..."

Debbie alza di colpo lo sguardo. Mi fìssa. "Ma perché scusa, non sta qui? Che barcone?"

A questo punto non ci capisco proprio più nulla. Ma non sto parlando con Debbie, la simpatica Debbie, la mitica ragaza di mio fratello?

"Il barcone, quello sul Tevere!"

Debbie mi sembra come una bimba che si è persa nella confusione del luna park e non trova più i genitori. Non è possibile che non sappia nulla. Allora sono io che mi sono persa qualche puntata fondamentale. Mi butto.

"Scusa, Debbie, ma da quant'è che non vedi mio fratello?"

"Un po''..."

"Un po'"tipo da qualche ora o un po'"tipo da un bel po'?"

Debbie mi guarda e vedo che gli occhi le si inumidiscono. Mi rendo conto che di puntate magari non me ne sono perse tante, ma solo quella più importante. Si devono essere lasciati. Mi sorride un po'"imbarazzata.

"Non sapevo che non abitasse più qui..." e lo dice col tono di li ha appena ricevuto una sberla di quelle forti, che non ti aspetti e lì per lì non sembra nemmeno che ti faccia male. Ma di certo ti lascia senza parole. E io non so proprio che fare, che dire o come uscirne ma per fortuna mi salva lei che guarda il suo orologio.

"Scusa, Caro, è tardi, devo andare." E torna sorridente e leggera come sempre e va verso la porta di casa quasi saltellando. "Mi fai il favore di dargli quella lettera quando lo vedi?"

"Sì, sì" le dico mentre la seguo verso la porta. E se per caso sta male non lo fa proprio vedere. Apre la porta e chiama l'ascensore che arriva subito. Doveva essere al piano subito sotto. "Ciao... e grazie." Mi fa un bellissimo sorriso, poi entra nell'ascensore, spinge un bottone e sparisce.

Rientro in casa. Mi siedo sul divano. Guardo la busta che ho appoggiato sul tavolino di vetro appena lei si è alzata. Ma che è successo tra quei due? Ora chiamo Rusty e me lo faccio spiegare. Uffa. Ma per una volta che c'è una coppia bella che funziona... Mica si saranno traditi? Lui? Lei? Nooo, non ci credo, non è possibile. Se è così Rusty mi sente. E se è stata lei, mi sente lei. Sto per prendere il cellulare ma poi cambio idea. Di certe cose non si può parlare al telefono. Gli scrivo un sms.

"Ciao! Quando possiamo parlare un po'"a voce? Ho anche una cosa da darti" e invio.

Guardo di nuovo la busta. Non è chiusa. Forse lì dentro c'è la risposta. Basterebbe un attimo. Tanto nessuno se ne accorgerebbe. La prendo e me la rigiro tra le mani. Non mi va che quei due si lascino. Ma anche se apro e leggo, che risolvo? D'altronde possono saperlo solo loro due cosa fare... Sì, però vorrei saperlo anch'io. Scusa, io ho sempre fatto il tifo per loro! E poi se devo fare la postina, avrò diritto a un premio, no?

Sfilo piano il triangolo di carta azzurra. Prendo il foglio all'interno, piegato in due. Lo apro.

"Amore, scusami..."

Sento una chiave che s'infila nella toppa della porta. Ale entra al volo. Rimetto la lettera dentro la busta e velocemente la nascondo dietro un cuscino.

"Ciao... Ma tu sei a casa? Che hai messo su l'acqua per la pasta?"

"No."

"E che aspetti?"

"Aspettavo te..."

"Sì, va bè ...

E se ne va in camera da letto.

Riprendo la lettera, la sistemo meglio. Magari la leggerò dopo, con più calma. O forse no. Forse è giusto che quelle parole restino loro e basta. E con quest'ultima decisione definitiva, me ne vado in camera mia.

A scuola non c'è niente da fare, come si avvicina il Natale inizia una strana adrenalina. A parte che l'ultimo giorno ci sarà la festa dell'albero. Praticamente tutti portano un regalo a testa e poi a estrazione questi stessi regali vengono sorteggiati a caso! E" troppo divertente, solo che i maschi regalano delle cose assurde, a volte schifose. Lo fanno apposta perché li diverte essere trasgressivi, rovinare la festa del Natale e tutta l'atmosfera.

Cudini si è tolto il gesso. Ha sfidato il prof Leone a palletta. Ha detto che se fa più palleggi di lui non lo deve interrogare per tutto gennaio e dargli buono per il mese. Il prof ha accettato la sfida.

"Allora, pronti...? Via! Uno, due, tre..."

Conto io insieme a tutta la classe, ma chiaramente stanno tutti contro il prof.

"Quattordici, quindici..."

Ma lui è forte. Palleggia tranquillo e va avanti.

"Ventidue, ventitré..."

"Fiiiii" qualcuno fischia, qualcuno batte sul banco. Un casino che non vi dico! Cercano di distrarlo in tutti i modi. Ma lui continua.

"Trentacinque, trentasei..." fa uno sforzo pazzesco per allungarsi. "Trentasette! Eeeh... eehhh! " Non ce la fa, non ce la fa.

"Ooooh..."

Gli è caduta! Tutti battono sui banchi, è partita una specie di olà!

"Shhh, ragazzi, non fate casino! Che se entra il preside poi son dolori... come glielo spiego questo certamen?"

"Eh?"

"Certamen... gara, Cudini, gara. Certamen vuoi dire gara."

"A prof, e parla come magni! Che ce devi confonde le idee?"

I miei compagni... Tutti lord inglesi come potete sentire.

"Vai, tocca a te!"

Cudini prende la palletta e inizia a palleggiare.

"Uno, due, tre..."

E io conto. Lui salta con difficoltà però. E ancora un po'"debole sulle gambe e palleggia con quella che si è rotto.

"Dieci, undici, dodici..."

Cudini si allunga troppo con la palletta, la lancia lontano, cerca di raggiungerla saltellando solo su una gamba, da ancora un colpo, "Tredici" e, cercando di farne ancora uno, alla fine scivola e cade per terra.

"Ahia! " Si porta subito la mano sinistra al gomito. "Ahia, che male! Ho sbattuto il gomito."

"Fai vedere." Il prof Leone si inginocchia subito vicino a lui e li controlla il braccio. "Niente... Meno male! Temevo ti fossi rotto pure questo!"

"Però mi pizzica da morire, prof! Vedo le stelle!"

"E certo! Hai sbattuto su un punto nevralgico. Da qui parte un nervo...

Insomma, inizia una spiegazione che altro che prof di italiano! Sembra un prof di medicina. E la cosa più incredibile è che Cudini alla fine si rialza e arriva Bettoni, il suo amico del cuore.

"Guarda qui." Gli mette davanti il telefonino e parte un filmato. "Dieci, undici, dodici..." E pum! Il volo di Cudini.

"Ahia, che male!"

Cudini ride rivedendosi. "Ammazza che botto! Però... forte, fa ridere una cifra. Oh dammelo, che lo carico subito su You Tube."

"E certo, per questo te lo facevo vedere... con questo marchi una cifra. Entri in classifica sparato!" E ridono come pazzi allontanandosi sottobraccio tutti fieri del volo e della possibile entrata in classifica.

"Cudini, comunque ho vinto io, quindi preparati che domani ti interrogo. "

"A prof... rivincita!"

Pomeriggio tranquillo. Sono stata a pranzo dai nonni.

Mi hanno raccontato di come si sono conosciuti. A una festa. Erano diverse le feste di allora. Erano più aperte e tutti sembravano sul serio amici dai racconti che mi hanno fatto. Oggi forse non è più così. Mi sembra sempre che ci sia un po'"di invidia.

A un certo punto nonno ha preso la mano di nonna e gliel'ha baciata con amore. Nonna ha chiuso gli occhi, era come se in realtà soffrisse per qualcosa. Poi li ha riaperti, ha fatto un sospiro e poi un sorriso, come se cercasse di ritrovare un po'"di serenità. Io non sapevo bene che fare e così mi sono versata un po'"d'acqua facendo fìnta di avere sete.

Poco più tardi, dopo il dolce, mentre nonna metteva a posto, mi sono messa a spulciare nella sua libreria. Ho preso un libro e ho cominciato a sfogliarlo.

"Jamie, io ti amo."

"Lo so," rispose sottovoce, "certo che lo so, tesoro. Lascia che io te lo dica nel sonno, quanto ti amo. Perché non c'è molto che io possa dirti mentre siamo svegli, se non le stesse, povere parole, ripetute ancora e ancora. Mentre dormi tra le mie braccia, invece, POSSO dirti cose che suonerebbero sciocche nella veglia, e i tuoi sogni sapranno che sono vere."

Era II ritorno di Diana Gabaldon. Ecco, anch'io un giorno vorrei poter dedicare delle parole così a Massi. Sì, a lui. Perché se solo che ci siamo visti solo una volta è ancora così presente nei miei pensieri, se tutto quello che provo e che penso e le cose divertenti che mi accadono, insomma se il meglio che mi capita di vivere lo dedico a lui, bè, deve essere per forza una persona speciale. O sono una sognatrice disperata?

Bè, preferisco pensare che sia merito suo e non colpa mia. Comunque, non faccio in tempo a tornare a casa che c'è sotto Gibbo. Naturalmente con la sua macchinetta nuova.

"Che fai qui?"

"Ciao Caro! Cercavo un autista per la mia macchinetta, ti va?"

E" troppo forte Gibbo.

Citofono a casa e avviso che vado a fare un giro. Naturalmente c'è Ale che, come al solito, dopo che uno le dice qualcosa, non risponde. Ricitofono.

"Ma hai capito?"

"Sì."

"E allora dillo, no? Avvisa mamma che se no si preoccupa, dille che ho il telefonino scarico."

E richiude.

E ricitofono.

"Oh, hai capito che ho il telefonino scarico?"

"Sì, ho detto di sì."

"No. Hai detto di sì per la cosa di prima! "

"Va bene, ho capito."

"Che cosa?"

"Hai il telefonino scarico."

Gibbo dalla macchinetta suona.

"E dai, Caro!"

Alla fine monto in macchina e parto.

"Ma fate sempre così?"

"Sempre. Mia sorella è una rompipalle! Dove devo andare?"

"Dritto! Ecco, in fondo curva a destra."

Arrivo in fondo alla strada a tutta velocità e faccio una curva a destra sparata.

Gibbo si tiene per non finirmi addosso. Io seguo la curva con il peso, poi riporto il volante al centro ritrovando l'equilibrio della macchina. "Ehi! Ti faccio guidare, ma mica te la faccio distruggere! Uhm, non va bene..."

Gibbo mi guarda.

"Che cosa?"

"Sei diventata troppo brava a guidare."

"E allora?"

"Ti preferivo prima. Eri meno sicura. Sai che la sicureza rappresenta il 65% delle ragioni di un errore?"

Gibbo. Me lo guardo. Mi diverte troppo. Non c'è niente da fare. E" fatto così. Il libro dei test gli piacerà un sacco. "Ok, hai ragione" sorrido e guido più tranquilla.

Poco dopo.

"Ecco, fermati qui."

"Ma dove siamo?"

"Non ti preoccupare."

Prende dallo zaino il suo piccolo computer. Poi scende e mi fa segno di seguirlo.

"Non ci posso credere! "

Mi fermo esterrefatta sentendo tutti quei rumori.

"Ma è un canile!"

"Sì, vieni" mi prende per mano.

"Buongiorno Alfredo! "

Un signore dall'aria simpatica con dei grossi baffi bianchi e una bella pancia pronunciata ci viene incontro.

"Buongiorno! Chi è questa tua amica?"

"Si chiama Carolina."

"Piacere" mi da una grossa mano morbida dove la mia si perde con grande facilità.

"Salve."

"Allora, fate come se foste a casa vostra, tanto tu, Gustavo, la conosci la strada, no?"

"Sì, sì, grazie.

Gustavo. Mi fa strano sentirlo chiamare così. Per me è Gibbo e basta da sempre. Alfredo scompare in fondo al viottolo dentro a una strana casupola. Io tutta curiosa prendo per il braccio Gibbo e gli faccio mille domande.

" Ehi, ma come mai lo conosci? Ma come hai trovato questo posto? Ma ci vieni spesso? Ma perché, vuoi prendere un cane?"

" Ehi, ehi ! Calma ! Allora, lo conosco perché mio cugino ha preso un cane qui, ci sono venuto solo un'altra volta prima di adesso con lui. E ora voglio regalare un cane a un'altra mia cugina che lo vuole tanto e ci ha messo tutti in croce. Guarda" tira fuori dalla tasca una busta. "Qui dentro ci sono i soldi che mi hanno dato mio padre e mia madre per fare un'offerta al canile. Forti, no?"

"Sì" abbasso lo sguardo un po'"dispiaciuta.

"Che c'è Caro? Che t'è preso?"

"Boh, non so. E" una vita che voglio un cane... e ora venire qui e vedere tutti questi così belli... e poi prigionieri... e poterne scegliere solo uno... e in più... per tua cugina!"

"Bè, se ti può far stare meglio mia cugina è molto simpatica e crina. Però, appena ho avuto la macchinetta, la prima persona con la quale ho desiderato uscire sei stata tu! E poi..."

"Poi?"

"Lei mica l'ho baciata!"

"Cretino" gli do una botta sulla spalla.

"Ahia! Guarda che apro le gabbie e ti scaglio tutti i cani contro."

"Sì, ma loro mordono te. A me mi salvano, lo capiscono subito che a te non te ne frega niente, che sei un misero opportunista! "

"Pure. Dai, dammi una mano, tieni questo" mi passa un cavetto, poi prende il telefonino e lo collega con il computer.

"Che fai?"

"Così scattiamo le foto di quelli che ci sembrano più carini, e poi ci penso un po'"su."

"Allora io ti servivo solo perché non potevi farlo da solo!"

"Ma che, è che tu ci capisci... Così mi dici quale ti sembra più carino e più sano."

"Sono tutti carini e sani."

"Ecco appunto. Va bè, comunque ne dobbiamo scegliere uno. Mi aiuti?"

"Ok..." Sbuffo. "Maschilista!"

"Ma che c'entra! " Gibbo si mette a ridere e scatta la prima foto proprio a me. Che compaio direttamente sul suo computer.

"Ehi, ma io non sono un cane! "

"Era per provarlo. Dai andiamo" e ci avviciniamo alle gabbie. Ma quanto sono carini, hanno dei musi troppo buffi, sono teneri. Piegano la testa di lato e ci osservano, alcuni neanche abbaiano. Secondo me hanno capito che dalla nostra decisione dipenderà un po'"tutta la loro prossima vita. Io me li porterei via tutti.

"E questo?" Ne indico uno. "E quest'altro. E anche questo."

"Ma sei una indecisa! "

"In fatto di cani sì! " e alzo le spalle. E Gibbo scuote la testa e continua a seguirmi e a me piacciono tutti. Ora hanno un po'"familiarizzato. Mi corrono incontro, mi abbaiano e appena allungo la mano si strusciano. Vogliono essere accarezzati.

"Hanno bisogno d'amore."

"Come il 70% delle persone."

"Gibbo! " Continuiamo a scattare foto. Addirittura a dare i nomi. E Gibbo scrive pure il tipo di razza e le particolarità ! Non so come ha fatto ma uno con il telefonino e il computer può andare su Internet e capire che tipo di povero bastardo, nel senso di cane abbandonato, abbiamo davanti. Alla fine non ho dubbi. Il cane che si beccherà quella cugina fortunata si chiama Joey! Gliel'ho dato io il nome !

"Ehi, ma come si chiama tua cugina?"

"Gioia."

"Perfetto! Vedi a volte come capitano le cose."

E anche quel ritorno a casa non è capitato per caso.

"Ciao."

"Grazie Caro, che mi hai aiutato. Non avrei saputo quale scegliere..."

"Oh, figurati, mi sono divertita un sacco. Senti, mi mandi poi via email le foto di quell'altro?"

"Quale?"

"Il cocker."

"Perché, ti piaceva di più quello?"

"No, il mio preferito è Joey! Però anche Lilly se un giorno potessi... bè, mi piacerebbe. Almeno ho la foto! Ti avrei chiesto quella di Joey ma poi sono triste che ce l'ha tua cugina! "

Gibbo ride. "Ok, dai, ci vediamo domani a scuola."

Non faccio in tempo a entrare dal portone che una mano che sbuca da dietro al cespuglio mi afferra al volo.

"Dove sei stata?!"

"Cavoli che spavento! Lele... Che ci fai qui?"

"Ti ho chiamata e avevi il telefonino spento."

"Sì, si è scaricato."

"Fai vedere."

"Ma Lele..." E strano. Assurdo. Sembra un altro. Mi fa paura. "Sul serio lo vuoi vedere? Ti sto dicendo la verità. Non avrei raione di mentire." E in quello stesso momento poi penso... ma io... non dovrei giustificarmi. E di che poi? E con lui? Perché? Comunque mi metto la mano in tasca e tiro fuori il mio Nokia. Glielo sto per dare. Improvvisamente cambia espressione. Si rilassa. Diventa più tranquillo.

"No. No. Scusa. Hai ragione. E" che per un attimo..." e non dice nient'altro, rimane così, in silenzio. "Ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa."

Non è vero. Non è per quello che si è preoccupato per me. Si era preoccupato per lui, per la paura che io potessi uscire con un'altra persona.

"Andiamo a mangiare qualcosa insieme stasera?"

Gli sorrido. "Non posso."

"Dai, vorrei fare pace."

"Non abbiamo mica litigato. I miei, se li avviso così tardi, non un mandano."

"Inventati qualcosa."

In realtà potrei dire che vado da Alis. Succede che a volte andiamo a cena da lei. Tipo l'altra sera quando abbiamo deciso di farci una pizza a casa sua, di quelle precotte. La cuoca non c'era e la mamma di Alis era fuori per una festa. Così nella villona c'erano solo i cani e ovviamente la coppia di filippini che sono lì a servizio, fissi, ma che di solito non ci rompono le scatole. Clod ha fatto un casino! Voleva condire le pizze, che erano semplici Margherite surgelate, col prosciutto cotto, i capperi e le acciughe. Poi ha trovato nel frigo anche le zucchine e la pancetta. Morale: c'ha messo tutto! E venuta una pizza troppo pesante. Ma che risate! Se ci fossero state, Clod ci avrebbe messo anche le castagne! Quando facciamo queste fughe da Alis, se l'ho detto almeno due giorni prima, i miei me

permettono, a patto che Clod mi passa a prendere e mi riporta a casa entro le undici. Ora sarebbe diffìcile inventarsi qualcosa e sinceramente non lo so... Boh, forse per questa cosa che è appena accaduta, insomma non mi va molto.

"Lele, litigherei con i miei..." Rimane per un attimo in silenzio. Piega la testa. Poi forse si convince di quello che gli ho detto e la rialza sorridendo.

"Ok. E domani ti va di giocare?"

"Perché no, facciamo partita!"

Gli do un bacio sulla guancia ma quando mi stacco vedo che fa broncio, come se fosse dispiaciuto. Cioè, ha diciotto anni e sembra più piccolo di me. Mi guarda e fa: "Ma che mi saluti così?".

Mi avvicino e gli do un bacio leggero sulle labbra ma non faccio in tempo a staccarmi che lui mi abbraccia e me ne da uno più lungo. E profondo! Ma come! Proprio qui sotto il mio portone. E" pazzo. Vedo che non mi molla. Mi lascio andare. Continua a baciarmi. Con la lingua e lo lascio fare. E mi fa strano, qui fuori al freddo, un bacio così... caldo. Per fortuna Rusty James non abita più qui. Sembra uno di quei titoli da film. Se mi beccasse lui sarei morta. Ma come mai mentre bacio Lele penso a tutte queste cose? Cosa si pensa mentre si bacia? Dovrò chiederlo ad Alis. Non certo a Clod. O meglio ancora a mia sorella Ale! Comunque mi sta baciando ancora. E se arrivasse qualcuno?

"Ehm, ehm..." Non l'avessi mai detto. Sento quel verso e automaticamente tutti e due ci stacchiamo. Ecco fatto. Questa proprio non ci voleva. La signora Marinelli. Secondo piano. Una delle più pettegole del palazzo. Mia madre dice sempre che è una che ha sempre da ridire su tutto e tutti.

"Suo figlio posteggia male la moto. Sua figlia butta le sigarette davanti al portone..."

E mia madre: "Ma se lei non sa fare le manovre che ci possiamo fare noi? E poi... Guardi che si sbaglia, mia figlia Alessandra non fuma!".

E ora che le dirà?

"Sua figlia Carolina intralcia l'entrata del palazzo con i suoi baci davanti al portone. "

Questa proprio non ci voleva. La Marinelli tira fuori le chiavi e mi fa uno strano sorriso. Forzato.

"Scusate eh, dovrei entrare."

"Prego..." Mi sposto. Lele ne approfitta e giustamente mi saluta.

"Ciao, magari ti chiamo dopo."

Anche lui è leggermente imbarazzato e così, meglio di molti maghi negati, puff, scompare all'improvviso. La signora Marinelli ci mette un po'"a trovare la chiave del portone e proprio quando finalmente ci riesce, sento un'altra voce alle mie spalle.

"Lasciate aperto!" Mia madre. Non ci posso credere! Ma che è? The ring? no, di più: insieme a Saw 1,2,3 e 4! Un super film dell'orrore.

Mamma arriva tutta contenta, forse solo un po'"stanca, ma con due buste della spesa.

"Ciao Caro!"

"Mamma, aspetta, ti do una mano !" Le corro incontro e le prendo una delle due buste. "Ma no, prendi questa."

"Ma pesano uguali! "

"Sì, ma lì ci sono le uova."

La sua solita grande fiducia in me. E se fosse arrivata poco prima? Altro che, come si dice? Uova rotte nel paniere! Anzi peggio, sarebbe stata una super frittata! Guardo mia madre e le sorrido. Anche lei fa lo stesso. Poi alza gli occhi al cielo come a dire "Proprio la Marinelli ci doveva capitare?". Non ci voleva, è così rompiscatole. Eh, dillo a me!

Alzo il sopracciglio come a dire "Eh, già,..". Ma in realtà è solo grazie al suo "Ehm, ehm" che Lele e io ci siamo staccati, cioè, devo tutto alla Marinelli! Magari continuava, ma ehm, ehm lo faceva mamma ! Argh!

E ora che faccio? Siamo tutte e tre davanti all'ascensore. Faccio le scale come sempre e le lascio sole? E poi cosa si diranno? La Marinelli non aspetta altro, capirai... parlerà, dirà tutto, il nostro segreto... non posso abbandonarle. Appena arriva neanche si aprono le porte che mi ci fiondo dentro. Mamma mi guarda sorpresa: "Non vai a piedi?",

"No, no. Vengo con voi."

Le sorrido. "Ti aiuto a portare la spesa."

La Marinelli mi guarda come a dire "Sì, sì, certo. E solo per questo che vieni, no?".

E così cominciamo il viaggio in ascensore, stiamo tutte e tre zitte ma con una serie di facce che dicono tutto.

La Marinelli alza il sopracciglio e disapprova affilata e maliziosa e poi mi guarda con un sorriso interrogativo come a dire "Glielo dirai, vero, a tua madre?".

E io la riguardo, con una faccia superpentita, come a dire: "Certo, certo, ho sbagliato ma le dirò tutto...".

Lei fa una specie di sì con la testa e un sorriso più tranquillo, come a dire; "Tanto lo sai, no? Se non glielo dici tu, cara, prima o poi glielo dico io".

E io faccio un sorriso sereno, come a dire: "Sì, lo so, forse è anche per questo che ho deciso di dirle tutto".

Ecco. L'ascensore si ferma al piano della Marinelli e lei scende.

"Arrivederci..." poi guarda me e fa uno strano sorriso. "Buona serata" come a dire "Buona chiacchierata".

Mamma spinge un altro pulsante per il nostro piano. Appena si chiudono le porte mi guarda.

"Ma che aveva la signora Marinelli?"

"Ma non so... niente! "

"Mi sembrava così strana e poi ti guardava e faceva delle facce..."

Non c'è niente da fare, le mamme si accorgono di tutto.

"Bè, sì..." Tanto vale affrontare subito la cosa. "Mamma, sai Lele, quel ragazzo con il quale gioco a tennis ogni tanto..."

"Sì, e allora?"

"Eravamo sotto il portone quando è arrivata lei."

"E allora?"

Mamma diventa più curiosa, anche leggermente preoccupata. L'ascensore arriva al nostro piano e io esco subito.

"Oh mamma, lo sai.... le solite cose..."

Mamma mi corre dietro, si ferma davanti alla porta e poggia la spesa per terra.

"No. Non lo so proprio." Ora sembra sul serio preoccupata. "Quali sono le solite cose?"

"Quelle che possono accadere tra un ragazzo e una ragazza."

Mamma mi guarda e strabuzza quasi gli occhi. E" troppo apprensiva. Allora decido di dirle tutto.

"Voleva un bacio e io gli ho detto di no! "

"Ah" fa un sospiro di mezzo sollievo.

"Ecco, tutto qua, ti ho detto tutto." Bè, insomma, le ho detto quasi tutto, no? Cioè, io all'inizio in effetti quel bacio non volevo darglielo. Ecco. Diciamo che ho raccontato quel pezzo della storia... Ecco, lo sapevo, non è bastato. Alla fine abbiamo parlato tutta la sera. Con il fatto che papà tornava tardi e Ale era uscita, siamo rimaste da sole. Mamma ha detto una cosa carinissima: "Finalmente! Proprio come due amiche, io e te, solo noi due!".

Però a un'amica puoi raccontare veramente tutto. Ma a una madre? Se solo le dico la metà delle cose che sanno Alis e Clod, secondo me non esco per una settimana. Ma che dico, un mese. Forse due! E così ho dovuto raccontare un po'"di Lorenzo, ma non troppo, un po'"di Lele, ma non abbastanza, praticamente niente di Gibbo e Filo e assolutamente nulla di Massi! E così ci siamo date un bei bacio, mamma ha fatto un bei sospiro e siamo andate a dormire come due amiche felici e serene. Facile la vita, no?

Festa a scuola. Albero di Natale. La cosa che mi piace di più è proprio questo giorno. Cioè, arriva poco prima del Natale, invece di studiare si scartano regali e se tutto va bene ti becchi pure qualcosa di bello! La cosa divertente è che tutti cercano di capire qual è il pacchetto di Alis, perché è lei che di solito compra delle cose importanti e soprattutto molto costose. L'anno scorso aveva regalato una macchina fotografica Canon digitale. La cosa terribile è che il suo pacchetto l'ha beccato la Raffaeli, nota secchiona che sta sul cavolo a tutti. Quando ha aperto il pacchetto si è commossa, ha portato le mani alla bocca, tutta emozionata che quasi non ci credeva. E come al solito Cudini ci ha messo del suo.

"Aho, se te fai un autoscatto la fondi! " E tutti giù a ridere. Tranne Alis che ha storto la bocca e lì tutti abbiamo capito, anche perché non c'erano altri dubbi. Chi può permettersi un regalo così? Purtroppo è diffìcile imbrogliare. Tutti devono portare un regalo. I pacchetti vengono numerati da uno a venticinque, quanti siamo noi in classe. Ognuno pesca un foglietto con sopra un numero che corrisponde al regalo che gli tocca da una scodella che tiene il prof Leone e che chiaramente non abbandona mai. La cosa brutta è che i maschi portano sempre dei regali scamuffi. Una mela mezza mangiata, un biglietto di un concerto che c'è già stato o peggio ancora dei calzettoni sporchi e puzzolenti. Ma quest'anno hanno battuto ogni record.

"Ecco, fai vedere, che hai trovato?"

"Ma dai, carina, una sciarpa!"

"Io un cappellin !"

"E tu?"

"No! Io la bandiera della Roma! Ma la brucio, sono della Lazio."

"Non ci provare, che ti do fuoco io."

E così via.

"Ma cos'è questo? Che carino... Un palloncino! Ma che forma strana."

E toccato proprio alla Raffaelli. E tutti i ragazzi cominciano a ridere come matti. E lei, peggio, insiste. "Perché ridete?"

E Cudini naturalmente non se la lascia sfuggire.

"Perché non capisci proprio un cazzo! " E giù ancora risate.

"E" un preservativo! " Cudini naturalmente ci ha messo il carico. Non si è mai capito se il pacchetto l'aveva fatto lui o no. Si sa solo che ha preso una nota, che il suo amico Bettoni l'ha filmato con il telefonino e che naturalmente è tornato in classifica su www. scuolazoo. com.

Il pomeriggio seguente sono stata in giro a consegnare i pacchetti. Mi ha accompagnato Clod con la sua macchinetta. Troppo divertente. Mi sembrava di essere uno strano postino. La cosa bella è stata che erano tutti fuori casa. Non c'è niente di più imbarazzante per me che vedere qualcuno che apre un regalo davanti a te. Se poi non gli piace lo vedi subito. La faccia che da sorridente diventa come dire... appesa. Cioè, ci sono delle persone che non riescono proprio a nascondere nulla. E così entravo, lasciavo il pacchetto in portineria con tanto di biglietto e via per una nuova consegna.

L'unica alla quale non ho potuto fare a meno di consegnare il regalo di persona è stata Clod. E certo, stavo in macchina con lei.

"Tieni... quest'ultimo è per te!"

"Che forza! Troppo carino!"

"Clod, ma ancora non lo hai aperto! "

"Sì lo so, però già mi piace! Anch'io ho una cosa per te" apre il cassettino della macchinetta e mi da un pacchetto leggero.

"Lo apriamo insieme, Caro, ti va?"

Come dirle di no? E così iniziamo a scartare dentro la macchina i nostri due pacchetti. E io ci metto un attimo. Clod se ne accorge.

"Ti piace? E" una compilation."

"Sì, molto." Me lo rigiro tra le mani, poi lo apro. E un cd con diverse canzoni. Fatto da lei. Ci sono i titoli e un disegno carino sulla copertina.

"Ma ci hai messo anche Rise Your Hand! Mi piace un sacco! " Chissà se ha visto la mia faccia appesa, se l'ha riconosciuta. Cioè,

non so perché ma da lei mi aspettavo qualcosa di più. E poi lei è così brava al computer. Invece questo è il classico cd fatto in serie. Cioè, l'ha fatto un po'"per tutti, non solo per me! Come quelli che mandano i mess di auguri uguali per tutti. Li odio! Va bè, si vede che quest'anno Clod ha speso tanto e non aveva più soldi. Ma che proprio su di me risparmi? Cioè, secondo me è proprio in quel momento, quando stai per comprare un regalo, che ti accorgi veramente quanto vuoi bene a una persona. L'amore è proporzionale a seconda di quanto provi a risparmiare! Comunque ho paura di non essere riuscita a nascondere nulla! "Che c'è, non t'è piaciuto?"

"Ma che scherzi... È che non vedo nulla di Elisa... Tipo Un senso di te."

"Oh, lo sai che c'ho proprio pensato che la volevi. E che l'ho scaricata tardi e non ci andava più ! "

"Va bè, grazie, è bellissimo! "

Clod sorride di nuovo felice. Finisce di scartare il suo.

"Nooo! Troppo forte! Ma dai, mi piace un sacco! Chocolat! Lo volevo vedere un sacco e non sono riuscita ad andarci. Mia madre diceva che ingrassavo solo guardando il film." Scoppio a ridere. "E questo cos'è?" Legge il biglietto. "Al posto dei popcorn per seguire meglio il film ed entrare fino in fondo nella storia." Lo finisce di scartare.

"Dei cioccolatini! Uhm, buoni!" Si rigira la scatola tra le mani. "70% di cioccolato amaro fondente! Deve essere una bomba! ! ! Stasera metto su il film e me li divoro! Grazie!" e mi abbraccia e mi bacia. Ed è di un morbido e profumata, Clod, che sembra un peluche vivente. E io l'abbraccio felice e vorrei avere lo stesso entusiasmo per il suo cd. Ma non ci riesco e un po'"mi dispiace. Ma che ci posso fare? Bè, almeno non sono falsa.

"Grazie... Anche il tuo cd mi è piaciuto moltissimo." Cioè, non faccio in tempo a formulare un pensiero che mi rinnego da sola!

Comunque nei giorni successivi anche i regali di Gibbo, Filo, e perfino di Alis, cosa incredibile, devo dire che non sono stati niente di che. E come se tutti avessero risparmiato qualcosa. Cioè, Gibbo mi ha regalato un piccolo album fotografico con una vecchia foto di noi in classe del primo anno. Una foto tristissima tra l'altro. Filo mi ha regalato un fermacapelli e Alis una piccola sacchetta con la zip della quale sinceramente non so che farmene. E ci sono rimasta veramente male, ma sul serio, malissimo e non so quanto alla fine sono riuscita a nasconderlo. Secondo me di qualcosa si sono accorti. Anche perché quando ho scartato il regalo di Alis, che era quello che mi faceva sperare di più, devo aver fatto una faccia pazzesca, e siccome c'erano anche Filo, Gibbo e Clod addirittura mi è sembrato di vederli ridere. Poi si sono tutti ricomposti.

"Che c'è? Non ti è piaciuto?"

"No, no, è molto carino..."

E così tutto è tornato normale. Ma vedevo che un po'"mi guardavano in modo strano. Devo aver fatto una faccia di delusione totale se l'hanno letta così chiaramente. E invece sotto c'era dell'altro. Era per un'altra ragione che prima avevano riso. Ma non avrei mai potuto sospettarlo. Mai.

Sera di Natale. Siamo tutti a tavola. È venuto anche Rusty James e nonna Luci e nonno Tom e la mamma di papà, nonna Virginia. E poi Ale, mamma e papà. E stiamo mangiando che è una meraviglia. Mamma ha fatto delle cose da sogno: la pasta al forno e poi gamberi e pesce di tutti i tipi, una grossa spigola e la maionese vicina, che è di un buono. Quella fatta proprio da mamma, un po'"salata con tanto limone e soprattutto non comprata. Insomma, sai quando mangi così tanto che già pensi a quanta ginnastica ti toccherà fare per perdere tutto quello che hai messo su? Ecco, di più. Quando all'improvviso suonano alla porta. Mamma è sul serio sorpresa.

"E chi può essere?"

"Che ore sono?"

"E" quasi mezzanotte."

Ale come al solito non si smentisce. "Allora è Babbo Natale."

Rusty James sorride. "Io non aspetto nessuno."

Mi metto in mezzo divertita.

"Io neanche." Senza sapere che stavo sbagliando.

Papà va ad aprire e dopo un secondo li vedo entrare nel nostro piccolo salotto. Sono tutti loro: Gibbo, Filo, Clod e Alis. E poi all'improvviso, Gibbo si sposta e lui compare un po'"incerto sulle gambe. "Non ci credo!"

Urlo scendendo dalla sedia: "Joey!".

Corro tra i miei amici e abbraccio quel piccolo cane così paffutello e spaventato.

"Piccolo!" Me lo stringo al petto e gli arruffo i peli della testa, soffiandoci sopra, stringendolo stretto. "Ma che fa, è fuggito da casa di tua cugina, eh? È venuto da me. È voluto per forza venire qui! " Me lo allontano un po'. "È troppo carino!"

Sorridono i miei amici tutti contenti del mio grande entusiasmo, questa volta sincero. E poi tutti insieme me lo dicono.

"Buon Natale, Caro!"

E improvvisamente capisco.

"Ma... sul serio? Non ci credo!"

Gibbo lo accarezza. "Sì, ma quale cugina, io neanche ci parlo con mia cugina... E sempre stato per te. Buon Natale, Caro."

"Sì, Buon Natale."

"Auguri per la nostra Caro." E mi abbraccia Filo e poi Clod e infine Alis mi si avvicina. Mi sorride, stringe un po'"la testa tra le spalle e sembra un po'"impacciata, ma poi mi abbraccia forte forte e me lo sussurra all'orecchio: "Da parte nostra, che ti vogliamo bene". E quasi mi viene da piangere e mi inginocchio vicino a Joey. E" il mio sogno, è quello che avevo sempre desiderato. Joey, finalmente sei qui. E lui, come se capisse per quanto tempo è stato sognato e desiderato, mi poggia la sua zampetta sul ginocchio. E io quasi mi vergogno della mia commozione. Ecco, lo sapevo, mi iniziano a scendere le lacrime... Mamma se ne accorge e come al solito mi salva.

"Ragazzi, volete qualcosa, che ne so, vi posso offrire una CocaCola, qualcosa da mangiare? Ci sono i biscotti..."

"No no, grazie signora, io devo tornare a casa."

"Anch'io."

"Io pure, i miei mi aspettano qui sotto, che dobbiamo andare a messa."

E così come sono apparsi belli e sorridenti, i miei amici scompaiono giù per le scale, correndo, dandosi qualche spinta, facendo un po'"di casino. Con un ultimo avvertimento da parte di Gibbo. "Oh, mi raccomando, trattalo bene. Calcola che gli ci vorrà almeno una settimana per abituarsi ai nuovi spazi della tua casa. E all'inizio ogni cane, proprio per capire dove si trova, fa la pipì in ogni angolo!"

E fugge anche lui giù per le scale. Capirai. La mia casa è così piccola che si abituerà subito. Sono stati veramente carini.

Nonna Luci e anche nonno Tom mi guardano mentre stringo ancora Joey tra le braccia. Anche Ale mi si avvicina e lo accarezza.

"Sì, è proprio bello... Ma lo hai scelto tu?"

"Me lo ha fatto scegliere Gibbo al canile, ma fingendo che era per sua cugina. Ci sono proprio cascata! "

E poi mio padre dice la cosa più terribile che avrebbe potuto dire: "Sì, ma io questo bastardo non lo voglio qua dentro".

"Ma come, papà, è il mio regalo."

"Sì, ma lo hai detto tu, lo hanno preso al canile. Potrebbe essere malato."

Interviene mamma. "Va bè, lo porteremo da un veterinario, gli faremo fare le punture che servono."

"Sì, certo, già stiamo stretti qua dentro, ci manca solo un cane."

Mi viene da piangere ma non mi voglio far vedere e così fuggo in camera mia con Joey. E li sento discutere. E qualcuno urla. Sento mia madre e mio padre, e poi anche Rusty James, e tutti dicono qualcosa ma non capisco cosa. E mi sento improvvisamente sola ma in un modo così strano. E allora stringo Joey e sono felice, ma poi mi viene anche da piangere. Vorrei essere già molto più grande e avere una casa mia, lontano da qui, dove poter fare tutto quello che mi pare e invitare i miei amici e tenere Joey e non farei venire assolutamente mio padre. Mai. Lo odio. Non può essere così cattivo. E con quest'ultimo pensiero mi addormento.

Mi sveglio la mattina dopo e sono in pigiama. Deve essere stata mamma a cambiarmi Non mi ricordo niente. Cerco subito disperata nella mia camera e per fortuna lui è lì, in un angolo, dentro una piccola cesta sopra una vecchia coperta celeste scura che mi ricordo ho usato anch'io da piccola. Dorme ancora Joey, o meglio sonnecchia perché ha aperto un occhio e mi ha guardato.

Ho parlato con mamma. Papà è stato durissimo. Ha detto che quando torna Joey non ci deve essere più.

"Mi tocca riportarlo al canile, mamma? Ma i miei amici me l'hanno regalato! Hanno fatto pure un'offerta per lui."

Mamma mi sorride e continua a lavare i piatti. "Forse una soluzione c'è. Ha detto Rusty James, come lo chiami tu, che te lo tiene lui, ti va bene?"

No. Non va bene. Ma è meglio di niente. Non glielo dico però. Rimango in silenzio e vado in camera mia.

Oggi è la prima e l'ultima giornata di Joey in casa e la voglio passare da sola con lui.

Pomeriggio. Sono stata da R. J. Ha comprato una cuccia troppo carina, c'ha scritto sopra il nome Joey con delle lettere in legno rosse con i bordi blu. Ha messo una coperta dentro e una ciotola fuori. Ha comprato diversi pacchetti di biscotti per cani. Insomma ha pensato a tutto. A quasi tutto. Io Joey non vorrei proprio abbandonarlo.

"Ma Caro, puoi venire quando vuoi, sarà sempre qui con me. Ha pure più spazio, può passeggiare sempre qui fuori, c'è il verde, a casa sarebbe stato stretto. Pensa a quanto sta meglio.."

"Sì, ma già mi manca."

Rusty mi sorride, prende il telefonino e spinge un tasto. Il tempo di rispondere. "Mamma, Caro può rimanere a cena qui con me? " Pausa. "Sì certo... La riaccompagno io... Ok... Sì... No... Non troppo tardi..."

Poi chiude e mi sorride. Rusty ha la capacità di farti sembrare tutto così semplice a volte. R. J. si inginocchia e accarezza Joey, gli scompiglia tutto il pelo e lui sembra divertirsi. Ecco, lo sapevo, hanno già legato. E un po'"sono gelosa. Forse R. J. però è la persona giusta con la quale parlare Ma sì, ci provo. "Posso farti una domanda?"

R. J. smette di accarezzare Joey e mi guarda. "Dimmi..."

"Se una ragazza ha baciato quattro ragazzi ma in realtà non le importava niente di nessuno di loro, tu cosa penseresti di lei? "

"Quanti anni ha?"

"Bè, è un po'"più grande di me, sui quindici."

R. J. sorride. Non so se ha capito. "Bè, diciamo che è una ragazza... un po'"facile."

"Sul serio? Sul serio pensi questo? Ma l'ha fatto un po'"per gioco..."

"Certe cose non si fanno per gioco."

Ci penso un attimo. "Già." Rimango in silenzio. "Ma tu ti innamoreresti di una così? "

"Spero di no, ma purtroppo sono proprio queste qui che poi ci fanno perdere la testa... Su, andiamo, Joey! " Poi si mette a correre e attraversa la passerella.

"Su, vieni, su" Joey subito gli va dietro sulla banchina e abbaia e salta e corre dietro a lui e gli gira intorno. R. J. ha ragione. Credo che non bacerò più nessuno se non Massi, sempre che lo trovo. Poi li guardo. Sembrano due amici perfetti. E io vorrei essere felice per questo, ma sento che un po'"già mi manca. Perché non puoi essere felice da piccola? Devi essere grande per realizzare i tuoi sogni? E" per questo che anche le mie amiche vogliono crescere presto? Alla fine so che non posso trovare nessuna risposta a tutte queste domande. E così corro anch'io dietro a loro. E sembriamo tre sciocchi, ma per un attimo mi sento così felice. "Dai vieni qui, vieni, Joey. " Corro e rido e salto con Joey e ci facciamo le feste e corriamo anche con Rusty, e mi sento così libera che non penso più a niente. E forse è proprio così che ci si deve sentire quando si è grandi.

Mi tocca iniziare a fare i compiti. Parto con italiano: commento e scheda sul film che abbiamo visto prima d'andare in vacanza, Persepolis. Mai su High School Musical, eh? Intanto ascolto La distanza di Syria. E la dedico a Joey... Poi mi tocca fare per antologia prosa e commento di Alla sera del Foscolone, come lo chiama Gibbo. Yuuhu! A tutto spasso...

Alla fine tutto si sistema ma a volte non so perché non riesci a capire perché certe cose non tornano proprio. Cioè, la storia con Lele per me resta un mistero. Dopo quei baci e la figuracea con la signora Marinelli davanti al portone, non ci siamo più visti. Ma non perché sia accaduto chissà cosa o quale chiarimento da evitare Semplicemente perché i suoi sono di Belluno e così la notte di Natale sono andati là, tutti in famiglia, ma il 28 è tornato e mi ha portato due regali bellissimi.

"Ecco tieni, Caro, aprilo."

E così scarto decisa quel pacco arancione con un fiocco più chiaro e una bella stella di Natale sopra.

"No... Ma è troppo carino." Un completo da tennis intero, me lo rigiro tra le mani. E" Nike, vestito intero, tutto bianco con delle strisce celesti chiarissime laterali. Me lo poggio addosso. "E" bellissimo! E poi la misura mi sembra proprio giusta." Guardo il cartellino. Ammazza! Ha dimenticato di togliere il prezzo e l'ha pagato un sacco di soldi. Ma questo non glielo dico. Ma invece mi viene un dubbio. E questo non riesco proprio a tenermelo.

"Ma come mai proprio un completo da tennis? Non ti piaceva quello che avevo?"

E lo vedo che un po'"si imbarazza e un po'"balbetta.

"No, cioè sì, cioè no..."

"Insomma sì o no?"

"Mi piaceva, ma questo è per quando farà meno freddo."

"Ahh..." Decido di credergli. Ma questa cosa un po'"non mi piace. Non credo sia così importante avere le cose firmate. Cioè in questo mi piace essere diversa da Alis che certo si può permettere tutto e infatti ha tutto. Ma non mi sento neanche come Clod che invece non si può permettere niente e obbliga i suoi a fare mille sacrifìci per avere della roba firmata. A me piace essere me e basta. Magari inventare! Ma non pesare su mamma. D'altronde è lei che poi mi dice di sì e mi compra quello che desidero. Improvvisamente mi trovo tra le mani un altro regalo.

"E questo?"

"Questo l'ho comprato subito dopo la nostra telefonata..." e sorride. E contento di quest'altra idea che ha avuto. E un pacchetto piccolo e non riesco proprio a capire cosa possa essere. Così lo apro per togliermi ogni curiosità. E una scatola nera con una strana maniglia, sotto c'è attaccato un piccolo laccio, alla fine di questo, un anello.

"Che cos'è?"

"Guarda..." Me lo gira. Sotto c'è scritto "Joey" con delle lettere gialle. "E un guinzaglio particolare, di quelli che si allungano e poi si accorciano. Puoi tenere il cane e farlo andare dove vuoi e poi, spingendo questo pulsante, lo richiami vicino a te."

"Ah sì, bellissimo ! E vero, l'ho visto una volta ai giardini. " Sembro entusiasta di questo regalo. In realtà non lo sono per niente. Io odio i collari. Me lo ha regalato pure Ale che infatti non capisce proprio niente di come sono fatta io. Lele però è felice e sorride di nuovo. Niente, anche lui non mi conosce bene. Alis, Clod, Filo e Gibbo avrebbero capito subito che sto mentendo. Poi vedo Lele che mi fa uno strano sorriso. All'inizio non capisco. Poi... Ma certo! Vuole il suo di regalo.

"Ah, anch'io ti ho preso una cosa..." Gli do un pacchetto che ho dentro lo zaino. "Ma è un pensiero, eh..." Cerco di mettere le mani avanti.

"Anche i miei erano dei pensieri."

Lo scarta, io vorrei dirgli: pensiero nel senso che non ho potuto spendere tutti quei soldi! In realtà gli avevo fatto un altro regalo, ma poi alla fine, non so perché non sono riuscita a darglielo. Una felpa azzurra con la mia foto stampata sul petto. L'ho preparata, ho trovato il posto dove la facevano ma poi alla fine, quando era tutto pronto, anche il mio nome "Caro" ricamato lì sopra, bè, non ce l'ho fatta. Non so perché, o forse sì.

"Caro, grazie! Ma è bellissimo! " Apre un libro sui giocatori più famosi di tennis. Da John McEnroe a Nadal. Guarda l'ultima pagina e la trova. "Troppo carina." C'è una sua foto che gli ho fatto a una partita. L'ho stampata ingrandita e ritagliata. E sotto la scritta "II vero campione sei tu".

"Grazie Caro! " E mi si avvicina e poi mi abbraccia e mi bacia. E io mi lascio andare tra le sue braccia. E sono disperata. E continuo a baciarlo a occhi chiusi. E vorrei fuggire. Ho realizzato. Forse il vero campione è lui. Ma di tennis. Non certo del mio cuore. Sto malissimo e devo ringraziare la felpa! Quando è finita l'ho immaginata addosso a lui e lì ho capito tutto. A me di Lele non me ne importa assolutamente nulla. E ora il grande dilemma: come dirglielo? A scuola nostra di storie così, cominciate e finite in un istante, ce ne saranno state un migliaio. Alcune solo sulla parola: ci mettiamo insieme? Alcuni proprio all'antica. Che dici, siamo fidanzati? E poi tutte che venivano in classe a dire sai io sto con quello, io mi sono messa con quell'altro. Ma alla fine molti di questi incredibili innamorati non si erano neanche baciati! E i pochi che avevano resistito, ed erano arrivati a diventare veramente una coppia tanto da baciarsi e tutto il resto, erano durati al massimo una settimana o due. Non solo, ma molti di loro si sono lasciati via sms. Cioè, neanche una telefonata! Sms della serie: "Ciao ti lascio". Che tristezza. Non potevo fargli questo, a Lele. No. Era anche un mio discorso d'orgoglio, di dignità, di coraggio... Però che bello sarebbe con un sms! Sarebbe tutto più facile. Anche uno di quelli lunghi, scritti bene, dove spieghi perché e per come le cose non vanno, oppure dove dici che forse è ancora presto, che sta diventando troppo importante, che hai paura di star male per amore... Però ormai era diventata una sfida personale.

Quel giorno: 29 dicembre.

"Che fai Caro?"

"Oh niente, più tardi forse vado a trovare Joey. "

"Comunque per adesso resti a casa?"

"Sì."

"E chi c'è..."

"Oh nessuno, tra un po'"dovrebbe rientrare Ale."

"Ok...Ciao!"

Una telefonata strana la sua. Ma non ci penso neanche più di tanto. Dopo un secondo il citofono. Vado a rispondere. "Chi è?"

"Sorpresa! Io!"

"Lele!"

"Ti avevo chiamato dal telefonino e stavo arrivando. Posso salire?"

"No, scendo io."

"E dai..."

"Mamma non vuole che faccio salire nessuno se sono sola in casa."

Lo sento sbuffare. "Ok."

"Dai, scendo in un secondo."

Faccio una corsa pazzesca, vado in bagno, e mi guardo allo specchio. Cioè, sono di uno sbattuto che neanche un uovo. Così mi metto un po'"di rimmel, prendo quello dell'astuccio di Ale, un filo di eyeliner tanto per disegnarmi un po'"di più e una matitina celeste sotto gli occhi. Ecco. Mi guardo allo specchio. Va un po'"meglio. Poi mi metto a ridere. Cioè, lo voglio lasciare... e mi faccio bella. Ma guarda che è un controsenso. Ma no, che c'entra, è che così lascio un buon ricordo. Sì, ma per cosa? Magari non lo vedrò mai più, e con questa serie di domande prendo le chiavi, mi chiudo dietro la porta e corro giù per le scale.

Mi ripeto la frase per non sbagliare. Una volta, due, tre. Di nuovo. Ancora. Di più. Ecco lo vedo. Gli vado incontro. Decisa, sicura, determinata. E solo all'ultimo mi accorgo che ha tra le mani un pacchetto per me. Mi sorride e poi me lo da.

"Tieni, è un piccolo pensiero per Joey."

Troppo tardi. Ormai non mi posso più fermare, è come lasciare la frizione di una Ferrari in pole position, abbassare il grilletto di un fucile caricato a pallettoni, dare fuoco alla miccia di uno di quei razzi di Capodanno. E così, invece di dire grazie, me ne esco tutto d'un fiato.

"Mi dispiace, è meglio che ci lasciamo. Sento che siamo troppo diversi..."

Ce l'ho fatta. L'ho detto! L'ho detto tutto! Non ci posso credere. E tutto d'un fiato! Senza fermarmi! E Lele rimane così, con il pacchetto a mezz'aria, la bocca aperta e l'incapacità di dire assolutamente qualcos'altro. Poi dopo un po'"riesce a chiudere la bocca. E a dire qualcosa che capisce anche lui che non ha assolutamente senso.

"Ma come... così?"

A me viene un po'"da ridere. Non so che fare. Vorrei dire: "E come se no?". Ma mi sembra così brutto. Alla fine ne scelgo un'altra che comunque potrebbe avere uno sfondo dolce.

"Meglio che te l'ho detto subito... Vorrei che rimanessimo amici."

Ma quale sfondo dolce. Lele fa una faccia. Secondo me questa tra tutte è la frase sul serio più infelice che si possa dire! Ma non me ne venivano altre! E Lele poggia il pacchetto sul muretto lì vicino e poi ci si siede anche lui. E inizia a dirle tutte.

"Ma come, mi sembrava che fossimo così giusti, ci divertivamo, andavamo d'accordo. Ci piaceva giocare a tennis insieme." Poi si ferma e diventa improvvisamente lucido, serio, attento, come se avesse capito tutto e non sapesse spiegarsi come aveva fatto a non capirlo prima.

"Ecco... non dovevo andare via, vero?"

È assurdo. Insomma io non credo che quando uno viene lasciato, cosa che tra l'altro non mi è ancora mai successa, debba per forza esserci un perché così pratico. Sarà un insieme di cose che non vanno! Se uno ti lascia semplicemente perché vai via per Natale con i tuoi per qualche giorno, bè, tutto sommato non ti sei persa un granché. Poi Lele stringe gli occhi come se improvvisamente avesse intuito delle altre cose, ben più importanti, ciò che in realtà gli sto nascondendo.

"Dì la verità, c'è un altro! "

E lì me ne esco con la frase più infelice che potevo dire: "Purtroppo no".

O forse è semplicemente quella più vera. E Lele non ci vede più.

"Ma come... ma io..." e inizia con tutta un'altra serie di discorsi che alla fine mi fanno venire il mal di testa.

"Basta Lele. Ci ho pensato a lungo, è così."

"Ok." Scende dal muretto. Sembra sconfitto. "Tieni. Questo è per te. "

"Forse è meglio che lo tieni tu, visto che ormai non stiamo più insieme." E questa cosa non l'avrei proprio dovuta dire. Riparte in quarta.

"Ma sei proprio sicura? Ma ci hai pensato bene?"

"Non sai quanto... Non ci ho dormito la notte."

In realtà quando mi è venuta in mente, quando mi è apparsa chiara proprio come la felpa che non gli regalavo più, è stata una decisione immediata ma meglio farla sembrare ragionata e sofferta, se no ricomincia.

"Ok. Se c'hai pensato bene... Comunque questo prendilo. Non può essere che per Joey."

Così decido di accettare il regalo.

"Solo un'ultima cosa Caro."

"Che cosa?"

"Un ultimo bacio."

Oddio, mi sembra di averla già sentita questa frase. Ah no, già! E" il titolo di un film. Ma come un ultimo bacio? Ma che vuoi dire? Ma non esiste, non esiste proprio, non sento più niente, non posso.

Ma come al solito la mia bocca va per conto suo. Anzi ancora peggio.

"Ok, ma non troppo lungo, eh! "

Non ci posso credere. Non troppo lungo!!! Ma come mi vengono in mente certe cose? Non faccio in tempo a pensare oltre. Lele, tipo polipo, mi si butta addosso e mi da un bacio pazzesco. Meglio di sempre, più di sempre. Sembra un funambolo della lingua, un artista del bacio profondo, un folle dalle labbra folli... Forse perché vuole farmi provare ancora qualcosa; vuole farmi capire quanto sto sbagliando, vuole...

"Ehm, ehm."

Ci stacchiamo. Non ci credo.

"Scusate." È di nuovo la signora Marinelli. Questa volta però è provvidenziale.

"No, no, scusi lei... Stavo rientrando." E approfitto del fatto che apre il cancello per infilarmi al volo.

"Ciao Lele. Ci sentiamo!"

Lo vedo che vorrebbe dire ancora qualcosa. Ma non può, non più.

"Caro... Allora... Ti chiamo dopo!"

"Sì, sì certo" ed entro nell'ascensore con la signora Marinelli. Viaggio non lungo, lunghissimo. Non è che mi guarda, mi fìssa! E lo so perfettamente cosa sta pensando! Figurati... E alla fine quando si ferma al suo piano ed esce non ce la faccio più.

"Guardi che gliel'ho detto a mia madre."

"Ah sì?"

"Sì. E mi ha dato il permesso! "

E spingo il bottone dell'ascensore. E la lascio così, sul pianerottolo. Con le porte che si richiudono davanti alla sua faccia allibita, con la bocca aperta. E appena riparte l'ascensore io comincio a ballare felice della mia vittoria. Arrivo a casa e scarto subito il pacchetto. Nooo, troppo carino. È una specie di maglioncino per cane con sopra scritto "Joey". Blu e rosso come i colori della scritta della sua cuccia. Per quando fa troppo freddo. Che pensiero carino. Quasi quasi... Ma è solo un attimo. No. Non lo richiamo. Se no ricomincia con tutti quei discorsi "Ma sei sicura Caro, ma guarda che stai sbagliando, ma ci hai pensato bene?". Non sono mai stata così stressata come in questi giorni dopo la decisione di lasciarlo. Avrei voluto essere felice dei suoi baci, del fatto che sarebbe passato a prendermi, dell'idea che ci saremmo rivisti, che avremmo giocato di nuovo a tennis e invece quando si avvicinava il momento di vederlo, tutto mi diventava più pesante, insopportabile, stretto... E bruttissimo. È questa l'altra faccia dell'amore? Cos'è l'amore? Ero così felice con Ricky all'inizio, poi con Lore che mi era sempre piaciuto, e ora è finita con Lele, eppure all'inizio mi piaceva tanto anche lui. Ma allora... sono io che non funziono? Cioè, come mai dopo un po'"non sento più niente? E d'un tratto, non so perché, mi tranquillizzo. No. Io funziono. Io sono innamorata dell'amore. E questo non era amore. Era la mia voglia di innamorarmi, di essere innamorata. Ma poi ci vuole un lui. Un lui che funziona sul serio. E poi un sorriso e la certezza. Massi è l'amore. E subito dopo la grande disperazione di non sapere come trovarlo.

Gli ultimi giorni di dicembre Lele mi cerca ogni momento. Non rispondo. Per adesso. Gli ho mandato un messaggio particolare.

"Scusa ma per un po'"è meglio così."

Si può interpretare in mille modi. Per questo va bene così. Avrei voluto scrivere "Scusa ma ti chiamo errore". Ma non so se l'avrebbe capita. E comunque, in ogni caso, non avrebbe riso.

31 sera. Fantastica, festa divertentissima dove sono stati invitati tutti i miei amici. Notizia delle notizie. I miei mi hanno lasciato andare! E poi vado a dormire da Alis.

Sono in macchina con Gibbo. Festa pazzesca a casa di tale Nobiloni. Dj fantastico. Musica divina, apertura con pezzi dei Finley, poi Tokio Hotel, poi tutto anni ottanta. E per la prima volta... mi sono ubriacata. Birra, champagne, poi di nuovo birra, poi di nuovo champagne. Alla fine a vedere i fuochi d'artificio siamo andati a Ponte Milvio. Che spettacolo. Neve leggera che veniva giù, fuochi d'artificio che esplodevano su! Uno aveva portato uno stereo piccolino ma con casse pazzesche, musica da sballo, abbiamo ballato sotto le stelle. Poi è arrivata una coppia dove lei era bendata. Lui l'ha portata fino al terzo lampione, le ha tolto la benda e lei quando ha visto dov'erano gli è saltata al collo urlando "Ieeah sì!

"Ti amo!"

Ti amo? Ma non ci credo! Ma che roba, ma che frase! E io? Quando dirò ti amo? Poi il tipo ha tirato fuori dalla tasca un lucchetto, l'hanno messo alla catena attaccata lì intorno al lampione e hanno buttato le chiavi nel fiume. "Bravi! ! " Un applauso generale mentre i due felici si baciavano. E noi? Noi povere sfigate? Noi che abbiamo il lucchetto in tasca da mesi e non abbiamo un nome, una speranza, un sogno per attaccarlo? Perché non c'è un palo anche per noi qui a Ponte Milvio? Il palo delle single! E con ques'ultimo pensiero... addio anno vecchio! Ciauuu!

Ecco, questo è un po'"tutto quello che è successo nei primi mesi di scuola. Ma la cosa bella della vita secondo me, quando poi guardi indietro, è rendersi conto come stavi male per certe cose che poi ti dimentichi del tutto ed eri invece felice per altre che ricorderai per sempre. E soprattutto, rivedendo quello che hai fatto ti accorgi che c'era qualcosa che avresti potuto capire. Allora vorresti tornare laggiù, in quel momento, e cambiare la tua scelta magari, prendere una decisione diversa, un po'"come in Sliding Doors, quel bellissimo film con Gwyneth Paltrow o anche The Family Man con Nicolas Cage, si ha la possibilità di vedere come tutti e due, un ragazzo e una ragazza, avrebbero vissuto due vite diverse. Ma questo, a parte quei film, sappiamo che non è possibile.

Ecco perché noi non abbiamo a volte che quella possibilità, una scelta di cuore, d'istinto, così sulla fiducia, senza possibilità di ritorno a volte. E io spero proprio di aver fatto la scelta giusta. Ma che ore sono? Non ci posso credere, sono solo le nove e mezzo.

Starà ancora dormendo. Ha detto alle undici, ma se si sveglia a mezzogiorno? Ho provato prima solo per scrupolo. Il telefonino è spento. E" chiaro. A casa da solo, sabato mattina, i suoi sono fuori da una settimana, la signorina delle pulizie oggi non viene, che cosa vuoi chiedere di più dalla vita? Dormire. Dormire, a volte, è una cosa bellissima. Quando sei a posto con il mondo, quando hai studiato e faticato, quando non hai discusso con nessuno, quando hai dato una mano a casa e mangiato leggero. Allora non ti resta che andare a dormire... E sognare. Anche quello è bellissimo quando stai così. E quasi dovuto. E come entrare in un cinema a occhi chiusi. C'è qualcuno che ha pagato il biglietto per te ma sai che non prenderai una sòla, che non sarà una bufala, che sorriderai, ti divertirai e ne uscirai commossa... Bè, sogni d'oro allora Massi, a più tardi. Tanto a luglio il cappuccino lo prende freddo e per i cornetti, bè, l'importante è che siano freschi.

"Buongiorno, Erminia!"

Mi sorride, ma non si ricorda come mi chiamo. Veniamo ogni tanto qui da lei con mamma, e io prendo un mazzetto di fiori, uno di quelli già esposti, a 10 euro. Ogni tanto, per le feste, mamma dice che è bello avere un po'"di colore a casa. Erminia è da sempre in questo angolo della strada. All'inizio aveva solo un buchett, qualche pianta che teneva fuori di fronte alla fontanella e un ragazzo che l'aiutava. Ora i ragazzi sono tre, le piante tantissime e quel buchett è diventato un negozio.

"Posso aiutarti?"

"No... Grazie."

Poi ci penso su. Però... Certo, io non ho mai regalato dei fiori a un uomo. Di solito sono loro che lo fanno per noi. Ma sì, perché no. È una stranezza. Ma è una bellissima stranezza, per un giorno unico speciale, che non ha... Che non avrà più paragoni. Cioè, nulla sarà mai più così dopo che l'avrò fatto. Dopo che avrò fatto l'amore.

"Sì! Ci ho ripensato!" Erminia sorride divertita dal mio entusiasmo improvviso.

"Ok, finisco di servire questo signore e poi sono da te."

"Ok, grazie."

"Allora, cosa ha detto che voleva? "

"Oh, bè, delle rose, ma non troppe, cioè giuste, con il gambo non troppo lungo insomma. Una cosa normale."

Erminia alza il sopracciglio e prende un mazzo da un vaso lì vicino. "Vanno bene queste?"

"Uhm..." Il signore le guarda ondeggiando con la testa... "Quanto vengono?"

"28." È un mazzo di rose screziate, dal gambo medio.

"Belle, però sono tante." Il signore è un po'"indeciso. "25?"

Non è indeciso sulle rose, ma sul prezzo. O forse sulla sua ragazza.

Erminia sorride. "Sì... va bene." Rimango così a curiosare tra i diversi tipi di fiori mentre lei gli prepara il mazzo. Il signore prende un biglietto da una scatola lì vicino, poi paga. "Ecco qui... Grazie."

"Allora," Erminia si avvicina, "come ti posso aiutare?"

"Bè, io vorrei una cosa semplice."

Erminia mi guarda. "Ma bella..."

E io le sorrido. "Sì, ma bella."

"E cosa deve esprimere?"

Mi vede titubante. "Non è un compleanno. Però è una data che poi sarà una data..."

"Ho capito." La guardo in silenzio. Dopo quello che ho detto no so veramente cosa possa aver capito.

"Ti piacciono questi?" E prende un mazzolino di fiori celesti bellissimi piccoli piccoli, ma così luminosi.

"Cosa sono?"

"Nontiscordardimé. Sono i fiori dell'amore giovane "

"Cioè?"

Erminia mi guarda. "Ogni fiore racconta una storia, la scelta a volte tradisce, cioè racconta il momento d'amore che una coppia sta passando. Per esempio quelli di prima non hanno più passione."

"Sul serio?"

"Già, uno che chiede quanto costano dei fiori vuoi dire che non è così innamorato."

"Magari è innamoratissimo ma non ha molti soldi."

Erminia si mette a ridere. "Ti piacciono questi, vero? Dammi quello che vuoi!"

Poco dopo sono per strada con quei fiori così belli. Sono i fiori dell'amore giovane. Che belli. Li guardo nascosti da una velina leggera celeste pallido, dove si vedono di più, dove risaltano più scuri, trattenuti da un nastro blu acceso,

"Caro!" Oddio questa voce! La riconosco. Mi giro.

Rusty James sulla sua moto.

Si ferma a un passo da me e mi sorride. "Che ci fai qui,..?"

"Io...?"

"E sì, tu! E chi se no..."

Nascondo i fiori dietro la schiena, Rusty mi sa che se ne accorge ma fa finta di niente e continua a parlare.

"Ti ho cercato prima, ma il tuo telefonino non prendeva... Ma dove stai andando?"

"Da una mia amica."

Rusty mi sorride, poi lascia cadere giù le spalle. È come se se ne fosse accorto. La mia prima bugia. Cioè, insomma. La prima bugia che dico a lui. Allora Rusty scuote la testa e accende la moto. "Ok... allora niente. Peccato avevo una sorpresa per te."

Sembra di nuovo allegro. Forse non si è accorto di nulla. Poi ci ripensa.

"Ehi, Caro, magari ti chiamo nel pomeriggio, eh? Oppure domani. Anzi facciamo domani che è domenica. Ok?"

Gli sorrido, "Ok."

"La mia sorellina allora è prenotata per questa bellissima sorpresa che voglio dividere con lei." E se ne va via così, con i capelli che escono da sotto il casco, con i suoi occhiali scuri e quel sorriso bellissimo. E un po'"mi sento in colpa. E la prima volta che gli dico una bugia. E lo vedo ormai lontano. Da solo. Senza Debbie.

Mi piacevano così tanto come coppia. Si facevano gli scherzi, ridevano. Io la lettera gliel'ho data e non l'ho neanche letta. Speriamo bene. C'era un'altra coppia che mi piaceva così tanto, Francesco e Paola. Stavano ad Anzio. Li vedevo ogni anno, da sempre, da quando ho cominciato ad andarci. Mi ricordo che arrivavano in spiaggia in motorino. Lei dietro di lui, stretta stretta. Avevano una Vespa grigio metallizzato e quando arrivavano lui la spegneva se no la signora dei bagni si arrabbiava. Sì, Donatella. La signora dei bagni. Era anziana, la signora dei bagni, e aveva sempre qualcosa da ridire. I bagni stavano proprio all'entrata dello stabilimento e ci si poteva andare dentro per lavarsi i piedi e togliersi la sabbia e a fare pipì. Ma erano così sporchi che se entravi a piedi nudi e per terra c'era quella specie di fango... Brrr. Solo a pensarci mi vengono i brividi. Mi dava un fastidio. Così Francesco spegneva la Vespa, scendeva al volo lateralmente e la prendeva con una mano da sotto, dietro, dove sta la targa e l'aiutava a scendere quei tre scalini.

Non poteva usare come scivolo la tavola della signora dei bagni, perché una volta Donatella gliel'aveva urlato: "Quella è troppo fina! E per le biciclette. Non per la tua Vespaccia!". E Francesco si era messo a ridere. Capite? Invece di arrabbiarsi aveva riso. E aveva tirato giù da solo la Vespa come se fosse una bicicletta. Aveva un fisico come dire spaziale. E una volta postggiata la Vespa lì sotto, vicino alla sabbia, lui e Paola andavano a un ombrellone non troppo lontano e poi giocavano a racchettoni ed erano fortissimi. Giocavano nell'acqua, dov'era bassa, con foga, colpendo con forza e rabbia la palla.

Paola aveva sempre dei costumi piccoli, di colore arancione, o ciliegia, o giallo caldo, mai troppo chiari, un seno piccolo, i capelli castano chiari che le scendevano giù sulle spalle e un fisico asciutto, abbronzato, con muscoli leggeri. Francesco era tutto riccio, con un naso un po'"aquilino e le spalle larghe e le gambe lunghe, magro, asciutto con degli addominali forti e delle lentiggini leggere sotto i suoi occhi azzurri e una grande bocca con denti bianchi e belli. E rideva spesso. E sì, perché poi si facevano degli scherzi. Ma divertenti. Ogni tanto sotto l'ombrellone lui arrivava con un secchio pieno d'acqua e mentre lei leggeva gliela faceva calare piano lungo lo schienale della sdraio.

"Così non bagno il giornale! "

"Ah, è gelida! Maledetto! " E lei lo rincorreva come una pazza e lui scartava a destra e poi a sinistra e spariva tra i pattini e cominciavano a rincorrersi intorno alle docce, fino agli ombrelloni verso riva. Fino a quando lei saltava sopra il pattino e a volte si lanciava su di lui e continuavano a lottare anche sulla sabbia. E una volta Paola si è strappata il costume di sopra ma se ne è fregata. Ha continuato a lottare anche a seno nudo. Con la gente che si fermava e rideva. E loro erano un po'"così, belli e selvaggi, l'attrazione della spiaggia. E ora non mi ricordo bene cos'altro succedeva. Ah sì, delle volte ha fatto lei qualche scherzo a lui. Una volta gli ha scavato piano piano sotto la sdraio, ma a lungo, eh. Ha fatto una buca un sacco profonda e quando la sedia è crollata, è finita bella sotto. Lui è rimasto incastrato nella buca e rideva mentre lei lo copriva con la sabbia calda.

"Ahia, Paola brucia!" E ridevano sempre.

Quest'anno d'estate invece lui era da solo. È stato sempre sotto l'ombrellone e leggeva dei libri. Diversi. Non so perché, ma ho pensato che fossero noiosi. Forse perché era sempre con la faccia un po'"appesa. E non ho sentito nessuno chiedergli di Paola. Ma qualcuno sulla spiaggia lo doveva sapere e magari lo ha detto a Walter, il nostro bagnino, che a sua volta l'ha raccontato a una amica di mamma, Gabriella, che è una che non sa mai starsi zitta. E infatti, il giorno dopo... "Sì, sì, l'ho saputo da Walter, si sono lasciati."

E mi è dispiaciuto. Moltissimo. Ora la nostra spiaggia mi sembra come cambiata. E come se ci fosse qualcosa in meno. Come se non ci fosse più il pattino rosso, quello del salvataggio o l'omino dei giornali che passa con il carrettino ogni tanto, o quello tutto abbronzato e con la canottiera bianca e i calzoncini blu che vende il cocco.

Francesco e Paola erano miei. E forse loro non si saranno mai accorti di me, perché ero piccola e insignificante, ma tutta la loro storia, quando arrivavano con la Vespa, come giocavano a racchettoni e poi i loro scherzi e le corse e quei baci, hanno riempito tutte le mie estati. E anche se non lo sanno, quei due innamorati mi mancheranno.

E quasi senza accorgermene mi trovo davanti alla chiesa. E piano piano salgo quegli scalini, quasi spinta da non so quale ragione. E apro il grande portone. Silenzio. Una grande navata, vuota, ordinata. Nelle panche di legno non c'è seduto nessuno. Solo una signora anziana in fondo in fondo. Sta spolverando alcuni ceri intorno a un piccolo altare. Lì mi ricordo che si fanno i battesimi. Mi è capitato di assistere a uno, un giorno. È stato tutto bellissimo. Il bebé guardava i genitori con gli occhi sgranati. Non piangeva. Aspettava curioso e un po'"spaventato quello che gli sarebbe successo. Poi sorrido. Perché mi è venuta l'immagine di quel bambino? Proprio oggi poi. Alzo un sopracciglio. Non oso immaginare cosa accadrebbe.

Casa. Scuola. Vita. Mio padre, mia madre, mio fratello, nonna Luci. E cosa potrebbe dire Ale poi... non voglio neanche pensarci.

"Carolina?"

Mi giro.

"Ciao... Non mi riconosci?"

C'è un prete naturalmente. E alto. Ha i capelli corti e un bei viso sereno, aperto.

"Sono don Roberto. Ci siamo conosciuti l'altr'anno, per la preparazione alla cresima... e tu hai discusso..."

Naturalmente. E come poteva andare se no? Ma lui sorride, poi piega la testa di lato; con una curiosità leggera ma ordinata, buona, tranquilla.

"Che ci fai qui?" Poi torna un poco più serio. "Ti posso aiutare?" Sembra anche un po'"preoccupato. E io non so proprio cosa dirgli.

"Sono venuta a pregare..."

Sì, questo è credibile.

Mi sorride. "Vieni, andiamo fuori..."

Ci ritroviamo nel cortile e passeggiamo. Sembra un po'"quelle scene che ci ha letto il prof Leone, don Abbondio che parla con Lucia. Oddio ma quello è i Promessi sposi! Capirai... Magari! Ma è un po'"presto. E don Roberto parla un po'"di tutto, forse per mettermi a mio agio.

"So che avete discusso in classe con don Gianni."

"Sì, come lo sa?"

"Me lo ha raccontato lui."

'"Ah. Bè, meglio." Sì, è un po'"meglio di quello che pensavo don Gianni. Chissà come glielo ha raccontato però. Don Roberto mi guarda e quasi legge nei miei pensieri.

"Ha detto di aver sbagliato lui, sai, che voleva mettervi a vostro agio e che invece forse non avrebbe dovuto raccontare le cose private di una vostra amica..."

"E già!"

"E ora scommette che tu non ti fidi più di noi."

"Non di voi, di lui."

"E di me forse un po'"sì?" Mi guarda, sorride, vuole trasmettermi sua tranquillità.

"Si certo... perché no."

"Allora mi vuoi dire come mai sei entrata in chiesa?"

"Per pregare, gliel'ho detto."

"Si certo, ma le preghiere quando vengono richieste in questo modo è perché di solito si affronta un momento delicato e si ha paura di fare una cosa sbagliata."

Ahia. Questo qui è troppo intuitivo.

Aspetto un po'. Faccio un respiro lungo. E penso a lui.

"Bè, mio fratello è andato via di casa. Ancora non ha concluso molto, solo che non andava d'accordo con mio padre, e allora..."

"E" stato coraggioso tuo fratello. Sono pochi i ragazzi che escono di casa e cercano la loro strada oggi."

"Già." Si crea poi uno strano silenzio. Rusty James mi è venuto in soccorso anche in questo caso. Certo, non era per lui che sono entrata in chiesa ma comunque ci tengo che tutto vada bene anche a lui. E una preghiera non ci sta mai male, no?

"Bè, ora devo andare."

"Bene Carolina, fai la tua preghiera se vuoi. Ma vedrai che tutto andrà per il meglio."

"Sì grazie, padre" ed esco fuori dal cancello, con la sua benedizione e spero anche con quella di qualcun altro. Tanto Lui sa benissimo tutto, anche a quale preghiera mi riferivo... mica Gli posso mentire, no?

Continuo così a camminare. Ogni angolo è profumato, ogni fiore, ogni pianta sembra che si ritagli il suo spazio. Mi sembra più bella di sempre la mia città. O forse è l'amore. Solo aver pronunciato queste parole mi fa preoccupare. E il caso che rientri in chiesa e confessi tutto? Mi viene da ridere. No. Com'era quella frase? "L'amore rende straordinaria la gente comune."

E rende più belle le città. Tutto diventa più bello. E" come avere degli occhiali con le lenti dell'amore. Occhiali "Love". Così sono i miei. Anche se non li porto io, li indossa il mio cuore! Oggi sono in vena di poesia.

Che ore sono? Dieci meno un quarto. Capirai, ancora sta dormendo. Però potrebbe essere sveglio Jamiro. Prendo il cellulare e faccio il numero. Mi fa ridere. In realtà si chiama Pasquale. Mi ricordo ancora quando l'ho conosciuto. Piazza Navona. Un anno fa.

"Dai, facciamoci fare le carte!"

Alis è sempre troppo felice quando c'è da fare qualcosa di nuovo e soprattutto si spendono soldi.

"Dai, ve lo offro io!"

Clod non ha dubbi. "Io lo faccio."

"Ok." Non voglio sembrare scortese. "Lo faccio anch'io."

"Sedetevi, ve lo faccio insieme e vi faccio pure lo sconto. Io sono Jamiro." Ci da la mano a tutte e tre e Alis, alla quale non sfugge niente, "Ma tu ti chiami Pasquale".

Rimane interdetto.

"Che ne sai?"

"C'è scritto sulla cartolina che sbuca dalla tua borsa."

Ride Jamiro. "Oddio quello è il mio nome d'arte. Io sono Jamiro. Per un attimo mi hai spaventato. Pensavo fossi tu l'intuitiva..."

"Si, una medium!"

"Si" Alis indica Clod e non se la fa scappare. "E lei un'extralarge". "Cretina!" Ma alla fine Clod non si arrabbia e ride. Jamiro comincia a leggerci la mano e ci fa pure le carte. Poi mi guarda e se ne esce con una frase incredibile: "Incontrerai il sole".

"Cioè?"

"Non lo so, vedo questo. Incontrerai il sole."

"Speriamo che non fai la ne di Icaro..." Alis e le sue battute continue. Clod che non capisce. Io che non potevo immaginare.

L'avrei scoperto presto.

Finalmente Jamiro mi risponde al telefonino.

"Ehi allora? Sei ancora nel mondo dei sogni?"

"Qual è la realtà e quale il sogno..." risponde sempre così.

Rido. Jamiro continua. "E soprattutto tu chi sei?"

"Ma come, non mi hai riconosciuto? Sono il tuo incubo."

"Caro!"

"Ecco, bravo. Vedi?"

"Che succede? Come mai mi chiami così presto? A quest'ora, di sabato mattina? Non è da te. Allora cosa succede?"

"Non lo so... ma è importante, molto importante per me, che dicono le tue carte?"

"Vedo subito." Silenzio. Sento solo dei movimenti leggeri, come delle foglie che toccano terra, come lo sfogliare di un libro... Come delle carte che vengono posate su un tavolo.

"Jamiro..."

"Che c'è?"

"Mi devo preoccupare?"

"Non credo... o forse sì."

"Che vuoi dire?"

"Ecco, vedo solo un po'"di pioggia. No... no... c'è un sole. Ecco sì. Quando il sole apparirà tutto sarà più chiaro. Sereno..."

"Yauuh! Grazie, sei un tesoro."

Chiudo il telefono e fuggo via. Corro come una pazza. Non ho più dubbi. Le mie preghiere sono esaudite.

Poco più in là. Stessa ora, stessa città.

Jamiro scuote la testa. Guarda il telefono chiuso. Poi quelle carte. Ecco, ora vedo. Non era la pioggia. Jamiro si sente stringere il cuore. Sono lacrime.

Gennaio

Benvenuto al nuovo anno che spero sia pieno di cose belle! Intanto io ci metto le buone intenzioni! A Happy New Year. Ein gutes neues ]ahr. Feliz Año Nuevo. Bonne Année. Scastlivogo Nonovogo Goda. Ecco, le so! Vedete, cari prof, le so tutte!

Resoconto di fine anno:

Gli amici più casinisti? Gibbo e Cudini!

Le amiche più vere? Clod e Alis!

La canzone di fine dicembre? Quella dei Tormento. Resta qui.

Hai cambiato qualcosa della tua vtia? Sì, ho lasciato Lele!

Con chi hai litigato di più? Mia sorella, come sempre.

Il motto dell'anno che si chiude? Ad majora, che non sapevo cosa volesse dire e me l'ha spiegato mio fratello.

Il motto dell'anno che verrà: Ad majora! Ora che ho imparato che vuol dire!

Film che voglio vedere: Into the Wild, Cous Cous, Non è mai troppo tardi, Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie, P. S. I Love you.

Il pensiero di oggi: voglio che sia un nuovo anno stratosferico.

Le cose che odierò nel nuovo anno: gli esami, la maleducazione, la signora Marinelli quando mi chiederà se ho il ragazzo, Clod quando si mangerà le unghie e Alis quando si pettinerà troppo da figona, papà quando non sgriderà Ale, educazione tecnica specie i conduttori e gli isolanti, alzarmi alle 7.00 per andare a scuola, non trovare le ciabatte, quelle che diranno "io sono magra ma mangio di tutto, ho il metabolismo veloce".

Le cose che adorerò nel nuovo anno: Smallville, High School Musical, Sex and the City, I liceali che ora è su Sky e si vede solo da Alis, Criminal Minds, Parla con me, Zelig, Le iene, andare in motorino anche se ancora non ce l'ho, le ballerine, Miss Ribellina, il cioccolato.

Abbigliamento: jeans, maglia scollo a barchetta, cinturona in via, sneakers.

La citazione: "Ci voltammo dopo dodici passi, perché l'amore è un duello e ci guardammo per l'ultima vola". Jack Kerouac, Sulla strada. La canzone: Hey there Delilah dei Plain White T" s.

Ah, dimenticavo. Essere felice.

Gennaio è un mese eccezionale! Quando comincia l'anno hai sempre mille propositi, come quando comincia la settimana o come quando cominci qualunque cosa nuova; perfino in amore hai sempre mille programmi, ma a volte qualcosa non dipende solo da te. E quindi non fa testo ! E comunque ho fato il mio blog nuovo, ho cambiato le foto di My space e per MSN ho raccolto delle nuove emoticon. Insomma, l'anno è partito alla grande. L'importante, come in tutte le cose, è riuscire a mantenere sempre lo stesso entusiasmo.

Dopodomani si torna a scuola! Ma sto troppo bene a casa in vacanza. Un po'"più a lungo nel letto la mattina a rotolarmi. E poi uscire il pomeriggio con Alis e Clod. Roma. Strade. Negozi. Le vetrine tutte in allestimento per i saldi che stanno per cominciare. Noi tre a prenderci in giro per le solite cose. Un sacco di tempo libero anche se ci hanno dato una marea di compiti. Gli ultimi film un po'"natalizi alla tivù che guardo per cinque minuti, le passeggiate con Joey, gli sms scemi di Clod - secondo me li copia da Internet - tipo "Un cavallo entra in un cinema si dirige verso la bigliettaia e le dice: un biglietto per favore e la bigliettaia: ahaaa! Un cavallo che parla! E il cavallo: non si preoccupi signora, in sala sto zitto". Poi non ho nemmeno capito se li manda solo a me o fa un invio multiplo. Boh. Comunque sia, me li manda! E poi la Befana! Volevo trovare una calza piena di caramelle all'arancia che mi piacciono tanto, la risposta giusta su Massi, sapere quale scuola scegliere ale superiori! Bisogna fare le preiscrizioni! Alis dice forse liceo classico, Clod vorrebbe andare all'artistico o al linguistico e io al classico. In realtà non vorrei dividermi da loro... uffa! Il mio mitico fratellone mi ha detto che devo scegliere in base a quello che sento e non dove vanno le mie amiche perché tanto l'amicizia resta comunque, mentre sbagliare scuola poi la paghi. Ha ragione... come smpre del resto! Comunque alla fine ho ricevuto una calza da sballo: Mars piccoli, liquirizia sia in lacci che quella piccola, animali colorati gommosi, cioccolatini dal fondente al latte di ogni tipo. Vorrei che durassero almeno fino a Pasqua! Ho programmato che po'"di cose me le mangio solo il sabato. Così poi arriva la cioccolata pasquale... E via fino all'estate. E soprattutto non ingrasso.

Cosa fondamentale. Dovessi incontrare Massi e magari mi fa "Chi sei tu? Chi? Carolina? Si, venti chili fa!".

La ginnastica è fondamentale. Lì ad artistica mi piace un casino, si fatica, si suda, ci si diverte.

"Drin." E" il mio cellulare. Guardo lo schermo. Alis. Non resiste proprio. Le manco. Tra MSN e cell mi avrà chiamato cento volte. Rispondo e non le do il tempo di parlare.

"Ok, ti posso capire... Non ce la fai, eh? Guarda che dopodomani stiamo di nuovo a scuola, eh."

"Scema... Sei pronta Caro, una notizia bomba! "

"Dimmi tutto."

"Siamo state invitate alla festa della Borzilli! "

"Nooo!"

"Sii."

"Grande Alis!"

"Ti passo a prendere fra mezz'ora, ok?"

"Per cosa?"

"Shopping sfrenato!"

E chiude. Non mi da mai il tempo di rispondere alle sue proposte. E se avessi qualcos'altro da fare? Un impegno, un'uscita con mia madre, con un'altra amica, con... con un ragazzo! Alis è così. Prendere o lasciare. O meglio prendere ed essere travolti. Comunque è un mito. Sono sicura che è solo grazie a lei che la Borzilli ci ha invitato.

Stefania Borzilli. Quindici anni, bocciata una volta in II. Mito della scuola. Sua la leggenda, vera o falsa che sia, che ha già fatto l'amore. Cioè non so se è vero ma d'estate, appena fatti quattordici anni, si è chiusa in una camera da letto nella sua villa in campagna a Bracciano, nella camera grande dalla quale si vede il lago, con un bellissimo ragazzo, tale Pier Frery, un francese che parla italiano e prima stava a scuola nostra e che comunque è ripartito per Parigi. E nessuno ha mai saputo di quella storia. Quella notte sono usciti correndo e si sono buttati in piscina nel bel mezzo della festa, lui con degli slip neri, lei aveva solo le mutandine e di sicuro quello che tutti hanno visto è che si sono solo baciati in acqua.

Un giorno ero in palestra. Era l'altr'anno. La II aveva appena fatto lezione e noi stavamo per entrare a giocare a pallavolo, c'era anche la Borzilli e uscendo le è caduta la felpa che portava legata in vita.

"Ehi, ti sei persa questa" l'ho raggiunta e gliel'ho data.

"Grazie" e mi ha sorriso in un modo incredibile. Un bel viso aperto, senza pensieri, un po'"di lentiggini, due occhi grandi blu e i capelli castano chiari, un po'"ricci, liberi e selvaggi. Poi ha preso la felpa e si è girata e se ne è andata quasi rimbalzando sulle gambe. Ora io non so se la sua storia è vera, ma Alis da allora è in competizione con lei e quando le ho detto "Mi sembra simpatica...", mi ha risposto: "No. Non può essere, una così non può starti simpatica". E sinceramente l'ho lasciato cadere lì quel discorso, non l'ho più ripreso. Non so perché Alis ce l'abbia tanto con Stefania Borzilli e ancora di meno perché ci tenga così tanto allora ad andare alle sue feste.

Ma mi sa che sarà una cosa pazzesca e assolutamente non voglio perdermela.

"Prenditi questo, guarda che bello."

Alis tira fuori tra le stampelle un top di paillette blu.

"Ma è minuscolo! "

"E che vuoi, una tuta? Guarda che il titolo della festa è Tokio Hotel."

"E allora?"

"E allora dobbiamo essere delle cubiste scatenate."

"Sì. Io voglio essere pazzesca." Clod esce da alcuni vestiti. "Questa come mi sta?"

Alis e io insieme. "Ma è minuscola!"

"Ma l'avete detto voi! "

"Sì, ma lì tu non c'entri!" Ridiamo e ci scateniamo. Da Catenella a via del Corso è uno spettacolo, proviamo di tutto e di più. Gonne di paillette, boa, top di ogni genere, giubbotti corti con fibbia di metallo, cinghie e lacci in gomma nera. Fichissimo. E poi.. "Adele, metti tutto sul mio conto". Alis è di casa lì. E infatti ci trascina fuori con tutti i vestiti possibili e immaginabili.

"Saremo strafichissime!"

"Andiamo da Ciòccolati. Vi va?" Clod e le sue fisse.

"Ok..." Allargo le braccia e chiarisco subito un punto. "Però offro io!"

"Ok."

"No, no, sul serio Alis, se no non ci vengo, e che cavoli! "

Poco dopo siamo sedute al nostro tavolo preferito.

"Ok ragazze, che vi porto? " Rimaniamo tutte e tre a bocca aperta. Cioè al posto della solita signorina rallentata, e anche leggermente antipatica e un po'"rincoglionita per essere sinceri, c'è lui: Dodo. Almeno questo c'è scritto sul cartellino della giacca. Cioè, avete presente uno strano incrocio tra Zac Efron Jesse McCartney con un pizzico di Scamarcio e Raoul Bova? Ecco, agitate il tutto e paff. Come una magia viene fuori lui. Cioè, un sorriso ma un sorriso che non ha un dente fuori posto, carnagione scura, capelli neri folti, occhi nocciola, sembra quasi un indigeno per quanto è scuro e un Bounty per quanto è bono. Ma dov'era fino a oggi? Ci vede tutte e tre con le bocche aperte e lo sguardo leggermente vitreo. Allarga gentilmente le braccia.

"Non siete pronte? Volete che ripasso?"

"Ehh..." Clod è veramente fuori di testa o lo fa apposta. Le do una gomitata. "Ahia!"

Dodo ride. "Sì sì, ripasso che è meglio." Si allontana. Lo abbiamo sicuramente pensato tutte, ma Alis è la prima a dirlo.

"C'ha pure un bel culetto!"

"Alis!"

"Bè, perché? Che c'è, che ho detto di male? Non è vero?"

Clod sorride. "A me ricorda il Magnum classic, il primo e il più buono..."

Lei vede tutto in chiave cibo. Poi Alis ci poggia tutte e due le mani sulle braccia.

"Sentite mi è venuta un'idea fìchissima... Facciamo una gara?"

"Di cosa?"

"Chi ci si mette prima! "

"Ma dai..."

"Avete paura, eh?" Alis ci guarda e ala il sopracciglio con aria di sfida.

"Io non ho paura." Le sorrido. "Non ti temo proprio."

Clod alza il sopracciglio. "Ma a me piace Aldo."

"Ma se non ti si fila! Anzi magari ti vede che stai dietro a qualcun altro e invece di farti le solite imitazioni... passa ai fatti! "

Insomma, abbiamo riso e scherzato fino a quando non è tornato.

"Allora, avete deciso ragazze?"

E iniziamo a fissarlo. E sembriamo cretine. E parte una specie di gara assurda dove io un po'"mi vergogno e Alis invece è di uno sfrontato che fa paura.

"Allora io vorrei... Un profiterole, hai presente quello tutta panna, gustoso con il cioccolato scuro... come te?"

"Alis! " le dico sottovoce. E lei ride e si tappa la bocca.

Dodo invece è impeccabile. "No, mi dispiace, non ce l'abbiamo."

"E il tiramisù?"

"Neanche."

Alla fine Clod e io ordiniamo. "Per noi una cioccolata... al peperoncino."

Insomma quando si allontana ridiamo tutte e tre e ci sentiamo ridicole. Però alla fine non mi vergogno più, anzi mi diverte da morire e non so perché ma per la prima volta in vita mia mi sento trasgressiva. E me ne vanto, lo guardo mentre prepara le cioccolate al peperoncino dietro al banco. E improvvisamente mi sento fragile. Di quelle cose che non capisci. È un attimo, lui alza lo sguardo, incrocia il mio e si ferma. Rimane sulla stessa linea un po'"troppo a lungo e alla fine io cedo e abbasso lo sguardo e arrossisco e un po'"mi vergogno. E quando guardo di nuovo su, lui non c'è più. E" sparito.

"Alis..."

"Sì, che c'è?"

"Ho un problema."

Mi guarda sul serio preoccupata. "Che c'è? Che succede?"

E io le sorrido "C'è che mi piace sul serio...".

"Mi hai fatto spaventare!" Mi da una botta sulla spalla e quasi mi fa cadere dalla sedia.

"Alis!"

"E comunque piace un casino anche a me."

E così comincia la gara.

"Ti vedo sorridente, Caro."

"Sì nonna, lo sono! "

"Troppo sorridente."

"Sì nonna, lo sono!"

E ridiamo. E un po'"mi ha scoperto. Le faccio compagnia mentre prepara da mangiare. È bello che abbiamo la nostra casa vicino a quella di nonna, così posso andare e venire senza problemi e quando mi sento sola o quando i miei genitori discutono o quando Ale rompe troppo o quando Rusty mi manca all'improvviso, ecco, io mi rifugio qui...

"Che fanno le mie donne preferite?! "

Nonno Tom è uno spettacolo. Ha i capelli bianchi sempre spettinati ed è alto e un po'"grosso, con le mani grandi ma le dita fini. Ama moltissimo costruire, creare, dipingere, disegnare. E io rido quando lo vedo.

"Facciamo le pettegole! "

"Allora ferme così! " E prende dal suo collo la macchina fotografica, la Yashica digitale e ci scatta delle foto e siamo sul divano, io mi levo le scarpe al volo e tiro su le gambe e le porto dietro e mi metto in posa e alzo con tutte e due le mani i capelli, me li porto tutti sulla testa, come se fossero raccolti.

"E chi sei, Brigitte Bardot?"

"Chi? Ma chi la conosce?"

Abbassa la macchina fotografica. "Tutti i veri uomini di un tempo non la possono dimenticare."

"Allora sì, mi somiglia un sacco ! " E faccio un sorriso mostrando tantissimi denti. E nonno scatta altre foto.

"Vado subito a stamparle! Voglio proprio vedere come vieni..."

Tutto felice, con le sue gambe lunghe, goffo si muove nel piccolo salotto e quasi inciampa sul tappeto e sbatte contro un angolo di un tavolino e una scatolina d'argento cade e nonno Tom la raccoglie. La mette dove era prima, la sposta un poco, controlla pure la direzione nella quale era inclinata. Poi sorride un'ultima volta a nonna Luci e scompare giù, in fondo al corridoio. E nonna Luci è ancora lì che lo guarda. Non si arrabbia delle cose che urta il nonno. Non ha mai niente da ridire. E i suoi occhi sono allegri mentre guarda ancora in quella direzione. Mamma non ha mai guardato così papà. Poi si gira verso di me. "Cosa mi stavi raccontando, Caro?"

E le dico del posto dove andiamo sempre, di Ciòccolati, del nuovo ragazzo Dodo e della gara di noi tre.

"Stai attenta però..."

"Perché dici così, nonna?"

"Perché magari una si innamora e ci rimane male."

"Ma no, è un gioco! "

"L'amore non guarda in faccia nessuno."

Alzo le spalle e sorrido. Non so cosa rispondere. Un po'"questa frase mi piace ma in qualche modo quelle parole di nonna mi hanno lasciato una strana sensazione.

"Guarda... Guarda come sei venuta bene! Sei la nuova B. B." Nonno arriva con delle foto stampate in bianco e nero. Ci sono io con i capelli tirati su che rido, io mentre cado sul divano, io che faccio la spiritosa e mi tuffo su nonna. E in quel momento decido.

"Io voglio fare la fotografa! "

"Brava... ecco comincia con questa" e mi mette la macchinetta al collo,

"Nonno... ma pesa.."

"Portala davanti agli occhi e mira... Mirami!" La alzo, inquadro il nonno. Poi apro l'altro occhio, quello fuori della macchina. Lui mi sorride.

"Ecco... Ora pigia sopra. Vedi che lì a destra c'è un pulsante?"

"Questo?"

"Sì, quello."

"Ok..." Cerco di farci entrare tutto il nonno ma è grosso. Però alla fine ci riesco. "Ecco... stai fermo... fatto!"

"Fai vedere." Nonno mi sfila la macchina fotografica dal collo. Guarda la fotografia. E per un attimo perplesso, poi il suo viso si apre in un bellissimo sorriso. "Diventerai bravissima."

Non siamo mai andati così spesso da Ciòccolati come nei giorni seguenti, e ognuna per conto suo. Per Clod poi è diventata una festa, con la scusa di andare lì per cercare di rimorchiare Dodo secondo me ha provato ogni tipo di dolce. Alla fine è diventata una vera e propria sfida. Fino a quando quel giorno ho capito che la vittoria poteva essere mia.

"Ehi, ciao... e le tue amiche? Dove le hai lasciate le tue bodyguard?"

"Oh!" Gli sorrido. "Arriveranno."

"Bè, vuoi che ti porto qualcosa intanto?"

"Sì, cioccolata calda, light..."

"Sei l'opposto di Claudia, eh?"

"Già." Cioè, sa pure il nome della mia amica! Di sicuro saprà anche quello di Alis. Figurati. Alice gli avrà detto anche il suo cognome, dove abita e cosa fa il padre. Magari non sa solo il mio. Meglio, così non mi confonde con le altre.

"Eccola qua. Ti ho messo anche due biscotti nuovi che stiamo testando, uno è al cocco e l'altro all'arancia, sono delicatissimi. Provali."

Do subito un piccolo morso al primo. "Uhm, questo mi sembra buonissimo."

Do un morso al secondo. "E questo pure! Sono proprio bravi in questo posto..."

"Già, e poi, oltre al cioccolato, ogni tanto capitano delle particolari sorprese..."

Mi guarda e un po'"mi sento in imbarazzo. Così butto un occhio al telefonino.

"Bè, non mi hanno chiamato, mi sa che non vengono più. Se mi porti lo scontrino bevo la cioccolata e poi vado." Dodo si avvicina e mi dice piano.

"Oh.. È tutto fatto. Offre la ditta..."

"Ma no, dai."

"Sì, è giusto." Torna serio e impettito. "Hai provato i nuovi biscotti, non sei una cliente qualsiasi, sei una ragazza test!"

Mi fa l'occhiolino e sparisce.

"Bè, grazie."

Vedo che sta dietro il bancone e di tanto in tanto mi guarda. Faccio finta di niente, ogni tanto butto l'occhio al telefonino come se sul serio stessi aspettando la telefonata o il messaggio di Alis o Clod. In realtà ci siamo date turni ben precisi. Un pomeriggio a testa per vedere chi riesce a rimorchiare prima Dodo. Certo che è proprio bello. Ogni volta che mi sorride io... Non so. Mi batte forte il cuore. Ma forse più per l'idea di questa gara con le amiche e anche un po'"la voglia di riuscire a vincere la timidezza... Boh non lo so. Cioè, bello è bello e non si discute, ma non mi piace. Mi guardo in giro, ma dov'è? Bè, basta. Io vado. Esco dal negozio e m'incammino.

"Carolina, posso accompagnarti?"

Mi giro. Non ci credo! È lui. Non ha più la divisa. E sa il mio nome!

"Certo, ma che dicono dentro?" indico il negozio.

"Oh, mi hanno dato il permesso."

"Bè, sono gentili."

"Sì, mi vogliono bene."

"Che fanatico, addirittura?"

"Sì, sono venuto a lavorare perché ho deciso di cambiarmi la moto e voglio mettere un po'"di soldi da parte."

"E ti hanno preso così al volo?"

"Bè, la proprietaria ha un debole per me..."

"Ma che!"

"Sul serio... sono il figlio! "

Siamo tornati chiacchierando e vi assicuro che mi sono anche divertita. È uno spiritoso, ama giocare a pallone.

"Ho una squadra di modelli... Hai presente i "Centocelle Nightmarè? Ecco, siamo meglio. Ci piace il calcio se no potremmo mettere su una squadra di spogliarellisti!"

E rido. E in effetti guardando bene ha anche un bel fisico. Parliamo del più e del meno. È molto simpatico, sul serio. "Diciannove anni. E tu?"

"Quattordici." Tanto ormai quasi ci siamo.

"Ah..."

Non so perché, ma ogni volta che dico la mia età scateno questo tipo di reazione. Delusione, sorpresa, fuga improvvisa? Mah... Pensa se dicessi che ne ho ancora tredici!

"A cosa pensi?"

"Oh niente! Che è buffo.. non avrei mai pensato che tu fossi il figlio della proprietaria di Ciòccolati."

"In realtà vorrei non lavorare con mamma, però sai, faccio quello che voglio, e quando ho bisogno di un po'"di libertà..."

Mi guarda in maniera divertita. "Ah, certo."

"Ho letto un libro ultimamente che mi è piaciuto un sacco, II diario di Bridget Jones. "

No! Non ci posso credere, È lo stesso che mi ha consigliato Sandro della Feltrinelli e non l'ho ancora letto. Avrei potuto fare la mia porca figura e invece niente. Faccio la mia solita figuraccia.

"Lo conosci?"

Se dico che ce l'ho anch'io e lo devo leggere sembro una che racconta balle.

"Sì, ne ho sentito parlare."

"Leggilo. Vedrai. Sono sicuro che ti piacerà."

Così arriviamo sotto il portone. Mi fermo. Rimaniamo in uno strano silenzio. Mi guarda. Mi sorride.

"Sono felice che sei venuta da sola oggi."

Non dico niente.

"Così ho potuto riaccompagnarti."

Altro silenzio. Poi Dodo prende coraggio. Si avvicina lentamente verso la mia bocca. Dritto per dritto sempre sorridendo. Ci sono dei momenti secondo me dove si decide un po'"tutto. E un attimo e da quel momento nulla sarà più come prima. E Dodo avanza lento, più lento, guardandomi negli occhi, sorridendo. E i suoi denti sono perfetti, il suo sorriso bellissimo. I suoi occhi scuri, profondi, intensi. Eppure... Ve l'ho detto ma che ne so... Proprio all'ultimo mi giro di scatto, offrendogli la guancia. E mi da un bacio leggero, quasi dispiaciuto, deluso, amareggiato. Poi si stacca.

"Ma..."

"Ciao, devo andare" e fuggo via così, senza dire altro. Apro il cancello, entro, lo chiudo alle mie spalle. E lo vedo ancora lì, che mi guarda. Poi alza le spalle, scuote la testa e se ne va. Già lo so cosa si starà chiedendo: come mai una ragazza come me, di quattordici anni, gli ha dato buca? E chissà quanto rimarrà con questo pensiero. O sarà semplicemente una nuvola leggera che tra un attimo abbandonerà i suoi ricordi? Chissà. Io invece sorrido. Non ho dubbi. Era solo un gioco, un semplice gioco con le mie amiche. Ma qualcosa non mi parlava, non mi diceva nulla, non mi ispirava quel bacio.

Sento un rumore. Il portone si apre alle mie spalle ed entra... non ci posso credere! La signora Marinelli! Ho chiamato l'ascensore ma non lo aspetto.

"Buonasera." E corro su per le scale. Ci mancava solo questo. Lei che assisteva a un altro bacio... E con un altro! Non avrebbe retto. Ci sarebbero stati direttamente i volantini sul portone.

Nei giorni seguenti non ho detto nulla a Clod e Alis. Non so neanch'io perché. Siamo tornate solo una volta da Ciòccolati e abbiamo scherzato tutte e tre con Dodo come se non fosse successo niente.

"Sì grazie, vogliamo tutte e tre la stessa cosa." Alis e le sue allusioni. Lui ride, poi, appena si allontana dal tavolo, Alis tira fuori dalla borsa il telefonino.

"Guardate qua." C'è una foto con Dodo vestito da pallone. "Me l'ha mandata lui con tanto di cellulare..."

Clod si mette a ridere. "Ah sì? Guarda un po'." Tira fuori dalla tasca il suo cellulare. C'è la stessa foto. "Che stronzo!" Alis non ci vede più. Alza il mento verso di me indicandomi.

"C'hai anche tu la stessa foto?" "No... Io ce l'ho mentre fa nuoto... Senza costume!" "Ah sì?" Alis si alza, ci prende per il braccio e ci trascina tutte due fuori dal negozio. "Allora offre lui! "

Appena fuori, scappiamo via senza pagare, ridendo, con Alis che ogni tanto si gira indietro per vedere se esce dal negozio. "Ben gli sta, così impara a fare il cretino."

Giorni successivi tranquilli. Ho cominciato a leggere II diario di Bidget Jones. Mi piace ma quando leggo la sera mi addormento sempre un po'!

Sono andata a trovare Joey. Abbiamo passeggiato lungo il fiume mentre Rusty James era sul barcone che scriveva. E" bello li sotto, c'è il verde, i fiori e il Tevere non è poi così sporco come in alcuni altri posti. Lungo il fiume poi passano sempre quei ragazzi che fanno canottaggio. Sono con delle maglie azzurre e forse fanno parte di una squadra. Arrivano e spariscono veloci senza avere neanche il tempo di salutare. Deve essere uno sport faticoso.

L'altro giorno Alis all'uscita di scuola ci ha praticamente rapite.

"Dai, venite con me."

"Ma dove andiamo?"

"Andiamo!"

Siamo finite in un posto assurdo. Io in macchinetta con Clod e lei davanti.

"Mamma, non torno a casa."

"Ma dove vai?"

"A pranzo con Alis. Viene pure Clod. Poi studia lì."

"Non fate tardi, eh!"

"No..."

"Promesso?"

"Promesso." E invece ci ha portate a mangiare al giapponese.

Clod si rifiuta di entrare.

"Ma a me non piace. E" tutto pesce crudo."

"E lo stesso che ti mangi cucinato, solo che non ingrassa."

"Sapete... io una volta avevo un pesciolino."

"E allora?"

"Allora si chiamava Aurora e una mattina non l'ho trovato più, è riuscito a saltare dall'acquario nel lavandino e avrà trovato la via per il mare..."

Clod e le sue fantasie.

"Sì, neanche quello della Disney, come si chiama? Nemo."

"Ecco, sì, brava Caro. Capirai, l'ho visto quattro volte." L'entusiasmo di Clod, il cinismo di Alis.

"Macché, Aurora è morta e l'hanno buttata i tuoi nel secchio... Non te l'hanno voluto dire per non farti rimanere male."

Clod ci ripensa. "Bè, una volta ho cambiato io l'acqua e dopo un po'"stava meza rovesciata sull'acquario che boccheggiava."

"E certo! L'avrai fatta scorrere, era gelata. L'hai mezza stecchita. Dai, è morta di sicuro."

"E se invece è viva, l'hanno appena pescata e la mangio proprio io al giapponese?"

"Quanto rompi, sei proprio out."

Insomma una discussione che non finiva più. Alla fine siamo andati in un giapponese in via Ostia che faceva anche thailandese, cinese e vietnamita. Così non c'era più il dubbio su cosa ordinare.

"Uhm, buone queste costolette di maiale."

Clod praticamente se le spolvera. Sembra una mitragliatrice del cibo.

Alis aspetta che abbia finito di mangiare per dirglielo. "Ti sono piaciute, eh?"

"Sì, buonissime." Clod si lecca come al solito le dita.

"Sai che quasi sempre le spuntature che mangi dai cinesi in realtà sono dei gatti... rapiti per strada."

"Ma che dici?"

"Sì, sono identici, li uccidono e li trasformano in... spuntature."

Clod ci guarda e quasi scoppia a piangere. "Avevo un gatto, Tramonto, mi è sparito tre mesi fa..."

"Scusa... ma... non c'hai detto niente!"

"Speravo di ritrovarlo."

"E invece te lo sei mangiato! "

A queste parole Clod si alza di botto e urla "Ahh! Che schifo! ".

Tutto il ristorante si gira verso di noi.

"Scusatela... senza saperlo si è mangiata Tramonto."

Alis è proprio tremenda. Però a volte ti fa morire dal ridere. E comunque ha un altro pregio fondamentale: offre sempre lei.

Ma la missione di Alis non è finita.

"Venite con me!"

"Ma dove andiamo?"

"Seguitemi." Monta sulla sua macchinetta e sparisce per via dela Giuliana. Rido con Clod. "Segui quella macchinetta!"

Facciamo una curva tutta in controsterzo su per le mura aureliane. Noi dietro a lei. La nostra macchinetta dietro alla sua. Sembra una di quelle Mission Impossible con tanto di Tom Cruise. Ma magari incontrarlo, non tanto per lui, quanto perché allora vuoi dire che siamo veramente ok. Oh, in quei film solo donne belle! Alis guida che è una meraviglia. Destra, sinistra, esce ed entra tra le macchine come se fossero delle porte da slalom. Poi senza mettere la freccia prende a sinistra. Clod la segue.

"Attenta!" Quasi ci rovesciamo. Le due ruote destre si alzano. Clod lascia il volante, recupera all'improvviso, la macchinetta atterra sulle altre due, balla un po'"e poi ci infiliamo giù per la discesa a tutta velocità. Destra, sinistra e ancora destra.

"Oh ma neanche Daniel Craig in James Bond! "

Clod è tiratissima. "Le devo stare dietro. Guida che è una furia."

"Anche tu te la cavi" le dico mentre mi tengo per non perdere l'equilibrio. "Come fai? Non hai mai guidato così!"

Clod mi guarda e tira su un lungo respiro con il naso, sembra un toro imbufalito. "Penso ad Aurora, il mio pesce, e soprattutto a Tramonto, il mio gatto, visto che quella stronza di Alis dice che me lo sono mangiato! Dedico a loro questa corsa."

E con quest'ultima frase accelera di più e imbocchiamo a tutta vlocità l'Aurelia superando Alis che ci guarda e ride sbalordita.

Poco più tardi. Verso Fregene, tra i campi verdi e bui dell'Aurelia più sperduta.

"Ehi, ma dove siamo? Come mai siamo arrivate fino a qui?"

"Le Palme..."

"E che è, una benedizione?"

"Dai, a parte gli scherzi, cos'è?"

"Un circolo."

"Alis, ci vuoi spiegare qualcosa di più?"

Ma lei è tranquilla. Tira fuori dalla borsa delle sigarette e se ne accende una. In realtà non le piace così tanto fumare. Lo fa apposta quando deve atteggiarsi o dire qualcosa di importante. Poi guarda me.

"Che ore sono?"

"Quasi le sei."

Alis butta per terra la sigaretta che ha appena acceso e la spegne con il piede. "Andiamo! "

La seguiamo senza capire dove stiamo andando. Clod e io ci guardiamo per un attimo. "Boh..." Faccio piano, Clod scuote la testa. "È matta."

"Ecco, venite, passate di qui!" Attraversiamo un corridoio lungo il circolo e ci ritroviamo di fronte a un grande campo da calcio.

"Sediamoci lì."

Non facciamo in tempo a prendere posto sulla platea che da sotto una specie di tunnel escono dei giocatori di pallone.

"Eccolo... Eccolo è lui! "

Alis si alza in piedi e salta ondeggiando le braccia, euforica.

"Dodo, Dodo! Siamo qui! Qui! " Che poi fa ridere che se uno guarda sugli spalti non c'è assolutamente nessuno, quindi non possiamo che essere noi quelle che lo stanno chiamando.

Dodo si stacca dal gruppo e si avvicina.

"Shhh" sorride mettendosi il dito davanti alla bocca. "Vi ho viste!" Poi si avvicina alla rete. "Che bella sorpresa... Sono contento che siete venute. Dopo vi faccio conoscere gli altri della mia squadra. Magari andiamo a mangiare una pizza...". Guardo Alis e poi Clod.

"Io non so se posso, però.."

Alis alza le spalle.

"Ma quanto sei noiosa."

Resto in silenzio, ma mi fa arrabbiare quando dice così, sa benissimo come è fatto mio padre.

Dodo mi guarda. Piega la testa di lato. "Che sei ancora arrabbiata per l'altra sera?"

"No, no..." guardo Alis e Clod per cercare di minimizzare il tutto. Fiiiii. Si sente un fischio. Dodo si gira: "Scusate devo andare. Stanno cominciando".

E raggiunge il centro del campo. "Ma dai, hanno pure l'arbitro."

Alis mi guarda di traverso. "Ma perché... che è successo l'altra sera?

"Ma no, niente."

"Niente no, se no non ti avrebbe chiesto se eri ancora arrabbiata."

"Ma niente."

"Racconta!"

Sbuffo. Ormai non posso più tirarmi indietro. "Bè, ero andata da Ciòccolati e mi ha accompagnato a casa e poi sotto casa..."

"Poi sotto casa..."

"Mi ha chiesto..."

"Ti ha chiesto?" Alis non ci vede più.

"Mi ha chiesto di uscire e io gli ho detto di no. Mia madre non voleva."

"Capirai, e si preoccupa pure che la scocciata sei tu..."

Alis si mette a guardare la partita. Clod mi guarda e storce la bocca in maniera divertita, come a dire "lo sai, lei è fatta così". Poi Alis si accende un'altra sigaretta e all'improvviso mi guarda.

"Mi sa che non me la racconti giusta, vero?"

"Ma no, Alis! " Mi metto a ridere sperando che tutto questo la confonda e nasconda per bene la verità. "Te lo assicuro... è andata così."

"Se mi hai detto una cazzata..."

"Ma è così, perché dovrei? E poi è una gara, no? E allora... Ancora mica hai vinto tu."

"Se ci diciamo cazzate tra di noi è come negare tutta l'amicizia che c'è stata."

E riprende a guardare verso il campo. Hanno iniziato a giocare. E lei fa un tifo sfrenato. Si alza in piedi e urla: "Vai Dodo... vai, sei fortissimo! Sei tutti noi!". Anche noi ci alziamo. "Sì, vai Dodo! Dodo! Dodo!" E alla fine intoniamo pure una specie di coretto. Segna per noi Dodo Giuliani! " E ci abbracciamo e quasi cadiamo dagli spalti e ci sentiamo amiche... e ridiamo un sacco e... siamo amiche! E sono proprio felice di averle detto una cavolata.

Clod non ha resistito e si è presa una busta di Smarties.

"Ehi, ma perché li guardi, li scegli e poi alcuni li ributti dentro?"

"Perché a me piacciono quelli di cioccolato! "

"Ma sono tutti di cioccolato..."

"Quelli marroni sono più di cioccolato." Clod e le sue fissazioni. Tutte sul mangiare. La lascio perdere.

I giocatori hanno finito.

"Stanno andando negli spogliatoi." Alis li guarda con la coda dell'occhio. Aspetta che l'ultimo sparisca. "Venite con me!" Ci tira a tutte e due per le braccia. A Clod sfugge la busta degli Smarties.

"Nooo! Me li hai fatti cadere."

"Te li ricompro, andiamo! E poi l'ho visto, ti erano rimasti solo quelli gialli."

"No, anche quelli blu che sono buoni!"

"E dai venite." Ci tira e ci spinge. Ci fa fare uno strano percorso. Praticamente giriamo intorno alla casetta del circolo e finiamo dietro dove c'è un campo pieno di verde, di alberi e cespugli.

"Ehi, ma qui è aperta campagna."

"Ho paura..."

"Shhh! Ma paura di che?"

"Degli animali."

"Non ci sono animali! Tranne te! "

Clod sbuffa. Avanziamo in mezzo all'erba alta.

"Ecco guardate..."

Ci appiattiamo sul bordo di una piccola collina. Poco sotto di noi ci sono delle finestrelle, strette e lunghe, messe in alto sopra la costruzione dietro il campo.

"Eccoli... Eccoli."

Arrivano. Vedo entrare i giocatori e poi Dodo.

"Nooo. Ma sono gli spogliatoi."

"Sì." Alis sorride tutta soddisfatta. "E loro si stanno per spogliare. "

Guardo Alis sorpresa.

"Come facevi a saperlo?"

"Mia madre viene in questo circolo. Quello lì a sinistra è lo spogliatoio femminile. D'estate sono venuta anch'io, hanno la piscina.

Rimango a guardarla. Non so se mi sta dicendo una bugia. E sinceramente non me ne importa più di tanto.

"Ecco guardate..." Alcuni hanno solo gli slip. Altri non hanno addosso più nulla. Si mettono sotto la doccia, si insaponano. Ridono, scherzano, ma non sentiamo quello che dicono, solo frasi spezzate in quel silenzio notturno, che non riescono a uscire da quelle finestrelle, che inciampano nei suoni delle panche, delle borse da calcio sbattute.

E piano piano si spogliano tutti sotto i nostri occhi.

"Guarda... Guarda quello lì che fisico..."

"E quello?" Alis indica un altro. È nudo e ha le mani lì. "Avete visto che coso?"

"Alis!"

"Ma ce l'ha pazzesco! "

"Ho capito ma..."

"Shhh."

E rimaniamo così, in silenzio, a guardare quelle fisicità. E li sentiamo ridere da lontano e parlare, ma i nostri occhi sono come rapiti. Guardo in basso, tra le loro gambe. E un po'"arrossisco e un po'"non vorrei guardare e un po'"sì. E mi sento strana. E ho caldo. Ma fa caldo? Boh, forse no...

Clod ci guarda preoccupata. "Io so solo una cosa... Secondo me sarà dolorosissimo..."

"Sì... Quando sarà!"

Poi all'improvviso...

"Ehi voi! Che ci fate lì!"

Una voce, quasi un urlo nella notte. La sagoma di un uomo a duecento metri. E" nera e tutto intorno c'è come un contorno di luce. Alis si alza per prima.

"Via via, scappiamo! " e corre in avanti giù per la collinetta, nella campagna verde e buia. La seguo e subito dietro di noi arriva anche Clod.

"Ehi aspettatemi!" E corriamo veloci con il cuore in gola, a perdifiato, in quell'erba alta, in mezzo ai cespugli più bui. Alis è vicino a me, l'ho raggiunta. Clod è dietro di noi che arranca.

"Non ce la faccio. Mi viene da vomitare,"

"Non parlare! Corri!"

Dietro il guardiano, sì, insomma, quel signore, ci sta inseguendo. Ma è ancora bello lontano. Arrivati in fondo alla collina c'è una rete.

"No... Non ci voleva."

"Ecco guarda!"

All'angolo c'è una specie di casetta bassa piena di attrezzi da giardino e lì vicino un muretto. Alis ci si arrampica subito. Sale sul muretto, poi sul tetto. Poi infila le mani nella rete e alzando la gamba riesce a scavalcarlo, poi salta giù. Faccio lo stesso e in un attimo sono anch'io dall'altra parte.

"Certo che serve la ginnastica artistica, eh?"

"Sì, per fughe come queste! "

E alla fine ecco che arriva Clod, poco più lontano dietro di lei il guardiano. Arriva trafelata, con la lingua di fuori e le guance tutte rosse.

"Ma siete già passate? Io non ce la farò mai." Sale sul muretto lentamente con grande fatica e alla fine arriva in cima.

"E ora?"

"Ora metti la gamba lassù e scavalchi." Fa due salti ma non riesce proprio ad arrivarci, neanche minimamente. Il custode ormai sta arrivando. Noi guardiamo lei, poi lui, poi di nuovo lei.

Alis non ha dubbi. "Dobbiamo andare!"

"No! " Clod è disperata. "Ma come... Mi lasciate qui? Io, la vostra amica."

Sì e tutti i tuoi Smarties vorrei dirle. Invece mi viene un'altra idea.

"Buttati giù, magari non ti vede."

E corriamo via lungo la strada che costeggia la rete. Il custode cambia direzione. Ci insegue correndo parallelamente a noi.

"Fermatevi! Fermatevi! Voglio i vostri nomi." E anziano e quasi boccheggia. Noi corriamo veloci verso le macchinette. Oddio, speriamo che non gli prenda un colpo. E soprattutto che non scopra Clod! Poi arriviamo al posteggio.

"Dai dai, apri!" Alis infila la chiave. Il custode sta raggiungendo l'uscita. Finalmente Alis apre lo sportello. Salgo vicino a lei. Infila la chiave. Il custode è uscito dal cancello. Alis accende la macchinetta e con un colpo dell'acceleratore saltiamo in avanti e partiamo a tutto gas con i fari spenti.

"Vai vai, corri!"

Guardo nello specchietto. Il custode fa ancora qualche passo correndo nella strada bianca alle nostre spalle. Poi si ferma. Viene avvolto da una nube di polvere sparendo così nella notte.

Alis fa un sospiro.

"Fiuuuu... Ce la siamo vista brutta..."

"Eh già! Povera Clod chissà come se la caverà..."

Alis mi guarda, poi alza le spalle. "Figurati, una come lei se la cava sempre. "

"Dici?"

"È storia..."

Mi fingo convinta, ma non lo sono poi tanto. E anche vero che non c'erano altre soluzioni.

Poco più tardi. Sono nel letto quando mi arriva un messaggio. È Clod.

"Tutto ok, sono riuscita a fuggire ora. Ho dovuto aspettare la chiusura del circolo. Grazie amiche, eh!"

Nei giorni seguenti siamo riuscite a fare pace. Abbiamo solo dovuto offrirle qualche merenda a piacere per una settimana. Neanche a dirlo, ha pagato Alis. D'altronde è lei che ci ha coinvolte nella "mission" più che "impossible"... "erotica"!

Ho passato tre giorni stupendi. Mi sono divertita troppo. Mamma mi ha dato il permesso di dormire da Rusty. Sono stata fuori, seduta su una sdraietta, a guardare il fiume che scorreva sotto la luna. Cè silenzio lì. Non si sente nulla, neanche le macchine che passano sopra di noi sul Lungotevere. Rusty mi ha messo un fungo, uno di quei così caldi con la cupola sopra, hanno come del fuoco dentro e non ti fanno sentire freddo. L'ha acceso e me l'ha messo vicino. E poi ha iniziato a camminare davanti a me con dei fogli in mano.

"Ehi... Sei pronta? Sei la prima alla quale lo leggo... "Un giorno come tanti, ma non più da quel momento. Mai più, da quando si incontrarono..."

Mi guarda, sorride. E" il suo romanzo.

"Mi piace! Vai avanti..."

"Lui un ragazzo chiuso, duro, dai capelli lunghi, le mani segnate dal lavoro faticoso di ogni giorno..." e continua a leggere camminando lentamente, mettendo passione nelle parole, muovendo la mano destra come se tenesse il tempo. E io lo guardo e mi piace questa storia. Me l'aveva già raccontata ma non mi aveva letto niente. E" una storia d'amore. E io ascolto. "E le piaceva quella ragazza, magra, quasi ossuta ma con uno sguardo pieno di fame, di curiosità..." Già mi è simpatica questa ragazza e un po'"me la immagino attraverso le sue parole, ma poi lentamente sotto quel fungo caldo mi addormento. Sento solo la voce di Rusty lontana che continua a leggere. "E il loro sguardo fu così intenso che... Caro! "Apro gli occhi, quasi d'istinto, forse per aver sentito il mio nome, come quelle sensazioni strane che ti capitano quando ti senti spialo. "Ma ti sei addormentata..."

"Oh scusa... Ma era bellissimo..."

"Sì, sì bellissimo e dormi... dai, vieni con me" e posa il suo romanzo su un tavolino. Ci mette un libro sopra anche se non c'è vento e non faccio in tempo ad alzarmi che mi prende da sotto e mi solleva. Mi porta via e gli stringo forte il collo con tutte e due le braccia.

"Non ti vendicare... Non mi far cadere nel fiume."

E Rusty ride. "E certo: ci vorrebbe! Vedi poi come ti svegli."

E lo stringo forte. E mi sorride, non si è arrabbiato. Lui è fatto così. E mi sento amata.

"E" che sono un po'"stanca... Però lo voglio leggere il tuo romanzo."

"Sì, sì, c'è tempo... Lo devo ancora correggere e poi lo spedirò alle case editrici. Per questo volevo sentire cosa ne pensavi."

"Le donne piangeranno e poi sorrideranno."

"Cioè?"

"Piangeranno leggendolo perché si commuoveranno e sorrideranno conoscendoti perché cercheranno di uscire con te!"

"Sciocca..." E mi lancia sul letto e mi copre con il piumino. E me lo metto tutto sopra e mi ci infilo dentro e per fortuna i denti li ho già lavati.

"Rusty..."

"Sì?"'

"Sul serio, lo voglio leggere." Un ultimo sorriso.

""Notte Caro. Dormi bene."

Mi spegne la luce e io mi rigiro dall'altra parte. E anche se sto sul fiume non ho paura. Anzi. Sento scorrere l'acqua lenta sotto di me. E mi piace. E mi addormento profondamente.

Il giorno dopo sono stata dai nonni. Nonno Tom mi ha spiegato alcune cose sulla fotografia. Abbiamo fatto delle foto e le abbiamo anche stampate.

"Ti piacciono, nonna Luci? Guarda che belle... Indovina quale ho fatto io e quale nonno Tom?"

Si è messa a ridere.

"Questa l'hai fatta tu..."

"No, sbagliato! La mia è quella con i fiori." E sono corsa via.

Quando sono ripassata in cucina l'ho vista triste, in silenzio, ma lei non si è accorta che la stavo guardando. Stava piangendo. Allora senza farmi sentire sono uscita piano dalla stanza. Poi mi sono fermata sulla porta e ho guardato un'ultima volta indietro. L'ho vista nel vetro, riflessa, mi guardava. E per un attimo i nostri occhi si sono incontrati. Si è sentita come scoperta. Allora sono scappata via.

Più tardi a cena mi ha sorriso.

"Nonna, mi hai fatto la carne che mi piace tanto, la cotoletta con sopra il pomodoro. "

"Sì, anche se non piace a nonno."

Lo ha guardato con quegli occhi, non so come dire, e quel sorriso poi, sì, che parlavano d'amore. O che almeno a me così sembra. Nonno ha fatto finta di arrabbiarsi.

"E cosa ci si può aspettare da voi due... Io me ne vado di là a lavarmi le mani."

Ed è uscito così dalla cucina e nonna è diventata seria e mi ha guardato con un sorriso dolce, leggermente triste, forse un po'"preoccupato.

"Non dirai nulla, vero? Quello deve essere il nostro segreto."

E io mi verso da bere senza guardarla e poi bevo tutto d'un fiato e con il bicchiere in bocca faccio cenno di sì con la testa. E lei sorride. In realtà non avevo sete ma se avessi dovuto parlare e dirlo a voce già so che sarei scoppiata a piangere. Poi torna nonno. "Allora, cosa si mangia? O avete già spolverato tutto?" e si siede a capotavola tra di noi e mi afferra la mia mano con la sua che è grande e fresca, appena lavata.

"Mostro, sei un mostro, ma sei così bella che te la mangio questa! " E prova a mordermi la mano e mettersela tutta in bocca. E io cerco di sfuggirgli ma mi fa così ridere. Anche nonna è di buonumore e alla fine mi dimentico perno il nostro segreto.

Meno due! Domani sera c'è la mitica festa della Borzilli al Supper. Iniziamo i preparativi a casa.

"Mamma, domani ci ha invitato Alis a dormire a casa sua."

"Ma chi siete?"

"Clod, io e Alis."

"E basta?" Alza il sopracciglio leggermente dubbiosa.

"E certo, vuoi chiamarla? Poi c'è la madre, naturalmente."

Mamma scuote la testa. "E" tutta scombinata quella famiglia."

"Ma Alis no, Alis è una mia amica, Alis non c'entra niente con i casini dei genitori."

"Caro! Piantala, non mi piace quando parli così... Sembra che

te fai parte di quella famiglia. Che, sei stata adottata?" Mi ridimensiono. "No, no, scusa mamma." "Ok. Parlo con tuo padre. Per me puoi andare." "Sì, ma convinci anche lui. Se no, a che serve! E dai che se vuoi..."

Me l'abbraccio e la stringo tutta. Mamma all'inizio alza le braccia. E come se si fosse arresa. Poi le lascia cadere giù. E mi abbraccia.

"Sei terribile. Vai a scuola se no fai tardi e poi sul serio non vai da nessuna parte."

"Sì, sì, certo." Scappo via, non me lo faccio ripetere due volte. E faccio sul serio quella preoccupata di fare tardi.

Cioè sembro la Raffaelli, una di quelle che non vive che per la scuola, che ama proprio studiare e non se ne vergogna! E lo faccio così bene che mi merito un Oscar come attrice. E invece.. quando torno da scuola, vinco il permesso.

"Sì, ha detto papà che ci puoi andare!"

Grande mamma. L'abbraccio ancora di più. "Ehi... ferma, ferma, così mi fai cadere! Che è tutta questa felicità? Mi devo preoccupare?"

Già, è vero. Sono stata stupida. Mi ricompongo.

"No, è che sono felice che tu sai capire quanto ci tengo all'amicizia con... Alis e Clod..." Mamma mi guarda. "Quando avevo la tua età avevo un'amica, Simona, un giorno così di botto non mi volle più vedere. "

"Forse eri troppo bella per lei." Sorride e piega la testa.

"Non sto scherzando. Allora l'ho cercata e ho chiesto spiegazioni. Se avevo fatto qualcosa di male. E lei mi ha detto semplicemente: no, no, ti sbagli. Forse ho avuto un po'"da fare. Ma da quel giorno comunque non mi ha mai più chiamato."

La guardo perplessa. "Cosa vuoi dire, mamma?"

"Che per me Simona era la mia amica del cuore. Per lei invece io non ero nulla, solo che non l'avevo capito."

"Sì mamma, ma Alis, Clod e io ce o siamo dette, ci raccontiamo tutto, siamo proprio unite è diverso... Solo che non sei con noi... Tu non puoi capire, "

"Ah certo, io non posso mai capire. Sai cosa mi diceva sempre mia mamma? "A volte devi sbattere contro un vetro per capire che c'è.'"

"Si vede che nonna non vedeva un tubo... Io ci vedo benissimo. "

E fuggo via.

"Chiamami quando sei arrivata."

"Sì, mamma." Scendo veloce le scale e come da piano stabilito Clod è fuori dal cancello. "Ciauuu!!!"

Monto sulla macchina, ma prima saluto mamma che naturalmente si è affacciata alla finestra.

"Andiamo. Vai Clod, vai! "

Parte a tutta velocità.

"Non così forte che c'è mamma affacciata! "

"E prima forte... E poi no... Ma insomma con voi non ci si capisce mai niente!"

"Che hai? Ti rode?"

"Io?"

"E chi se no?"

"Ma che, non ho niente."

"Non è vero!"

"Ok, potevo andare con Aldo, ci siamo sentiti e poteva venire anche lui, è stato invitato!"

"Sul serio? E come mai la conosce?"

"Boh, un'amica di un suo amico. Ci sarà un sacco di gente stasera..."

"Bè meglio. Lo vedi lì."

"E già... l'unica volta che si può combinare qualcosa che ci vediamo fuori dalla palestra... Lo vedo lì! E se poi non lo trovo?"

"Ma quanto rompi... Meglio. Ti fai desiderare!"

"E se poi non mi desidera?"

"Se già parti così, allora sei finita... Non va proprio."

Clod alza le spalle. "Se lo dici tu..."

"Fidati! " La guardo, è un po'"sconsolata. Cerco di cambiare discorso.

"Ehi, hai portato la roba?" Detta così sembra qui film dovi tutti sparano, corrono, fuggono, hanno dei fisici pazzeschi, sono di colore e di mezzo c'è la droga.

"Sì, sì, sta qua dietro..." Mi giro. Dentro le buste Catenella ci sono tutti i nostri super vestiti! I top di paillette, le gonne corte, gli stivali con la calza attaccata.

"Uaoooo! Sarà una serata fichissima."

Clod mi guarda e in un attimo ritrova il sorriso. "Sì, sarà pazzesca!"

Dopo neanche un minuto siamo da Alis. Ci apre la porta e ci salta addosso gridando. "Uaoo! Eccovi e meno male! Forza che cominciano i preparativi ! "

Ci tira dentro e ci trascina con lei. Sulla porta del corridoio compare la madre.

"Alis non correre così, che rompi qualcosa! "

"Mamma ma quanto rompi, avevi detto che ci lasciavi sole."

Alis accompagna la madre alla porta del salotto dove c'è una sua amica che l'aspetta. Quasi la spinge fuori dalla "sua" casa.

"S, sì, ora esco... Ma non rovinare le cose di casa..."

"Ma che ti importa! Si ricomprano. Invece portami una bella sorpresa che ancora non abbiamo fatto pace! "

E così dicendo le sbatte tutte e due fuori di casa e chiude la porta. La sua amica scuote la testa.

"E" sempre così tua figlia?"

"Pensa che è migliorata! " Un attimo dopo Alis si fionda in salotto e mette i Tokio Hotel. "Vai! " Balla come una pazza, saltando sui divani, passandoci davanti, scompigliando sia me che Clod.

"Stasera sarà da sballo! Venite, andiamo di là."

Una camera enorme fatta di tutti gli specchi possibili riuniti. Ci proviamo i vestiti, uno, due e poi ne proviamo altri, i più diversi. "Vedrai che questo ti sta benissimo!"

Alis ne ha molti di più e ha preso a sorpresa anche altre cose per noi. Cioè, non è una sfilata, di più. Un cameriere impeccabile compare in punta di piedi.

"Signorina, le ho preparato te verde, tisana e cioccolato."

"Lascia lì e sparisci." Vede che la guardo male. Allora corregge la sua frase. "Per favore."

E proviamo anche a truccarci, mettendo ogni tipo di colore e rossetto e trucco sugli occhi. "Questo... Questo più scuro! Prova questa matita, questa blu."

"Questa argentata mi sta benissimo."

Alis si avvicina. "E vero... Sfuma qui sopra. Ancora di più..."

Poi mi guardo riflessa nello specchio.

"Ci metterei il celeste e poi l'azzurro e poi il bianco a sfumare..."

"Ma sembri una pazza! "

"Appunto!"

Alis alza la musica e continuiamo così, ridendo, spingendoci, truccandoci, ballando, insomma tre vere pazze.

Ore otto. Siamo pronte.

"Siamo fìchissime! "

Non è lo stesso pensiero del portiere che, vedendoci uscire, si mette la mano sulla fronte.

"A bello! Siamo le meglio! " Alis e il suo modo di fare. Almeno scherza, ride e non lo tratta male.

Scendiamo giù alle macchinette. Clod è veramente buffa nel suo vestito corto. E ha, come dire, un'eleganza simpatica!

"Che strada facciamo?"

Alis alza il sopracciglio. "Io devo andare prima da una parte. Ci vediamo lì."

"Ma lì dove? E se non ci fanno entrare?"

"Ma dai, siete sulla lista. E" in centro, vicino al cinema Barberini: scendendo giù, sulla destra... Supper, lo sanno tutti!"

E sparisce dentro la sua macchinetta rosa super accessoriata Hello Kitty, e parte quasi sgommando.

"Chissà dove va."

"Boh... ha sempre qualche strana sorpresa..."

Clod è più dura. "Per me è fuori di testa."

"Per me è Alis e basta."

"Sì, dai, va bè" me la da vinta. "Cerchiamo sto Supper."

Giù per la discesa da piazza Barberini.

"Devi andare di là."

"Ma no, Alis ha detto a destra."

Clod si ferma.

"Ma che fai?"

"Chiedo..."

"A un marocchino?"

"Eh, scusi? Sa dov'è il Supper?"

Il marocchino si avvicina alla macchina. "Il che?"

"Hai visto," alzo le spalle, "che ti dicevo."

Clod insiste. "Il Supper."

"Ah scusa, non avere capito prima! Bellissimo locale, seconda strada a destra e poi sei arrivata! "

"Grazie!"

Il marocchino si allontana. Clod mi guarda soddisfatta. "Hai visto? "

"Sì, ma era a destra!"

Troviamo il posteggio, poi il locale, i nomi sulla lista e in un attimo siamo dentro.

Non ci credo! Ci sono tutti i Topi... E Cudini con l'amico suo.

"Ciao! " Mi passa uno vicino. E" Matt.

"Ciao" lo saluto freddamente.

"Sei arrabbiata?"

"Io? E perché?"

"Bè, per quella sera alla festa quando siamo saliti su... e non ti avevo detto della ragazza."

"Ma figurati... perché dovrei essere arrabbiata? No. Scusa vado a salutare i miei amici. Eccoli! Sono l! Vieni Clod" e così mi sfilo e ci allontaniamo da lui.

Clod guarda in mezzo alla gente.

"Ma chi hai visto, Caro?"

"Nessuno, è che non mi andava di stare lì."

Poi li vedo sul serio.

"Guarda. Gibbo e Filo!"

"Ciao ragazzi! " Li raggiungiamo. Stanno attaccati al dj. Gibbo ha delle cuffie enormi. Mi fa l'occhiolino e ride. Filo prende il microfono, abbassa la musica, entra sul pezzo e si mette a cantare When did your heart go missing? dei Rooney.

Clod e io ci guardiamo.

"Ammazza, ma canta benissimo..."

"Sì, da sempre!"

Filo poi reppa e dice alcune cose sulla serata. E noi cominciamo a ballare come delle pazze, saltiamo, ci spingiamo, ci abbracciamo. Poi all'improvviso Clod si blocca.

"Che c'è?"

"C'è Aldo..." Aldo sì, eccolo lì. Cammina in mezzo alla gente trascinato da una ragazza che lo porta per mano tirandoselo dietro.

"Ma sta con una?" Clod non risponde alla mia domanda, scende al volo dal palchetto del dj e va in mezzo alla pista. Si mette a ballare tra le persone. E proprio in mezzo alla sua traiettoria e infatti viene superata dalla ragazza che si porta dietro Aldo. Appena lei è passata, balla apposta davanti a lui per farsi notare. Aldo la vede e la saluta, "Ciao! "

"Ah, ciao" tutta seria e fìnta sorridente. "Sei già qui?"

"Già, hai visto quanta gente?"

"Sì." La ragazza è tornata indietro. "Ah... lei è Serena e lei è Claudia."

Poi rivolto a Clod "Sai che anche lei sa fare le imitazioni? Ti piacerebbe un sacco!".

Clod si gira lasciandolo in un angolo.

"Ma Claudia..." Aldo allarga le braccia. La ragazza lo riprende per mano e se lo trascina via.

Clod mi raggiunge e comincia a ballare con gli occhi stretti stretti e i denti che quasi digrigna talmente è arrabbiata.

"Che succede?"

"Che è uno stronzo! "

"Ah ecco, certo."

Come se improvvisamente fosse tutto chiarissimo. E proprio in quel momento la vedo.

"Guarda, c'è Alis."

Cammina in mezzo alla gente a testa alta. Sorride, saluta, fa ciao ciao con la mano, bacia qualcuno. E dietro di lei... non ci posso credere: Dodo Giuliani! Ecco la sorpresa. Poi ci vede, scuote la testa sorridendo come a dire: "Non ve l'aspettavate eh? Avete visto chi vi ho portato?".

E incomincia a ballare davanti a lui. Dodo la guarda, non si è accorto di noi. Le dice qualcosa all'orecchio. Lei ride, butta la testa all'indietro. Ride ancora più forte come a far capire a noi, a tutti, a chiunque avesse qualche dubbio che quello che lui le ha detto all'orecchio era un complimento pazzesco. Ora Alis balla più convinta, si muove intorno a lui, gli si avvicina, gli si struscia addosso e alla fine la sua bocca è davanti alla sua, vicina, troppo vicina. Lo guarda negli occhi, sorride, si muove lentamente. Alis tiene sempre la bocca semiaperta, con i suoi denti perfetti, il suo sorriso leggero. Dodo non può resisterle, è chiaro, e infatti la bacia. Parte una musica nuova come se fosse un'esplosione. Alis si stacca da lui e balla e alza le mani al cielo e ci guarda. E sorride e grida "Yeah!" e alza le due dita, indice e medio della sinistra, a forma di V, vittoria. Clod e io ci guardiamo.

"Sì, ha vinto..."

Faccio fìnta di essere dispiaciuta, anche se solo io so bene come sarebbero potute andare le cose con quel Giuliani. Clod mi sembra più dispiaciuta. Cerco di consolarla.

"Bè dai... Alis in effetti è stata più brava."

"Ma che me ne frega! A me quel Dodo lì non mi piace per niente. Sì, sì, è bello ma inutile. A me piace Aldo! "

Cioè, ma questa è una storia pazzesca, alla fine Alis ci si è messa ed è tutta felice perché ha vinto lei... e noi siamo tutte felici perché ci ha salvato.

"Ehi... Ma ad Aldo magari non gliene frega niente di quella specie di carrarmato." Guardiamo tutte e due nella stessa direzione. Aldo è seduto in un angolo che beve un succo e lei gli balla davanti che sembra un'odalisca grassa.

"Oh Clod... A me lui sembra annoiato! "

"E a me lei sembra una cicciona! "

"Ehi ragazze, tenete."

Ci passano al volo due barattoli di Nutella.

"Che succede?"

"Come? Non lo sai? Inizia il Tuca Tuca sweet! "

"Cioè?" Cerchiamo di capire meglio ma la tipa in divisa Super cowgirl, con tanto di barattoli di Nutella appesi a uno strano cinturone doppio, sparisce in mezzo alla gente.

"Ma a che servono questi così?"

Clod sorride. "Boh! Comunque si mangia!"

Proprio in quel momento parte il pezzo di Tiziano Ferro.

"Raffaella canta a casa mia, e Raffaella è mia, mia, mia. Mia.

Solo mia. E Raffaella..." E tutti ballano come pazzi mentre negli schermi va il suo video.

"Pronti ragazzi, scegliete il partner!"

Un sacco di coppie si formano al volo. E subito il dj mixa perfettamente ed entra con il pezzo di Raffa: Si chiama uhm... tuca tuca tuca! L'ho inventato io...".

Ragazzi e ragazze hanno dei grossi cucchiai di plastica e cominciano a spalmare della Nutella addosso a chi gli sta davanti. Sulle gambe, sul collo, sulle braccia, sulla pancia, dovunque si possa insomma mettere e poi, subito dopo, a tempo di musica cominciano a leccare e a mordere, insomma a riprendersi quella Nutella.

"Ma che schifo!"

"Che bello!"

"Ma così si ingrassa! "

Insomma in un attimo scoppia una guerra al cioccolato. Dopo pochi secondi sempre a tempo di Tuca Tuca tutti spargono la Nutella su tutti, e tutti si prendono a morsi e leccate. E" una specie di incredibile girone dantesco dei golosi. E in mezzo a questo strano Tuca Tuca sweet compare lei.

"Eh Clod, Caro! Ho vinto... avete visto?"

"Sì, sei fortissima! "

Alis scompare in fondo alla pista dove si trova Dodo, Clod vede Aldo da solo e lo raggiunge. Il dj mixa di nuovo e io inizio a ballare Happy Ending di Mika. Tengo gli occhi chiusi e allargo le braccia e giro su me stessa, capelli al vento, tenendo la musica e tutti hanno paura e nessuno si avvicina. E mi metto a ridere da sola, dentro di me, e anche se non ho nessuno che mi vuole spalmare di Nutella, mi sento stranamente felice. Poi apro gli occhi. Anche qui sul soffitto del Super ci sono le stelle.

"E" stata una festa fichissima!"

Clod mi prende sottobraccio all'uscita del locale. La gente scivola via facendo casino, alcuni a braccetto, altri prendendo a calci una lattina mimando una partita di calcio. "Sì... A parte che sono una cioccolata vivente! Uno ha iniziato a spalmarmi mentre ballavo e poi mi voleva leccare il braccio ! Mi sono così incavolata che a momenti lo prendevo a calci! "

"Ma non eri nello spirito! E si vedeva..."

"Perché tu? Aldo ti ha rovinato la serata..."

"Ma che, per niente, poi abbiamo parlato. Comunque ho capito tu che cosa hai, Caro ti dispiace per Dodo e Alis."

"A me? Ma cosa dici... Eccoli!"

Proprio in quel momento ci corrono vicino mano nella mano.

"Ciao, ci vediamo a casa! "

E spariscono dietro l'angolo.

"Che matti! Ma figurati! Sono felice per lei."

"Già..."

"Che c'hai Clod?"

"Niente!"

"Ti vedo strana."

"Ti ho detto niente."

"Ma come, mi hai detto che hai chiarito con Aldo."

"Sì, infatti..."

"E allora?"

"Uffa, niente..." rimane così in silenzio no a quando arriviamo alla macchinetta. Poi si ferma. Mi guardo in giro.

"Ehi, ma la tua non c'è più! Te l'hanno portata via o peggio te l'hanno rubata! Ecco perché stavi così. Te lo sentivi! Ma ti rendi conto, Clod, tu hai dei poteri! " La scuoto per le spalle. "Hai capito, lo sentivi... Tu sei... una medium!"

Clod mi guarda sconsolata.

"Ma che, l'ho prestata ad Aldo."

"Ad Aldo?!"

"Sì, per accompagnare la tipa che stava con lui."

"Allora non hai dei poteri speciali, sei proprio pazza! "

"Senti, eh, non mi dire così! La macchinetta è mia e la posso prestare a chi voglio! Mi sembri mia madre! "

"Ma tua madre almeno c'ha la macchina sua! Noi avevamo solo quella. E ora?"

"Ora aspettiamo. Tornerà."

"Ma quando? Chiamalo un po'"sul telefonino."

"Già fatto. E" staccato."

"Riprova!"

"E" un'ora che provo."

"Ma allora è lui che ha dei poteri, è super... deficiente! "

Inizio a camminare.

"Dove vai?"

"Verso casa di Alis."

"E mi lasci qui?"

"Tu mi hai lasciato qui! Io me ne vado a casa."

"Aspettami!" Mi raggiunge correndo mezza storta sui tacchi alti. "Proprio stasera dovevo mettermi questi!"

La guardo odiandola. "Ma guarda che era tutto perfetto se non davi via la tua macchinetta."

"E" che quando me l'ha chiesta se non gliela davo ho pensato che potevo sembrare gelosa!"

"E invece ora sembri cretina!"

Camminiamo in silenzio. La sento zoppicare vicino, la guardo con la coda dell'occhio. Ha un viso sofferente. Le fanno male le scarpe. Sono stata troppo dura con lei. Mi giro, la guardo e poi sorrido.

"Scusa, Clod..."

Lei sorride. "Figurati... hai ragione."

La prendo sottobraccio. Lei mi fa l'occhiolino.

"E poi comunque lo so, Caro, sei nervosa."

"Perché?"

"Sotto sotto ti piaceva Dodo, eh? A me non scappa niente!"

Scuoto la testa e guardo verso l'alto. Niente da fare, sospiro, Clod quando si mette in testa qualcosa è quello.

"Camminiamo, và."

Più tardi. Su per piazza Venezia arranchiamo lungo la strada.

"Ma quanto manca... non ce la faccio più!" Clod è dietro di me. Ha il fiatone.

"Dai, che tra poco ci siamo! "

Passa una macchina strombazzando. Si affaccia un ragazzo dal finestrino posteriore.

"A belle! Quanto volete?"

E suonano come pazzi il clacson allontanandosi. Un'altra macchina subito dopo accosta. "Scusate."

"Sì?" fa Clod tutta ingenua.

La prendo per un braccio. "Vieni attraversiamo."

"Ma voleva un'informazione."

"Sì certo! Volevano sapere cosa sei disposta a fare!"

Tagliamo in mezzo alla strada. Senza attraversare sulle strisce, le macchine suonano, frenano. Una inchioda davanti a noi, quasi ci mette sotto. Clod e io rimaniamo senza parole. Sono il prof Leone e la prof Bellini.

"Ma Carolina... Claudia..."

Facciamo un mezzo sorriso.

"Siamo state a una festa."

Si affaccia la Bellini che ci guarda divertita. "In maschera... che bello!"

"Già. Bè, ci vediamo domani."

Mi tiro dietro Clod e finiamo di attraversare.

"Ma la Bellini è proprio rincoglionita... A una festa in maschera! "

"Bè Caro, siamo vestite un po'"strane..."

"Strane? Ma questa è moda! "

"Se lo dici tu. Carini però che escono insieme! "

"Stanno insieme!"

"No! Pazzesco! Due prof che stanno insieme! E assurdo! Mi sa che non è permesso! E comunque non l'avrei mai detto, Alis ci rimarrà malissimo."

"Perché?"

"Le piaceva il prof Leone! "

"Pure?"

"Ma sì... Perché non piaceva pure a te?"

"A me! Io ho solo detto che è un bell'uomo, un tipo simpatico...

"Ah... Comunque ogni volta che ti piace qualcuno, automaticamente non so com'è ma piace pure a lei! "

"Dai, risparmia il fiato che siamo quasi arrivate."

Riprendiamo a camminare in silenzio. Strana questa cosa. Non ci avevo mai pensato. È vero, però. Forse proprio perché siamo così amiche, abbiamo un po'"gli stessi gusti... Però mi ricordo che una volta Alis si è messa con uno che mi stava sulle balle. Era tutto pieno di borchie e andava sempre coi pantaloni strappati. Ma non è per come andava vestito che non lo sopportavo. Cioè, uno fa come gli pare. Era l'atteggiamento. Faceva la III E ed era cugino più grande di uno dei Topi. Insomma, ogni volta che mi vedeva, questo tipo che si chiama Gianni, detto Giagua perché è sardo e di cognome fa Degiu, insomma, mi prendeva sempre in giro, mi spingeva per le scale, mi tirava i capelli, mentre a Clod diceva che faceva meglio a farsi una dieta di quelle ammazzaciccia. Oh! Ma che voleva? E Alis nulla, anzi, mi sembrava che sotto sotto lei si divertisse. Ma come faceva a uscirci insieme? Diceva perché è alternativo. Alternativo a che? Faceva tutte le scene per il corridoio a ricreazione, arrivava e la prendeva in braccio sollevandola, ma non in modo dolce, no, tipo bulldozer e Alis faceva i gridolini. Si era un po'"rimbecillita. Io queste cose non le capirò mai. So solo che per me un ragazzo ok è uno che intanto rispetta anche le mie amiche, e di certo non le prende in giro. Poi uno che se mi viene a trovare a ricreazione non fa tutte quelle scene per farsi vedere dagli amici, ma mi viene vicino e mi da un bacio solo perché gli va.

Alis mi disse pure che lui voleva fare l'amore, cioè lui ovviai m non lo definiva amore, ma sesso. Alis era un po'"incerta. Io gli dissi che secondo me era troppo presto! Aveva tredici anni! Ma che scherziamo?! Fare l'amore con uno così poi che dopo due secondi lo va a sbandierare a tutta Roma. Comunque, per quanto io mi senta molto più vicina a Clod, è Alis che sa tutte le mie cose, con lei riesco ad aprirmi di più. E con questi ultimi pensieri finalmente arriviamo a casa. Alis ci corre incontro, è già struccata e con un pigiama elegantissimo. E ti pareva.

"Ma dove siete andate! Che avete fatto? C'era un'altra festa? Non mi avete detto niente, eh? Avete rimorchiato? Comunque ho vinto! Ho vinto io!!!"

E balla sul letto, salta, lancia i cuscini in aria e fa un casino. E subito ci togliamo le scarpe e saltiamo con lei. E non dico nulla della macchinetta di Clod, di Aldo e di tutto il resto! Non dico che Dodo, prima di tutte, ci ha provato con me! Non ci penso più. Salto e rido, rido e salto. E ci abbracciamo e alla fine cadiamo giù dal letto. Ma per fortuna...

"Ahia!"

Atterriamo su Clod. Si è fatta male e non riesce a liberarsi di noi e più ci prova e più ci ingarbugliamo tutte e due sopra di lei e vi giuro che non ho mai riso così tanto.

Luci, la nonna di Carolina

Sono la nonna di Carolina. Mi chiamo Lucilla e lei mi ha soprannominata nonna Luci. Amo la mia terrazza, i fiori che al mattino mi salutano appena alzo le tapparelle e la mia tazza di te, stavolta ai fiori di bosco. Come mi piace stare qui, specie nel tardo pomeriggio, quando il cielo si tinge d'arancione e si alza quel venticello... La casa, le stanze, la cucina dove mi piace stare per preparare qualcosa di buono. I quadri alle pareti, le foto mie e di Tom, il mio Tom. Insomma, le mie abitudini, i miei punti di riferimento. Quando si diventa anziani, o maturi o gente della quarta età come amano dire oggi, tanto la sostanza non cambia. E" bello guardarsi intorno e sentirsi a nostro agio in mezzo a quel che conosciamo meglio. Così è più piacevole ricordare la vita e tutte le cose che ci ha regalato. In particolare l'amore, quello vero. E io sono stata fortunata perché l'ho trovato. Ora mi diverto molto con la mia nipotina preferita, Carolina, che mi fa ricordare tutta la mia gioventù, ma non mi viene a trovare abbastanza spesso. La vorrei sempre qui. Ma la capisco: è giovane, è in quell'età delle novità, delle scoperte in cui il tempo e lo spazio non bastano mai. E divertente, simpatica, davvero intelligente. E poi mi ascolta, curiosa, e quando si hanno i capelli bianchi come me è importante, fa piacere. Anche se a volte mi sembra di annoiarla e allora le dico "Vai, su, esci con le tue amiche, ti divertirai molto di più che a sentire queste vecchie storie". Ma lei no, rimane, almeno finché non arriva l'ora di tornare a casa sua, altrimenti suo padre chi lo sente? Mi spiace un po'"de lui abbia un carattere scontroso e diffidente, credo che Carolina ci soffra un po'"e pure Giovanni, anzi, Rusty James come lo chiama lei. Sono molto sensibili tutti e due e sento che hanno bisogno di parlare, di raccontarsi semplicemente, come si fa quando ci si sente a proprio agio e non ci sembra di dire sciocchezze. Ma a volte con un padre un po'"sbrigativo ci si vergogna e si tende a dire solo quello che lui vuole sentirsi dire. Mia figlia è diversa, so che con lei Carolina e Giovanni hanno sempre parlato un po'"di più anche se non hanno la stessa confidenza che si è creata con noi nonni. Per questo sono contenta quando li vedo. Mi sento un po'"come una vice mamma. In particolare mi piace quando io e Carolina possiamo cucinare insieme. Ad esempio le focacce. A lei piacciono tanto. Cucinare insieme è un momento magico perché nel dosare gli ingredienti, nel prepararli e poi nell'attesa che segue ci si sente in sintonia. Si crea qualcosa che poi mangeremo insieme. Bellissimo. Trecento grammi di farina, una bustina di lievito secco, un po'"di rosmarino e olio. E Carolina inizia a mettere la farina a fontana sulla spianatoia, io aggiungo il lievito che prima ho sciolto in acqua tiepida, un pizzico di sale e lei mescola bene. Quando è il momento di dividere la pasta in quattro parti e tirarla, Carolina passa il testimone a me perché dice che non ci riesce bene. Allora io ungo la pasta con dell'olio e ci metto sopra il rosmarino e un pizzico di sale. E poi la cottura. Sono buone così, senza nient'altro. Senza ripieni o condimenti vari. Un po'"come l'amore, crudo e svestito. Sì, forse sono una nonna troppo sincera e forse proprio per questo vado così d'accordo con mia nipote. Quando escono le focacce ci mettiamo a mangiarle tutti insieme, magari anche con Giovanni perché Carolina gli manda sempre un sms per avvertirlo e lui, se riesce, passa e sta con noi. Giovanni e il suo sogno di scrivere. Come vorrei che lo realizzasse, che fosse felice. A volte mi ha fatto leggere qualcosa, è davvero bravo, intenso, capace. Ma suo padre non lo capisce, vuole per lui un altro futuro più certo, più sicuro. Il medico. E lui no, ha deciso di non nascondere più la sua vera passione e di andare via. Che coraggio. Lo ammiro, ma ho anche tanta paura per lui. Non vorrei che ci restasse male. Spero che possa trasformare il suo sogno in un lavoro, se lo meriterebbe proprio. Mia nipote Alessandra invece è il piccolo interrogativo di quella casa. Io non la capisco molto. Ma le voglio comunque bene. Come dico sempre, ognuno si comporta come sa, è inutile prendersela troppo. Ognuno segue la sua strada e il suo modo di vivere e anche se a volte non ci troviamo in sintonia con qualcuno, non bisogna giudicare. Come si fa a sapere davvero come si sta nei panni degli altri? Spero quindi che anche Alessandra trovi la sua strada, così come più le piacerà. Quest'approccio è sempre stato anche quello di Tom, il mio Tom. L'amore della mia vita. La persona con cui condivido tutto, che mi comprende, mi fa ridere e sognare. Vivere con lui, alzarsi ogni mattina guardandosi negli occhi, condividere gioie e dolori, difficoltà e sorprese e la voglia di continuare anno dopo anno, sempre insieme. Sono fortunata. Amo e sono amata. E la quotidianità non ha sciupato nulla, non ha tolto magia. Il nostro amore si è trasformato nel tempo, ha saputo crescere grazie alla nostra volontà. Perché una storia funziona solo se ci sono impegno, sentimento e collaborazione. Non bastano le farfalle nello stomaco, come dice a volte Carolina. Quello è il punto di partenza. Poi bisogna voler costruire un progetto. Noi ci siamo riusciti. E auguro ai miei nipoti di poter vivere altrettanta bellezza e felicità.

Ora c'è un problema ma non ci voglio pensare. Sono fiduciosa. Voglio esserlo, anche perché non ho alternative.

Febbraio

Se tu fossi un cantante come ti chiameresti? Caro x.

Il nome con cui ti chiama tua madre? Piccola.

Età che vorresti avere? 18.

"Da grande" sarai? Spero me stessa.

Ciò che ti piace corrisponde a ciò che realmente fai? Quasi mai.

Hai un un tuo "sogno nel cassetto"? Fare la fotografa.

Lo aprirai mai questo cassetto? Se trovo la chiave...

Sei fidanzata? No.

Innamorata? Credo.

Canzone preferita di questo mese? Goodbye Philadelphia di Peter Cincotti.

Lui è (biondo, moro...)? Moro e bello!

Hai successo con i ragazzi? Quando non m'interessano sì.

Ultimo acquiso? Cinturina color argento di quelle morbide.

Un aggettivo per descriverti? Nice.

Hai animali a casa? Sì. mia sorella.

Tra un mese sarà primavera. Come mi piace questo periodo dell'anno... I primi colori, l'idea che l'estate non è più così lontana! Tutto sempre più leggero! Le prima gite fuori Roma la domenica con le macchinette di Alis e Clod, ma soprattutto con la moto di mio fratello. A volte mi sembra pazzesco che lui, proprio lui, ogni tanto mi dedichi una domenica! Sì, succede che dopo pranzo, se non ho ancora fissato con Alis e Clod e lui magari non ha tipe che gli gironzolano intorno, allora mi dice di andare un'oretta con lui a provare la moto. Che figata! Lo abbraccio stretta stretta e mi sento sicura. Andiamo su quella strada che porta in campagna verso il lago di Bracciano e sfrecciamo veloci e vedo tutto il paesaggio che sfila di lato. Poi abbasso la testa quando accelera perché mi sembra quasi che il casco mi voli via e mi rannicchio contro di lui mentre tutto va via veloce. Sarà che oggi è una bella giornata di sole, la prima di questo mese. Cudini ci ha fatto impazzire dalle risate. Mancava in classe Triello, noto secchione pazzesco, peggio della Raffaelli. E per non esserci lui vuoi dire che sul serio era malato! Insomma arriva il prof Pozzi di arte che ha il suo schema tutto preciso, studiato, super metodico. Cioè avete presente la battaglia navale? Ecco, di più. Ogni banco è numerato, lA, IB, 2A, 2B e così via, per nomi e cognomi e anche tutte le interrogazioni fatte e mancanti.

Insomma... state a sentire.

"Forza ragazzi ai vostri posti... Prendete posto per favore. Vai a posto Liccardi!"

"Io sono Pieri!"

"Ah sì, vai a posto Pieri."

Eh già, perché il prof Pozzi ha un difetto assurdo. Non ricoosce nessuno! O forse un pregio. E comunque è stato di un divertimento assoluto. Il prof prende posto dietro la cattedra. Tira fuori il suo registro dalla borsa e lo apre.

"Allora, oggi interroghiamo, interroghiamo... Triello!"

Non fa in tempo ad alzare il viso dal suo registro che Cudini ha già preso il posto di Triello: banco 6A. La Raffaelli, altra secchiona a livello universale, subito interviene e alza la mano.

"Mi scusi prof..."

Ma Bettoni, il grande amico di Cudini, la blocca.

"Non t'azzardare... che fuori ti gonfiamo."

Il prof Pozzi controlla sulla sua piantina di chi è quella mano alzata.

"Sì, dimmi, Raffaelli."

"No, no niente. Pensavo di dover essere interrogata io."

"No, tu ce l'hai già le tue, mancava appunto Triello. Allora dimmi n po'..."

Cudini si è alzato e ha le mani dietro la schiena, dritto e composto, pronto e preparato su qualsiasi domanda.

"Parlami dell'arte romana..." Cudini sorride come a dire "E vai, questa la so!".

Bettoni naturalmente tira fuori il telefonino e inizia a filmare.

"L'arte romana è stata praticamente "rubatà dall'antica Siria, i primi dipinti poi erano dei babilonesi... E dei sumeri!"

Il prof Pozzi alza gli occhiali dal naso come per riuscire a sentire meglio.

"Da chi?"

"Ah no, scusi... dagli egiziani."

"Dagli egiziani?"

"Ma che dico... dai francesi."

"Dai francesi..."

"No no, ecco... dai bulgari! "

Insomma una serie di assurdità che chiaramente ci fanno ridere tutti, ma da pazzi, soprattutto pensando a Triello che avrebbe saputo sul serio qualunque cosa e invece improvvisamente è uno dei più ignoranti della classe. E senza neanche esserci!

"Ma io non ci posso credere, Triello! Ma che, ti sei bevuto il cervello?"

Il prof Pozzi sbatte il registro sulla cattedra.

"Cosa ridete voi? Ridete della sua ignoranza... Bravi! Bravi! Non dovete ridere. Ma che, ti sei innamorato Triello? Ma che, ha perso la tua squadra del cuore? Ma che, ti è caduto un fulmine in testa? Avevi tutti distinto! E ora sai che ti do? eh? Sai che ti do? E no che non lo sai... non sai niente! Ti do gravemente insufficiente!"

E giù risate da sentirsi male.

E Cudini che insiste.

"Prof, lei è ingiusto, qualcosa la sapevo."

"Ma cosa?"

"Come cosa? Ma che non mi seguiva, le ho detto un sacco di popolazioni."

"Sì, alcune che son venute dopo i romani! Triello! Lei è la vergogna di questo istituto ! "

"E" lei l'asino che non capisce! "

E iniziano una discussione di tali proporzioni che CudiniTriello viene mandato fuori dalla classe con tanto di nota.

Il giorno dopo il vero Triello, dopo essersi ripreso dalla malattia, rientra in classe.

"Ciao, come stai?"

"Come ti senti?"

"Tutto bene?"

Triello ci guarda stupito. Tutti che gli chiedono notizie sulla sua salute. Non ha mai avuto tanta considerazione da nessuno della classe.

"Ci eravamo preoccupati! " Triello va al suo solito posto. Nessuno chiaramente gli racconta niente. Ma abbiamo continuato a guardarlo e a ridere per tutto il tempo.

Il pomeriggio Cudini gli ha mandato un mess: " Vai su www. scuolazoo. com. E... grazie!". Quando Triello si è collegato a Internel e si è visto interrogato dal prof Pozzi, malgrado fosse assente, bè si è sentito svenire.

"Mamma..."

Inutile dire che la nota di Triello è passata a Cudini che però è rimasto in classifica su www. scuolazoo. com per ben dieci settimane. Un record assoluto per lui.

Febbraio mi sembra il mese più fico dell'anno. Primo perché sono nata io, il 3 per essere precisi, e secondo perché c'è la festa i delgli innamorati. Cioè, già il fatto che un mese viene scelto come periodo in cui si festeggiano gli innamorati sarà importante, no? E comunque ho capito che il 3 febbraio è un giorno speciale. Sono nate diverse persone: Paul Auster, scrittore, Felix Mendelssohn, compositore e Simone Weil, una sociologa francese. Non è molto conosciuta ma quello che ho letto di lei mi ha fortemente impressionata. Aveva un carattere profondo e sensibile e in questo un po'"mi riconosco, ma la cosa che mi preoccupa è che proprio a quattordici anni attraversa una crisi di sconforto adolescenziale che la porta vicino al suicidio. Quando l'ho letto ci sono rimasta. Anch'io qualche volta devo ammettere che l'ho pensato. Poi ne ho parlato con le mie amiche.

"Sul serio? E perché?" Clod mi guarda quasi senza parole. "Cioè è assurdo... perché ti viene in mente una cosa del genere?" "Boh, non lo so, forse perché mi sembra tutto così difficile, le cose dei grandi sembrano così... così irraggiungibili che di fronte a quello che non sai che ti aspetta ma che dovrai affrontare, preferisci non esserci."

Alis rimane per un po'"in silenzio. Poi ci guarda e sorride.

A me è venuto in mente spesso." Poi una pausa e riprende. "Forse perché mi annoio." E ci fissa apposta in quel modo che fa lei per farci arrabbiare.

"Una volta ci ho anche provato sul serio, sapete!"

"E che hai fatto?"

"Ho bevuto del gin per prendere coraggio."

"E poi?"

"E poi non sapevo più che fare, mi girava la testa, mi sentivo da schifo. E alla fine ho vomitato tantissimo. Mamma si è anche arrabbiata perché le ho sporcato tutto il suo tappeto preferito, pensa te... E comunque ora è passata, il gin mi fa schifo. E il tappeto di mia madre pure... usciamo?"

Quel giorno si è comprata e ci ha comprato di tutto. Aveva ricevuto una carta di credito per non so quale strana ragione. Forse perché aveva raccontato anche a sua madre quella storia e lei, non sapendo cosa dire o che fare, le aveva regalato quella carta. Comunque il fatto che anche Simone Weil ci abbia pensato mi fa stare molto meglio. Uno pensa un sacco di cose e crede di essere fondamentalmente unico e strano nei suoi pensieri quando invece poi non è così. Tutti le pensiamo certe cose. Ma pochi sono quelli che riescono veramente a raccontarle. Dunque questa Simone Weil deve averlo detto a qualcuno, se no non sarebbe potuto essere scritto nella sua scheda, no? E comunque mi piace un sacco questa Simone! Cioè è diventata prima professoressa, poi ha abbandonato gli studi ed è diventata operaia e ha scritto dei Quaderni con tutte le sue poesie, riflessioni, leggo, di "rara integrità esistenziale". Ecco, mi piace questa cosa, perché, anche se forse non la capisco fino in fondo, è rara. Credo che voglia dire che abbia sempre provato a comportarsi bene e per allora magari non era così facile, e il fatto che sia nata per qualche ragione nel mio stesso giorno, o meglio, io nel suo, visto che è venuta al mondo molto prima di me, ci rende simili, molto simili. Così come devo avere delle grandi affinità con lo scrittore Paul Auster e il compositore Mendelssohn, due persone profonde e sensibili, famose nel mondo proprio perché sono stati capaci attraverso le parole e la musica di esprimere ciò che provavano.

Uno con il quale non mi ritrovo proprio è invece il regista Ferzan Ozpetek. Cioè anche lui è nato il mio stesso giorno, ma se non mi ci avesse portato Rusty, che lo ama moltissimo, forse non avrei mai visto il suo film. E comunque non ora perché i suoi film sono, come dire, ecco, dolorosi. E ci sono talmente tante cose dolorose al mondo che non ti va proprio di pagare un biglietto 7,50 euro per farti dire da qualcun altro per due ore consecutive quanto si soffre. Lo so da me... e non mi paga nessuno! Però siccome il biglietto me l'aveva offerto Rusty e lui ci teneva tanto, tutto sommato quel suo film, Saturno contro, dopo due giorni l'avevo anche superato e non l'ho segnato neanche nella mia agenda come "ricordo negativo". Forse ha ragione Rusty quando mi ha detto: "Oh... Caro, un giorno capirai".

E non lo dice come fa papà, che sembra darmi della deficiente, lo dice in maniera carina, ecco, come fa nonno Tom. Insomma mi fanno capire che per certe cose non si deve avere fretta, che sono delle sensazioni, delle emozioni, che maturano con il tempo, come certi tipi di frutta, e che quando è il momento, allora sì che è bello prenderle a morsi. Ma la cosa che mi fa impazzire è che io sono nata lo stesso giorno che era nato Carosello. Cioè non è qualcosa che conosco bene o che ho visto, ma mi diceva mamma che era bellissimo. Nonna Luci le diceva sempre: "Ti mando a letto dopo Carosello".

E mamma si era affezionata a questa idea. Dopo aver cenato si lavava i denti veloce e poteva vederlo. Che poi altro non era che un insieme di pubblicità come quelle che fanno oggi ma che allora venivano fatte, mi racconta mamma, da tutti gli attori che c'erano, anche i più importanti. E c'erano solo pubblicità divertenti, con canzoncine allegre, con tanti cartoni animati, insomma mamma ce lo ha sempre detto: "Io sono figlia di Carosello e del suo buonumore! ".

E da questo in qualche modo forse arriva il suo saper prendere la vita, sorridere sempre, anche quando c'è tanta fatica alle spalle, una giornata di scocciature, la corsa per tornare a casa, il traffico e tutto il resto, fino a preparare comunque la cena per noi e farlo con un sorriso.

Ma se mamma è "figlia" di Carosello... e io sono figlia di mamma... non sarà mica per questo che mi ha voluto chiamare "Carolina"? A volte mi prendono delle paranoie di un assurdo! E comunque domani è il mio compleanno e non dovrò più fingere con i vari Lore, Lele, e tutti quelli che credono che sia così importante avere quattordici anni!

Ma dico... Che improvvisamente la mia visione del mondo, quello che penso di mio padre, di Rusty, della scuola, degli uomini in generale e di qualunque altra cosa mi possa essere mai passata per il cervello fino adesso, domani sarà forse diversa? E allora! Io sarò sempre io, con un quattordici al posto del tredici che tutto sommato potrebbe anche portarmi più fortuna.

C'è solo una cosa che mi da fastidio: Dakota Fanning. Sapete chi è? Una giovanissima attrice statunitense e fa quattordici anni il 23...Bè, lei è già molto più famosa di me, anche se è venuta al mondo venti giorni dopo e io quindi sono pure più grande di lei. Certo, ha imparato a leggere a due anni, però mamma mi ha detto che io ho iniziato a scrivere a quattro, quindi potremmo battercela, no? E poi comunque non vale, lei ha avuto la fortuna di avere a che fare da subito con tutti quelli che tu potresti anche non incontrare mai nella tua vita: Sean Penn, Robert De Niro, Denzel Washington, Tom Cruise, Steven Spielberg, Paris Hilton, Michelle Pfeifer... Insomma frequentare gente più grande di solito ti insegna qualcosa. Se poi frequenti questi qui, bella forza allora che sai leggere a due anni!

Comunque devo dire che è veramente brava. Una sera Rusty, quando stava ancora a casa, ha portato Man on Fire e anche se mamma non voleva che lo vedessi, ho fatto finta di andare a letto e me lo sono visto tutto con mio fratello.

Favoloso! Rusty ha detto che Dakota Fanning emoziona in quel film e che Denzel è unico e io tutto sommato sono d'accordo con Rusty e che invece mamma aveva torto.

Il film non mi ha fatto paura per niente. Era un po'"violento, è vero, ma con Alis e Clod ne abbiamo visti di peggio. Il rapporto tra Dakota e Denzel è un po'"quello che ho io con Rusty, tutti e due ci sentiamo protetti. E per questo forse che, anche se ha quattordici anni ed è così famosa, alla fine non mi dispiacerebbe come amica e sono sicura che ci andrei pure d'accordo.

Comunque ora vado a dormire.

Nonno Tom mi dice sempre che "ridere e sognare è il segreto per vivere meglio".

Non so se riderò o se sognerò cose belle, so che adesso me ne vado a letto. Non c'è niente di meglio per me che passare il tempo aspettando una data che già sai che ti fa felice. E domani sarà così. Solo il fatto che da tredici passo a quattordici e non devo dire più bugie per me è il massimo. Bè, non devo dire più bugie... sull'età! Buonanotte.

Mattina. Sento un profumo che è una favola.

"Non ci credo! Mamma! Mi hai fatto il ciambellone di crema e cioccolato... io lo adoro, è il massimo per iniziare una giornata! Grazie!" Faccio una colazione fantastica.

"Auguri, Caro!" Perfino Ale sembra più simpatica. Mi ha dato un bacio da dietro, stringendomi forte e devo dire che questo da lei non me l'aspettavo proprio. Ma la cosa più bella è quando esco di casa.

"Nooo! " Sono tutti lì, nonno Tom, nonna Luci, Rusty e dietro di me arrivano mamma, papà e Ale.

"Ti piace?"

"E" bellissima..."

Cammino con le lacrime agli occhi, quasi commossa di fronte a quello che hanno fatto. Una Vespa nera 50 Special, ulimo modello.

Oddio, la guardo un po'"meglio, ha qualche graffio il sedile beige chiaro che come colore per me è un po'"boro. Devono averla presa usata. Ci giro intorno, sì, ecco, è anche un po'"abbozzata... Certo, a dire la verità avrei tanto voluto una macchinetta, un'Aixam per quando piove o una Chatenet grigio scura con i veiri fumé come quella della Raffaelli... Ma mi sa che costava troppo anche usata.

Allora dopo aver fatto tutto il giro, mi fermo e come una, credo, delle migliori attrici, chiudo gli occhi commossa.

"E" veramente bellissima... sul serio."

"Bene Caro, sono felice per te..." Mamma mi da un bacio sulla fronte.

"Io devo scappare al lavoro."

"Anch'io, ho chiesto un'ora proprio per assistere a questa sorpresa ma ora devo proprio andare."

"Grazie papà. Mi hai fatto un regalo veramente bellissimo."

"Oh." E butta giù la mano come a dire "Basta, non aggiungere altro...". Che sono quelle cose che si fanno quando non sai bene che regalo hai fatto a una persona.

"Tieni, questo è per te."

Ale mi da un pacchetto, lo apro. C'è un casco rosa scuro con il numero sopra.

"14! Troppo forte..."

Poi si avvicina Rusty e me ne da un altro.

"E questo è se devi portarti dietro una delle tue amiche...", poi un po'"allusivo, "o un tuo amico..."

"Troppo carino, lo stesso casco con un altro numero sopra,

14bis!"

"E noi invece ti abbiamo fatto la catena, così non te la rubano..."

"Nonno, non dirlo neanche per scherzo. Porta sfìga!"

"Carolina!"

"E questo portachiavi..."

"Troppo carino! Ci metto subito le chiavi."

Ne hanno scelto uno con la lettera K tutto d'acciaio, proprio come piace a me, come quando sono Karolina, con la K, la "Cattiva"! Insomma quando cerco di essere dura e determinata e poi... poi non ci riesco per niente! E nonna Luci lo sa bene.

Mamma cerca di mettere un po'"di ordine.

"Dai, Rusty accompagna tua sorella a scuola, se no arriva troppo tardi."

"Che bello! Posso andare in Vespa."

"Guida Giovanni, te l'ho già detto... Tu non hai il patentino e poi sei ancora troppo assonnata! "

"Ma mamma, la so guidare già benissimo. Non mi beccano i vigili da qui a scuola, è vicinissima! "

"Ecco, allora può essere che ti ci mando a piedi. Forza Carolina, non fare storie, fatti accompagnare da tuo fratello."

Sbuffo. Che palle! Penso dentro di me. Pure oggi che è il mio compleanno mi trattano da soggetta.

Ma appena siamo dietro l'angolo, Rusty si ferma.

"Tieni la Vespa..." mi fa mettere giù le gambe. Poi scende e mette il suo casco 14bis nel bauletto dietro.

"Che fai?"

"Vado a casa. Ciao, buona scuola... e auguri!"

E si allontana così, con quel suo sorriso da schiaffi, tirandosi un po'"su il giubbotto e infilandosi le mani in tasca.

"Grazie Rusty James!" urlo come una pazza e guido lentamente la mia Luna 9 ! Così l'ho battezzata. Perché quando guardavo le cose successe il 3 febbraio ho visto che in quel giorno del '66 una navicella sovietica è atterrata proprio sulla Luna e come l'avevano chiamata? Luna 9! Non è che hanno molta fantasia questi sovietici, però alla mia Vespa ci sta bene. E infatti Luna mi fa fare la mia "porca" figura "atterrando" all'entrata di scuola.

"Non ci credo! Dove l'hai rubata?"

Gibbo, Filo, Clod, mi corrono incontro, anche Alis e qualche altra compagna mi fanno festa.

Alis sa sempre tutto.

"Ma che rubata, oggi è il suo compleanno, cretino!" e mi abraccia.

"Tieni, questo è per te!" e mi da un pacchetto che mentre lo scarto non sto nella pelle. "Pazzesco! Un iPod Touch! Alis... ma è mitico!"

"Così mentre vai sulla tua nuova Vespa senti tutte le canzoni e vuoi... Ti ho messo anche i Finley ma pure Linkin Park, Amy Winehouse, Alicia Keys, così cominci a usarlo subito."

E" troppo fico, si spostano tutte le copertine dei cd toccandoli. Poi metto la canone di Rihanna e mi infilo le cuffie. E inizio a cantare come una matta e ballo e rido e salto e urlo e sono di un felice che... Sbatto contro una pancia sporgente, importante, tipica da professore. Infatti. Mi levo le cuffie.

"Professor Leone..."

"Sì Carolina?"

"Niente... è che oggi è il mio compleanno!"

Aspetto un secondo. Poi anche lui mi fa uno splendido regalo: sorride!

"Bene, auguri allora! E voi ragazzi? Non è il vostro compleanno vero? In classe, forza..." Mattinata ideale. Tutti i prof hanno saputo che era il mio compleanno e così è stata scongiurata qualsiasi possibilità di interrogazione.

Ore 11.30. Suona la ricreazione. "Fermi ragazzi, non uscite."

"Ma prof, abbiamo fame, è ricreazione."

"Se vi dico di stare fermi ci sarà un motivo, no?"

Rimango un po'"così ma non ci faccio caso più di tanto. In realtà è perché sto giocando con l'iPod Touch... Quando all'improvviso dalla porta entrano nonna Luci e nonno Tom. "Ecco perché non dovevate scendere!" fa il prof. "Oggi, per chi non lo sapesse, è il compleanno della nostra nipotina ! Auguri Caro" nonna Luci e nonno Tom riempiono la classe di vassoi con pizzette rosse, calde! E piccoli tramezzini, buonissimi! E dei rustici che solo il profumo già uno sviene.

"Nonno, nonna, ma non dovevate... Dopo la sorpresa di stamattina. " e corro verso di loro e li abbraccio forte, uno per volta, E non penso a nient'altro che a loro. Anche perché i miei amici si sono buttati tutti sulle pizzette, non stanno certo a guardare me. E poi mi stacco.

"Grazie, siete troppo carini." E corro anch'io verso i vassoi.

"Ehi, lasciatemene qualcuna."

E loro, lì, sullo sfondo, nonno con i capelli bianchi e nonna invece no. Alto lui e lei invece no. Che si abbracciano, che si stringono, che si guardano in un modo che non ve lo so spiegare, che sembrano più felici loro di me. Anche se nonna poi chiude gli occhi e vedo che gli stringe forte la mano ed è come se lei per un attimo si commuovesse per qualcosa, che le venisse quasi da piangere. Ma poi mi occupo di Clod.

"Ma ti sei presa tutti i rustici possibili e immaginabili."

"Oh, ma se mi piacciono..."

"Ho capito, ma lasciane qualcuno anche agli altri."

"Ma se loro preferiscono le pizzette?" E io alzo le spalle, tanto con lei sul cibo è impossibile ragionare. E quando mi giro i miei nonni non ci sono più. Ecco perché sono meravigliosi. Perché arrivano e spariscono portandoti solo un sorriso, perché ti senti amata, perché non ti senti mai sgridata, perché è come se loro sapessero sempre quello che pensi ma facessero finta di niente. Insomma hanno una qualche magia che però nel momento stesso che provo a spiegarla, è come se non ci fosse più.

Poi nel primo pomeriggio una strana sorpresa. Mi squilla il telefonino. Filo? E che può volere a quest'ora? Sono le tre.

"Che succede, Filo?"

"Ho un problema, ti prego, non ti posso spiegare ora... Puoi venire alla stazione?"

"Alla stazione? Ma sto studiando! "

"E dai, hai una vita per studiare. Ti prego sono nei casini."

"Ma scusa, e Gibbo? Non potevi chiamare lui?"

"Ha il telefono staccato."

"Sì, troppo ci credo."

"Ma ti pare Caro che ti disturbavo proprio oggi che è il tuo compleanno? E" che puoi aiutarmi solo tu!"

Rimango un attimo in silenzio. Che palle.

"Ti prego..."

Pausa. Secondo me fa una pausa un po'"più lunga.

"Sei la mia amica."

"Ok, arrivo."

"Grazie Caro!" E attacca.

Ecco, Filo è pazzesco, sa trovare sempre le parole giuste per convincerti a fare anche le cose che non vorresti mai fare, cioè fa in modo che alla fine se tu non le fai, che ne so... ti senti in colpa! E lui sa quanto ci tengo alla parola amicizia. Però prima di uscire voglio togliermi una curiosità.

Compongo il numero. Sì, è vero. Gibbo ha il telefono staccato.

Stazione. Chiudo il motorino, metto il casco nel bauletto e poi, anche se ci starò pochissimo, metto la catena che mi ha regalato nonno. Non si sa mai. Anche pochi minuti possono essere fatali.

Mi chiudo bene il cappotto, mi metto il cappello un po'"basso e mi raccolgo dentro i capelli biondi, così per non farmi riconoscere troppo, non perché sono famosa come la mia amica Dakota, ma perché qui alla stazione una ragazza da sola... Sai quando in un attimo ti ricordi tutte quelle cose che ti hanno detto da piccola.

"Attenta, non andare in posti pericolosi da sola, non parlare con degli sconosciuti, non aprire a nessuno..."

Insomma, roba che se uno ti chiede che ore sono già sei pronto a sparargli un calcio lì! E mi calco ancora di più il cappellino, sono un po'"come Matt Damon in The Bourne Identity... Insomma più o meno, io non ho problemi di memoria. Vorrei solo sapere dove cavolo sta Filo! Lo chiamo.

"Pronto, ma dove sei?"

"E te?"

"Io qua fuori dalla stazione."

"Entra."

"Entro?"

"Sì, sbrigati che non posso farmi vedere."

"Ma che stai combinando?"

"Dai Caro, non mi chiedere, solo tu mi puoi aiutare Binario 7."

"Ma devo venire fino a lì?"

"Sì, non ce la faccio da solo."

"Senti, se non mi dici cosa succede non vengo."

"E dai, non fare così, tra un minuto lo sai."

"Va bene, allora chiudo."

"No, no, rimaniamo in contatto..."

"Ok. Allora ecco, sono entrata..." E mi stai facendo spendere un sacco di soldi, vorrei aggiungere ma mi sembra brutto, magari ha un problema serio veramente.

"Ok, adesso vai verso l'entrata per i binari..."

"Ci sono."

"Ok, vieni ancora dritta e vai verso il 7..."

"Ok."

Guardo sul tabellone delle partenze. Binario 7. Partenza tra un quarto d'ora circa per Venezia. Peccato, su quello degli arrivi la destinazione è già sparita. Va bè, magari non c'entra niente con il fatto che Filo sta lì.

"Ecco, Caro. Ti vedo, vieni avanti... così..."

"Ma dove sei? Io non ti vedo."

"Io ti vedo. Sei tu. E hai un cappellin blu... per non farti riconoscere!"

Sbuffo. "Guarda, mai più eh, solo tu mi metti sempre nei casini... Gibbo non l'avrebbe mai fatto..."

"Veramente c'entra anche lui! " E fanno un salto da dietro una colonna tutti e due. "Auguri!" Filo e Gibbo mi saltano addosso, mi abbracciano e mi riempiono di baci. La gente che passa ci guarda e sorride divertita.

"E dai basta! Quanto siete cretini! Mi dovevate far arrivare fino a qui per questa bella sorpresa?"

Mi lasciano libera.

"Sì." Filo sorride. "Perché guarda qua..." Apre una felpa rosa, c'è sopra la sua immagine e la scritta del suo nome.

"Nooo! Fichissimo! Biagio Antonacci! Il mio cantante preferito!"

"E questi..." Gibbo li tira fuori dalla tasca. "Sono tre biglietti per il suo concerto a Venezia. "

"A Venezia?"

"Sì! e questi..." Filo li tira fuori dalla sua tasca, "sono i tre biglietti per andarci in treno. Quindi... Via! Che sta per partire! "

E mi prendono per mano tutti e due e mi trascinano con loro. E quasi cado, inciampo.

"Ma che siete pazzi! Ma che dico ai miei?"

Gibbo mi guarda ridendo. "Figurati... Abbiamo pensato a tutto! Resti a dormire da Alis che all'ultimo ti ha fatto una festa a sorpresa. "

"Già... Le tue amiche ti hanno regalato perfino il cambio per domani!"

"E da lì vai direttamente a scuola."

Li guardo e scuoto la testa.

"Pure!"

"Certo. Non bisogna saltare neanche un giorno di scuola..."

"Eh! Noi siamo seri... Quest'anno abbiamo l'esame! Mica possiamo prenderla alla leggera!"

E saliamo sul treno appena in tempo. E un attimo dopo lo sento muoversi sotto di me e mi sembra incredibile e mi infilo la felpa e meno male che ho chiuso il motorino! Ci sediamo in uno scompartimento.

"Ecco questi sono i nostri tre posti. Tu se vuoi stai lì. Non te l'aspettavi vero?"

"Assolutamente no, pensavo che come al solito Filo si era messo in chissà quale casino..." E il treno piano piano prende velocità. E guardo dal finestrino. Delle grandi pareti in marmo, alcune strade in cemento e poi fili d'acciaio, binari tutt'intorno e vecchi treni abbandonati del colore della ruggine.

Ciuff. Ciuff. Dudum dudum. Aumenta la velocità, sempre più forte. Dudum dudum... E poi improvvisamente il verde, campi bagnati, alberi, e quella natura così fresca d'inverno, sana, tonica. E faccio un respiro lungo, lunghissimo.

"Ragazzi, sono i più bei quattordici anni della mia vita! "

Filo e Gibbo si mettono a ridere e comincia l'avventura. Il controllore passa e mostriamo i biglietti. Ho sete e nello zaino Gibbo ha messo tre bottigliette d'acqua, ho fame e Gibbo ha anche dei Bounty al cocco con quella cioccolata che mi piace da morire. Insomma avete presente The Bourne Supremacy? Bè, meglio!

Poco più tardi: ore 18, dopo aver parlato con Alis che naturalmente ha detto la sua. "Non ci credo! Volevo venire anch'io... E" una sorpresa favolosa... sto rosicando!"

"E dai... E" il mio compleanno! Dormo da te, ok?"

"Ok!"

Chiamo a casa. Per fortuna mi risponde Ale. A volte è fastidiosa ma a volte è l'ideale, mentirle è quasi una passeggiata.

"Hai capito? Resto a dormire da Alis e poi vado a scuola."

"Ok."

"Ripeti..."

"Uffa... Resti a dormire da Alis e poi vai a scuola."

"E se mi vuole parlare..."

"Ti chiama sul telefonino."

"Brava! Stai migliorando. "

E infatti proprio mentre stiamo ormai per arrivare mi squilla.

"E" mamma. Come faccio..."

"Aspetta." Gibbo si alza e chiude lo scompartimento.

"Ok..." faccio un lungo respiro. "Pronto mamma!"

"Ciao Caro, tutto bene?"

"Sì, benissimo, Alis e le mie amiche mi hanno fatto una bellissima sorpresa. "

Ma proprio in quel momento la "sorpresa" me la fanno le Ferrovie. Parte una voce metallica. "Attenzione, per tutti coloro che vogliono mangiare, il vagone ristorante..."

Non aspetto altro, spingo il tasto e chiudo il telefono.

"Che palle. Non ci voleva! Proprio adesso l'annuncio! " Aspetto che finisca. E richiamo subito mamma.

"Che è successo?"

"Niente, era scarico... E" caduta la linea."

"Ah..."

Cerco di tranquillizzarla. "Però una mia amica aveva dietro il caricatore e ora l'ha attaccato alla spina."

"Va bene. Ma come fai domani per la scuola?"

"Mi hanno regalato una maglietta e anche un cambio da mettere sotto..."

"Ah... Hanno pensato proprio a tutto le tue amiche..."

"Sì..." guardo Gibbo e Filo, "l'hanno pensata proprio per bene questa sorpresa..."

"Va bene... Ti copro io con tuo padre."

"Grazie mamma."

"Caro, non fate troppo tardi..."

"Non ti preoccupare. Ci vediamo domani a pranzo."

Chiudo e tiro un sospiro di sollievo.

"Yahooo! E andato tutto bene! "

Li abbraccio e salto con loro dalla felicità. E mi sento più leggera, come se mi fossi tolta un peso. E proprio in quel momento il treno si ferma.

"Venezia."

E questa volta sono io a prenderli per mano.

"Forza scendiamo! " Li trascino giù e usciamo dalla stazione. E ci incamminiamo lungo i canali di Venezia. C'è acqua in ogni punto. Si attraversano piccoli ponti. E piena di stranieri dovunque. Fa un po'"più freddo che a Roma, forse perché è più tardi. Ci divertiamo a scherzare sul fatto di prendere una gondola.

"Sì, facciamo i tre fidanzati... però mi sa che costerà una cifra. "

"Bè, io ci provo."

Filo è fatto così. Ha una faccia tosta. Va a parlare con un gondoliere. Un tipo dall'aria simpatica con dei baffi grossi e pochi capelli biondi. Gibbo e io lo guardiamo da lontano. Niente da fare, il gondoliere scuote la testa. Filo ritorna da noi.

"Allora?"

"Chiede 250 euro!"

"Cosa? Per venderci la gondola! E chi la vuole poi."

Rido. "Io non la so neanche portare! "

"Aspettate và..." Decido di tentare il tutto per tutto. "Quanto bbiamo?"

"Io ne ho 20."

"Io 30."

"Io 50."

Per Gibbo è una passeggiata. "Abbiano 100 euro tondi tondi."

"Ho capito... Ma se ci serve qualcosa, se abbiamo fame, se succede qualcosa..."

Tutti e due nello stesso momento si toccano lì.

"A parte la fortuna che invocate, comunque ci dobbiamo pensare..."

Ci provo lo stesso. E così vado dal gondoliere.

"Salve... So che potrebbe non crederci ma oggi è il mio compleanno e quei due laggiù mi hanno portato a Venezia. Solo che quello lì..." E inizio un discorso che non so come mi viene! Ma così bene e così credibile che alla fine il gondoliere quasi si commuove.

"Ok... Va bene."

Torno felice da Filo e Gibbo.

"Ci fa fare un giro più corto, ma sapete quanto ce lo mettera?"

Di un po''?

"40 euro!"

"Ma come hai fatto?"

"Oh, in qualche modo il merito è tuo, Gibbo."

"Perché?"'

"Dai, saliamo che poi ti spiego."

"Salve..." Il gondoliere ci fa salire e per ultimo aiuta Gibbo. "Ciao..." E glielo dice un po'"dispiaciuto e Gibbo in qualche modo se ne accorge, così ci raggiunge. Ci sediamo tutti e tre su quel comodo divanetto fatto di uno strano tappeto peloso. Gibbo controlla che non ci stia guardando.

"Ma che gli hai detto?"

"Perché?"

"Mi ha accolto come se fosse il mio ultimo giro in gondola! "

"Infatti è proprio così."

"Dai, a parte gli scherzi..."

"Ma niente. Che i tuoi ti hanno dato la notizia che si sono appena separati."

"Magari... Stanno sempre a discutere."

"E che tu finirai in una specie di collegio."

"Ah sì? Spero che almeno tu abbia scelto un posto carino."

"Oh, ma tanto non ci andrai."

"E perché?"

"Sei fuggito."

"E i miei non mi cercano?"

"No. Non sono preoccupati. Ma tuo padre ha saputo che non è il tuo vero padre..."

"Pure!"

Filo ride.

"Certo che con uno sfigato così a bordo... ce lo doveva offrire gratis il giro!"

E passiamo sotto i piccoli ponti che congiungono le strade di Venezia e il gondoliere si chiama Marino ed è gentile e ha un bel sorriso sotto quei baffoni e mi sembra anche buono e infatti lo è.

Quando siamo scesi, Gibbo che tiene la nostra cassa comune, ha pagato, poi ce ne stavamo andando quando Marino mi ha chiamato:

"Carolina, era triste la storia di quel ragazzo... Così triste che alla fine... Io mica ci ho creduto sai!?!".

E ci siamo guardati negli occhi e lui è scoppiato a ridere. "Divertitevi và." E poi ci ha detto in veneziano: "Chi no le fa de carneval, le fa de quaresema" che praticamente vuoi dire "Chi non fa pazzie in gioventù, poi le fa in vecchiaia". Troppo simpatico anche se su questo non sono del tutto d'accordo... Perché l'una esclude l'altra? Voglio fare pazzie anche quando sarò nonna! E con questo pensiero di follie future, raggiungo Gibbo. Sento che legge delle cose sulla guida che si è comprato per 12 euro. Filo lo ascolta e fa delle domande a modo suo, cioè un po'"stupide e un po'"no... E io sono dietro di loro e li seguo e li ascolto e come ha detto Marino per me è un po'"carneval, e un po'"quaresema. E mi sento grande a camminare per Venezia e sono sicura che questa è una di quelle cose che un giorno all'improvviso, anche se sarà passato un sacco di tempo, me la ricorderò benissimo. E spero solo che allora ci saranno ancora Filo e Gibbo nelle mie giornate e tutto sarà come adesso, senza cambiare niente, neanche una virgola. Poi però mi prende un po'"di tristezza. E non so bene perché. Forse perché sotto sotto so che non potrà essere così.

Gibbo si gira verso di me.

"Ehi, mi è venuta un'idea..." Ma mi guarda e se ne accorge.

"Che hai Caro?"

"Niente, perché?"

"Che ne so, avevi una faccia..."

"Ma che, ti sbagli... Dai, cosa volevi dire, che idea ti è venuta?" E riprendo a sorridere e faccio fìnta di niente e Gibbo è carino perché o ci casca, e allora sto diventando sul serio una grande attrice, o fa fìnta di niente e ci passa su.

"Guardate. Leggo qua, eh..." Indica la guida. "Ai bacari a quest'ora si prende "l'ombrà, un aperitivo con baccalà, olive, piccoli pescetti, supplì e crocchette... E un sacco di altra roba buona. Ci andiamo?"

E poco dopo siamo su degli sgabelli alti, di legno, con dei piccoli tavolini davanti, pieni di roba buonissima da mangiare, ma pazesca eh... baccalà mantecato, sarde in saor, vongole, chioccioline di mare, dei moscardini appena lessati e dei nervetti, che sono dei pezzetti di vitello con aceto e olio. Quest'ultimi non mi piacciono molto perché sono un po'"duri, ma tutto il resto è di un buono! E così... dimentico la dieta. D'altronde si fanno una volta sola quattordici anni, no? E scopriamo che "ombra" nasce dal fatto che il sole a quest'ora tramonta e quindi si beve... un'ombra. E così ci prendiamo lo "spritz".

"Dovrebbe essere un goccio di Bitter o Aperol, acqua minerale e vino bianco, è leggero..."

Gibbo e la sua guida, non si fa scappare niente.

Solo che questo "spritz" non è così leggero. E alla fine un po'"storditi, cioè praticamente avvinazzati, non so come ma siamo riusciti ad arrivare a Mestre, al concerto di Biagio. Che mito!

Ha aperto con Sappi amore mio e poi Le cose ch hai amato di più e impossibile e Se è vero che ci sei e Iris. E su quella vi assicuro che mi sono commossa. Sai quando senti uno strano brivido vorresti essere abbracciata e anche se stavo con i miei migliori amici maschi, in quel momento lì mi è mancato Massi. O meglio l'amore. Insomma il sapore di un bacio, la felicità assurda, il toccare tre metri sopra il cielo con un dito! Tutto quello che solo l'amore folle, improvviso, magico, assurdo, unico, può farti provare. E invece mi sono abbracciata a Gibbo e Filo.

"Ehi, balliamo insieme..."

"Ho un'idea, mandiamo un mms a Clod e Alis vi prego! Vorrei che fossero anche loro a conoscenza di quello che stiamo vivendo! Dai Gibbo... Mi riprendi tu?"

E ballo con il palco alle mie spalle e Biagio canta In una stana quasi rosa e sorrido per le mie amiche e gli mando un bacio e mi sento come una specie di vj in mezzo a tutta questa gente e canto la canzone Guarda questo amore si fa grande e ci fa stare stretti in questa stanza allora fuori, rivestiamoci e poi fuori e diamo luce a tutti i nostri sogni e chiudo gli occhi alla fine un po'"commossa.

"Fatto! " Gibbo mi ripassa il telefonino e io guardo il filmato.

"E" fichissimo! Con le luci dietro e Biagio che si vede! "

E un attimo dopo l'ho mandato ad Alis e subito anche a Clod, tutto in addebito a loro due con il 488 !

E non passa un secondo che mi arriva la risposta di Alis.

"Sto rosicando."

E poi quella di Clod o meglio della Tim. L" mms è stato rifiutato! E un secondo dopo il suo messaggio.

"Non ho un euro! Ti stai divertendo? Spero di sì! Me lo fai vedere domani a scuola, ok?"

E allora continuo a cantare sotto le stelle, sotto le nuvole che passano leggere. E ballo, ballo a occhi chiusi, a un passo dal palco, tra la gente, persa così, nello stadio di Mestre e mi perdo sulle note di quella musica e mi sento grande e felice e per un attimo non so neanche se tornerò più a casa. Ma è un attimo. E rido poco più tardi sul treno dentro di me.

"Che fa Gibbo... dorme?"

Filo lo guarda e fa cenno di sì. E continuiamo a guardare la notte fuori dal finestrino che corre davanti a noi con qualche casa con le luci ancora accese. Qualche tivù e i suoi riflessi si vedono dalle finestre in corsa. Qualche stanza buia, qualche persona affacciata al balcone fuma una sigaretta. E loro non sanno che li sto guardando, che qualcosa della loro vita entra nella mia. Filo ha trovato come un pezzo di corda e lo fa penzolare sul naso di Gibbo che improvvisamente se lo gratta veloce e poi riprende immobile a dormire e noi ridiamo. "Shhh..." Mi porto la mano davanti alla bocca per la paura di svegliarlo. Ma Filo riprende e tutto continua così, come se niente fosse... E il treno non si ferma ma quasi vola verso Roma. Arriviamo che non facciamo in tempo a scendere.

"Ma che ore sono?" Gibbo è l'unico che ha dormito. Filo lo spinge.

"Oh, dovresti essere il più sveglio di tutti e invece sei il più rincoglionito!"

"Dai, sono le sette e mezzo... giusto il tempo di arrivare a scuola."

"Ma non facciamo colazione?"

"Al baretto lì davanti! "

"Ok."

E tutti ci precipitiamo ai nostri mezzi. Per fortuna il motorino c'è ancora. Mi infilo il casco e sotto le cuffìette dell'iPod Touch. E metto proprio Iris di Biagio e mi sembra di stare ancora al concerto, mentre arrivo a scuola. Non faccio in tempo a scendere dal motorino che Alis e Clod mi assalgono.

"Allora? Che figata! Ti sei divertita? Ma che avete combinato? Dove avete cenato? Avete visto posti fichi?"

"Ma perché non siete rimasti a Venezia? Fai vedere il filmato che mi volevi mandare..."

Alis la spinge.

"Ah, io l'ho visto... è fichissimo! "

"Avevo il telefono senza credito! "

"Come al solito."

E quasi iniziano a litigare.

"Ragazze in classe! " E questa volta è la prof di matematica che ci salva. In tutto questo non sono riuscita a fare neanche colazione! Però è stata la cosa più divertente che abbia mai fatto.

Mi arriva un messaggio di mamma.

"Tutto ok? Sei a scuola?"

"Sì certo." Rispondo.

E mi viene da ridere. Se solo potesse immaginare che ho preso il treno, sono arrivata a Venezia, poi a Mestre, ho visto il concerto di Biagio e ho passato la notte in treno e sono tornata, bè morirebbe. Poi mi giro. Filo è crollato, dorme sul banco mentre la prof spiega. Gibbo invece è vispo come un grillo e mentre la prof sta scrivendo alla lavagna, si sporge dal suo banco e con una striscia di carta fa il solletico nell'orecchio a Filo.

Filo si infastidisce, poi si sveglia di botto e si gratta veloci tutti ridono. Cudini naturalmente ha filmato il tutto, la prof si gira.

"State buoni ragazzi... Ma che c'avete oggi! "

Gibbo è immobile al suo banco. Sorride. In qualche modo si è vendicato.

Sono troppo forte! Ho passato l'esame per il patentino! Ho fatto due errori ma l'ho passato! Mamma era felice, mio fratello pure, papà... meno. Sarà che non ci credeva. Non ci credo nemmeno io! In effetti quando ho fatto qualche prova in cortile con lui usando lo scooter di mia sorella non è che fossi stata troppo brava. Avevo anche rischiato di sbattere contro la macchina di Marco, quello del mio piano, ma per fortuna con una specie di gesto atletico non indifferente mi sono ripresa! Senza danni. Quindi ora ho pure il patentino... a tutta Vespa! Tanto l'ho guidata lo stesso nel frattempo.

Ormai sono una scheggia. Non ho proprio problemi. Mi diverte anzi a conoscere un po'"le strade. Certo, per andare dai nonni siccome non c'ero mai stata per conto mio, l'ho guardate sullo stradario di Internet che è fichissimo perché le trovi subito, ti da la distanza e ci mette un secondo a stampartelo. Te lo metti in tasca e tac! Infatti dopo otto minuti, due di meno di quanto diceva il sistema Google Maps, ero già da loro. Mi sono fermata solo una volta per ricontrollare una strada dove dovevo girare che non mi ricordavo. Nonna è uscita a fare la spesa. Domenica vuole invitare un po'"di persone perché è il suo compleanno. Nonno invece è nel suo piccolo studio e disegna. E" bravissimo. In un attimo con pochi tratti riesce a creare subito delle situazioni, un paesaggio, una casa, una persona.

"Nonno, ma che stai facendo?" Mi sorride senza guardarmi.

"Un biglietto per tua nonna... Domani è il 14 febbraio, la festa degli innamorati."

"Sì." Continua a disegnare. Usa pennarelli di diversi colori, li apre, colora, chiude con il tappo e li lascia cadere sul tavolo, e poi un altro e un altro ancora.

"Ti piace?"

"Me lo fai vedere? Moltissimo! "

E riconosco nonna mentre cucina e poi c'è una tavola in fondo con un po'"di gente.

"Ma quella nell'angolo sono io!"

"Sì... E quello vicino è tuo fratello, come lo chiami? Rusty John..."

"James !

"Ah, sì... Rusty James, Alessandra.. E quello sono io!"

"Sì, l'avevo capito."

"E lei ci cucina da mangiare tutte quelle cose buone che sa fare... "

"Eh già..." E poi c'è un cuore grande e rosso che tiene il nonno e la scritta sopra "Per te, che sfami il mio cuore! ".

"E" bellissimo, nonno!" E guarda soddisfatto il suo disegno e sorride compiaciuto. Se lo guarda un'altra volta. Poi si sente il rumore dell'ascensore e poi la chiave nella porta.

"Shh...Èlei!"

"Ci siete?"

Nonno nasconde presto il disegno sotto una cartella, raccoglie tutti i pennarelli e li infila veloce dentro un grande bicchiere. Poi mi guarda tutto furbetto e mi fa l'occhiolino.

"Sì, siamo qui!"

Nonna Luci arriva nello studio.

"Ciao... Cosa stavate combinando?" Alza il sopracciglio e sorride.

"Niente, chiacchieravamo..."

"Sì!" lo guardo allegra. "Voglio portare nonno dietro a me in Vespa..."

"Ma non si può, così ti fanno la multa..."

"Che ne sai tu?"

"L'ho letto... Dovrai aspettare i sedici anni."

Poi si avvicina a nonno e lo bacia leggera sulle labbra con un sorriso che lo sento fin da qui che è pieno d'amore.

"Ti ho preso quello che mi avevi chiesto..."

"Quello che piace a me?" Nonno si trasforma in un attimo in un bambino molto più piccolo di me.

"Sì, proprio quello! Vi vado a preparare qualcosa da mangiare, va bene?"

"Sì nonna, ti aiuto! "

E così ci mettiamo in cucina. Nonna apre delle patatine e le mette in un grosso piatto.

"Erano queste che mi aveva chiesto,., le patatine alla paprika."

"Ah..."

E io chissà quale misteriosa cosa mi aspettavo e continuiamo così a girare per la cucina, a preparare qualcosa, con i tovagliolini, i bicchieri e tutto il resto, a parlare di tutto e di niente. E nonna mi fa un sacco di domande e io rispondo ma con una leggerezza e il piacere di stare insieme e quel sapore d'amore che si respira per tutta la casa. E tutto mi sembra così semplice e le dico tante cose che a volte, anche se ti ci metti da morire, se ti impegni tanto, non riesci veramente a dirle.

I prof hanno cominciato a parlarci degli esami ma a me sembrano ancora così lontani e non ne voglio sentire parlare! Fra l'altro ad aprile ci sarà il mega ricevimento generale per i genitori, l'ultimo, definitivo, assoluto, mamma mia e non posso più toppare nulla. Ma non avevano detto che lo abolivano?! Da Internet ho scaricato un sacco di tesine ma non so se bastano. Mia sorella una volta mi ha detto che è una cavolata ma con lei non sai mai bene cosa pensare, è così diversa da me. Allora, secondo me a storia potrebbe essere Italia nel dopoguerra, geografia l'Oceania, italiano Svevo o Calvino, e scienze? Non lo so. Si può collegare l'Oceania con terremoti e vulcani cioè c'è una zona molto soggetta a questi? Non lo so. Francese e arte avrei pensato di portare Henri Matisse. Andrebbe bene con il periodo? Inglese porto l'Australia, musica non so se si fa all'esame, penso comunque che la collego in storia con la musica jazz, tecnica non so. Poi non ho capito se è meglio ripetere tutto il programma delle materie. E" essenziale o alla fine è inutile? Boh. Non resisto. Mentre mi perdo in tutte queste domande scarto il panino sotto il banco, mi inchino nascondendomi dietro a quella che sta davanti e cerco di leccare un po'"di Nutella che è uscita dal bordo. Clod che mi vede dal suo banco mi chiama. È già pronta a offrirsi volontaria. Oh, come se l'avessi chiamata, suona l'ora di ricreazione... E arriva subito la notizia bomba.

"Mi sono lasciata con Dodo."

"Cioè?"

"Cioè basta... Mi sono scocciata."

Io e Clod rimaniamo in silenzio.

Poi allargo le spalle. "Mi dispiace però... Magari poteva essere importante... piano piano."

Clod, la grande curiosa, "E" perché voleva troppo?". È allusiva.

"Magari!" Alis si accende una sigaretta, vuole essere trasgressiva a tutti i costi. "Niente, non gliene fregava niente neanche di quello... Pensava solo a giocare a calcetto, sempre con i suoi amici, a bere con i suoi amici, fuori con i suoi amici e se no al negozio della mamma... Dai ragazze, ma non esiste una vita così! "

"Già..." In realtà non sappiamo molto che dire, ha fatto tanto per mettercisi, per un attimo sembrava anche innamorata. Forse l'ha fatto solo perché c'era la gara, vuole essere la più forte e primeggiare come al solito. Ma questo lo penso e basta. Non posso certo dirglielo.

"Vi siete lasciati proprio oggi che è San Valentino..."

"Ieri. Gli avevo comprato pure il regalo ma l'idea di passare la serata con lui... Non ce l'ho fatta."

"Che gli avevi preso?" Clod in certe occasioni non ce la fa proprio, quando dovrebbe stare zitta parla, anzi esagera.

"Oh, una macchina fotografica digitale. Non gliel'ho data. Ce l'ho qui, anzi vi faccio subito una foto..."

Ci mettiamo in posa e la fa alzando la macchinetta e prendendoci tutte e tre mentre facciamo delle facce assurde. Poi guarda come è venuta.

"Perfetta! Sentite facciamo una cosa..."

"Che?"

"Stasera alla faccia di tutti gli innamorati ceniamo tutte e tre insieme, vi va? Offro io... sapete dove andiamo, da Wild West, sulla Giustiniana! E" troppo forte."

"Ok!" E per fortuna il pomeriggio passa tranquillo, senza neanche troppi troppi compiti da fare. Mi stendo sul letto, piedi in su e iPod acceso. Ascolto un po'"di musica random. Non c'è niente da fare. Sembra che ti conoscano. Che vivano con te e possano sentire tutto quello che pensi. A volte mi sembra così quando ascolto certe canzoni. Dicono proprio tutto quello che sento e che vorrei poi dire ad esempio a Massi. Cioè proprio come vorrei dire io. Né meglio né peggio. Bisogna ringraziarli i gruppi e i cantanti perché parlano per noi. Tu ami uno ma sei timida o pensi di sbagliare e zac! Basta che gli dedichi quella canzone. E se sei fortunata bè lui capirà tutto quello che non sei riuscita a dirgli a parole e magari te ne dedicherà un'altra. Canzoni da canticchiare, riascoltare e ballare insieme a una festa. Canzoni per tenersi abbracciati, canzoni da ricopiare sul diario... Massi, noi abbiamo già la nostra canzone. Che buffo, non abbiamo una storia ma abbiamo la nostra canzone.

"Mamma, stasera esco."

"Ehi, ma non starai studiando troppo poco?"

"Non c'era molto da fare per domani."

"Ok, alle undici ti voglio qui..." Poi ci ripensa un attimo. "Come mai esci proprio stasera? San Valentino... Con chi vai?! "

"Ma che!" Vorrei dirle: magari! "Esco con Alis e Clod."

"Sicura?"

"Certo! Te lo direi, no?!?" Ripenso a Biagio Antonacci e non ne sono così sicura.

Proprio in quel momento passa Ale. "Capirai mamma... E chi se la piglia!"

"Simpatica. Tu invece che fai... esci con Giorgio o con Fausto?"

"No, li ho lasciati tutti e due."

"Oh ecco... Hai fatto bene!"

"Sì, ma esco con Luca..."

Mamma fa una faccia che è di un disperato. Cerco di tirarla su.

"Lo dice apposta. Lo sai come è fatta. Non è vero niente. Lo fa solo per dare fastidio." Si rincuora un po'. Ma io, in realtà, non ne sono sul serio così sicura.

Ore 20.30. Suona il citofono.

"Andate a rispondere? Ma chi è a quest'ora?"

"E" per me, papà. Pronto?"

"Sono qui..." Infatti. È Clod.

"Arrivo."

"Ma esci ogni sera..."

"Ma che, papà... Non sono uscita mai nella settimana. E poi lo avevo detto a mamma." Mamma arriva con dei piatti.

"Sì infatti, me lo aveva detto."

Papà non ci sta. Deve essere nervoso come al solito.

"Il fatto che te l'aveva detto non vuole dire niente,"

"Ma sono lei e le sue due amiche..."

"Non è questo."

"Ma..."

E iniziano a discutere. E a me tutto questo dispiace ma c'è giù Clod. E poi ho voglia di uscire. Mi sta stretta questa casa. Sopra tutto quando ci sono queste discussioni. Così stupide. Così inutili. Così... così che mi danno così fastidio! Sbatto forte la porta del salotto alle mie spalle. Apposta. E poi scendo veloce le scale e salto ogni volta gli ultimi. Due. Poi tre. Poi perfino quattro alla volta. Sono arrabbiata. Tanto. Papà tratta sempre male mamma. Ma perché lei ci rimane insieme? Forse per noi figli. Si, in qualche modo è anche colpa nostra. Odio mio padre. Odio il suo attacco alla mia felicità.

"Vai, parti!"

" Ehi, che succede? " Clod parte a tutta velocità seguendo le mie indicazioni.

"Niente ! Non succede niente. " Do una botta forte sul cruscotto della sua macchinetta.

"Ehi, non prendertela con lei, non c'entra nulla... Comunque anch'io ho litigato con mia madre. Non voleva che uscissi... Certe volte vorrei proprio essere Alis..."

E rimaniamo così in silenzio per un bel tratto di strada se non per qualche indicazione.

"In fondo a destra. Poi dritto."

E continua a guidare così, concentrata, in silenzio, senza che parliamo. Poi però piano piano mi passa, così, all'improvviso, senza essuna spiegazione. Anzi non ci penso proprio più.

"Ma dai, fichissimo..." Apro l'astuccio e lo vedo.

"Sai l'ultimo dei Maroon 5... Ma chi te l'ha dato?"

"Me ne ha fatta una copia Aldo."

"Sul serio? Bè carino."

La guardo. Mi guarda. Sorride.

"Me lo dai che lo carico sul mio iTunes così poi ce l'ho nell'iPod?"

"Certo!"

"Bene." E continuo ballando fino ad arrivare al Wild West. Alis è fuori dal locale. "Che c'è? Che succede?"

"Niente, ci sono solo tre coppie e per di più di anziane!" guardo dentro.

"Ma dai mi sembra carino... E poi uno di quelli che tu dici assomiglia a mio fratello!"

"Ma che, magari, mi ci fionderei subito... guarda che sguardo. E" vecchio dentro quello! Dai fuggiamo..." E monta sulla sua macchinetta. "Ma avevi prenotato! " "Si, ma avevo dato il cognome di Clod! Seguitemi!" E parte a tutta velocità.

Le stiamo dietro a duemila e alla fine arriviamo da Celestina ai Parioli.

Alis lascia la macchinetta al posteggiatore.

Non me la graffiare che ti ammazzo..." glielo dice ridendo, ma secondo me non scherza molto. Alla fine entriamo tutte e tre.

Arriva un cameriere.

"Abbiamo prenotato per tre. Sereni."

Alis deve aver chiamato dalla macchinetta, stavolta ha dato il cognome vero. Era sicura che ci saremmo andate.

"Ciao, Alis."

"Buonasera."

La saluta una signora che sta cenando con un tipo strano, sono un po'"rifatti tutti e due. Forse sono amici della madre. Per come sono vestiti potrebbe anche essere.

"Ecco, questo è il vostro tavolo."

Ci sediamo. Alis si guarda in giro.

"Molto meglio qui."

"Sì, certo."

"E anche più vicino..."

"Ma non c'è gente forte."

Ai tavoli c'è un po'"di tutto, per quello, diverse coppie di ogni età.

"Ehi ma quella non è... come si chiama? Dai..." Guardo meglio dove indica con il suo mento Alis. Sì, è proprio lei. E sta con un altro, il giorno di San Valentino, cioè non è una cena qualunque.

"Dai che è lei... Non mi viene il nome."

Alis insiste. "La ragazza di Matt! "

"Melissa..."

"Ah ecco, sì, Melissa! " E quella ragazza laggiù, anche se è molto distante, è come se ci avesse sentito. Gira lo sguardo verso di noi. Clod e io ci giriamo subito dall'altra parte.

Alis invece mantiene fìssa lo sguardo. Anzi vedo che alza pure il sopracciglio come a dire: "Ehi bella, che ci fai a cena con un altro?". Poi Alis si gira verso di noi. Si vede che è finita la lotta.

"Non ci credo. Lui le ha preso la mano. Gliel'ha accarezzata..."

"Quindi..."

"Matt e lei si sono lasciati! "

"Domani lo chiamo..."

"Alis! Ma quello a momenti non si ricordava neanche di me, a te ti avrà visto una volta."

"Sì, ma per come mi ha guardato... vedrai che si ricorda. Si ricorda..."

"Va bè..."

Apro il menù. Certo che Alis quando fa così mi da sui nervi. È di un convinto! E poi scusa forse ci sono prima io, no? Ecco, mi sto innervosendo ma non con lei in realtà, no, con me! Perché queste cose che penso dovrei dirgliele. Ecco dovrei discuterci e fargliele presenti, anche perché so di avere ragione. Va bè, magari la prossima volta. E anche questo un po'"mi fa arrabbiare perché alla fine rimando tutto sempre alla prossima volta. E a volte quando vorrei risponderle non mi vengono le parole giuste, così ci passo sopra. Poi torno a casa e mi viene la risposta perfetta che avrei potuto darle... ma ormai è tardi!

"A che pensi?"

"Oh, niente..."

Ecco, come volevasi dimostrare.

"Allora ordiniamo? Dai che sta venendo il cameriere."

Alis ci guarda aspettando le nostre decisioni.

"Io prendo un antipasto di terra e poi pasta all'amatriciana."

"Ti tieni leggera eh... Clod, tu?"

Clod chiude il menù. "Io solo un'insalata."

"Eh?"

Alis e io ci guardiamo e quasi sveniamo.

"Non ci posso credere..."

"E che è successo?"

"E" entrata forse nella tua testa quella parola da te odiata... dieta?"

"Spiritose. E" che non ho molta fame."

E così ordiniamo sul serio quello che avevamo in mente. Alis si prende un'aragosta alla catalana che io ho assaggiato una volta e mi è sembrata troppo all'aceto ma che a lei piace tanto, bo, e così, appena il cameriere se ne va, riattacchiamo con la nostra indagine psicoanalitica.

"Vogliamo sapere il perché di questa dieta! "

"Sì, cosa ti ha portato a ragionare..."

"Cosa è successo?"

"Chi ti ha detto cosa?"

"I tuoi? Un ragazzo?"

"Un film?"

"Un sogno?"

E ci divertiamo a farle sempre più domande che alla fine Clod non ce la fa proprio più. "Ok, ok... Basta." Rimane un attimo in silenzio. E noi due pure.

"È che..."

"È che?"

Clod ci guarda un'ultima volta, poi esplode in un sorriso.

"Mi sono messa con Aldo."

"Nooo!"

"Non ci credo!" Alis si butta all'indietro che quasi cade dalla sedia. Io sono felicissima ma non riesco proprio a crederci.

"Non è uno scherzo, vero?"

"Ti sembro una che scherza su queste cose?"

"Raccontaci..."

E piano piano sul nostro tavolo cala una specie di silenzio come solo la parola amore sa creare. Perché l'amore, cioè in che modo due persone si conoscono, si frequentano, si telefonano, si mettono insieme o si lasciano, non c'è niente da fare, interessa sempre tutti. Se te lo racconta una come Clod poi, ti emozioni ancora di più.

"Allora era finita la lezione di ginnastica. Avevo fatto la doccia e ancora avevo i capelli un po'"bagnati. Sono uscita fuori e lui era lì, sotto il portone della palestra. Pioveva e la pioggia si vedeva in controluce perché era pure saltata la lampadina del lampione..."

"Ma dai! Meglio..."

Clod sorride ad Alis, "Allora stranamente non ha voluto fare nessuna imitazione... Siamo rimasti in silenzio, poi mi ha detto una cosa bellissima: "Sai, prima odiavo venire a ginnastica...'".

"E tu?"

"Io ho detto che invece odio ancora andarci... Però ci vado sempre lo stesso. Allora ci siamo messi a ridere. Poi è passata una macchina veloce vicino al marciapiede che quasi non ci ha visto e ci stava per fracicare tutti..."

"Bellissimo, come nei film!"

"Sì, proprio, allora siamo finiti vicini... E, non so come, ci siamo baciati."

"Come due calamite che finiscono attaccate..."

"Sì o come due calamità! "

Alis deve sempre distruggere tutto.

"Ma allora che ci fai qua... Oggi dovresti festeggiare con lui! "

"Infatti mi ha scritto un messaggio, forse ci vediamo dopo."

"Ma vai ora!" Clod guarda Alis quasi come a chiedere "posso?". Ma io non ci penso due volte e insisto.

"Ma vai! Vai! Mi accompagna Alis!"

"Ma certo... l'accompagno io! " Non fa in tempo a finire la frase che Clod quasi rovescia il tavolo. "Grazie, avevamo organizzato cena e tutto. Non sapevo proprio come dirvelo..." E sparisce fuori del locale. E noi rimaniamo così a mangiare e chiacchierare un sacco, a commentare la notizia incredibile.

"Ma ti rendi conto... Clod fidanzata e noi due no! "

Però sono felice. Era quella che sulla carta aveva molte meno possibilità. E per un attimo Alis sembra triste e proprio non la capisco. Dovremmo essere felici per la nostra amica. Ha realizzato un sogno! Certo per me stare con Aldo e subire ogni giorno tutte quelle imitazioni incomprensibili che fa, sarebbe un incubo. Ma se lei è felice! Questo conta nella vita, essere felici per quello che veramente ti fa felice... Glielo dico ma lei sembra pensare ad altro. "Scusi, cameriere, che ci sono le torte al cioccolato?"

"Si, certo."

"Ecco, me ne porta una bella fetta?" Poi mi guarda e sorride. "Magari il prossimo anno saremo qui io e te con due fidanzati e lei di nuovo da sola..."

"Sì... Può essere, ma potremmo anche essere tutte e tre... con tre ragazzi! " E Alis mi guarda strana, poi alza le spalle.

Si certo... Anche se mi sembra proprio strano che a questa possibilità lei

non ci abbia pensato.

Tom, il nonno di Carolina

Sono Tommaso, il nonno di Carolina. Mio nipote Giovanni, o Rusty James come lo chiama Carolina, ferma il mondo sulla pagina bianca. Anch'io. Ma uso un altro tipo di carta, quella fotografica. L'obiettivo contiene lo spazio che voglio immortalare. Quel tondino così piccolo che può trattenere un momento magico, irripetibile. La fotografìa ferma il tempo, sconfigge la paura che tutto vada perso. Basta un click. Quell'immagine e soprattutto ciò che evoca saranno nostri per sempre. E" questa l'idea che mi è sempre piaciuta dell'arte della fotografìa. Momenti che posso condividere con gli altri, la mia Lucilla per prima ad esempio. Una modella bellissima per me. Un volto che cambia spesso espressione e regala lo spunto per tante foto. Dovreste vederla. Ha degli occhi che non vi so dire. Mi ci perdo dentro ancora oggi. Mi sento al sicuro se la guardo. Lei cammina per casa tranquilla. Rimette a posto, legge, si prepara un te, mi parla. E io mi sento felice. E so che potrei morire oggi e andrebbe bene lo stesso, perché ho avuto tutto quello che volevo. Anzi no. Ho avuto quello che non sapevo di volere. Perché spesso noi sbagliamo nel desiderare le cose. Crediamo di sapere cos'è meglio per noi ma in realtà ce lo imponiamo. E il rischio che si corre a non ascoltarsi davvero. Con la mia Lucilia invece ho imparato a cercare quello che il mio cuore voleva. Così quando ripesco le mie foto, tutte quante, posso ricostruire ogni passaggio del mio viaggio con lei. Lei che mi ha insegnato la vita e mi ha reso migliore. Lei che non si è mai arresa anche quando non avevamo un soldo e non sapevamo come fare. Si è rimboccata le maniche e serenamente ha cominciato a costruire pian piano, anche col poco che c'era. E nel tempo in quelle foto c'è una vita intera da rivedere per sentirsi ancora come in tutti quegli istanti che ho cercato di fermare. Senza perdere nulla. Anche quando non ci saremo più sapranno conservare quello che conta. E chi ama potrà sempre cogliere qualche sfumatura che magari, nella frenesia della vita, era andata persa. Faccio fotografie da anni. Le raccolgo in alcuni album che teniamo in salotto e ogni tanto di sera ci mettiamo sul divano a sfogliarli. Quanti ricordi e risate e anche un podi tristezza per ciò che non potrà tornare. Eppure il piacere sta tutto nel riguardarle. E soprattutto vedere che i nostri due volti ci sono sempre e vederli cambiare pagina dopo pagina. Io e lei. Che amore. L'amore. Ricordo ancora la prima volta che la vidi. Eravamo tutti i due giovanissimi e io certamente parecchio imbranato. Passavo bicicletta e la vidi. Camminava e lo faceva in un modo che non posso dimenticare. Una camminata bella, solida e leggera allo stesso tempo. Una camminata che mi rassicurava. La cosa che mi veniva da pensare e quasi mi spaventò fu che avrei potuto perderla, che se non avessi fatto qualcosa lì, in quel momento, non l'avrei mai più rivista camminare così. Dovevo fermarla, immortalarla in qualche modo. Ma non avevo nulla per farlo. C'ero solo io. Così scesi di bicicletta e mi presentai. Lei quasi si spaventò ma poi subito dopo si mise a ridere. Si mise a ridere... a quei tempi se uno sconosciuto ti piombava così vicino e ti parlava c'era imbarazzo e le ragazze tendevano a fare le ritrose, anche per paura di quello che gli altri avrebbero potuto dire. Ma lei no. Nonostante fosse pieno giorno, lei rise. E parlò con me. E io seppi che non avrei mai più potuto fare a meno di lei. Ed è stato così. Ho conosciuto altre donne e nessuna, mai, mi è sembrata magnifica come mia moglie. Fu quando lei rise che decisi che mi serviva a tutti i costi una macchina fotografica. Per fotografare lei. Per fermare quella risata. E poi le altre... E così la presi subito. Dovetti comprarmela da solo, a rate, coi soldi del mio primo lavoro. Ma la comprai comunque. E cominciai a fotografarla sempre e lei si vergognava. Ma era bellissima, anche quando faceva le smorfie. E poi i paesaggi, le cose, i miei altri affetti, nostra figlia, i nipoti e tutto quello che mi circonda sono entrati nell'obiettivo. La fotografia è il modo con cui mi descrivo e parlo. Anche il disegno, altra mia passione, ma non è come quando faccio degli scatti. Quando li guardo, vedo un pezzo della mia vita e mi ricordo esattamente di quel giorno. Poi sorrido. So che rimarranno oltre me. Forse qualcuno guardandoci bene dentro vedrà il sorriso della mia anima. Se così fosse allora saranno la mia vera eredità.

Marzo

Per quanto sei riuscita a tenere spento il cellulare? Mai!

Un rimpianto del mese scorso? Non aver ancora trovato Massi.

Cos'è per te la primavera? La leggerezza.

L" sms più brutto ricevuto questo mese: qual è l'animale che, se aggiungi un numero, ti permette di stare a galla? Il canotto e me l'ha mandato Filo!

Capelli lunghi o corti? Lunghi.

Il film più carino che hai visto? Carino non so... comunque carinissimo Ratatouille.

Bianco o nero? Bianco.

Unghie curate o mangiucchiate? Nessuna delle due.

Il complimento che ti piace di più? Sei bella.

Quello che odi? Sei figa.

Mi ricordo che da piccola mi dicevano sempre marzo mese pazzo. Che non ho proprio capito perché dicono così, non fa neanche rima. Al limite: marzo grande sfarzo. E così potrebbe essere il mese preferito da Alis! Oppure: marzo grande sforzo. E in questo caso potrebbe andare bene per Clod e la sua dieta.

Che poi ogni mese a modo suo può essere pazzo. Dipende da quello che succede. E comunque io non potevo pensare che marzo avrebbe cambiato la mia vita. No. Non così. Bè, ma cominciamo dall'inizio.

Nico è un tipo troppo divertente. E alto un bel po'"più di me, ha un fisico forte, è bello, riccio, con gli occhi azzurri. Porta la moto che tutti dicono sempre "sembra il vento". E lui ride, poi fa le pinne ed è sempre allegro. Ha una moto Honda Hornet nera, aggressiva Eppure riesce a portarla su una ruota sola per un bel pezzo.

"Vuoi venire a fare un giro? Dai, Carolina, sali dietro.. Io e te sfidiamo il vento."

E mi guarda così, con quegli occhi azzurri e profondi che sembrano il mare quando è calmo, quando guardi lontano e non vedi dove finisce, quando ti perdi in quell'azzurro tanto che non capisci dove comincia il cielo. Insomma mi piace, non posso dire di no. Ma un giro su una ruota sola.

"No grazie no, Nico."

"Come vuoi..." E sgomma e rigira la moto sulla ruota di dietro, frena con quella davanti e la fa girare sotto di lui mentre quella dietro alza una nube bianca come se stesse bruciando. Ma poi arriva subito una signora grossa con una tuta che gli urla.

"E piantala Nico! Che mi impuzzolentisci tutto! Qua dobbiamo lavorare!"

Nico si ferma, spegne la moto e la posteggia. Poi si rimette il cappellino e si avvicina alla pompa. Ora è un po'"triste e mogio. Insomma non è più spavaldo come prima.

"Ma Carolina, tu devi fare benzina."

"No, no, grazie, l'ho fatta prima." Già, perché Nico è il figlio del benzinaio. Ma non è certo per questo che gli ho detto di no al giro. E che sul serio ho paura! Comunque ormai da quando l'ho scoperto vado sempre a fare benzina lì. Ma mica per Nico, lui l'ho conosciuto dopo, per Luigi, suo padre. E" un tipo basso con dei grandi baffi, sotto la tuta porta sempre la cravatta, ed è sorridente e gentile anche con me che al massimo metto 5 euro. Perché a volte i benzinai quando si accorgono che metti così poco, che gli lai staccare la pompa per "soli" 5 euro, allora ti trattano male, non ti guardano quando glieli dai e alla fine neanche ti salutano. Invece lui e anche sua moglie Tina sono sempre gentili.

Tina è grossa, robusta, con un seno grande e i capelli scuri e mossi. E" quella che prima ha urlato a Nico e forse lui ha preso da lei, anche se gli occhi sono quelli del papà. Fatica un sacco quella donna, la vedo spesso lavare le macchine che le portano. E lei che se ne occupa, le lava e poi le asciuga bene dopo averle fatte passare sotto l'autolavaggio. Si stende con dei grossi stracci sopra il cofano e prova ad asciugare il parabrezza e poi il tetto e con quel seno grosso che ha, quasi non ci arriva. Ed è buffa perché le si strizzano i seni dentro quella tuta, ma lei continua con i capelli che le cadono sul viso, sudata, sbuffando e fa il suo lavoro con grande attenzione. E vedere Nico che continua a fare le pinne mentre sua mamma lavora così tanto... Mah. Affari loro.

Un giorno però mentre sto tornando da scuola una moto mi accosta. Mi stringe e quasi cado e sono costretta a frenare e non mi accorgo che è lui fino a quando non si toglie il casco.

"Nico! Mi hai spaventata!"

"Scusa..." Poi rimane in silenzio. "Ma perché non vuoi uscire con me? Perché sono il figlio del benzinaio?" E rimango quasi senza parole. Lo vedo lì davanti a me con quei capelli ricci con una faccia decisa ma buona in fondo, anche un po'"in difficoltà.

"Perché dici questo? No, non c'entra niente."

"Sicura?"

"Certo."

"Dimostramelo. "

"Primo, io non ti devo dimostrare nulla. E secondo, non esco con te perché mi vuoi portare su questa moto che guidi come un pazzo... Ci mancava poco che mi facevi cadere così, pensa se mi porti su una ruota sola... Non ci verrei mai."

Allora Nico sorride. "E se ti prometto che guido piano piano... e che non pinno mai?"

"Se me lo giuri."

"Te lo giuro."

Rimaniamo un attimo in silenzio. "Andiamo a fare un giro?"

"Non posso."

"Vedi? Lo sapevo..."

"Non posso perché devo studiare. Oggi non ho fatto niente."

"Domani pomeriggio?" Lo vedo che mi guarda con il sopracciglio alzato. Mi mette alla prova.

"Ok. Verso le cinque sperando che non piova."

Nico è tutto felice. Sembra un bambino capriccioso che ha ottenuto quello che voleva. "Dammi il tuo indirizzo che ti passo a prendere..."

"No, ci vediamo a scuola da me. Al Farnesina."

"Perché?" Diventa di nuovo sospettoso.

"Perché i miei non mi fanno andare dietro a una moto. E non crederebbero mai al tuo giuramento."

"Giuro che lo mantengo."

"Ok. Ciao... A domani."

Tira un po'"indietro la moto e mi lascia passare. "Ciao..." Ma mentre torno verso casa mi prende un nervoso. Mannaggia a me. Non dovevo accettare. Cioè mi ha costretto. Non mi sento libera. Cioè, sai quelle cose che ti senti poi di dover fare per forza? Che anche se prima magari ne avevi voglia, automaticamente ti passa! Sono sempre stata libera di decidere chi frequentare, invece questo qui, con il fatto che gli volevo far capire che la storia del benzinaio non c'entrava niente... Bè, mi sono fregata da sola. Mannaggia a me un'altra volta. E pure la sera sono nervosa e per fortuna Ale è rimasta fuori a cena se no avremmo litigato di brutto. Che poi di questo qui, non mi viene neanche più da chiamarlo Nico per quanto sono nervosa, non ho neanche il telefonino, non posso neanche mandare un sms e inventarmi una scusa qualsiasi... Che palle !

"Caro, che hai? Ti vedo così nervosa..."

"No niente, mamma."

"Sicura?" Mi guarda negli occhi e stringe un po'"i suoi per mettere ancora più a fuoco, come se riuscisse a leggermi dentro. E un po'"ci riesce purtroppo, ma non voglio farla preoccupare.

"Ma no, niente... E" che ho discusso con Alis."

"Te l'ho sempre detto che è strana quella ragazza, siete troppo diverse..."

"Sì, lo so... Hai ragione. Ma ora mi passa."

E in effetti poi dopo che mi sono lavata i denti e mi sono infilata nel letto un po'"mi passa. Ma sì, che mi frega. Ma in fondo ci esco domani pomeriggio e poi basta magari. E forse mi diverto pure. E comunque è un bel ragazzo e chissà dove mi porterà poi. E su questi ultimi pensieri alla fine sono un po'"più tranquilla e così mi addormento.

Ma quando mi sveglio la mattina invece le cose hanno ripreso su allo stesso modo. Sono di nuovo nervosa. Una smania strana, come quando ti accorgi di aver fatto un brutto sogno ma non ti ricordi quale, hai voglia di mangiare qualcosa per colazione ma non sai neanche cosa, vorresti stare ferma nel banco e invece dai che tocchi l'astuccio e tiri fuori le penne e apri la borsa e cerchi qualcosa ma cosa poi...

"Ma che hai, Caro?"

"Perché?"

"Non stai ferma un attimo..."

"Uffa!"

E anche la tua compagna te lo dice, e tu sai che ha ragione, ma comunque ti da fastidio, anzi, soprattutto perché ha ragione. Insomma nel pomeriggio dopo aver studiato lo stretto indispensabile, mi ritrovo davanti allo specchio. Provo diversi vestiti e alla fine scelgo quello che mi sembra più giusto, jeans, camicia blu a quadretti celesti e bianchi e felpa Abercrombie azzurra, scarpe Nike nere, cintura larga D&G, giubbotto blu scuro Moncler. Insomma non voglio essere ne troppo ne troppo poco. Mi sono pure pettinata i capelli e me ne sto seduta sul letto che fisso la radiosveglia sul tavolo dove di solito a quest'ora avrei continuato a studiare.

16.10.

16.15.

16.18.

Mi sembra come quel racconto che mi ha fatto una volta Rusty James. Quando faceva il militare si svegliava prestissimo e la giornata era piena di impegni poi, un'ora prima della libera uscita, non aveva più niente da fare.

E così tutti aspettavano le cinque, quando finalmente sarebbe stato aperto il cancello e loro sarebbero potuti andare in libera uscita. Il tempo sembrava non passare mai. C'era chi stava seduto su un muretto con le gambe ciondoloni, qualcuno passeggiava su e giù, qualcun altro fumava una sigaretta, qualcun altro sfogliava quell'unico giornale, ormai ridotto a carta straccia, per la decima volta. Poi finalmente la tromba! E allora tutti di corsa si dirigevano verso un piccolo portone che era l'unico modo per uscire dalla caserma. Ecco, è così per me. Solo che non vado in libera uscita. Esco con il colonnello "Nico"! È come se oggi, solo per me, avessero rimesso l'obbligo di leva. Bè, alla fine in un modo o nell'altro, perfino mettendo a posto la mia camera per la seconda volta, finalmente si fanno le 16.50 e così anch'io posso uscire di corsa.

Lascio un biglietto a mamma. "Torno presto... Caro." E questa è forse l'unica volta a essere proprio vero. Almeno nell'intenzione. Arrivo davanti a scuola e lui è già lì, appoggiato alla moto con due caschi identici, uno sul serbatoio, l'altro vicino a lui sul sellino. "Ciao!" E allegro e felice.

"Ciao..." Spero che il mio tono non mi abbia tradito. No. Non mette in moto e se ne va, quindi non ha capito niente di ciò che penso.

"Chiudo il motorino e arrivo..."

"Sì sì, fai pure."

Mentre metto la catena, mi piego vicino alla ruota davanti e come da un piccolo dettaglio tra carburatore e cavalletto spuntano le sue scarpe: sono di camoscio con frangette sopra tutte spazzolate in avanti e una piccola fìbbia laterale. Oddio, ma dove le ha trovate? Cioè neanche a cercarle su Internet si può trovare una cosa del genere, neanche andando su eBay e scrivendo nella casella categoria: "la cosa più brutta del mondo". Bè neanche lì arrivano a immaginarsi tanto! Comunque poco importa. Ormai è fatta.

Poco dopo sono dietro di lui, sul suo sellino. Almeno guida piano e sta tenendo fede al giuramento.

"Dove andiamo?" chiedo curiosa.

"Oh... E una sorpresa..." E mi tocca con la sinistra la gamba battendoci sopra, come quei cani ai quali fai "patpat" per tranquillizzarli. Mi verrebbe da fare "Uuuuh" ululando al cielo e alla mia dannatissima capacità di mettermi nei casini. Ma lascio stare e controllo seria la strada spostandogli la mano dalla gamba.

"Guida con due mani che ho paura..." E tutto sembra andare per il meglio.

Poco dopo.

Rallenta, si infila tra due macchine ferme e posteggia la moto.

"Ecco siamo arrivati!" Scende e si sfila il casco.

"Ti piace?

Il Luneur. E" il luna park.

Mi guarda sorridente, tutto felice, come se lo avesse costruito lui.

"Ci sei già stata?"

"Oh... una volta." In realtà ci sono andata da piccolissima con i miei genitori e mi sono divertita un sacco. Forse perché mamma veva paura di tutto e papà la prendeva in giro e le faceva sempre spavento. Mi ricordo che abbiamo fatto la Casa degli orrori e mamma non voleva salire sul vagoncino che porta dentro il percorso, Alla fine io e lei siamo andate insieme e stavamo nel primo vagone ed eravamo quelle che urlavano così forte che gli stessi mostri quasi si spaventavano.

"Vieni, andiamo di qua." Mi prende per mano e mi porta davanti al Labirinto degli specchi.

"Facciamo questo, ti va?"

"Ok."

"Due biglietti, grazie."

Entriamo ed è piuttosto facile muoversi là dentro. E alla fine siamo fuori in pochi minuti.

"Ti è piaciuto?"

"Oh sì, c'è stato solo un attimo che non capivo bene dove andare."

"Sì, tu sei stata brava."

In realtà ho dato due capocciate su un vetro che non avevo proprio visto. Sono scoppiata a ridere. Per fortuna che non se ne è accorto.

"Spariamo un po'?"

"Sì!"

Ci danno due fucili. E io tengo premuto il grilletto come se fosse una mitragliatrice.

"No! Non così" mi sgrida il signore. "Un colpo alla volta..." Allora faccio come mi dice, ma comunque Nico deve pagare altri 10 euro. Gli sto costando una cifra. D'altronde è voluto venire lui al luna park. E poi andiamo sul "Tabata" e saltiamo da tutte le parti quando accelera e lui si stacca dal bordo e prova a raggiungere il centro.

E pure un altro tipo lo fa. Si tengono in piedi da soli al centro con le braccia larghe come se fosse una sfida tra loro, una sfida personale, a chi resiste in piedi al centro Io e la ragazza dell'altro tipo ci guardiamo e lei scuote la testa per solidarietà come a dire "hai visto che ci tocca fare" e io le vorrei dire: "Sì, ma io mica ci sto con il mio, tu sì!". Ma lascio stare.

Poco dopo siamo davanti a tante piccole bocce di vetro e sono poco lontana dal bordo e cerchiamo di buttarci dentro una pallina da ping pong. Ma Nico alla fine si scoccia e ne tira cinque tutte insieme. Rimbalzano sui bordi e finiscono fuori, non c'è niente da fare. È proprio sfigato. Io ne tiro una e faccio centro.

"Brava Carolina! Bravissima! Grande!"

Un signore anziano mi si presenta con una bustina trasparente, tenuta su da due spaghi, piena d'acqua e con dentro un pesce

rosso.

"Brava complimenti. Questo è tuo."

"Grazie." Guardo quel povero pesce rosso dentro la bustina trasparente. Boccheggia quasi. È fermo nell'unica direzione possibile per lui. Mi fa tristezza ma meglio che lasciarlo lì. "Vieni, ti va di mangiare una cosa? Ti accompagno."

Ci fermiamo davanti a uno strano marocchino tutto colorato, allegro, parla tanto e non si capisce bene quello che dice.

"Allora che ci vuoi dentro, tzatziki? Io metto se vuoi pomodoro, cipolla, oltre kebab e insalata fresca. Già lavata, eh? Tu non ti preoccupi di me. Io preparato con le mie mani, tutta roba fresca e lavata." E mostra a Nico delle mani di un lercio... Mia madre gliele farebbe lavare quaranta volte.

"Oh, per me molta cipolla... Tu Carolina?" "No, io prendo un gelato... confezionato, grazie." Il marocchino apre uno sportello di un frigo lì vicino. "Scegli tu, prendi quello che vuoi." Alla fine decido per un ghiacciolo alla menta. Nico si fa fare una "pita" stracolma di kebab, cipolle, maionese, panna acida, pomodoro e lattuga. Mangiamo così seduti a un tavolino d'acciaio con delle sedie in ferro, tutte un po'"scrostate. Davanti a noi c'è una scatola di plastica rossa scolorita con dentro troppi fazzolettini incastrati.

Nico mangia con avidità. "Uhhh buono..." Bofonchia sorridendo, con la bocca piena di cibo ma per fortuna non spalancata. "Sa il fatto suo il tipo..."

E io sto zitta. Perfino la carta del gelato mi sembrava sporca.

Poco dopo siamo sulla ruota del Luneur. E" alta, altissima. La nostra navetta aperta sale ondeggiando pericolosamente. Siamo seduti vicini. Io con in mano la bustina d'acqua con dentro il mio pesce stordito, Nico che sa di cipolla. Improvvisamente la ruota si ferma. Stutump. Un rumore freddo, sordo, di tutto il meccanismo centrale. La navetta oscilla avanti e indietro. Poi lentamente, piano piano comincia a fermarsi. Nico si affaccia.

"Oh ci siamo solo noi..." Poi guarda sorridente. "Ci hanno voluto fare un piacere a fermare la ruota..."

Sì... Sai che piacere. Ma sto zitta.

"Guarda. Guarda che bello laggiù, si vede il sole che tramonta."

Dietro alle case lontano, in fondo, verso il mare di Ostia, si vede un ultimo spicchio di rosso. Sì, deve essere il sole. Alcuni palazzi lì intorno vivono i riflessi di quell'arancione.

Nico indica a sinistra. "E lì ci deve essere l'Altare della Patria..."

E" tutto coperto da un alto pino.

"Lì invece," girandosi verso di me, "il Colosseo... E lì in fondo invece c'è l'Olimpico... Dove domenica gioca la Magica contro la Juve... Speriamo bene..."

Bè, vi giuro, silenzio. Ma sapete proprio silenzio silenzio? Cioè non riesco a trovare una parola, un commento, una frase qualsiasi. Ho solo un pensiero. Speriamo che il tipo lì sotto faccia ripartire presto la ruota. Nico mi guarda, si sistema il giubbotto.

"Sai, sono proprio contento che sei voluta uscire con me... Mi dispiace se ho pensato che eri un po'... un po'"così, sì insomma contraria, per la storia del figlio del benzinaio..."

"Figurati." Gli sorrido. "Non ci pensare..."

Volevo vedere se avesse fatto lo stesso discorso ad Alis, lei cosa gl'avrebbe detto. Poi piano piano Nico si avvicina.

"Sei molto bella..." Più vicino, sempre più vicino. Oddio... sento la cipolla. Aiuto. E ora che faccio?

"Scusa, Nico..." Mi sposto girandomi dall'altra parte. "Non ci rimanere male. E che ci conosciamo così poco..."

"Sì, hai ragione..."

Carolina! Ma così è come se gli stessi dicendo vediamoci di nuovo e poi caro Nico, chissà, vedremo... Infatti.

Nico sorride speranzoso. "Bè, spero che però una sera di queste usciamo a cena..." Mi guarda tutto sicuro di sé. E no. Basta. La storia che non è importante essere figlio o no di un benzinaio gliel'hai già dimostrata. Ora basta.

"Mi dispiace..." Lampo di genio. "Ma io sto con un ragazzo..."

"Ma come?" Ah già, è vero, potrebbe dirmi di tutto. Perché non gliel'ho detto prima?

"Cioè, in realtà ci siamo lasciati, Nico... è che però penso ancora a lui... Insomma ho voluto provare a uscire con te... Pensavo che fosse possibile.."

Mi viene in mente una di quelle cretinate che ho sempre sentito dire. "Sai... chiodo scaccia chiodo..."

Silenzio. E Nico invece sorride, spera ancora un po'. E improvvisamente mi vedo grassa, grossa, con un seno enorme, dentro una tuta da benzinaio che lavo i vetri delle macchine insieme alla mamma di Nico! E poi all'improvviso, come in un "morfìng" al contrario dimagrisco di botto, rivesto le mie vesti, torno me stessa ora, di nuovo così, come sono, libera... "E invece niente, ho capito che sono ancora in fìssa con lui..."

Ancora silenzio.

"Hai capito, Nico? E così... Mi dispiace."

Poco dopo siamo a terra. Scendiamo.

Mi riporta al motorino senza parlare.

"Grazie, mi sono divertita." A volte è proprio il caso di mentire. "Magari ci sentiamo."

"Sì, ciao..." Saluta a mezza bocca, con le spalle abbassate, dispiaciuto. Si allontana piano con la moto, mi lascia così, con quel pesciolino in mano.

Poi alla fine della strada fa una pinna, alza la moto e corre su una ruota sola, dando e togliendo gas. Forse per sfogarsi. Forse perché è deficiente. Comunque per fortuna non casca. Se no mi toccava pure accompagnarlo all'ospedale.

Amy Winehouse. Me & Mr Jones. Allegra, bella, frizzante. Sono in motorino e il pesce sembra quasi che balli a tempo tanto ballonzola dentro la sua bustina trasparente, piena d'acqua, attaccata al perno del parabrezza. Mamma mia che pomeriggio. Mai più. Sul serio, non vorrei mai più rifare un'uscita del genere, in realtà però non sei sicura che quando per caso ricapiterà sarai sempre così lucida e determinata. Ecco. "Cipolla." Lo chiamerò il giorno della cipolla. Voglio proprio vedere se avrò il coraggio di dimenticarmelo quando mi si ripropone "un giorno della cipolla".

E così prima di tornare a casa passo per Valle Giulia. Sono tutte curve e devo stare bene attenta a non finire con la ruota del motorino dentro le guide del tram... Se no sai che volo! Arrivo di fronte alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, giro a destra e salgo su per Villa Borghese.

Scendo dal motorino e mi levo il casco. E" quasi buio ma la piccola fontana è illuminata.

"Ecco, qui dentro ci sono un sacco di tuoi amici pesci... Vedrai che starai benissimo... Sam!" Lo chiamo così anche se non ci capisco nulla e non so se è maschio o femmina. So solo che il giorno della cipolla, almeno per adesso, ha salvato qualcuno.

E così rovescio la sacchetta dell'acqua con dentro Sam nella fontana. Pluff. Fa un bel tuffo, va sul fondo e si ferma per un po', come se fosse rimbambito, ma poi si scrolla di dosso la strettezza di quella busta di plastica, muove la testa e piano piano nuota muovendosi tutto allegro.

"Bravo Sam. Divertiti... Verrò a trovarti presto." E non so se lo farò sul serio nei prossimi giorni, o nel mese successivo o almeno nel corso dell'anno, ma so che mi piace l'idea di avere un amico pesce di nuovo libero in quella bella fontana. Lo riconoscerò perché è rosso con una piccola macchiolina nera sul dorso, proprio sotto la pinna e vorrei arrivare lì e dire: "Ehi Sam Cipolla, come va?". E vederlo arrivare da dovunque si trovi in quella fontana e avvicinarsi a me scodinzolando con la pinna, anche se non è un "pescecane". Sì, lo so che non accadrà mai, ma mi piace pensarlo... d'altronde, se non sei tu il primo a credere in un tuo sogno, come puoi pensare che un'altra persona lo faccia per te?

E così me ne vado verso casa tutta soddisfatta e anche con una certa fame. Ma quando arrivo non trovo nessuno. Solo un biglietto.

"Vieni presto dai nonni. Siamo tutti lì. Tua mamma." E quella firma, quelle poche notizie, quel vieni presto, quella fretta improvvisa anche nella scrittura. Quel rafforzativo, "tua" mamma. Come se una ragazza a quattordici anni non fosse ancora pronta, non avesse sviluppato le emozioni, il sentire, ci fosse solo preoccupazione intorno a lei, paura della reazione che potrebbe avere. E mentre vado in motorino sono lì che penso, ragiono, cerco di capire. Ma non mi viene in mente nulla.

E non sapevo che di lì a un attimo avrei provato il silenzioso rumore dell'infrangersi di un sogno.

Strano. La porta è aperta: "Eccomi... Sono qui... Mamma...?".

La vedo in fondo al corridoio. Sta guardando dentro una camera. Poi mi vede, si gira e mi fa un sorriso. Debole. Leggero. Dispiaciuto. Imbarazzato. Pieno di dolore. Pronto alle lacrime. Un sorriso che racconta una storia. Che non capisco. Che non voglio capire. Viene verso di me, prima piano. Poi, più veloce. Poi sempre più veloce, quasi corre e mi abbraccia e si scontra con me e chiude gli occhi in un abbraccio, in un respiro lungo, lunghissimo. Vuole essere grande, madre e forte. E invece è solo una figlia, con le lacrime agli occhi.

"Nonno è morto."

"Ma come... " E quasi mi viene da urlare e scoppio subito a piangere e mi vergogno.

"Shhh... shh... buona bambina mia..."

E mamma mi accarezza i capelli, mi stringe, poi mi porta con sé, tenendomi abbracciata, lungo quel corridoio, fino all'ultima stanza, lì dove si trovava prima. Nonno è disteso sul letto, con un volto silenzioso, sereno, ma che non può dire più nulla. E io un po'"ho paura. Non so che fare. Alzo lo sguardo. Ho gli occhi pieni di lacrime. Appannati. Come lenti che cambiano il mio modo di vedere.

Alcune persone. Parenti. Parenti che non vedevo da tempo. Alessandra. Rusty James è in un angolo. Papà dall'altra parte parla con sua sorella. Mi stacco da mamma. Mi libero da lei e mi avvicino a nonno. Rimango così, sull'angolo del letto. Poi prendo fiducia, mi avvicino un po', un po'"di più. Sento gli occhi delle persone che mi guardano. Non alzo lo sguardo. Guardo solo il nonno.

Mi dispiace. Mi mancherai. Mi facevi sempre ridere e come disegnavi bene. Avrei voluto diventare brava come te, prendere lezioni da te, eri sempre paziente, calmo, tranquillo, non alzavi mai la voce e mi raccontavi cose che mi facevano vedere tutto quello che avevi già visto e che io non conoscevo. E poi il tuo amore grande, come quel disegno che hai fatto pochi giorni fa. Il tuo amore per nonna. Allora alzo lo sguardo. E lei è lì seduta di fronte a me. Su una piccola sedia. Ha le spalle abbassate, il viso senza un filo di trucco, pallida, in silenzio. Mi guarda ma non dice nulla. Poi guarda di nuovo nonno. E io continuo a fissarla. Prima lei, poi lui, poi loro due. Cosa starà pensando nonna? Quale ricordo che solo loro hanno vissuto? Dove è ora? In quale tempo, in quale luogo? In quale momento dei tanti nei quali è stata amata? E vorrei dirle: "Nonna, è stato bellissimo! Eravate così belli, sempre mano nella mano, sul vostro amore non si vedeva un filo di vecchiaia! I vostri baci a volte mi facevano girare di là! Ma sentivo il profumo dell'amore. E ora nonna come farai?". E mi sento stringere il cuore. E allora allungo la mano, prendo coraggio e la poggio sopra la sua, sopra quella di nonno. E" fredda. E mi sento improvvisamente sola. E in un attimo vedo svanire un sogno. Io che lo porto dietro il mio motorino. Nonno che mi abbraccia e ride, con le sue gambe lunghe e le ginocchia alte che quasi ci poggio i gomiti mentre guido. Ce l'eravamo promesso. Era una promessa, una promessa, nonno. Che fregatura. E scoppio a piangere, a dirotto.

Aprile

Bevanda analcolica preferita? Succo di mela.

Quale persona ti piacerebbe incontrare? Avrei detto Massi se non ci fosse stata la storia di nonno. Allora viene prima lui perché gli vorrei tanto dire ancora una cosa.

Per te il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Tutto pieno!

Se potessi scegliere una professione quale sarebbe? La fotografa.

Di che colore ti tingeresti i capelli? Azzurri.

Riesci a far schioccare tute le dita? Sì.

Una persona che ti ha "dato qualcosa" nell'ultimo periodo? Il prof di italiano al tema! Mi ha dato ottimo!

Hai già amato qualcuno al punto di piangere? Sì, ma non l'ho mai raccontato.

Coperta o piumone? Tutt'e due.

Piatti favoriti? Sempre e solo pasta. E la pizza.

Preferisci dare o ricevere? Dare.

Lasciare o essere lasciati? Domanda non pervenuta.

Non sapevo quello che stava per succedere. Ma avevo capito dal primo aprile, quel giorno in cui tutti ti fanno uno scherzo grande o piccolo che sia, che sarebbe stato un mese speciale... Il più speciale della mia vita.

"E poi? Vai avanti Rusty James." Sono sprofondata nella poltrona rossa, la mia poltrona. Joey è ai miei piedi tranquillo, muove ogni tanto la coda e ascolta con me le parole che mio fratello ci legge. Il suo primo romanzo.

Nuvole. Ma non è ancora sicuro di questo titolo.

"Mi piace moltissimo... continua."

Rusty fa un lungo respiro e poi riprende a leggere. "E non avevo che un attimo per raggiungerlo. Lo guardavo correre via con i suoi capelli al vento..."

E lo seguo, lo guardo dietro quel tavolo di legno, pochi oggetti sopra, una sedia impagliata sulla quale è seduto e quelle pagine che gira una dopo l'altra, mentre la sua storia prende vita. Lo guardo mentre legge, muove le mani, si diverte, entra in quello che ha scritto, raccontandomi più di quelle stesse parole. E ascolto così, con gli occhi chiusi, e mi emoziono, non so perché, mi viene da piangere. Forse in questo periodo sono più fragile. Forse perché mi manca nonno. Mi manca il fatto che non possa stare seduto qui, sul divano ad ascoltare anche lui queste parole. Poi sorrido, ma sempre a occhi chiusi. Ma forse le sta ascoltando.

"E poi la abbraccio stretta. E lei mi guarda negli occhi."

""Ma...'"

""Shhh... Le metto un dito sulla bocca."

""Silenzio... Non senti il mio amore?'"

"Lei allora sorride. Anch'io."

""Non andartene mai più.'"

Rusty gira l'ultima pagina. Posa le mani sul tavolo. Io apro gli occhi.

"Caro! Ma stavi dormendo di nuovo!"

"No..." sorrido. Ho gli occhi lucidi, emozionati. "Stavo ascoltando... Non andartene mai più! È bellissimo... Ma come ti vengono certe cose?"

"Ma non so... Così..."

"C'entra Debbie?"

"Ma che c'entra..." Rusty arrossisce un po'. È la prima volta che lo vedo un po'"confuso, sì, insomma, arrossire così. Poi mi guarda e sorride.

"Certo... Un po'"c'entra." Torna serio. "Ma anche tu c'entri... Nella vita di chi scrive, tutti c'entrano, lasciano una parola, un segno, un sorriso, un'espressione del viso che rimane lì, nella memoria, come una pennellata che nessuno potrà mai cancellare..."

Drin. "Caro, ci sei?"

Sento da fuori le urla delle mie amiche. "Ehi, sono loro, sono arrivate!"

Joey e io corriamo fuori. Clod e Alis sono lì, Joey si mette a saltellare davanti a Clod.

"Bello... vieni qui! " Si china e lo accarezza. Joey le fa un sacco di feste e io sono un po'"sono gelosa.

"Allora ce l'avete fatta! "

"C'era un sacco di traffico..."

Chiudono le macchinette vicine al mio motorino.

"Ecco, le bici sono queste qui fuori."

"Io prendo quella bianca... E" più elegante."

Alis lo dice ridendo. Intanto comunque la prende per prima e ci sale subito sopra. Clod sale sull'altra e io su quella che rimane.

"Ma è troppo alta questa per me..."

"E abbassa il sellino, Clod, che ci vuole...!" Già si lamenta.

"Sì però non correte troppo, eh..." Rusty compare sulla porta. "Avete capito? Andate piano, eh... Già vi vedo a fare le corse. E non superate le roulotte in fondo alla ciclabile, quando arrivate lì, tornate indietro..."

Alis è già partita.

"Ma così è troppo breve..." Rusty si indurisce un po'. Poi si rivolge a me. "Caro, sono quattro chilometri fino a lì... E" perfetto. Non mi fare pentire di avervi preso le biciclette..."

Poi aiuta Clod ad abbassare il sellino. "Ecco così dovrebbe andare bene. Provalo un po'!" Clod ci monta sopra. "Sì, perfetto."

E ce ne andiamo così, lungo il Tevere, sulla rossa pista ciclabile, silenzio, il fiume che scorre poco sotto di noi, un rumore di traffico lontano. Mi alzo sui pedali e raggiungo subito Alis con due pedalate veloci.

"Bello qui, eh..."

"Bello tuo fratello..." Mi guarda. I suoi capelli al vento, la sua aria maliziosa.

"Ti scoccia se mi ci metto?"

Sorrido. "No, per niente." Tanto Rusty non ci si metterebbe mai con una così più piccola di lui. Alis continua. "Una volta mi ha detto che gli ricordo la sua prima ragazza... Carla. Cosa voleva dire secondo te?"

"Quello che ha detto..."

"Per me qualcos'altro."

"Per me non le somigli molto. Forse si è sbagliato..."

"Se non le somiglio allora ho ragione io. Era un modo per dirmi che gli piaccio." Alis alza le spalle e si tira in piedi sui pedali e inizia ad andare veloce. E allora inizio a correre anch'io. E partiamo così in una corsa veloce, una dietro l'altra come se fosse l'ultimo scatto poco prima della curva del traguardo.

"Ehi, lo sapevo! Aspettatemi..." Mentre Clod non si scompone più di tanto e continua la sua pedalata lenta.

Poco più tardi. E" quasi il tramonto, non c'è nessuno lungo la ciclabile, siamo quasi arrivate ai quattro chilometri. Mi giro verso di loro.

"Ehi ragazze, torniamo indietro..." Clod è subito d'accordo. "Sì, sono stanca." Mi guarda. "È più di mezz'ora che pedaliamo."

Alis invece insiste.

"Io no, voglio fare un altro quarto d'ora e poi torniamo."

"Ma così andiamo oltre le roulotte."

"Ma figurati non c'è nessuno. Io devo dimagrire."

Alis si mette le cuffìette dell'iPod, come se non volesse sentire più nessuno, si alza di nuovo sui pedali e via, vola a tutta velocità con una grinta incredibile, come per un ultimo scatto.

"Aspetta... aspetta..." Ma ormai non ci sente più.

"Dai Clod... andiamo."

"Ma io non ce la faccio..."

"Non possiamo lasciarla così..." Comincio a spingere di nuovo sui pedali. In effetti sono stanca anch'io, ma dopo un po'"la raggiungo. Alis mi sorride.

"Dobbiamo tornare! " Niente, ha le cuffie, non mi sente. Strillo un po'"più forte. "Dobbiamo tornare indietro, non possiamo andare così lontano... ! " Alis sembra farlo apposta. Muove pollice e indice indicando l'orecchio come a dire che non ci sente. Così accelera, inizia a pedalare più forte e parte a tutta velocità. Fa il rettilineo sempre più veloce fino a sparire dietro l'ultima curva in fondo.

Io rallento, aspetto Clod che alla fine mi raggiunge.

"Che palle... Ma dove va quella matta? Che non lo sa che poi dobbiamo fare a stessa strada per tornare indietro?"

"Pensa di essere arrivata..."

"No... Pensa di dimagrire!"

"Guarda che la magrezza è fuori moda... Aldo l'ha sempre detto... Io gli piaccio perché sono un po'"tonda..."

Mi vede perplessa. "E guarda che è inutile che fai quella faccia... Mica lo dice solo Aldo! L'ho letto anche su un giornale dove parlano della moda a Parigi..."

Clod riparte a tutta velocità.

"Ma quale giornale?"

"Boh, non mi ricordo..." Clod e il suo essere sempre un po'"vaga. Troppo. Ma dietro la curva ci aspetta una bella sorpresa. Alis è ferma in mezzo a tre ragazzi. Avranno sui diciassette, diciott'anni. Uno di loro è un po'"più grande e sembra anche il più cattivo.

"Ecco le tue amichette... " Parla con uno strano e antipatico sorriso sulla faccia. E" straniero. Ha un taglio sul sopracciglio. Ci fermano subito le nostre biciclette. Mi accorgo che uno dei ragazzi ha in mano l'iPod di Alis. Si infila le cuffìette.

"Bella questa... Cos'è? " Poi guarda l'iPod e legge: "Irene Grandi? Mai sentita".

Alis alza un sopracciglio. Solo per il fatto che quel tipo ha usato le sue cuffìette lei non userà mai più quell'iPod, neanche cambiandole.

Un altro ragazzo si avvicina a Clod.

"Scendi..." E senza neanche aspettare le sfila da sotto la bicicletta. Il terzo, come lei è scesa, gli mette le mani nella tasca nei pantaloni.

"Ehi, che fai?" Clod cerca di liberarsi ma si avvicina anche l'altro e insieme cominciano a perquisirla.

"Eccolo..." trovano il telefono. "Ma che... Guarda che roba, c'ha un vecchio Motorola."

"Ridammelo..."

Il tipo più grande fa segno con la testa al ragazzo. "Buttaglielo lontano... E inutile."

"Sì, ma prima levagli la batteria."

Prende, lo smonta e butta i due pezzi lontani. La batteria finisce addirittura in mezzo a dei rovi.

Un movimento veloce e lancio dietro di me sotto la ciclabile il mio Nokia 6500. Appena in tempo.

"E tu? Dacci il tuo..."

"Il mio è a riparare. Non ce l'ho... controllate pure." E alzo le mani lasciando cadere la bicicletta a terra. Subito i due mi si avvicinano e mi frugano nei pantaloni, dietro, davanti, le loro mani son sporche, sudicie, sudate. Mi danno fastidio. Chiudo gli occhi. I In respiro lungo.

"Non ha niente... " Mi lasciano. " Solo questo piccolo portafogli... "

"Quanto c'hai?"

"20 euro..."

"Ok, meglio di niente." Poi ci levano gli orologi, la catenina di AIis e anche quella di Clod : "Ma era della Prima comunione ". Neanche le rispondono. Salgono sulle nostre biciclette, con le nostre cose in tasca. Il tipo più grande, quello con l'iPod di Alis, si mette le cuffiette nelle orecchie. "Andatevene và..." E iniziano a pedalare allontanandosi da noi, continuando per la ciclabile, tornando indietro, verso chissà quale meta. Forse stanno andando a quelle roulotte. Appena sono lontani corro indietro. Scendo giù dalla pista e cerco tra l'erba alta. Eccolo, il mio telefonino! Compongo subito il numero.

"Pronto Rusty..."

"Che c'è? Che succede?" E gli racconto tutto e quasi mi viene da piangere per la rabbia ma Rusty non mi dice nulla. Non mi sgrida. Non mi dice "Ve l'avevo detto che non dovevate superare quelle roulotte...".

Rimane poi per un attimo in silenzio.

"E le tue amiche? Tutto a posto?"

"Sì... stanno bene."

"Ok. Allora tornate verso il barcone..."

"Ok..." Rimango un attimo in silenzio. "Rusty James..."

"Sì?"

"Mi dispiace..."

"Sì, sì, va bene... iniziate a camminare prima che faccia buio." E chiudiamo.

"Dai muoviamoci... Dobbiamo tornare verso il barcone..."

"Non ci viene a prendere?" Alis ha anche il coraggio di lamentarsi.

"No... Ha detto intanto di camminare che poi forse ci raggiunge..."

"Non poteva venire subito, no eh?"

"Senti, se stiamo in questo casino è per colpa tua."

Alis non mi risponde e comincia a camminare veloce. "Forza Clod, andiamo."

"Ma non trovo la batteria!"

"Dai te la ricompro io... Dobbiamo andare."

E iniziamo così a passo svelto a camminare lungo la ciclabile. Cinque minuti. Dieci. Venti. "Ho caldo..." Clod si lamenta.

"Dai che manca poco..."

"Ora rimpiango la bicicletta. Poi mi devi prestare il telefonino per avvisare casa..."

"Certo..."

Alis cammina davanti a noi, sembra quasi non sentire le nostre parole. Ha la testa alta, con il mento all'insù, come se fosse infastidita da tutta questa storia. Che poi... sa benissimo che è tutta colpa sua. Ma guai a ripeterglielo. Una cosa assurda e fondamentale di Alis è che lei non c'entra mai nulla. Se qualcosa non è andata è perché comunque non sarebbe andata e in questo si ricorda sempre una frase che le aveva detto sua nonna calabrese, "Vuoi dire che non era cosa...".

Ma dopo la curva, un'altra incredibile sorpresa. Un piccolo furgone con due tipi grossi lì di fianco e le nostre biciclette sopra. E poi... non ci posso credere.

"Rusty James! " Corro verso di lui e l'abbraccio, gli salto a collo, con le gambe quasi intorno alla vita per quanto salto in alto.

"Sì, sì. Quando ti pare fai così... Tieni." Scendo da Rusty e vedo che mi consegna la catenina della comunione di Clod, l'iPod di Alis e diverse altre cose che quei tre ci avevano preso.

"Questi dovrebbero essere i vostri soldi..."

"60 euro? Me ne avevano presi solo 20..."

"Ah..." Rusty James guarda i soldi in più, non sa bene che farci. "Tieni..." li da a uno dei due ragazzi dell'Ape. "Vi farete qualche caffè."

Il tipo si mette a ridere e comunque se li infila in tasca. Poi guardano giù sotto la ciclabile. Lontano tra le frasche vicino al fiume ci sono i tre ragazzi che ce li avevano rubati, ora li vedo anch'io. Quello più grosso trascina la gamba come se zoppicasse. Un altro ha una mano sul viso e ogni tanto l'allontana e ci guarda dentro come a controllare che non ci sia del sangue. Si girano ogni tanto verso di noi ma cercano di allontanarsi il più velocemente possibile...

"Allora ecco le vostre biciclette."

Uno dei due sbatte con la gomma poggiando forte a terra e la da a Rusty.

"Ciro, fai piano... eh..."

"Uè... Queste rimbalzano..."

Devono essere napoletani. E" altro ragazzo lo aiuta.

"Ecco questa è la mia..." Mi avvicino al furgoncino mentre stanno tirando giù quella che guidavo. Rusty mi aiuta.

"Veramente sono mie... E pensa che le avevo prese proprio per farvi andare sulla ciclabile ma non dopo le roulotte..."

"Hai ragione..." Clod controlla la catenina che si è messa al collo. Poi prende la sua bicicletta. Nel vano dietro del furgoncino ci sono alcune cose. Clod le vede e sorride.

"Ehi, ma che giocate a baseball...? Mi piace un sacco... Ho fatto la richiesta per giocare a softball nel campo dietro l'Amene..."

Ciro si rivolge all'altro ragazzo. "Giuliano, copri con il telo le mazze... da baseball... che si rovinano così..."

Poi il tipo sorride a Clod. "Non giochiamo spesso... Solo quando ne ha bisogno un amico..." Guarda Rusty. I due si sorridono.

"Noi rientriamo alla "basé, qualunque cosa sai dove trovarci..."

E se ne vanno così, con quel buffo furgoncino di diversi colori, sopra c'è disegnata una pizza mezza mangiata, sotto il nome "Gennariè". Torniamo piano piano verso il barcone. Rusty sulla sua bicicletta. Noi davanti a lui. Una volta arrivati rimettiamo a posto le bici. Rusty le chiude tutte con una lunga catena e le fìssa a un palo a terra.

"Bè, meno male che si è risolto tutto."

"Già..." Rimango un po'"così con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Mi sento un po'"in colpa.

"Dai andate, se no fate tardi... Caro, salutami mamma."

"Sì Rusty..."

"Ciao!" Anche Alis saluta. "Ci vediamo. "Poi sale sulla sua macchina, accende e parte via veloce. Io salgo vicino a Clod. "Guarda..." Mi sorride tutta felice mostrandomelo.

"Me lo ha regalato..."

Clod ha in mano l'iPod Touch di Alis.

"Bene... Sono felice per te." Clod lo poggia sul cruscotto. Mi guarda un po'"perplessa. "Secondo te non lo dovevo prendere? Mi ha detto che se no lo buttava..."

"No no.. E" che Alis non la capirò mai."

Clod mi sorride. "Ma l'amicizia è anche questo, no? Una persona ti sta simpatica, le vuoi bene e basta... Mica la devi per forza capire..."

E riprende a guidare.

Sì. E vero. Forse è così. Ci sono cose che a volte ti sfuggono e che invece una persona così semplice come Clod coglie nel modo più naturale. La guardo e le sorrido. Anche lei mi sorride. Faccio un respiro lungo e poi un breve sospiro. Comunque è stata una bella giornata e il libro di Rusty mi è piaciuto moltissimo. Come finiva? Ah, sì. "Non andartene mai più."

Sono passata a casa da nonna. Mi ha preparato un dolce. "Grazie, proprio quello che mi piace un sacco..." Nonna mi sorride. "Danne un pezzetto anche a tua sorella." "Sì, ma lo taglio prima per Ale, se no lei se lo mangia quasi

tutto!"

"Va bene, fà come vuoi..." E non diciamo altro, usciamo fuori in terrazza e facciamo una passeggiata. Nonna ha messo un sacco di vasi e di fiori diversi.

"Ecco..." Si avvicina a una pianta che scende giù dal muro, una cascata di verde profumato.

"Questo è glicine..." lo prende con la sua mano magra, quasi scavata e se lo porta al viso. Si tuffa in quel fiore lillà, chiude gli occhi e l'annusa come se lì ci fosse tutta la primavera, un pezzo della sua vita, l'amore che se ne è andato...

"Senti, senti come è profumato..." E quasi non ci arrivo e mi abbraccia da dietro e mi aiuta ad alzarmi. E delicato e leggero. E mi perdo tra quei piccoli petali. E guardo i suoi occhi che curiosi leggono i miei.

"Sì, è buonissimo..." E continuiamo così a camminare per il terrazzo e lei mette una mano sotto il mio braccio e io lo allargo un po'"e lei ci si infila e continuiamo così, a braccetto, in silenzio, ognuna con i suoi pensieri, anche se io li immagino i suoi e la lascio andare. La guardo con la coda dell'occhio e la vedo come cercare tra i suoi ricordi qualcosa, poi lo trova e sorride. Allora chiude gli occhi. È come se si stringesse il cuore perché quell'immagine ormai sfuocata, vola via così. Allora poggio una mano sulla sua che tiene sì mio braccio, la sfioro leggera, senza disturbarla, ascoltando tutto quel dolore che, così educato, mi cammina accanto.

Sera di qualche giorno dopo.

"Ehi, ma ti ho mandato un messaggio!"

Sono sul letto che studio, non avevo vicino il cellulare fino a quando non ha suonato.

"Ah sì, Clod, lo vedo..."

"Eh, volevo sapere cosa avevi deciso. Allora che fai, Caro, vieni?"

"Ma non so... Non è che mi va tanto."

"Ma guarda che è fìchissimo... Dai, Aldo non può. Ti passo a prendere, ci sarà una musica pazesca."

In effetti ho finito di studiare.

"Dai, è la serata di chiusura del Piper, non puoi mancare..."

"Boh non so. Risentiamoci dopo" chiudo. E continuo a stare così, con i piedi poggiati in alto sul muro, le gambe mezze piegate. Le muovo a destra e sinistra, insieme, facendo ballare il polpaccio, sciolgo un po'"i muscoli.

Risuona il cellulare. Lo guardo. Alis. Rispondo.

"Ho parlato adesso con Clod, non esiste proprio... Scendi tra venti minuti se no salgo e ti distruggo casa."

"Ok, ok" sorrido, lo so che scherza ma sarebbe sul serio capace.

"Guarda che sul serio tra venti minuti sono sotto casa tua... non mi fare aspettare..."

"Sì, badrone!" La sento ridere dall'altra parte. Chiudo il telefono.

Dopo una "tatticosa" anche se veloce trattativa riesco a far dire di sì a mamma. Ma che fatica! Comunque non ero uscita mai nella settimana. Inizio a prepararmi. Dopo un secondo mi risquilla il cellulare. È Clod.

"Cioè non capisco, te lo dico io niente... Ti telefona lei dici subito di sì."

Sorrido. "Ma non è vero... Ho detto di no... Poi mi ha detto che stavi male, che ti eri mezza mollata con Aldo! Che dovevamo farti compagnia."

"Ma non è assolutamente vero! Ma che mi porta sfiga?"

"Oh, a me ha detto così. E per questo che le ho detto va bene."

"Sì, sì, non so chi è più felice tra voi due! lettatrici! Fidanzatevi voi che poi ve la tiro io. Va bè, ci vediamo lì di fronte. Non fate tardi!!!"

Chiudo, mi metto a ridere e comincio a prepararmi. Che bello stare a casa da sola. Ale è dal suo nuovo ragazzo, credo, oppure si è rimessa con quello di prima. Boh, con lei non ci si capisce niente. Non so come fa. Dovrebbe essere chiaro se ti piace una persona o un'altra, non puoi avere un dubbio di questo genere! Invece lei finisce una storia, si mette subito con un altro e poi fa i confronti, ripensa a quello di prima. Si ricorda qualcosa, le sembra che ci stava meglio e così torna con quello di prima. E dopo che ci si è rimessa insieme, magari accade qualcosa di semplicissimo, che ne so una di quelle piccole discussioni: "Andiamo dagli amici tuoi, no dai miei..." o "Cinema? No pizza!" e tac, automaticamente le manca quello nuovo! Mia sorella... So tutte queste cose perché ne parla fìssa al telefono con Ila, Ila sua amica del cuore. Con me fa la vaga, anzi, quella che ha chiare le idee! A me fa solo ridere.

Mi continuo a truccare davanti allo specchio. Mi metto un filo di rimmel, ma proprio un po'"eh... Poi un po'"d'azzurro, una matita leggera. Alla radio fanno Mercy di Duffy. E ballo un pochino. Faccio un passo, una giravolta e mi ritrovo davanti allo specchio. Sorrido. Ma sì, in fondo mi è venuta voglia di andare alla festa. E meno male che ho preso questa decisione. Ancora non lo sapevo, ma tra poco tutta la mia vita sarebbe cambiata.

"Eccola, eccola lì Clod!" Posteggiamo a un metro da lei.

"Ma guarda come si è conciata!" Ha una giacca colorata, rosso ciliegia, e un cappellino tipo coppola di jeans.

"Ehi! Sei fichissima..."

"Ehi, siete arrivate!" Guarda scocciata l'orologio. Scendo dalla macchinetta. "Oh, io ero pronta subito..."

Alis mi da una spinta. "Sì come no... per andare a letto! Dai, venite che siamo sulla lista. " Saluta il tipo alla porta.

"Edo, sono con me."

"Ok, entrate!"

Alis ci trascina giù per le scale.

"Dai dai, facciamo presto, c'è una musica pazzesca!"

Alis va al guardaroba e lancia la sua giacca sul bancone. "Mi prendi il numeretto se no fa niente..."

Poi fugge via nel casino tra la gente. Mi levo il mio giubbotto e lo metto insieme a quello di Alis e Clod.

"Tutti e tre insieme?" Ci fa la guardarobiera, una ragazza carina, capelli neri con una frangetta sbilenca, un piercing al naso e una gomma troppo grossa che mastica a bocca aperta.

"No... no... ce li fa separati."

"Ok. 15 euro..."

Clod spalanca gli occhi "Mortacci..."

"Dai, pago io." Per fortuna ho i soldi.

La ragazza ci da tre bigliettini. "Tieni questo è il tuo..." Me ne metto uno nella tasca di dietro e mi tengo quello di Alis in mano.

Eccola lì. Balla come una pazza in mezzo alla pista.

La raggiungo. "Tieni..."

"Che è?"

"Il tuo biglietto per la giacca" le urlo nell'orecchio.

"Ah grazie! " Se lo infila, tutto accartocciato, nella tasca davanti.

"Senti, senti Caro! Senti che roba!" Chiude gli occhi, Alis, e rotea su se stessa. Alza le braccia e balla, balla come una pazza saltando, cantando, a tempo perfetto, con gli occhi semichiusi, urlando con forza, con gioia, con tutta se stessa. E io ballo davanti a lei, scuotendo la testa, con i capelli folti persi nella musica, agitando le braccia e subito dopo arriva Clod e anche lei si piega su se stessa. E balla divertita e andiamo, ragazzi, che siamo una forza, e ho fatto proprio bene a venire a questa festa. E il dj è un mito, scratcha che è una meraviglia! Entra con i Finley, passa per Battisti, si supera con Tiziano Ferro e poi di nuovo la Pausini. Grande dj, splendida musica e tutti ballano e luci riflesse e una palla magica sopra di noi rotea con i suoi specchietti. E laser e fumo e suoni e ritmo e ci perdiamo nelle ombre della disco. Sembriamo una marea improvvisa, un mare danzante, onde di musica, riflessi di sorrisi nell'ombra, braccia alzate che vanno a tempo. Ed è follia e sono risate, senza bere, senza sigarette, senza nessun altro tipo d'aiuto, così, pazze e naturali, con il coraggio di essere vivi, liberi, senza pensieri, abbandonati su tutte quelle note. Ecco che entrano!

"Macho macho mani... I Village People! "

"Fichissimo!"

E balliamo tutte e tre vicine, facendo gli stessi movimenti, precisi, perfetti, esattamente a tempo.

"Macho, macho man, l" ve go to be, a macho man! Macho, macho man l" ve got to he a macho! Hey!"

Allegre come non mai. E poi, all'improvviso, la musica lentamente si abbassa. La voce del dj entra calda, perfettamente morbida, in punta di piedi quasi.

"E ora una dedica speciale... Un ragazzo per la sua lei... Lei che ha sempre continuato a cercare..." Ride il dj. "Deve essere veramente innamorato il tipo... Lei che finalmente ha ritrovato... " E ci lascia così, con quest'ultima frase che si perde nel buio della sala mentre entrano le prime note di Shine on.

No, non ci posso credere. La mia canzone. Quella che mi ha regalato Massi. Coppie nel locale si abbracciano. Ragazzi e ragazze si perdono nel loro bacio. Lentamente, a tempo, seguendo le morbide note.

"Are they calling for our last dance? I see it in your eyes. In your eyes. Same old moves for a new romance. I could use the same old lies, but I" ll sing, shine on, just, shine on!"

Una coppia abbracciata davanti a me. Baci interrotti da qualche piccolo spiraglio di luce. Lui le accarezza il viso sorridendo. Un'altra coppia... Ballano lenti, lui ogni tanto le prende con la mano i capelli, li alza, li lascia cadere, e poi sorridendo la bacia, poco più in là un'altra coppia che balla guardandosi negli occhi, come se intorno non esistesse nessuno, come se noi, nessuno di noi fosse qui, solo loro due e tutto il loro amore. Poi una voce improvvisa alle mie spalle.

"Sei tu che ho sempre cercato..." E poi le sue braccia che mi stingono da dietro.

"Sei tu che stasera ho ritrovato..." Chiudo gli occhi. Non ci credo. E poi la sua voce.

"Te lo chiedo di nuovo... Dimmi che non sei un sogno..."

Mi giro. Il suo sorriso. "Massi!"

Ci guardiamo negli occhi. Mi sembra di impazzire.

"Non ci posso credere... Non ci posso credere..."

"Shhh..."

Sorride. Mi mette un dito sulle labbra. E poi indica in alto, la nostra canzone..

"Close your eyes and they" ll all be gone. They can scream and shout that they" ve been sold out, but it paid for the cloud that wè re dancing on. So shine on. Just shine on!"

"Vedi.." E si avvicina. E mi bacia. E mi sembra che il mondo si fermi. E sento le sue labbra, la sua lingua e mi perdo nel suo sapore come magico. E ho quasi paura ad aprire gli occhi... Ditemi che non sto sognando... vi prego, ditemelo! E quando apro gli occhi lui è ancora lì, di fronte a me. Sorride. Mi sembra più bello di allora, del mio ricordo, di sempre. E non trovo le parole, non riesco a dire niente. Vorrei raccontargli tutto: sai, mi sono persa il numero, l'avevo scritto sul telefonino, me l'hanno rubato in autobus, allora sono tornata dove ce l'eravamo dato, ma avevano pulito la vetrina, sono andata quasi ogni giorno alla Feltrinelli, bè insomma, almeno una volta alla settimana, anche l'ultima, quella che è passata, ma di te... nessuna traccia. Ecco, vorrei dire tutto questo anche di più. Ma non riesco a dire nulla. Lo guardo negli occhi sorrido. Sembro quasi ebete, come solo l'amore può renderti. E non mi viene veramente niente da dire, solo un sorriso pazzesco e poi: "Massi...".

E poi di nuovo: "Massi...".

E lui penserà che sono stupida o idiota o che ho fumato o bevuto o smesso da tanto di andare a scuola se non riesco a formulare nessuna frase!

"Massi..."

"Carolina... che c'è... dimmi..."

"Mi ridai il tuo numero per favore... E dimmi anche dove abiti, dove vai a scuola e in palestra... "

E lui ride e mi prende per mano e mi rapisce tra la gente. E un attimo dopo sono dietro la cassa, tiro fuori il bigliettino e prendo al volo il giubbotto e poi su per le scale e siamo per strada, fuori dal Piper. Mando un messaggio a Clod e anche ad Alis mentre salgo dietro di lui, sulla sua moto. E via. Accende e parte e io mi piego e mi abbraccio a lui e mi perdo così, felice nel vento della notte. Fa un po'"freddo e mi stringo un po'"più forte a lui. Non ci posso credere. Ma allora i miracoli avvengono sul serio! Volevo incontrarlo di nuovo. E ci sono stati mille giorni che avrei fatto di tutto, che avrei rinunciato a qualsiasi cosa perché questo accadesse. E ora? Ora sono dietro di lui. E lo stringo più forte. E ci guardiamo nello specchietto e lui mi sorride e mi guarda curioso, come a dire "perché questa stretta?". E io non rispondo. Lo guardo e sento i miei occhi colorarsi d'amore. Poi li chiudo e mi lascio portare dal mio sospiro... e dal vento.

Poco più tardi, È tutto fermo. Perfino le foglie degli alberi sembrano non voler fare rumore, quasi sospese, così, in un silenzio di una notte magica. Siamo sotto la luna in un grande prato. "Vedi lì..." Massi mi indica dei grandi cespugli su una collina. "Non si vede ma c'è un castello, questa strada si chiama dell'Acqua Traversa. Venivo a correre qui quand'ero piccolo perché io abito dietro la curva, in via dei Giornalisti."

E io sorrido. Anche se qualcuno mi fregherà il telefonino io potrò trovarlo sempre. Poi faccio un lungo respiro. Ora sono sicura solo di una cosa. Da oggi ci perderemo solo se noi lo vorremo. E spero che questo non accada mai.

"A cosa stai pensando?"

Abbasso gli occhi. "A niente..."

"Non è vero." Poi sorride e inclina un po'"la testa, "Dì la verità, mi hai detto una bugia, eh?".

"Su cosa?"

"Il telefonino rubato, la vetrina... che sei andata spesso dove c'eravamo conosciuti! Non c'è niente di vero? All'inizio non mi avevi neanche riconosciuto..."

Mi avvicino. Lo guardo negli occhi. E improvvisamente mi semlra di essere un'altra. Sedici anni, diciassette, oddio... Forse diciotto! Convinta, sicura, serena, determinata. Donna. Come solo l'amore ti può trasformare.

"Non ho mai smesso di pensarti." E gli do un bacio. Lungo. Appassionato. Caldo. Morbido. Amorevole. Avido. Sognante. Affamato. Passionale. Sensuale. Preoccupato... Preoccupato? Mi stacco e lo guardo negli occhi.

"Non andartene mai più..."

È vero, l'ho fregata a Rusty, ma il libro chissà se uscirà... e poi... Ma quanto è bella questa frase? Massi mi guarda. Sorride. Poi una carezza delicata tra i capelli, la sua mano imprigionata. Io mi ci appoggio, come fosse un piccolo cuscino e mi ci perdo, posandoci le labbra. Sulla sua mano, così, debolmente dischiuse. Come le ali di una delicata farfalla, respirano il suo sapore, quel fiore nascosto... I" uomo che stavo cercando. L'uomo della mia vita. Che parolone...

"Vieni, monta." Mi rimetto il casco e sono subito dietro di lui. Ia moto sale su per una strada sempre più stretta, scodinzola, scivola su qualche sasso rotondo che slitta sotto di noi e salta via dal sentiero perdendosi nell'erba alta lì intorno. La luna ci guida di lassù. E la moto fugge lungo il viottolo e ancora su, più su, tra l'erba alta. E le sue grandi ruote sicure piegano le spighe, il verde, le piane selvagge e io mi stringo a Massi mentre continuiamo a salire su per la collina.

"Ecco, siamo arrivati."

Massi fa scattare il cavalletto laterale. Poggia la moto a sinistra, mi aiuta a scendere. Mi levo il casco, lo poggio sul sellino.

"Vieni..." Mi prende per mano. Lo seguo. Dietro un grande alloro c'è una piccola piazzola. Uno sterrato di terra rossiccia, al centro c'è un pozzo fatto di mattoni antichi. Arrotondato, con un secchio di zinco mezzo rotto poggiato lì di lato, e una carrucola in alto ancora attaccata a un vecchio arco di ferro antico, nero, come un arcobaleno fatto però di solo ferro, privo di colore, che sparisce così sui bordi di quello stesso pozzo.

"Guarda giù." Mi sporgo e un po'"ho paura. Ma Massi lo capisce e mi abbraccia.

"Ecco, vedi quell'acqua lì in fondo... Si vede la luna."

"Sì, la vedo... E" riflessa."

"Quando la luna è così alta, vuoi dire che è luna piena e allora è il momento... C'è un'antica leggenda..."

"Quale?"

"Devi esprimere un desiderio e se con una moneta centrerai la sua immagine da qui, allora il tuo sogno si avvererà. Si chiama la leggenda della luna nel pozzo."

E rimane così in silenzio a guardarmi, sorridendo. Lontano, qualche rumore della notte. Qualche lucciola si accende e si spegne nell'erba intorno a noi. E poi più nulla. Massi si mette la mano in tasca e trova due monete.

"Tieni." Me ne passa una e poi mi da un bacio e mi sussurra. "Prendi la luna..."

Allora mi affaccio nel pozzo e non ho paura. Mi sporgo un po'"di più e allungo la mano. Eccola, è al centro, sopra la luna. Allora chiudo gli occhi ed esprimo il mio desiderio. Uno due... e apro la mano. Lascio cadere la moneta giù nel buio. E vola via così, sempre più veloce, nel silenzio di quel pozzo. La vedo ruotare, volare per un po'... Poi non la vedo più. Allora fisso la luna laggiù, in fondo al pozzo, riflessa nel buio di quell'acqua così scura. E all'improvviso... Pluff! Vedo la monetina entrare perfettamente nel bianco di quella luna.

"L'ho presa! L'ho presa!" Salto dalla gioia e abbraccio Massi e lo stringo forte e gli stampo un bacio sulle labbra. E lui ride.

"Brava! Ora tocca a me..." E aspetta che quell'acqua scura sul fondo torni a essere ferma. Ecco. Silenzio. E una luna virtuale risplende di nuovo ora in fondo al pozzo. Massi stende a mano, chiude gli occhi e in quel momento esprime il suo desiderio. E io chiudo gli occhi e stringo i pugni e vorrei tanto che fosse uguale al mio... E poi lo vedo aprire la mano di getto. Quella moneta vola via così, nel buio del pozzo. Allora mi sporgo un po'"di più per cercare di seguirla fino a quando... pluff!

"Eccola lì. Sì! L'ho presa anch'io!!!" E ci abbracciamo così... Dandoci un altro bacio e un altro e un altro ancora, guardandoci negli occhi, affamati d'amore. Poi ci stacchiamo un attimo. Silenzio. Lo guardo.

"Peccato che un desiderio non si possa svelare."

"Già.. se no non si realizza..."

Massi sorride nell'ombra della notte. Cerca i miei occhi.

"Si... è così."

Ora sorride anche lui e si avvicina e mi da un ultimo bacio, bellissimo, ma così bello, che sembra sussurrare: sì, sono identici i vostri desideri...

Maggio

Film da vedere a maggio: Aspettando il sole.

Canzone del mese di maggio: Tre minuti dei Negramaro.

L'atmosfera più romantica? A maggio, di sicuro, e la sera tra le 7 e le 8 quando si fa scuro ma c'è il tramonto rosa.

Sei innamorata al momento? Innamorata ho paura a dirlo, ma felicissima sì!

Credi ai fantasmi? Credo che a volte i ricordi siano fantasmi.

Perdoni il tradimento? Tradire significa che non si ama più. Non c'entra nulla perdonare, c'entra che una cosa finisce...

Sei vendicativa? No.

Credi nel vero amore? Tantissimo.

Fiore preferito? Il ciclamino. Mia mamma ne ha uno bellissimo.

Credi nel colpo di fulmine? Sì! Ma dici in amore, no? Mica sotto il temporale!

Non riesco a crederci. È l'amore. L'amore con la A maiuscola, l'amore folle, quella felicità assoluta, quello per cui non esiste più nessuno per quanto è bello. Amore infinito. Amore sconfinato. Amore planetario. Amore, amore, amore. Tre volte amore. E vorresti ripetere questa parola mille volte, e la scrivi sui fogli e scarabocchi il suo nome, anche se poi di lui non sai quasi niente. Ci vediamo ogni giorno, anche solo dieci minuti sotto casa o così, per strada.

"Ci vediamo un attimo?"

"Caro, ma ti ho lasciato un minuto fa a casa..."

"Ti devo dire una cosa..."

"Ok." Ride Massi. E poco dopo siamo lì, in mezzo alla strada con le macchine, gli autobus, tutto che passa intorno a noi ma che sembra non fare rumore. Stiamo lì in piedi, fermi, mentre tutto il mondo gira.

"Allora...? Che c'è?" E mi guarda. E sorride. E alza il sopracciglio, curioso e vorrebbe leggere nei miei occhi e vorrebbe leggere nel mio cuore. Non ci riesco. Non ce la faccio. E alla fine opto per la soluzione più facile.

"È che... sono felice." Massi mi abbraccia e mi stringe forte. Poi si allontana un po'"da me e scuote la testa e mi guarda divertito della mia follia d'amore.

"Tu sei tutta pazza..."

"Sì... pazza di te."

Giorni successivi. Giorni sereni. E a scuola vado perfino bene alle interrogazioni! Roba da pazzi, incredibile, mi ci vuole poco per prepararmi. Studio un po'"e poi so già tutto. E" come se fossi magica. Clod e Alis non ci credono.

"Ecco perché sei sparita così di botto... Era lui! Bè, ci piace un sacco..."

"Sì, è veramente fico..."

"Alis, è riduttivo..."

"A me sembra così! Non lo conosco poi tanto, l'ho visto quella sera e due volte che ti è venuto a prendere... E per me è un gran fico..."

Alis... Riesce comunque a farmi ridere.

"Ma c'hai fatto già sesso?"

"Ma de che!"

"Guarda che se non ci fai sesso, quello lo perdi..."

"Ma perché devi portare sfìga?" Vorrei aggiungere. Ho quattordici anni! Qualche bacio precedente, un po'"di confusione nelle spiegazioni in quei disegni fatti da Ciòccolati... Poi Lorenzo e la sua mano... Il solletico. Nulla di più.

"Ok, oggi pomeriggio da me!" Alis sembra stradecisa. "Tutte e due. Spiegazioni di anatomia. Insomma educazione sessuale... Che l'esperienza fatta con Dodo non vada persa! "

"Alis!"

"Ma non ci hai detto niente..."

Ci guarda sorridendo. "Non è capitato. Provato molto, non tutto... E comunque voglio che ne capiate qualcosa anche voi! Siete voi le fidanzate ora..."

Clod e io ci guardiamo. Clod allarga le braccia.

"Ci tocca! " Alis ci prende tutte e due sottobraccio.

"Ha ragione."

"Bene! Allora oggi pomeriggio "si studià a casa mia! "

Proprio in quel momento passa il prof Leone. "Brave, così mi piacete!"

Alis si gira "Gliele faccio diventare due studentesse modello!". Poi, di nuovo rivolta a noi due "Se solo sapesse su cosa prendete ripetizioni!".

Il pomeriggio da Alis: un mito! Si è fatta montare una lavagna in salotto.

"Allora, vi spiego... questo come vedete è..." disegna con tanto di gesso bianco, "il loro coso... Può essere più o meno grande... Quello di Dodo era così..." E fa una certa misura tenendo le due mani una di fronte all'altra. Clod non riesce a trattenersi.

"Te lo ricordi bene, eh!"

Alis sorride. "E chi se lo dimentica! Allora voi dovete essere gentili con il coso, non staccarglielo, morbide, accarezzare, su e giù senza spingere troppo in fondo... E senza tirare troppo verso di voi... Se no glielo staccate! "

Clod si lancia in una delle sue. "Sì... E me lo porto a casa! E chi sono "l'Enigmista?!'"

Proprio in quel momento entra la madre di Alis.

"Ragazze, io esco..." Poi vede la lavagna. "Ma... Alis!"

"Mamma, domani abbiamo educazione sessuale! Non vorrai mica che me ne torno con un'insufficienza, no?"

La madre guarda di nuovo la lavagna. "Bè... se è per lo studio!" Ed esce. E noi continuiamo la lezione. Alis è un'ottima prof e scopro cose che non avrei mai sospettato potessero accadere.

"Ma vi rendete conto che i nostri genitori avranno fatto tutto questo..."

"E anche di più magari! "

Mi immagino mamma con papà. Mi fa di uno strano. Poi io con Massi... e improvvisamente mi sembra di un naturale. Aiuto. Si avvicina il momento. Che cosa accadrà?

Torno a casa. "Io sono tornata!"

Mamma, papà, Ale, ci sono tutti. Vado in bagno, chiudo a chiave e mi spoglio. Apro l'acqua della vasca, ci metto dentro i sali che Io comprato. Mi infilo l'accappatoio e vado in camera. Incontro mamma.

"Che hai?"

"Volevo fare un bagno. Tanto c'è tempo per la cena, no?"

"Sì." E mi sorride. Entro in camera e prendo il mio iPod e le due casse, torno in bagno. Chiudo la porta, lo accendo e lo collego. Ecco. E" caldissima l'acqua. Mi levo l'accappatoio e poi piano piano entro nella vasca. Scivolo lentamente giù. E un po'"mi brucia ma appena mi abituo è perfetta.

Inizia la musica. E" random. E capitata Alicia Keys. Mi piace un sacco. Lentamente mi lascio scivolare ancora più giù. La testa entra nell'acqua. E" calda. E bella. E rilassante. Il profumo leggero dei sali. Massi. Mi piacerebbe che tu fossi qui. E così, pensando a lui, quasi senza volerlo, mi accarezzo una gamba. Me lo immagino. Immagino che sia sua la mano. Sento il suo bacio, il suo profumo. Sposto la mano un po'"più su. La sua mano. E improvvisamente seguo le indicazioni di Alis. Sorrido mezza sott'acqua. Abbandonata. Non provo più solletico. Massi... Se tu fossi qui. Ora lo farei. Farei tutto. L'acqua calda è perfetta, abbandono la testa ancora più all'indietro e mi accarezzo, inarco la schiena, allargo un po'"le gambe. I piedi finiscono contro gli angoli della vasca, più in là non possono andare... Continuo leggera, delicata, morbida, Alis mi ha spiegato benissimo. Mi piace. E non me ne vergogno. Non me ne vergogno, ancora, così...

Tum tum tum. Bussano alla porta.

Mi tiro su.

"Chi è?" Provano ad aprire. E" chiusa. Per fortuna.

"Sono io, Ale! Ma quanto ti ci vuole, Caro?"

"Senti, ci sto io, va bene? Aspetti."

"Te la sfondo questa porta! "

Bum. Sento un calcio tirato, nella parte bassa della porta. Forte.

"Sì, sì... Vai di là."

Bum. Un altro. Mia sorella. Che palle. Mi tiro su del tutto. Mi lavo dalla schiuma, mi asciugo. Mi infilo il pigiama azzurro turchese. Apro il bagno ed esco tutta profumata, leggera. Mi sento pulita. Tranquilla. Rilassata.

"E finalmente..."

Ale si infila alle mie spalle. Non me la filo. Grazie Alis. Hai spiegato tutto benissimo. Sorrido. In qualche modo è stata la mia prima volta. Mi siedo sul divano. Ancora non è pronta la cena. Accendo la tivù. Giro sul 5. E" iniziato Amici. Ecco, vorrei essere una di loro ma non in gara, no. Se ne vanno via tutti, escono dallo studio, spingono fuori anche Maria e io sono lì, con il mio pigiama azzurro turchese e il microfono in mano. E canto benissimo. E sugli spalti c'è solo lui, Massi. Canto per te, Massi.

Prendo il telefonino e mi metto in piedi sul divano.

Iris.

E la canto a squarciagola.

"Caro! " Mi giro. E" mamma. "Ma che ti sei impazzita?"

Le sorrido "Ma è la mia canzone preferita!".

"Sì, ci manca solo che ti ritrovo a Sanremo... Vieni a tavola và, che è pronta la cena."

"Sì, mamma..." E le sorrido. E un po'"arrossisco. Un pensiero improvviso. Se solo potesse immaginare, se solo sapesse cosa è accaduto in bagno. E tutto quello che mi sta accadendo. Quanto sarebbe bello a volte non aver problemi e poter parlare di tutto, specialmente a una come lei. Mi siedo di fronte a mamma, apro il tovagliolo e le sorrido. "Uhm che profumino... sembra buono." Non dice niente e comincia a servirmi. Così abbasso gli occhi e abbandono ogni pensiero, tranne uno. Spesso, anche se siamo molto vicini, siamo lontani.

Sono andata a trovare nonna. E" un po'"di tempo che non andavo. Era come se mi sentissi in colpa. Come se fossi fuori posto con la mia felicità e il suo dolore. Oggi però all'uscita di scuola Massi non poteva. Ho pensato che dovevo. Per tutte le cose belle che mi hanno fatto vedere nonna Luci e nonno Tom. Una coppia bellissima.

"E questa cos'è?"

"Un albicocco. Ma i frutti sono ancora acerbi."

"Ma si chiama albicocco? Non lo avevo mai sentito."

Nonna sorride, cammina con le sue pantofole blu scuro nel rande terrazzo, si avvicina alle piante e sembra accarezzarle. E" cambiata. E" un po'"più silenziosa.

"Oggi è andata benissimo a scuola..."

"Ah sì? Racconta..."

Le dico dell'interrogazione, del tema, dei bei voti, di come stanno andando le cose in generale. Ogni tanto mi guarda, da un'occhiata a me e poi di nuovo ai suoi fiori. Annuisce mentre ascolta ma poi fa uno sguardo più attento, incrocia i miei occhi, li osserva, come se cercasse qualcosa di nuovo. Se ne deve essere accorta. Sono così felice... Le vorrei tanto raccontare di Massi ma non ci riesco, non ce la faccio proprio, mi è impossibile.

"Brava, sei andata proprio bene..."

"Sì. E adesso mi devo preparare come si deve per l'esame finale."

"Sempre con le tue due amiche Alis e Clod, vero?"

"Certo."

"Bè, mi sembra un periodo bellissimo..."

"Sì, nonna, è proprio così." Le sorrido e sto per dirle di Massi. Ma proprio mentre sto per parlare, lei si gira dall'altra parte, si sistema un ciuffo di capelli che le è caduto sugli occhi, se lo sistema come può, portandolo indietro, come se volesse buttarselo alle spalle.

E improvvisamente diventa triste, cerca qualcosa chissà dove, nell'aria, tra i ricordi, in un passato lontano o vicino, in quel suo giardino privato, pieno di fiori, di cespugli curati, di cose sotterrate o di tesori, quel posto all'ombra che tutti abbiamo e dove ogni tanto ci rifugiamo, quel luogo del quale solo noi abbiamo le chiavi. Poi è come se d'improvviso si ricordasse di me, allora si gira e mi fa un bellissimo sorriso.

"Ah, Caro... Ma toglimi una curiosità... Quel ragazzo, quello che ti aveva tanto colpito... Come si chiamava..." Guarda il cielo come se cercasse l'ispirazione. Poi sorride, improvvisamente felice. "Massi!"

Se lo ricorda da sola e io quasi arrossisco. "Così lo chiamavi, giusto?"

"Sì."

"Ecco. L'hai più visto?"

E vorrei tanto raccontarle tutto, quella festa dove non volevo andare, poi all'improvviso la nostra canzone e lui alle mie spalle e il bacio... ma mi sento stringere il cuore, mi sento una stupida. Lei aveva la più bella storia d'amore del mondo ed è finita così, senza che si lasciassero. Cioè non è finita. Ma la guardo e mi accorgo che non riesco più a farla felice, che non c'è nulla che le può bastare, essere la sua ragione di vita, la sua felicità. Di cosa posso parlarle io? Mi viene da piangere, da morire.

"No, nonna. Purtroppo no, non l'ho più visto..."

Allarga le braccia. "Peccato..." Ed entra dentro casa.

"Vuoi qualcosa da bere Carolina?"

"No, nonna, grazie Devo scappare."

E le do un bacio veloce e poi l'abbraccio e la stringo forte e chiudo gli occhi poggiando la testa sulla sua spalla. Quando li apro, sul tavolo poco distante improvvisamente lo vedo. Quel disegno. Il disegno che le aveva fatto nonno per la festa degli innamorati, un cuore grande e grosso con sopra la scritta "Per te che sfami il mio cuore". Faccio un sospiro lungo, lunghissimo. Ho le lacrime agli occhi.

"Scusa, scusa nonna, sono in ritardo."

E scappo via.

Scendo giù veloce le scale, esco fuori per strada, un respiro lungo, più lungo. Lui. Solo lui. Ora, subito, adesso. Tiro fuori il telefonino dalla tasca. Compongo il numero.

"Dove sei?"

"A casa."

"Non ti muovere, per favore."

E passato un attimo e sono già sotto casa sua. Citofono. Per fortuna risponde lui.

"Chi è?"

"Sono io."

"Ma hai volato!"

"Sì." Vorrei dirglielo. Avevo bisogno di volare da te. Non ce la faccio. "Ti prego, puoi scendere un attimo?"

"Arrivo..."

E mentre aspetto sotto casa sua, un lampo. Il cielo improvvisamente nero. Un tuono lontano. Ho paura. Ma proprio in quel momento lui esce dal portone.

"Che succede, Carolina?"

Non dico niente. Lo abbraccio. Le mie mani da sotto. Dietro le sue spalle, poggio la testa sul suo petto e l'abbraccio forte. Più forte. Lo stringo. Un altro boato e inizia a piovere Pioggia leggera all'inizio. Poi più forte. Sempre più forte.

"Carolina, dai, entriamo che ci fracichiamo..."

Cerca di scappare. Ma io lo tengo forte tra le mie braccia. "Stai qui."

Meglio. Non si vedono le mie lacrime sotto la pioggia. Tiro su il viso, ormai siamo zuppi. Sorride.

"Che matta che sei..."

L'acqua scivola sui nostri visi. Ci baciamo. Un bacio bellissimo, infinito. Eterno. Dio come vorrei che fosse eterno. Non mi fermo più, lo bacio e lo ribacio, mordendo le sue labbra, quasi affamata di lui, della vita, del dolore, di nonno che non c'è più, di nonna che è così infelice.

Ancora pioggia, pioggia e pioggia. Sono zuppa. E" il pianto degli angeli. Sì, anche se è maggio piove di lassù. Guardo lontano. Un raggio di sole ha bucato quel buio e passa tra le nuvole. Lì in fondo illumina una parte della periferia.

Ti amo, Massi. Ti amo. Vorrei urlarlo. Vorrei dirglielo in faccia guardandolo negli occhi con un sorriso. Ti amooooooooo... Ma che, non riesco neanche a sussurrarlo. Mi asciugo il volto con il palmo della mano, porto i capelli indietro come se servisse a qualcosa. Che sciocca, siamo sotto la pioggia.

"Che c'è, cosa pensi?" Mi sorride.

Mi rifugio di nuovo sul suo petto, nell'incavo vicino alla spalla, nascosta da tutto, da tutti. In profondità, solo con lui, mentre la pioggia continua a scorrere. "Vorrei fuggire con te..." E ci diamo un altro bacio, fresco come non avevo mai provato. A lungo. Sotto quel cielo. Sotto quelle nuvole. Sotto questa pioggia, mentre lontano sta tornando il sereno e un sole rosso appare perfetto, pulito nel suo tramonto. E io lo stringo e sorrido. E sono felice. Un respiro lungo. Sto un po'"meglio. Per adesso. Per adesso ho capito che lo amo. Ed è bellissimo. Un giorno riuscirò a dirlo anche a lui.

Cose incredibili che abbiamo fatto nei giorni seguenti.

Abbiamo passato un pomeriggio intero sulla stessa panchina sotto la Madonnina di Monte Mario. E una Madonnina bellissima, enorme, si vede da lontano. E tutta dorata. Ma questo non è importante. Massi ha voluto sapere tutto della mia vita per quanto riguarda i ragazzi. Gli ho raccontato quel poco che ho combinato. Praticamente ho ammesso di non aver mai fatto nulla. All'inizio era preoccupato, poi meno, poi ha sorriso. Poi mi ha spiazzato con "Meglio così...".

Non ho capito se pensa a qualcosa di preciso. Ma non me ne importa più di tanto, non sono preoccupata, sono serena. Ho voglia di conoscerlo, di conoscermi, di scoprire e farmi scoprire. Ho capito. Dovrei essere preoccupata. Ma perché un ragazzo vuole sapere con chi è stata una? Cosa gli cambia rispetto a quello che prova per lei? E se gli avessi detto: "Massi, non sono più vergine, ho avuto tre ragazzi, anzi no, quattro, ho fatto questo e quello e anche quell'altro... " come sarebbe stata la sua reazione? Mannaggia a non averci pensato prima. Ormai non posso farci più nulla. Potrei sempre dirgli che gli ho detto una bugia. Sì, non è male come idea.

"Massi" gli sorrido. "Ti ho detto una bugia."

Cambia completamente espressione.

"Su cosa?"

"Non te lo dico. Sappi che sono stata sincera... ma ti ho detto una bugia. "

Rimane per un attimo perplesso, non sa bene cosa pensare. Poi forse pensando a uno scherzo, ride e mi bacia.

"Ma allora non sei stata sincera..."

"Sì, sì, come no..." mi stacco dal suo abbraccio, "sono stata moltissimo sincera, ti ho detto solo una bugia."

Massi scuote la testa e alza le spalle. Mi guarda negli occhi curioso, mi studia, come a cercare di capire cosa c'è di vero e cosa no. Io gli sorrido e mi giro dall'altra parte. Intanto non è più così sicuro. Meglio.

Nei giorni seguenti siamo andati a mangiare un po'"dappertutto.

Al giapponese di via Ostia, buonissimo, in una pizzeria vicino via Nazionale che si chiama Est Est Est, da sballo, e a via Panisperna 56, La Carbonara, da leccarsi i baffi. In tutti e tre i casi ho mangiato pochissimo! Massi mi ha guardato tutte e tre le volte preoccupato.

"Non ti piace il posto? Odi il giapponese? Troppo pesante la Carbonara?"

Ridevo da mezza deficiente ogni volta senza dire niente.

"Ah... ho capito, peggio, stai a dieta!"

"Ma che... per niente ! Sto benissimo, mi piace il posto ed è buonissimo tutto."

"E allora?"

"Non ho particolarmente fame..."

"Ah, tutto qui? Meglio così!" Prende il mio piatto e azzanna quello che è rimasto, se lo mette in bocca in maniera vorace. "Vuoi dire che risparmio! "

E io provo a colpirlo. "Cretino! Sei un boro..."

E lui mangia apposta a bocca aperta.

"E dai, mi fai schifo! Non ti bacio più! "

E allora lui volutamente esagera, muove ancora di più la testa, su e giù, come a dire "Allora sì che lo faccio! ".

E facciamo casino, lo tiro per la manica della camicia per farlo smettere, lui prova a farmi il solletico, scherziamo, litighiamo per finta e continuiamo a ridere. La verità è che quando sto con lui è come se mi passasse la fame. "Tregua, pace?" Non ce la faccio più, alla fine mi arrendo. "Ok." Lui sorride, mi versa un po'"d'acqua, poi se ne versa un po'"anche lui. Ci guardiamo mentre beviamo e ci viene la stessa idea a tutti e due, fìngiamo di spruzzarci con l'acqua che abbiamo in bocca. Faccio una faccia preoccupata. Alla fine Massi si spinge verso di me e apre la bocca come se volesse schizzarmi ma l'ha già mandata giù. Scuoto la testa, sorrido e piano piano diventa tutto più tranquillo. Lo guardo, mi batte il cuore, mi si emozionano gli occhi. Mi si tingono d'amore. Che ne so io che mi succede? Mi guardo allo specchio lì vicino. Altro che dieta... Questo è amore! E" amore, amore, amore. Tre volte amore. Sono rovinata!

Oggi andiamo a vedere Juno. Troppo forte! Scritto da Diablo Cody, una giovane blogger che ha vinto l'Oscar alla sua prima sceneggiatura. Gli americani sono un mito. Sono davvero lo stato della grande occasione. Come quando lì vincono al loro Enalotto o al casinò vedi subito delle foto con un assegno gigantesco con scritta sopra la cifra vinta. E le persone che l'hanno vinta le vedi sul serio, dal vivo! Persone vere, con un bellissimo sorriso stampato sulla faccia. Da noi non si sa mai niente, al casinò esce solo la notizia di quando vince Emilio Fede, il giornalista di Retequattro. Lì invece, senza essere minimamente conosciuta, questa blogger Diablo Cody ha vinto l'Oscar. Pensa se qui accadesse a Rusty James! Mi metterei in tiro e andrei con lui fino a Los Angeles a ritirarlo e farei come Benigni: salirei in piedi sulla poltrona gridando "Rusty James! Rusty James è mio fratello!".

Già mi ci vedo, scivolo e cado per terra!

Comunque è finito il primo tempo. Film fichissimo, pieno di battute e troppo divertente. Attrice giovanissima e bravissima, Ellen Page mi sembra si chiami. Juno è la storia di lei che decide di farlo con il suo ragazzo, un tipo buffo un po'"sfigato ma carino, tenero... e rimane incinta!

"Certo che se succede..."

Massi entra nei miei pensieri. "Bel casino."

"Non so proprio come se la cava così tranquilla lei... Forse perché è un film..."

Massi mi tocca la pancia. "Che faresti?"

Chiudo gli occhi... "Certo che mi piacerebbe da morire un bambino, ma ho quattordici anni!" Li riapro. "A parte che lei ne ha quindici! Quindi avrei ancora un anno di libertà..."

"Ma se già la vedi come una schiavitù, non va. Sul serio, non ti piacerebbe?"

"Ma guarda, l'ideale è che succeda al doppio di quello che ho vissuto... quindi a ventotto anni..."

"Ok, mi sembra giusto. Mi prenoto per allora..."

E mi sorride e mi prende la mano.

Ha diciannove anni, uno in meno di mio fratello. Cosa direbbe Rusty se lo conoscesse? Sarebbe geloso? E mentre penso questo, mi appoggio alla sua spalla. I miei capelli biondi sparsi sul suo golf blu. Tranquilla, prima che ricominci il film.

"Carolina, vuoi popcorn, una Coca, qualcosa da bere?"

Ci penso un secondo e guardo l'omino dei gelati che sta lì, nell'angolo in basso vicino allo schermo, con tutta quella gente intorno a lui.

No! Non ci posso credere. Vedo alzarsi dalla fila davanti a me Filo e poi c'è Gibbo e alcuni della classe, la Raffaeli e Cudini e anche Alis, e Clod con Aldo.

"No, no, grazie, non voglio niente." E scivolo piano un po'"più giù nella mia poltrona. Non so perché. Ma mi scoccia. Non voglio farmi vedere. Non con lui. Massi è mio. Non voglio dividerlo con nessuno. Cioè, non è neanche questo. E" che sono troppo felice e la mia felicità mi sembra così fragile, ecco, come se fosse una di quelle ragnatele. Sì, è fatta di sottili fili di cristallo e io sono al centro, distesa prigioniera, con i miei capelli biondi sparsi sulle mie spalle e Massi avanza, cammina a quattro zampe e mi guarda, splendido uomo ragno, Spiderman in nero... E basta un niente perché la nostra magica rete svanisca, puff... e io cada giù.

Così scendo un altro po'"nella mia poltrona, quasi sparisco. Poi per fortuna si spengono le luci. Seguo Juno ma non mi diverto come prima. Da lontano li vedo, riconosco le loro sagome anche nella penombra della sala. Ogni tanto qualche scena più luminosa del film li illumina un po'"di più e allora li vedo ancora meglio. Ma d'altronde li conosco a memoria! Li vedo da tre anni ogni giorno. Anche nelle loro più piccole sfumature. Come posso confondermi? Sono i miei amici. E su questa considerazione mi sento un po'"più tranquilla, mi agito meno, mi siedo meglio sulla poltrona. E riprendo a seguire il film tranquilla, e rido di nuovo come tutti, con li stessi tempi, lasciandomi andare, confusa nella platea, proprio come loro, come i miei amici, così, senza pensieri.

Finisce il film. Mi alzo subito anche se di solito mi piace vedere i titoli di coda e capire bene chi era quell'attore o quel pezzo musicale che magari mi è piaciuto. Mi giro, do le spalle ai miei amici e vado verso l'uscita. Massi è dietro di me. Le sue spalle larghe mi tengono nascosta.

Poco dopo siamo fuori, ma appena svoltato l'angolo...

"Carolina..."

Mi giro, è Gibbo. "Ma dai, c'eri anche tu al cinema, non ti ho visto!" E si avvicina e in un attimo arrivano tutti.

"Ti è piaciuto?

"Si, un casino."

"Aho, pensa a ritrovarmi incinta a quell'età! A te non può proprio succedere!"

"Perché? Magari il prossimo anno..."

"Sì, con l'aiuto dello Spirito Santo."

"Ma che, neanche! Neanche con un miracolo!"

"Sì, sì, un miracolo del..."

E alcuni ridono, anche se non c'è niente da fare, Cudini è sempre un boro. E continuano così e giù battute e scherzi e spinte, come sempre quando ci si vede in gruppo. Poi vedo che qualcuno me lo guarda curioso.

"Ah, lui è Massimiliano."

"Ciao!" Alza la testa come a salutare un po'"tutti.

"Lei è Clod, Aldo... lui è Cudini, poi Filo, Gibbo, lei è la mia amica Alis. Te la ricordi? Ti ho parlato di Clod e Alis..."

Si danno la mano, si guardano negli occhi e io provo qualcosa di strano.

"Sì, sì, mi hai parlato di tutti..." Ma Massi è eccezionale, dice questa cosa fichissima e alla fine mi passa subito. E così, divertita, guardo l'espressione di tutti mentre lo guardano. Come lo studiano, curiosi e curiose, come fanno finta di niente, come distratti, forse sul serio, ci lasciano andar via.

"Simpatici i tuoi amici..."

"Sì, è vero. Stiamo in classe ormai insieme da un sacco..."

"È carina la tua amica..."

"Sì..." Vorrei colpirlo, ma faccio finta di niente. "E" fidanzata."

Massi sorride. "Mica sono geloso."

Questa battuta l'ho già sentita. L'ha detta una volta Paolo, un ragazzo di Ale... Mi è stato così antipatico quando l'ha detta. Poi guardo Massi. Bè, con lui fa comunque tutto un altro effetto. Lui se ne accorge, si mette a ridere e mi salta addosso abbracciandomi. "E dai, lo dicevo apposta per darti fastidio..."

Faccio la sostenuta. "Bè, mi dispiace... Non ci sei riuscito!"

Cerca di baciarmi, lottiamo un po', ma poi alla fine, su questo, piacevolmente cedo.

Ma la cosa più bella mi è capitata a fine maggio.

Mattina presto. Cioè non tanto presto. Arrivo trafelata a scuola. Chiudo il motorino con tanto di catena e raccolgo lo zaino buttato lì vicino. Quando mi rialzo c'è Massi con un pacco in mano.

"Ciao! Che ci fai qui?"

Mi sorride. "Voglio venire a scuola con te."

"Dai scemo, lo sai che non si può... Ma non devi studiare?"

"Hanno spostato l'esame di diritto a metà luglio."

"Meglio, no? Non ti entrava molto in testa." Poi lo guardo curiosa. "E questo pacchetto?"

"È per te!"

"Che bella sorpresa, sul serio? Grazie!" Mi scoccia baciarlo e saltargli addosso qui, davanti a scuola ma lo farei di un volentieri... Solo che se mi vedono gli altri? Cioè mi porterebbero sfiga. Sono emozionatissima comunque, anche se cerco di non darlo a vedere. Scarto veloce il pacchetto.

"Ma... è un costume!"

Lo apro meglio, blu polvere e celeste, bellissimo.

"Hai anche azzeccato la taglia." Lo guardo perplessa. "Ma sei sicuro che è per me?"

"Certo" mi prende per mano. "Sono sicuro che non ce l'avevi."

"Questo no... ma altri sì."

"Non ce li avevi qui. Perché adesso..." arriva vicino alla moto e tira fuori da sotto un secondo casco e ci monta sopra, "andiamo al mare." E in un attimo vedo il prof di italiano, quella di matematica, la terza ora di storia e poi la ricreazione e poi inglese... E sono preoccupata, non perché io abbia problemi con la lingua, no, perché non andare a scuola, così, senza averci neanche pensato, ragionato, inventata già una scusa nel caso che... Poi lo guardo e con una tenerezza che non so raccontarvi lui mi fa: "Allora...?". Ma così delicato, ingenuo, quasi già dispiaciuto di fronte a un mio ipotetico no. "Andiamo?" Mi sorride e non ho più dubbi. Prendo il casco e me lo infilo al volo e un attimo dopo sono dietro di lui, lo stringo forte, appoggiata alla sua schiena. E guardo il cielo e quasi strabuzzo gli occhi. Ho fatto sega! Non ci posso credere. Non ci ho pensato più di un attimo, non ho avuto un pensiero, una paura, un sospetto, un'indecisione, un dubbio. Ho fatto sega! Lo ripeto dentro di me, ma non ci sono già più...

La città sfila sotto i miei occhi. Una via dopo l'altra, sempre più veloci, muri, saracinesche, negozi, palazzi. Poi più niente. Campi verdi appena fioriti, secche spighe che si piegano al vento, fiori gialli, grandi e tanti che riempiono quadrati. Andiamo via così, il Raccordo e poi giù, più giù, verso Ostia.

La pineta. non c'è nessuno. Ora ha rallentato. La moto borbotta leggera portandosi verso quell'ultima spiaggia, lì dove sfocia un piccolo fiume. Si ferma. Si toglie il casco.

"Ecco. Siamo arrivati."

Un cartello. Capocotta. ma non è quella spiaggia di nudisti? Non lo dico. Il sole è alto, bellissimo, fa caldo ma non troppo. Massi tira fuori gli asciugamani, dal bauletto là dietro, ha pensato a tutto.

"Vieni!" Mi prende per mano, arranco dietro di lui e corro felice, ridendo verso quell'immenso mare azzurro che sembrava aspettare solo noi.

"Ecco, mettiamoci qui."

Lo aiuto a stendere gli asciugamani. uno vicino all'altro. Non c'è vento. La spiaggia è vuota.

"Sai, questo è il posto dove di solito vengono i nudisti."

"Sì, siamo fortunati però, oggi non c'è nessuno."

Mi guardo in giro. "Già..."

"Possiamo fare noi i nudisti."

"Cretino! Mi vado a mettere il costume."

Per fortuna c'è lì accanto, a pochi metri, una casa mezza diroccata, uno di quegli antichi ruderi che facevano parte di chissà quale importante villa romana. Giro un po', poi trovo un angolo nascosto per cambiarmi. Che bello. Per fortuna non c'è veramente nessuno.

Il costume mi sta bene, almeno mi sembra, non c'è uno specchio qui purtroppo. E così mi rimetto sopra la camicia ed esco fuori da quel vecchio ridere.

Massi si è già cambiato. E" in piedi vicino agli asciugamani. Ha un bellissimo fisico, asciutto, definito ma non troppo magro. E non troppi peli. Un costume nero, largo, non troppo lungo. Mi accorgo di guardare lì e un po'"mi vergogno e arrossisco. Ma tanto lo so solo io.

"Ho indovinato la taglia?"

"Sì" sorrido. "E questo non mi piace."

"Preferivo sbagliassi... Vuol dire che hai troppo occhio. E che sei allenato!"

"Sciocca..." Mi tira a sé. Mi bacia e il fatto di essere così vicini senza niente addosso, senza quasi niente, mi fa strano, ma non mi vergogno. Anzi.

Poco dopo siamo sugli asciugamani. Lo spio. Lo guardo. Lo ammiro. Lo desidero. E" a pancia in su che prende il sole. Gioca con la mia gamba, mi accarezza. Mi tocca l ginocchio, poi sale su. Poi ridiscende giù. Poi sempre un po'"più su. E il sole. Il silenzio. Il rumore del mare. Non so. Mi sto eccitando. Mi sento tutta calda dentro. Che strana sensazione. Non capisco più nulla. Massi a un certo punto si gira lentamente verso di me. Anche se ho gli occhi chiusi lo sento. Allora giro lentamente il viso verso di lui e li apro. Infatti. Mi sta guardando. Sorride. Sorrido anch'io.

"Vieni." Si alza di botto. Mi aiuta e poco dopo sono nella sabbia. Corro dietro di lui. Non è troppo calda. In un attimo siamo al vecchio rudere. Si guarda intorno. Non c'è nessuno. Mi allontana come per guardarmi meglio.

"Ti sta proprio bene questo costume."

Mi sento osservata e mi vergogno. Sono bianca. Troppo bianca. "Vorrei esser almeno un po'"abbronzata. Mi starebbe meglio..."

"Ma che, sei bellissima..." mi tira a sé. Siamo in un angolo del rudere, tra due muri, nascosti dal resto della spiaggia. Solo il mare è il nostro spettatore curioso. Ma è educato. Respira silenzioso con qualche piccola onda. Sento la mano di massi sul fianco. Mi tira a sé. mi bacia. Lo abbraccio. Lo sento addosso a me. Sento che è eccitato. Tanto. Troppo. Mica per niente, è che non so veramente che fare. Invece lui sì, sa come muoversi. Poco dopo sento la sua mano sul mio costume. Lenta, morbida, delicata, piacevole. Poi si ferma sul bordo, allarga un po'"l'elastico e pluff, un delicato tuffo. La sua mano nel mio costume. scende giù, più giù, senza farmi il solletico, tra le mie gambe, mi accarezza lento e io mi abbandono nel suo bacio come fosse n rifugio per contenere tutto quello che sto provando che mi sorprende, mi meraviglia, che vorrei fermare, fissare per sempre, senza vergogna, con amore.

Continuiamo così a baciarci mentre il mio respiro si fa più corto, affannato, affamato di lui, dei suoi baci, della sua mano che mi ha rapito, che continua a muoversi dentro di me... E alla fine mi mordo il labbro superiore e quasi esausta rimango con le labbra aperte, sospese così, in quel bacio. Passano attimi. Ora lena, più lenta, la sua mano, come un'ultima carezza, quasi in punta di piedi, educata, si sfila dal mio costume. Lo vedo guardarmi come se mi spiasse, come se cercasse dietro i miei occhi chiusi tracce di quel piacere. E allora emozionata, con gli occhi socchiusi, sorrido. Quando a un tratto sento qualcosa, quasi mi spavento. No. Mi rilasso. E la sua mano, mi sfiora il braccio, il destro, scivola giù lungo l'avambraccio, poi il polso. Mi prende la mano. La tiene un attimo così, sospesa a mezz'aria, immobile come se fosse un segnale. Ma non capisco. Lo sento respirare allora più veloce, mi stringe la mano e lentamente la conduce verso il suo costume. Allora capisco. Che sciocca. E ora? Ora come faccio? Non è che non voglio... è che non lo so fare! E in un attimo ricordo tutto. Le spiegazioni di Alis. Ma saranno giuste? Saranno vere? Ripasso velocemente tutto quello che mi sembra di ricordare, ma in un attimo mi trovo lì, sopra il suo costume, ecco, la mia mano lasciata sola, abbandonata dalla sua che se ne va.

Resto così, ferma per un attimo, un attimo solo. Poi lentamente inizio a muovermi, piano, e senza fretta, senza paura, entro nel suo costume, delicatamente, cercando, giù, più giù, fino a trovarlo. Nello stesso momento cerco la sua bocca e lo bacio, quasi per nascondermi, per fuggire dalla mia vergogna. Ma intanto muovo la mano, su e giù, lentamente, piano piano e poi un po'"più veloce. Sento il respiro di Massi aumentare. Come i suoi baci rapidi, affamati, interrotti improvvisamente, e poi di nuovo all'attacco, e io continuo, ora decisa, sicura, più veloce, ancora, di più, mentre lo sento respirare sempre più desideroso. E improvvisamente quell'esplosione calda nella mia mano, continuo ancora un po'"mentre i suoi baci rallentano, più calmi, tranquilli, quasi frenano nella mia bocca. Poi Massi da sopra il costume mette la sua mano sulla mia, quasi a fermarmi.

Sorrido. "Mi sa che ho fatto un casino..."

Massi alza le spalle. "Non fa niente... Vieni."

Mi prende e mi trascina con lui, fuori dai ruderi, sulla spiaggia deserta, abbandonata, spazzata solo da un po'"di vento leggero, brulla, senza nessuno. Solo noi camminiamo su quella sabbia, soffice, bianca, calda, come quello che abbiamo vissuto. Arriviamo al mare. Massi corre dentro l'acqua, io mi fermo.

"Ma è fredda! È gelata!"

"E dai! E" troppo bello..."

Riprende a correre per dare ancora più senso alla sua scelta e poi ciaff! Si tuffa e appena sbuca fuori inizia a nuotare velocissimo per togliersi di dosso quei brividi di freddo. Poi si ferma, si gira verso di me.

"Brrr! Una volta dentro è bellissimo."

Allora mi convince e lo faccio anch'io. Corro senza fermarmi e alla fine mi tuffo, esco e nuoto ancora più veloce, sempre di più, fino ad arrivargli vicino. E lui subito mi abbraccia. Un bacio dolce anche se salato, morbido e caldo, fatto di mare e d'amore. Poi si stacca, sorride nei riflessi del sole intorno a noi.

"Sei stata bene?"

"Benissimo."

"Anch'io..."

"Sul serio? Non l'avevo mai fatto."

Mi guarda cercando l'ombra di una bugia. Mi ricordo del fatto di non farlo sentire troppo sicuro.

"Caro, mi stai dicendo la verità?"

"Certo..."

Mi allontano con una nuotata veloce. Poi mi fermo, mi giro e lo guardo, bellissimo in mezzo al nostro mare. "Ti dico sempre la verità, tranne qualche bugia..."

Giugno

Semplice o complicato? Semplice.

Amicizia o amore? Tutto.

Motorino o macchinetta? Intanto sono contenta di Luna 9, la mia Vespa, poi si vedrà!

Cellulare o scheda telefonica? Cellulare.

Trucco o acqua e sapone? Dipende, secondo Alis mi dovrei truccare un po'"di più.

Una cosa strana? Sentirmi come mi sento adesso.

Una cosa bella? Massi.

Una cosa brutta? Massi quando non c'è.

Un motivo per alzarsi la mattina? Massi!

Un motivo per rimanere a letto? Massi che non c'è...

Cosa stai ascoltando ora? Il silenzio.

Cosa ascolti prima di andare a dormire? Ora Elisa.

Un'abitudine immancabile? La cioccolata.

Una citazione che ci sta sempre bene? Dobbiamo fare il miglior uso possibile del tempo libero." Gandhi.

Una parola che ha sempre un buon suono? Amore.

Avete presente una di quelle mattine che non avete voglia di alzarvi e il letto vi sembra il posto più bello più comodo e accogliente del mondo? Ecco, è oggi per me. Solo che non posso scioperare. Che rabbia. Tutto lento. Tutto faticoso. Tutto storto. Le ciabatte spostate. Un po'"di mal di testa. Il sabato o la domenica quando finalmente è festa e si può dormire, non è mai così. Anzi, a volte proprio in quei giorni mi capita di alzarmi presto anche se non devo. Ma solo quando c'è scuola succede che il letto è così bello? Uffa.

Mi alzo e mamma è già uscita. Anche papà. C'è solo Ale col suo

solito cornetto alla crema che poi si lamenta di ingrassare. E ti credo. Poi lo immerge sempre in un tazzone di latte incredibile. "Buongiorno, eh?" Niente, non parla. Emette una specie di strano grugnito a mò di porcello rapito dalle ghiotte ghiande. Questa mattina Ale è inavvicinabile più del solito. Ringhia! Mi preparo ma non ne ho tanta di fantasia, così mi metto i jeans col ricamo laterale e la maglietta azzurra. Mi guardo allo specchio lungo di camera. Fossi un estraneo che mi vede per strada oggi non mi guarderei. Ci sono quelle mattine che proprio non ti piaci e se per caso qualcuno ti facesse un complimento non gli crederesti mai. D'un tratto mi torna in mente... "La vera bellezza dopotutto sta nella purezza di cuore". Me lo diceva sempre il nonno. E a lui l'aveva detta Gandhi. Cioè non direttamente, il nonno l'aveva letta in un libro di sue citazioni. Se il mio cuore sia puro o meno non lo so, ma di certo mi piaceva come me la diceva il nonno. Per un momento sento uno strano vuoto dentro, qualcosa di indefinito, come una specie di vertigine. Oggi diciamo che lascio che a essere bello sia il mio cuore più che la faccia.

Beeep beeep.

Dev'essere Alis. Di sicuro mi chiede d'aspettarla fuori dalla porta per copiare qualcosa. Magari matematica che in effetti ieri era un po'"difficile. Non c'ho capito granché in quell'equazione algebrica. Dico, ma a che serve mettere le lettere se si tratta di numeri? Già ci capisco poco con le cifre, mettici anche l'alfabeto. Che poi mi hanno detto che è roba che si fa in prima superiore ma la prof voleva accennarcela prima, così arriveremo più preparati. Eh, certo che se aspetta me... Ma non poteva dirlo a Clod?

Apro la bustina. Ma è R. J.! Ma che strano a quest'ora. "Ciao Caro... Stai andando a scuola o te ne inventi una delle tue?" Vado vado, magari ci avessi la fantasia. "Ti va di venire con me oggi pomeriggio? Devo andare in un posto. Manda ok se ti va e puoi e passo a prenderti alle tre."

Non c'è niente da fare. Con Rusty è sempre così. Non ti dice dove si va, lo scopri dopo. O accetti a scatola chiusa o nulla.

"Ok" e invio. Faccio colazione veloce, mi lavo i denti, mi preparo ed esco. Ale addirittura mi saluta. Incredibile. La giornata sta prendendo proprio un'altra piega, sono tornata a essere di buonumore. E comunque ora che ci ripenso, a me le sorprese di R. J. mi piacciono proprio perché sono a scatola chiusa. Ma non sapevo che stavolta mi sarei sentita già grande. Quelle sorprese che sai che ci sono e che prima o poi arriveranno ma che sai che non sarai comunque mai pronta.

A scuola è toccato a me copiare l'equazione da Clod. Ma tutto è andato benissimo. Le ore successive sono volate e ora mi trovo dietro a lui.

"Ma si può sapere dove andiamo?" gli urlo da dentro il casco.

"Vicino" e sguscia nel traffico.

Rusty James è passato a prendermi sotto casa, facendomi uno squillo sul cell per evitare di suonare e farsi sentire da mamma. Ora stiamo zigagando per Roma e non riesco a capire dove si va. Vedo che Rusty tiene sotto il sedere una busta gialla.

"Ma non ti cade così?"

"No, poi tanto ci sei tu che te ne accorgi. Sennò che ti porto a fare? E poi c'è un motivo..."

"Quale?"

"Poi te lo dico."

Dopo un altro paio di traverse, ci fermiamo. R. J. parcheggia la moto e prende la busta. Io scendo col mio solito saltino sui pedali. Mi guardo in giro. Un antico palazzo con un portone gigantesco in legno e un sacco di targhe attaccate a fianco.

"Dove siamo?"

"Salgo un attimo. Aspettami."

"Ma perché io no?"

"Per scaramanzia."

"Che porto sfìga io?"

"Non si sa mai" e mi lascia lì, entrando di corsa nel portone. Mi avvicino alla sfilza di targhe. C'è di tutto: consulente del lavoro, studio commerciale, avvocato, notaio, editore, agenzia dati, agenzia immobiliare, sarta e per ultimo un cartello più evidente degli altri, centro estetico, depilazione anche per gli uomini. Ma da chi sarà andato? Entro nell'atrio e vedo scale e ascensore e R. J. è già sparito. Dopo dieci minuti lo vedo scendere a tre scalini per volta. Mi viene incontro e mi fa fare una giravolta.

"Allora, mi dici? Da chi eri?"

"Indovina! Tanto se ti conosco ti sarai letta tutti i campanelli! "

"Mmmmh... ti sei depilato e non vuoi dirmelo!"

Rusty si alza una gamba dei jeans e mi mostra i suoi stinchi, non pelosissimi ma nemmeno lisci.

"Allora hai fatto qualche casino e sei andato dall'avvocato! "

"No, la mia fedina è pulita! "

"Ti sei fatto fare un vestito da persona seria! Giacca e pantaloni!"

"Un giorno forse..."

"Mi arrendo!"

"C'entra col discorso che ti ho fatto prima."

"Quello del sedere?"

"Sì! La busta la tenevo lì sotto perché assorbisse un po'"di... fortuna!"

"Ah! E che c'era dentro?"

"Il mio libro..."

"Nooooo! Ma me lo potevi dire!"

"E che cambiava? Magari poi mi chiedevi di leggertelo! Invece così sei venuta con me a consegnarlo in casa editrice e magari mi avrai portato fortuna! Ti va di camminare un po'? Non mi va di riprendere subito la moto."

"Va bene, tanto Clod e Alis mi aspettano tra due ore."

"Ma non studiate mai voi tre?"

"E certo e infatti vado a studiare! "

"Alle sei del pomeriggio?"

"Certo, quando il mio bioritmo è più attivo! Me lo ha detto Jamiro!"

"Senza di lui non si fa un passo, eh?"

"Mai!"

Ridiamo e camminiamo vicini. Il sole è alto, è una bella giornata e mi sento molto ma molto meglio rispetto a stamani. Merito dell'effetto R. J. È una specie di tifone che spazza via la noia. Passiamo davanti a una vetrina. Un negozio di fotografia. Ci fermiamo tutti e due nello stesso momento. Dietro il vetro macchine digitali, le più moderne, qualche reflex, alcuni obiettivi, scatti di donne che sorridono. Ci guardiamo. Ed è un attimo. Un sorriso consapevole, un silenzio che non ha bisogno di parole. Abbiamo lo stesso identico pensiero. Nonno. Il nostro amato nonno. Nonno dolce, grande, buono, nonno che ci manca, che ci faceva sentire sicuri, almeno a me. E finisco di nuovo laggiù, in quei giorni assurdi. La casa piena di gente silenziosa. Nonna sulla sedia accanto a lui. E lui che sembrava dormisse. Non mi sembra possibile. La morte non mi sembra possibile. Non so nemmeno che cos'è. A volte vorrei potermene dimenticare, prendere il motorino e andare a casa loro come sempre e avere una bella sorpresa, vedere nonno Tom alla sua scrivania che armeggia con qualcosa. E poi il suo profumo. Quel dopobarba che si metteva da una vita. Il profumo del nonno. E invece non lo troverò mai più. Non ci posso pensare. E senza poterci far niente, gli occhi mi si inumidiscono. Rusty se ne accorge.

"E dai..."

"Dai cosa... e come si fa?" Tiro su con il naso. "Mi manca. E so che non c'è rimedio. Poi non posso nemmeno parlarne con mamma che si mette a piangere subito e mi sembra di farla soffrire di più..."

"Manca tanto anche a me, ma non mi viene da dire nulla, penso sempre a come deve stare la nonna... E di fronte a lei mi sembra di non avere neanche il diritto..."

"Già. Non è giusto."

Penso davvero che non sia giusto. Ma come, una persona come il nonno, così buono, con tutta la sua curiosità, la sua voglia di vivere, un nonno ragazzo... E invece se ne va via così. E" la morte che non capisco. Ti porta via le persone così, senza rimedio. Non potrai più parlarci, toccarle, vederle, ridere con loro. Mai più sentirle, mai più poter comprare loro un regalo o dire ancora quella cosa che non avevi mai avuto il coraggio di dirgli. Sì, semplicemente un'ultima volta, ti prego solo un'ultima volta, vorrei potergli dire ti voglio bene nonno.

"A cosa pensi?"

"Non lo so neanch'io.. Tanti pensieri." Poi lo guardo. "Ma tu ci pensi mai alla morte R. J.?"

"No... Non molto." Mi sorride. "Sai penso che si può prendere solo così come viene, ed essere felici di quello che è stato."

"Sembra che lo hai letto oppure che lo stai dicendo da scrittore."

"Bè, è molto più facile, è quello che mi ha sempre detto il nonno."

"Con il nonno parlavi della morte?"

"No, della vita e mi diceva che se non ci fosse la morte la vita non potrebbe andare avanti. La morte è il modo che ha la vita di difendere se stessa. Una volta mi ha letto una bellissima cosa di un poeta che si chiama Neruda." E continuiamo a camminare mentre Rusty cerca in qualche modo di ricordare, poi la sua voce diventa come più dolce.

"Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "ì piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti..."

"Ma è bellissima..."

"Infatti. E dice la verità. Caro, quelli che muoiono davvero sono quelli che non vivono. Quelli che si trattengono perché pensano che sennò chissà che dicono gli altri. Che fanno sconti alla felicità. Quelli che agiscono sempre nello stesso modo pensando di non poter fare nulla di diverso, che credono che amare sia una gabbia, che non fanno mai piccole follie per ridere di se stessi o degli altri. Sono morti quelli che non sanno chiedere aiuto e nemmeno lo sanno dare. "

"E" ancora Neruda?"

"No, questo è quello che oggi penso grazie al nonno..." E risaliamo in moto e ce ne andiamo così, in mezzo al traffico, la gente, a tanta vita. Camminano le persone sui marciapiedi, alcune sono in fila davanti a un bar o un negozio, altri aspettano che il semaforo cambi colore per attraversare, qualcuno ride, qualcuno chiacchiera, qualcuno si bacia. Gente. Tanta gente. E per un attimo mi sento meglio e non mi viene più da piangere. Mi sento come serena, forse cresciuta e tra tutta quella gente mi sembra per un attimo di vedere nonno. E non mi manca più forse perché ha vissuto e ci ha lasciato così tanto che non farò mai in tempo a dimenticarlo.

Ci siamo. Un po'"mi dispiace. Tra venti giorni cominceremo gli scritti dell'esame, poi gli orali, poi la fine di noi come classe. Che strano. Tutto ti sembra lontano e poi all'improvviso, puff, arriva. Scherzo sempre ma un po'"di paura degli esami comunque ce l'ho sul serio. Ce la sto mettendo tutta.

Oggi per esempio abbiamo studiato benissimo a casa di Alis. Clod è troppo felice di come stanno andando le cose con Aldo. Ci fa troppo ridere con i suoi racconti e si sbottona un casino nel voler dividere con noi ogni attimo di quello che le accade. Io non ci riuscirei. Non così almeno. Lei è serena. Forse si sente più tranquilla con noi. Non so. Nei miei pensieri all'improvviso Alis.

"Sto frequentando uno..."

"Sul serio?"

Alis lascia cadere questa bomba di curiosità, mentre facciamo merenda.

"Ma non ci hai detto niente! "

"Ve lo sto dicendo ora... Ci siamo rivisti l'altra settimana a casa di una mia cugina, è di Milano, ha ventun anni ed è bellissimo... "

"Ventuno? Ma non è troppo?" Mentre lo dico penso a Massi e ai suoi diciannove anni. Già, due in più, che differenza ci può essere? Però già il fatto che stai nella stessa decina ti da un senso di normalità, di vicinanza. Mi sento una stupida a fare questi discorsi, mi sento mia madre. Cioè non che lei sia stupida... Però sono quelle cose che direbbero proprio le madri! Quelle attenzioni che li per lì non hanno senso ma che col tempo... Come sono noiosa a volte.

"E com'è, com'è?" Clod e la sua curiosità. Alis sorride e sembra molto felice del suo acchiappo.

"Allora, alto, bruno, fisico pazzesco, lavora nel campo della moda, suo padre è un famoso imprenditore, vende vestiti italiani all'estero, in Giappone. Come prima cosa mi ha detto che io potrei benissimo essere una delle modelle per il loro campionario privato..."

"Sul serio? Fico!"

E poi?

"Poi mi ha voluto vedere nuda! "

"No!"

"Uhm uhm..." Alis fa segno di sì con la testa. "Eravamo nel salotto di mia zia, stava cominciando la cena e gli altri erano andati di là, ho spostato la spallina del vestito e l'ho lasciato cadere giù, ai miei piedi. E lui si è vergognato, sapete?"

"Ti credo!"

"Guardava in continuazione verso la sala da pranzo, se veniva qualcuno a chiamarci. Poi mi ha detto "Ok, vai benissimo. Saresti perfetta...'. A cena l'ho guardato tutto il tempo. Mi sfuggiva lo sguardo."

"L'hai spaventato..."

"A ventun anni!"

"Magari non aveva mai incontrato una così."

"Bè, forse..." Alis alza le spalle. "La cena è stata molto breve, però alla fine mi stavo annoiando. Gli ho chiesto se mi accompagnava..."

"E lui?"

"Lo ha fatto." Sorride e ci guarda tutte e due. "A casa mia non c'era nessuno... L'ho fatto salire." Rimane per un attimo in silenzio. "Ci siamo baciati e poi siamo stati in camera mia e abbiamo fatto l'amore..."

"Sì, bum!" Questa mi è proprio scappata.

Alis si gira di botto verso di me. "Non ci credi, Caro? Perché ti dovrei dire una cazzata? Pensi che voglio farmi bella con te? Credi che non sarei capace?"

"No, cioè... Sì, sì, che c'entra..."

Quasi mi spaventa con tutte queste domande. "Certo... è che mi sembrava strano, appena conosciuto..."

"Ci eravamo visti ogni estate al mare, ma non era mai capitato niente prima. Mi piaceva da sempre. Credo di essermi innamorata. Ci penso spessissimo e ci sentiamo ogni minuto. Anzi, forse troppo... Magari sono un po'"ossessiva." Si mette a ridere. "Ora è partito per Milano... Gli voglio fare una sorpresa e vado su a trovarlo. Magari venite con me..."

Eh certo, penso dentro di me, con l'aereo e con il permesso dei nostri. A volte Alis non si rende conto dell'età che abbiamo.

"Sì, sì, certo... sarebbe fìchissimo..." Clod non è della stessa idea.

"E poi lì dev'essere pazzesco fare shopping, ci sono dei negozi incredibili, la moda è tutta lì. Paris Hilton quando viene in Italia fa sempre a Milano la sua prima tappa. È d'obbligo."

"Alis..." la guardo cercando di capire meglio. "Ma com'è stato?"

"Bello... Mi ha fatto male all'inizio... Ma poi è stato bellissimo. L'unica cosa è che gli ho fatto mettere il preservativo."

'"Ma dai! Non ti sei vergognata?"

"Ma che scherzi? Così finivo come Juno... E poi... Poi mi terrei il bambino, che da una parte mi piacerebbe un sacco, ma dall'altra sarebbero una marea di complicazioni, quando sei così giovane..."

"Sì, sì, certo..." Anche se con tutti i soldi che ha non riesco proprio a immaginare quali potrebbero essere le sue complicazioni. La guardo. Non so se mi ha detto una bugia oppure no. Alis è capace di tutto, sul serio, è imprevedibile. Certe volte non la capisco proprio. Le voglio bene, è la mia amica, è vero, ma c'è sempre qualcosa di lei che mi sfugge.

"Pensate che il preservativo non ce l'aveva dietro "

"E allora?"

"Per fortuna ce l'avevo io! "

"Sul serio?"

"Sì" va verso un cassetto e tira fuori una scatoletta aperta. Control. E" vero allora.

"Me li ero comprati perché sapevo che prima o poi sarebbe potuto accadere... E che "luì non ce l'avrebbe avuto dietro! Allora, per non rischiare di non farlo... Li ho comprati e ho preferito è tenerli qui! Tieni..."

Ne da uno a Clod. "E tieni..." E uno a me. Poi ci sorride. "Ragazze, è bellissimo... Per quel giorno, per quando vi andrà... Per quando sarete pronte!"

Clod glielo ridà. "Per me prima dei sedici non se ne parla... Tienilo tu, che scade sennò."

"Perché non prima dei sedici?"

"Non lo so... ho deciso così..."

In realtà Clod ha sempre paura di ogni novità. Alis mi guarda spavalda."E tu?"

"E io... ti dico grazie." E me lo metto in tasca. "Non ho stabilito un giorno... quando sarà sarà. Voglio essere solo sicura di una cosa..."

Alis mi guarda curiosa. "Sicura di cosa?"

"Dell'amore. Il suo amore... del mio sono sicura."

Clod sorride. "Davvero? E" bellissimo quello che provi."

"Già" e un po'"me ne vergogno. Ho quasi paura della mia felicità. "Scusate, ma io devo andare."

"Dove? Da Massi?"

"Sì."

"Ti ho fatto venire qualche idea, eh? ! "

"Già..." sorrido ed esco fuori da casa di Alis. Apro il motorino, levo la catena, mi metto il casco e via. Mi fermo vicino a un cassonetto. Metto la mano in tasca e tiro fuori il preservativo che mi ha regalato Alis e lo butto lì dentro. Riparto. Mica per niente. Cioè secondo me porta sfiga tenere un preservativo in tasca fino a quando non lo fai. E poi chissà quando. E soprattutto pensa se mi dimentico di metterlo da qualche parte e lo becca mia madre o mio padre. Ma dai, scherziamo? Troppo rischioso. E così un po'"sollevata procedo tranquilla nel traffico. Mi fermo a un semaforo e mi infilo le cuffiette dell'iPod. Lo accendo. Random. Casuale. Voglio proprio vedere che canzone mi capita per prima... Musica. Sento l'attacco. Noooo! Non ci posso credere! Vasco. "Voglio una vita spericolata... voglio una vita piena di guai..." Rido. Certo che dopo aver buttato un preservativo per paura dei genitori fa ridere sul serio, eh... La vita è così. A volte te lo fa apposta, ti prende in giro o ti fa sentire importante. Non so neanche poi perché ho detto una bugia ad Alis e Clod. Non è vero che vado da Massi, vado da nonna, le avevo promesso che passavo a salutarla e non mi va di bucare proprio con lei. Anzi, mi è venuta una bella idea.

"Ciao!"

"Carolina! Che bella sorpresa! Mi scusi, eh..." Sandro si allontana da un signore anziano e viene vicino per salutarmi. Mi da la mano. Mi fa sempre ridere quando fa così. Dopo qualche giorno che avevo incontrato Massi mi è sembrato giusto andare da Sandro e raccontargli subito tutto, in fondo la prima volta che ci eravamo visti Massi e io era stata lì da lui e poi in qualche modo Sandro mi aveva anche aiutato a cercarlo. Ma da allora ogni volta che mi vede è sempre preoccupato per la mia storia con Massi.

"Che fai qui?" Poi mi guarda negli occhi. "Tutto bene, vero?"

"Certo! Benissimo..."

"E tu, come va con quella Chiara che è gelosa della nostra amicizia?"

"Uhm, così..." Sandro alza le spalle. "Le ho detto se andavamo a bere una cosa finito il lavoro e mi ha risposto di sì"

"Bene."

"Ha anche detto che non può fare tardi perchè il suo ragazzo è geloso. "

"Meno bene..."

"Però lo ha detto ridendo. Era come se volesse far capire che quella storia la sta un po'"annoiando."

"Benissimo!"

"Sì, non bisogna solo avere fretta." Mi sorride.

"Mi scusi, e questo? Questo di che parla...?" Il signore anziano ha un libro in mano. Leggo da lontano. La prosivendolavendola di Daniel Pennac.

"No, non le piacerebbe."

Il signore alza le spalle, lo posa nello scaffale e riprende a cercare. Sandro si gira verso di me e alza gli occhi al cielo. "Vieni, spostiamoci un po'"più in là... Quel signore è faticoso. Prende i libri a caso, se li fa raccontare e li vuole sapere nei dettagli, eh... E poi non li compra quasi mai! Allora?" Torna sorridente. "Che fai da queste parti?"

"Volevo prendere un libro per nonna..."

"Ah sì, tua nonna Luci." Rimane in silenzio.

"Te l'ho detto quello che è successo."

"Sì, certo. Me lo ricordo."

"Quando posso mi fa piacere stare con lei, visto che mia mamma, la loro unica figlia, lavora sempre tutto il giorno..."

Mi guarda e mi fa un sorriso tenero, come se fossi speciale. A me tutto questo sembra così normale.

"Fammi un po'"pensare... Sì, ecco." Prende un libro. "Potrebbe piacerle questo: La solitudine dei numeri primi. E" la storia di due persone sole che si amano ma alla fine restano soli..."

"Sandro! Ma è tristissimo!"

"Un po', però è molto bello."

"Ho capito, ma nonna in questo periodo ha bisogno di sorridere!"

"Hai ragione. Allora ci sarebbe questo... L'eleganza del riccio. Questo è più leggero, divertente ma ugualmente bello."

"Uhm..." lo prendo in mano. "Di cosa parla?"

"E" la storia di una portinaia molto colta che fa finta di non sapere niente perché sennò quelli del palazzo non l'avrebbero in simpatia... E fa amicizia con una ragazzina..."

"Uhm, questo mi sembra già meglio, anche se noi non abbiamo il portiere!"

E improvvisamente un'altra voce tra noi. "Oh sì, che potrebbe andare! Tra l'altro la ragazzina ha deciso di uccidersi proprio per il giorno del suo compleanno e invece l'amicizia con la portinaia l'aiuta nella sua solitudine e... " Quel buffo signore in principe di Galles a quadretti grigio, con tanto di gilè e papillon, si accorge di come lo stiamo guardando sia io che Sandro. Improvvisamente le sue parole gli si spezzano in bocca. "Bè, forse è meglio che non sveli troppo... comunque a me è piaciuto molto." E si rigira su se stesso quasi infastidito dal nostro silenzio.

Sandro lo guarda andare via. "Voleva fare conversazione..."

"Già, e svelarmi il finale."

"Che poi lui non l'ha letto! È tutto quel che ricordo di avergli raccontato io... Sai... è molto solo. Viene qui per fare conversazione e alla fine del mese comunque un libro lo prende, il più economico magari, tanto per far vedere che tutti i miei racconti non sono sprecati! " Lo guardo. È laggiù che fruga tra i libri. Ne apre qualcuno, lo sfoglia, legge qualcosa ma lo fa così, per finta, in realtà con la coda dell'occhio guarda verso di noi, sa che stiamo parlando di lui. Poi si gira del tutto. Sorride. In fondo dev'essere simpatico. Lui e nonna Luci. Chissà, magari un giorno potrebbero vedersi e prendere un te e parlare di tante cose e farsi compagnia. Nonna conosce tantissime storie, gliene racconterebbe una al giorno fino alla fine dei suoi giorni. No. Nonna non avrà più voglia di parlare con nessun altro uomo. Nonna parla ogni giorno con nonno Tom. Siamo noi che non possiamo sentirli.

"Carolina! Che bella sorpresa..."

Nonna mi fa entrare con un bacio sulla guancia e un abbraccio lungo, pieno d'amore. Poi mi prende e mi guarda con le sue mani sulle spalle, come se cercasse qualcosa in me.

"Non t'aspettavo sul serio..."

Non so se crederle. Secondo me non è vero. Sarebbe stata dispiaciuta se non fossi passata. E molto. Fa un sospiro di sollievo e poi torna la nonna di sempre.

"Come stai... sembri ogni giorno diversa..."

"Diversa come, nonna?"

Chiude la porta alle mie spalle. "Cresciuta. Più donna. Più ragazza insomma.,."

"Ma sono una ragazza!" Rido mentre mi giro a guardarla.

"Sì, sì, lo so..." Poi torna curiosa. "Non c'è niente che devi dirmi, vero?"

"No, nonna." Capisco le sue possibili allusioni. "Stai tranquilla."

E finiamo in salotto in un tavolino all'ombra di quell'albicocco.

"Sta facendo i primi fiori."

"Sì..." e rimaniamo così, a fissare quei fiori appena sbocciati che si piegano leggeri e fragili al primo vento. E chissà quale ricordo evocano. Vedo i suoi occhi tingersi di emozione. Leggere, opache lacrime li vestono. Rimane così, assorta, forse trasportata indietro nel tempo. Quel vaso. Quell'albero. Un bacio ricevuto in quell'angolo. Un regalo. Una promessa. Rimango in silenzio mentre lei naviga lontana, portata da chissà quale corrente di ricordi. Poi improvvisamente torna. Un lungo sospiro. Mi guarda di nuovo, sorride serena Non si vergogna del suo dolore. Anch'io le sorrido.

"Ti va un te?"

"Sì, nonna! Magari un te verde se ce l'hai..."

"Certo che ce l'ho. Da quando so che ti piace, non manca mai... " E se ne va di là.

Io mi siedo al tavolino di legno lì, nell'angolo, vicino ai gelsomini e al muro delle rose selvagge. Mi ricordo che il nonno mi ha fatto delle foto bellissime tra quelle rose. Chiudo gli occhi, respiro il delicato profumo di quei fiori. Mi sento rilassata, mi riposo anche se non ho ragione di essere stanca. Bè sì, forse ho studiato un po'"troppo. Ho pure saltato ginnastica. Sono le ultime lezioni, però è anche vero che gli esami sono alle porte. Continuo così, tra mille pensieri, poi improvvisamente il ricordo di una cosa che mi ha detto mamma. Poco dopo il funerale del nonno, quando siamo tornati a casa. Era rimasta in salotto, io non avevo sonno e l'ho incontrata per caso lì sul divano, con le gambe raccolte sotto di lei, proprio come faccio sempre io.

Quella sera.

"Ehi, vieni qui..."

Mi siedo di fronte, sulla sedia.

"No, qui accanto a me..." Mi fa un po'"di posto sul divano o sì la raggiungo. Mi siedo come lei. Siamo due gocce d'acqua con in mezzo un po'"di tempo.

"Cosa pensi, mamma?"

"A una cosa che ho sempre immaginato e che non è stata possibile..." Rimane così, in silenzio, con lo sguardo perso oltre quella tivù spenta, oltre quel divano sullo sfondo, quel tappeto consumato. Oltre quello specchio antico.

"Posso saperla?"

Ritorna indietro, in sé. Si gira lentamente verso di me. Sorride. "Sì, certo. Si amano così tanto... Cioè, si amavano così tanto che avrei voluto sparissero insieme, nello stesso momento... Anche se per me sarebbe stato un dolore enorme."

Allora mi porto più vicino a lei e poggio la testa sulla sua spalla. E quasi lo sussurro...

"Si amano ancora, mamma."

E lei mi accarezza i capelli e poi il viso e di nuovo i capelli. "Sì. Si amano ancora. "

E la sento piangere. Silenziosa, che non riesce a frenare il pianto, a trattenere i singhiozzi, che piano piano diventano un po'"più forti. E anch'io allora piango in silenzio e l'abbraccio forte, ma non riesco a dire nulla, neanche a immaginare qualche cosa, a trovare una frase bella da poterle dire, se non "Mi dispiace, mamma...". E continuiamo a piangere così, come due bambine di mamme differenti.

"Eccomi qui, con il tuo te." Lo poggia un po'"traballante sul tavolo di legno. Riapro gli occhi e me li asciugo veloci, per non farla accorgere che stavo piangendo di nuovo.

"Ah che bello... Non sai quanto mi andava, nonna! " E lo verso nella mia tazza e subito scarto la bustina e ce la infilo dentro.

"Ma tu non lo vuoi provare?"

"No, grazie" nonna si siede di fronte a me. "Preferisco quello normale, "English"" e sorride mentre lo dice, fiera della sua pronuncia.

Alzo le spalle. "Come vuoi, nonna..."

Finisco di versarmi il mio e assaggio un biscotto.

"Nonna! Ma sono al burro..."

Sorride. "Proprio per questo sono così buoni!"

Scuoto la testa. Non ne vuole sapere della mia dieta, non mi aiuta per niente, anzi.

"Con qualche chilo in più stai meglio! "

"Sì, sì... invece di aiutarmi..."

"Ma io ti aiuto... a essere bella!"

Pesco nella mia borsa sotto il tavolo.

"Beata te che ci credi, nonna... Tieni, ti ho portato questo." Poggio sul tavolo un pacchetto incartato.

"Cos'è?"

"Aprilo..."

Nonna posa la sua tazza da te e prende il pacchetto. Comincia a scartarlo. E" emozionata.

"Grazie! " Gira tra le sue mani il libro Anime alla deriva.

"Spero che ti piacerà. E" la storia scritta da un ragazzo molto giovane, ma così romantica..."

Mi guarda con gli occhi commossi, le viene quasi da piangere.

"Bè, nonna... Almeno così mi hanno detto."

"Oh sì, certo... Ma non stare a preoccuparti. Anch'io ho una cosa per te. Aspettami qui..."

Rimango così, curiosa, a sorseggiare il mio te, ora meno caldo, ma comunque buono, quando nonna compare sulla porta con un regalo.

"Tieni, siamo usciti un giorno l'abbiamo vista... Volevamo aspettare Natale.." E si ferma. Non dice più niente. Non dice: "Purtroppo non ha più senso aspettare... " oppure "Nonno non c'è più ".

Semplicemente rimane in silenzio. Ed è come se dicesse tutto quello e molto di più. E cerco di comprenderla. E mi viene da piangere. Anche a lei. Allora faccio confusione apposta.

"Che bello, che sorpresa! Non riesco a immaginare che cosa sia!"

Scarto veloce, strappo la carta a pezzetti ridendo, e alla fine, dopo averla accartocciata, la tiro in un secchio lì vicino. Ma non faccio centro. Nonna mi guarda e scuote la testa, io le sorrido. "Dai, dopo la raccolgo..." E guardo meglio la scatola.

"Ma è bellissima! Una macchina fotografica! "

"Ti piace? Lui diceva che eri portata, che ti sarebbe piaciuta un sacco, perché è quella... Quella che può fare un sacco di foto senza rullino..."

"Digitale!"

"Eh sì, digitale."

"Ma mi piace moltissimo..." Apro la scatola, la tiro fuori e me la rigiro tra le mani, cercando di capire come funziona. L'accendo.

"E carica... Ma dai, troppo forte..." Vedo che sopra c'è il pulsante per fare le foto. Ne scatto una a nonna. "Sorridi!" E tac! La faccio al volo. Vedo che vicino c'è scritto autoscatto. Spingo e partono i secondi. Trenta. Ventinove. Ventotto. La piazzo sul tavolo vicino alla teiera. "Vieni nonna! Facciamo una foto insieme! " E la porto con me, davanti alla macchina fotografica in mezzo alle rose e l'abbraccio. E aspetto in posa con lei che alla fine poggia la testa sulla mia spalla proprio mentre... "Flash! Ecco, l'abbiamo fatta!"

Corro alla macchina e controllo com'è venuta. "Guarda nonna! Siamo bellissime! Due modelle..."

"Sì, sì!" Ride guardando nella macchinetta. Poi la prendo tra le mani e comincio a smanettarla. Vado sul menù per capirne di più. Foto disponibili 430. Ma come, qui segnava 450. E allora muovo il pulsante. Vado indietro e all'improvviso compare lui. Nonno. Nonno che sorride. Nonno che fa le facce. Nonno a braccia conserte e poi ancora nonno e nonna abbracciati, una foto bellissima, lei che ride appoggiandosi a lui, vicino all'albicocco. Forse era quello che pensava prima. Si ricordava di quel giorno, di questa foto, di quel sorriso, della sua felicità. La guardo. Nonna mi sorride.

"Ci sono le nostre foto, vero?"

Annuisco. Non riesco a dire niente. Mi viene un groppo in gola. Mi viene da piangere. Uffa. Ma perché sono fatta così? Non ce la faccio proprio. Nonna mi fa una carezza. Ha capito tutto e vuole essere forte per me.

"Me le stampi, se ti riesce? Se no non fa niente... Non ti preoccupare."

Faccio un sospiro lungo e ritrovo il controllo. "Certo, nonna. Te la stampo di sicuro... Grazie. Mi avete fatto un bellissimo regalo."

E l'abbraccio.

Qualche giorno più in là!

"Ciao Caro!"

Mi abbraccia e mi da un bacio che mi toglie il respiro, che mi fa saltare il cuore in gola, che mi emoziona come la prima volta che ho incrociato il suo sguardo in quello specchio della libreria. Massi. Ha una maglietta blu ed è già un po'"abbronzato. Per essere quasi a metà giugno è uno spettacolo. Sa di mare. Sì, quel blu, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua abbronzatura sa di mare... da amare. Una spiaggia di un'isola brulla, circondata da onde che si rompono sugli scogli, i suoi capelli e il suo sorriso e lui steso... che mi accoglie.

"Caro, a che stai pensando? Hai una faccia..."

"E che tra poco ho gli esami."

Mento. "Sul serio pensavi a questo? Sorridevi!"

Io alzo le spalle e faccio la dura.

"E certo, a me gli esami mi fanno ridere..."

E mi prende in braccio e mi solleva con leggerezza, mi fa volare da terra.

"Ehi... Aspetta! Mi fai cadere questi!"

"Che mi hai portato?"

"Le pizzette di Mondi."

"Uhm... buone... dopo però."

Me le sfila di mano, le poggia lì sul tavolo in cucina e poi mi trascina per il corridoio, il salotto, la sua stanza da letto.

"Ecco..." Mi lancia quasi sul letto e poi ci salta sopra e arriva a un passo da me, quasi mi scanso per non finirci sotto.

"Sei proprio pazzo, per poco non mi prendevi..."

"Ti voglio prendere ora..."

E lotta con la mia cintura, quasi famelico, me la apre frenetico. Gli fermo le mani.

"Massi, ma hai chiuso la porta?"

"No..." Sorride.

"E se arrivano i tuoi?"

"Impossibile. Sono al mare, li rivedo per fine luglio..."

"Sicuro?"

"Certo... E per questo che ti mangio sereno... Gnam!" E mi morde i jeans, tra le gambe, e quasi mi fa male.

"Ahi."

E continua a fare finta di essere un animale. "Sono il lupo... che pelle morbida che hai..." e mi apre i jeans e mi da un morso leggero e mi succhia la pelle, lì, sul bordo alto delle mutandine.

"Ahi! Mi mordi..."

"Sì, per mangiarti meglio! " E fa uno strano verso.

"Più che un lupo, sembri un porco..."

"Sì... che bello, sono una nuova specie, il lupo porcello..." E mi tira giù i pantaloni. Me li sfila levandomi le scarpe, i calzettoni, e rimango così, tra le sue braccia.

"C'è troppa luce..."

Si alza veloce con le mie gambe perse, abbassa le serrande. Penombra. "Così va meglio, vero?"

"Sì..." Sorrido.

"Vedo i tuoi denti bianchi, bellissimi... I tuoi occhi azzurri, intensi!"

Si spoglia, si leva tutto e si stende vicino a me. Ha solo le mutandine e se le sfila via veloce. Ora è nudo, completamente. Inizia ad accarezzarmi, la sua mano tra le mie gambe, persa, mentre mi abbraccio a lui, stretta, quasi mi aggrappo, mentre mi da piacere, sempre di più, di più, ancora e ancora.

"Voglio fare l'amore con te" mi sussurra all'orecchio.

Rimango in silenzio. Non so che dire. Ho voglia. Ho paura. Non saprei che fare. Mi ricordo Juno. Mi spavento. Forse è più facile prendere tempo.

"È ancora presto..." sperando che non si arrabbi. Rimane fermo. Poi a un tratto sorride.

"Hai ragione..."

E dolcemente mi prende la mano. La bacia all'interno del palmo e poi la poggia sulla sua pancia. Sento dei peli leggeri, i suoi addominali nascosti. Allora lentamente scendo giù, piano piano, delicatamente. Tra i peli più folti improvvisamente lo trovo. Lo prendo, lo stringo piano e inizio ad andare su e giù. Lo sento sospirare. Poi mette la sua mano sulla mia e la porta un po'"più su. Sorride. "Ecco, così... " Riprendo a muoverla su e giù. E lui quasi con le parole a tratti spezzate: "Così... Più... Più veloce...". E io continuo come ha detto lui, un po'"più veloce e ancora, sempre di più, più veloce. E improvvisamente quasi s'irrigidisce e poi tutto lui, nella mia mano, sopra, sulla sua pancia. E poi il suo sorriso, perso in un bacio più morbido, così, abbandonato sulle mie labbra. Pian piano, ora il suo cuore rallenta, sempre di più, un altro sospiro e un altro, più profondo. Rimaniamo abbracciati nella penombra, con questo nuovo profumo tra di noi, quel leggero piacere che sa come di pinoli, di resina, di erba fresca. Sì insomma... che sa d'amore.

Più tardi ci facciamo la doccia insieme, musica per tutta la casa, liberi e grandi.

"Tieni..." Mi passa un accappatoio fresco, profumato, di un rosa pallidissimo e io rimango così, persa nelle sue maniche lunghe e mi guardo allo specchio. Capelli bagnati, occhi felici. E poi all'improvviso compare lui e mi abbraccia.

"E" quello di mia mamma..."

"Non si arrabbierà vero?"

"Non lo saprà."

Chiudo gli occhi e mi abbandono nella sua stretta e poggio la testa indietro, sulla sua spalla e sento la sua guancia morbida, il suo profumo, la sua bocca dischiusa che mi bacia di sfuggita, che mi respira di lato, che mi fa sorridere. Apro gli occhi e lo guardo. I nostri sguardi in quello specchio, come allora, come la prima volta. Emozionata, in silenzio, continuo a fissarlo e le parole mi si bloccano sul limitare del mio cuore, appena uscite in punta di piedi, per non far rumore, timide vorrebbero urlare "ti amo". Ma non ce la faccio.

Poi sono di nuovo sul letto. Ho le gambe aperte. Accarezzo lentamente i suoi capelli ricci. Morbida, abbandonata, sento il suo muoversi, la sua lingua. Si affacciano di laggiù i suoi occhi divertiti, furbetti, lo vedo sorridere nascosto, mentre mi da piacere senza fermarsi. Anzi, insiste. Più a fondo, con foga, con rabbia, con voglia: lo sento, rapita, abbandonata, conquistata... e alla fine grido. E poi esausta... respiro corto. Pian piano recupero. Ecco, un altro respiro. Gli accarezzo i capelli. Poi sale su, vicino a me. Mi da un bacio, sorride e io con lui, inebriata da tutto il mio piacere. Ovunque, tra di noi, sulle lenzuola, tra i nostri baci, nell'aria. Come vorrei avere il coraggio di fare l'amore.

"Vado di là e torno subito,"

" Sì... " Sorrido mentre lo vedo uscire dalla sua camera, dalla nostra camera. Nudo. A piedi nudi. Libero da tutto e da tutti. Solo mio. Mi rigiro su me stessa, nell'accappatoio aperto. Stringo il cuscino. Lo abbraccio forte e in un attimo naufrago in un dolce dormiveglia. Leggera galleggio. Chiudo gli occhi. Li riapro. Estasiata da rumori lontani, delicata e così sognando, ricordando quei primi attimi appena vissuti, mi addormento.

"Plin, plin."

Apro gli occhi. Un suono improvviso. Mi guardo in giro Improvvisamente sveglia, lucida. Stranamente attenta.

"Plin, plin."

Di nuovo. Eccolo, lo vedo. Il suo cellulare. E lì sul tavolo. Deve essergli arrivato un messaggio. Mi alzo furtiva. Faccio due passi in punta di piedi e in un attimo sono davanti al suo telefonino. Sullo schermo a destra in alto lampeggia una bustina. E quella del messaggio appena arrivato. Rimango così, ferma, immobile, sospesa nel tempo, mentre quella bustina continua a lampeggiare. Chi è che li ha mandato un messaggio? Un amico? I suoi? Una ragazza?

Un'altra ragazza? E a quest'ultimo pensiero mi sento svenire. Mi si stringe la pancia, il cuore, la testa. Tutto. Mi sembra d'impazzire al pensiero. Un'altra. Un'altra ragazza. Guardo verso la porta, poi il cellulare. Poi di nuovo la porta, poi il cellulare. Non ce la faccio più, sto impazzendo. Basta. Non resisto. Prendo il cellulare, lo tengo così, tra le mani, guardandolo, fissandolo. Dopo, nulla sarà più come prima, forse sarà finita per sempre, sarà impossibile recuperare. Oppure è meglio non sapere, lasciar stare, non aprire quella bustina, non leggere quel messaggio? Non ce la faccio. Non potrei più vivere con il dubbio "Ah, se non l'avessi aperto...".

Ormai sono qui, è fatta. Ma se non fosse? Allora giuro che se non c'è scritto niente di compromettente, se è un amico, i genitori o altro, non leggerò mai più un suo messaggio. E così, forte di questa ultima, disperata, promessa, apro il messaggio.

"Tutto ok. Si gioca alle venti al Football club! Maglia blu."

Maglia blu! Mai letto niente che mi ha fatto più felice! Maglia blu!

Cancello il mess che così non si accorge che l'ho aperto e poso il cellulare sul tavolo e con un salto mi rituffo sul letto. Appena in tempo.

"Caro..." Entra con in mano un vassoio. "Pensavo ti fossi addormentata!"

"Un pochino..." Gli sorrido. "Poi mi sono svegliata.."

Mi osserva curioso. Guarda in giro per la camera. Poi tranquillo ala le spalle e poggia il vassoio sul letto.

"Allora, ho messo le tue splendide pizzette... Me ne sono mangiato già qualcuna! Uhm che buone... E poi ti ho fatto un te... Alla pesca ti va bene?"

Sorrido. "Certo! Buonissimo."

"So che ti piace quello verde ma me l'hanno finito."

Si ricorda anche quello che mi piace. Non ci posso credere. E" perfetto. Gli faccio una carezza. Poggia la sua guancia sulla mia mano, quasi a imprigionarla contro il collo. Poi prendo una pizzetta e gli do un morso.

"Uhm... è vero, sono buonissime."

Lo guardo, sorrido. E il pezzo che è rimasto glielo metto in bocca. Lo mastica, sorride e alla fine ci diamo un bacio. Un bacio al pomodoro. E ridiamo sentendo quel sapore. Mi lascio andare indietro sul cuscino e lui mi è sopra. Mi bacia con passione. Poi si alza e mi guarda negli occhi. Sorride. Vorrebbe dire qualcosa. Ma rimane in silenzio.

Anch'io vorrei dirgli qualcosa: "Massi... guarda che giochi in maglia blu! ". Ma non posso. Mi scoprirebbe. E lo abbraccio forte, lo stringo e sono così felice di aver letto quel messaggio e giuro che non ne aprirò mai più nessuno, giuro, giuro! Certo... sempre che non me lo chieda lui.

"Che hai, Caro, perché sorridi così?"

Eh certo, mica può immaginarlo.

"Stavo pensando che è il più bei pomeriggio che io abbia mai passato."

"Sul serio?" Mi guarda chiudendo un po'"un occhio, come se non si fidasse poi tanto di me.

"Certo, te lo giuro."

"Non so com'è, ma penso sempre che mi stai dicendo qualche bugia..."

"Ah, te l'ho già detto... ti dico sempre la verità... tranne qualche rara volta!"

E tutta felice do al volo un morso alla pizzetta che si stava per mangiare lui.

Sono stata mille altre volte a casa sua nel mese di giugno. E ogni tanto gli ho portato dei tramezzini, supplì, crocchette, perfino calzoni... E tutte le cose buone che si possono mangiare a Roma.

Abbiamo guardato il tramonto dalla finestra della sua camera.

Ho imparato a memoria ogni angolo della sua splendida schiena e se fossi capace di disegnare, mi basterebbe chiudere gli occhi per averlo di fronte, e ricopiarlo lì, su quel foglio, in tutti i suoi minimi dettagli, le sue mani, le sue dita, la sua bocca, il suo naso, i suoi occhi, bello come riesco a vederlo solo io, io che ne conosco il respiro, che l'ho sentito addormentarsi tra le mie braccia, risvegliarsi poco dopo con un sorriso.

"Eh? Chi è..."

"Shhhh..."

E coccolarlo come il più dolce dei bambini, E sentirlo ridere mentre si attacca con la bocca al mio seno e finge di prendere il latte, lui che di nuovo si addormenta sereno e respira tutto il mio amore.

Nei diversi giorni che abbiamo passato ogni tanto a casa sua, altre volte sono arrivati dei messaggini e da brava, come mi ero proposta, non li ho letti.

Non è vero. Li ho letti tutti. Ogni volta che ne arrivava uno, se ero sola lo leggevo e ogni volta ho avuto un tuffo al cuore e poi un sorriso.

Ed è stato proprio quell'ultimo messaggino a convincermi.

"Come mai non vieni più ad allenarti? Ma che ti sei innamorato?"

Sì, l'ho letto, ho sorriso e poi ho deciso.

Farò l'amore con lui e sono la ragazza più felice del mondo per la mia decisione.

Luglio

Ettore o Achille? Achille.

Paperino o Topolino? Topolino.

Luce o buio? Dipende dai momenti.

Di che colore sono le pareti della tua stanza? Azzurre.

Cos'hai appeso alle pareti di camera tua? Il poster del concerto di Biagio a Venezia anche se mamma non sa che ci sono andata, il calendario con le foto che ha fatto il nonno, i poster dei Finley e dei Tokio Hotel, la cornice grande con le mie foto.

Sotto al letto? Spero non un mostro.

Cosa vuoi fare da grande? La grande.

Luglio. Mese di mare. Andiamo su e giù con le macchinette come pazze. Alis e Clod amano troppo il mare.

Per fortuna gli esami sono andati bene a tutte e tre. Se penso a quanto ero preoccupata... per esempio per i temi. Alla fine invece i titoli erano Scrivi una lettera, un articolo o una pagina di diario in cui parli dei tuoi anni trascorsi a scuola e delle aspettative che hai per il futuro", parla di un problema di attualità che ti sembra urgente da risolvere" e "Scrivi una relazione su un argomento studiato che ti ha suscitato maggior interesse". Ho scelto il primo e ho fatto bene. Ho preso distinto al tema! Non me l'avevano mai dato durante l'anno ai temi, cioè sempre più che suff e una volta buono più, ma distinto mai. A matematica problema su un prisma quadrangolare regolare con sovrapposta piramide e calcoli vari di aree e perimetri, poi la leva e quattro equazioni. E poi le traduzioni di inglese e il test di comprensione. Anche l'interrogazione alla fine è andata bene, in pratica mi hanno chiesto solo la tesina.

II prof Leone ha fatto i complimenti a tutt'e tre!

"Brave ragazze, non me l'aspettavo sul serio..."

Ci guardiamo. E" strano, quando finisce la terza media, ti sembra di aver concluso un momento della tua vita, come se si fosse chiuso un ciclo e poi, semplicemente ce ne andiamo via così. "Arrivederci, prof!"

Alis e Clod chiacchierano e mi viene difficile pensare a qualcosa di diverso da come immagino la mia vita adesso.

Camminano davanti a me. Le guardo e sorrido. Clod coi suoi pantaloni larghi, un po'"calati, i capelli raccolti come fa lei, con lo zaino che le pesa sulle spalle e le mani che agita cercando di spiegarsi.

"Hai capito, Alis? Non sei d'accordo con me? Guarda che è importante... Fondamentale..."

Fondamentale. Che paroloni! Chissà di cosa stanno parlando. E Alis che scuote la testa e sorride.

"No, io non la penso così..."

E ti pareva. Alis e le sue convinzioni. Alis sempre ribelle, reazionaria a prescindere. Alis con i suoi capelli sciolti, qualcosa di firmato e i vestiti nuovi.

Le raggiungo e metto il braccio intorno al loro collo e le abbraccio da dietro. Alis a sinistra, Clod a destra. "Dai, non litigate, state sempre a discutere."

E le stringo forte.

"E che abbiamo una visione diversa delle cose..."

Clod sospira. "Tu non hai una visione. Hai un mondo tuo..."

E quasi per consolarsi di questa sua dichiarazione, prende dalla tasca dei jeans delle caramelle al cioccolato Toffee e comincia a scartarle.

Niente, restano sulle loro posizioni. Cerco di distrarle.

"Ma ci pensate che abbiamo finito la scuola? Cioè è finito un periodo... potremmo non vederci più..."

Alis si sfila da sotto il mio braccio e mi si para davanti. "Non dirlo neanche per scherzo... Noi ci vedremo sempre. Non ci deve essere ne scuola, ne ragazzo, ne altro che possa mai allontanarci."

"Sì sì..." Mi spaventa quando fa così.

"No" mi guarda intensamente negli occhi. "Giuramelo."

Faccio un sospiro. Poi sorrido. "Te lo giuro."

Alis abbassa un po'"le spalle. Sembra più tranquilla. Poi guarda Clod. "Anche tu."

"Ah bè... ci rimanevo male se non lo chiedevi anche a me. Giurin giuretto..."

"Ma che è? Così non vale! Giurin giuretto cadi dal tetto..."

Alis le frega dalle mani tutto il pacchetto di caramelle e corre via ridendo.

"No! Non dovevi farmelo!"

Clod le corre dietro cercando di riprenderselo. "Ma che, giurin giuretto... giuramento perfetto!"

Alis sale sulla sua macchinetta e si chiude dentro.

"E dai, ridammele..."

Se ne frega due, le scarta e se le mette apposta in bocca. Poi tira giù il finestrino e le da quelle che rimangono. "Ehi, sabato da me, in campagna, a Sutri. Ho fatto anche preparare la piscina. Vengono tutti, mi raccomando."

"Ma tutti chi?"

"Tutti... tutti quelli che contano... E che volete voi!"

E parte come fa lei, accelerando con le gomme che fischiano e una macchina arriva dall'altro lato e inchioda e subito dopo suona lamentandosi così della sua partenza improvvisa.

"Mamma, ho preso buono! "

"Brava! Ma sei bravissima! Sono proprio contenta per te." Mi abbraccia, mi stringe, mi riempie di baci. E non mi da fastidio come mi capita qualche volta. Sono troppo felice.

"Hai sentito, Dario, hai visto com'è stata brava Carolina?"

Arriva papà dall'altra stanza, ha il "Corriere dello Sport" tra le mani. Sorride. Ma non troppo. Com'è fatto lui. Come fa... mai che si sprechi. "Bene, allora facciamo un po'"di vacanza serena senza problemi... Non come tua sorella Alessandra." Alza un po'"la voce per farsi sentire fino in camera sua. Poi se ne va.

Mamma sorride, poi solleva tutt'e due le sopracciglia. "Ha preso due debiti, quest'estate dovrà studiare. Si dovrà portare i libri dietro. E le tue amiche? Come sono andate loro?"

"Oh, bene! " Mi siedo al tavolo. "Clod ha preso sufficiente..."

"Bè, mica tanto bene..."

"Ma che le importa, intanto è promossa. Alis invece distinto."

"Capirai, faceva la smorfiosa con il prof! "

"Mamma, ma che dici! Tu ogni volta che c'è del buono in lei, devi vederci sempre del male..."

"Non mi piace. Non mi piace la sua famiglia. Sua madre che non c'è mai a casa, il padre che non si fa sentire se non per le feste..."

"Ma che c'entra questo con il suo voto. Se lei sa, se ha saputo rispondere ed è andata bene agli esami, perché non dovrebbe prendere distinto?"

"Bè, allora mi da fastidio che è andata meglio di te..."

"Allora se è questo..." mi avvicino al lavello dove sta lavando dell'insalata per la cena, "mi sta bene" e l'abbraccio.

Sorride mentre mi poggio sulla sua schiena.

"Nessuno può andare meglio di mia figlia..."

"Ma mamma, guarda che io in matematica sono negata..."

"E migliorerai... Sono sicura che migliorerai, vero?" Si gira verso di me e mi stringe le guance con le mani bagnate.

"Ma mamma! Mi bagni tutta! " Mi libero dalla sua stretta e vado verso la porta, poi mi fermo un attimo e le faccio un sorriso bellissimo, il più bello che abbia mai fatto.

"Sabato c'è la festa di fine scuola a Sutri, ci posso andare, vero?"

Mamma si gira e fa la faccia leggermente infastidita.

"L'ho saputo stamattina, giuro!"

"Sì sì... giurin giuretto..."

Ma allora la conosce anche lei! Vado tutta felice in camera, contenta di quel suo modo di rispondere che è stato, in un modo o nell'altro, il suo sì.

"Ciauuu!"

"Ehi, non ti aspettavo, Caro..."

Rusty James mi sorride vedendomi salire sulla passerella del barcone.

"Sono venuta a farti una sorpresa..."

"Bene..." Me lo dice con un tono strano. Poi sento dei rumori dalla cucina e improvvisamente compare lei.

"Debbie! Che bello, non sapevo fossi qui..."

"Ciao!" Debbie posa un vassoio sul tavolo. Le corro incontro e l'abbraccio.

"Quanto tempo che non ti vedevo... Ti sono cresciuti i capelli e sei abbronzata..."

"Anche tu, Caro, stai benissimo."

Rusty James allarga le braccia. "Ma perché non vi scambiate i numeri? Sembrate due vecchie amiche che non si vedono da troppo tempo..."

Ci guardiamo io e Debbie e ci sorridiamo. "Già... proprio così. Aspetta... Vado a prendere un bicchiere anche per te." E sparisce in cucina.

Guardo Rusty James che ha in mano una busta.

"Bravo, R. J., sono felice..."

"Ma di che..." Non vuoi darmi confidenza.

Sorrido e mi siedo vicino a lui. "Sono felice e basta... Lo sai, mi è troppo simpatica."

Sto per dire un'altra cosa ma proprio in quel momento torna Debbie.

"Vuoi il te freddo al limone o alla pesca?"

"Oh, quello che c'è..."

"Li ho portati tutti e due."

"Pesca allora..."

"Bene, abbiamo tutti gli stessi gusti..." Debbie versa nei tre bicchieri quello alla pesca. Prendo il bicchiere e lo alzo.

"Brindiamo al mio buono buono! "

"Brava, sono felice per te! " Debbie sbatte il suo bicchiere contro il mio. R. J. fa un fischio. "Fiuuuu... meno male, ti credevo bocciata. "

"Stupido..."

"Bè, se non altro rimandata... cos'hai di diverso da Ale?"

"Tutto! E anche da te..."

"Sì, è vero..." Fa il serio. "Noi due siamo molto diversi."

"No! Non voglio! " Mi butto su di lui apposta con forza. "Voglio essere identica a te! "

"Ahia! Caro..." Mi spinge sull'altra poltrona. "Guarda che Debbie è gelosa.."

"Io?" Debbie da un sorso al suo te. "Ma figurati... Piuttosto, lo stai facendo apposta... Apri un po'"quella lettera..."

Rusty James riprende la lettera che aveva in mano. La guarda, la gira e rigira, cerca di leggerla in controluce.

Debbie smania. "E aprila dai... E da stamattina che fa così..."

"Ma cos'è?"

Rusty James mi guarda. "È una lettera di una casa editrice. Devono aver letto il mio romanzo."

"E ti scrivono?"

"Sì... ti dicono se gli è piaciuto o no."

"Vuoi che la apra io?"

"No. E che mi stavo gustando il momento in cui l'avrei fatto. Ecco. Guarda l'orologio. Sono le sette e un quarto, c'è un bellissimo tramonto e due splendide donne che mi fanno compagnia. "

Gli sorrido. "E un ottimo te alla pesca..."

"Giusto." Poi non indugia più. Fa un sospiro lungo e la apre con forza, quasi strappandola. Tira fuori un foglio, lo spiega, lo mette per il verso giusto e iniia a leggerlo.

Debbie e io rimaniamo così, sospese, con il respiro quasi immobile, preoccupate che qualcosa, anche il minimo movimento,possa rovinare quel che già su quel foglio è stato deciso. Rusty James piega il foglio. Ci guarda. Allarga le braccia.

"Niente da fare... Non è andata. Peccato..." Si alza. "Bè, vado a prendere qualcosa in frigo."

Scendo dalla poltrona e lo accompagno per un pezzo. "Sì, ma non importa, ce ne saranno altre e magari arriverà quella giusta... Ne hai mandate altre, vero?"

"Sì, certo..."

"E allora!"

"Sì, hai ragione..."

Lo lascio andare di là in cucina e torno da Debbie.

"Peccato... mi spiace che se la sia presa così..." Prendo il foglio e inizio a leggere.

"Gentile signor Giovanni Bolla, mi dispiace... ma il suo romanzo non rientra nella nostra linea editoriale..." Tiro giù il foglio.

"Sì, c'è scritto proprio così! Ma come sapevi..."

Debbie apre un cassetto lì vicino. "Guarda..."

E pieno di lettere di altre case editrici. Mi avvicino. Ne prendo una. Poi un'altra.

"Ne sono già arrivate... sì, nove e dicono tutte la stessa cosa, più o meno..."

Guardo meglio il foglio. In alto c'è il titolo del suo romanzo.

Come un cielo al tramonto. Alla fine l'ha chiamato così.. E" bello."

"Sì, anche a me piace molto."

"Sono sicura che prima o poi lo leggerà qualcuno in grado di apprezzarlo... e sarà un successo."

Proprio in quel momento rientra Rusty James. "Tenete, ho portato un po'"di fragole..."

Ci mette davanti una coppetta piena e un po'"di gelato alla crema.

"Ti ho sentito, sai? E" un peccato..."

"Che cosa?"

"Che hai ancora quattordici anni... Dovevi essere più grande, ti facevo fare da mia agente ! "

"Per quello c'è Debbie, allora..."

"Lei non va bene... Non è obiettiva. Si fa troppo influenzare... " Rusty James l'abbraccia e la stringe forte. "Se vede che uno rifiuta il libro, invece di esporre i lati buoni di quello che ho scritto... gli rovescia il te in testa... E" che mi ami troppo! "

E le da un bacio sulle labbra. Debbie si stacca e ride. "Su una cosa hai ragione..."

"Che mi ami troppo?"

"Che gli rovescerei il te in testa! "

"Ah, bastarda..."

Debbie si divincola e gli sfugge da sotto le braccia. Corre di là, Rusty James le è subito dietro. "Ora ti prendo..."

"No, no, aiuto... aiuto! " Ride Debbie, mentre passa dietro i divani, si nasconde dietro una colonna, si ferma dietro una poltrona. Finta a destra e poi a sinistra e poi di nuovo a destra. Rusty James salta verso di lei, provando a prenderla, ma lei si scansa indietro e lui inciampa e cade con tutta la poltrona.

"Ahia! Se ti prendo..."

Prova ad acciuffarla da per terra, a prendere la sua gamba da sotto, ma lei salta, leva tutte e due le gambe e riprende a correre.

Rusty James si rialza e le è subito dietro.

"No! Aiuto! Aiuto!"

E finiscono così nella camera da letto. Un tonfo.

"Ahia! Ahia, ahia, mi fai male..."

Poi più nulla. Una risata soffocata.

"E dai..." Qualche voce lontana, leggermente soffocata.

"Dai fermo, che c'è tua sorella..."

"Ma ora va via."

Dal salotto li sento benissimo e non ho dubbi. Alzo la voce per farmi sentire.

"Ciao, io vi saluto..."

"Vedi? Che cretino che sei..."

"Ciao, Caro... E brava!"

"Per che cosa?" urlo uscendo.

"Per l'esame!"

"Ah, pensavo per il fatto che me ne stavo andando! "

Li sento ridere. Salgo sul motorino, l'accendo e mi metto il casco. Parto così, tra il leggero profumo di quei fiori gialli e quel bellissimo tramonto che s'incastra nell'arco di quel ponte lontano.

"Mi ami troppo." Poi risate. La fuga. La caduta. E ora staranno facendo l'amore. Sorrido. "Mi ami troppo." Superata la paura, dev'essere tutto bellissimo.

Massi. E io? Io non sono ancora riuscita a dirti "Ti amo". "Ti amo, ti amo, ti amo." Provo tutte le intonazioni, mentre vado in motorino lungo la ciclabile. Come se fossi un'attrice. "Ti amo." Seria. "Ti amo." Allegra. "Ti amo." Passionale. "Ti amo." Minacciosa. "Ti amo." Leggera. "Ti amo." Canzone napoletana. "Ti amo ti." Tozziana. "Ti amo." Soap venezuelana. "Ti amooooo." Urlatrice pazza.

Due ragazzi che corrono nell'altro senso, si girano ridendo. Uno dei due è più veloce dell'altro. "Pur'ioooooooooooooooo! " E se ne vanno così, ridendo. Ora sono pronta e molto più serena.

Quando entriamo nel suo splendido parco, c'è la musica a palla.

Tutti ballano sul bordo della piscina, alcuni in costume, altri vestiti, mentre il dj su una piattaforma sopra un albero ha una mano alzata al cielo, la cuffia girata a metà sul collo e l'altra poggiata sull'orecchio, che ascolta un brano pronto a cambiare. Eccolo! "Please don" stop thè music."

"Stupendo questo! Mi piace un casino! Massi, posteggia lì che c'è posto. " Segue le mie indicazioni e ferma la sua Cinquecento blu petrolio con bandiera inglese nello spiazo destinato al parcheggio.

"Vieni." Scendo dalla macchina e me lo trascino dietro.

"Aspetta che chiudo!"

"Ma che t'importa! Ma chi te la ruba qui." E corriamo così, verso la grande pista naturale al centro del prato della splendida villa di Alis a Sutri.

"Eccoli, sono arrivati!"

Ci corrono incontro alcune persone.

"Ciauuu! Lui è Massi."

"Ciao, Virginia."

"Ciao, noi ci siamo già conosciuti, sono Clod, l'amica di Caro."

"Certo, come no. E lui è Aldo, il tuo ragazzo..." Lo guardo fiera. Massi si ricorda di tutto.

"Lei è Alis, la festeggiata."

Si sorridono. "Sì, ma ci siamo già visti anche io e te."

"Sì, al cinema."

"Giusto. Ma non sono io la festeggiata! Siamo tutti festeggiati! Vieni, Caro, che balliamo..." Alis mi trascina in mezzo alla pista. Arriva anche Clod e ci divertiamo un casino, facendo insieme il passo giusto, andando a tempo, saltando e cambiando marcia e così via, perfette, sì, le amiche perfette.

"E" stupendo qui!"

"Troppo bello!" Urlo per parlare sopra la musica.

"Ti piace?"

"Moltissimo! Mica me lo ricordavo così bello! "

"Abbiamo fatto mettere da poco la piscina e i cavalli. Guarda." Mi giro. Dietro le mie spalle Gibbo fa una corsa pazzesca e salta, rannicchia le gambe al petto e si butta a bomba in piscina, schizzando.

"Nooo! Ma hai invitato anche i prof?"

Il prof Leone e la Boi sono sul bordo della piscina che si controllano i vestiti appena schizzati da Gibbo.

"E certo... ci hanno promosso tutti! Era un giusto premio anche per loro!"

E subito dopo, dall'altra parte della piscina, arriva a bomba Filo che li schizza ancora di più.

"Bè, giusto premio... giusta punizione!"

"Ci manca solo che si butta Clod, allora sì che si sono fatti la doccia completa! "

"Cretine!"

E continuiamo così, a ballare come pazze, spingendoci, ridendo divertite, mentre con la coda dell'occhio vedo Massi che sta bevendo qualcosa insieme ad Aldo, parlando del più e del meno.

E passano le ore. E mettono Fango di Jovanotti e poi Candy Shop di Madonna e ancora Caparezza e Gianna Nannini. Ormai la luna è alta nel cielo. Molti stanno facendo il bagno nella piscina riscaldata. Si sono buttati perfino il prof Leone e la professoressa Bellini e si stanno divertendo un sacco. Il prof sta giocando a pallanuoto e ogni tanto qualche alunno prende e lo appozza di brutto, con la scusa che lo marca.

"Scusa, Aldo, che hai visto Massi?"

"Chi?"

"Massi, il mio ragazzo."

"Ah, Massimiliano. No, stavamo parlando prima, poi è andato di là."

Seguo la sua indicazione. Dietro l'angolo, Filo e Gibbo stanno chiacchierando con Clod. Mi avvicino. "Ehi, ma non hai fatto il bagno?"

"No."

"Neanche tu, Clod?"

"Non posso..." Fa una faccia strana, come a sottolineare qualche impossibilità femminile. Secondo me si vergogna di spogliarsi e basta. Va bè, lascio perdere.

"Senti, che hai visto Massi?"

Clod mi sorride. "Certo... è lì." E si gira verso il grande albero.

Lì, sotto, sopra le panchine che lo circondano, ci sono un po'"di ragazzi e ragazze che fumano e si passano da bere una birra. Qualcuno seduto, qualcuno in piedi. E lì, sulla panchina centrale, c'è Massi con Alis. Lui è in piedi, sta sorseggiando una birra, lei è seduta sullo schienale della panchina, coi piedi sopra. Ride. Ascolta quello che lui racconta e ride. Si pettina i capelli tutti da un lato e se li alliscia mentre lo ascolta. E attenta, divertita, persa. Persa? Cavoli, no!

Ma che, sono gelosa della mia amica? Cioè ci ha invitati, è l'ospite, invece di essere felice che chiacchiera con tutti, anche con il mio ragazzo, io mi faccio dei problemi? Ma non esiste. Clod mi passa vicino.

"Hai capito dov'è?"

"Sì, sì... eccolo lì. Meno male."

Filo e Gibbo ridono. "Meno male che? Pensavi di essertelo perso?"

"Mica è un ragazzino..."

"Se vuole la trova la strada di casa! "

"Simpatici... Clod mi accompagni che ho fame?"

"Certo."

Andiamo ai tavoli dove c'è da mangiare e mi faccio preparare un piatto.

"Sì, quella grazie... la pasta."

Il cameriere la indica. "Questa? Pasta alla checca?"

"Cosa?"

"Pomodoro e mozzarella."

"Sì sì, va benissimo."

Clod naturalmente s'infila. "Me ne fa uno anche a me?"

"Certo..."

Dopo qualche secondo ci passa due piatti. Prendiamo forchette e tovaglioli e ci sediamo lì vicino.

"Uhm, buona..."

"Buonissima."

"Figurati se non eri d'accordo..."

"E" buona sul serio, è al dente."

Guardo sotto il grande albero. Massi è sempre lì. Ora è seduto anche lui sullo schienale della panchina e chiacchierano più vicini.

"Che c'è, ti scoccia?"

Mi giro verso Clod. "Che cosa?"

Fa un altro boccone e poi indica con la forchetta ormai libera Massi e Alis. "Loro."

Li guardo ancora una volta e poi mi metto a mangiare anch'io. "No, scherzi, li stavo solo guardando."

"E cosa guardavi?"

"Cosa si dicono. Come starebbero insieme se si fossero conosciuti loro due al posto mio..."

"E non ti scoccia?"

"No. Lei ci parla perché è mio." Poi mi giro e le sorrido. "E resterà mio." E continuo a mangiare tranquilla.

Proprio in quel momento al grande albero delle panchine, arriva Edoardo, il ragazzo di Alis. Si mette davanti ai due e inizia a discutere con lei. Clod se ne accorge.

"Caro... Guarda lì."

Mi giro e vedo la scena, poi Massi che si alza dalla panchina e si allontana.

Clod scuote la testa.

"Il ragazzo di Alis non ce l'ha fatta... Non la pensa come te."

Continuo a mangiare senza guardarla. "E già. E" insicuro." Mangio l'ultima forchettata e poggio il piatto lì accanto.

"Mai farsi vedere insicuri... Vieni a farti un bagno?"

"Ma ti ho detto che non posso."

"Te l'ho detto proprio adesso: mai farsi vedere insicuri..."

Clod ci pensa un attimo su, poi sorride. "Prendo l'asciugamano e arrivo. "

Facciamo una partita a pallanuoto pazzesca.

"Lancia lancia!"

Ricevo la palla e cerco di segnare. Niente! Il prof Leone para e riparte all'attacco. Continuiamo così per un po'.

"Vai, Clod, passala! " Mi crossa la palla. Massi cerca di fermarmi ma riesco a saltarlo e vado a segno.

"Goal!"

Poco più tardi sotto la grande luna piena. Tra l'erba alta cavalli eleganti si muovono lenti, portandoci. Qualcuno guida la passeggiata.

"Di qua, di qua, seguitemi..."

Sono dietro a Massi, ci siamo cambiati il costume. Sento la sua pelle e quella del cavallo. Lo abbraccio e vorrei essere selvaggia. Ora. Toccarlo così da dietro, nel buio della pineta. Ma non ci riesco. Lo abbraccio e lo bacio con la bocca sulla schiena, facendo del calore con il respiro. Si gira, sorride e mi sussurra piano nella notte.

"Ehi, ma così mi fai venire i brividi..."

"Voglio farti venire i brividi..." Lo bacio ancora. Si ribella. Rido e continuo a baciarlo. Passa Alis vicino a noi. Ci guarda e si allontana. Poi il suo ragazzo. Sono su due cavalli diversi. E lui non ci guarda. Stringo più forte Massi. Lui poggia all'indietro la testa su di me, mi è più vicino ora. Scorgo la sua bocca.

"Eri gelosa prima, che parlavo con Alis?"

Rimango con la testa poggiata. "Avrei dovuto esserlo?"

"Sì. Ma senza ragione..."

"Allora no, non sono stata gelosa."

Il cavallo continua a camminare con noi due sopra, sotto la luna grande, nel silenzio della pineta, tra altri cavalieri al buio. Massi mi accarezza la gamba. "Meglio così."

Sorrido e finalmente sono pronta.

"Massi...?"

"Sì?"

"Ti amo." E lo stringo un po'"più forte. E lui lo sento sorridere e porta un braccio dietro di sé, per stringermi contro la sua schiena, per farmi sentire considerata, amata... e felice. Poi si gira verso di me e mi sorride. "Idem..."

No! Non ci posso credere! Mi ha detto come Patrick Swayze in Ghost. La storia più bella del mondo. Ho pianto un sacco vedendolo. Ma io con lui voglio essere felice. Sono felice. E lo abbraccio più forte, ripetendolo quasi dentro di me, "Ti amo, ti amo, ti amo...." mentre ci perdiamo nella notte.

E così eccoci qui.

A questa mattina.

Tutto questo è successo nell'anno appena passato. E sono felice. E a volte è così diffìcile ammetterlo.

Vado in motorino con i fiori tra le gambe, protetti, così che non si perda il loro profumo nel vento. Ascolto la musica dal mio iPod. Solo per te. Dei Negramaro. E" bellissima. Guido piano nel traffico leggero di questa fresca mattinata di luglio. E" il 18. E un giorno che mi sta simpatico. Forse perché segna in qualche modo la maturità. E oggi io mi sento dolcemente immatura.

Ho comprato un vestito nuovo che leggero vedo svolazzare tra le mie gambe. Ho sempre avuto questo pensiero: mettere le cose nuove per un giorno particolare. Un avvenimento, un esame, una festa. E oggi è un po'"tutto questo.

Spero solo di non essere bocciata!

Arrivo davanti casa di Massi. Posteggio la Vespa, la chiudo, metto la catena perché non so quanto durerà questa giornata... e, sciocca, mi metto a ridere, arrossisco per averlo pensato. Poi mi siedo sulla panchina lì vicino. Poggio i fiori, la busta con il cappuccino nella bottiglietta, i cornetti e i giornali. Rimango così, leggermente assonnata, beata e sognante in questo sole leggero. Niente. Non riesco a stare ferma. Ho la smania. Bè, sorrido di nuovo, è normale essere un po'"nervosa, emozionata. Tutto ciò che non conosci, lo desideri con un po'"di timore. Questa mi piace. E" una frase giusta per questo momento. Magari l'ha già detta qualcuno. Ma a me piace pensare che me la sono inventata io.

Apro la borsa e la segno sulla mia agenda. Poi prendo il telefonino. Lo chiamo. Niente. È staccato. Sorrido. E certo. Avrà fatto tardi. Guardo l'orologio. 10.20. Mi ha detto di non chiamarlo prima delle undici. Su questo è precisissimo. Su altre cose no, ma sul dormire, a volte non sente ragioni.

Tiro fuori dalla borsa uno specchietto rotondo. Lo apro e mi ci guardo dentro. Controllo il trucco leggero che mi sono messa, se per caso avesse sbavato, d'altronde è dalle otto che sono in giro. E mentre mi guardo nello specchietto, mi sembra di sentire da lontano il rumore del suo portone che si apre. Lo riconosco perché un po'"cigola. Chiudo lo specchietto e alzo lo sguardo in quella direzione.

La piazza è vuota. Qualche macchina posteggiata, ma nessuna che passa, non una persona, se non un giornalaio poco distante che sta mettendo a posto qualche giornale. Niente di più.

Mi siedo meglio sulla panchina, mi tiro su e guardo un po'"più lontano. Almeno mi è sembrato che scattasse, quel portone. Sono coperta da una macchina posteggiata davanti a me. Forse mi sono sbagliata. E proprio mentre lo penso, eccolo. Massi. Compare davanti al portone, apre il cancello, come se dovesse uscire. Invece si ferma lì, gira lentamente la testa verso destra e poi sorride. Aspetta che qualcun altro esca. E" tranquillo, sereno, felice. Sarà uno del palazzo? Un amico? Chi altri se no. E" un attimo. Il mio cuore inizia a battere veloce, sempre più veloce. Il respiro diventa affannato. Ho paura, devo andare, voglio andare.... No, devo restare. Mi sembra un sogno, non è possibile. Massi è lì, completamente sveglio. E tiene aperto quel cancello e quel suo sorriso poi, a chi è rivolto, a chi? E anche se sono solo pochi secondi, è un'attesa infinita, un'eternità. Poi compare lei. Arriva camminando piano, come se fosse al ralenti. Alis. Si ferma vicino a lui, sul cancello. Gli sorride, si aggiusta i capelli come le ho visto fare mille volte e lentamente piega la testa e gli si avvicina, piano, più piano. E io vorrei fermarla, dire qualcosa, gridare. E invece no. Non dico nulla, non una parola. Riesco solo a guardare. E alla fine si baciano.

E io mi sento morire. Svanire. Scomparire. Dissolvermi nel vento. Rimango così. Senza parole, con la bocca aperta e il cuore distrutto. Annientata. E come se improvvisamente il cielo fosse diventato nero, il sole scomparso, gli alberi avessero perso le foglie, i palazzi fossero dipinti tutti di grigio. Buio. Buio totale.

Cerco affannosamente di ritrovare il fiato. Non ci riesco. Mi manca l'aria. Non riesco a respirare. Mi sento mancare, svenire, mi si annebbia la vista. Poggio le mani sulla panchina, vicino a me, per sentirmi sulla terraferma.

Ancora viva.

Purtroppo trovo di nuovo la forza di guardare verso di loro. La vedo sorridere a lui. Andare via, così, muovendo i capelli, allegra come l'ho sempre vista mille volte, ma vicino a me o con Clod. In mille feste, occasioni, gite, a scuola, per strada. Noi, solo noi, sempre noi, le tre amiche del cuore.

Alis sale sulla sua macchinetta. Come ho fatto a non vederla prima? Come ho fatto a non notarla? Mi sarebbe bastato questo per capire, per andare via, per evitare quella scena, quel bacio, quel dolore immenso che non dimenticherò mai. Ma a volte non vedi. Non vedi le cose che hai davanti quando cerchi solo la felicità. Felicità che ti annebbia, felicità che ti distrae, felicità che ti assorbe come una spugna. Non le vedi. Vedi quello che vuoi, quello di cui hai bisogno, quello che ti serve vedere. E rimango così, su quella panchina, come se fossi una statua, quelle che ogni tanto fanno per ricordare qualcosa. Sì. La mia prima, vera delusione, la più grande.

E vedo Alis sparire così, in quella macchinetta che mille volte mi ha accompagnato a casa, su cui abbiamo condiviso mille serate e passeggiate al mare, su e giù per la città, ridendo, scherzando, chiacchierando di tutto e di più, dei nostri amori...

I nostri amori.

La nostra promessa.

Il nostro giuramento.

Mai niente ci dividerà...

Giura che non ci perderemo mai.

Giura che sarai mia amica per sempre.

Guardo verso il portone. Massi non c'è più. E" rientrato. E allora, quasi senza capirlo, come un automa, inizio a camminare. Lascio i giornali sulla panchina, insieme al cappuccino, ai cornetti. Non mi viene da pensare di darli a un barbone, a qualcuno che ha fame, che ne ha veramente bisogno.

Oggi no.

Oggi non voglio essere buona.

E mi allontano così, con quei fiori celesti abbandonati lì per terra. Sembrano quelli lasciati sull'asfalto in ricordo della scomparsa di qualcuno. Dopo la sua morte dovuta a un insulso, drammatico incidente, magari per colpa di qualcuno e della sua distrazione. No. Quelli sono lì per me.

Per la mia morte. Per colpa di Alis. E di Massi. E mentre cammino ripenso ai suoi baci, a quella volta al mare, le corse sulla spiaggia, dietro di lui, in moto, abbracciata al tramonto, con lo sguardo felice perso nelle onde lontane del mare e nel suo amore. E inizio a piangere. In silenzio. Sento le lacrime che scivolano giù, lungo le guance, lente, inesorabili, una dopo l'altra, senza che io possa far niente per fermarle. Scendono giù così, rigandomi il viso di trucco, di dolore e mi asciugo con il dorso della mano e singhiozzo, mentre continuo a camminare. Non riesco a fermare il petto, va su e giù, rumoroso, distratto, impreciso, sfogando tutto il dolore che provo. Tanto. Immenso. Non è possibile. Non ci posso credere. E improvvisamente sento il telefono suonare. Mi asciugo le lacrime e lo prendo dalla borsa. E vedo il suo nome sullo schermo. Massi. Guardo l'orologio. Le undici. Che stronzo. Ecco perché non voleva essere svegliato prima.

Lo lascio suonare, metto su muto. Poi quando s'interrompe la telefonata lo spengo del tutto. Per adesso. Per domani. Per tutto il mese. Per sempre. Cambierò numero. Ma non cambierà il mio dolore. Non cancellerà le loro facce. Quel sorriso, quell'attesa, quel bacio che ho visto. E continuo a camminare. Sarà stata quella sera alla sua festa, quando parlavano sulla panchina, sotto il grande albero. Lì si saranno scambiati i numeri. Poi si saranno sentiti. Improvvisa rabbia. Il respiro mi torna veloce. Troppo. Sento delle fitte tremende allo stomaco. Ma non riesco a fermarmi, immagino, penso, ragiono, mi faccio male. Si saranno visti prima, qualche altro giorno, da qualche altra parte, poi avranno deciso. Ma chi avrà fatto il primo passo? Chi avrà detto la prima cosa, chi avrà fatto la prima allusione, chi il primo bacio, chi la prima carezza? Cambia poco. Anzi niente. Ha senso tra due colpevoli trovare quello un po'"più innocente?

Ma continuo lo stesso così, lacerandomi, distruggendomi, annientandomi, soffrendo, con la voglia di urlare. Di stare ferma. Di sdraiarmi a terra. Di scappare. Di non parlare più. Di correre. Di qualsiasi cosa mi liberi da questa morsa che mi soffoca. Chi avrà detto ci vediamo da te domani mattina presto o peggio ieri sera? Sì, ieri sera. Avranno dormito insieme. E su quest'ultimo pensiero ho una specie di mancamento. Vedo annebbiato, la testa mi fa un formicolio strano, le orecchie sembrano avere dentro il cotone. Mi sento svenire. Quasi cado a terra. Mi appoggio a un palo lì vicino e rimango così, con il mondo che gira insieme alla mia testa e le lacrime, purtroppo, ormai sono finite.

"Caro..."

Sento una voce. Mi giro. Una Mercedes celeste pallido, di quelle antiche, è ferma davanti a me, tutta aperta, nuova, bellissima. Sorrido ma non capisco. "Che c'è? Cosa?" Poi lo vedo scendere.

"Caro... che ti succede?"

E" Rusty James. Mi corre incontro, mi prende al volo, prima che io cada per terra. Sorrido tra le sue braccia.

"Niente. Ho dormito poco... Mi gira un po'"la testa. Devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male..."

"Shhh..." Mi mette una mano sulla bocca. "Shhh, buona..." E mi sorride e io l'abbraccio forte e lo stringo. "Oh, Rusty James... perché?" e inizio a piangere a singhiozzi sulla sua spalla.

"Su su, Caro... non ti preoccupare. Qualunque cosa sia, la risolveremo." E mi aiuta a salire, mi fa sedere, mi tira su le gambe e chiude lo sportello. E poi monta vicino a me, mette in moto e parte. E mi guarda ogni tanto. E" preoccupato, lo so, lo sento. Poi tenta di distrarmi.

"Ti stavo cercando, sai, ti volevo far vedere il regalo che mi sono fatto... ti piace?"

Annuisco senza parlare. Non mi vuole far pensare, lo so... lo conosco. Ma non ci riesco. Continua a guardarmi mentre parla e cerca di sorridere, ma io lo so, soffre per me.

"Mi hanno preso Come un cielo al tramonto. Avevi ragione tu! E così ho deciso di festeggiare, ti cercavo... Perché volevo dividere questo momento con te..."

E per un attimo vorrei essere felice con lui, come si meriterebbe in questo momento, ma non ci riesco. Non ce la faccio. Perdonami, Rusty James. Poggio una mano sulla sua.

"Scusami..."

Mi sorride. E chiude gli occhi lentamente, come a dire "non ti preoccupare, lo so bene, non mi dire niente, ci sono passato anche io .

E chissà quante altre cose ci sono in quello sguardo.

E invece mi dice solo: "Dove vuoi andare?".

"Fammi vedere il mare..."

Allora scala le marce e accelera un po'"e guida tranquillo e sento il vento accarezzarmi i capelli. Poggio la testa sul sedile e mi lascio portare così. E poco dopo siamo fuori città. Mi infilo i grandi occhiali e lui mette un po'"di musica. E allora chiudo gli occhi. E quando li riapro non so quanto tempo è passato. So che davanti a me c'è il mare. E" tranquillo. Piccole onde si rompono sul bagnasciuga, dune di sabbia si alternano ogni tanto a un po'"di verde. Respiro a lungo e sento l'odore dei pini e del mare e del sole sull'asfalto intorno a noi. Leggo un cartello, siamo alle dune di Sabaudia.

Una coppia sulla spiaggia. Lui corre tirandosi dietro l'aquilone. Lei è ferma con le mani sui fianchi, lo guarda. Lui corre, corre e corre. Ma non c'è vento e alla fine l'aquilone lentamente fa un piccolo arco e poi veloce precipita giù, fino a conficcarsi nella sabbia. Lei ride e lui faticosamente la raggiunge, sconfitto da quell'inutile tentativo di volo. E lei ride ancora di più, lo prende in giro. Allora lui l'abbraccia e la tira a sé e lei lotta e alla fine si baciano. Si baciano così, davanti al mare, su quella spiaggia libera senza nessuno, sena tempo, con quell'infinito blu del cielo, con il sole alto e quell'orizzonte lontano dove mare e cielo si confondono. E io riprendo a piangere. Le lacrime si fermano nella parte bassa degli occhiali. Allora li alzo e le faccio uscire. E mi metto a ridere. Lo guardo. Non se n'è accorto. Poi si gira verso di me e mi accarezza il braccio, mi sorride ma non dice nulla. Allora mi porto verso di lui e mi appoggio. Mi passa il braccio dietro le spalle e mi abbraccia e improvvisamente mi sento un po'"più serena e smetto di piangere. Ma sì. Domani è un altro giorno. E mi sento così stupida. E mi viene da ridere e un po'"sono stanca. E allora rido. E poi piango di nuovo e tiro su con il naso e lui questa volta se ne accorge e mi stringe un po'"più forte e io chiudo gli occhi. E mi dispiace, ma non ce la faccio proprio. E un po'"mi vergogno. Ma ero così innamorata. Ma sono così innamorata. Un sospiro lungo, più lungo. Apro gli occhi. Ora il sole è proprio davanti a noi. Sul mare volano gabbiani. Leggeri sfiorano l'acqua e riprendono su, verso il cielo.

Ce la devo fare. Già mi manca l'amore. E mi sento sola. Sola da morire. Ma tornerò a essere felice, vero? Ci vorrà tempo forse, ma io non ho fretta. E allora sorrido e guardo Rusty James e anche lui mi guarda e sorride. Faccio un respiro lungo e mi sento un po'"più sicura.

Sì, ce la farò. D'altronde ho solo quattordici anni, no?

Ringraziamenti

Grazie a Giulia e a tutti i suoi racconti. Ce ne sono certi troppo divertenti e anche se quei giorni lì io non c'ero, alla fine mi hanno fatto così ridere che mi sembra di averli vissuti un po'"anch'io.

Grazie ad Alberto Rollo che ha letto questo libro con particolare affetto, ha conosciuto e incontrato tra le pagine tutto quello che aveva un po'"già visto nelle nostre chiacchierate e ha saputo suggerirmi le scelte giuste.

Grazie a Maddy che si appassiona e ti coinvolge con il suo entusiasmo e la sua grande professionalità.

Grazie a Giulia Maldifassi per la sua curiosità e il suo divertimento, che a volte è così raro, e a tutto il suo ufficio stampa.

Grazie a Ked, Kyle e Doust, alla sua passione e a tutti i suoi utili suggerimenti.

Grazie a Francesca, che mi segue sempre con divertimento e saggezza, anche se alla fine ha cambiato il motorino.

Grazie a Inge e Carlo, che con un sorriso ti fanno compagnia mentre lavori.

Grazie a Luce perché è presente in ogni pagina con tutto il suo amore.

Grazie a Fabi e Vale, mie attente e divertenti lettrici.

Grazie a Maina, a volte mi sembra quasi di stare in classe con lei e anche un po'"nelle sue giornate. Bè, vuoi dire che per stavolta ti abbono un morsetto!

Grazie alla forza vendita Feltrinelli che con qualche semplice domanda mi ha fatto mettere più a fuoco quello che avrei voluto raccontare.

Grazie a tutta la squadra della grande distribuzione, hanno talmente tanto entusiasmo che te lo trasmettono!

E poi un grazie particolare va agli amici dei miei genitori. Ogni libro secondo me è fatto da tutto quello che ti è successo e anche di più. Magari nel passato mi era sfuggito qualcosa e scrivere mi aiuta un po'"a recuperarlo, a capire meglio, a non perdere neanche uno di quegli attimi che comunque ho vissuto. E così il mio grazie va con tutto il cuore a quelle persone che nella mia adolescenza mi hanno fatto compagnia ad Anzio. A quei simpatici amici dei miei genitori che più di trent'anni fa hanno dato vita ai bellissimi ricordi di oggi.

Un ringraziamento particolare poi va al mio amico Giuseppe. Anche se spesso mi sembra di sbagliare qualcosa, bè, non mi preoccupo. Alla fine so che ci sei sempre tu che mi dai una mano.

Stampa Grafica Sipiel Milano, ottobre 2008

"Faccio un passo, una giravolta e mi ritrovo davanti allo specchio.

Sorrido. Ma sì, in fondo mi è venuta voglia di andare alla festa.

E meno male che ho preso questa decisione.

Ancora non lo sapevo, ma tra poco tutta la mia vita sarebbe cambiata.